RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 21 - Testo della trasmissione di domenica 21 gennaio 2007
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Conclusa ieri la plenaria della Pontificia Commissione per l’America
Latina. Con noi, don José Tola
Grande festa dell’UNITALSI ieri in Vaticano per essere piu’ vicini
a quanti soffrono
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Aperto ieri a Nairobi, in Kenya, il VII Forum Sociale Mondiale
A Roma, l’incontro del primo Gruppo di preghiera dei Figli
spirituali di Giovanni Paolo II
Cuba si prepara alla IX Giornata nazionale di bioetica
Repubblica Democratica del Congo: l’Agenzia cattolica di informazione “DIA” compie 50 anni
Al via domani su Sat2000 “TgEcclesia”
un appuntamento quotidiano per l’informazione religiosa
Tradotto in arabo il libro di mons. Luigi Giussani “Il senso religioso”
Oggi in Serbia elezioni parlamentari
21 gennaio 2007
L'ECUMENISMO
È PARLARE INSIEME CON GLI ALTRI IL LINGUAGGIO
DELL'AMORE,
ALLEVIANDO LE SOFFERENZE DELL'UOMO. COSÌ IL PAPA
ALL'ANGELUS NEL QUARTO GIORNO DELLA SETTIMANA
DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI. BENEDETTO XVI ESPRIME IL PROPRIO
APPREZZAMENTO PER
L’ecumenismo è “il desiderio ardente di ascoltare l’altro”
e “di parlare insieme a lui il linguaggio dell’amore
reciproco”, in un dialogo profondo che si traduce in “fraterna collaborazione
per alleviare le sofferenze dell’uomo”. E’ quanto ha detto oggi il Papa
all’Angelus in Piazza San Pietro, nel 4° giorno della Settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani che si sta svolgendo sul tema “Fa udire i sordi e
fa parlare i muti!”. Presenti circa 50 mila pellegrini nonostante la
giornata nuvolosa. Il servizio di Sergio Centofanti.
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Il tema specifico di questo quarto giorno della Settimana
di preghiera invita a riflettere sul “silenzio dei dimenticati e il pianto dei
sofferenti” perché “se una parte soffre, tutte le altre soffrono con essa”. E Benedetto
XVI ha ricordato che quest’anno il progetto iniziale per
“Eredi di divisioni
avvenute in epoche passate, essi hanno voluto in questa circostanza lanciare un
appello: Cristo può tutto, egli ‘fa udire i sordi e fa parlare i muti’ (Mc 7,37), è capace cioè di infondere nei cristiani il
desiderio ardente di ascoltare l’altro, di comunicare con l’altro e di parlare
insieme a lui il linguaggio dell’amore reciproco. La
Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani ci ricorda così che
l’ecumenismo è un’esperienza dialogica profonda, un ascoltarsi e parlarsi, un
conoscersi meglio; è un compito che tutti possono svolgere, specialmente per
quanto riguarda l’ecumenismo spirituale, basato sulla preghiera e la condivisione
per ora possibile tra i cristiani”.
Il Papa
auspica che “l’anelito per l’unità, tradotto in preghiera e fraterna collaborazione
per alleviare le sofferenze dell’uomo, possa diffondersi sempre più a livello
delle parrocchie e dei movimenti ecclesiali e tra gli Istituti religiosi”:
“Sono riconoscente a
quanti, in ogni parte del mondo, con convinzione e costanza pregano e operano
per l’unità. Maria, Madre della Chiesa, aiuti tutti i fedeli a lasciarsi intimamente
aprire da Cristo alla comunicazione reciproca nella carità e nella verità, per
diventare in Lui un cuore solo e un’anima sola”.
Quindi Benedetto XVI ha invitato i fedeli a partecipare il
prossimo 25 gennaio, alle 17.30, nella festa liturgica della Conversione di San
Paolo, ai Vespri da lui presieduti nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, a conclusione della “Settimana di
preghiera”:
“Vi
attendo numerosi a tale incontro liturgico, poiché l’unità si fa soprattutto pregando,
e più la preghiera è corale, più è gradita al Signore”.
Al termine dell’Angelus il Papa ha ricordato che la
diocesi di Roma celebra oggi
Infine il Papa ha salutato con affetto i promotori del
progetto “Cambia gioco”, che nella città di Lecce hanno invitato i bambini ad
abbandonare le armi-giocattolo:
“ Mi congratulo per questa
iniziativa e vorrei allargare l’appello: preserviamo l’infanzia dal contagio
della violenza!”.
(applausi)
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SETTIMANA DI PREGHIERA PER
L’UNITA’ DEI CRISTIANI:
PASSI IN
AVANTI NEL DIALOGO TRA CATTOLICI E METODISTI
- Intervista con il rev. Donald Bolen -
In questa
quarta giornata della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani rivolgiamo
la nostra attenzione alle relazioni tra cattolici e metodisti. Il dialogo
procede all’insegna della fiducia e dell’amicizia. Ascoltiamo in proposito il
rev. Donald Bolen, del
Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, al microfono
di Giovanni Peduto:
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R. - Le relazioni tra cattolici e metodisti si sono
notevolmente rafforzate nel corso dell’ultimo anno. Nel luglio del 2006, alcuni
leader del Consiglio Metodista Mondiale hanno firmato un testo che sanciva
l’adesione delle Chiese metodiste alla Dichiarazione Comune sulla dottrina
della Giustificazione. Questa Dichiarazione è l’accordo raggiunto nel 1999 tra
cattolici e luterani. L’adesione metodista è il risultato di un processo di
consultazioni durato cinque anni, che ha visto coinvolte le Chiese metodiste,
D. - Se non vado errato, si è raggiunto anche un accordo
per la stesura di uno speciale Rapporto inerente al dialogo fra le due parti?
R. - Sì. Un secondo risultato di grande rilievo nelle relazioni tra
cattolici e metodisti realizzato nel corso dell’ultimo anno è la finalizzazione
del Rapporto redatto dalla Commissione di dialogo metodista-cattolica,
intitolato: “La grazia che vi è stata data in Cristo: cattolici e metodisti
riflettono ancora sulla Chiesa”. Anche questo rapporto è stato il risultato
di cinque anni di lavoro. A mio parere, si tratta del testo migliore che sia
stato prodotto dalla Commissione in quarant’anni di
dialogo. È il tipo di documento che, in contesti locali specifici, può aiutare
cattolici e metodisti ad approfondire la loro reciproca conoscenza e comprensione,
avvicinandosi sempre più gli uni agli altri tramite una preghiera comune,
azioni comuni al servizio dell’umanità ed alcune attività comuni nella
missione. Le varie sezioni del documento tentano di individuare chiaramente le
convergenze e le divergenze tra cattolici e metodisti in ciò che riguarda la
natura e la missione della Chiesa; ma le ultime sezioni si spingono oltre in
due modi. Riallacciandosi innanzitutto all’idea di uno scambio ecumenico di
doni espressa da Papa Giovanni Paolo II, il testo suggerisce aree in cui
metodisti e cattolici possono, rispettivamente, aver ricevuto dallo Spirito Santo
doni specifici, che sono tali anche per gli altri. In secondo luogo, dopo aver
riflettuto attentamente su quanto metodisti e
cattolici hanno in comune nella loro fede in campo ecclesiologico,
il documento propone passi concreti che possono essere intrapresi al momento
attuale. Un commento cattolico sarà presto pubblicato insieme al Rapporto, da
considerarsi come un utile strumento da studiare con attenzione.
D. – Possiamo, quindi, asserire che siamo entrati in una
nuova fase nel dialogo cattolico-metodista?
R. - Nel novembre del 2006, ovvero due mesi fa, un
comitato direttivo si è riunito per avviare la preparazione della prossima fase
di dialogo tra cattolici e metodisti, che inizierà alla fine di quest’anno. È
probabile che il tema all’ordine del giorno sarà il sacerdozio e la sacramentalità degli Ordini. Il dialogo cattolico-metodista
è un ottimo esempio dei risultati progressivi che possono essere conseguiti da
un dialogo ecumenico paziente ma impegnato; esso ci incoraggia e ci dà
speranza, mostrandoci che stiamo davvero camminando sulla via del riavvicinamento,
sempre guidati dallo Spirito Santo.
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LE CONCLUSIONI DELLA RIUNIONE PLENARIA
DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE PER
L’AMERICA LATINA
- Intervista con il rev. José Tola -
La Chiesa in
America Latina affronta enormi sfide, ha detto ieri Benedetto XVI incontrando i
partecipanti alla plenaria della Pontificia Commissione per l’America Latina,
per questo è necessaria una nuova evangelizzazione che spinga
ad approfondire i valori della fede da vivere in ogni ambito sociale. Ma quali
elementi sono emersi durante i lavori della plenaria conclusasi nella tarda
mattinata di ieri in Vaticano? Giovanni Peduto lo ha
chiesto al segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina, il
rev. José Tola:
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R. – L’elemento principale che è emerso durante questa
plenaria è l’importanza dell’istituzione familiare come casa di formazione,
come tempio di formazione nel quale si costruisce la personalità, si costruisce
la persona con i valori essenziali, che poi accompagnano l’individuo durante
tutta la vita.
D. – La famiglia è a rischio anche in America Latina.
Durante i lavori di questi giorni, quali sono stati i principali problemi messi
a fuoco?
R. – Sì, è una cosa evidente per tutti che la famiglia è a
rischio, oggi, perché ci sono in tutto il mondo, ed anche in America Latina, tante correnti, tanti modi di concepire la vita, che mettono
a rischio l’istituzione familiare. Oggi, i genitori, nel loro compito di
formare la personalità dei figli, devono affrontare problemi di questo genere.
I loro figli sono in contatto con altre istituzioni, con altre persone che
molte volte possono mettere a rischio quanto si vuole costruire in seno alla
famiglia. Quindi, è molto importante per tutti i pastori della Chiesa aver
chiari questi pericoli, identificarli per poi poter istruire, catechizzare e
aiutare nella formazione i genitori.
D. – Per quanto riguarda più specificatamente l’educazione
cristiana, quali sono le principali sfide per
R. – Anzitutto quella dell’istituzione familiare: la
formazione dei figli comincia con la formazione dei genitori. I genitori non possono
dare ai loro figli quello che non hanno. Quindi, durante gli incontri di questi
giorni, si è parlato, per esempio, dell’importanza della preparazione al
sacramento del matrimonio. Oggi in molte parti, questa preparazione essendo
scarsa o molto povera, non prepara veramente le coppie ad affrontare un compito
così delicato come la formazione dei figli. E d’altra parte, la famiglia deve
essere sempre in contatto con altre istituzioni, dedicate pure alla formazione
dei figli, come la parrocchia e la scuola.
D. – Volgiamo lo sguardo alla situazione più generale nel
continente latinoamericano. È un momento politico cruciale e delicato. Come si
pone
R. –
D. – Quindi si tratta, in altri termini, di rievangelizzare il continente, e per quali vie?
R. – Si tratta di realizzare una evangelizzazione
rinnovata. L’evangelizzazione, che è un processo permanente, ha bisogno di
essere sempre rinnovata, e questo rinnovamento oggi implica - secondo quanto è
stato detto durante le riunioni della plenaria - mettere la famiglia al centro.
La pastorale familiare è collegata con tutte le altre pastorali della Chiesa, e
quindi l’attenzione verso la famiglia e l’istituzione familiare deve essere
presente a ogni vescovo in ogni pratica pastorale.
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GRANDE
FESTA DELL’UNITALSI IN VATICANO. MONS. COMASTRI:
- Ai
nostri microfoni mons. Angelo Comastri -
Riconfermare la volontà di portare aiuto ai
fratelli più sfortunati invocando la protezione speciale di
Madre Teresa di Calcutta. Ieri a Roma
presso l’Aula Paolo VI in Vaticano numerosi volontari hanno partecipato alla I Giornata dell’ adesione promossa dall’ UNITALSI, l’Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e
Santuari Internazionali. Ospite d’onore alla manifestazione è stato
mons. Angelo Comastri che ha tenuto una riflessione sul tema “ Servire oggi:
Madre Teresa di Calcutta, un modello per tutti gli uomini”. Il servizio di Marina Tomarro.
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Scegliere di dedicare tutta la propria vita al servizio
dei più poveri, dei sofferenti,
di quelli che oltre ad essere feriti nel corpo sono feriti soprattutto
nell’anima e donare loro la certezza che Dio li ama: Madre Teresa era tutto ciò
e per questa ragione è stata scelta proprio lei come modello di testimonianza
per
“Madre Teresa aveva capito che nel mondo manca l’amore e ha speso la sua vita per far crescere il livello dell’amore.
Madre Teresa aveva capito che portando l’amore nel mondo si porta Dio, perché
Dio è amore. Tutto quello che ho detto di Madre Teresa si può dire
dell’UNITALSI, per questo Madre Teresa sta bene questa
sera qui in mezzo a voi: avete, abbiamo, la stessa vocazione! Avete, abbiamo,
la stessa missione!”
E mons. Comastri nel ripercorrere la vita di Madre Teresa
ha ricordato come spesso
“Voi sapete che fuori di questa aula, tanti insegnano
altre ricette di felicità. La televisione dà altri messaggi: bugie, menzogne,
inganni! La gioia si trova così: i miei occhi sono felici perché le mie mani
asciugano tante lacrime. Soltanto uscendo dall’egoismo si incontra Dio e Dio è
l’unico che ci può riempire il cuore di gioia”.
E tanti erano i volontari dell’UNITALSI presenti alla
manifestazione. Barellieri e dame bianche che ogni anno donano il loro servizio
nei pellegrinaggi verso
Lourdes, Loreto e Fatima. Ma quale rapporto si instaura tra loro
e i malati che si recano in questi luoghi dello Spirito? Ascoltiamo alcune
testimonianze:
“Sicuramente un rapporto molto spontaneo, nato da qualche
sorriso, da qualche battuta. Loro si confidano molto spesso, anzi parlano con
noi perché sono soli ed hanno bisogno di parlare, sfogarsi, essere compresi, aiutati”.
“Hanno bisogno di aiuto e chiedere è mortificante, è
difficile e duro. Quindi la nostra partecipazione nei loro confronti è soprattutto
di amarli, farli sentire a loro agio e non fargli pesare il fatto che debbano
chiedere, perché quella è la cosa più dura da accettare”.
“Diciamo che più che essere malati, per me sono amici.
Amici che seguo per tutto il pellegrinaggio, amici con cui condivido alcune
cose, amici a cui posso dare delle cose che magari ai
malati in ospedale non posso dare. Con loro è diverso perché entri in confidenza
con questi malati, ti raccontano tutto quindi partecipi completamente alla loro
vita e quindi puoi capire tante cose che magari normalmente nella vita di tutti
i giorni non riesci a capire. Io devo dire sinceramente che io do poco ai
malati di Lourdes, ma sono loro che danno molto a me”.
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21
gennaio 2007
L’APPELLO
DEI CRISTIANI DI TERRA SANTA ALL’EUROPA:
NON DIMENTICATECI!
-
Intervista con don Ilario Antoniazzi -
“Come pastori, esortiamo nuovamente i fedeli nelle nostre
Nazioni a ricordare
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R. – Qui c’è un miscuglio di religioni e di culture, ma in
gran parte sono musulmani. La nostra presenza qui è far sì di poter vivere
insieme, di volersi bene. Su questo punto la scuola parrocchiale ha un lavoro
molto importante con i suoi 1200 alunni - dall’asilo fino alle secondarie -
dove cristiani e musulmani non convivono semplicemente ma
vivono insieme, ed ognuno conosce l’altro. Ciò che predichiamo ai nostri alunni
cristiani lo sentono i musulmani e ciò che domandiamo ai musulmani è la stessa
cosa che domandiamo ai cristiani. Questo fa sì che si creino delle relazioni
tra cristiani e musulmani che con il passare del tempo diventano sempre più
forti e sempre più solide.
D. – La vita qui è molto difficile per la comunità
cristiana che sta sempre più diminuendo…
R. – Questo è vero, e dobbiamo dire comunque che le
relazioni con i musulmani non sono sempre facili. Poi la difficoltà dei nostri
cristiani è quella di trovare lavoro qui. Siamo una minoranza. Quasi tutti non
fanno il servizio militare in Israele e non facendo il servizio militare si autoescludono automaticamente da molti posti di lavoro e
devono fare la fila, perché quanti fanno il servizio militare hanno la
precedenza. Ci sono problemi poi anche per ciò che riguarda gli studi dei
nostri alunni. Continuare l’università non è sempre facile, perché ci sono
numeri limitati, facilmente vengono esclusi, perché
viene data precedenza ai musulmani e a coloro che hanno fatto il servizio
militare. Si crea allora un malcontento e per molti il futuro è emigrare.
D. – Tanti giovani infatti
continuano ad andare all’estero. Cosa ci vuole per farli rimanere qui, per
dargli una speranza nel futuro?
R. – Prima di tutto c’è un lavoro intellettuale che
dobbiamo fare, basandoci sulla nostra identità di cristiani: far capire ai
nostri cristiani che vivere in questa terra, dove ci sono i luoghi santi non è
un caso, ma è una vocazione. Occorre far capire che i luoghi santi senza la
presenza dei giovani diventano un museo, un museo freddo, che dirà forse
qualcosa ad un turista, non dico ad un pellegrino, però è sempre qualcosa di
freddo. Ciò che dà vita a questi luoghi santi è la presenza della comunità
cristiana che è qui.
D. – Loro comunque si sentono abbastanza dimenticati dal
resto del mondo…
R. – Questa è una realtà. Prima di tutto dimenticati,
perché sentono parlare molto poco sia la radio che le
televisioni dei nostri veri problemi locali. Poi, perchè pensano, anche in modo
errato, che i Paesi europei siano tutti cristiani e
che qualsiasi cristiano davanti alla sofferenza di un altro cristiano debba
essergli vicino. Non sanno che l’Europa a volte è lontana dalla religione e che
non abbiamo noi gli stessi sentimenti che vediamo nei musulmani. Se succede
qualcosa ad un musulmano delle Filippine qui scatta subito la protesta dei musulmani. Se invece
qui succede qualcosa ad un cristiano, il mondo intero tace. Ci sentiamo su questo punto dimenticati dai nostri fratelli che vivono
in Europa.
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PRESENTATO
IERI A ROMA IL MANIFESTO DEL FORUM DELLE ASSOCIAZIONI FAMILIARI PER SOSTENERE
VERA
PRIORITA’ SOCIALE
- Interviste con Paola
Soavi e Giovanni Giacobbe -
“Si’
alla famiglia, la vera priorità sociale”. E’ questo il titolo del Manifesto con
cui il Forum delle Associazioni Familiari si inserisce nel dibattito, in
Italia, sul riconoscimento legale delle unioni di fatto. Il testo, che espone e
motiva la contrarietà a ogni ipotesi legislativa di equiparazione delle unioni
di fatto con la famiglia fondata sul matrimonio, è stato presentato ieri a
Roma. Su questa base il Forum intende sostenere una mobilitazione nazionale che
coinvolga tutte le istituzioni . Il servizio di
Gabriella Ceraso.
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Sì alla famiglia come soggetto
sociale e non privato, sì a vere politiche familiari, finora carenti in Italia,
che rispettino questa differenza e che tutelino i diritti di chi assume impegni
pubblici. Dunque nessuna forma di assistenzialismo per la famiglia,
ma impegni concreti, promozionali, distintivi e non discriminanti, no
alle equiparazioni, no ai matrimoni omosessuali. Questo nel documento approvato
dalle associazioni del Forum. Paola Soavi
vice-presidente:
“Il matrimonio è quell’atto che rende pubblico e quindi rende sociale il
soggetto familiare, legame che vuole assumersi delle responsabilità pubbliche.
Il matrimonio è una cosa, la coppia di fatto è un’altra: uno è un istituto
pubblico e l’altro è un istituto privato e come privato non assume dei doveri e
quindi non può invocare dei diritti”.
Il Forum promuove dunque la
rilevanza della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio e non per
adesione al magistero ecclesiale – precisano – ma per adesione ai principi
costituzionali, articolo 29 della Carta. Come rispondere poi alle numerose proposte
di legge che non tendono al riconoscimento delle unioni non fondate sul
matrimonio, ma alla tutela dei diritti individuali che si realizzano in esse? L’ultima parte del documento è dedicata ad una
casistica soggettiva di tutela – dicono – già oggetto di realizzazione sulla
base della normativa vigente. Su questi principi individuali il Forum parla di
un equivoco di fondo. Giovanni Giacobbe, presidente del Forum:
“Stabilire un sistema, che per
altro già esiste, di non discriminazione di queste coppie di fatto, mi pare che
sia sacrosanto ma mi pare che sia già realizzato. Ma
quali diritti? E’ qui il punto: se si vogliono realizzare dei diritti reciproci
c’è la possibilità, e la legge potrebbe intervenire, di utilizzare gli
strumenti di diritto privato. Cioè a dire: si potrebbe inserire nel Codice
Civile una sezione dedicata ai contratti di solidarietà tra conviventi. Occorre
dire che c’è una ragione ideologica: si vuole affermare l’esistenza di una
famiglia parallela a quella fondata sul matrimonio. Il sottofondo ideologico è
questo perché altrimenti il ricorso agli strumenti di diritto privato sarebbe
quello più naturale”.
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IL
DRAMMA DEI PROFUGHI NELLO SRI LANKA,
STRETTI
NELLA MORSA DEI COMBATTIMENTI TRA ESERCITO E GUERRIGLIA TAMIL
-
Intervista con Davide Vignati
–
Prosegue nello Sri Lanka il
dramma di migliaia di profughi, stretti nella morsa dei combattimenti tra
esercito e guerriglia delle Tigri Tamil. Le truppe governative dopo settimane di duri
scontri hanno conquistato venerdì scorso la roccaforte di Vakarai,
sulla costa orientale del Paese. Almeno
400 i morti. I combattimenti hanno provocato la
fuga di migliaia di civili e l’evacuazione di un ospedale gestito dalla Croce
Rossa Italiana. Sulla situazione ascoltiamo, Davide Vignati,
delegato a Colombo della Croce Rossa Internazionale, al microfono di Jeremy
Brossard:
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R. – La situazione è ancora abbastanza confusa. Siamo
stati informati che qualche migliaio di civili, fino a giovedì sera ancora
bloccati attorno all’ospedale di Vakarai, proprio al
centro della zona dei combattimenti, hanno cominciato a fuggire e a muoversi in
direzione sud, verso Battikaloa. Questa popolazione viene intercettata al Mankerni checkpoint, che
segna, fino a questa settimana, il confine tra la zona controllata dal governo
e quella controllata dalle Tigri. Lì abbiamo potuto effettivamente constatare
che si trattava di qualche migliaio di persone. Per il momento abbiamo iniziato
ad assistere queste popolazioni con un migliaio di tende e con dell’acqua
potabile. Queste persone vanno ad aggiungersi alle oltre 60 mila che sono state
già accomodate sulla costa est. Sono 60 i siti, costruiti nelle ultime
settimane, dalle organizzazioni umanitarie per accomodare gli sfollati che
negli ultimi mesi sono sfuggiti ai combattimenti. Speriamo, nei prossimi giorni,
di essere capaci di recarci direttamente a Vakarai
per avere un quadro più chiaro della situazione. Stiamo negoziando con le due
parti in conflitto la possibilità di accedere a Vakarai.
D. – Voi ce la fate a rispondere a tutti i bisogni degli
sfollati?
R. – Sì, perché siamo sul posto e perché questa fiumana di
sfollati è stata progressiva. Inizialmente erano più di 35 mila le persone
bloccate dai combattimenti attorno a Vakarai. Hanno
cominciato a defluire circa un migliaio a settimana, verso sud, già alla fine
di dicembre. Rimaneva un ultimo gruppo di 10-15 mila, probabilmente partito
verso sud. Noi eravamo pronti ed anche le altre organizzazioni umanitarie e le
autorità stesse, che si sono subito messe a disposizione per fornire cibo a
questa popolazione. Questa gente è stata collocata in uno dei tanti siti adibiti
a campi sfollati, costruiti nelle ultime settimane.
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FAR RISCOPRIRE LA LETTERATURA ATTRAVERSO LA
RIFLESSIONE
SU TEMATICHE SOCIALI ED ATTUALI: È QUANTO SI
PROPONE
IL SITO WEB WWW.LATTENZIONE.COM
SULLA SCIA DEL PROGETTO CULTURALE DELLA CHIESA CATTOLICA
Una rivista on-line che vuole recuperare i valori umani attraverso la
letteratura. Si chiama “L’attenzione” e propone ai lettori diversi argomenti di
attualità sui quali vengono sviluppate profonde
riflessioni. Lo scopo è quello di rivalorizzare la
letteratura, come spiega al microfono di Tiziana Campisi
uno dei redattori, l’ingegnere Massimo Orgiazzi:
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R. – La
rivista parte da un concetto di rivista culturale, rivista letteraria, che travalica
i confini e i limiti di quella che potrebbe essere, al
giorno d’oggi, considerata una classica rivista letteraria che si occupa
esclusivamente e solo di argomenti culturali in senso letterario stretto. Per
prima cosa, abbiamo fatto partire un sito internet nel quale ci proponiamo di
liberare la letteratura dalla sua autoreferenzialità,
perché spesso si nota, con dispiacere, che la letteratura - sulle riviste, sui
siti - viene chiusa in un recinto, probabilmente come
tante altre discipline o tanti altri hobbies in giro
per la rete o anche sul cartaceo.
D. –
Quali sono le tematiche che proponete ai vostri lettori?
R. –
Proponiamo di parlare di tutto: di società, di cultura, di politica, di
argomenti che facciano in modo che la letteratura possa travalicare i suoi
stessi confini e tornare ad essere una delle prime variabili che l’uomo ha in
mano per poter valorizzare la propria umanità e il proprio spirito. Perché solo
attraverso l’umanità, solo attraverso la spiritualità è possibile, secondo noi,
affrontare gli argomenti che sono tra i più importanti e tra i più gravi del
mondo contemporaneo. Quindi, sul nostro sito, fra gli argomenti, oltre quelli
letterari e più strettamente poetici – come la narrativa e la scrittura – ci
sono temi sociali, temi legati anche ad una serie di cose che consideriamo importanti.
Un esempio pratico: l’ultimo numero, uscito ai primi di gennaio, affronta – ed
è monotematico – il tema dell’aldilà, cioè l’impatto che secondo noi ha ancora
questo aspetto sulla vita contemporanea di tutti e che invece, spesso, si nota,
viene messo in secondo piano, è dimenticato, rimosso –
addirittura – ad un livello di consapevolezza!
D. –
Uno degli obiettivi che vi proponete è quello di recuperare dei valori. Quali,
in particolare?
R. – Si
tratta di recuperare i valori dello spirito, i valori di una religione, i
valori di una tradizione occidentale, europea, cristiana, cattolica che spesso
– a livello culturale – vengono dimenticati! E noi ci
facciamo portatori di quello che è essenzialmente un po’ lo spirito del
progetto culturale della Chiesa cattolica, perché tentiamo, proprio attraverso
l’attività culturale, l’attività letteraria, di risvegliare aspetti che ci
paiono un pò nell’oblio. Aspetti che è come se pian
piano venissero cancellati, in qualche modo, da quella
che Benedetto XVI chiama “dittatura del relativismo”. La si
potrebbe definire sparizione delle “Lettere”, delle questioni umanistiche, di
temi che appunto noi vorremmo invece potessero essere recuperati. Quello che
vorremmo suggerire, dunque, ai lettori del nostro sito e di avere una maggiore
attenzione ai valori, ai segni e a ciò che si scrive e si produce al giorno d’oggi!
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21 gennaio 2007
LE PERSONE PIÙ POVERE, QUELLE CHE MUOIONO DI FAME E INGIUSTIZIE,
AL CENTRO DEI DIBATTITI, DELLE TAVOLE ROTONDE E DEI CONVEGNI DEL FORUM SOCIALE
MONDIALE APERTOSI IERI A
NAIROBI, IN KENIA, CON UNA MARCIA PER LA PACE
- A cura di Marina Piccone -
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NAIROBI. – Hanno preso il via oggi i lavori del Forum
sociale mondiale aperto ieri da una marcia per la pace. “Le lotte dei popoli e
le alternative dei popoli” è il titolo del meeting che prevede 9 temi generali sviluppati
in oltre mille incontri. Acqua, pace e guerra, battaglia delle donne, diritti
umani, sovranità alimentare, educazione, libero commercio, debito pubblico e
multinazionali: questi gli argomenti di cui si discute allo stadio Kasarani, il luogo delle manifestazione.
Alle 8 di questa mattina c’è stata una protesta contro la decisione di far
pagare l’ingresso: 500 scellini keniani, l’equivalente di circa 5 euro e 50,
sono decisamente troppi per gli abitanti di Nairobi, che per oltre la metà
vivono nelle baracche. L’iniziativa ha persuaso gli organizzatori ad eliminare
il costo d’entrata. Manifestazioni diverse si sono svolte inoltre intorno allo
stadio. Tra gli incontri odierni quello delle associazioni congolesi
e quello sul debito estero. Orientarsi non è facile nell’enorme spazio in cui
si svolge il Forum, anche a causa di un’organizzazione lacunosa: non ci sono
abbastanza programmi e non ci sono cartelli che indichino dove dirigersi, non
esiste praticamente un ufficio stampa ed avere informazioni è piuttosto
complicato. Gli organizzatori parlano di una presenza che va dalle 80 alle 100
mila persone, di cui la maggior parte è rappresentata dagli africani.
L’obiettivo di mettere insieme le diverse realtà di un Continente diviso e
sfaccettato sembra quasi raggiunto. E questa mattina, in contemporanea, si è
svolto il Festival dei ragazzi di strada a Korogocho,
una delle più grandi baraccopoli della città.
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OCCORRE
RINNOVARE LA SPERANZA E CONTINUARE ED IMPEGNARSI IN FAVORE DELLA PACE: COSÌ
IERI IN SPAGNA IL VESCOVO DI SAN SEBASTIAN, MONS. JUAN
MARÍA
URIARTE
GOIRICELAYA, IN OCCASIONE DELLA FESTIVITÀ LITURGICA DI SAN SEBASTIANO
- A
cura di padre Ignacio Arregui
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SAN SEBASTIAN.
Un’ampia eco ha avuto nei mezzi di comunicazione l’omelia pronunciata
ieri, dal vescovo di San Sebastian, mons. Juan María Uriarte
Goiricelaya, in occasione della festività liturgica
di San Sebastiano. Dopo aver commentato il significato della vita del santo
patrono della città, mons. Uriarte ha affermato che
quest’anno l’ambiente festivo è stato offuscato dall’attentato di Madrid
che ha causato la morte di due
giovani immigrati ecuadoregni e ha messo in crisi la
speranza di una società che desidera fortemente una pace giusta e definitiva.
“Sono convinto, ha detto, che questo fatto contrario ad ogni etica degna di questo
nome…ha prodotto nella comunità umana qualcosa di ben più grave della stessa
sofferenza, o lo sdegno; e cioè, le ha fatto perdere il morale. E questa crisi
è molto importante perchè molti valori affondano quando
viene a mancare il morale”. In questa situazione, non sono sufficienti le
analisi, le condanne; occorre una nuova iniezione di speranza. E’ questo un
dovere che riguarda in particolare i credenti cristiani. Quindi il presule ha
affermato: “La pace è possibile. Anzi, se è stata possibile in tanti altri
popoli, talvolta in situazioni più tragiche e con meno risorse umane, perché
dovrebbe essere impossibile proprio per noi? Una fede alimentata dalla speranza
in Gesù risorto, che continua ad ofrirci la pace, è
il vero fondamento della speranza dei credenti”. Ed ha aggiunto: “Di fronte
alla incomunicabilità intollerante deve prevalere sempre la riconciliazione. E
la parola è piu forte e resistente della violenza
disumana”. Infine, il vescovo di San Sebastian,
evitando ogni accenno esplicito all’attuale dibattito politico sul modo di affrontare
un nuovo processo di pace, ha fatto un appello a tutti affinché siano prese e assecondate iniziative di pace, e la costruzione
di ponti che uniscano anziché di fronti che portano alla separazione e allo scontro.
“Debbono tacere tutte le armi e tutti gli strumenti di distruzione. E al
momento opportuno, con le necessarie garanzie, dovrà esserci un posto per la
parola chiara, responsabile, umile e sincera che apra
la strada verso la pace”.
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ROMA:
NELLA BASILICA DI SANTA MARIA DEGLI ANGELI GLI INCONTRI DEL PRIMO
GRUPPO
DI PREGHIERA DEI FIGLI SPIRITUALI DI GIOVANNI PAOLO II.
IL PROSSIMO
APPUNTAMENTO IL 29 GENNAIO
ROMA. = Da circa un anno si riunisce a Roma, nella
Basilica di Santa Maria degli Angeli, il primo Gruppo di Preghiera dei Figli spirituali
di Giovanni Paolo II, nato il 25 marzo 2006. I suoi aderenti, che
cercano ogni giorno di tener presente l’invito di Giovanni Paolo II “Aprite,
anzi spalancate le porte a Cristo”, aggiungendo quello di Benedetto XVI “Cristo
nulla toglie, ma tutto dona”, si incontrano due volte al
mese, dalle 16,00 alle 17,45, per pregare, adorando Gesù Eucaristia, e per approfondire
alcune tematiche della fede cattolica. Le date degli incontri sono pubblicate
nel sito del gruppo di preghiera www.prayingwithkarol.org.
Il prossimo appuntamento è il 29 gennaio alle 16,30.
Nel salone della Basilica di Santa Maria degli Angeli, mons. Giangiulio Radivo presenterà
il tema “Giovanni
Paolo II dono per il
mondo”. Responsabile del gruppo di preghiera è suor Maria
Rosa Lo Proto, religiosa domenicana missionaria di San
Sisto, coordinatrice del “Movimento Gruppi di preghiera dei Figli
spirituali di Giovanni Paolo II”. (T.C.)
CUBA
SI PREPARA ALLA IX GIORNATA NAZIONALE DI BIOETICA NELL’AMBITO DEL II
CONGRESSO
NAZIONALE DI BIOETICA, ORGANIZZATO ALL’AVANA DAL 26 AL 28 GENNAIO - A cura di Luis Badilla -
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L’AVANA. = Sono attesi almeno 350 delegati nazionali all’’Avana,
per il II Congresso nazionale di bioetica che si
svolgerà dal 26 al 28 gennaio al “Museo di arte religiosa” (l’ex convento di
San Francesco d’Assisi) e per la celebrazione della IX Giornata nazionale di
bioetica. Tra i relatori, è prevista la partecipazione di diversi studiosi,
esperti e scienziati provenienti da Paesi latinoamericani ed europei. I lavori
saranno aperti con la relazione del professor José R.
Amor Pan, di Santiago de Compostela di Spagna, e poi
con quelle di Francisco León e Alejandrina
Arratia, docenti alla Pontificia Università Cattolica
del Cile. Ad organizzare l’evento il Centro di Bioetica Giovanni Paolo
II dell’Avana fondato
nel 1997 dal suo attuale direttore, il dott. René Zamora Marín, membro della
Pontificia Accademia per la Vita. Assistente del Centro per conto
dell’episcopato locale è mons. Alfredo Petit Vergel. La
struttura è nata nel contesto della preparazione alla visita di Giovanni Paolo
II a Cuba, nel gennaio 1998; è un’istituzione della Chiesa cattolica cubana,
dipende dalla Conferenza episcopale e opera con la massima apertura a tutti gli
ambiti della società con lo “scopo di servire come punto di riferimento alla
diffusione di una bioetica personalista fra professionisti e tecnici, nonché
nell’ambito di altre specialità del sapere”. Nel 2000 il Centro ha cominciato
la pubblicazione della rivista “Annali del Centro Giovanni Paolo II”, poi chiamata
semplicemente “Bioetica”, offrendo anche una versione digitale quadrimestrale.
Si tratta dell’unica pubblicazione di questo tipo a Cuba. Una seconda
pubblicazione, bimestrale, chiamata “Quaderni”, fornisce invece aggiornate
panoramiche sulla bioetica a livello internazionale. Il lavoro e le riflessioni
del Centro di bioetica, come sede di confronto, si aprono ad ogni persona
interessata alla materia, indipendentemente dal suo credo religioso e dalle sue
convinzioni filosofiche.
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NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO, I 50
ANNI DI PUBBLICAZIONI DELL’AGENZIA CATTOLICA DI INFORMAZIONI AFRICANE “DIA”
KINSHASA.
= A Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, l’agenzia cattolica di informazioni africane “DIA”
festeggia in questi giorni i suoi 50 anni di pubblicazioni. Il primo numero,
che contava appena tre pagine, è stato lanciato il 18 gennaio 1957, nell’allora
Léopoldville, capitale del Congo
belga, per volontà degli ordinari locali che ne affidarono la direzione
ai Missionari di Scheut. L’obiettivo
era triplice: informare l’opinione pubblica belga e congolese
sulla vita della Chiesa cattolica in Congo; far conoscere la dottrina della
Chiesa nel campo religioso, sociale, educativo e politico; spiegare il punto di
vista cattolico sui temi dell’attualità locale. Ai
suoi esordi, l’agenzia proponeva i propri servizi ad un quotidiano di
informazione per la stampa africana; alla stampa belga e straniera; all’agenzia
cattolica Fides; e infine proponeva una raccolta settimanale di notizie destinate
ai mensili e agli abbonati. Oggi la “DIA”, che pubblica le sue informazioni
anche in formato elettronico, oltre all’attualità politico-religiosa della Repubblica
Democratica del Congo, tratta dell’attualità vaticana
e internazionale, riproponendo dispacci di altre agenzie cattoliche, tra cui l’Apic svizzera e la Fides. Tra i suoi utenti, anche la
AL VIA DOMANI, SU SAT2000, “TGECCLESIA”,
APPUNTAMENTO QUOTIDIANO CON L’INFORMAZIONE RELIGIOSA, PER FORNIRE CON
TEMPESTIVITÀ NOTIZIE ESSENZIALI SULLA CHIESA CATTOLICA NEL MONDO
ROMA. = Il magistero del Papa, le notizie sull’attività
della Curia Romana e delle rappresentanze diplomatiche presso la Santa Sede, ma
anche uno sguardo costante sulle Chiese locali e sulle missioni: tutto questo,
e non solo, troverà spazio nel nuovo appuntamento quotidiano “TgEcclesia”, in onda su Sat2000 (canale 818 di Sky) da domani. Come riferisce l’agenzia SIR, il nuovo
servizio informativo andrà in onda dal lunedì al sabato alle ore 14.00 e dal
lunedì al venerdì anche alle 17.00 circa, all’interno del programma “Mosaico”.
“Con una grafica moderna e accattivante, con due finestre per offrire contemporaneamente
molte informazioni e diverse immagini – informa Sat2000 – TgEcclesia
si propone come un autentico telegiornale che in pochi minuti fornisce con
tempestività ai telespettatori le notizie essenziali su tutto ciò che riguarda
la Chiesa cattolica”. In una striscia sulla parte bassa del teleschermo
scorreranno anche le altre news della giornata, aggiornate rispetto al “Tg2000
Flash” delle ore 12. (R.M.)
TRADOTTO
IN ARABO IL LIBRO DI MONS. LUIGI GIUSSANI “IL SENSO
RELIGIOSO”, PUBBLICATO IN ITALIA UN ANNO FA.
LA NUOVA VERSIONE DEL TESTO DEL FONDATORE DI COMUNIONE E LIBERAZIONE
VERRÀ PRESENTATA IL PRIMO FEBBRAIO A ROMA
ROMA.
= Un’occasione di incontro tra la cultura araba e la tradizione cristiana: così
viene definita in una nota del Centro internazionale
di Comunione e Liberazione (CL) la traduzione in lingua araba del volume di mons.
Luigi Giussani, fondatore di CL, “Il senso religioso”,
nelle librerie in Italia un anno fa. Come riferisce l’agenzia SIR, il libro
sarà presentato a Roma il primo febbraio, con l’intervento di mons. Dominique Mamberti, segretario
per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede, don Stefano Alberto, docente di Introduzione
alla teologia dell’Università Cattolica di Milano, e Wa’il
Farouq, docente di Scienze islamiche alla Facoltà Copto-Cattolica del Cairo. “L’idea della traduzione –
spiega don Ambrogio Pisoni della Fraternità di Comunione e Liberazione – è
venuta alcuni anni fa a seguito dell’amicizia sorta tra uno studente
fiorentino, Paolo Caserta, trasferito al Cairo per studiare lingua e cultura
araba, e il docente Wa’il Farouq,
musulmano. La realtà di CL e la visione di Giussani –
continua – poco a poco sono diventate familiari per Wa’il
e i suoi amici insegnanti e giornalisti musulmani hanno cominciato a conoscerla
meglio”. “Siamo certi che la conoscenza delle rispettive storie e culture –
aggiunge Riccardo Piol, del Centro internazionale di
CL – sempre accompagnata da una stima reciproca e senza riserve, favorirà
l’avvio di una fase nuova e affascinante”. (L.Z.)
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21 gennaio 2007
- A cura di
Isabella Piro -
Ha confessato, nelle prime ore del mattino, il giovane
arrestato ieri sera per l'assassinio del giornalista turco-armeno, Hrant Dink. Il ragazzo, Ogun Samast, 17 anni, è stato identificato
grazie alle telecamere di sicurezza di una banca. Al momento dell’arresto, avvenuto
a Samsun, aveva ancora con sé una pistola, probabile
arma del delitto. Il giornalista Hrant Dink, lo ricordiamo, si batteva
da anni per il riconoscimento del genocidio armeno. Proprio per questo era
stato condannato, in base alla legge 301 del Codice
penale turco, per insulto all’identità nazionale. Al microfono di Francesca Sabatinelli, ascoltiamo il commento di Robert
Attariàn, portavoce del Consiglio della comunità
armena di Roma.
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R. - Dink era il simbolo del dialogo per gli armeni,
ma anche per la Turchia. Era un uomo mite, un uomo che voleva la pace, il
dialogo tra le due popolazioni. Uccidendolo hanno ucciso veramente un simbolo
che poteva essere, invece, il portatore di questo ideale del dialogo, della
fraternità tra
i due popoli. Uccidere oggi un giornalista che aveva l’unica colpa di aver
detto ‘Sì, il genocidio c’è stato’ non ha niente a
che vedere con quella nuova ondata che c’è in Turchia di gente moderata che
vuole capire il passato, vuole accettarlo e vuole anche stabilire un dialogo
sul quale fondare il futuro nel Paese sia degli armeni
che dei turchi.
D. – Come aveva reagito Dink
alla condanna inflittagli dal Tribunale turco nel 2004?
R. – È stata la cosa che ha più ferito Dink.
Ha detto: ‘Se un Paese non mi vuole forse è il caso
che me ne vada’. Però io ho avuto la fortuna di
conoscerlo e la cosa che mi ha colpito di più è che lui amava questo Paese,
amava la Turchia e quindi diceva: ‘Non condannate il
mio Paese’. Un armeno che dice questo della Turchia
spiega tutto, spiega la sua lotta non per la libertà degli armeni,
ma per la libertà in generale in Turchia.
D. – Il governo, però, si è espresso duramente nei
confronti degli assassini di Dink...
R. – Si, solo che è stato proprio questo governo ad
introdurre la legge 301 nel Codice penale turco. Tra l’altro è stata proprio
l’Unione Europea a chiedere al governo turco di abolirlo. Ad oggi non è stato
fatto, speriamo che la morte di Dink non sia sangue
versato invano.
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E domani, il presidente del Consiglio
italiano Romano Prodi sarà in Turchia. Volerà prima ad Ankara e poi,
martedì, ad Istanbul. Previsti numerosi colloqui con le autorità locali, tra
cui il premier Erdogan, il capo di Stato Sezer e il presidente del Parlamento Arinc.
Al centro degli incontri, il processo di integrazione turca nell’Unione Europea
e i rapporti bilaterali tra Italia e Turchia, con particolare attenzione per il
settore energetico.
È rientrato l’allarme tsunami in
Indonesia, dopo che un forte terremoto ha investito l’isola di Sulawesi. Secondo il Centro geologico statunitense, il
sisma ha avuto una magnitudo di 7,3 gradi Richter,
con epicentro a circa 130 km da Ternate, nel nord est
del Paese. Il 26 dicembre 2004 l’Indonesia fu colpita da un violentissimo
maremoto, che provocò più di 200mila vittime.
Scossa sismica anche in Turchia, dove stamani un terremoto di magnitudo 5 della scala Richter
ha distrutto molte abitazioni di almeno due paesi. Per il momento, non si riscontrano
vittime. Lo riferisce l’agenzia Anatolia. L’epicentro del sisma è stato
individuato sotto la città di Tutak, nella provincia
di Agri, al confine con l’Armenia. La Turchia è un Paese ad alta attività
sismica: solo nel 1999, due terremoti devastanti hanno ucciso circa 18mila
persone.
Spiragli di riconciliazione all’interno del governo
iracheno: la corrente radicale sciita vicina a Moqtada
Al Sadr ha annunciato infatti
la fine al boicottaggio dell’esecutivo, deciso a fine novembre. L’accordo è
stato raggiunto dopo aver fissato in Parlamento un calendario per il ritiro
delle truppe americane dal Paese. Intanto, sul terreno, è ancora violenza. Il
nostro servizio:
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“Parteciperemo nuovamente al processo politico”: così un
deputato sadrista ha annunciato la fine del
boicottaggio sciita al governo iracheno. La svolta è arrivata dopo che alcune
richieste della corrente radicale sono state accolte: tra queste, la
discussione, in Parlamento, di un calendario per il ritiro delle truppe USA
dall’Iraq e l’impegno del governo a non rinnovare il mandato alle forze
internazionali senza un dibattito in Assemblea. Intanto, è arrivata nel Paese
del Golfo la prima delle cinque brigate americane inviate di rinforzo a
Baghdad, secondo il nuovo piano della Casa Bianca. Ma nella capitale è ancora
violenza: almeno 6 persone sono morte e una decina sono rimaste ferite
nell’esplosione di una bomba su un minibus. L’attentato è avvenuto nel
quartiere sciita di Karradah. Un secondo ordigno ha
invece ucciso un soldato britannico a Bassora, nell’Iraq meridionale, mentre a Mosul un kamikaze alla guida di un’autobomba si è lanciato
contro una pattuglia dell’esercito iracheno, uccidendo una passante. Le vittime
di oggi si vanno ad aggiungere ai 17 soldati americani morti ieri: 5 di loro
sono caduti a Kerbala, durante un’irruzione nella
sede del governo provinciale, attaccata dai miliziani che avrebbero poi rapito
un sesto militare. Altri 12, invece, sono precipitati in elicottero, non si sa
ancora se a causa di un incidente o se colpiti da un razzo. E mentre continuano
le trattative per il rilascio dei 5 iraniani sospettati di coinvolgimento nella
guerriglia e arrestati ad Erbil l’11 gennaio scorso
dalle truppe americane, stamani a Mossul la polizia
locale ha fermato altri tre uomini della Repubblica islamica che viaggiavano
senza passaporto.
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Si terrà questa sera, a Damasco, il colloquio
tra il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Abu
Mazen, e il leader di Hamas in esilio, Khaled Meshaal: lo ha annunciato
un portavoce palestinese. L’incontro era stato programmato per la tarda serata
di ieri, ma era stato rinviato a causa delle divergenze sulla composizione di
un governo di unità nazionale palestinese.
Urne aperte oggi in Serbia per il rinnovo del
Parlamento. Oltre 6 milioni di elettori sono chiamati a scegliere tra i
candidati di più di 20 partiti o cartelli elettorali. La soglia di sbarramento
è stata fissata al 5%. Tra gli schieramenti favoriti, secondo i sondaggi, il Partito radicale ultranazionalista, guidato
da Nikolic, e lo schieramento democratico filo-occidentale
del presidente Tadić, promotore, nell’ottobre
scorso, di un referendum sulla nuova Costituzione serba. La chiusura dei seggi
è attesa per questa sera alle 20. Due i temi dominanti della
lunga campagna elettorale nell’ex-Stato jugoslavo, e cioè lo status del Kossovo e l’auspicato ingresso nell’Unione Europea. Per
un’analisi di queste elezioni e del loro peso a livello internazionale, Stefano
Leszczynski ha intervistato Federico Eichberg, esperto dell’area balcanica:
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R. – La Serbia si porta dietro un’eredità che, va detto,
sta cercando di cancellare. Valga per tutti l’atteggiamento
estremamente collaborativo della leadership serba in
occasione del referendum montenegrino della scorsa primavera. E’ vero altresì
che le tematiche del dibattito serbo testimoniano invece ancora l’attenzione
verso una mal percepita criminalizzazione. I serbi
hanno percepito che la comunità internazionale ha
identificato nella Serbia il colpevole dei drammi degli anni ’90.
Sappiamo che storicamente questo non è vero; sarebbe opportuno ricordarlo ed
esplicitarlo.
D. – Il dibattito sembra essere molto più aspro nella
società adulta della Serbia, mentre la parte giovane della Serbia sarebbe più
propensa ad un colpo di spugna sul passato con l’esclusivo obiettivo
dell’Europa…
R. – Va detto altresì che la politica dei partiti filoeuropeisti è comunque una politica attenta anche
all’identità propria della Serbia. Basti ricordare che Tadić
stesso, leader del partito democratico, è stato tra i promotori del referendum
costituzionale che lo corso ottobre ha sancito una
nuova Costituzione serba. In essa si ricorda, ad
esempio, che il Kosovo è parte inalienabile, si fa un
richiamo ai valori spirituali della Serbia, si fa un richiamo anche a tutto il
patrimonio religioso, alla grande tradizione che il Paese ha.
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Emergenza ambientale nel Canale della Manica, dove il
petrolio ha cominciato ad uscire dai serbatoi dalla portacontainer ‘Msc Napoli’,
arenatasi due giorni fa a Devon perché danneggiata
dall’uragano Kyrill. Il cargo trasportava oltre 2mila
container, 160 dei quali pieni di sostanze chimiche tossiche. Secondo fonti locali, il petrolio ha già raggiunto le acque
davanti alla spiaggia di Sidmouth, colpendo alcuni
uccelli marini.
Il cancelliere
tedesco Angela Merkel, presidente di turno
dell’Unione Europea, incontra oggi il capo del Cremino, Vladimir Putin. Tra i temi del colloquio, che si terrà a Soci, sul
Mar Nero, quello dell’approvvigionamento energetico, in primo piano dopo lo
stop alle forniture deciso da Mosca ad inizio gennaio, per contrasti con la Bielorussia.
In Iran, la televisione di Stato ha annunciato, a partire
da oggi, tre giorni di manovre militari, compresi test missilistici di corta
gittata. Si tratta delle prime esercitazioni militari nel Paese da quando, il 23 dicembre scorso, il Consiglio di Sicurezza
dell'Onu ha imposto a Teheran
sanzioni sul suo programma nucleare. Intanto, il presidente della Repubblica
islamica, Ahmadinejad, ha affermato che eventuali
nuove risoluzioni delle Nazioni Unite non fermeranno il programma di arricchimento
dell’uranio.
Hillary
Clinton ha deciso di correre per la Casa Bianca. L’ex
first lady, attualmente senatrice democratica di New York, ha formalizzato
ufficialmente ieri la sua candidatura alle presidenziali del 2008 tramite un
video-annuncio diffuso dal suo sito Internet. Se dovesse vincere, la Signora Clinton sarebbe la prima donna presidente degli Stati
Uniti.
In Nigeria, sei filippini e lavoratore locale, tutti
dipendenti del settore petrolifero, sono stati rapiti ieri nella regione del
Delta del Niger. Lo riferiscono fonti della sicurezza locale. Il rapimento è
avvenuto lungo il fiume Escravos, mentre i 7 si
trovavano a bordo di una nave. Nessuna notizia, invece, dei 2 italiani e del
libanese sequestrati il 7 dicembre scorso dal Movimento di emancipazione del
Delta del Niger.
Entro due settimane, l’Uganda invierà le proprie truppe in
Somalia, nell’ambito della missione di pace approvata ieri dall’Unione
Africana. L’annuncio arriva dalle forze militari ugandesi.
Intanto, il capo di Stato etiopico, Meles Zenawi, ha annunciato “per i prossimi giorni” il ritiro
delle truppe etiopiche dalla Somalia, dove erano
giunte per sostenere il governo di transizione contro le Corti islamiche.
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