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SOMMARIO del 03/06/2007
Quattro nuovi Santi europei per la Chiesa universale, cui guardare come i nostri ‘Fratelli maggiori’: così Benedetto XVI nella Messa per la canonizzazione, stamane in Piazza San Pietro. L’invocazione del Papa all’Angelus perché le armi nel mondo cedano alla pietà
◊ Nell’odierna Festa della Santissima Trinità, il Santo Padre ha proclamato quattro nuovi Santi. La solenne Messa si è svolta stamane in piazza San Pietro, affollata di migliaia di fedeli, costretti dalla pioggia sotto gli ombrelli. Presenti alla cerimonia i capi di Stato delle Filippine, dell’Irlanda, di Malta e della Polonia, oltre a delegazioni ufficiali del Messico, della Francia e dei Paesi Bassi. Tra gli intervenuti anche l’arcivescovo Peter Carnley, della Comunione anglicana in Australia. Tutti europei i beati oggi canonizzati: Giorgio Preca, maltese, Simone da Lipnica, polacco, Maria Eugenia di Gesù, francese, Carlo di Sant’Andrea, olandese. Il Servizio di Roberta Gisotti:
“Quattro nuovi ‘Fratelli maggiori’”: cosi dobbiamo guardare tutti “a questi testimoni esemplari del Vangelo”, – ha sollecitato Benedetto XVI i fedeli - ammirando “la gloria di Dio, che si riflette nella vita dei Santi”.
“Ogni singolo Santo partecipa della ricchezza di Cristo ripresa dal Padre e comunicata a tempo opportuno. E’ sempre la stessa santità di Gesù, è sempre Lui, il 'Santo', che lo Spirito plasma nelle 'anime sante', formando amici di Gesù e testimoni della sua santità”.
“Un amico di Geù e testimone della santità che viene da Lui”, ha osservato il Papa fu Giorgio Preca, “anima profondamente sacerdotale e mistica”, nato nel 1880 a La Valletta nell’isola di Malta. “Tutto dedito all’evangelizzazione: con gli scritti, con la guida spirituale e all’amministrazione dei Sacramenti e prima di tutto con l’esempio della sua vita”. Antesignano dell’apostolato dei laici, fondatore della “Società della Dottrina Cristiana”, “un’opera benemerita” - ha ricordato il Santo Padre “che mira ad assicurare alle parrocchie il servizio qualificato di catechisti ben preparati e generosi”. Spentosi all’età di 82 anni il sacerdote maltese è stato beatificato nel 2001.
“San Giorgio Preca aiuti la Chiesa ad essere sempre, a Malta e nel mondo, l’eco fedele della voce del Cristo, Verbo incarnato”.
Si è soffermato poi il Papa sul “grande figlio della terra polacca”, Simone da Lipnica, “testimone di Cristo e seguace della spiritualità di San Francesco d’Assisi”, “vissuto in epoca lontana”, nel XV secolo, “ma proprio oggi – ha sottolineato Benedetto XVI - è proposto alla Chiesa come modello attuale di un cristiano che, animato dallo spirito del Vangelo – è pronto a dedicare la vita per i fratelli”.
“Tak też, przepełniony miłosierną miłością, którą czerpał z Eucharystii, ...".
“Colmo della misericordia che attingeva dall’Eucaristia non esitò a portare l’aiuto ai malati colpiti dalla peste”, che condusse a morte anche lui, poco più che quarantenne. Alla protezione di San Simone il Papa ha affidato oggi in modo particolare “coloro che soffrono a causa della povertà, della malattia, della solitudine e dell’ingiustizia sociale”.
Fortemente amato, negli anni del suo ministero sacerdotale nell’Inghilterra e nell’Irlanda dell’800, fu anche il sacerdote passionista olandese Carlo di Sant’Andrea. Intorno a lui accorsero le persone per cercare “il suo saggio consiglio, la sua compassionevole attenzione, il suo contatto salutare”.
In the sick and the suffering he recognized the face of the Crucified Christ,...".
“Nella malattia e nella sofferenza San Carlo di Sant’Andrea” – beatificato nel 1988 – “riconobbe – ha evidenziato il Papa - il volto del Cristo Crocefisso, di cui fu devoto per tutta la vita”.
Infine Benedetto XVI ha reso omaggio alla beata francese Maria Eugenia di Gesù, fondatrice all’indomani della Rivoluzione francese delle Religiose dell’Assunzione,beatificata nel 1975. Ella comprese “l’importanza di trasmettere alle giovani generazioni, in particolare alle ragazze, una formazione intellettuale, orale e spirituale, che le rendesse delle adulte, capaci di prendersi in carico la vita della loro famiglia, sapendo apportare il loro contributo alla Chiesa e alla società”
“Puisse l’exemple de sainte Marie-Eugénie inviter les hommes et les femmes ...".
"Possa quindi l’esempio di Santa Maria Eugenia ispirare gli uomini e le donne di oggi a trasmettere ai giovani i valori che li aiutino a divenire degli adulti forti e dei testimoni gioiosi della Resurrezione".
Finita la celebrazione i saluti di Benedetto XVI ai fedeli dei vari Paesi, con un accenno al tempo inclemente:
"Vi ringrazio per la vostra pazienza, ma l’acqua è un grande bene e perciò siamo anche grati per l’acqua".
Prima della recita dell’Angelus, il pensiero del Papa è corso alle tante popolazioni sofferenti per le guerre:
“Saluto i pellegrini di lingua italiana, in particolare l’Associazione Nazionale della Sanità Militare, il cui motto recita: “Arma pietati cedant - Le armi cedano alla pietà”: possa questo realizzarsi nel mondo intero!”.
Infine ha ricordato i 750 anni dell’abolizione della schiavitù nella città di Bologna, auspicando "un rinnovato impegno" per superare le "nuove schiavitù che ancora affliggono l’umanità".
Al termine infine della preghiera mariana Benedetto XVI ha ricevuto nella Cappella della Pietà i capi delle delegazioni dei Paesi intervenuti alla cerimonia di canonizzazione.
Si è concluso stamane il lungo cammino notturno per oltre 60 mila partecipanti alla tradizionale Marcia della pace da Macerata al Santuario di Loreto
◊ Si è concluso questa mattina il pellegrinaggio notturno dei 65 mila fedeli che hanno percorso i 28 chilometri che separano Macerata dal Santuario della Santa Casa a Loreto. Il cammino, iniziato alle 22.00 di ieri dallo stadio del capoluogo marchigiano, si era aperto con la Messa celebrata dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone. Il servizio di Matteo Liut:
“Il Papa vi ama e vi augura, insieme a me, buon cammino”. Con queste parole del Segretario di Stato Vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, si è aperto il lungo cammino notturno per oltre 60 mila persone che, anche quest’anno, per la 29.ma volta, hanno risposto all’invito di Comunione e Liberazione e dalle diocesi marchigiane percorrendo 28 chilometri che separano Macerata dal Santuario della Santa Casa a Loreto.
Il momento iniziale del tradizionale appuntamento è stata proprio la celebrazione eucaristica nello stadio di Macerata, presieduta dal cardinale Bertone, presente in qualità di inviato di Bendetto XVI. Il primo pensiero del porporato - dopo i saluti rivolti ai vescovi marchigiani e in particolare a Claudio Giuliodori, neo vescovo di Macerata, e mons. Giancarlo Vecerrica, ideatore dell’iniziativa e vescovo di Fabriano-Matelica - è andato a don Luigi Guissani, “che ha sempre formato i giovani alla bellezza di essere cristiani”, ha detto il cardinale Bertone. “Vi accompagnerà nel vostro pellegrinaggio la fiaccola della pace – ha proseguito il cardinale segretario di Stato – che mercoledì scorso il Santo Padre ha acceso e benedetto in Piazza San Pietro, al termine dell’udienza generale”. “Questa fiamma sia per voi stimolo ad essere apostoli di pace e a restare sempre uniti con il Successore di Pietro, che mi ha incaricato di recare a tutti voi il suo ben augurante saluto e la sua speciale benedizione. Il Papa vi incoraggia a seguire Cristo, luce vera che non tramonta”.
La riflessione è proseguita poi ricordando il tema scelto quest’anno per la marcia “Ed io che sono?”, un passo tratto dai versi di Giacomo Leopardi. “Un interrogativo – ha ricordato il cardinale Bertone – che passa attraverso un’altra domanda: ‘Chi è Dio?’. E la risposta: ‘E’ chiuso dentro il Mistero della Trinità’”.
Alla voce del cardinale si sono poi aggiunte quelle di altri testimoni, che hanno animato la notte marchigiana, come Eugenio Roccella e Savino Pezzotta, i portavoce del Family Day, e Magdi Allam, giornalista di origine musulmana, non nuovo all’esperienza della Macerata-Loreto. Numerosi poi i saluti giunti al popolo del pellegrinaggio marchigiano, a partire da quelli di mons. Angelo Bagnasco e mons. Giuseppe Betori, rispettivamente presidente e segretario generale della Conferenza episcopale italiana, ai quali si sono aggiunti i messaggi del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, del presidente del Consiglio, Romano Prodi, e del vice presidente del Consiglio, Francesco Rutelli. (Da Loreto, per la Radio Vaticana, Matteo Liut)
Le emergenze nel Darfur, in Uganda, Colombia, Sri Lanka e Territori palestinesi al centro dell’Assemblea generale della Caritas Internationalis
◊ Si apre oggi pomeriggio, con una Messa presieduta nella Basilica Vaticana dal cardinale vicario Camillo Ruini, la 18.ma Assemblea generale della Caritas Internationalis, che si terrà in Vaticano fino al 9 giugno sul tema ‘Testimoni di carità, costruttori di pace’. Presenti 400 delegati provenienti da tutto il mondo. Con noi a parlarcene l’attuale segretario generale della Caritas Internationalis, Duncan MacLaren, intervistato da Giovanni Peduto:
R. – In agenda, abbiamo molti obiettivi e temi da trattare. Anzitutto quello del lavoro della Caritas a livello internazionale. Abbiamo preparato una bozza di un quadro strategico con quattro priorità e i nostri delegati discuteranno proprio queste priorità, che riguardano il nostro lavoro nelle situazioni di emergenza, il nostro lavoro nelle situazioni di pace, come costruire la pace in un mondo di conflitti, e il nostro lavoro riguardo allo sviluppo umano integrale. Lo sviluppo, infatti, da un punto di vista cattolico non è centrato sullo sviluppo economico, ma riguarda una valenza olistica. Questo rappresenta – diciamo – il cuore dell’Assemblea. Si terranno poi delle elezioni importanti, quelle per il presidente, il segretario generale, il tesoriere. Ci saranno delle celebrazioni eucaristiche ed avremo in particolare un incontro con il Santo Padre. Questo appuntamento per noi rappresenta veramente un momento importante, anche perché Papa Benedetto XVI con la sua prima Enciclica Deus caritas est ha ispirato il tema stesso della nostra Assemblea generale “Testimoni di carità, costruttori di pace”. Questa Enciclica permea tutta l’Assemblea generale.
D. - Nel mondo ci sono drammi dimenticati come quelli nel Darfur, in Colombia, Uganda, Sri Lanka: cosa sta facendo la Caritas Internationalis?
R. – Questi drammi non sono dimenticati dalla Chiesa e non sono dimenticati dalla Caritas. Noi siamo attivi in tutti questi Paesi. In Darfur, ad esempio, noi abbiamo il programma più grande di tutte le organizzazioni che aiutano in quella zona. Noi svolgiamo questo programma in collaborazione con le Chiese protestanti. In Colombia, la nostra Caritas rappresenta il leader nella costruzione della pace e si impegna anche con il Governo colombiano nell’invitare ad adoperarsi per la pace. Abbiamo trattato questi drammi in vari modi, ma certamente non sono dimenticati dalla Chiesa.
D. - Perché nel mondo c’è ancora tanta indifferenza di fronte alle sofferenze di centinaia di milioni di persone?
R. – Non posso dire che questo sia esattamente vero. Io viaggio tantissimo per ragioni di lavoro per il mondo e vedo, ad esempio, come si impegnano i volontari nei Paesi poveri per aiutare gli altri. Quando c’è stato lo tsunami, la gente delle parrocchie si è tanto adoperata ad aiutare, anzitutto i vicini. Non è vero che ci sia indifferenza, anche se diamo un’occhiata qui in Europa c’è un aumento dei fondi sia dai Governi che dalle persone. L’unica cosa che tutti vogliono sapere è se questi aiuti arrivano veramente alle popolazioni bisognose. Noi possiamo dire che nella Caritas questo avviene, perché operiamo direttamente con le Caritas locali, con la Chiesa locale.
D. - Tra gli altri temi al centro dell’Assemblea figura la situazione in Medio Oriente nel 40.mo anniversario dell’occupazione israeliana dei territori palestinesi. Come si vive in questi territori e che si può fare?
R. – E’ molto difficile. Noi abbiamo la Caritas-Gerusalemme che opera nell’area mediorientale e che ha moltissimi programmi a Gaza e in altre zone della Palestina. Abbiamo una campagna per la pace in Medio Oriente. E’ importante attuare questi progetti per il popolo, ma è ugualmente importante che a livello politico venga fatto qualcosa per cercare di cambiare la situazione. Alla nostra Assemblea generale sarà presente anche Claudette Habesch, la presidente della regione mediorientale, che celebrerà con noi questo anniversario.
Oggi primo anniversario dell’indipendenza del Montenegro dalla Serbia
◊ Il Montenegro celebra oggi il primo anniversario della dichiarazione di indipendenza dalla Serbia, in ottemperanza al referendum del 21 maggio 2006, che sancì il distacco da Belgrado. La piccola repubblica balcanica il 6 dicembre dello scorso anno ha stabilito relazioni diplomatiche con la Santa Sede ed il mese successivo l’ambasciatore, Antun Sbutega, è stato ricevuto dal Papa. “Il Montenegro continui ad essere luogo privilegiato di incontro ecumenico e contribuisca alla formazione dell’Europa”. Questo l’auspicio che Benedetto XVI ha rivolto al primo diplomatico accreditato in Vaticano. Ma queste speranze si stanno realmente concretizzando? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Federico Eicheberg, esperto di ex Jugoslavia:
R. – Le parole di Benedetto XVI rivolte all’ambasciatore Antun Sbutega sono, in qualche misura, una sintesi di quello che il Montenegro ha rappresentato per tanti secoli, ospitando nel suo territorio esponenti di diverse confessioni cristiane e anche di diverse religioni. Ora la sfida che il Montenegro – da un anno – sta portando avanti è decisamente complessa, ma è certo che il Montenegro ha tutte le carte in regola per vincerla. Del resto il Paese ha sempre ospitato nel suo governo esponenti di diverse etnie e religioni e, quindi, da questo punto di vista può continuare a svolgere un ruolo di aggregazione e, ancor di più, con l’adesione alle istituzioni europee ed anche alla luce della sottoscrizione, nel marzo di quest’anno, dell’accordo di stabilizzazione ed associazione.
D. – Il Montenegro, però, rischia di diventare la “cenerentola” dell’ex-Jugoslavia?
R. – Da un certo punto di vista il Montenegro, proprio con l’indipendenza, ha voluto evitare questo rischio. Nell’unione con la Serbia vedeva un limite rispetto al percorso che la Commissione Europea aveva disegnato. Ora il Montenegro indipendente spera di poter arrivare al negoziato decisivo per l’adesione addirittura prima di altri ex partner della Jugoslavia. In questo momento i risultati sembrano dar ragione, non solo sul fronte europeo, ma anche sul fronte atlantico con la sottoscrizione della “partnership for peace”.
D. – In effetti il Montenegro nell’ambito degli Stati dell’ex Jugoslavia sembra essere tra i più stabili…
R. – Si, sicuramente per certi versi si può associare alla Macedonia. Entrambi, infatti, non hanno conosciuto un vero conflitto nel proprio territorio; entrambi – Montenegro e Macedonia – hanno sempre ospitato nel proprio governo rappresentanti di diverse etnie e religioni. Quindi sono due Stati che rappresentano la stabilità e, nel concreto, il Montenegro ha fatto anche registrare alcune performance positive: anzitutto quella relativa all’attrazione degli investimenti diretti esteri. Ovviamente si spera che il negoziato con l’Unione Europea possa anche consentire al Montenegro di fare alcuni passi avanti in termini di trasparenza nell’amministrazione, che è il vero punto debole del Paese in questo momento.
D. – Quale contributo potrà dare il Montenegro all’Europa?
R. – Quella che è la speranza, soprattutto con riferimento al completamento del processo di adesione dei Paesi Balcanici, è che in qualche misura l’Europa senta la responsabilità di essere un vero strumento di pace. Diversi studiosi affermano che l’Unione Europea sta realizzando questo scopo e, per proteggere i propri confini, li allarga, facendo aderire altri Paesi. A mio avviso, nei Balcani, in quella che è ormai una enclave dell’Unione Europea dopo l’adesione di Romania e Bulgaria, l’Unione Europea sta facendo un a prova generale della sua capacità di includere e di completare un certo percorso, che, una volta completato, garantirà una maggiore chiarezza dell’identità europea stessa.
La Chiesa ricorda oggi l’anniversario della morte di Giovanni XXIII
◊ Era il 3 giugno del 1963 quando tutto il mondo pianse la scomparsa di Papa Giovanni XXIII. Nato a Sotto il Monte, in provincia di Bergamo, nel 1881, Angelo Roncalli venne eletto al Soglio pontificio nel 1958, succedendo a Pio XII. Noto ai fedeli per la sua semplicità, tanto da essere affettuosamente chiamato “il Papa buono” e proclamato Beato nel 2000, Giovanni XXIII ha segnato la storia della Chiesa soprattutto grazie al Concilio Vaticano II, aperto nel 1962. Ma che tipo di persona era Papa Roncalli? Al microfono di Isabella Piro, risponde mons. Loris Capovilla, per 10 anni segretario personale del Pontefice:
R. – Papa Giovanni stesso ha rivelato il segreto di quella che è stata tutta la sua vita e lo ha scritto nel 1957 quando dice: “La mia umile e ormai lunga vita si è sviluppata come un gomitolo sotto il segno della semplicità e della purezza. Nulla mi costa il riconoscere e il ripetere che io sono e che non valgo un bel niente. Il Signore mi ha fatto nascere da povera gente ed ha pensato a tutto. Io lo ho lasciato fare”. Questa è stata la vita, il curriculum, la strada di Papa Giovanni: sempre abbandonato alla volontà del Signore; sempre in una comunione tenerissima e serena con la Santa Sede; sempre in esercizio delle virtù: la povertà, l’obbedienza, il silenzio e la perseveranza.
D. – Lei è stato per molti anni segretario personale di Giovanni XXIII: c’è un episodio in particolare che ci vuole raccontare?
R. – L’ora più bella di ogni giorno era quella della mattina quando lo assistevo alla Santa Messa. Magari ero anche andato a letto alle 2.00, ma alle 6.00 del mattino ero pronto in cappella, perchè non avrei mai rinunciato a questo che ritenevo non solo un privilegio, ma un grande dono del Signore: quello di essere accanto mentre lui celebrava la Santa Messa. Il suo raccoglimento, le sue parole, la sua devozione, la sua semplicità: sentivo di respirare l’Eterno accanto a lui. Sono molto felice per aver contemplato nel volto di un uomo l’amabilità e la bontà di Dio.
D. – Sono trascorsi 44 anni dalla scomparsa di Papa Roncalli: qual è oggi il suo insegnamento?
R. – Tanti sono gli insegnamenti. Basterebbe solo pensare alle parole che lui ha scelto: obbedienza e pace. Obbedienza alla propria famiglia anzitutto, alle istituzioni nelle quali viviamo ed anche civili, obbedienza all’autorità religiosa, obbedienza anche agli insegnamenti della storia: “Io sono obbediente, godo di una grande pace interiore”. Papa Giovanni disse: mi colloco tra il Libro, che è la Parola di Dio, e il calice, che è il Sacramento per eccellenza; “tra il Libro e il Calice voglio trascorrere tutta la mia vita”.
D. – Sono molte le persone che, ogni giorno, visitano la casa natale di Giovanni XXIII a Sotto il Monte: cosa cercano, secondo Lei?
R. – Credo un raggio di luce. Ai bambini che vengono qui, per spiegare loro qualcosa, dico sempre: “Sapete quale è stato il proposito che ha fatto colui che era chiamato ‘il piccolo Angelino dei Roncalli’ quando ha fatto la Prima Comunione?”. Il parroco gli ha detto di mettere in un foglietto di carta il suo proposito e lui ha scritto: “Voglio essere buono, sempre, con tutti”. Che cosa ha lasciato quest’uomo che non è andato nella tomba con lui? Lascia la coniugazione della verità con la bontà. Far camminare la verità sulle ali della carità, verità ed amore.
L’universo della conoscenza, raccolto in 20 anni dalla Tv pubblica italiana, arriva su Internet
◊ Sarà disponibile su Internet l’Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche. Un’opera grandiosa concepita dalla Rai con il patrocinio dell’UNESCO e del Consiglio d’Europa. Il servizio di Roberta Gisotti:
“L’universo della conoscenza” per la web Tv. Il progetto è stato presentato alla stampa dal principale promotore dell’opera, Renato Parascandalo, assistente del direttore generale della Rai, già direttore di Rai Educational:
R.- Questa Enciclopedia, che è iniziata nel 1987, si avvia alla sua fase conclusiva. E’ un’Enciclopedia della Filosofia che raccoglie oltre mille interviste e lezioni di filosofi, scienziati, economisti, storici, uomini di cultura di 35 Paesi del mondo, quindi è un patrimonio dell’umanità. Adesso la Rai ne dispone in tante versioni: programmi televisivi, dvd, libri. Però, adesso, anche via internet abbiamo la possibilità di rendere disponibile, per tutti gli studenti e gli studiosi del mondo, la versione definitiva, quella che conterrà tutto quello che è stato prodotto sinora, messo su un unico Sito internet, con tutti i link, i legami, le relazioni possibili tra i vari argomenti.
Ma quali i tempi per la messa in Rete dell’Enciclopedia?
R.- Un prototipo è pronto. Purtroppo quest’opera è stata ferma per 5 anni, adesso si spera di poterla riprendere grazie anche all’impegno che ha assunto il presidente Petruccioli e quindi si conta nel giro di un anno, due anni di portare a compimento l’impresa.
Un’iniziativa che fa ben sperare per la ripresa della missione di Servizio pubblico da tempo trascurata dalla Rai. Ma cosa ne pensa il presidente della Rai, Claudio Petruccioli?
R.- La Rai ha sempre svolto, poi con esiti che non sta a noi giudicare, la funzione di servizio pubblico, non ha mai voluto trascurarla. Certo, la vogliamo sempre più rafforzare, raffinare e rendere incisiva.
Oltre 31mila spettatori a San Giovanni Rotondo per il musical "Actor Dei" sulla vita di San Pio. Lo spettacolo giungerà in autunno a Milano e Roma
◊ Prorogato a grande richiesta fino a questa sera alle 21.00 a San Giovanni Rotondo il musical Actor Dei, ispirato alla vita di San Pio da Pietrelcina, che il 19 luglio debutterà a Catanzaro per poi fare tappa a Modica (Ragusa) e in autunno a Milano e Roma. A San Giovanni Rotondo, superate le 31mila presenze: lo spettacolo è stato visto tra gli altri dal Segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, dal presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola e dai coproduttori mons. Domenico D’Ambrosio (delegato pontificio Opera San Pio) e il sindaco Salvatore Mangiacotti. Il ricavato finanzierà l’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, eredità spirituale e caritativa di Padre Pio. Il servizio di A.V.:
(musica)
Un grande spettacolo corale, con 42 fra attori cantanti e ballerini, per il Santo del popolo, su una scena essenziale fatta di pannelli e proiezioni, in cui irrompono alcuni elementi simbolici: la croce, la mitra vescovile, un’unica ampia tonaca che veste e lega insieme i frati. Il regista Giulio Costa:
R. - Volevamo raccontare una storia di massa, un popolo. Penso che Padre Pio non si possa raccontare senza tante persone intorno. Ha mobilitato e mobilita popolazioni intere. Volevamo, quindi, che venisse fuori l’umanità sia di un popolo pieno di contraddizioni ed anche di un Padre Pio avvolto dai dubbi, soprattutto nel momento in cui si riconfronta con il demonio.. Per raccontare questo era essenziale puntare sull’umanità più che su grandi effetti speciali o grandi scenografia. Volevamo qualcosa che aprisse e chiudesse l’attenzione su questo popolo”.
Il bianco e nero dei costumi firmati da Guillermo Mariotto, con il viola delle processioni e della liturgia della Passione, contrappone bene e male in un teatro astratto e paradigmatico; così come sulla scena si stagliano due figure in eterno conflitto: il demonio (Adriano Di Domenico) e Padre Pio, l’Actor Dei, interpretato dall’attore pugliese Vincenzo Caldarola:
R. - Io sono francescano. Sin da piccolo ho avuto questa opportunità e questa fortuna in termini di principi e di convinzione. Mi sono sentito “un eletto”, in quanto interpretare Padre Pio è certamente una responsabilità enorme ed è anche una sfida sul piano spirituale. Quest’uomo, nella sua semplicità, nella sua riservatezza anche, ha cercato di portare una realtà forte come quella francescana e quella cristiana in una terra e in un Paese che avevano sì un convento, delle tradizioni cristiane, ma che viveva di pastorizia, di agricoltura. Una cittadina arroccata, isolata: grazie alla sua presenza a San Giovanni, l’interesse sia verso la sua figura, sia verso tutta la comunità, cristiana e sociale di San Giovanni, si è manifestato.
D. - Qual è il messaggio e l’immagine di Padre Pio che avete voluto trasmettere attraverso il musical?
R. - L’obiettivo è quello di far apparire il più possibile San Pio come uomo, visto che la sua santità è ormai conclamata. Noi abbiamo, quindi, cercato di far evincere nella storia di questa opera la sua umanità, la sua fragilità se vogliamo, ma anche la sua forza e la sua determinazione”.
(musica)
Celebrazione per i 50 anni di sacerdozio del cardinale Dionigi Tettamanzi
◊ Cinquant’anni spesi per cercare di essere prete come l’arcivescovo Giovanni Battista Montini, insegnò ai sacerdoti novelli ordinati nella festa del Sacro Cuore del 1957: l’impegno cioè a conoscere, cercare, accogliere e servire i cuori di tutti gli uomini. In quel gruppo c’era anche il cardinale Dionigi Tettamanzi, figlio e ora pastore della Diocesi di Milano, come scrive il Santo Padre Benedetto XVI nel messaggio inviatogli per i suoi 50 anni di ordinazione sacerdotale. Il Papa ricorda come l’attuale arcivescovo di Milano, fu appunto docente di morale nel Seminario diocesano prima di diventare vescovo di Ancona-Osimo, dal 1989 al 1991, quindi segretario generale della Conferenza episcopale italiana dal '91 al '95 , poi ancora arcivescovo di Genova dal '95 al 2002, quando Giovanni Paolo II lo chiamò sulla cattedra di Ambrogio a succedere al cardinale Martini. Nella Messa celebrata in Duomo per ricordare i suoi cinquant’anni di vita sacerdotale, il cardinale Tettamanzi ha voluto comunicare alla sua comunità diocesana tre esperienze proprie dell’essere prete. In primo luogo la celebrazione dell’Eucaristia, che ribadisce - ha detto nell’omelia - la necessità del prete per la vita del mondo. Quindi l’esperienza della Confessione; un triangolo penitente-prete-Dio che ha ricordato “è stata per me scuola e cattedra”. Ed infine l’educazione del cuore, un amore che nasce dal contatto con Cristo e che si allarga a cercare di raggiungere “tante e tante persone” ha proseguito il cardinale Tettamanzi” a porsi a servizio di tutti; e specialmente chi ha più bisogno di aiuto, gli umili, i deboli, i sofferenti, i senza speranza”. Il porporato ha, quindi, chiesto di pregare per tutti i preti, in quanto il sacerdozio “è compendio dell’essere apostoli di Gesù”. (A cura di Fabio Brenna)
Al via, in Canada, il Congresso mondiale dell’Unione Cattolica Internazionale della Stampa (UCIP)
◊ “Media e religione: un rischio o un’opportunità? L’impatto dei media moderni sull’esperienza religiosa e la coscienza sociale ”: è il titolo del Congresso mondiale dell’UCIP (Unione Cattolica Internazionale della Stampa) che si apre oggi e si conclude il 10 giugno a Sherbrooke, in Canada. Tre le problematiche al centro dei lavori: i media e la costruzione dei fenomeni religiosi contemporanei; l’etica e i media; il giornalismo religioso e il risveglio della coscienza sociale. Il primo asse tematico approfondirà la copertura mediatica di argomenti quali le odierne sfide bioetiche, le guerre e le componenti religiose dei conflitti. Nella seconda area di dibattito si parlerà delle finalità della comunicazione: promozione di un particolare gruppo di interesse o informazione del pubblico e dei rapporti del giornalismo religioso con le diverse lobbies. Nel terzo e ultimo blocco si punteranno i riflettori sul ruolo del giornalismo religioso in alcuni ambiti cruciali: la pace, il pluralismo religioso, l’emarginazione di comunità e Paesi vittime della povertà e dell’ingiustizia sociale. Il Congresso ospiterà inoltre l’Incontro mondiale della Rete internazionale dei giovani giornalisti. Interverranno, tra gli altri, ai lavori l’arcivescovo John Foley, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, mons. André Gaumond, arcivescovo di Sherbrooke e il prof. Marc Dumas, decano della Facoltà di Teologia ed Etica dell’Università di Sherbrooke. (M.G)
Libano:emergenza umanitaria nel campo profughi di Nahr al Bared
◊ Difficile stabilire l’entità dell’emergenza umanitaria a Nahr al Bared, dove – afferma l’agenzia Asia News citando fonti locali - 25 mila dei 40 mila abitanti sono fuggiti a causa degli scontri dei giorni scorsi tra l'esercito libanese e gli estremisti del gruppo Fatah al Islam. In 5 mila vivono intrappolati nelle loro case, mentre sono numerose le famiglie che si trovano sotto lo stesso tetto in condizioni precarie igieniche. “Cadaveri sono dappertutto”, raccontano palestinesi dal campo. Nei giorni scorsi in tutto il Paese si sono celebrate veglie di preghiere per la pace. E’ accaduto nel monastero di S. Charbel ad Annata e anche nella chiesa della Madonna del Rosario, a Zouk Mosbeh, dove la preghiera è stata accompagnata dalla processione annuale, che segna l’inizio del mese del Sacro Cuore. Alla presenza di molti fedeli, la comunità ha chiesto che “Dio misericordioso protegga l’esercito e semini la pace”. (E. B.)
(E. B.)
Oggi pomeriggio al santuario del Divino Amore sarà celebrato il 63esimo anniversario della salvezza di Roma.
◊ Oggi pomeriggio, alle ore 17.00, presso il santuario della Madonna del Divino Amore, sarà celebrata la Messa di ringraziamento per il 63esimo anniversario della salvezza di Roma. A presiedere la celebrazione eucaristica sarà il cardinale Achille Sivetrini che, durante la cerimonia, accoglierà l’offerta del calice votivo che sarà presentato dall’assessore delle politiche sociali, Raffaela Milano, a nome dell’Amministrazione comunale. La ricorrenza celebra il voto espresso dai romani durante il secondo conflitto mondiale, quando la Madonna del Divino Amore lasciò il Santuario di Castel di Leva per essere accolta in città. Nel corso della sua permanenza nella capitale tutti i romani si recano ai suoi piedi per chiedere le grazie per i propri cari e, in particolare, per invocare la liberazione di Roma dalla distruzione della Guerra. La devozione verso la Madonna fu tale che il popolo giunse a formulare un voto solenne la sera del 4 giugno 1944, nella chiesa di Sant’Ignazio dove si trovava la madonna del Divino Amore. I fedeli, che chiesero alla Vergine di risparmiare la città dagli orrori della guerra, promisero di correggere la propria condotta morale, di rinnovare il Santuario e di realizzare un’opera di carità a Castel di Leva. Quasi contemporaneamente alla formulazione del voto i tedeschi lasciarono la città e le truppe alleate vi fecero il loro ingresso. Nel dopoguerra i fedeli romani hanno mantenuto il voto e il loro pensiero e la loro fede corrono sempre alla Madonna del Divino Amore. (M.G)
Giornate di incontri, dibattiti e preghiere per il centenario dell’arcidiocesi indonesiana di Samarinda
◊ L’arcidiocesi di Samarinda, nella provincia di Kalimantan orientale, ha celebrato i 100 anni dalla sua fondazione. A partire dalla fine di maggio si sono susseguiti incontri, dibattiti e momenti di preghiera che hanno tracciato il bilancio di un secolo di pastorale e impegno sociale gettando le basi per progetti futuri. Come riporta l’agenzia Asia News, mons. Florentinus Sului, arcivescovo di Samarinda, ha espresso “il sincero augurio che queste celebrazioni favoriscano una crescita della fede e delle attività concrete tra i cattolici dell’arcidiocesi, come pure tra i cattolici e tutta la popolazione e la autorità pubbliche”. “La nostra attività sociale – ha spiegato - vuole affrontare le esigenze della popolazione della provincia”. Le celebrazioni sono iniziate il 29 maggio nel villaggio di Laham, a circa 600 km dal capoluogo Samarinda. Proprio qui, dove circa un secolo fa i missionari hanno iniziato la loro opera pastorale, il prossimo primo luglio sarà celebrata una Messa di commemorazione, alla quale si prevede una grande partecipazione dei fedeli. Il futuro della Chiesa locale è stato al centro di altre cerimonie svoltesi a Tering e a Barong Tongkok dove i primi giorni di luglio il cardinale Julius Darmaatmadja, arcivescovo di Jakarta, presiederà la Celebrazione eucaristica, cui parteciperanno anche il nunzio in Indonesia, mons. Leopoldo Girelli ed esponenti del governo e di altre fedi. (E. B.)
Nella cattedrale di Madrid 22 missionari hanno ricevuto il crocifisso e il mandato missionario dal cardinale Rouco Varela
◊ Ricordare i missionari che la diocesi di Madrid ha in tanti posti lontani in tutto il mondo. Questo l’obiettivo di “Madrid con i suoi missionari”, la Giornata missionaria diocesana che quest’anno ha per tema “Chiesa diocesana... esci dalla tua terra”. A presiedere la celebrazione nella Cattedrale della capitale spagnola il cardinale Antonio Maria Rouco Varela, arcivescovo di Madrid, che ha consegnato il Crocefisso e quindi il mandato missionario a 22 religiosi. “Una celebrazione di indubbio valore catechetico per tutti i fedeli” ha affermato all’agenzia Fides D. Jesús Pérez de Miguel, delegato diocesano per le Missioni e delle Pontificie Opere Missionarie di Madrid, che nei giorni scorsi ha invitato i madrileni a partecipare a questo rito per accompagnare i missionari in partenza per la loro destinazione. In occasione di questa celebrazione, sempre nei giorni scorsi, il cardinale Varela ha scritto una Lettera pastorale in cui ha ricordato, fra l’altro, lo “spirito missionario” con il quale è stata vissuta, nell’ultimo anno, “in modo molto speciale la ‘Missione Giovane’”. “I nostri missionari e missionarie – ha affermato - hanno risposto nella maniera più radicale, e la loro preziosa testimonianza è stimolo affinché tutta la comunità diocesana di Madrid si faccia ogni giorno sempre più missionaria, uscendo da sé stessa con la forza rinnovata dell’amore che abbraccia tutti gli uomini”. Chiedendo a tutti di sostenere la realtà missionaria, il cardinale Varela ha manifestato la sua gratitudine ai missionari, ringraziando infine le famiglie per aver consegnato nelle mani del Signore i loro figli. (E. B.)
In Corea del Sud un rapporto dell’Ufficio nazionale di statistica lancia l’allarme: se non si cambiano le politiche abortiste specie verso i feti femminili entro dieci anni vi saranno gravi squilibri demografici
◊ In Corea del Sud le politiche abortiste e in particolare i feticidi femminili stanno portando verso gravi problemi sociali che si manifesteranno con violenze e tensioni mai viste. Il monito è stato lanciato ieri dall’Ufficio nazionale di statistica del Paese asiatico, che ha presentato il rapporto 2006 sullo squilibrio sessuale in Corea. I risultati della ricerca – riportati dall’agenzia AsiaNews - sono molto preoccupanti: se Seoul non interviene per fermare i feticidi femminili e non applica una legislazione a favore della famiglia, entro il 2020 vi saranno 3,43 milioni di uomini fra i 25 ed i 34 anni (l’età media in cui si contrae matrimonio in Corea del Sud) e solo 3 milioni di donne. Secondo gli esperti, le dimensioni del fenomeno sono tali per via dell’incontro tra le politiche abortiste del governo e la cultura coreana che predilige, come tutte le culture asiatiche, i figli maschi che, secondo la tradizione, porteranno avanti il nome e si cureranno dei genitori quando questi diverranno vecchi. Nello stesso rapporto l’Ufficio avverte le autorità, sottolineando che la questione può degenerare in un grave problema sociale: senza spose, gli uomini potrebbero divenire violenti e creare problemi ai nuclei sociali in cui vivono. Allarme ribadito anche da Cho Yang-tae, docente dell’Università nazionale di Seoul, che spiega: “Il nostro tasso di natalità è già fra i più bassi al mondo: se il governo continua a sostenere l’aborto, non avremo più figli e tanto meno figlie. Il nostro Paese diverrà un deserto, ma prima si scateneranno violenze e tensioni sociali mai viste”. (M. G.)
La Russia pronta a puntare missili verso l'Europa se sarà realizzato il sistema di difesa antimissilistico voluto dagli Stati Uniti
◊ Il piano di uno scudo antimissile in Europa, fortemente voluto dagli Stati Uniti, è stato nuovamente criticato dal presidente russo, Vladimir Putin. La Russia si è anche dichiarata pronta a puntare propri missili contro l’Europa se verrà realizzato il sistema di difesa antimissilistico. Il nostro servizio:
L’equilibrio strategico mondiale può essere alterato con sistemi difensivi che creano l’illusione di non essere più vulnerabili e di poter attaccare senza conseguenze. E’ quanto afferma, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, il presidente russo Vladimir Putin, che lancia anche un duro monito all’amministrazione americana: se gli Stati Uniti - avverte il capo di Stato russo – realizzeranno un sistema di difesa anti-missilistico in Europa, la Russia tornerà a puntare i propri missili nucleari contro città e obiettivi militari europei. Il presidente russo contesta poi gli argomenti con cui Washington difende il piano, che prevede basi in Polonia e nella Repubblica Ceca. Secondo l’amministrazione americana, tale progetto dovrebbe garantire un’adeguata protezione agli Stati Uniti e ai suoi alleati da eventuali attacchi missilistici da parte di quei Paesi che Washington definisce ‘Stati canaglia’. Ma Putin teme, in realtà, che il sistema di difesa possa rivelarsi una minaccia per la Russia e invoca la strada del negoziato, già intrapresa con la Corea del Nord, per trovare una soluzione alla complessa questione nucleare iraniana. Putin ribadisce, quindi, le accuse rivolte agli Stati Uniti di aver ripreso la corsa agli armamenti ma smentisce la prospettiva di una nuova guerra fredda. Il rischio è in realtà molto più grave perché il riarmo statunitense - osserva Putin – accresce il pericolo di una guerra nucleare.
Ma come interpretare le dichiarazioni di Putin? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al corrispondente a Mosca per il Corriere della Sera, Fabrizio Dragosei, che ha intervistato il presidente russo.
R. – La Russia non è disposta ad accettare, ora che è diventata nuovamente una super potenza economica, di essere relegata ad un ruolo di secondo o terzo piano da un punto di vista politico e militare. I russi vedono nello scudo americano un’arma difensiva in grado di intercettare i loro missili e dicono, quindi, che correranno sicuramente alle contromisure; una di queste contromisure è proprio quella di puntare nuovamente i missili su obiettivi europei. La Russia vuole, soprattutto, riaffermare un suo ruolo internazionale.
D. – C’è stato, dunque, un cambio significativo nelle relazioni negli ultimi anni tra Stati Uniti e Russia e quali sono i nuovi perni dell’equilibrio strategico mondiale?
R. – Con la presidenza Bush è un po’ cambiato l’atteggiamento nei confronti della Russia. La Russia, a sua volta, ha delle gravi colpe sul piano del mancato rispetto dei diritti umani sia in Russia che in Cecenia e sul piano del mancato rispetto delle libertà di informazione. Questo ha portato ad un inasprimento dei toni. Io, però, francamente non credo che si vada verso una nuova Guerra Fredda, perché gli interessi di fondo dei due Paesi sono molto vicini; così come gli interessi di fondo di tutto il mondo, del mondo occidentale, della Russia ed anche della Cina, sono ormai degli interessi economici che collimano e che vanno nella stessa direzione. C’è solo una necessità di stabilire una leadership mondiale, che per questi Paesi che ormai sono economicamente molto forti, non può essere unipolare. Non sono cioè disposti ad accettare una supremazia totale ed unica degli Stati Uniti, anche perché poi hanno visto – e in parte lo abbiamo visto anche noi – che quando gli Stati Uniti si muovono da soli e senza ascoltare i consigli di nessuno, come è avvenuto ad esempio in Iraq, spesso sbagliano.
- E' di 146 agenti feriti e 78 manifestanti arrestati il bilancio degli scontri di ieri tra polizia e alcune centinaia di autonomi al margine della manifestazione contro il G8 a Rostock, nel nordest della Germania. La manifestazione era iniziata pacificamente con la partecipazione di circa 30 mila persone.
- Negli Stati Uniti, l'FBI ha scoperto un piano che prevedeva un attacco terroristico all'aeroporto JFK di New York. Secondo il Dipartimento della Giustizia, le persone coinvolte nel complotto sono quattro. Tra queste, ci sarebbe un ex parlamentare della Guiana. I presunti terroristi, non legati ad Al Qaeda, volevano causare un'esplosione sabotando le strutture di rifornimento carburante. Secondo l'FBI, il piano era comunque ancora lontano dalla fase di attuazione.
- Ancora macabri ritrovamenti in Iraq: a Baghdad sono stati trovati, nelle ultime 24 ore, almeno 26 corpi. Secondo gli inquirenti, si tratta di vittime di violenze tra estremisti sciiti e sunniti. Nel nord dell’Iraq sono stati trovati, poi, altri nove cadaveri. Anche in questi caso le indagini seguono la pista delle violenze interetniche.
- In Iran, Mahmoud Ahmadinejad è tornato a lanciare invettive contro Israele. Il capo di Stato iraniano ha lanciato dure parole contro lo Stato ebraico durante la cerimonia di benvenuto ad alcuni ospiti stranieri giunti a Teheran per le celebrazioni del diciottesimo anniversario della morte dell'ayatollah Ruhollah Khomeini, fondatore della Repubblica islamica. E’ sempre più intricata, poi, la questione nucleare iraniana: il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Mohammad Ali Hosseini, ha dichiarato che “non c’è alcun cambiamento nella posizione dell'Iran sulla sospensione” di programmi per l’arricchimento dell’uranio.
- In Afghanistan si continuano a registrare violenti scontri a fuoco. Nell’est del Paese, gli agenti afgani hanno ucciso almeno 15 ribelli talebani che poco prima avevano attaccato un convoglio della NATO. Nell’agguato erano rimasti uccisi un soldato dell’Alleanza Atlantica e un interprete afghano. Al momento, non è ancora stata rivelata la nazionalità del militare. Il portavoce del ministero della Difesa afghano ha poi reso noto che erano tutti talebani in fuga dalle truppe afghane le 60 persone morte venerdì scorso a causa del naufragio di un’imbarcazione.
- E’ previsto nel pomeriggio l’arrivo in Italia dei 4 tecnici italiani della Chevron liberati ieri in Nigeria, dopo essere stati tenuti in ostaggio per 32 giorni dai ribelli del Movimento per l'Emancipazione del delta del Niger. I quattro italiani sono stati rilasciati ieri, insieme con un americano e un croato, nei pressi di Yanagoa. Le famiglie dei sequestrati hanno espresso i loro ringraziamenti alla Farnesina, alle autorità nigeriane, alla società statunitense Chevron e a tutti gli organi d’informazione. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco e Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 154
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