RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 24 - Testo della trasmissione di mercoledì 24 gennaio 2007
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Con le nomination di ieri, parte la corsa per la 79.ma edizione degli Oscar cinematografici
CHIESA E SOCIETA’:
Violenti
scontri in un quartiere a maggioranza sunnita nel centro di Baghdad
24 gennaio 2007
BENEDETTO
XVI ALL’UDIENZA GENERALE: PREGHIERA E PURIFICAZIONE DELLA
MEMORIA PER RENDERE SPEDITO IL CAMMINO ECUMENICO. IL PAPA HA ASSICURATO
AL PATRIARCA ECUMENICO ORTODOSSO, BARTOLOMEO I,
IL PROPRIO IMPEGNO PERCHE’ ABBIA
CONSEGUENZE PRATICHE
L’ABBRACCIO
DI PACE SCAMBIATO IN TURCHIA
L’ecumenismo è una “lenta
strada in salita”, lungo la quale non mancano tuttavia momenti di gioia in cui
si respira “l’aria purissima della piena comunione”. Come preannunciato la
scorsa settimana, Benedetto XVI è tornato a parlare questa mattina, all’udienza
generale in Aula Paolo VI, della Settimana di preghiera per l’unità dei
cristiani, che si conclude domani. Il Papa ha ricordato gli eventi ecumenici
più importanti del 2006, culminati con l’abbraccio di pace, in Turchia, con il
Patriarca Ecumenico, Bartolomeo I. Il servizio di Alessandro De Carolis.
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E’ la preghiera comune la
chiave per rischiarare le ombre che ancora gravano sul cammino verso l’unità.
Benedetto XVI ha insistito a più riprese su questo concetto, affrontando con
grande trasporto il tema della comunione fra le diverse espressioni della
cristianità. Un cammino difficile, arduo, alla cui cura è chiamata, come
afferma il Concilio Vaticano II, “tutta la Chiesa”,
dai vertici alla base:
“L’ecumenismo
certamente è un processo lento e a volte, forse, anche scoraggiante, quando si
cede alla tentazione di sentire e non di ascoltare, di parlare a mezza bocca, invece
di proclamare con coraggio. Non è facile abbandonare una comoda sordità, come
se il Vangelo immutato non avesse la capacità di rifiorire, riaffermandosi
quale provvidenziale lievito di conversione e di rinnovamento spirituale per
ognuno di noi”.
“Tutto si può ottenere
pregando”, perché è questo “il primo dovere comune di ogni cristiano”. E i
quarant’anni di ecumenismo postconciliare ne sono una dimostrazione eloquente,
considerando i frutti scaturiti durante questo percorso:
“Vedendo la
meravigliosa fioritura dell’impegno per la ricomposizione dell’unità dei cristiani,
ripercorrendo il cammino degli ultimi 40 anni, sorprende come il Signore ci
abbia risvegliato dal torpore dell’autosufficienza, dell’indifferenza, come ci
renda sempre più capaci di ascoltarci e non soltanto
di sentirci”.
Preghiera e dialogo,
“sforzo” ma anche “purificazione della memoria”: sono i caratteri d’impegno che
richiede il cammino ecumenico. Su questa strada “lenta e in salita” non è però
impossibile trovare oasi di “gioia” e respirare, ha riconosciuto il Papa,
“l’aria purissima della piena comunione”.
Testimonianza di ciò sono
i numerosi e importanti avvenimenti ecumenici che hanno contrassegnato il 2006,
dall’inizio alla fine. Benedetto XVI ne ha fatto una puntuale cronistoria, che
ha consegnato agli annali, la positiva conclusione di un ultratrentennale
confronto con le Chiese riformate, ha portato a un “significativo momento di
preghiera” con il primate della Comunione anglicana, l’arcivescovo di
Canterbury Rowan Williams, ha rilanciato i rapporti
con la Chiesa ortodossa di Russia quando, nel luglio
2006, si è tenuto a Mosca il vertice dei capi religiosi:
“Qui il Patriarca di
Mosca e di tutte le Russia, Alessio II, ha sollecitato
- con uno speciale messaggio – l’adesione della Santa Sede. Utile è stata poi
la visita del metropolita Kirill del Patriarcato di
Mosca, che ha fatto emerge l’intento di pervenire ad una più esplicita
normalizzazione delle nostre relazioni bilaterali”.
“Straordinario” è stato
poi definito ancora una volta dal Pontefice il suo viaggio apostolico in
Turchia, suggellato, in chiave ecumenica, dall’incontro con il Patriarca
Ecumenico, Bartolomeo I, destinato, per Benedetto XVI,
a non rimanere senza effetti:
“Colgo l’occasione
per salutare ancora una volta Sua Santità Bartolomeo I e ringraziarlo della
Lettera che mi ha scritto al mio ritorno a Roma. Lo assicuro della mia
preghiera e del mio impegno ad agire, affinché si traggano le conseguenze pratiche
di quell’abbraccio di pace che ci siamo dati durante
la Divina Liturgia nella Chiesa di San Giorgio al Fanar”.
Nel ricordare, al termine
delle brevi catechesi in altre lingue, la festa di San Francesco di Sales, Benedetto XVI ha rivolto un saluto e un’esortazione
ai vescovi dell’Emilia Romagna in visita ad Limina: “Cogliete
– ha detto loro - ogni opportuna occasione per annunciare il Vangelo senza mai
scoraggiarvi e sempre lieti di proclamare la verità che illumina e salva.
Soprattutto date prioritaria importanza alla preghiera ai fini
dell’evangelizzazione e della perseveranza nella fede. Siate poi pronti a
discernere ogni mezzo apostolico utile per favorire nelle comunità cristiane lo
zelo missionario. L’esperienza – ha concluso - dimostra che una diocesi, una
parrocchia che prega e vibra di spirito missionario, è una comunità fervorosa e
dinamica”.
Al termine dell’udienza,
Benedetto XVI è stato insignito della quarta cittadinanza onoraria dall’inizio
del Pontificato da parte di una città tedesca. A conferirgliela è stata una
rappresentanza di Titmonning, località nella quale la
famiglia Ratzinger visse dal
1929 al 1932, definita con predilezione dal Papa un “paese di sogno”.
La delegazione ha donato al
Pontefice un regalo speciale: una copia (l’originale risale al 1768) dell’icona
del Santuario di S. Maria Ponlach, sito nei dintorni
di Titmonning. Benedetto XVI si è intrattenuto con
alcuni bambini della delegazione, ricordando con affetto
momenti di festa vissuti all’asilo di Titmonning.
Anche i presenti hanno ringraziato il Papa in particolare per il suo “saluto
dal cielo” alla fine del viaggio pastorale in Baviera, consegnandogli una copia
del film realizzato nella cittadina bavarese durante il viaggio apostolico.
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L’INDUSTRIA
DEI MEDIA RISPETTI
SEMPRE LA DIGNITA’ DELL’UOMO
E LE
NECESSITA’ DELLA FAMIGLIA: E’ L’ESORTAZIONE DI BENEDETTO XVI
NEL
MESSAGGIO PER LA 41.MA GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI
SOCIALI, SUL TEMA “I BAMBINI E I MEZZI DI COMUNICAZIONE, UNA SFIDA PER L’EDUCAZIONE”
-
Intervista con l’arcivescovo John P. Foley -
“L’adeguata formazione ad un uso corretto dei media è essenziale per lo sviluppo culturale, morale e
spirituale dei bambini”: è quanto sottolinea Benedetto XVI nel messaggio per la
41.ma Giornata Mondiale
delle Comunicazioni Sociali, pubblicato oggi, e che ha per tema: “I bambini e i
mezzi di comunicazione, una sfida per l’educazione”. Nell’odierna festa di San
Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, il Papa
richiama con forza gli operatori dei media ad
impegnarsi a promuovere la dignità dell’essere umano, nel rispetto dell’etica,
e a non abbassare gli standard,
sotto la spinta della competitività commerciale. Il servizio
di Alessandro Gisotti:
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E’ “perversione” ogni tendenza “a produrre programmi -
compresi film d’animazione e video games - che in
nome del divertimento esaltano la violenza, riflettono comportamenti
anti-sociali o volgarizzano la sessualità umana”. E’ il richiamo di Benedetto
XVI, che rileva quanto sia ancora più grave “quando
questi programmi sono rivolti a bambini e adolescenti”. “Come spiegare questo divertimento – si chiede il Papa - agli
innumerevoli giovani innocenti che sono nella realtà vittime
della violenza, dello sfruttamento e dell’abuso?”. Il Papa esorta, dunque, i
responsabili dell’industria dei media, “affinché formino
ed incoraggino i produttori a salvaguardare il bene comune, a sostenere la
verità, a proteggere la dignità umana” e a rispettare le necessità della
famiglia.
“Come l’educazione in generale – si legge nel messaggio –
quella ai media richiede formazione nell’esercizio
della libertà”. Si tratta, aggiunge, di una responsabilità impegnativa. “Troppo
spesso – avverte il Papa – la libertà è presentata come un’instancabile ricerca
del piacere o di nuove esperienze. Questa è una condanna, non una
liberazione!”. La vera libertà, spiega, “non condannerebbe mai un individuo -
soprattutto un bambino - all’insaziabile ricerca della novità”. Il Pontefice
sottolinea invece che “alla luce della verità, l'autentica libertà viene sperimentata come una risposta definitiva al ‘sì’ di
Dio all’umanità, chiamandoci a scegliere, non indiscriminatamente ma
deliberatamente, tutto quello che è buono, vero e bello”. L’educazione ai media dovrebbe essere positiva, avverte il Santo Padre.
“Ponendo i bambini di fronte a quello che è esteticamente e moralmente
eccellente – constata - essi vengono aiutati a
sviluppare la propria opinione, la prudenza e la capacità di discernimento”.
“Questo desiderio profondamente sentito di genitori ed
insegnanti di educare i bambini nella via della bellezza, della verità e della
bontà – prosegue il Papa – può essere sostenuto dall’industria dei media solo nella misura in cui promuova la dignità
fondamentale dell’essere umano, il vero valore del matrimonio e della vita
familiare, le conquiste positive ed i traguardi dell’umanità”.“Educare i
bambini ad essere selettivi nell’uso dei media
- si legge ancora nel messaggio - è responsabilità dei genitori, della
Chiesa e della scuola”. Il ruolo dei genitori, riconosce il Pontefice, “è di
primaria importanza”. Essi hanno, infatti, “il diritto e il dovere di garantire
un uso prudente dei media, formando la coscienza dei
loro bambini affinché siano in grado di esprimere giudizi validi e obiettivi
che li guideranno nello scegliere o rifiutare i programmi proposti”. In questo
compito, è la sua esortazione, i genitori “dovrebbero essere incoraggiati e
sostenuti dalla scuola e dalla parrocchia, nella certezza che questo difficile, sebbene gratificante, aspetto
dell’essere genitori è sostenuto dall’intera comunità”. D’altro canto, il
Pontefice indica, accanto al valore fondamentale dell’esempio dei genitori, “i
vantaggi nell’introdurre i giovani ai classici della letteratura infantile,
alle belle arti e alla musica nobile”.
La Chiesa stessa, ribadisce il Papa, “è anche maestra di
umanità e vede con favore l'opportunità di offrire assistenza ai genitori, agli
educatori, ai comunicatori ed ai giovani”. Per questo, “le parrocchie ed i
programmi delle scuole” dovrebbero “essere all’avanguardia per quanto riguarda
l’educazione ai media. La Chiesa, conclude, “vuole
condividere una visione in cui la dignità umana sia il centro di ogni valida
comunicazione”.
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Per un primo commento sul messaggio del Pontefice,
Giovanni Peduto ha intervistato l’arcivescovo John P. Foley,
presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali:
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R. - Il Santo Padre ha sottolineato in momenti diversi che
adesso i media hanno un influsso enorme nella vita,
perché ci sono tanti mezzi di comunicazione, c’è tanta informazione, ma non c’è
abbastanza formazione delle persone per giudicare la validità di queste
informazioni. Questo vale in particolare per i bambini. Questo dicastero ha
cercato per anni di promuovere la formazione dei giovani nella comunicazione,
di avere nelle scuole la formazione ai mezzi di comunicazione: come giudicare,
come apprezzare, come scegliere fra le tante cose disponibili, le cose che sono
più importanti per lo sviluppo della vita umana.
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ROMANIA,
LIBANO ED EGITTO AL CENTRO DEI LAVORI DELLA ROACO
-
Servizio di Giovanni Peduto -
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ROACO è una sigla che sta per
Riunione delle Opere di Assistenza alle Chiese Orientali. Tiene due volte l’anno la
sua assemblea generale: in giugno e in gennaio. In questa sessione, iniziatasi
ieri mattina e che si conclude nella serata di oggi, tre
gli argomenti principali: Romania, Libano ed Egitto. In altri termini si tratta
di fissare l’entità degli aiuti da offrire alla Chiesa cattolica, nei suoi diversi
riti, presente in questi tre Paesi, per i suoi svariati bisogni. Sempre
tuttavia è contemplata anche la voce Terra Santa con le sue molteplici
necessità.
Quanto alla Romania, va detto
che i bisogni primari sono le strutture, gli edifici ecclesiastici, e il
sostentamento delle persone che lavorano nella pastorale. Occorre portare avanti
la costruzione già avviata di 124 chiese. Nel 1948, l’anno della soppressione
da parte del regime comunista, le chiese cattoliche di rito greco in Romania
erano 2030, mentre adesso, con quello che si è riuscito a recuperare in vari
modi e con quelle in costruzione, sono 405, appena un quarto rispetto al
passato. Su questo ed altro ancora è intervenuto in seno ai lavori il vescovo
di Cluj-Gherla, mons. Florentin
Crihalmenau, che si è così espresso ai nostri microfoni:
R. –
Non meno pressanti i bisogni
delle Chiese nell’area mediorientale per i quali fanno
fronte principalmente le contribuzioni provenienti da Canada e Stati Uniti. E’
necessario soprattutto trovare impiego ai cristiani disoccupati che altrimenti
lasciano i loro Paesi. Ecco in proposito la testimonianza di mons. Robert Stern che è segretario
generale della CNEWA (Catholic Near
Est Welfare Association), e
presidente della Pontificia Missione per
R. – La situazione è sempre
molto difficile, caratterizzata da violenza e da tutti i problemi relativi
all’Iraq, al Libano e alla Palestina. La minoranza diventa sempre più piccola,
perché sono tanti coloro che cercano di lasciare il proprio Paese nella speranza
di trovare delle migliori opportunità in Occidente.
D. – Quali sono i bisogni di
queste Chiese orientali?
R. – I bisogni sono anzitutto
quelli ogni società: pace e giustizia. Tutte queste Chiese sono talmente
piccole che non hanno i mezzi necessari per riuscire a garantire la propria esistenza.
E’ necessario un aiuto, sempre esterno, per riuscire a continuare la sua opera,
la formazione del clero e quella relativa alla salute, all’educazione, ma anche
per l’appoggio della parrocchia stessa.
Infine l’Egitto. Su una
popolazione di 75 milioni di abitanti, i musulmani sono il 90 per cento e i copti ortodossi il 9 per cento. Gli altri cristiani sono
l’uno per cento e fra questi i cattolici si aggirano tra le 250 mila e le 300
mila unità. Diamo la parola a riguardo all’arcivescovo Michael
Fitzgerald, nunzio apostolico in Egitto e delegato
della Santa Sede presso
R. - L’influsso della Chiesa,
almeno in questa sfera dell’educazione e dell’azione sociale, va molto al di là
del numero, meno l’impegno dei cristiani, specialmente i cattolici, nel campo
politico: è molto più difficile inserirsi. Si potrebbe dire che c’è una certa
discriminazione, non aperta, ma esistente e che rende
difficile alcune posizioni per i cristiani. Però,
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IL
RUOLO DEI GIOVANI NELL’ECUMENISMO:
CE NE PARLA, NELLA SETTIMANA PER L’UNITA’ DEI
CRISTIANI,
PADRE
MILAN ZUST DEL RELATIVO PONTIFICIO CONSIGLIO
In questi giorni come conclusione delle feste natalizie
secondo il calendario giuliano e in occasione della Settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani nel Collegio Russicum a Roma si
è svolto un concerto natalizio con cori dai Paesi dell’Europa dell’Est dai
quali provengono gli studenti del Collegio. Dopo il tradizionale Te Deum celebrato dal parroco, il padre gesuita Claude Robinet, responsabile anche
del Programma Bielorusso della nostra emittente, è
iniziata la panoramica dei canti. Tra gli ospiti c’era anche padre Milan Zust del Pontificio
Consiglio per l’Unità dei cristiani, incaricato per i rapporti con le Chiese ortodosse
dei Paesi slavi. Iva Michailova gli ha chiesto di
parlarci del ruolo dei giovani nell’ecumenismo:
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Il ruolo dei giovani è molto importante proprio perché i
giovani – e anch’io mi sento ancora giovane – hanno meno pregiudizi, sono meno
feriti anche dalle storie del passato, di questi conflitti che ci sono stati
nel passato e che purtroppo ci sono ancora tra le nostre Chiese. Invece i
giovani già di natura sono più aperti, più attenti all’altro, più capaci ad
ascoltare, a volte un po’ ingenui, ma anche questo in un certo senso ha un
aspetto positivo, perché anche questa ingenuità ci aiuta a conoscere meglio
l’altro, ad avvicinarsi e a rompere certe barriere, a liberarsi di certi
pregiudizi che abbiamo. Penso che proprio i giovani possono contribuire molto
(anche perché sono più disponibili a muoversi e ad incontrarsi nelle diverse
regioni): se cominciano a vivere un po’ l’amicizia, questa potrà continuare
negli anni; potrà essere una sfida anche per i superiori (parroci, vescovi)
quando vedono che i giovani si intendono bene, e può essere un invito anche
agli altri a fare questo passo in avanti.
Io lavoro al Pontificio Consiglio per l’unità dei
cristiani e mi occupo anche degli studenti ortodossi che ricevono una borsa di
studio dal nostro dicastero. Qui a Roma sono una quarantina, tutti giovani tra
i 25 e i 35 anni. Credo che sia molto importante che possano studiare qui, ma è
altrettanto importante che possano vivere insieme con i nostri studenti di
teologia cattolica, con gli occidentali, e che possano creare in questo modo
delle amicizie che di sicuro avranno una grande importanza anche per il loto
futuro. Potranno anche contribuire a creare in loro un’immagine della Chiesa
cattolica diversa da quella di chi non ha avuto questa possibilità. Spesso la
gente non ha possibilità di conoscere gli altri, di rendersi conto che ci si
può parlare, che ci si può capire ... Ecco perché
questi incontri sono molto importanti: sia per i giovani nelle parrocchie, sia
per gli studenti. Ritengo che sia una grande preparazione per i rapporti
futuri, anche quelli ufficiali. Anche il dialogo a livello teologico ufficiale
darà molti più frutti quando tra i partecipanti c’è
un’atmosfera di fiducia e di reciproca comprensione: volersi ascoltare, cercare
di parlare così che l’altro possa capire. Ed è proprio questo il tema di
quest’anno della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: che il
Signore ci apra le orecchie e ci dia il dono di parlare. Proprio
attraverso questi incontri cresce in noi la fiducia e saremo disponibili
ad ascoltare veramente quello che l’altro vuole dire e non solo quello che ci
si aspetta di sentire, senza voler difendere sé stessi o le proprie
posizioni.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - La
catechesi e la cronaca dell’udienza generale.
Servizio estero - In evidenza
l’Iraq: nel discorso sullo stato dell’Unione, il presidente USA, Bush ha affermato che un fallimento della nuova strategia
aprirebbe un conflitto nell’intera regione.
Servizio
culturale - Un articolo di Giuseppe Degli Agosti dal titolo “Quando la natura
conquistò il centro della scena”: il tema del paesaggio lega due mostre a
Brescia: “Turner e gli Impressionisti” e “Mondrian. Ottanta capolavori”.
Servizio italiano - Tra i temi
in rilievo la sanità.
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24 gennaio 2007
RIDUZIONE
DEI CONSUMI DI BENZINA, RILANCIO DELLA LOTTA
CONTRO
IL TERRORISMO E NUOVO PIANO IN IRAQ: AL CENTRO, IERI,
DEL
DISCORSO DI BUSH SULLO STATO DELL’UNIONE
-
Intervista con il prof. Fernando Fasce -
Negli Stati Uniti l’atteso discorso, pronunciato ieri dal
presidente americano George Bush sullo stato
dell’Unione, ha toccato quattro temi: la necessità di puntare su un’energia alternativa,
l’urgenza di intraprendere la strada delle riforme, la lotta contro il
terrorismo e la guerra in Iraq. Sul discorso del capo della Casa Bianca, il
servizio di Paolo Mastrolilli:
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“Date al mio nuovo piano in Iraq una possibilità di avere successo”. E’ l’appello lanciato ieri dal presidente Bush ad un’America sempre più scettica, durante il discorso
sullo stato dell’Unione. Il capo della Casa Bianca ha cominciato con i temi di
politica interna, sottolineando i buoni risultati dell’economia, proponendo
riforme della sanità e dell’immigrazione che vanno incontro alla nuova
maggioranza democratica in Congresso e chiedendo al Paese di ridurre i consumi
di benzina del 20 per cento, dopo aver riconosciuto per la prima volta
l’esistenza del problema del riscaldamento globale. Tutto questo, però, non
poteva distrarre il pubblico dalla crisi centrale, che resta
la guerra in Iraq. Bush ha riconosciuto le difficoltà
e ha ammesso che questa non era la guerra che si
aspettava di combattere. Poi, però, ha aggiunto che la sconfitta non è
un’opzione accettabile, perché consegnerebbe l’intero Medio Oriente al caos ed
ai terroristi. Quindi, ha sollecitato il Congresso ed il Paese ad accettare la
sua nuova strategia, che prevede l’invio di altri 21.500 soldati. I sondaggi,
però, dicono che la maggioranza degli americani è contraria ed il Parlamento si
prepara a votare delle risoluzioni di censura appoggiate anche da diversi
compagni di partito repubblicani del presidente. La risposta dei democratici,
al discorso del capo della Casa Bianca, è venuta dal senatore Webb, un veterano della guerra in Vietnam, il cui figlio
combatte ora come marine in Iraq. Webb ha ricordato a
Bush che è stato lui a portare l’America in questo
conflitto sbagliato con leggerezza, senza ascoltare gli avvertimenti di chi
prevedeva i problemi poi incontrati. E quindi lo ha avvertito che se non porrà
fine all’intervento, qualcun altro lo farà al posto suo.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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La guerra in Iraq ha dominato dunque, per il quarto anno
consecutivo, il discorso di Bush sullo stato
dell’Unione. Ma il capo della Casa Bianca è realmente in grado di convincere
gli americani che il nuovo piano può stabilizzare l’Iraq? Amedeo Lomonaco lo ha
chiesto al docente di storia americana all'Università di Genova, prof. Fernando Fasce:
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R. – Si sarebbe tentati di dire che sarà difficile, basti
pensare al fatto che in questo discorso sullo stato dell’Unione c’è una
contraddizione tra l’affermazione della necessità di proseguire sulla linea, e
quindi inviare più truppe, e la dichiarazione secondo cui si tratta di un
incubo ...
D. – Bush ha anche proposto la
creazione di un consiglio consultivo speciale per la guerra al terrorismo,
ribadendo che gli Stati Uniti sono ancora in guerra contro al Qaeda. Ma la
lotta al terrorismo, professore, è davvero una priorità per gli Stati Uniti?
R. – Intanto, si tratta di prendere atto che la logica
stessa della guerra al terrorismo – “guerra al terrorismo” invece che “azione
concertata nei confronti di azioni terroristiche” – si tratta di capire se
quella linea “bushiana” ha pagato o no. Stando ai risultati, sembra di poter dire di no!
D. – Il presidente statunitense ha anche lanciato un
appello alla maggioranza democratica, chiedendo di percorrere insieme la strada
delle riforme. E’ una sinergia possibile?
R. – Visti i precedenti, anche qui direi che non sarà così
facile per Bush perché - se ricordate - Bush si è presentato con un linguaggio “bi-partisan”
subito dopo le elezioni del 2000; poi, però, a questo ha fatto riscontro, per
tutti e sei gli anni, un atteggiamento decisamente di confronto e di
orientamento unilaterale, anche all’interno, da parte di Bush.
D. – Bush ha insistito poi sulla
necessità di puntare sull’energia alternativa per ridurre la dipendenza
statunitense dal petrolio. Siamo di fronte ad una svolta ecologista
dell’amministrazione Bush?
R. – Qui siamo ancora una volta ad una possibile, forte
contraddizione. Non dimentichiamo che questo è il presidente che ha dichiarato
a più riprese il proprio disinteresse nei confronti di
questo tema, che era partito con il famoso progetto di andare a scavare il più
possibile in Alaska e oggi prova a fare un dietro-front e anche qui si tratta
di vedere se ha le risorse, da un lato – come dire – “culturali”, di retorica, di
persuasione adeguate; dall’altro, le risorse dentro la sua stessa
amministrazione.
D. – In conclusione, le chiedo un bilancio sul discorso di
Bush che, secondo ultimi sondaggi, è il presidente
più impopolare nella storia americana?
R. – Si tratta di un discorso in un certo senso
necessitato. Bush non poteva, a questo punto,
probabilmente che abbassare i toni, fare un tentativo finale di conquista sul
piano retorico con questa semi-svolta di tipo ecologista; ma io sicuramente
condivido le reazioni dei principali osservatori statunitensi che dicono che si
tratta in generale di un discorso di basso tono.
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UN TERZO DEGLI AIUTI ALIMENTARI NON RAGGIUNGE I BENEFICIARI: LO DENUNCIA
- Servizio di Roberta Gisotti -
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‘No’ agli aiuti in natura, salvo
interventi di emergenza per risolvere crisi umanitarie e carestie croniche. ‘Si’ invece agli aiuti in denaro o in buoni pasto. Questa la
‘ricetta’ – in qualche modo sorprendente – proposta dalla FAO
nel rapporto 2006 per una gestione più efficiente degli aiuti
alimentari, che oggi si aggirano intorno a 10 milioni di tonnellate l’anno,
destinati a circa 200 milioni di persone più bisognose, con un costo annuo
stimato in 2 miliardi di dollari.
Ma perché passare
dall’invio di cibo all’invio di soldi o bonus per sfamarsi? Perché ci sono
fondati dubbi ed anche riscontri oggettivi – ha spiegato il direttore generale
della FAO, Jacques Diouf –
che gli aiuti in natura, se non strettamente necessari e tempestivi per salvare
nell’immediato vite umane – abbiano effetti negativi
sia sui produttori che sui mercati locali dei Paesi destinatari, e siano anche
causa di squilibri nel commercio internazionale. C’è poi il problema dei
vincoli posti agli aiuti alimentari per cui se le
derrate vengono acquistate nei Paesi donatori questi spendono poi circa la metà
del loro budget per farli arrivare a destinazione. Si è calcolato che tali
vincoli costino un terzo di tutte le risorse destinate
agli aiuti a livello mondiale.
Le emergenze
assorbono comunque circa la metà del volume degli aiuti alimentari e sono
raddoppiate negli ultimi due decenni da
Un rapporto che
farà certamente discutere all’interno delle agenzie umanitarie, in primo luogo
il Programma alimentare mondiale che distribuisce la metà di tutti gli aiuti in
natura. Tra gli interrogativi da sciogliere, soprattutto i controlli sui nuovi
flussi di denaro verso Paesi che non sempre garantiscono onestà e trasparenza
nella gestione della cosa pubblica. Tutto ciò dovrà essere negoziato tra
governi donatori e beneficiari che dovranno valutare caso per caso come ottimizzare
le risorse disponibili per aiutare i più poveri.
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CON LE NOMINATION DI IERI, PARTE
DEGLI OSCAR CINEMATOGRAFICI
“The Departed”
di Martin Scorsese, “Letters from Iwo
Jima” di Clint Eastwood, “Babel” di Alejandro Gonzales Inarritu e “The Queen” sono i
film che si sfideranno sia per l’Oscar alla regia che per la statuetta
assegnata al miglior film,
alla 79ma edizione degli Academy Awards.
Tra gli attori protagonisti, Di Caprio e Will Smith, tra le attrici Meryl Streep e Penelope Cruz. Mentre a sorpresa il film “Volver”
non entra nella cinquina del migliore film straniero. Il servizio di Silvia Di
Paola:
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Tutto secondo le previsioni per
l’attesa notte del 25 febbraio, quando saranno assegnate le dorate statuette
che cambiano la sorte di un film. Stavolta a contendersi l’Oscar per il miglior
film ci saranno non solo “Babel”, la storia circolare
e a incastri di Alejandro Gonzales
Inarritu girata fra Messico, Tokyo e Marocco; “The Queen” di Stephen Frears che
coglie la regina Elisabetta in uno spaccato di vita domestica e pantofolaia; e
il sorprendente film a basso costo di Jonathan Daython, “Little Miss Sunshine”
in cui una improbabile famigliola viaggia per far
partecipare una ragazzina grassoccia e bruttina ad un concorso di bellezza:
sintesi della follia consumistica della nostra superficiale società
dell’immagine. Ma ci saranno anche i due cavalli di razza, Martin
Scorsese e Clint Eastwood, che già due anni fa si trovarono l’un contro l’altro armati, rispettivamente con “The Aviator” e con “Million Dollar Baby” che portò a
casa meno statuette ma tutte quelle delle principali categorie. In questa 79.ma
edizione degli Oscar ci riprovano Scorsese con “The Departed”, storia sospesa lungo una linea sottile in cui Bene
e Male si confondono, e Eastwood con “Lettere da Iwo Jima”, tutto centrato
sull’eroismo dei giapponesi che andarono a morire nello scontro con i soldati
americani durante la seconda guerra mondiale su quel fazzoletto di terra che
era l’isola di Iwo Jima.
Nella categoria della migliore regia la cinquina propone anche l’azzardo del
film di Paul Greengrass, “United
Il resto sarà sfida tra attori, da
Leonardo Di Caprio a Will Smith, da Forrest Whitaker a Peter O’Toole a Ryan Gosling. E di attrici, da Meryl Streep a Judi Dench,
da Penelope Cruz a Kate Winslet a Helen Mirren. Mentre l’Italia sta a guardare, dovendosi
accontentare delle nomination a Milena Canonero per i
costumi di “Marie Antoniette”
e a Aldo Signoretti e Vittorio Sodano, truccatori per
il discusso e discutibile “Apocalypto” di Mel Gibson.
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24 gennaio 2007
LE
NUOVE SFIDE DEI POPOLI ASIATICI ALLA LUCE DELLA DOTTRINA SOCIALE
DELLA
CHIESA” AL CENTRO DELLA CONFERENZA CONTINENTALE PROMOSSA
DAL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E
DELLA PACE,
DALLA
FEDERAZIONE DELLE CONFERENZE EPISCOPALI DELL’ASIA
E
DALLA CONFERENZA EPISCOPALE THAILANDESE, A BANGKOK
BANGKOK.
= Presentare il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa
al continente asiatico: con questo intento, il Pontificio Consiglio Giustizia e
Pace, insieme alla Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia e alla
Conferenza episcopale tailandese, promuove da domani al 27 gennaio a Bangkok
una Conferenza Continentale, sul tema: “Le nuove sfide dei popoli asiatici alla
luce della Dottrina sociale della Chiesa”. Tra antiche e nuove forme di
povertà disumanizzante e insensata violenza, come
pure di individualismo materialista ed edonista, studiosi,
esperti e operatori pastorali dibattono su come i popoli asiatici possano trovare
un equilibrio che assicuri al Continente giustizia e pace.
IN UNA
LETTERA AL PREMIER BRITANNICO, BLAIR, IL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE
DELL’INGHILTERRA E DEL GALLES, CARDINALE MURPHY O’CONNOR,
CHIEDE DI ESENTARE LE AGENZIE DI ADOZIONE
CATTOLICHE DALLA RECENTE LEGGE CONTRO LE DISCRIMINAZIONI: “CONTRAVVIENE AGLI
INSEGNAMENTI DELLA CHIESA
SULLA
FAMIGLIA FONDATA SUL MATRIMONIO TRA PERSONE DI SESSO DIVERSO”
LONDRA. = Il presidente della
Conferenza episcopale dell’Inghilterra e del Galles, cardinale Cormac Murphy O’Connor,
ha scritto una lettera al primo ministro, Tony Blair,
in cui, a nome dei vescovi, chiede, di esentare le
agenzie di adozione cattoliche dalla recente legge contro le discriminazioni.
Le nuove regole, che entreranno in vigore il prossimo aprile, renderanno
illegale ogni forma di discriminazione sulla base di sesso, razza, religione o
orientamento sessuale, e puntano a proteggere gli omosessuali anche nel campo
delle adozioni. Il timore dei vescovi, espresso nella
lettera del cardinale O’Connor, è che, se
applicata anche alle agenzie cattoliche, che non
prendono in considerazione per l’adozione le coppie omosessuali, queste
saranno costrette a chiudere. Un’evenienza – sottolinea il porporato – che
avrebbe conseguenze “tragiche” per i tanti bambini orfani o abbandonati che aspettano
di essere adottati, ma che potrebbe essere facilmente “evitata”. “Imporre per
legge alle agenzie cattoliche di offrire questo servizio contro gli insegnamenti
della Chiesa e la loro coscienza - si legge nella lettera - è per i vescovi
un’irragionevole, inutile e ingiusta discriminazione contro i cattolici”.
AL
CARDINALE MESSICANO POSADAS OCAMPO, ASSASSINATO NEL
LO HA DENUNCIATO IL MEDICO LEGALE CUI FU IMPEDITO DI ESAMINARE LE FERITE SUL CORPO PER ORDINE
DELL’ALLORA PRESIDENTE
DELLA
REPUBBLICA, SALINAS DE GORTARI
CITTA’ DEL MESSICO. = “Al cardinale Juan
Jesus Posadas Ocampo non fu praticata l’autopsia prevista per legge per
ordine scritto dell’allora presidente della Repubblica”, Carlos
Salinas de Gortari: lo ha
denunciato, in un’intervista radiofonica rilanciata dall’agenzia cattolica Aciprensa, il dott. Mario Rivas Souza, responsabile del servizio di medicina legale dello
Stato messicano di Jalisco. Come riferisce il
quotidiano Avvenire, si tratta di dichiarazioni che riaccendono i dubbi sulle
circostanze mai chiarite dell’assassinio del cardinale Posadas
Ocampo, arcivescovo di Guadalajara,
avvenuto all’aeroporto della città messicana il 24 maggio 1993.
Nell’intervista, il dott. Rivas Souza
ha raccontato che all’obitorio gli fu impedito di
esaminare le ferite sul corpo. (R.M.)
AL
VIA, OGGI A PRETORIA, I LAVORI DELL’ASSEMBLEA PLENARIA
DELLA
CONFERENZA EPISCOPALE DEL SUDAFRICA
PRETORIA. = Inizia oggi a Pretoria l’assemblea plenaria
della Conferenza episcopale sudafricana (SACBC), che riunisce i vescovi del
Sudafrica, del Botswana e Swaziland. I lavori
inizieranno questo pomeriggio presso il St. Peter’s Seminary
della capitale sudafricana e si concluderanno il 29 gennaio. Durante la sessione,
i vescovi proseguiranno la loro riflessione sul rapporto tra fede e guarigione
e, in particolare, sui preti-guaritori (i cosiddetti “Sagoma Priests”). Proprio su questo tema, in un documento
pastorale dell’estate scorsa, i presuli hanno ammonito i fedeli, ma anche il
clero, sull’incompatibilità tra la fede cristiana e alcune pratiche ancestrali.
I vescovi ascolteranno, inoltre, il rapporto sulle attività svolte dai diversi
organismi della Conferenza episcopale, tra cui l’Ufficio per l’AIDS e lo
speciale Ufficio di collegamento dei vescovi con il Parlamento. Tra gli altri
punti di discussione, il lancio del secondo volume dell’opuscolo “Fruitful Encounters” (“Incontri
proficui”) sul dialogo con le comunità non cristiane in Sudafrica, la traduzione
in inglese dei testi liturgici ad uso della Chiesa locale e l’approvazione
del bilancio consuntivo 2006. (L.Z.)
CONTINUANO
I LAVORI DEL WORLD SOCIAL FORUM DI NAIROBI, IN KENYA.
OGGI,
GIORNATA DEDICATA AL MONDO FEMMINILE
- A
cura di Marina Piccone -
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NAIROBI. = Nel pieno della sua attività, il World Social
Forum di Nairobi, in Kenya, procede in un susseguirsi incessante di seminari,
dibattiti, appuntamenti, riflessioni. E già ci si chiede se questo evento
porterà dei frutti concreti agli africani. Padre Kizito
Sesana, il padre comboniano
che vive qui da 20 anni, dove si occupa di bambini di strada, è severo: “La
quantità degli eventi, rispetto al tempo previsto, non consente di fare un
lavoro significativo”, dice. Il costo enorme della realizzazione del Meeting,
inoltre, non giustifica una tale disorganizzazione. In più, la gente non sa
niente di questo evento. Nonostante del comitato organizzatore facciano parte
giornalisti, i media hanno ignorato fino all’ultimo la
manifestazione. Lisa Clark dei Beati Costruttori di
Pace è più ottimista: “Questo Forum è la vita, la speranza e il futuro -
afferma -. Stanno partecipando in tanti, anche giovani e giovanissimi. In
questo posto si ha la possibilità di avere una prospettiva vera sulla vita dei
popoli africani che consentirà di fare analisi più approfondite per azioni
concrete”. Per quanto riguarda il programma odierno, oggi si può dire sia il
giorno delle donne. Tanti gli incontri su temi che riguardano il mondo
femminile e poi 21 assemblee tematiche in cui si decideranno le azioni per il
2007 e il 2008. Domani le conclusioni.
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ASSEGNATO A DON BRICE
DE MALHERBE, SACERDOTE DIOCESANO DI PARIGI
E AUTORE DELLA TESI SU
“IL RISPETTO DELLA VITA UMANA IN UN’ETICA
DI COMUNIONE”, IL PREMIO
LETTERARIO “HENRI DE LUBAC”
ROMA.
= È don Brice de Malherbe,
sacerdote diocesano di Parigi e autore della tesi dal titolo “Il rispetto della
vita umana in un’etica di comunione”, il vincitore della terza edizione del
premio letterario “Henri de Lubac”,
che gli è stato consegnato questa mattina a Roma dal presidente del Pontificio
Consiglio per
IN
EUROPA,
PER
COMBATTERLA: È QUANTO SOSTENGONO OLTRE
DALLA
COMMISSIONE EUROPEA
BRUXELLES. = “Più della metà degli europei pensa che non
si faccia abbastanza per combattere la discriminazione
nei loro Paesi e la maggior parte degli interpellati ritiene che la discriminazione
sia ampiamente diffusa” nel vecchio continente. E'
quanto emerge da un’indagine diffusa ieri dalla Commissione europea in
occasione del lancio del sito web dedicato all’Anno europeo
per le pari opportunita', che si celebra nel 2007 e
che sarà aperto ufficialmente a Berlino il 30 gennaio, nel corso del primo
vertice sulla parità. L’indagine, condotta da Eurobarometro,
evidenzia che “l’esistenza nell’UE di norme contro la discriminazione (fondata
sul sesso; la razza o l’origine etnica; l’età; l’orientamento sessuale; gli
handicap; la religione o le convinzioni personali) è ancora poco
nota” nell’Europa comunitaria. Infatti, solo un terzo dei cittadini
dichiara di conoscere i propri diritti in caso di discriminazioni o molestie.
Nello studio di Eurobarometro si evidenzia come la
percezione di eventuali discriminazioni sia “sensibilmente diverso da uno Stato
all'altro”. Comunque “una vasta maggioranza di persone ritiene che essere
portatori di handicap (79%), Rom (77%), persone con più di 50 anni (69%) o di
origine etnica diversa (62%) costituisca uno svantaggio nella loro società”.
Allo stesso tempo, però, la maggioranza degli intervistati “ritiene che siano
necessarie più donne in posti direttivi (77%) e in Parlamento (72%)”. “Molti
pensano inoltre che nel mercato del lavoro debbano essere presenti più
portatori di handicap (74%)”. (R.M.)
DECINE
DI VITTIME IN ANGOLA PER LE VIOLENTI PIOGGE.
DISTRUTTE
ABITAZIONI, INFRASTRUTTURE E VIE DI COMUNICAZIONE
LUANDA. = Almeno 46 persone sono morte, 22 sono
considerate ufficialmente disperse e migliaia sono rimaste senza un tetto a
Luanda, capitale dell’Angola, a causa delle violente piogge abbattutesi negli
ultimi giorni. Il bilancio, fornito dall’agenzia di stampa nazionale ANGOP e
rilanciato dalla MISNA, è ancora parziale e potrebbe crescere ulteriormente, anche
alla luce dei dati provenienti da altre zone del Paese. La stessa agenzia ha
riferito anche di altre cinque vittime nel distretto di Huambo,
nella zona centrale del Paese, sottolineando come molte aree dell’Angola siano completamente isolate da ore, dal momento che il maltempo
ha distrutto infrastrutture e vie di comunicazione. “Molti ponti sono stati
distrutti e altri potrebbero crollare nelle prossime ore, e molte, moltissime,
abitazioni sono crollate o sono state trascinate via dalla furia delle acque”,
ha detto il capo del corpo dei pompieri angolano, Faustino Sebastião,
ad alcuni media portoghesi. Il maltempo ha causato anche la distruzione di
molte linee telefoniche, isolando completamente alcune aree. Le autorità
sanitarie hanno anche sottolineato il rischio che l’epidemia di colera, in
corso ormai da quasi un anno nel Paese (2.755 le vittime e 68.585 i contagi), subisca una nuova impennata a causa delle alluvioni e delle
piogge. Ma in questi giorni non è solo l’Angola ad essere colpita, dal momento
che un’ondata di maltempo è in corso su tutta la fascia centro-meridionale del
continente africano, fino al Burundi, passando per Malawi, Zambia e Mozambico.
(R.M.)
DECEDUTO,
IERI A VARSAVIA, LO SCRITTORE E GIORNALISTA POLACCO,
RYSZARD KAPUCINSKI, ATTENTO NARRATORE DEL SUD
DEL MONDO
- A cura di Roberta Moretti -
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VARSAVIA. = E’ morto ieri a Varsavia, all’età di 75 anni,
il grande scrittore e giornalista polacco, Ryszard Kapucinski, deceduto per le complicazioni successive a un intervento
operatorio subito sabato. Nato nel
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24 gennaio 2007
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
In Iraq, intensi combattimenti
sono scoppiati questa mattina fra insorti e soldati di americani e iracheni in
due quartieri sunniti del centro di Baghdad. Fonti del ministero degli Interni
hanno riferito che elicotteri americani hanno anche sparato contro le
postazioni dei ribelli. In una delle due zone teatro dell’attacco si è
schiantato, ieri, un velivolo di una compagnia privata americana. Nello
schianto, sono morti cinque dipendenti statunitensi della società.
Nei Territori palestinesi, soldati
israeliani hanno ucciso un palestinese e ferito altre
due persone nei pressi del posto di frontiera tra la Striscia di Gaza ed
Israele. I tre si sono avvicinati al confine e, secondo la ricostruzione
di militari israeliani, non hanno obbedito all’ordine di fermarsi. In
Cisgiordania, intanto, tre cittadini francesi, un diplomatico
e due sue guardie del corpo, sono stati rapiti da uomini armati nei
pressi di Nablus.
Il presidente israeliano Moshe Katsav, accusato di stupro, molestie sessuali e abuso
d’ufficio, è pronto ad autosospendersi. Lo afferma
uno dei suoi legali alla stampa israeliana. Katsav
terrà questa sera una conferenza stampa in cui è previsto l’annuncio dell’autosospensione “per
temporanea incapacità ad esercitare i poteri presidenziali”. Ieri il
giudice incaricato del caso ha annunciato la sua intenzione di incriminare il
presidente, che continua a dichiararsi innocente. Numerosi deputati israeliani
e il ministro della Giustizia hanno chiesto le sue dimissioni.
In Libano, è stato
riaperto stamani l’aeroporto di Beirut. Ieri i voli erano stati sospesi in
seguito ai disordini scoppiati nella capitale libanese per lo sciopero generale
promosso da Hezbollah. L’obiettivo dei miliziani sciiti è di fare cadere il
governo filo-occidentale del premier Fuad Siniora. La protesta è sfociata in violenti scontri tra
opposte fazioni e, nonostante l’intervento dell’esercito, si contano almeno 3
morti e circa 130 feriti. Intanto, domani a Parigi si riunisce la Conferenza
dei Paesi donatori per il Libano. In quale clima si svolgerà il vertice alla
luce della violenta protesta dell’opposizione di ieri a Beirut? Giancarlo la Vella lo ha chiesto
ad Antonio Ferrari, inviato speciale ed analista
politico del Corriere della Sera:
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R. – Ci sono prospettive
difficili. E’ chiaro che ieri c’è stato un durissimo
braccio di ferro per una ragione – almeno teorica – prevalentemente economica e
cioè le riforme che il governo Siniora vuole sostenere. Sono riforme dure e non
soltanto riguardo agli aumenti dei prezzi, ma anche sulle
privatizzazione. Si va a toccare anche quelli che erano dei benefici,
come quello di sfruttare le concessioni per una costruzione. Ma è, da un certo
punto di vista, quasi un pretesto per rilanciare il desiderio dell’opposizione,
guidata da Hezbollah, che vogliono far cadere questo governo per imporre un
governo di unità nazionale. Ora il fatto che Hezbollah, all’ultimo momento,
abbia fatto marcia indietro, perché all’inizio avevano detto “vogliamo uno
sciopero ad oltranza”, è dovuto alle volontà di
ottenere questi aiuti.
D. – Il riacquistato vigore di
Hezbollah in chiave antigovernativa potrebbe raffreddare le intenzioni dei
Paesi donatori, secondo te?
R. – Sì, da un punto di vista
psicologico e forse no da un punto di vista fattuale.
Ormai l’impegno è stato preso e se questo governo non avesse più neppure il
sostegno dei Paesi donatori, durerebbe 48 ore o forse anche meno. E’, quindi,
interesse dei Paesi donatori, che ancora credono alla potenzialità di questo
governo, di cercare di aiutarlo. Questo aiuto non va soltanto a vantaggio del
governo, ma va a vantaggio di tutti i libanesi e anche l’opposizione deve tener
conto dei ritorni che ci sono sulla vita della gente.
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Sempre tesa la situazione in
Somalia: colpi di mortaio sono stati esplosi stamani contro l’aeroporto
internazionale di Mogadiscio. L’attacco ha causato la morte di almeno una
persona. Secondo fonti locali, i colpi di mortaio sono
stati sparati in concomitanza con l’arrivo di un aereo con a bordo una
delegazione dell’ONU. L’aeroporto è anche la base per i soldati etiopi. Ieri è
cominciato, intanto, il ritiro delle forze dell’Etiopia dalla
Somalia. Da segnalare, poi, che secondo il quotidiano americano
“Washington post”, i militari statunitensi hanno compiuto un secondo raid aereo
contro postazioni dei miliziani delle Corti islamiche e di Al
Qaeda nel sud della Somalia. Il giornale precisa che non si conoscono i
risultati dell’attacco, il secondo dopo quello di
circa due settimane fa. L’azione militare non è stata confermata da Washington.
Si è concluso fortunatamente
senza vittime il dirottamento di un aereo sudanese partito da Karthoum con a bordo 103 persone. Il dirottatore, armato di kalashnikov, ha costretto il pilota ad atterrare
all’aeroporto di N’Djamena, in Ciad, dove ha chiesto
asilo politico all’ambasciatore francese. Poco dopo, si è consegnato alla
polizia. Il dirottatore è un rifugiato sudanese proveniente dal Darfur,
martoriata regione occidentale del Sudan.
Dopo giorni di sanguinose proteste, autorità della Guinea Conakry hanno incontrato ieri i responsabili dei sindacati,
promotori di una lunga protesta. Dallo scorso 10 gennaio, il Paese africano è
paralizzato da uno sciopero generale contro la corruzione e l’ingerenza del
presidente, Lansana Conte, negli affari giudiziari.
La forte repressione della polizia contro i manifestanti ha causato, fino ad
ora, almeno 40 morti.
Le
amministrazioni di Pyongyang e Washington stanno
dimostrando una nuova flessibilità che lascia ben sperare sull'esito dei
negoziati internazionali sul nucleare nordcoreano. Lo
ha dichiarato oggi il ministro degli Esteri sudcoreano
Song Minsoon. Pur essendo in genere assai
misurato nelle sue dichiarazioni, Song non ha esitato a parlare di una nuova
era nella trattativa a Pechino sulla complessa questione nucleare nordcoreana. Al negoziato partecipano, oltre alle due
Coree, Usa, Cina, Russia e Giappone, ma a rilanciare il dialogo sono stati,
soprattutto, i contatti bilaterali svoltisi ultimamente a Berlino fra i
rappresentanti di Washington e Pyongyang.
E’ cominciata con un incontro con l’Alto rappresentante per la politica
estera dell’Unione Europea, Javier Solana, la visita del segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, alle istituzioni
europee di Bruxelles. “Ho sempre apprezzato il ruolo svolto dall’Unione europea
nella comunità internazionale per la pace, la prosperità, lo sviluppo, oltre
che per le posizioni sul cambiamento climatico, i diritti umani e la lotta al
terrorismo”, ha detto Ban Ki-moon in un breve incontro
con la stampa, al fianco di Solana. “Considerate le
sfide rappresentate dai conflitti regionali e dall'abuso nei diritti umani – ha
aggiunto – è quanto mai necessario cooperare insieme”.
La Commissione europea ha bocciato
il contributo dato nel 2004 e 2005 dal governo Berlusconi a chi ha acquistato i decoder per le
trasmissioni in digitale terrestre. Per la commissaria europea alla
Concorrenza, Neelie Kroes,
si tratta di “aiuti illegali” che hanno dato un “vantaggio indiretto” agli
operatori del settore.
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