RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 24  - Testo della trasmissione di mercoledì 24 gennaio 2007

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Preghiera e purificazione della memoria per rendere spedito il cammino ecumenico: così Benedetto XVI all’udienza generale. Assicura al patriarca ecumenico ortodosso, Bartolomeo I, il proprio impegno perchè abbia conseguenze pratiche l’abbraccio di pace scambiato in Turchia

 

L’industria dei media rispetti sempre la dignità dell’uomo e in particolare i bambini: è l’esortazione di Benedetto XVI nel messaggio per la 41.ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Intervista con l’arcivescovo John P. Foley

 

Romania, Llibano ed Egitto al centro dei lavori della ROACO, la Riunione delle Opere di Assistenza alle Chiese Orientali: con noi mons. Florentin Crihalmenau, mons. Robert Stern e l’arcivescovo Michael Fitzgerald

 

Il ruolo dei giovani nell’ecumenismo: ce ne parla, nella settimana per l’Unità dei Cristiani, padre Milan Zust del relativo Pontificio Consiglio

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Bush chiede un’altra chance per l’Iraq e la riduzione del consumo di petrolio al Congresso, in cui non ha più maggioranza, e a un’America che nei sondaggi si dichiara sempre più critica. Ai nostri microfoni il prof. Fernando Fasce

 

Un terzo degli aiuti alimentari non raggiunge i beneficiari: lo denuncia la FAO nel rapporto su “Lo stato dell’alimentazione e dell’agricoltura” 2006 nel mondo

 

Con le nomination di ieri, parte la corsa per la 79.ma edizione degli Oscar cinematografici

 

CHIESA E SOCIETA’:

“Le nuove sfide dei popoli asiatici alla luce della dottrina sociale della Chiesa”: al centro della Conferenza continentale

 

In una lettera al premier britannico, Blair, il presidente della Conferenza episcopale dell’Inghilterra e del Galles, cardinale Murphy O’Connor, chiede di esentare le agenzie di adozione cattoliche dalla recente legge contro le discriminazioni

 

Al cardinale messicano Posadas Ocampo, assassinato nel 1993 a Guadalajara in circostanze mai chiarite, non fu praticata l’autopsia: lo ha denunciato il medico legale

 

Al via da oggi i lavori dell’Assemblea plenaria dei vescovi della Conferenza episcopale del Sudafrica

 

Continuano i lavori del World Social Forum di Nairobi, in Kenya. Oggi, giornata dedicata al mondo femminile

 

Assegnato a don Brice de Malherbe, sacerdote diocesano di Parigi e autore della tesi su “Il rispetto della vita umana in un’etica di comunione”, il premio letterario “Henri de Lubac

 

In Europa, la discriminazione è ampiamente diffusa e non si fa abbastanza per combatterla: è quanto sostengono oltre la metà degli europei, secondo un’indagine presentata ieri a Bruxelles dalla Commissione Europea

 

Decine di vittime in Angola per le violente piogge. Distrutte abitazioni, infrastrutture e vie di comunicazione

 

Deceduto, ieri a Varsavia, lo scrittore e giornalista polacco, Ryszard Kapucinski, attento narratore del sud del mondo

 

24 ORE NEL MONDO:

Violenti scontri in un quartiere a maggioranza sunnita nel centro di Baghdad

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

24 gennaio 2007

 

 

BENEDETTO XVI ALL’UDIENZA GENERALE: PREGHIERA E PURIFICAZIONE DELLA MEMORIA PER RENDERE SPEDITO IL CAMMINO ECUMENICO. IL PAPA HA ASSICURATO

 AL PATRIARCA ECUMENICO ORTODOSSO, BARTOLOMEO I,

 IL PROPRIO IMPEGNO PERCHE’ ABBIA CONSEGUENZE PRATICHE

L’ABBRACCIO DI PACE SCAMBIATO IN TURCHIA

 

L’ecumenismo è una “lenta strada in salita”, lungo la quale non mancano tuttavia momenti di gioia in cui si respira “l’aria purissima della piena comunione”. Come preannunciato la scorsa settimana, Benedetto XVI è tornato a parlare questa mattina, all’udienza generale in Aula Paolo VI, della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si conclude domani. Il Papa ha ricordato gli eventi ecumenici più importanti del 2006, culminati con l’abbraccio di pace, in Turchia, con il Patriarca Ecumenico, Bartolomeo I. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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E’ la preghiera comune la chiave per rischiarare le ombre che ancora gravano sul cammino verso l’unità. Benedetto XVI ha insistito a più riprese su questo concetto, affrontando con grande trasporto il tema della comunione fra le diverse espressioni della cristianità. Un cammino difficile, arduo, alla cui cura è chiamata, come afferma il Concilio Vaticano II, “tutta la Chiesa”, dai vertici alla base:

 

“L’ecumenismo certamente è un processo lento e a volte, forse, anche scoraggiante, quando si cede alla tentazione di sentire e non di ascoltare, di parlare a mezza bocca, invece di proclamare con coraggio. Non è facile abbandonare una comoda sordità, come se il Vangelo immutato non avesse la capacità di rifiorire, riaffermandosi quale provvidenziale lievito di conversione e di rinnovamento spirituale per ognuno di noi”.

 

“Tutto si può ottenere pregando”, perché è questo “il primo dovere comune di ogni cristiano”. E i quarant’anni di ecumenismo postconciliare ne sono una dimostrazione eloquente, considerando i frutti scaturiti durante questo percorso:

 

“Vedendo la meravigliosa fioritura dell’impegno per la ricomposizione dell’unità dei cristiani, ripercorrendo il cammino degli ultimi 40 anni, sorprende come il Signore ci abbia risvegliato dal torpore dell’autosufficienza, dell’indifferenza, come ci renda sempre più capaci di ascoltarci e non soltanto di sentirci”.

 

Preghiera e dialogo, “sforzo” ma anche “purificazione della memoria”: sono i caratteri d’impegno che richiede il cammino ecumenico. Su questa strada “lenta e in salita” non è però impossibile trovare oasi di “gioia” e respirare, ha riconosciuto il Papa, “l’aria purissima della piena comunione”.

 

Testimonianza di ciò sono i numerosi e importanti avvenimenti ecumenici che hanno contrassegnato il 2006, dall’inizio alla fine. Benedetto XVI ne ha fatto una puntuale cronistoria, che ha consegnato agli annali, la positiva conclusione di un ultratrentennale confronto con le Chiese riformate, ha portato a un “significativo momento di preghiera” con il primate della Comunione anglicana, l’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, ha rilanciato i rapporti con la Chiesa ortodossa di Russia quando, nel luglio 2006, si è tenuto a Mosca il vertice dei capi religiosi:

 

“Qui il Patriarca di Mosca e di tutte le Russia, Alessio II, ha sollecitato - con uno speciale messaggio – l’adesione della Santa Sede. Utile è stata poi la visita del metropolita Kirill del Patriarcato di Mosca, che ha fatto emerge l’intento di pervenire ad una più esplicita normalizzazione delle nostre relazioni bilaterali”.

 

“Straordinario” è stato poi definito ancora una volta dal Pontefice il suo viaggio apostolico in Turchia, suggellato, in chiave ecumenica, dall’incontro con il Patriarca Ecumenico, Bartolomeo I, destinato, per Benedetto XVI, a non rimanere senza effetti:

 

“Colgo l’occasione per salutare ancora una volta Sua Santità Bartolomeo I e ringraziarlo della Lettera che mi ha scritto al mio ritorno a Roma. Lo assicuro della mia preghiera e del mio impegno ad agire, affinché si traggano le conseguenze pratiche di quell’abbraccio di pace che ci siamo dati durante la Divina Liturgia nella Chiesa di San Giorgio al Fanar”.

 

Nel ricordare, al termine delle brevi catechesi in altre lingue, la festa di San Francesco di Sales, Benedetto XVI ha rivolto un saluto e un’esortazione ai vescovi dell’Emilia Romagna in visita ad Limina: “Cogliete – ha detto loro - ogni opportuna occasione per annunciare il Vangelo senza mai scoraggiarvi e sempre lieti di proclamare la verità che illumina e salva. Soprattutto date prioritaria importanza alla preghiera ai fini dell’evangelizzazione e della perseveranza nella fede. Siate poi pronti a discernere ogni mezzo apostolico utile per favorire nelle comunità cristiane lo zelo missionario. L’esperienza – ha concluso - dimostra che una diocesi, una parrocchia che prega e vibra di spirito missionario, è una comunità fervorosa e dinamica”.

 

Al termine dell’udienza, Benedetto XVI è stato insignito della quarta cittadinanza onoraria dall’inizio del Pontificato da parte di una città tedesca. A conferirgliela è stata una rappresentanza di Titmonning, località nella quale la famiglia Ratzinger visse dal 1929 al 1932, definita con predilezione dal Papa un “paese di sogno”.

 

La delegazione ha donato al Pontefice un regalo speciale: una copia (l’originale risale al 1768) dell’icona del Santuario di S. Maria Ponlach, sito nei dintorni di Titmonning. Benedetto XVI si è intrattenuto con alcuni bambini della delegazione, ricordando con affetto momenti di festa vissuti all’asilo di Titmonning. Anche i presenti hanno ringraziato il Papa in particolare per il suo “saluto dal cielo” alla fine del viaggio pastorale in Baviera, consegnandogli una copia del film realizzato nella cittadina bavarese durante il viaggio apostolico.

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L’INDUSTRIA DEI MEDIA RISPETTI SEMPRE LA DIGNITA’ DELL’UOMO

E LE NECESSITA’ DELLA FAMIGLIA: E’ L’ESORTAZIONE DI BENEDETTO XVI

NEL MESSAGGIO PER LA 41.MA GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI, SUL TEMA “I BAMBINI E I MEZZI DI COMUNICAZIONE, UNA SFIDA PER L’EDUCAZIONE”

- Intervista con l’arcivescovo John P. Foley -

 

“L’adeguata formazione ad un uso corretto dei media è essenziale per lo sviluppo culturale, morale e spirituale dei bambini”: è quanto sottolinea Benedetto XVI nel messaggio per la 41.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, pubblicato oggi, e che ha per tema: “I bambini e i mezzi di comunicazione, una sfida per l’educazione”. Nell’odierna festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, il Papa richiama con forza gli operatori dei media ad impegnarsi a promuovere la dignità dell’essere umano, nel rispetto dell’etica, e a non abbassare gli standard,  sotto  la spinta  della competitività commerciale. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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E’ “perversione” ogni tendenza “a produrre programmi - compresi film d’animazione e video games - che in nome del divertimento esaltano la violenza, riflettono comportamenti anti-sociali o volgarizzano la sessualità umana”. E’ il richiamo di Benedetto XVI, che rileva quanto sia ancora più grave “quando questi programmi sono rivolti a bambini e adolescenti”. “Come spiegare questo divertimento – si chiede il Papa - agli innumerevoli giovani innocenti che sono nella realtà vittime della violenza, dello sfruttamento e dell’abuso?”. Il Papa esorta, dunque, i responsabili dell’industria dei media, “affinché formino ed incoraggino i produttori a salvaguardare il bene comune, a sostenere la verità, a proteggere la dignità umana” e a rispettare le necessità della famiglia.

 

 “Come l’educazione in generale – si legge nel messaggio – quella ai media richiede formazione nell’esercizio della libertà”. Si tratta, aggiunge, di una responsabilità impegnativa. “Troppo spesso – avverte il Papa – la libertà è presentata come un’instancabile ricerca del piacere o di nuove esperienze. Questa è una condanna, non una liberazione!”. La vera libertà, spiega, “non condannerebbe mai un individuo - soprattutto un bambino - all’insaziabile ricerca della novità”. Il Pontefice sottolinea invece che “alla luce della verità, l'autentica libertà viene sperimentata come una risposta definitiva al ‘sì’ di Dio all’umanità, chiamandoci a scegliere, non indiscriminatamente ma deliberatamente, tutto quello che è buono, vero e bello”. L’educazione ai media dovrebbe essere positiva, avverte il Santo Padre. “Ponendo i bambini di fronte a quello che è esteticamente e moralmente eccellente – constata - essi vengono aiutati a sviluppare la propria opinione, la prudenza e la capacità di discernimento”.

 

 “Questo desiderio profondamente sentito di genitori ed insegnanti di educare i bambini nella via della bellezza, della verità e della bontà – prosegue il Papa – può essere sostenuto dall’industria dei media solo nella misura in cui promuova la dignità fondamentale dell’essere umano, il vero valore del matrimonio e della vita familiare, le conquiste positive ed i traguardi dell’umanità”.“Educare i bambini ad essere selettivi nell’uso dei media  - si legge ancora nel messaggio - è responsabilità dei genitori, della Chiesa e della scuola”. Il ruolo dei genitori, riconosce il Pontefice, “è di primaria importanza”. Essi hanno, infatti, “il diritto e il dovere di garantire un uso prudente dei media, formando la coscienza dei loro bambini affinché siano in grado di esprimere giudizi validi e obiettivi che li guideranno nello scegliere o rifiutare i programmi proposti”. In questo compito, è la sua esortazione, i genitori “dovrebbero essere incoraggiati e sostenuti dalla scuola e dalla parrocchia, nella  certezza che  questo difficile, sebbene gratificante, aspetto dell’essere genitori è sostenuto dall’intera comunità”. D’altro canto, il Pontefice indica, accanto al valore fondamentale dell’esempio dei genitori, “i vantaggi nell’introdurre i giovani ai classici della letteratura infantile, alle belle arti e alla musica nobile”.

        

La Chiesa stessa, ribadisce il Papa, “è anche maestra di umanità e vede con favore l'opportunità di offrire assistenza ai genitori, agli educatori, ai comunicatori ed ai giovani”. Per questo, “le parrocchie ed i programmi delle scuole” dovrebbero “essere all’avanguardia per quanto riguarda l’educazione ai media. La Chiesa, conclude, “vuole condividere una visione in cui la dignità umana sia il centro di ogni valida comunicazione”.   

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Per un primo commento sul messaggio del Pontefice, Giovanni Peduto ha intervistato l’arcivescovo John P. Foley, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali:

 

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R. - Il Santo Padre ha sottolineato in momenti diversi che adesso i media hanno un influsso enorme nella vita, perché ci sono tanti mezzi di comunicazione, c’è tanta informazione, ma non c’è abbastanza formazione delle persone per giudicare la validità di queste informazioni. Questo vale in particolare per i bambini. Questo dicastero ha cercato per anni di promuovere la formazione dei giovani nella comunicazione, di avere nelle scuole la formazione ai mezzi di comunicazione: come giudicare, come apprezzare, come scegliere fra le tante cose disponibili, le cose che sono più importanti per lo sviluppo della vita umana.

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ROMANIA, LIBANO ED EGITTO AL CENTRO DEI LAVORI DELLA ROACO

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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ROACO è una sigla che sta per Riunione delle Opere di Assistenza alle Chiese Orientali. Tiene  due volte l’anno la sua assemblea generale: in giugno e in gennaio. In questa sessione, iniziatasi ieri mattina e che si conclude nella serata di oggi, tre gli argomenti principali: Romania, Libano ed Egitto. In altri termini si tratta di fissare l’entità degli aiuti da offrire alla Chiesa cattolica, nei suoi diversi riti, presente in questi tre Paesi, per i suoi svariati bisogni. Sempre tuttavia è contemplata anche la voce Terra Santa con le sue molteplici necessità.

 

Quanto alla Romania, va detto che i bisogni primari sono le strutture, gli edifici ecclesiastici, e il sostentamento delle persone che lavorano nella pastorale. Occorre portare avanti la costruzione già avviata di 124 chiese. Nel 1948, l’anno della soppressione da parte del regime comunista, le chiese cattoliche di rito greco in Romania erano 2030, mentre adesso, con quello che si è riuscito a recuperare in vari modi e con quelle in costruzione, sono 405, appena un quarto rispetto al passato. Su questo ed altro ancora è intervenuto in seno ai lavori il vescovo di Cluj-Gherla, mons. Florentin Crihalmenau,  che si è così espresso ai nostri microfoni:

 

R. – La Romania sta percorrendo un periodo storico di sviluppo e di ristrutturazione che offre alla nostra Chiesa la possibilità di un nuovo slancio e un miglioramento notevole a livello pastorale. Di conseguenza vi sono alcune emergenze e in questo senso è importante il sostentamento da parte delle agenzie della ROACO. Un’altra emergenza è al livello della formazione e dell’insegnamento teologico: l’aiuto e il sostentamento dei seminari, il sostentamento della catechesi a livello parrocchiale, ma anche dell’inse-gnamento della religione nelle scuole. L’entrata nell’Unione Europea per noi crea certamente una grande sfida, soprattutto per i giovani. La Chiesa, dunque, dovrà rafforzare proprio la catechesi per questa fascia d’età giovanile.

 

Non meno pressanti i bisogni delle Chiese nell’area mediorientale per i quali fanno fronte principalmente le contribuzioni provenienti da Canada e Stati Uniti. E’ necessario soprattutto trovare impiego ai cristiani disoccupati che altrimenti lasciano i loro Paesi. Ecco in proposito la testimonianza di mons. Robert Stern che è segretario generale della CNEWA (Catholic Near Est Welfare Association), e presidente della Pontificia Missione per la Palestina:

 

R. – La situazione è sempre molto difficile, caratterizzata da violenza e da tutti i problemi relativi all’Iraq, al Libano e alla Palestina. La minoranza diventa sempre più piccola, perché sono tanti coloro che cercano di lasciare il proprio Paese nella speranza di trovare delle migliori opportunità in Occidente.

 

D. – Quali sono i bisogni di queste Chiese orientali?

 

R. – I bisogni sono anzitutto quelli ogni società: pace e giustizia. Tutte queste Chiese sono talmente piccole che non hanno i mezzi necessari per riuscire a garantire la propria esistenza. E’ necessario un aiuto, sempre esterno, per riuscire a continuare la sua opera, la formazione del clero e quella relativa alla salute, all’educazione, ma anche per l’appoggio della parrocchia stessa.

 

Infine l’Egitto. Su una popolazione di 75 milioni di abitanti, i musulmani sono il 90 per cento e i copti ortodossi il 9 per cento. Gli altri cristiani sono l’uno per cento e fra questi i cattolici si aggirano tra le 250 mila e le 300 mila unità. Diamo la parola a riguardo all’arcivescovo Michael Fitzgerald, nunzio apostolico in Egitto e delegato della Santa Sede presso la Lega dei Paesi arabi al Cairo:

 

R. - L’influsso della Chiesa, almeno in questa sfera dell’educazione e dell’azione sociale, va molto al di là del numero, meno l’impegno dei cristiani, specialmente i cattolici, nel campo politico: è molto più difficile inserirsi. Si potrebbe dire che c’è una certa discriminazione, non aperta, ma esistente e che rende difficile alcune posizioni per i cristiani. Però, la Chiesa è viva e tutte le Chiese si mettono insieme, le Chiese cattoliche, nell’assemblea dei patriarchi e vescovi, e cercano di condurre una vita molto produttiva per l’Egitto e per la Chiesa.

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IL RUOLO DEI GIOVANI NELL’ECUMENISMO:

 CE NE PARLA, NELLA SETTIMANA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI,

PADRE MILAN ZUST DEL RELATIVO PONTIFICIO CONSIGLIO

 

In questi giorni come conclusione delle feste natalizie secondo il calendario giuliano e in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani nel Collegio Russicum a Roma si è svolto un concerto natalizio con cori dai Paesi dell’Europa dell’Est dai quali provengono gli studenti del Collegio. Dopo il tradizionale Te Deum celebrato dal parroco, il padre gesuita Claude Robinet, responsabile anche del Programma Bielorusso della nostra emittente, è iniziata la panoramica dei canti. Tra gli ospiti c’era anche padre Milan Zust del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani, incaricato per i rapporti con le Chiese ortodosse dei Paesi slavi. Iva Michailova gli ha chiesto di parlarci del ruolo dei giovani nell’ecumenismo:

 

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Il ruolo dei giovani è molto importante proprio perché i giovani – e anch’io mi sento ancora giovane – hanno meno pregiudizi, sono meno feriti anche dalle storie del passato, di questi conflitti che ci sono stati nel passato e che purtroppo ci sono ancora tra le nostre Chiese. Invece i giovani già di natura sono più aperti, più attenti all’altro, più capaci ad ascoltare, a volte un po’ ingenui, ma anche questo in un certo senso ha un aspetto positivo, perché anche questa ingenuità ci aiuta a conoscere meglio l’altro, ad avvicinarsi e a rompere certe barriere, a liberarsi di certi pregiudizi che abbiamo. Penso che proprio i giovani possono contribuire molto (anche perché sono più disponibili a muoversi e ad incontrarsi nelle diverse regioni): se cominciano a vivere un po’ l’amicizia, questa potrà continuare negli anni; potrà essere una sfida anche per i superiori (parroci, vescovi) quando vedono che i giovani si intendono bene, e può essere un invito anche agli altri a fare questo passo in avanti.

 

Io lavoro al Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani e mi occupo anche degli studenti ortodossi che ricevono una borsa di studio dal nostro dicastero. Qui a Roma sono una quarantina, tutti giovani tra i 25 e i 35 anni. Credo che sia molto importante che possano studiare qui, ma è altrettanto importante che possano vivere insieme con i nostri studenti di teologia cattolica, con gli occidentali, e che possano creare in questo modo delle amicizie che di sicuro avranno una grande importanza anche per il loto futuro. Potranno anche contribuire a creare in loro un’immagine della Chiesa cattolica diversa da quella di chi non ha avuto questa possibilità. Spesso la gente non ha possibilità di conoscere gli altri, di rendersi conto che ci si può parlare, che ci si può capire ... Ecco perché questi incontri sono molto importanti: sia per i giovani nelle parrocchie, sia per gli studenti. Ritengo che sia una grande preparazione per i rapporti futuri, anche quelli ufficiali. Anche il dialogo a livello teologico ufficiale darà molti più frutti quando tra i partecipanti c’è un’atmosfera di fiducia e di reciproca comprensione: volersi ascoltare, cercare di parlare così che l’altro possa capire. Ed è proprio questo il tema di quest’anno della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: che il Signore ci apra le orecchie e ci dia il dono di parlare. Proprio attraverso questi incontri cresce in noi la fiducia e saremo disponibili ad ascoltare veramente quello che l’altro vuole dire e non solo quello che ci si aspetta di sentire, senza voler difendere sé stessi o le proprie posizioni. 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - La catechesi e la cronaca dell’udienza generale.

 

Servizio estero - In evidenza l’Iraq: nel discorso sullo stato dell’Unione, il presidente USA, Bush ha affermato che un fallimento della nuova strategia aprirebbe un conflitto nell’intera regione.

 

Servizio culturale - Un articolo di Giuseppe Degli Agosti dal titolo “Quando la natura conquistò il centro della scena”: il tema del paesaggio lega due mostre a Brescia: “Turner e gli Impressionisti” e “Mondrian. Ottanta capolavori”.

 

Servizio italiano - Tra i temi in rilievo la sanità. 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

24 gennaio 2007

 

 

RIDUZIONE DEI CONSUMI DI BENZINA, RILANCIO DELLA LOTTA

CONTRO IL TERRORISMO E NUOVO PIANO IN IRAQ: AL CENTRO, IERI,

DEL DISCORSO DI BUSH SULLO STATO DELL’UNIONE

- Intervista con il prof. Fernando Fasce -

 

Negli Stati Uniti l’atteso discorso, pronunciato ieri dal presidente americano George Bush sullo stato dell’Unione, ha toccato quattro temi: la necessità di puntare su un’energia alternativa, l’urgenza di intraprendere la strada delle riforme, la lotta contro il terrorismo e la guerra in Iraq. Sul discorso del capo della Casa Bianca, il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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“Date al mio nuovo piano in Iraq una possibilità di avere successo”. E’ l’appello lanciato ieri dal presidente Bush ad un’America sempre più scettica, durante il discorso sullo stato dell’Unione. Il capo della Casa Bianca ha cominciato con i temi di politica interna, sottolineando i buoni risultati dell’economia, proponendo riforme della sanità e dell’immigrazione che vanno incontro alla nuova maggioranza democratica in Congresso e chiedendo al Paese di ridurre i consumi di benzina del 20 per cento, dopo aver riconosciuto per la prima volta l’esistenza del problema del riscaldamento globale. Tutto questo, però, non poteva distrarre il pubblico dalla crisi centrale, che resta la guerra in Iraq. Bush ha riconosciuto le difficoltà e ha ammesso che questa non era la guerra che si aspettava di combattere. Poi, però, ha aggiunto che la sconfitta non è un’opzione accettabile, perché consegnerebbe l’intero Medio Oriente al caos ed ai terroristi. Quindi, ha sollecitato il Congresso ed il Paese ad accettare la sua nuova strategia, che prevede l’invio di altri 21.500 soldati. I sondaggi, però, dicono che la maggioranza degli americani è contraria ed il Parlamento si prepara a votare delle risoluzioni di censura appoggiate anche da diversi compagni di partito repubblicani del presidente. La risposta dei democratici, al discorso del capo della Casa Bianca, è venuta dal senatore Webb, un veterano della guerra in Vietnam, il cui figlio combatte ora come marine in Iraq. Webb ha ricordato a Bush che è stato lui a portare l’America in questo conflitto sbagliato con leggerezza, senza ascoltare gli avvertimenti di chi prevedeva i problemi poi incontrati. E quindi lo ha avvertito che se non porrà fine all’intervento, qualcun altro lo farà al posto suo.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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La guerra in Iraq ha dominato dunque, per il quarto anno consecutivo, il discorso di Bush sullo stato dell’Unione. Ma il capo della Casa Bianca è realmente in grado di convincere gli americani che il nuovo piano può stabilizzare l’Iraq? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al docente di storia americana all'Università di Genova, prof. Fernando Fasce:

 

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R. – Si sarebbe tentati di dire che sarà difficile, basti pensare al fatto che in questo discorso sullo stato dell’Unione c’è una contraddizione tra l’affermazione della necessità di proseguire sulla linea, e quindi inviare più truppe, e la dichiarazione secondo cui si tratta di un incubo ...

 

D. – Bush ha anche proposto la creazione di un consiglio consultivo speciale per la guerra al terrorismo, ribadendo che gli Stati Uniti sono ancora in guerra contro al Qaeda. Ma la lotta al terrorismo, professore, è davvero una priorità per gli Stati Uniti?

 

R. – Intanto, si tratta di prendere atto che la logica stessa della guerra al terrorismo – “guerra al terrorismo” invece che “azione concertata nei confronti di azioni terroristiche” – si tratta di capire se quella linea “bushiana” ha pagato o no. Stando ai risultati, sembra di poter dire di no!

 

D. – Il presidente statunitense ha anche lanciato un appello alla maggioranza democratica, chiedendo di percorrere insieme la strada delle riforme. E’ una sinergia possibile?

 

R. – Visti i precedenti, anche qui direi che non sarà così facile per Bush perché - se ricordate - Bush si è presentato con un linguaggio “bi-partisan” subito dopo le elezioni del 2000; poi, però, a questo ha fatto riscontro, per tutti e sei gli anni, un atteggiamento decisamente di confronto e di orientamento unilaterale, anche all’interno, da parte di Bush.

 

D. – Bush ha insistito poi sulla necessità di puntare sull’energia alternativa per ridurre la dipendenza statunitense dal petrolio. Siamo di fronte ad una svolta ecologista dell’amministrazione Bush?

 

R. – Qui siamo ancora una volta ad una possibile, forte contraddizione. Non dimentichiamo che questo è il presidente che ha dichiarato a più riprese il proprio disinteresse nei confronti di questo tema, che era partito con il famoso progetto di andare a scavare il più possibile in Alaska e oggi prova a fare un dietro-front e anche qui si tratta di vedere se ha le risorse, da un lato – come dire – “culturali”, di retorica, di persuasione adeguate; dall’altro, le risorse dentro la sua stessa amministrazione.

 

D. – In conclusione, le chiedo un bilancio sul discorso di Bush che, secondo ultimi sondaggi, è il presidente più impopolare nella storia americana?

 

R. – Si tratta di un discorso in un certo senso necessitato. Bush non poteva, a questo punto, probabilmente che abbassare i toni, fare un tentativo finale di conquista sul piano retorico con questa semi-svolta di tipo ecologista; ma io sicuramente condivido le reazioni dei principali osservatori statunitensi che dicono che si tratta in generale di un discorso di basso tono.

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UN TERZO DEGLI AIUTI ALIMENTARI NON RAGGIUNGE I BENEFICIARI: LO DENUNCIA

 LA FAO NEL RAPPORTO SU “LO STATO DELL’ALIMENTAZIONE E DELL’AGRICOLTURA” 2006 NEL MONDO, PRESENTATO STAMANE A ROMA, NELLA SEDE DELL’AGENZIA DELL’ONU

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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‘No’ agli aiuti in natura, salvo interventi di emergenza per risolvere crisi umanitarie e carestie croniche. ‘Si’ invece agli aiuti in denaro o in buoni pasto. Questa la ‘ricetta’ – in qualche modo sorprendente – proposta dalla FAO nel rapporto 2006 per una gestione più efficiente degli aiuti alimentari, che oggi si aggirano intorno a 10 milioni di tonnellate l’anno, destinati a circa 200 milioni di persone più bisognose, con un costo annuo stimato in 2 miliardi di dollari.

                  

Ma perché passare dall’invio di cibo all’invio di soldi o bonus per sfamarsi? Perché ci sono fondati dubbi ed anche riscontri oggettivi – ha spiegato il direttore generale della FAO, Jacques Diouf – che gli aiuti in natura, se non strettamente necessari e tempestivi per salvare nell’immediato vite umane – abbiano effetti negativi sia sui produttori che sui mercati locali dei Paesi destinatari, e siano anche causa di squilibri nel commercio internazionale. C’è poi il problema dei vincoli posti agli aiuti alimentari per cui se le derrate vengono acquistate nei Paesi donatori questi spendono poi circa la metà del loro budget per farli arrivare a destinazione. Si è calcolato che tali vincoli costino un terzo di tutte le risorse destinate agli aiuti a livello mondiale.

        

Le emergenze assorbono comunque circa la metà del volume degli aiuti alimentari e sono raddoppiate negli ultimi due decenni da 15 a 30 l’anno, e in Africa addirittura triplicate. Oggi sono 39 i Paesi beneficiari, guidati dalla Corea del Nord, seguita da Etiopia e Bangladesh. Tra i Paesi donatori, leader sono invece gli Stati Uniti, da cui arriva il 50 per cento degli aiuti in natura, mentre i Paesi europei sono in massima parte già passati all’invio di aiuti in denaro. Buone notizie per la Cina che da Paese destinatario oggi è il quarto donatore.

 

Un rapporto che farà certamente discutere all’interno delle agenzie umanitarie, in primo luogo il Programma alimentare mondiale che distribuisce la metà di tutti gli aiuti in natura. Tra gli interrogativi da sciogliere, soprattutto i controlli sui nuovi flussi di denaro verso Paesi che non sempre garantiscono onestà e trasparenza nella gestione della cosa pubblica. Tutto ciò dovrà essere negoziato tra governi donatori e beneficiari che dovranno valutare caso per caso come ottimizzare le risorse disponibili per aiutare i più poveri.

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CON LE NOMINATION DI IERI, PARTE LA CORSA PER LA 79.MA EDIZIONE

 DEGLI OSCAR CINEMATOGRAFICI

 

“The Departed” di Martin Scorsese, “Letters from Iwo Jima” di Clint Eastwood, “Babel” di Alejandro Gonzales Inarritu e “The Queen” sono i film che si sfideranno sia per l’Oscar alla regia che per la statuetta assegnata al miglior film,  alla 79ma edizione degli Academy Awards. Tra gli attori protagonisti, Di Caprio e Will Smith, tra le attrici Meryl Streep e Penelope Cruz. Mentre a sorpresa il film “Volver” non entra nella cinquina del migliore film straniero. Il servizio di Silvia Di Paola:

 

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Tutto secondo le previsioni per l’attesa notte del 25 febbraio, quando saranno assegnate le dorate statuette che cambiano la sorte di un film. Stavolta a contendersi l’Oscar per il miglior film ci saranno non solo “Babel”, la storia circolare e a incastri di Alejandro Gonzales Inarritu girata fra Messico, Tokyo e Marocco; “The Queen” di Stephen Frears che coglie la regina Elisabetta in uno spaccato di vita domestica e pantofolaia; e il sorprendente film a basso costo di Jonathan Daython, “Little Miss Sunshine” in cui una improbabile famigliola viaggia per far partecipare una ragazzina grassoccia e bruttina ad un concorso di bellezza: sintesi della follia consumistica della nostra superficiale società dell’immagine. Ma ci saranno anche i due cavalli di razza, Martin Scorsese e Clint Eastwood, che già due anni fa si trovarono l’un contro l’altro armati, rispettivamente con “The Aviator” e con “Million Dollar Baby” che portò a casa meno statuette ma tutte quelle delle principali categorie. In questa 79.ma edizione degli Oscar ci riprovano Scorsese con “The Departed”, storia sospesa lungo una linea sottile in cui Bene e Male si confondono, e Eastwood con “Lettere da Iwo Jima”, tutto centrato sull’eroismo dei giapponesi che andarono a morire nello scontro con i soldati americani durante la seconda guerra mondiale su quel fazzoletto di terra che era l’isola di Iwo Jima. Nella categoria della migliore regia la cinquina propone anche l’azzardo del film di Paul Greengrass, “United 93” che tenta di ricostruire il volo di quell’aereo che l’11 settembre non si schiantò sulla Casa Bianca, ma precipitò in Pennsylvania. Mentre fa il pieno, anche se non rientra nella cinquina per miglior film, il musical “Dreamgirls” che di nomination ne cumula ben otto, inclusa quella per Eddie Murphy come migliore attore non protagonista.

 

Il resto sarà sfida tra attori, da Leonardo Di Caprio a Will Smith, da Forrest Whitaker a Peter O’Toole a Ryan Gosling. E di attrici, da Meryl Streep a Judi Dench, da Penelope Cruz a Kate Winslet a Helen Mirren. Mentre l’Italia sta a guardare, dovendosi accontentare delle nomination a Milena Canonero per i costumi di “Marie Antoniette” e a Aldo Signoretti e Vittorio Sodano, truccatori per il discusso e discutibile “Apocalypto” di Mel Gibson.

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CHIESA E SOCIETA’

24 gennaio 2007

                       

 

LE NUOVE SFIDE DEI POPOLI ASIATICI ALLA LUCE DELLA DOTTRINA SOCIALE

DELLA CHIESA” AL CENTRO DELLA CONFERENZA CONTINENTALE PROMOSSA

 DAL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE,

DALLA FEDERAZIONE DELLE CONFERENZE EPISCOPALI DELL’ASIA

E DALLA CONFERENZA EPISCOPALE THAILANDESE, A BANGKOK

 

BANGKOK. = Presentare il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa al continente asiatico: con questo intento, il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, insieme alla Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia e alla Conferenza episcopale tailandese, promuove da domani al 27 gennaio a Bangkok una Conferenza Continentale, sul tema: “Le nuove sfide dei popoli asiatici alla luce della Dottrina sociale della Chiesa”. Tra antiche e nuove forme di povertà disumanizzante e insensata violenza, come pure di individualismo materialista ed edonista, studiosi, esperti e operatori pastorali dibattono su come i popoli asiatici possano trovare un equilibrio che assicuri al Continente giustizia e pace. La Conferenza sarà introdotta dal presidente del dicastero vaticano, cardinale Renato Raffaele Martino, con il saluto augurale dell’arcivescovo di Bangkok, cardinale Michael Michai Kitbunchu, e il presidente della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche, arcivescovo Orlando B. Quevedo. Per la Chiesa in Asia è urgente far fronte a queste nuove sfide, attingendo dalla Dottrina sociale della Chiesa orientamenti e linee d’azione. Previsti inoltre gli interventi di Felix Wilfred, capo della Divisione degli Studi Cristiani dell’Università di Madras, in India; di Lina Chan, la segretaria generale della Commissione giustizia e pace di Hong Kong; e di 16 presidenti di Conferenze episcopali asiatiche. (A.D.F.)

 

 

IN UNA LETTERA AL PREMIER BRITANNICO, BLAIR, IL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELL’INGHILTERRA E DEL GALLES, CARDINALE MURPHY O’CONNOR,

 CHIEDE DI ESENTARE LE AGENZIE DI ADOZIONE CATTOLICHE DALLA RECENTE LEGGE CONTRO LE DISCRIMINAZIONI: “CONTRAVVIENE AGLI INSEGNAMENTI DELLA CHIESA

SULLA FAMIGLIA FONDATA SUL MATRIMONIO TRA PERSONE DI SESSO DIVERSO”

 

LONDRA. = Il presidente della Conferenza episcopale dell’Inghilterra e del Galles, cardinale Cormac Murphy O’Connor, ha scritto una lettera al primo ministro, Tony Blair, in cui, a nome dei vescovi, chiede, di esentare le agenzie di adozione cattoliche dalla recente legge contro le discriminazioni. Le nuove regole, che entreranno in vigore il prossimo aprile, renderanno illegale ogni forma di discriminazione sulla base di sesso, razza, religione o orientamento sessuale, e puntano a proteggere gli omosessuali anche nel campo delle adozioni. Il timore dei vescovi, espresso nella lettera del cardinale O’Connor, è che, se applicata anche alle agenzie cattoliche, che non prendono in considerazione per l’adozione le coppie omosessuali, queste saranno costrette a chiudere. Un’evenienza – sottolinea il porporato – che avrebbe conseguenze “tragiche” per i tanti bambini orfani o abbandonati che aspettano di essere adottati, ma che potrebbe essere facilmente “evitata”. “Imporre per legge alle agenzie cattoliche di offrire questo servizio contro gli insegnamenti della Chiesa e la loro coscienza - si legge nella lettera - è per i vescovi un’irragionevole, inutile e ingiusta discriminazione contro i cattolici”. La Chiesa – ribadisce quindi il cardinale O’Connor – è assolutamente contraria a qualsiasi forma di “discriminazione, violenza e molestia verso le persone omosessuali”, che secondo la dottrina cattolica “devono essere accolte con rispetto, compassione e sensibilità” e in questo senso è favorevole alla nuova legislazione. Essa non può però avallare quella parte del provvedimento che contravviene ai suoi insegnamenti sulla famiglia fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso. (L.Z.)

 

 

AL CARDINALE MESSICANO POSADAS OCAMPO, ASSASSINATO NEL 1993 A GUADALAJARA IN CIRCOSTANZE MAI CHIARITE, NON FU PRATICATA L’AUTOPSIA:

 LO HA DENUNCIATO IL MEDICO LEGALE CUI FU IMPEDITO DI ESAMINARE LE FERITE SUL CORPO PER ORDINE DELL’ALLORA PRESIDENTE

DELLA REPUBBLICA, SALINAS DE GORTARI

 

CITTA’ DEL MESSICO. = “Al cardinale Juan Jesus Posadas Ocampo non fu praticata l’autopsia prevista per legge per ordine scritto dell’allora presidente della Repubblica”, Carlos Salinas de Gortari: lo ha denunciato, in un’intervista radiofonica rilanciata dall’agenzia cattolica Aciprensa, il dott. Mario Rivas Souza, responsabile del servizio di medicina legale dello Stato messicano di Jalisco. Come riferisce il quotidiano Avvenire, si tratta di dichiarazioni che riaccendono i dubbi sulle circostanze mai chiarite dell’assassinio del cardinale Posadas Ocampo, arcivescovo di Guadalajara, avvenuto all’aeroporto della città messicana il 24 maggio 1993. Nell’intervista, il dott. Rivas Souza ha raccontato che all’obitorio gli fu impedito di esaminare le ferite sul corpo. (R.M.)

 

 

AL VIA, OGGI A PRETORIA, I LAVORI DELL’ASSEMBLEA PLENARIA

DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL SUDAFRICA

 

PRETORIA. = Inizia oggi a Pretoria l’assemblea plenaria della Conferenza episcopale sudafricana (SACBC), che riunisce i vescovi del Sudafrica, del Botswana e Swaziland. I lavori inizieranno questo pomeriggio presso il St. Peter’s Seminary della capitale sudafricana e si concluderanno il 29 gennaio. Durante la sessione, i vescovi proseguiranno la loro riflessione sul rapporto tra fede e guarigione e, in particolare, sui preti-guaritori (i cosiddetti “Sagoma Priests”). Proprio su questo tema, in un documento pastorale dell’estate scorsa, i presuli hanno ammonito i fedeli, ma anche il clero, sull’incompatibilità tra la fede cristiana e alcune pratiche ancestrali. I vescovi ascolteranno, inoltre, il rapporto sulle attività svolte dai diversi organismi della Conferenza episcopale, tra cui l’Ufficio per l’AIDS e lo speciale Ufficio di collegamento dei vescovi con il Parlamento. Tra gli altri punti di discussione, il lancio del secondo volume dell’opuscolo “Fruitful Encounters” (“Incontri proficui”) sul dialogo con le comunità non cristiane in Sudafrica, la traduzione in inglese dei testi liturgici ad uso della Chiesa locale e l’approvazione del bilancio consuntivo 2006. (L.Z.)

 

 

CONTINUANO I LAVORI DEL WORLD SOCIAL FORUM DI NAIROBI, IN KENYA.

OGGI, GIORNATA DEDICATA AL MONDO FEMMINILE

- A cura di Marina Piccone -

 

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NAIROBI. = Nel pieno della sua attività, il World Social Forum di Nairobi, in Kenya, procede in un susseguirsi incessante di seminari, dibattiti, appuntamenti, riflessioni. E già ci si chiede se questo evento porterà dei frutti concreti agli africani. Padre Kizito Sesana, il padre comboniano che vive qui da 20 anni, dove si occupa di bambini di strada, è severo: “La quantità degli eventi, rispetto al tempo previsto, non consente di fare un lavoro significativo”, dice. Il costo enorme della realizzazione del Meeting, inoltre, non giustifica una tale disorganizzazione. In più, la gente non sa niente di questo evento. Nonostante del comitato organizzatore facciano parte giornalisti, i media hanno ignorato fino all’ultimo la manifestazione. Lisa Clark dei Beati Costruttori di Pace è più ottimista: “Questo Forum è la vita, la speranza e il futuro - afferma -. Stanno partecipando in tanti, anche giovani e giovanissimi. In questo posto si ha la possibilità di avere una prospettiva vera sulla vita dei popoli africani che consentirà di fare analisi più approfondite per azioni concrete”. Per quanto riguarda il programma odierno, oggi si può dire sia il giorno delle donne. Tanti gli incontri su temi che riguardano il mondo femminile e poi 21 assemblee tematiche in cui si decideranno le azioni per il 2007 e il 2008. Domani le conclusioni.

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ASSEGNATO A DON BRICE DE MALHERBE, SACERDOTE DIOCESANO DI PARIGI

E AUTORE DELLA TESI SU “IL RISPETTO DELLA VITA UMANA IN UN’ETICA

DI COMUNIONE”, IL PREMIO LETTERARIO “HENRI DE LUBAC”

 

ROMA. = È don Brice de Malherbe, sacerdote diocesano di Parigi e autore della tesi dal titolo “Il rispetto della vita umana in un’etica di comunione”, il vincitore della terza edizione del premio letterario “Henri de Lubac”, che gli è stato consegnato questa mattina a Roma dal presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, cardinale Paul Poupard. Intitolato al francese Henri de Lubac (1896-1991), uno dei più insigni teologi cattolici del novecento e tra i principali ispiratori del Concilio Vaticano II, creato cardinale da Giovanni Paolo II nel 1983, il premio è istituito dall’ambasciata di Francia presso la santa Sede, dove si è svolta la cerimonia di consegna, e viene assegnato alla migliore tesi di dottorato in campo filosofico, teologico o spirituale, scritta in francese e presentata presso una delle pontificie università di Roma. Come precisa l’agenzia SIR, il premio consiste in una somma di tre mila euro. Brice de Malerbe ha spiegato di aver scelto il tema del suo elaborato dopo aver vissuto per due mesi in un centro di assistenza per malati terminali. La tesi è stata discussa presso l’Università Cattolica; relatore, mons. Livio Melina dell’Istituto Giovanni Paolo II della Pontificia Università Lateranense. Un riconoscimento è andato anche al secondo classificato, padre Stéphane Henaux, autore de “La metafisica della libertà in Joseph de Finance” all’Università Gregoriana. Presenti alla cerimonia, tra gli altri, il cardinale Georges Marie Cottier e Jacques de Larosière, presidente dell’associazione internazionale “Cardinal Henri de Lubac”. (R.M.)

 

 

IN EUROPA, LA DISCRIMINAZIONE È AMPIAMENTE DIFFUSA E NON SI FA ABBASTANZA

PER COMBATTERLA: È QUANTO SOSTENGONO OLTRE LA METÀ DEGLI EUROPEI, SECONDO UN’INDAGINE PRESENTATA IERI A BRUXELLES

DALLA COMMISSIONE EUROPEA

 

BRUXELLES. = “Più della metà degli europei pensa che non si faccia abbastanza per combattere la discriminazione nei loro Paesi e la maggior parte degli interpellati ritiene che la discriminazione sia ampiamente diffusa” nel vecchio continente. E' quanto emerge da un’indagine diffusa ieri dalla Commissione europea in occasione del lancio del sito web dedicato all’Anno europeo per le pari opportunita', che si celebra nel 2007 e che sarà aperto ufficialmente a Berlino il 30 gennaio, nel corso del primo vertice sulla parità. L’indagine, condotta da Eurobarometro, evidenzia che “l’esistenza nell’UE di norme contro la discriminazione (fondata sul sesso; la razza o l’origine etnica; l’età; l’orientamento sessuale; gli handicap; la religione o le convinzioni personali) è ancora poco nota” nell’Europa comunitaria. Infatti, solo un terzo dei cittadini dichiara di conoscere i propri diritti in caso di discriminazioni o molestie. Nello studio di Eurobarometro si evidenzia come la percezione di eventuali discriminazioni sia “sensibilmente diverso da uno Stato all'altro”. Comunque “una vasta maggioranza di persone ritiene che essere portatori di handicap (79%), Rom (77%), persone con più di 50 anni (69%) o di origine etnica diversa (62%) costituisca uno svantaggio nella loro società”. Allo stesso tempo, però, la maggioranza degli intervistati “ritiene che siano necessarie più donne in posti direttivi (77%) e in Parlamento (72%)”. “Molti pensano inoltre che nel mercato del lavoro debbano essere presenti più portatori di handicap (74%)”. (R.M.)

 

 

DECINE DI VITTIME IN ANGOLA PER LE VIOLENTI PIOGGE.

DISTRUTTE ABITAZIONI, INFRASTRUTTURE E VIE DI COMUNICAZIONE

 

LUANDA. = Almeno 46 persone sono morte, 22 sono considerate ufficialmente disperse e migliaia sono rimaste senza un tetto a Luanda, capitale dell’Angola, a causa delle violente piogge abbattutesi negli ultimi giorni. Il bilancio, fornito dall’agenzia di stampa nazionale ANGOP e rilanciato dalla MISNA, è ancora parziale e potrebbe crescere ulteriormente, anche alla luce dei dati provenienti da altre zone del Paese. La stessa agenzia ha riferito anche di altre cinque vittime nel distretto di Huambo, nella zona centrale del Paese, sottolineando come molte aree dell’Angola siano completamente isolate da ore, dal momento che il maltempo ha distrutto infrastrutture e vie di comunicazione. “Molti ponti sono stati distrutti e altri potrebbero crollare nelle prossime ore, e molte, moltissime, abitazioni sono crollate o sono state trascinate via dalla furia delle acque”, ha detto il capo del corpo dei pompieri angolano, Faustino Sebastião, ad alcuni media portoghesi. Il maltempo ha causato anche la distruzione di molte linee telefoniche, isolando completamente alcune aree. Le autorità sanitarie hanno anche sottolineato il rischio che l’epidemia di colera, in corso ormai da quasi un anno nel Paese (2.755 le vittime e 68.585 i contagi), subisca una nuova impennata a causa delle alluvioni e delle piogge. Ma in questi giorni non è solo l’Angola ad essere colpita, dal momento che un’ondata di maltempo è in corso su tutta la fascia centro-meridionale del continente africano, fino al Burundi, passando per Malawi, Zambia e Mozambico. (R.M.)

 

 

DECEDUTO, IERI A VARSAVIA, LO SCRITTORE E GIORNALISTA POLACCO,

 RYSZARD KAPUCINSKI, ATTENTO NARRATORE DEL SUD DEL MONDO

- A cura di Roberta Moretti -

 

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VARSAVIA. = E’ morto ieri a Varsavia, all’età di 75 anni, il grande scrittore e giornalista polacco, Ryszard Kapucinski, deceduto per le complicazioni successive a un intervento operatorio subito sabato. Nato nel 1932 a Pinsk, in Polonia orientale, oggi Bielorussia, aveva lavorato fino al 1981 come corrispondente estero dell’agenzia di stampa polacca PAP. Celebri i suoi reportage sulla crescita e la caduta dei regimi autoritari, sulle rivoluzioni e i movimenti di liberazione in America Latina e Asia, sull’evolversi dell’indipendentismo africano, sul crollo dell’impero sovietico. Attento narratore del Sud del mondo, il suo stile era arricchito da una forte partecipazione al destino delle vittime, dei poveri, dei sofferenti, della gente. Nella sua attività di scrittore (nel 2003 è stato candidato al Nobel per la letteratura) Kapucinski ha trasformato l’esercizio giornalistico in riflessione profonda e a tratti filosofica. Tra i suoi libri tradotti in italiano: Il Negus. Splendori e miserie di un autocrate (1983), racconto dell’Unione Sovietica e del suo dissolvimento dal 1939 al 1992; Lapidarium. In viaggio tra i frammenti della storia (1997), un libero “intarsio” di meditazioni ispirate da viaggi, letture, eventi storici; Ebano (1998), resoconto di 40 anni di esperienza come inviato nei Paesi africani; Shah-in-Shah (2001), sull’Iran, negli anni in cui aveva fine la monarchia di Reza Palevi; La prima guerra del football e altre guerre di poveri (2002); In viaggio con Erodoto (2005); Autoritratto di un reporter (2006).

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24 ORE NEL MONDO

24 gennaio 2007

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

        

In Iraq, intensi combattimenti sono scoppiati questa mattina fra insorti e soldati di americani e iracheni in due quartieri sunniti del centro di Baghdad. Fonti del ministero degli Interni hanno riferito che elicotteri americani hanno anche sparato contro le postazioni dei ribelli. In una delle due zone teatro dell’attacco si è schiantato, ieri, un velivolo di una compagnia privata americana. Nello schianto, sono morti cinque dipendenti statunitensi della società.

 

Nei Territori palestinesi, soldati israeliani hanno ucciso un palestinese e ferito altre due persone nei pressi del posto di frontiera tra la Striscia di Gaza ed Israele. I tre si sono avvicinati  al confine e, secondo la ricostruzione di militari israeliani, non hanno obbedito all’ordine di fermarsi. In Cisgiordania, intanto, tre cittadini francesi, un diplomatico e due sue guardie del corpo, sono stati rapiti da uomini armati nei pressi di Nablus.

 

Il presidente israeliano Moshe Katsav, accusato di stupro, molestie sessuali e abuso d’ufficio, è pronto ad autosospendersi. Lo afferma uno dei suoi legali alla stampa israeliana. Katsav terrà questa sera una conferenza stampa in cui è previsto l’annuncio  dell’autosospensione “per  temporanea incapacità ad esercitare i poteri presidenziali”. Ieri il giudice incaricato del caso ha annunciato la sua intenzione di incriminare il presidente, che continua a dichiararsi innocente. Numerosi deputati israeliani e il ministro della Giustizia hanno chiesto le sue dimissioni.

 

In Libano, è stato riaperto stamani l’aeroporto di Beirut. Ieri i voli erano stati sospesi in seguito ai disordini scoppiati nella capitale libanese per lo sciopero generale promosso da Hezbollah. L’obiettivo dei miliziani sciiti è di fare cadere il governo filo-occidentale del premier Fuad Siniora. La protesta è sfociata in violenti scontri tra opposte fazioni e, nonostante l’intervento dell’esercito, si contano almeno 3 morti e circa 130 feriti. Intanto, domani a Parigi si riunisce la Conferenza dei Paesi donatori per il Libano. In quale clima si svolgerà il vertice alla luce della violenta protesta dell’opposizione di ieri a Beirut? Giancarlo la Vella lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale ed analista politico del Corriere della Sera:

 

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R. – Ci sono prospettive difficili. E’ chiaro che ieri c’è stato un durissimo braccio di ferro per una ragione – almeno teorica – prevalentemente economica e cioè le riforme che il governo Siniora vuole sostenere. Sono riforme dure e non soltanto riguardo agli aumenti dei prezzi, ma anche sulle privatizzazione. Si va a toccare anche quelli che erano dei benefici, come quello di sfruttare le concessioni per una costruzione. Ma è, da un certo punto di vista, quasi un pretesto per rilanciare il desiderio dell’opposizione, guidata da Hezbollah, che vogliono far cadere questo governo per imporre un governo di unità nazionale. Ora il fatto che Hezbollah, all’ultimo momento, abbia fatto marcia indietro, perché all’inizio avevano detto “vogliamo uno sciopero ad oltranza”, è dovuto alle volontà di ottenere questi aiuti.

 

D. – Il riacquistato vigore di Hezbollah in chiave antigovernativa potrebbe raffreddare le intenzioni dei Paesi donatori, secondo te?

 

R. – Sì, da un punto di vista psicologico e forse no da un punto di vista fattuale. Ormai l’impegno è stato preso e se questo governo non avesse più neppure il sostegno dei Paesi donatori, durerebbe 48 ore o forse anche meno. E’, quindi, interesse dei Paesi donatori, che ancora credono alla potenzialità di questo governo, di cercare di aiutarlo. Questo aiuto non va soltanto a vantaggio del governo, ma va a vantaggio di tutti i libanesi e anche l’opposizione deve tener conto dei ritorni che ci sono sulla vita della gente.

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Sempre tesa la situazione in Somalia: colpi di mortaio sono stati esplosi stamani contro l’aeroporto internazionale di Mogadiscio. L’attacco ha causato la morte di almeno una persona. Secondo fonti locali, i colpi di mortaio sono stati sparati in concomitanza con l’arrivo di un aereo con a bordo una delegazione dell’ONU. L’aeroporto è anche la base per i soldati etiopi. Ieri è cominciato, intanto, il ritiro delle forze dell’Etiopia dalla Somalia. Da segnalare, poi, che secondo il quotidiano americano “Washington post”, i militari statunitensi hanno compiuto un secondo raid aereo contro postazioni dei miliziani delle Corti islamiche e di Al Qaeda nel sud della Somalia. Il giornale precisa che non si conoscono i risultati dell’attacco, il secondo dopo quello di circa due settimane fa. L’azione militare non è stata confermata da Washington.

 

Si è concluso fortunatamente senza vittime il dirottamento di un aereo sudanese partito da Karthoum con a bordo 103 persone. Il dirottatore, armato di kalashnikov, ha costretto il pilota ad atterrare all’aeroporto di N’Djamena, in Ciad, dove ha chiesto asilo politico all’ambasciatore francese. Poco dopo, si è consegnato alla polizia. Il dirottatore è un rifugiato sudanese proveniente dal Darfur, martoriata regione occidentale del Sudan.

 

Dopo giorni di sanguinose proteste, autorità della Guinea Conakry hanno incontrato ieri i responsabili dei sindacati, promotori di una lunga protesta. Dallo scorso 10 gennaio, il Paese africano è paralizzato da uno sciopero generale contro la corruzione e l’ingerenza del presidente, Lansana Conte, negli affari giudiziari. La forte repressione della polizia contro i manifestanti ha causato, fino ad ora, almeno 40 morti.

 

Le amministrazioni di Pyongyang e Washington stanno dimostrando una nuova flessibilità che lascia ben sperare sull'esito dei negoziati internazionali sul nucleare nordcoreano. Lo ha dichiarato oggi il ministro degli Esteri sudcoreano Song  Minsoon. Pur essendo in genere assai misurato nelle sue dichiarazioni, Song non ha esitato a parlare di una nuova era nella trattativa a Pechino sulla complessa questione nucleare nordcoreana. Al negoziato partecipano, oltre alle due Coree, Usa, Cina, Russia e Giappone, ma a rilanciare il dialogo sono stati, soprattutto, i contatti bilaterali svoltisi ultimamente a Berlino fra i rappresentanti di Washington e Pyongyang.

 

E’ cominciata con  un incontro  con l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea, Javier Solana, la visita del segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, alle istituzioni europee di Bruxelles. “Ho sempre apprezzato il ruolo svolto dall’Unione europea nella comunità internazionale per la pace, la prosperità, lo sviluppo, oltre che per le posizioni sul cambiamento climatico, i diritti umani e la lotta al terrorismo”, ha detto Ban Ki-moon  in un breve incontro con la stampa, al fianco di Solana. “Considerate le sfide rappresentate dai conflitti regionali e dall'abuso nei diritti umani – ha aggiunto – è quanto mai necessario cooperare insieme”.

 

La Commissione europea ha bocciato il contributo dato nel 2004 e 2005 dal governo Berlusconi a chi ha acquistato i decoder per le trasmissioni in digitale terrestre. Per la commissaria europea alla Concorrenza, Neelie Kroes, si tratta di “aiuti illegali” che hanno dato un “vantaggio indiretto” agli operatori del settore.

 

 

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