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SOMMARIO del 10/06/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'Angelus del Corpus Domini invita all'adorazione eucaristica per riscoprire nel silenzio che Dio è vicino. Nuovo appello in favore di tutti i sequestrati del mondo
  • Il Papa apre il Convegno ecclesiale della Diocesi di Roma: al centro dei lavori l'emergenza educativa e la trasmissione della fede
  • Oggi in Primo Piano

  • Rapito un missionario italiano del PIME nelle Filippine
  • Bush a Tirana sostiene l'indipendenza del Kosovo. Ieri a Roma l'incontro con la Comunità di Sant'Egidio
  • Respinta la richiesta di archiviazione per l'anestesista che "staccò la spina" a Piergiorgio Welby
  • Un libro per sfatare la leggenda nera su Pio XII
  • Chiesa e Società

  • Plico con tre proiettili inviato a mons. Bagnasco. Il presule: "Sono tranquillo"

  • I vescovi spagnoli definiscono la rottura della tregua dell'ETA una nuova aggressione alla libera convivenza
  • I killer di padre Ganni e dei tre suddiaconi volevano convertirli all'islam

  • Oggi in Terra Santa si prega per la pace. Da Betlemme l’invito a sostenere i cristiani del Medio Oriente


  • Continua a crescere in Italia il divario economico tra nord e sud

  • Canada: si celebrano i 40 anni dell’Organizzazione cattolica nata per aiutare popolazioni più povere e disagiate a causa di conflitti e disastri naturali

  • Pubblicata in Cina una antologia di mons. Aloysius Jin Luxian


  • 24 Ore nel Mondo

  • Scontata la vittoria della destra nelle legislative in Francia. Importante test per le amministrative in italia: si vota per eleggere i sindaci di 69 comuni e il presidente della provincia di Genova
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'Angelus del Corpus Domini invita all'adorazione eucaristica per riscoprire nel silenzio che Dio è vicino. Nuovo appello in favore di tutti i sequestrati del mondo

    ◊   Oggi in Italia e in altri Paesi la Chiesa festeggia la solennità del Corpus Domini. E il Papa all'Angelus in Piazza San Pietro ha colto l'occasione per ribadire il suo invito alla pratica dell'adorazione eucaristica. Un'esperienza di silenzio interiore nel rumore dispersivo della nostra vita quotidiana - ha detto - per riscoprire in compagnia di Gesù che Dio ci è vicino. Dopo l'Angelus ha lanciato un nuovo appello in favore dei sequestrati di tutto il mondo, tra cui anche diversi sacerdoti cattolici. Oltre 50 mila i pellegrini presenti in una Piazza San Pietro inondata di sole. Il servizio di Sergio Centofanti.
      
    La solennità del Corpus Domini - sottolinea il Papa – “ci invita a contemplare il sommo Mistero della nostra fede: la Santissima Eucaristia, reale presenza del Signore Gesù Cristo nel Sacramento dell’altare”. Sacrificio eucaristico rinnovato dal sacerdote nella preghiera di consacrazione allorchè ripete: “Questo è il mio corpo… questo è il mio sangue”:
     
    “Lo dice prestando la voce, le mani e il cuore a Cristo, che ha voluto restare con noi ed essere il cuore pulsante della Chiesa. Ma anche dopo la Celebrazione dei divini misteri il Signore Gesù resta vivo nel tabernacolo; per questo a Lui viene resa lode specialmente con l’adorazione eucaristica, come ho voluto ricordare nella recente Esortazione apostolica post-sinodale Sacramentum caritatis”.

     
    Benedetto XVI ribadisce che “esiste un legame intrinseco tra la celebrazione e l’adorazione. La Santa Messa infatti è in se stessa il più grande atto di adorazione della Chiesa” e come dice Sant’Agostino: “Nessuno mangia questa carne se prima non l’ha adorata”. “L’adorazione al di fuori della Santa Messa – dunque - prolunga e intensifica quanto è avvenuto nella celebrazione liturgica, e rende possibile un’accoglienza vera e profonda di Cristo”. Per questo il Papa raccomanda “vivamente ai Pastori e a tutti i fedeli la pratica dell’adorazione eucaristica” esprimendo il suo “apprezzamento agli Istituti di Vita Consacrata, come pure alle associazioni e confraternite che vi si dedicano in modo speciale” perché in questo modo “offrono a tutti un richiamo alla centralità di Cristo nella nostra vita personale ed ecclesiale”:
     
    “Mi rallegro poi nel constatare che molti giovani stanno scoprendo la bellezza dell’adorazione, sia personale che comunitaria. Invito i sacerdoti a incoraggiare in questo i gruppi giovanili, ma anche a seguirli affinché le forme dell’adorazione comunitaria siano sempre appropriate e dignitose, con adeguati tempi di silenzio e di ascolto della Parola di Dio. Nella vita di oggi, spesso rumorosa e dispersiva, è più che mai importante recuperare la capacità di silenzio interiore e di raccoglimento: l’adorazione eucaristica permette di farlo non solo intorno all’’io’, bensì in compagnia di quel ‘Tu’ pieno d’amore che è Gesù Cristo, ‘il Dio a noi vicino’”.

     
    “La Vergine Maria, Donna eucaristica – ha proseguito il Papa - ci introduca nel segreto della vera adorazione” con l’esempio del “suo cuore, umile e semplice … sempre raccolto intorno al mistero di Gesù”:

     
    “Per sua intercessione, cresca in tutta la Chiesa la fede nel Mistero eucaristico, la gioia di partecipare alla santa Messa, specialmente domenicale, e lo slancio per testimoniare l’immensa carità di Cristo”.
     
    Dopo l’Angelus il Papa ha lanciato nuovamente un appello per i sequestrati di tutto il mondo rivelando che gli giungono di frequente richieste di interessamento nei confronti di persone rapite, tra le quali anche sacerdoti cattolici:

     
    “Porto tutti nel cuore e tutti tengo presenti nella mia preghiera, pensando, tra gli altri casi, a quello doloroso della Colombia. Rivolgo il mio accorato appello agli autori di tali atti esecrabili, affinché prendano coscienza del male compiuto e restituiscano al più presto all’affetto dei loro cari quanti tengono prigionieri. Affido le vittime alla materna protezione di Maria Santissima, Madre di tutti gli uomini”.

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    Il Papa apre il Convegno ecclesiale della Diocesi di Roma: al centro dei lavori l'emergenza educativa e la trasmissione della fede

    ◊   Benedetto XVI apre domani sera nella Basilica di San Giovanni in Laterano il Convegno ecclesiale della diocesi di Roma che si svolgerà per tre giorni sul tema “Gesù è il Signore. Educare alla fede, alla sequela, alla testimonianza”. La Radio Vaticana trasmetterà la cronaca di questo importante appuntamento a partire dalle 19.20 sull’onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz. All’incontro sono invitati tutti i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i laici della Chiesa di Roma. Il Convegno intende preparare il piano pastorale dell’anno prossimo che continuerà ad essere focalizzato sui temi della famiglia, dell’educazione e della trasmissione della fede. Questioni cruciali come spiega il cardinale vicario Camillo Ruini, al microfono di Giovanni Peduto:
     
    R. – Direi un tema attuale sia sul profilo della famiglia, sia sul profilo della gioventù, della formazione della fede della gioventù, sia di quella che viene chiamata oggi l’emergenza educativa che, purtroppo, preoccupa sia la scuola, sia la famiglia, sia in generale la nostra società e la nostra cultura. E’, quindi, un tema che ha certo una valenza ecclesiale – diciamo – proprio perché si tratta di formare alla fede e al ruolo della famiglia cristiana in quanto tale, ma anche una più ampia valenza sociale e culturale, perché si tratta di aiutare le famiglie a svolgere il loro fondamentale compito educativo e si tratta – per quello che sarà possibile – anche di aiutare in generale tutte le istituzioni, che hanno finalità formative e in primo luogo la scuola, e di vedere come la comunità cristiana in quanto tale può svolgere al meglio questo ruolo.

     
    D. - Benedetto XVI, che aprirà il vostro Convegno, ha molto insistito negli ultimi tempi sull’importanza che la famiglia cristiana riscopra la sua più autentica vocazione: in che modo si sono preparate le comunità, e in particolare le famiglie, della Diocesi di Roma a questo appuntamento?

     
    R. – Direi che si tratta di una preparazione di lungo periodo, perché abbiamo fatto tre anni pastorali dedicati principalmente alla famiglia e nei quali si è cercato di far emergere la responsabilità sia ecclesiale, sia sociale della famiglia stessa e quindi i riconoscimenti e le attenzioni che la famiglia deve avere sia da parte della pastorale delle nostre parrocchie e della nostra diocesi, sia anche da parte della società e dello Stato. Tutto questo ha potenziato la consapevolezza nelle famiglie, almeno più vicine a noi, del proprio compito e del proprio ruolo. Abbiamo poi spostato l’attenzione, già dallo scorso anno, ma lo facciamo di nuovo quest’anno, sulla dimensione specificatamente educativa in rapporto alla trasmissione della fede. Quest’anno parliamo di “Gesù è il Signore. Educare alla fede, alla sequela, alla testimonianza”. Credo, quindi, che si possa concludere dicendo che la preparazione, la preparazione di fondo, c’è e, tra l’altro, nei mesi scorsi abbiamo parlato a più riprese dell’argomento ed abbiamo mandato delle tracce di riflessione. Coloro che quindi parteciperanno al Convegno sono o meglio dovrebbero essere ben preparati sull’argomento.

     

     
    D. - Nella sua lettera inviata alla diocesi sollecita la “costruzione di una pastorale integrata, che crei sinergia tra le diverse realtà impegnate nell’animazione pastorale della diocesi”. Qual è l’obiettivo che vi siete posti?

     
    R. – Abbiamo parlato di pastorale integrata, certamente, a livello anche nazionale e a livello di Conferenza episcopale italiana, ma in particolare a Roma questa sembra davvero una grande esigenza, perché la pastorale a Roma è fatta certamente dalle parrocchie, ma è fatta anche dalle tante comunità religiose presenti a Roma, istituti religiosi maschili e, ancor più numerosi, quelli femminili e fatta da tante aggregazioni, movimenti, realtà ecclesiali, pensiamo anche al Cammino Neocatecumenale, al Rinnovamento nello Spirito; pensiamo agli Scouts e all’Azione Cattolica; ma ancora a Comunione e Liberazione e ai Focolarini. Soltanto dalla sinergia, e collaborazione stretta, di tutti, che pur nella diversità dei metodi e nella diversità della propria collocazione ecclesiale, hanno lo stesso scopo.

     
    D. - In che modo il Convegno ecclesiale diocesano di Roma si inserisce nell’orizzonte ecclesiale italiano ridisegnato dal Convegno di Verona?

     
    R. – Penso che il discorso del Santo Padre al Convegno di Verona sia anche per noi, anche per il nostro attuale Convegno ecclesiale romano, un decisivo punto di riferimento. Inoltre da Verona è venuto un grande messaggio, quello cioè della pastorale incentrata all’attenzione alla persona nella concretezza dei suoi rapporti, dei suoi problemi e dei suoi interessi. Si è parlato, perciò, di cinque particolari aree a cui fare specificatamente attenzione: la prima è quella dell’affettività e della famiglie; e poi l’area del lavoro e della festa; un’altra – come l’abbiamo chiamata - l’area della tradizione e quindi trasmissione dell’educazione e della fede; ancora, l’area della fragilità umana e quindi la malattia, la povertà e le varie forme di sofferenza; e, infine, l’area della cittadinanza e cioè tutto ciò che riguarda le responsabilità civili, politiche ed economiche. Credo che una pastorale attenta a queste dimensioni sia quella anche meglio in grado di aiutare veramente le famiglie, che con queste dimensioni si confrontano ogni giorno e di aiutare i giovani a capire che la fede non è qualcosa di esterno o di aggiunto dall’esterno alla vita, ma deve essere il centro propulsore del nostro orientamento di tutti i giorni, del nostro impegno quotidiano ed anche della nostra crescita come persone.
     

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    Oggi in Primo Piano



    Rapito un missionario italiano del PIME nelle Filippine

    ◊   Nelle Filippine oggi è stato rapito un missionario italiano del PIME, padre Giancarlo Bossi. Una banda costituita da una decina di uomini armati lo ha sequestrato verso le 9.30 di questa mattina, ora locale, nel villaggio costiero di Bulawan, nell’isola meridionale di Mindanao. Padre Giancarlo Bossi, nato ad Abbiategrasso in provincia di Milano 57 anni fa, vive nelle Filippine dal 1980 ed è parroco nella chiesa di Payao da due mesi. Secondo una radio locale il sacerdote sarebbe stato rapito dopo aver celebrato la Messa. Si tratta del terzo sacerdote italiano ad essere rapito nella zona negli ultimi dieci anni. Per saperne di più su questo sequestro Tiziana Campisi ha intervistato padre Bernardo Cervellera, direttore dell’agenzia del PIME AsiaNews:


    R. – Finora non c’è stata richiesta di riscatto e nessuna rivendicazione, quindi siamo un po’ all’oscuro di tutto quello che è successo. La notizia che abbiamo è che padre Bossi si sentiva molto tranquillo. Alcune settimane fa aveva ricevuto la visita del superiore del PIME nelle Filippine ed aveva detto che la situazione era molto tranquilla. Lui è molto amato dalla popolazione perché è una persona molto generosa e quindi non si riesce a capire chi possa averlo rapito. Certo a Mindanao c’è tensione con il Moro Islamic Liberation Front, un gruppo di indipendentisti musulmani, però da diverso tempo erano scomparse violenze di questo tipo da parte di questo movimento perché il governo si era impegnato a fare alcuni passi per dialogare. E’ anche vero che questo dialogo andava un po’ per le lunghe, per cui si è pensato che il rapimento di padre Bossi fosse da attribuire a questo Fronte, con l'idea che potesse servire per dilazionare ancora di più i dialoghi di pace. Ma il Moro Islamic Liberation Front ha negato ogni coinvolgimento nella vicenda e ha dichiarato, anzi, di essere pronto ad aiutare il governo per trovare il missionario. A questo punto c’è la possibilità che siano stati dei pirati, dei malviventi, che rapendo padre Bossi vogliano un riscatto.

     
    D. – In quali attività pastorali, in particolare, era impegnato padre Bossi?

     
    R. – E’ una persona molto vicina ai poveri, alla gente e, oltre ad andare in giro per i vari villaggi per le celebrazioni della Messa e per il catechismo, lavorava per lo sviluppo economico di queste popolazioni.

     
    D. – Secondo lei, gli ultimi eventi che si sono verificati anche in Medio Oriente potrebbero contribuire a far aumentare episodi di tal genere?

     
    R. – Diciamo che un po’ in tutta l’Asia il mondo islamico fondamentalista sta alzando molto i toni e in modo sempre più disperatamente violento. Speriamo che non sia il caso di padre Bossi. La tensione certo è altissima, le Filippine si trovano in una situazione per niente tranquilla perché ci sono tensioni sociali ovunque, non solo a Mindanao con i musulmani autonomisti, ma un po’ anche in tutto il Paese.

     
    D. – Come vengono visti a Mindanao i cattolici?

     
    R. – I missionari cattolici a Mindanao, dove i cattolici non sono la maggioranza ma una minoranza, sono stimati, anche se talvolta sono utilizzati da alcuni gruppi come fonte di pubblicità delle loro cause nel mondo intero, perché trattandosi di missionari stranieri il loro rapimento interessa la comunità internazionale, fa più rumore, e attraverso di essi fanno sentire più la loro voce nei media. Dall’altra parte, molto spesso, questi missionari sono rapiti semplicemente per ricavare un riscatto. Questo è dovuto sia alla situazione di povertà economica enorme in cui vivono nell’isola di Mindanao molte fasce della popolazione, sia anche alla delinquenza comune.

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    Bush a Tirana sostiene l'indipendenza del Kosovo. Ieri a Roma l'incontro con la Comunità di Sant'Egidio

    ◊   Penultima tappa del viaggio di George W. Bush in Europa. Il presidente degli Stati Uniti è arrivato stamani a Tirana per discutere di vari temi, tra cui la prospettiva dell’ingresso dell’Albania nella NATO e la questione del Kosovo. Bush ha respinto l'ipotesi di un dialogo "senza fine" sul Kosovo e ha indicato tra le priorità quella di raggiungere l'obiettivo dell'indipendenza della provincia serba a maggioranza albanese: un obiettivo tuttavia a cui la Russia si oppone con decisione. La visita in Albania giunge all’indomani di una intensa giornata in Italia, dove il presidente Bush ha incontrato a Roma Benedetto XVI e i vertici dello Stato italiano. Non sono mancate le manifestazioni di protesta e gli scontri tra dimostranti e polizia con feriti e atti di teppismo: alcuni dimostranti sono stati arrestati. Momento particolare della permanenza di Bush a Roma è stato l'incontro con la Comunità di Sant’Egidio. Sui particolari di quest’ultimo evento, resi noti durante una conferenza stampa tenutasi nella sede della Comunità, ci riferisce Emanuela Campanile.


    Giornalisti dell’Unione Europea ma anche d’oltre Oceano e di Paesi asiatici riuniti in un ex convento per conoscere i dettagli dell’incontro di ieri tra il presidente degli Stati Uniti e la Comunità di Sant'Egidio. Affollatissima dunque la sede della Comunità durante il briefing tenuto dal presidente Marco Impagliazzo e dal portavoce Mario Marazziti – due degli 8 rappresentanti della delegazione - che hanno iniziato la conferenza citando lo stesso Bush: “il presidente americano - hanno ricordato - ha ringraziato prima di tutto i rappresentanti di Sant'Egidio per essere parte dell'esercito internazionale dei compassionevoli… aggiungendo che i programmi per l'Africa non possono essere efficaci senza persone di amore e di cuore che aiutino i propri vicini in difficoltà”. E se la conferma dell'impegno degli Stati Uniti per l'Africa e' stato il punto di partenza per Bush, l’affermazione delle guerre come causa di tutte la povertà, è stato l’incipit del discorso del Fondatore di Sant'Egidio, Andrea Riccardi. L'incontro, che non ha mancato di proporre anche momenti gioviali, si è incentrato sull'Africa e sulle sue grandi questioni come l’Aids, la povertà e la pace nel Continente. Si è parlato inoltre di Darfur e di Nord Uganda, ma anche di Kosovo, senza tuttavia scendere nei dettagli. Dettagli sulle motivazioni religiose e sull’efficacia del lavoro sul campo proposto e incarnato dalla Comunità di Sant'Egidio, sono stati invece richiesti da Bush. Il colloquio tra Bush e la laboriosa Comunità di Sant'Egidio, è durato 55 minuti. Tempo in cui - come ha sottolineato Marazziti –“ non è stato ovviamente possibile affrontare tutti i problemi…ma che, comunque ha aperto un tavolo di confronto tra persone di qualità”.


    Sull'incontro di Bush con la Comunità di Sant'Egidio Alessandro Gisotti ha intervistato il prof. Mario Giro, responsabile delle relazioni internazionali della Comunità:


    R. – I temi forti sono stati l’esperienza dei nostri rispettivi programmi di cura dell’Aids in Africa. Il presidente è stato anche molto interessato al discorso sull’iscrizione anagrafica dei bambini africani. Abbiamo parlato della “risurrezione dell’Africa”.

     
    D. – Quale tipo di attenzione avete riscontrato da parte del presidente americano rispetto alla vostra esperienza?

     
    R. – Molta, perché è al corrente di ciò che facciamo e lo ha detto anche davanti alle telecamere nei momenti in cui sono entrate. "Le organizzazioni come le nostre – ha detto – sono quelle che io cerco, perché sia efficace l’aiuto che noi diamo". Non dimentichiamo che veniva dal G8. Abbiamo parlato anche di questioni di pace, più politiche, come il Darfur, il Kosovo, il Nord Uganda, di questioni che riguardano la Comunità di Sant’Egidio che è stata presentata come modello di impegno per la pace e per far dialogare i nemici.

     
    D. - Il Darfur peraltro è stato oggetto di confronto anche nel colloquio tra il presidente e il Papa. C’è qualche particolare in più?

     
    R. – Chiaramente siamo tutti d’accordo che sia una grandissima e immane tragedia umanitaria, che va fermata. E’ assolutamente necessario ricreare un quadro negoziale che si era andato frantumando a causa di manipolazioni da tutte le parti e che hanno lasciato una situazione sul terreno peggiorata, piuttosto che migliorata.

     
    D. – Ci sono delle aspettative particolari da parte della Comunità di Sant’Egidio nei confronti dell’amministrazione americana?

     
    R. – Intanto, noi abbiamo presentato il senso della nostra attività, il senso profondo, anche religioso. All’inizio si è parlato molto di questo popolo che legge il Vangelo ogni giorno e che prega. Noi abbiamo presentato questa nostra attività che nasce da questo impegno, da queste scelte e lo abbiamo presentato in maniera vasta, completa. Penso sia stato un incontro in cui ci siamo guardati negli occhi, ci siamo capiti meglio e ne nasceranno tante conseguenze.

     
    D. - Un colloquio molto franco, dunque. Sappiamo quanto Sant’Egidio abbia attenzione per la pace…

     
    R. – Assolutamente. Anche il presidente è un uomo molto diretto e quindi anche lui ha voluto sapere, ha chiesto e ha domandato.
     

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    Respinta la richiesta di archiviazione per l'anestesista che "staccò la spina" a Piergiorgio Welby

    ◊   “Il diritto alla vita costituisce un limite inviolabile per tutti gli altri diritti”: è un punto dell’ordinanza, resa nota ieri con cui il gip di Roma, Renato Laviola, ha respinto la richiesta di archiviazione per Mario Riccio, l’anestesista che "staccò la spina" a Piergiorgio Welby. Per Riccio è stata richiesta l’imputazione coatta per omicidio del consenziente. Secondo il giudice, Welby non era un malato terminale e si è trattato di “eutanasia passiva”. Ma cosa si intende con questa espressione? Isabella Piro lo ha chiesto a Vicenzo Saraceni, presidente dell’Associazione Medici Cattolici:
     
    R. – Si intende la sospensione di una prestazione terapeutica, da cui poi deriva direttamente la morte, quindi il giudice evidentemente ha ritenuto che staccare, per così dire, la spina a Welby sia stato un gesto che ha direttamente provocato la morte.

     
    D. – Il gip mette in risalto anche un dato: Mario Riccio non era il medico curante di Welby, quindi il suo intervento attivo è ancora più grave.

     
    R. – Questo senz’altro deve essere tenuto presente perché queste decisioni così estreme vanno prese con una sintonia e con un’alleanza molto stretta fra il paziente e il medico curante. In questo caso la conoscenza del medico nei confronti del malato è una conoscenza occasionale ed episodica.

     
    D. – Non c’è stata una mera omissione di cure – spiega ancora il giudice – ma una violazione del diritto alla vita e quindi Mario Riccio diventerebbe punibile per omicidio del consenziente...

     
    R. – Quello che dobbiamo dire con tutta forza, è che la vita non è un bene di cui si può disporre e questo sta all’interno della nostra Costituzione, quindi non è un fatto che deriva da un convincimento solo religioso, ma un fatto accettato costituzionalmente: se non fosse stato così nel nostro Codice penale non sarebbe stata mantenuta ‘l’istigazione al suicidio’.

     
    D. - In questi giorni, ha preso il via, in Senato, la discussione sul testamento biologico: come si sta muovendo l’Associazione Medici Cattolici?

     
    R. – Accogliamo con favore un provvedimento che possa in qualche modo comportare una valorizzazione di quella che è la volontà del paziente, il paziente deve essere coinvolto nelle decisioni che riguardano la sua vita. Detto questo però ci sembra che il termine testamento sia un termine troppo civilistico e che richiama una volontà che non può essere in nessun modo messa in discussione, quindi preferiremmo chiamarle dichiarazioni di volontà, di cui il medico deve tener conto, ma non per essere assolutamente vincolato, perché altrimenti veramente il medico diventa un notaio esecutore di una volontà testamentaria e questo non ci sembra che stia nel nostro ordinamento. Il medico ha funzione di garanzia nei confronti della tutela della salute del malato e tiene conto delle sue volontà, ma quando poi è in gioco la vita del malato deve intervenire. Altro è non fare cose che prolungano la vita del malato senza nessuna prospettiva di recupero e questo sì che sarebbe un accanimento. Di qui l’esigenza di fare tutta una serie di cure soprattutto palliative per evitare la sofferenza del malato: il malato non deve soffrire.

     
    D. - Da questa dichiarazione è comunque esclusa sin dal principio la richiesta di eutanasia...

     
    R. – Questo secondo me deve essere ribadito con più esplicità all’interno delle leggi, perché ho visto in vari provvedimenti, che sono all’esame del Senato,sono otto, e in uno solo mi pare che si ribadisca con chiarezza che è vietata qualunque forma di eutanasia.

     

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    Un libro per sfatare la leggenda nera su Pio XII

    ◊   E’ stato presentato in questi giorni a Roma il libro del giornalista Andrea Tornielli “Pio XII. Eugenio Pacelli. Un uomo sul trono di Pietro”, appena pubblicato dalla Mondadori. All’evento ha partecipato anche il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone che ha parlato di una leggenda nera da sfatare a proposito dei presunti silenzi di Pio XII di fronte all’Olocausto. Ma ascoltiamo lo stesso Andrea Tornielli al microfono di padre Vito Magno:

     
    R. – Lo scopo era quello di raccontare la biografia di Pio XII, badando soprattutto alla sua umanità e alla sua spiritualità. Per cui, parlo – certo – del Papa diplomatico e pastore, ma soprattutto dell’uomo che si è trovato a reggere la Chiesa in tempi difficilissimi.

     
    D. – Pensa che abbia più bisogno di essere difeso o conosciuto?

     
    R. – Sicuramente conosciuto, perché è vittima di una leggenda nera che purtroppo è diventata apparentemente più vera della storia, ma dai documenti, dalle lettere – io ho avuto accesso anche alle lettere dei familiari del tutto inedite – emerge tutt’altra figura da quella che, purtroppo, è conosciuta attraverso certa pubblicistica.

     
    D. – Perché nel titolo ha voluto introdurre la frase: “un uomo sul trono di Pietro”? Non bastava “Pio XII sul trono di Pietro”?

     
    R. – L’ho voluto proprio per sottolineare il tentativo di scavare nella sua personalità. Non è facile, con Pio XII, perché è un uomo – appunto – che si è completamente annientato nell’istituzione, ha dimenticato praticamente quasi tutto se stesso per coincidere con l’istituzione che rappresentava. Per questo, non era facile descriverlo. Ma ho cercato invece di far emergere l’uomo in tutti i suoi aspetti.

     
    D. – Scavare nella sua personalità, sulla base di quali documenti?

     
    R. – Innanzitutto, le lettere al fratello, i carteggi di famiglia, che sono stati recentemente scoperti e che non sono ancora ordinati, e che ci aiutano ad avere un quadro molto innovativo, anche, rispetto alla sua personalità. Apprendiamo, per esempio, della sua preoccupazione, della sua apprensione per il nascente nazismo, che vide in qualche modo nascere a Monaco di Baviera nel periodo della nunziatura, e da tanti altri particolari sulla sua umanità.

     
    D. – Andrea Tornielli, nel suo libro non entra nel merito del polverone alzato contro di lui da chi lo chiama – per esempio – “il Papa dei silenzi” ...

     
    R. – Non entro perché volevo fare una biografia vera e propria, al di fuori delle polemiche. Io credo che ci sia una leggenda nera su Pio XII non perché non sia giusto oggi chiederci, studiare, discutere anche dell’atteggiamento che lui ha tenuto o non ha tenuto in quegli anni, ma perché proprio si vede che c’è purtroppo – devo dire – anche in molti storici affermati un pregiudizio anti-pacelliano che viene fatto sempre valere. A questo Papa si addossano tutte le responsabilità possibili e immaginabili. Il vero problema è chiederci perché lui ha agito in quel modo e la risposta è lui stesso che ce la dà in alcuni discorsi, cioè veramente lui ha ritenuto di agire così per salvare il numero maggiore di vite umane.

     
    D. – Gli ebrei lo ringraziarono per quello che aveva fatto?

     
    R. – Certamente. E’ impressionante leggere le concordi testimonianze di tutte le alte personalità del mondo ebraico politico, religioso e culturale che nell’immediato dopoguerra, ma anche al momento della sua morte, ricordarono tutto ciò che lui aveva fatto per salvare vite umane. Si va da Golda Meir al rabbino capo di Gerusalemme, Herzog. Per cui, un consenso unanime per ciò che lui aveva fatto.

     
    D. – Quanti ebrei furono salvati da Pio XII?

     
    R. – A Roma, furono più di 4.000 quelli accolti negli istituti e nei conventi, ai quali lui aveva dato ordine di togliere la clausura. Ma uno studioso ebreo, già console onorario di Israele a Milano, ha calcolato che grazie all’aiuto del Papa e della Chiesa cattolica, siano stati salvati dai 750 a 850 mila ebrei. Lo scrive tra l’altro in un libro pubblicato negli anni Sessanta.

     
    D. – Furono solo questi i meriti di Pio XII?

     
    R. – No. Ridurre la figura di Pio XII soltanto a questo aspetto, alla grande opera di carità che mise in atto nei confronti dei perseguitati, significa proprio ridurre la sua grandezza. Abbiamo un magistero che di fatto prepara tutti gli sviluppi successivi e prepara, di fatto, il Concilio Vaticano II .

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    Chiesa e Società



    Plico con tre proiettili inviato a mons. Bagnasco. Il presule: "Sono tranquillo"
     

    ◊   Nuova intimidazione contro l'arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco. Un plico contenente tre proiettili ed una lettera con minacce è stato recapitato ieri mattina nella Curia genovese al presidente della Conferenza episcopale italiana. La notizia è stata anticipata dal quotidiano genovese "Il Secolo XIX". Per il questore di Genova si tratterebbe dell’opera di un mitomane. La Digos ha aggiunto il plico al già ampio fascicolo relativo alle minacce che dall'inizio dello scorso aprile sono rivolte a mons. Bagnasco. Il presule stamani ha presieduto la Messa per il Corpus Domini nella Cattedrale di San Lorenzo: nell’omelia ha sottolineato che "nei momenti difficili e di sconforto bisogna ricorrere alla preghiera e all'adorazione di Gesù". Alla fine della celebrazione ha ringraziato per la solidarietà e la vicinanza i tanti fedeli che gli si stringevano intorno. "Sono tranquillo", ha detto. Numerosi gli attestati di solidarietà al presidente della CEI da parte di esponenti politici di maggioranza e opposizione. (S.C.)

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    I vescovi spagnoli definiscono la rottura della tregua dell'ETA una nuova aggressione alla libera convivenza

    ◊   Dopo la dichiarazione di condanna da parte dei vescovi dei Paesi Baschi contro la violenza dell’ETA, pubblicata immediatamente dopo l’annuncio della rottura della tregua, anche la Conferenza episcopale spagnola ha reagito subito denunciando questa “nuova aggressione alla convivenza nella giustizia e nella libertà”. Nel comunicato dei vescovi si legge poi che “il terrorismo è intrinsecamente perverso” e che “non esiste alcuna rivendicazione politica che possa legittimare nessuno per minacciare e assassinare. Anzi, coloro che agiscono in questo modo diventano criminali ai quali va applicata la Legge con tutto il suo rigore”. Oltre alle dichiarazioni dei massimi esponenti della vita politica, anche alcuni movimenti della società civile si sono mobilitati per protestare contro la ripresa dell’uso delle armi da parte dell’ETA. Ieri l’associazione umanitaria “Gesto por la Paz”, ha organizzato due manifestazioni, una a Bilbao e l’altra a Pamplona, alle quali hanno partecipato alcune migliaia di persone di tutti gli schieramenti politici, stavolta con l’obiettivo unanime di dire no alla violenza. Lo slogan di queste manifestazioni è stato: “E’ il nostro diritto. Pace e libertà. ETA no”. E nel comunicato letto al termine delle manifestazioni questo il messaggio indirizzato all'organizzazione separatista basca: “Chiediamo all’ETA la sua scomparsa. E lanciamo il nostro appello anche a quanti continuano a giustificare la sua esistenza, poiché hanno la responsabilità di essere il supporto di cui si nutre il terrore. Nelle loro mani c’è la possibilità di impedire che l’ETA continui ad assassinare”. (A cura di Ignazio Arregui)


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    I killer di padre Ganni e dei tre suddiaconi volevano convertirli all'islam
     

    ◊   Giungono nuovi particolari sull’omicidio di padre Ragheed Ganni e dei suoi tre suddiaconi. Il sito in arabo Ankawa.com, che in questi giorni, attraverso testimonianze oculari, sta ricostruendo il feroce attentato di Mosul, scrive che prima di aprire il fuoco, gli aggressori del sacerdote cattolico di rito caldeo e dei suoi collaboratori, avevano chiesto loro di convertirsi all’islam. Il dettaglio, riferisce l’agenzia AsiaNews, andrebbe a confermare l’ipotesi di un’uccisione mirata, studiata all’interno della vasta campagna di persecuzione in atto contro i cristiani iracheni. Intanto, un comunicato stampa della massima autorità legale sunnita nel Paese, l’Association of Muslim Scholars in Iraq (AMSI), ha condannato l’uccisione di padre Ganni e dei tre suddiaconi. Nella dichiarazione si attribuisce la colpa di queste morti alle “forze di occupazione” e “all’attuale governo iracheno”. Gli studiosi sunniti denunciano che l’Iraq sta vivendo “terrore allo stato puro, uccisioni e distruzioni”, in una situazione che sempre più evidenzia il “collasso dell’autorità e il deterioramento della sicurezza”. (T.C.)




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    Oggi in Terra Santa si prega per la pace. Da Betlemme l’invito a sostenere i cristiani del Medio Oriente

     
     

    ◊   Un appello a pregare per la pace in Terra Santa, in Iraq e in Libano. A lanciarlo sono i siti internet www.juthouruna.com e www.abouna.org che hanno indetto per oggi una giornata di sensibilizzazione perché il cristianesimo orientale non muoia. “La città di Betlemme – scrive il Juthouruna Youth Forum – sta vivendo in questi giorni un clima molto particolare”. Venerdì scorso, in occasione della festa dedicata al Sacro Cuore, il patriarca latino di Gerusalemme Michel Sabbah ha presieduto la Santa Messa nella chiesa del Sacro Cuore dei salesiani, nel centro di Betlemme. Alla celebrazione eucaristica hanno preso parte anche membri delle comunità cattoliche orientali, nonché preti e studenti del seminario latino di Beit Jala (cittadina nei pressi di Betlemme). Al termine della liturgia si è svolta una processione che ha toccato le strade più antiche della città e che ha poi fatto tappa nella piazza della Natività davanti all’omonima Basilica, dove si è svolto un momento di preghiera. Oggi, invece, i cristiani delle Terra Santa ricorderanno in particolare don Ragheed Ganni, ucciso il 3 giugno scorso insieme a tre diaconi a Mosul, in Iraq. “Aveva appena 34 anni – ricorda il direttore del Juthouruna Youth Forum, Charlie Abou Saada – e viveva in Iraq da qualche anno. L’avevo conosciuto a Roma, quando studiava teologia; eravamo diventati amici. Hanno ucciso un mio amico; chi sarà il prossimo? Dall’Iraq al Libano, all’Egitto alla Palestina, noi arabi cristiani siamo come martiri vivi”. Il Juthouruna Youth Forum è legato alla chiesa melkita cattolica di Betlemme, la cui parrocchia, in pieno centro, organizza attività soprattutto con i giovani, i bambini e le donne, le categorie in genere più emarginate in Terra Santa. Il Forum è anche un centro che vuole diventare segno di pace, di vita e di speranza per i giovani cristiani palestinesi, e come associazione cerca di aiutare e sostenere la fede e la vita spirituale dei giovani cristiani di Terra Santa come quelli del Medio Oriente, tramite svariate iniziative di tipo religioso, ecumenico, culturale e sociale. (T.C.)

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    Continua a crescere in Italia il divario economico tra nord e sud
     

    ◊   Una ricerca della Fondazione Edison ed un rapporto della Unioncamere rivela che in Italia continua ad aumentare il divario economico tra nord e sud. In particolare al nord si registra il numero più alto di famiglie benestanti dell’Europa, mentre il sud ha una popolazione con il reddito pro capite più basso rispetto alla media dei 27 Paesi dell’Unione Europea. Dallo studio, che sarà pubblicato in un Quaderno dal titolo “L’Italia cresce solo a metà”, emerge che la Penisola è economicamente divisa per il profondo squilibrio fra Settentrione e Meridione. Più di 4 italiani su 10 hanno un reddito che supera di ben il 25 per cento la ricchezza media pro capite in Europa, mentre circa il 30 per cento ha un reddito pro capite inferiore al 25 per cento di quello mediamente percepito nell’Unione Europea. Una delle cause principali del dato negativo che caratterizza il sud-Italia è la carenza di vere alternative economiche al ruolo dello Stato. Il turismo, poi, pur potendo offrire tanto, non cresce per l’eccessiva burocrazia, l’assistenzialismo e i troppi sprechi. La regione italiana più ricca risulta essere la Lombardia, con il 20,5 per cento della ricchezza nazionale, mentre le famiglie più povere vivono in Calabria. (T.C.)



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    Canada: si celebrano i 40 anni dell’Organizzazione cattolica nata per aiutare popolazioni più povere e disagiate a causa di conflitti e disastri naturali
     

    ◊   L’Organizzazione Cattolica Canadese per lo Sviluppo e la Pace compie 40 anni. Nata per assistere famiglie e comunità in varie zone tra le più povere del mondo, dopo l’appello di Paolo VI che nelle grandi differenze tra le nazioni - a livello economico, sociale e di educazione - intravide pericoli per la pace, l’Organizzazione, scrive l'agenzia Fides, è stata creata dall’episcopato canadese. L’obiettivo è quello di offrire aiuto per lo sviluppo al Sud del mondo e contemporaneamente educare e sensibilizzare i cattolici canadesi sui temi della pace e della giustizia. “Durante questi 40 anni – ha scritto in un messaggio mons. André Gaumond, arcivescovo di Sherbrooke e presidente della Conferenza episcopale canadese – l’organizzazione ha appoggiato 14.665 progetti e programmi in 70 Paesi. Attraverso le sue numerose attività – ha affermato il presule – Sviluppo e Pace è uno strumento efficace della Chiesa Cattolica in Canada per esprimere la sua preferenza per i poveri, gli emarginati e gli oppressi”. Gran parte degli aiuti offerti dall’Organizzazione sono stati inviati per rispondere a diverse emergenze dopo disastri naturali o per assistere rifugiati, vittime della guerra o di conflitti civili. “Nessuno di questi impegni – dice mons. Gaumond – sarebbe stato possibile senza la solidarietà e la generosità dei cattolici del Canada, con le loro donazioni, il tempo, la preghiera ed il lavoro concreto”. Il presidente della Conferenza episcopale ha sottolineato poi che oggi le sfide per lo sviluppo e la pace continuano ad essere molteplici. “Dal 1967 – evidenzia il presule – i poveri sono più numerosi e le loro condizioni di vita più intollerabili”. Una situazione che, ha osservato, “continua ad interpellarci per un rinnovato impegno alla ricerca di maggiore giustizia sociale per mezzo di iniziative concrete”. Mons. Gaumond ha anche affermato che il ruolo dell'Organizzazione Sviluppo e Pace “non può essere analogo al lavoro di organizzazioni secolari”, perché la promozione umana deve andare unita ad un profondo lavoro di evangelizzazione. Tramite Sviluppo e Pace, “i cattolici sono sfidati a dare non solo da quello che avanza loro, ma perfino dal loro necessario, sull’esempio della vedova del Vangelo”. (T.C.)

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    Pubblicata in Cina una antologia di mons. Aloysius Jin Luxian
     
     

    ◊   Le omelie, le lettere pastorali e gli articoli di mons. Aloysius Jin Luxian pubblicate in un libro a Shanghai. “Jin Luxian Wenji”, “Antologia di Jin Luxian”: questo il titolo del volume del gesuita novantunenne suddivisa in otto capitoli e contenenti, tra l’altro, la tesi di dottorato dibattuta da mons. Jin Luxian negli anni Cinquanta. La pubblicazione del libro è stata autorizzata dalle autorità comuniste come “interna”, vale a dire con diffusione locale. “Spero - ha detto mons. Aloysius Jin Luxian - che più cinesi, inclusi non-cattolici, vogliano sapere di più sulla dottrina cattolica leggendo le mie omelie e i miei articoli”. Il libro è stato pubblicato dalla Editrice Lessicografica di Shanghai, specializzata nella divulgazione di opere di particolare interesse. Il 23 maggio scorso, l’Antologia è stata presentata durante un seminario. (A.M. – T.C.)







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    24 Ore nel Mondo



    Scontata la vittoria della destra nelle legislative in Francia. Importante test per le amministrative in italia: si vota per eleggere i sindaci di 69 comuni e il presidente della provincia di Genova

    ◊   Ancora attentati in Iraq: un kamikaze a bordo di un camion bomba si è fatto saltare in aria nei pressi di un commissariato della polizia di una cittadina ad est di Tikrit. L’azione terroristica ha provocato la morte di almeno 8 poliziotti. Altri 4 agenti sono rimasti uccisi a Baghdad per l’esplosione di una bomba collocata all’interno di una bara, lasciata in una strada di un quartiere orientale della capitale. L’ordigno è poi esploso all’arrivo della pattuglia.

    - Tre militari turchi sono rimasti uccisi in un attentato compiuto ieri sera nella Turchia sud-orientale. Lo rivelano fonti locali precisando che un ordigno è espoloso al passaggio di un convoglio militare a Sirnak, una località non lontana dal confine con l'Iraq. Secondo gli inquirenti, dietro l'attentato ci sarebbe il PKK, il Partito dei lavoratori del Kurdistan.

    - Il presidente afghano, Hamid Karzai, è scampato ad un attentato condotto dai talebani. I ribelli hanno sparato stamani diversi razzi nella zona dove si trovava Karzai per partecipare ad una riunione con leader tribali. L’attacco non ha fortunatamente provocato vittime.

    - In Libano il campo profughi palestinese di Nahr al-Bared, nel nord del Paese, continua ad essere un campo di battaglia. A causa degli ultimi scontri scoppiati tra miliziani del gruppo radicale Fatah al-Islam e militari libanesi sono morti almeno 5 soldati. Si stima che dall’inizio dei combattimenti, lo scorso 20 maggio, siano rimaste uccise 125 persone. Nel Paese dei Cedri, intanto, è entrata in vigore la risoluzione 1757 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU con cui è stata approvata la creazione del Tribunale internazionale chiamato a giudicare i responsabili dell’omicidio dell’ex premier Rafik Hariri. Ma come è stata accolta in Siria la notizia dell’istituzione di questo tribunale? Eliana Astorri lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale del ‘Corriere della Sera’:


    R. – Questo Tribunale viene vissuto, viene percepito in Siria come uno strumento istituzionale per mettere in stato di accusa dei “pezzi” importanti del regime. E questo perché nelle indagini della Commissione di inchiesta delle Nazioni Unite sono venute fuori responsabilità, anche se manca la prova regina di apparati anche molto vicini al presidente; mi riferisco specificatamente al cognato e si dice, anche in parte, al fratello. E’ comunque assai problematico poter mettere sotto inchiesta un regime. Un Tribunale cerca infatti delle responsabilità individuali o collettive, ma sempre di gruppi di persone e non certo di un regime in sé. Questo potrebbe portare a delle conseguenze estremamente gravi.

    - Il presidente russo Vladimir Putin ha criticato, intervenendo al Forum economico di San Pietroburgo, l’Organizzazione Mondiale del Commercio ed altre istituzioni internazionali definendole “arcaiche e non democratiche”. “Per stimolare il commercio e gli investimenti – ha aggiunto Putin – sono necessarie istituzioni di libero commercio nella regione Eurasia”. Il presidente russo ha proposto, poi, la creazione di una “nuova architettura di relazioni economiche internazionali” contro il crescente squilibrio dell’economia mondiale. Putin ha anche annunciato che, "tenendo conto della crescente domanda di carburanti nella regione euro-asiatica", verranno aumentate le forniture in questa direzione.

    - In Rwanda il Parlamento ha approvato l’abolizione della pena di morte. Il provvedimento dovrebbe favorire il rimpatrio, tramite estradizione, di persone sospettate di aver preso parte al genocidio nel 1994. Secondo il governo di Kigali, infatti, molte persone accusate di essere coinvolte nel massacro, sono latitanti in Europa, Nordamerica e Africa occidentale. Numerosi Paesi si rifiutano di estradare persone sospettate di crimini gravi in Stati dove è in vigore la pena capitale o si pratica la tortura.

    - Seggi aperti in Francia, dove oltre 44 milioni di elettori sono chiamati all’appuntamento con le urne per il primo turno delle legislative. I sondaggi concordano nell’assegnare la vittoria al partito neogollista del presidente Nicolas Sarkozy, l’UMP. Il servizio di Francesca Pierantozzi:
     
    Si vota da questa mattina in Francia per il primo turno delle elezioni legislative. Il rinnovo dell’Assemblea nazionale appassiona meno delle presidenziali francesi che appena 5 settimane fa hanno portato all’elezione di Nicolas Sarkozy. A mezzogiorno l’affluenza era del 22,56 per cento, appena superiore alle politiche del 2002 che avevano alla fine fatto registrare un forte tasso di astensione. Il presidente ha chiesto agli elettori di dargli una maggioranza ampia per consentirgli di realizzare le sue riforme e cambiare la Francia. Secondo i sondaggi sarà ascoltato: per il centro-destra si annuncia una vittoria totale; i pronostici attribuiscono al partito UMP anche più di 400 seggi sui 577 del Parlamento. In piena crisi il partito socialista che ha condotto una campagna soprattutto per limitare i danni e cercare di salvare i suoi 149 deputati; la sfidante di Nicolas Sarkozy all’Eliseo, Ségolène Royal, non candidata a queste elezioni, ha comunque condotto in prima linea la campagna preparandosi al successivo dibattito, interno al partito, che dovrebbe portare ad un profondo rinnovamento. Il suo compagno, François Hollande, ha già annunciato che non si ricandiderà al posto di primo segretario. Per il momento, tutta l’attenzione è sul risultato di queste elezioni. Sono 7.639 i candidati in tutto il Paese, presentati da circa 80 partiti. Solo chi ottiene il 50 per cento dei voti nella sua circoscrizione verrà eletto questa sera al primo turno. Potranno passare al ballottaggio di domenica prossima quelli che avranno ottenuto almeno il 12,5 per cento.

     
    - Elezioni anche in Belgio: quasi otto milioni di elettori sono chiamati alle urne per scegliere i 150 deputati della Camera ed i 71 senatori. La suddivisione del Paese con la regione delle Fiandre a nord, dove vive la maggioranza della popolazione, e la Vallonia a sud, con circa quattro milioni di abitanti, si ripropone anche nel confronto elettorale: ciascun elettore voterà per candidati e partiti della proria zona, destinati poi a convivere in uno stesso governo federale. I sondaggi hanno pronosticato un avanzamento dei partiti attualmente all'opposizione. Si prevede, in particolare, un buon risultato per il partito cristiano-democratico.

    - Quindici giorni dopo le amministrative, si torna a votare oggi e domani, in Italia, per il ballottaggio. Sono tre milioni gli italiani chiamati alle urne per eleggere i sindaci di 69 comuni e il presidente della provincia di Genova. L’affluenza finora è in calo sia rispetto al primo turno sia rispetto alle elezioni del 2002. Alle 12 per le comunali ha votato il 12,7 per cento, per la provincia di Genova l’11,5 per cento. I seggi rimarranno aperti oggi fino alle 22. Domani si potrà votare dalle ore 7 alle ore 15. Il servizio di Giampiero Guadagni:


    In un clima politico ancora avvelenato dal recente scontro parlamentare sul caso Visco-Guardia di Finanza, questo significativo appuntamento elettorale finisce per diventare l’ennesimo test sullo stato di salute dei due poli. Riflettori puntati sugli otto comuni capoluogo: Parma, Lucca, Latina, Oristano e Taranto,  città finora rette dal centrodestra. E ancora: Piacenza, Pistoia e Matera, attualmente a guida centrosinistra. Ma il risultato più atteso è quello che riguarda la provincia di Genova, tradizionale roccaforte del centrosinistra. E soprattutto in questo caso potrebbe essere decisiva la capacità di convincere i moltissimi elettori che al primo turno si sono astenuti. La Casa delle Libertà attribuisce al voto della provincia di Genova un significato politico, che il centrosinistra invece nega, attribuendogli un valore solo locale. Ma certamente se l’Unione riuscisse a conservare la provincia di Genova attenuerebbe il vero e proprio tracollo al Nord registratosi 15 giorni fa. In quell’occasione il centrodestra ha strappato già al primo turno all’Unione i comuni di Verona, Asti, Alessandria e Monza. Berlusconi ha annunciato che dopo i ballottaggi salirà al Quirinale per chiedere al capo dello Stato le dimissioni del Governo Prodi ed elezioni anticipate, senza escludere l’ipotesi di un Esecutivo istituzionale del quale però Forza Italia non farebbe parte. L’ex premier sollecita gli alleati ad accompagnarlo da Napolitano. Ma l’UDC ha già risposto di no e anche Alleanza Nazionale è assai scettica sull’utilità dell’iniziativa. E dal centrosinistra si fa notare che la spallata non è possibile perché finora la maggioranza è sempre stata in grado di superare le prove difficili, soprattutto quelle del Senato.

     
    In Vietnam è stato liberato ieri uno dei dissidenti più noti, Nguyen Vu Binh. Lo ha annunciato oggi l'agenzia vietnamita (AVI) a due settimane da una visita ufficiale del presidente vietnamita, Nguyen Minh Triet, negli Stati Uniti. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco)

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 161

     
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