RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 21  - Testo della trasmissione di domenica 21 gennaio 2007

 

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

L'ecumenismo è parlare insieme con gli altri il linguaggio  dell'amore, alleviando le sofferenze dell'uomo. Così il Papa all'Angelus nel quarto giorno della Settimana di preghiera  per l’unita’ dei cristiani. Benedetto XVI esprime il proprio  apprezzamento per la scuola cattolica e lancia un appello  contro le armi giocattolo: preserviamo i bambini dalla violenza!

 

Settimana di preghiera per l’unita’ dei cristiani: passi in avanti nel dialogo tra cattolici e metodisti.  Intervista con il rev. Donald Bolen

 

Conclusa ieri la plenaria della Pontificia Commissione per l’America Latina. Con noi, don José Tola

 

Grande festa dell’UNITALSI ieri in Vaticano per essere piu’ vicini a quanti soffrono

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

L’appello dei cristiani di Terra Santa all’Europa: non dimenticateci! La testimonianza di padre Ilario Antoniazzi

 

Presentato ieri a Roma il Manifesto del Forum delle associazioni familiari per sostenere la famiglia fondata sul matrimonio, vera priorita’ sociale: ce ne parlano Paola Soavi e Giovanni Giacobbe

 

Nello Sri Lanka sono migliaia i profughi a causa dei combattimenti tra Tigri Tamil e truppe governative.  Con noi, Davide Vignati

 

“L’Attenzione”, una rivista on-line che vuole recuperare i valori umani e cristiani attraverso la letteratura. Intervista con Massimo Orgiazzi

 

CHIESA E SOCIETA’:

Aperto ieri a Nairobi, in Kenya, il VII Forum Sociale Mondiale

 

Il vescovo di San Sebastian, in occasione della festa del patrono della città, ha detto che occorre rinnovare la speranza e impegnarsi in favore della pace

 

A Roma, l’incontro del primo Gruppo di preghiera dei Figli spirituali di Giovanni Paolo II

 

Cuba si prepara alla IX Giornata nazionale di bioetica

 

 Repubblica Democratica del Congo: l’Agenzia cattolica di informazione  “DIA” compie 50 anni

 

Al via domani su Sat2000 “TgEcclesia” un appuntamento quotidiano per l’informazione religiosa  

 

Tradotto in arabo il libro di mons. Luigi Giussani “Il senso religioso”

 

24 ORE NEL MONDO:

Oggi in Serbia elezioni parlamentari

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

21 gennaio 2007

 

 

L'ECUMENISMO È PARLARE INSIEME CON GLI ALTRI IL LINGUAGGIO

DELL'AMORE, ALLEVIANDO LE SOFFERENZE DELL'UOMO. COSÌ IL PAPA

 ALL'ANGELUS NEL QUARTO GIORNO DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI. BENEDETTO XVI ESPRIME IL PROPRIO

 APPREZZAMENTO PER LA SCUOLA CATTOLICA E LANCIA UN APPELLO  CONTRO LE ARMI GIOCATTOLO: PRESERVIAMO I BAMBINI DALLA VIOLENZA

 

 

L’ecumenismo è “il desiderio ardente di ascoltare l’altro” e “di parlare insieme a lui il linguaggio dell’amore reciproco”, in un dialogo profondo che si traduce in “fraterna collaborazione per alleviare le sofferenze dell’uomo”. E’ quanto ha detto oggi il Papa all’Angelus in Piazza San Pietro, nel 4° giorno della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che si sta svolgendo sul tema “Fa udire i sordi e fa parlare i muti!”. Presenti circa 50 mila pellegrini nonostante la giornata nuvolosa. Il servizio di Sergio Centofanti.      

 

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Il tema specifico di questo quarto giorno della Settimana di preghiera invita a riflettere sul “silenzio dei dimenticati e il pianto dei sofferenti” perché “se una parte soffre, tutte le altre soffrono con essa”.  E Benedetto XVI ha ricordato che quest’anno il progetto iniziale per la Settimana, adattato poi dal Comitato Misto internazionale, è stato preparato dai fedeli di Umlazi, in Sud Africa, “città molto povera, dove l’aids ha assunto proporzioni di pandemia e dove ben poche sono le speranze umane. Ma Cristo risorto – ha sottolineato -  è speranza per tutti”. E “lo è specialmente per i cristiani”:

 

“Eredi di divisioni avvenute in epoche passate, essi hanno voluto in questa circostanza lanciare un appello: Cristo può tutto, egli ‘fa udire i sordi e fa parlare i muti’ (Mc 7,37), è capace cioè di infondere nei cristiani il desiderio ardente di ascoltare l’altro, di comunicare con l’altro e di parlare insieme a lui il linguaggio dell’amore reciproco. La Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani ci ricorda così che l’ecumenismo è un’esperienza dialogica profonda, un ascoltarsi e parlarsi, un conoscersi meglio; è un compito che tutti possono svolgere, specialmente per quanto riguarda l’ecumenismo spirituale, basato sulla preghiera e la condivisione per ora possibile tra i cristiani”.

 

Il Papa auspica che “l’anelito per l’unità, tradotto in preghiera e fraterna collaborazione per alleviare le sofferenze dell’uomo, possa diffondersi sempre più a livello delle parrocchie e dei movimenti ecclesiali e tra gli Istituti religiosi”:

 

“Sono riconoscente a quanti, in ogni parte del mondo, con convinzione e costanza pregano e operano per l’unità. Maria, Madre della Chiesa, aiuti tutti i fedeli a lasciarsi intimamente aprire da Cristo alla comunicazione reciproca nella carità e nella verità, per diventare in Lui un cuore solo e un’anima sola”.

 

Quindi Benedetto XVI ha invitato i fedeli a partecipare il prossimo 25 gennaio, alle 17.30, nella festa liturgica della Conversione di San Paolo, ai Vespri da lui presieduti  nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, a conclusione della “Settimana di preghiera”:

 

         “Vi attendo numerosi a tale incontro liturgico, poiché l’unità si fa soprattutto pregando, e più la preghiera è corale, più è gradita al Signore”.

 

Al termine dell’Angelus il Papa ha ricordato che la diocesi di Roma celebra oggi la Giornata della scuola cattolica, rinnovando il proprio apprezzamento e incoraggiamento per quanti lavorano  nelle scuole cattoliche  ponendosi “al servizio della crescita integrale della persona” e “cercando sempre di coniugare la qualità dell’istruzione con l’impegno educativo”.

 

Infine il Papa ha salutato con affetto i promotori del progetto “Cambia gioco”, che nella città di Lecce hanno invitato i bambini ad abbandonare le armi-giocattolo:

        

“ Mi congratulo per questa iniziativa e vorrei allargare l’appello: preserviamo l’infanzia dal contagio della violenza!”.

 

(applausi)

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SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI:

PASSI IN AVANTI NEL DIALOGO TRA CATTOLICI E METODISTI

- Intervista con il rev. Donald Bolen -

 

      

         In questa quarta giornata della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani rivolgiamo la nostra attenzione alle relazioni tra cattolici e metodisti. Il dialogo procede all’insegna della fiducia e dell’amicizia. Ascoltiamo in proposito il rev. Donald Bolen, del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, al microfono di Giovanni Peduto:

 

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R. - Le relazioni tra cattolici e metodisti si sono notevolmente rafforzate nel corso dell’ultimo anno. Nel luglio del 2006, alcuni leader del Consiglio Metodista Mondiale hanno firmato un testo che sanciva l’adesione delle Chiese metodiste alla Dichiarazione Comune sulla dottrina della Giustificazione. Questa Dichiarazione è l’accordo raggiunto nel 1999 tra cattolici e luterani. L’adesione metodista è il risultato di un processo di consultazioni durato cinque anni, che ha visto coinvolte le Chiese metodiste, la Chiesa cattolica e le Chiese luterane. Durante la cerimonia della firma, che ha avuto luogo a Seoul, in Corea del Sud, nel luglio del 2006, il cardinale Kasper ha osservato: “Questo è un giorno storico. Questo è un dono di Dio. E noi dobbiamo essere grati per questo”.

 

D. - Se non vado errato, si è raggiunto anche un accordo per la stesura di uno speciale Rapporto inerente al dialogo fra le due parti?

 

R. - Sì. Un secondo risultato di grande rilievo nelle relazioni tra cattolici e metodisti realizzato nel corso dell’ultimo anno è la finalizzazione del Rapporto redatto dalla Commissione di dialogo metodista-cattolica, intitolato: “La grazia che vi è stata data in Cristo: cattolici e metodisti riflettono ancora sulla Chiesa”. Anche questo rapporto è stato il risultato di cinque anni di lavoro. A mio parere, si tratta del testo migliore che sia stato prodotto dalla Commissione in quarant’anni di dialogo. È il tipo di documento che, in contesti locali specifici, può aiutare cattolici e metodisti ad approfondire la loro reciproca conoscenza e comprensione, avvicinandosi sempre più gli uni agli altri tramite una preghiera comune, azioni comuni al servizio dell’umanità ed alcune attività comuni nella missione. Le varie sezioni del documento tentano di individuare chiaramente le convergenze e le divergenze tra cattolici e metodisti in ciò che riguarda la natura e la missione della Chiesa; ma le ultime sezioni si spingono oltre in due modi. Riallacciandosi innanzitutto all’idea di uno scambio ecumenico di doni espressa da Papa Giovanni Paolo II, il testo suggerisce aree in cui metodisti e cattolici possono, rispettivamente, aver ricevuto dallo Spirito Santo doni specifici, che sono tali anche per gli altri. In secondo luogo, dopo aver riflettuto attentamente su quanto metodisti e cattolici hanno in comune nella loro fede in campo ecclesiologico, il documento propone passi concreti che possono essere intrapresi al momento attuale. Un commento cattolico sarà presto pubblicato insieme al Rapporto, da considerarsi come un utile strumento da studiare con attenzione.

 

D. – Possiamo, quindi, asserire che siamo entrati in una nuova fase nel dialogo cattolico-metodista?

 

R. - Nel novembre del 2006, ovvero due mesi fa, un comitato direttivo si è riunito per avviare la preparazione della prossima fase di dialogo tra cattolici e metodisti, che inizierà alla fine di quest’anno. È probabile che il tema all’ordine del giorno sarà il sacerdozio e la sacramentalità degli Ordini. Il dialogo cattolico-metodista è un ottimo esempio dei risultati progressivi che possono essere conseguiti da un dialogo ecumenico paziente ma impegnato; esso ci incoraggia e ci dà speranza, mostrandoci che stiamo davvero camminando sulla via del riavvicinamento, sempre guidati dallo Spirito Santo.

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LE CONCLUSIONI DELLA RIUNIONE PLENARIA

DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE PER L’AMERICA LATINA

- Intervista con il rev. José Tola -

 

 

         La Chiesa in America Latina affronta enormi sfide, ha detto ieri Benedetto XVI incontrando i partecipanti alla plenaria della Pontificia Commissione per l’America Latina, per questo è necessaria una nuova evangelizzazione che spinga ad approfondire i valori della fede da vivere in ogni ambito sociale. Ma quali elementi sono emersi durante i lavori della plenaria conclusasi nella tarda mattinata di ieri in Vaticano? Giovanni Peduto lo ha chiesto al segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina, il rev. José Tola:

 

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R. – L’elemento principale che è emerso durante questa plenaria è l’importanza dell’istituzione familiare come casa di formazione, come tempio di formazione nel quale si costruisce la personalità, si costruisce la persona con i valori essenziali, che poi accompagnano l’individuo durante tutta la vita.

 

D. – La famiglia è a rischio anche in America Latina. Durante i lavori di questi giorni, quali sono stati i principali problemi messi a fuoco?

 

R. – Sì, è una cosa evidente per tutti che la famiglia è a rischio, oggi, perché ci sono in tutto il mondo, ed anche in America Latina, tante correnti, tanti modi di concepire la vita, che mettono a rischio l’istituzione familiare. Oggi, i genitori, nel loro compito di formare la personalità dei figli, devono affrontare problemi di questo genere. I loro figli sono in contatto con altre istituzioni, con altre persone che molte volte possono mettere a rischio quanto si vuole costruire in seno alla famiglia. Quindi, è molto importante per tutti i pastori della Chiesa aver chiari questi pericoli, identificarli per poi poter istruire, catechizzare e aiutare nella formazione i genitori.

 

D. – Per quanto riguarda più specificatamente l’educazione cristiana, quali sono le principali sfide per la Chiesa in America Latina?

 

R. – Anzitutto quella dell’istituzione familiare: la formazione dei figli comincia con la formazione dei genitori. I genitori non possono dare ai loro figli quello che non hanno. Quindi, durante gli incontri di questi giorni, si è parlato, per esempio, dell’importanza della preparazione al sacramento del matrimonio. Oggi in molte parti, questa preparazione essendo scarsa o molto povera, non prepara veramente le coppie ad affrontare un compito così delicato come la formazione dei figli. E d’altra parte, la famiglia deve essere sempre in contatto con altre istituzioni, dedicate pure alla formazione dei figli, come la parrocchia e la scuola.

 

D. – Volgiamo lo sguardo alla situazione più generale nel continente latinoamericano. È un momento politico cruciale e delicato. Come si pone la Chiesa?

 

R. – La Chiesa, in questo periodo, è particolarmente attenta perché effettivamente l’America Latina vive un momento delicato. I pastori della Chiesa sono molto coscienti del fatto che la famiglia deve essere adesso al centro della loro attenzione, al centro della loro cura pastorale. Siamo di fronte ad una corrente molto forte, molto aggressiva contro la vita, contro i valori della vita familiare che ci insegnano il Vangelo. A maggio, dal 13 al 31, si svolgerà in America Latina, nella città di Aparecida, in Brasile, la quinta Conferenza dell’Episcopato latinoamericano: tutti speriamo che questa sia un’occasione per riflettere e per proporre nuovi obiettivi di fronte alla pastorale che si deve sviluppare.

 

D. – Quindi si tratta, in altri termini, di rievangelizzare il continente, e per quali vie?

 

R. – Si tratta di realizzare una evangelizzazione rinnovata. L’evangelizzazione, che è un processo permanente, ha bisogno di essere sempre rinnovata, e questo rinnovamento oggi implica - secondo quanto è stato detto durante le riunioni della plenaria - mettere la famiglia al centro. La pastorale familiare è collegata con tutte le altre pastorali della Chiesa, e quindi l’attenzione verso la famiglia e l’istituzione familiare deve essere presente a ogni vescovo in ogni pratica pastorale.

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GRANDE FESTA DELL’UNITALSI IN VATICANO. MONS. COMASTRI:

LA GIOIA SI TROVA SOLO ASCIUGANDO LE LACRIME DEI SOFFERENTI

- Ai nostri microfoni mons. Angelo Comastri -

 

 

          Riconfermare la volontà di portare aiuto ai fratelli più sfortunati invocando la protezione speciale di Madre Teresa di Calcutta.  Ieri a Roma presso l’Aula Paolo VI in Vaticano numerosi volontari hanno partecipato alla I Giornata dell’ adesione promossa dall’ UNITALSI, l’Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali. Ospite d’onore alla manifestazione è stato mons. Angelo Comastri che ha tenuto una riflessione sul tema “ Servire oggi: Madre Teresa di Calcutta, un modello per tutti gli uomini”. Il servizio di Marina Tomarro.

 

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Scegliere di dedicare tutta la propria vita al servizio dei più poveri, dei  sofferenti, di quelli che oltre ad essere feriti nel corpo sono feriti soprattutto nell’anima e donare loro la certezza che Dio li ama: Madre Teresa era tutto ciò e per questa ragione è stata scelta proprio lei come modello di testimonianza per la I Giornata dell’ adesione  dell’ UNITALSI.  Ascoltiamo le parole di mons. Angelo Comastri, vicario del Papa per lo Stato della Città del Vaticano:

 

“Madre Teresa aveva capito che nel mondo manca l’amore e ha speso la sua vita per far crescere il livello dell’amore. Madre Teresa aveva capito che portando l’amore nel mondo si porta Dio, perché Dio è amore. Tutto quello che ho detto di Madre Teresa si può dire dell’UNITALSI, per questo Madre Teresa sta bene questa sera qui in mezzo a voi: avete, abbiamo, la stessa vocazione! Avete, abbiamo, la stessa missione!” 

 

E mons. Comastri nel ripercorrere la vita di Madre Teresa ha ricordato come spesso la Beata ripeteva che la vera gioia non è quella che nasce dai beni materiali, ma si ottiene dando amore e asciugando le lacrime dei fratelli sofferenti:

 

“Voi sapete che fuori di questa aula, tanti insegnano altre ricette di felicità. La televisione dà altri messaggi: bugie, menzogne, inganni! La gioia si trova così: i miei occhi sono felici perché le mie mani asciugano tante lacrime. Soltanto uscendo dall’egoismo si incontra Dio e Dio è l’unico che ci può riempire il cuore di gioia”.

 

E tanti erano i volontari dell’UNITALSI presenti alla manifestazione. Barellieri e dame bianche che ogni anno donano il loro servizio nei pellegrinaggi verso  Lourdes, Loreto e Fatima. Ma quale rapporto si instaura tra loro e i malati che si recano in questi luoghi dello Spirito? Ascoltiamo alcune testimonianze:

 

“Sicuramente un rapporto molto spontaneo, nato da qualche sorriso, da qualche battuta. Loro si confidano molto spesso, anzi parlano con noi perché sono soli ed hanno bisogno di parlare, sfogarsi, essere compresi, aiutati”.

 

“Hanno bisogno di aiuto e chiedere è mortificante, è difficile e duro. Quindi la nostra partecipazione nei loro confronti è soprattutto di amarli, farli sentire a loro agio e non fargli pesare il fatto che debbano chiedere, perché quella è la cosa più dura da accettare”.

 

“Diciamo che più che essere malati, per me sono amici. Amici che seguo per tutto il pellegrinaggio, amici con cui condivido alcune cose, amici a cui posso dare delle cose che magari ai malati in ospedale non posso dare. Con loro è diverso perché entri in confidenza con questi malati, ti raccontano tutto quindi partecipi completamente alla loro vita e quindi puoi capire tante cose che magari normalmente nella vita di tutti i giorni non riesci a capire. Io devo dire sinceramente che io do poco ai malati di Lourdes, ma sono loro che danno molto a me”.

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OGGI IN PRIMO PIANO

21 gennaio 2007

 

L’APPELLO DEI CRISTIANI DI TERRA SANTA ALL’EUROPA:

 NON DIMENTICATECI!

- Intervista con don Ilario Antoniazzi -

 

“Come pastori, esortiamo nuovamente i fedeli nelle nostre Nazioni a ricordare la Chiesa in Terra Santa nella preghiera, a venire qui in pellegrinaggio, a sostenere generosamente le istituzioni locali della Chiesa e a promuovere iniziative per portare pace e giustizia a tutti i popoli di Terra Santa”. E’ quanto hanno scritto in un documento i vescovi europei ed americani del Coordinamento delle Conferenze Episcopali a sostegno della Chiesa in Terra Santa, al termine del loro annuale viaggio nei luoghi cari alla cristianità. Ma come vivono oggi i cristiani in Terra Santa? Philippa Hitchen lo ha chiesto a don Ilario Antoniazzi, parroco nella cittadina di Rameh – nei pressi di Nazareth - che conta 17 mila abitanti, di cui circa 5 mila cristiani, metà cattolici e metà greco-ortodossi:

 

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R. – Qui c’è un miscuglio di religioni e di culture, ma in gran parte sono musulmani. La nostra presenza qui è far sì di poter vivere insieme, di volersi bene. Su questo punto la scuola parrocchiale ha un lavoro molto importante con i suoi 1200 alunni - dall’asilo fino alle secondarie - dove cristiani e musulmani non convivono semplicemente ma vivono insieme, ed ognuno conosce l’altro. Ciò che predichiamo ai nostri alunni cristiani lo sentono i musulmani e ciò che domandiamo ai musulmani è la stessa cosa che domandiamo ai cristiani. Questo fa sì che si creino delle relazioni tra cristiani e musulmani che con il passare del tempo diventano sempre più forti e sempre più solide.

 

D. – La vita qui è molto difficile per la comunità cristiana che sta sempre più diminuendo…

 

R. – Questo è vero, e dobbiamo dire comunque che le relazioni con i musulmani non sono sempre facili. Poi la difficoltà dei nostri cristiani è quella di trovare lavoro qui. Siamo una minoranza. Quasi tutti non fanno il servizio militare in Israele e non facendo il servizio militare si autoescludono automaticamente da molti posti di lavoro e devono fare la fila, perché quanti fanno il servizio militare hanno la precedenza. Ci sono problemi poi anche per ciò che riguarda gli studi dei nostri alunni. Continuare l’università non è sempre facile, perché ci sono numeri limitati, facilmente vengono esclusi, perché viene data precedenza ai musulmani e a coloro che hanno fatto il servizio militare. Si crea allora un malcontento  e per molti il futuro è emigrare.

 

D. – Tanti giovani infatti continuano ad andare all’estero. Cosa ci vuole per farli rimanere qui, per dargli una speranza nel futuro?

 

R. – Prima di tutto c’è un lavoro intellettuale che dobbiamo fare, basandoci sulla nostra identità di cristiani: far capire ai nostri cristiani che vivere in questa terra, dove ci sono i luoghi santi non è un caso, ma è una vocazione. Occorre far capire che i luoghi santi senza la presenza dei giovani diventano un museo, un museo freddo, che dirà forse qualcosa ad un turista, non dico ad un pellegrino, però è sempre qualcosa di freddo. Ciò che dà vita a questi luoghi santi è la presenza della comunità cristiana che è qui.

 

D. – Loro comunque si sentono abbastanza dimenticati dal resto del mondo…

 

R. – Questa è una realtà. Prima di tutto dimenticati, perché sentono parlare molto poco sia la radio che le televisioni dei nostri veri problemi locali. Poi, perchè pensano, anche in modo errato, che i Paesi europei siano tutti cristiani e che qualsiasi cristiano davanti alla sofferenza di un altro cristiano debba essergli vicino. Non sanno che l’Europa a volte è lontana dalla religione e che non abbiamo noi gli stessi sentimenti che vediamo nei musulmani. Se succede qualcosa ad un musulmano delle Filippine qui scatta subito  la protesta dei musulmani. Se invece qui succede qualcosa ad un cristiano, il mondo intero tace. Ci sentiamo su questo punto dimenticati dai nostri fratelli che vivono in Europa.

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PRESENTATO IERI A ROMA IL MANIFESTO DEL FORUM DELLE ASSOCIAZIONI FAMILIARI PER SOSTENERE LA FAMIGLIA FONDATA SUL MATRIMONIO,

VERA PRIORITA’ SOCIALE

- Interviste con Paola Soavi e Giovanni Giacobbe -

 

Si’ alla famiglia, la vera priorità sociale”. E’ questo il titolo del Manifesto con cui il Forum delle Associazioni Familiari si inserisce nel dibattito, in Italia, sul riconoscimento legale delle unioni di fatto. Il testo, che espone e motiva la contrarietà a ogni ipotesi legislativa di equiparazione delle unioni di fatto con la famiglia fondata sul matrimonio, è stato presentato ieri a Roma. Su questa base il Forum intende sostenere una mobilitazione nazionale che coinvolga tutte le istituzioni . Il servizio di Gabriella Ceraso.

 

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Sì alla famiglia come soggetto sociale e non privato, sì a vere politiche familiari, finora carenti in Italia, che rispettino questa differenza e che tutelino i diritti di chi assume impegni pubblici. Dunque nessuna forma di assistenzialismo per la famiglia, ma impegni concreti, promozionali, distintivi e non discriminanti, no alle equiparazioni, no ai matrimoni omosessuali. Questo nel documento approvato dalle associazioni del Forum. Paola Soavi vice-presidente:

 

“Il matrimonio è quell’atto che rende pubblico e quindi rende sociale il soggetto familiare, legame che vuole assumersi delle responsabilità pubbliche. Il matrimonio è una cosa, la coppia di fatto è un’altra: uno è un istituto pubblico e l’altro è un istituto privato e come privato non assume dei doveri e quindi non può invocare dei diritti”.

 

Il Forum promuove dunque la rilevanza della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio e non per adesione al magistero ecclesiale – precisano – ma per adesione ai principi costituzionali, articolo 29 della Carta. Come rispondere poi alle numerose proposte di legge che non tendono al riconoscimento delle unioni non fondate sul matrimonio, ma alla tutela dei diritti individuali che si realizzano in esse? L’ultima parte del documento è dedicata ad una casistica soggettiva di tutela – dicono – già oggetto di realizzazione sulla base della normativa vigente. Su questi principi individuali il Forum parla di un equivoco di fondo. Giovanni Giacobbe, presidente del Forum:

 

“Stabilire un sistema, che per altro già esiste, di non discriminazione di queste coppie di fatto, mi pare che sia sacrosanto ma mi pare che sia già realizzato. Ma quali diritti? E’ qui il punto: se si vogliono realizzare dei diritti reciproci c’è la possibilità, e la legge potrebbe intervenire, di utilizzare gli strumenti di diritto privato. Cioè a dire: si potrebbe inserire nel Codice Civile una sezione dedicata ai contratti di solidarietà tra conviventi. Occorre dire che c’è una ragione ideologica: si vuole affermare l’esistenza di una famiglia parallela a quella fondata sul matrimonio. Il sottofondo ideologico è questo perché altrimenti il ricorso agli strumenti di diritto privato sarebbe quello più naturale”.

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IL DRAMMA DEI PROFUGHI NELLO SRI LANKA,

STRETTI NELLA MORSA DEI COMBATTIMENTI TRA ESERCITO E GUERRIGLIA TAMIL

-                      Intervista con Davide Vignati

 

Prosegue nello Sri Lanka il dramma di migliaia di profughi, stretti nella morsa dei combattimenti tra esercito e guerriglia delle Tigri Tamil.  Le truppe governative dopo settimane di duri scontri hanno conquistato venerdì scorso la roccaforte di  Vakarai, sulla costa  orientale del Paese. Almeno 400 i morti.  I combattimenti  hanno provocato la fuga di migliaia di civili e l’evacuazione di un ospedale gestito dalla Croce Rossa Italiana. Sulla situazione ascoltiamo, Davide Vignati, delegato a Colombo della Croce Rossa  Internazionale, al  microfono di Jeremy Brossard:

 

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R. – La situazione è ancora abbastanza confusa. Siamo stati informati che qualche migliaio di civili, fino a giovedì sera ancora bloccati attorno all’ospedale di Vakarai, proprio al centro della zona dei combattimenti, hanno cominciato a fuggire e a muoversi in direzione sud, verso Battikaloa. Questa popolazione viene intercettata al Mankerni checkpoint, che segna, fino a questa settimana, il confine tra la zona controllata dal governo e quella controllata dalle Tigri. Lì abbiamo potuto effettivamente constatare che si trattava di qualche migliaio di persone. Per il momento abbiamo iniziato ad assistere queste popolazioni con un migliaio di tende e con dell’acqua potabile. Queste persone vanno ad aggiungersi alle oltre 60 mila che sono state già accomodate sulla costa est. Sono 60 i siti, costruiti nelle ultime settimane, dalle organizzazioni umanitarie per accomodare gli sfollati che negli ultimi mesi sono sfuggiti ai combattimenti. Speriamo, nei prossimi giorni, di essere capaci di recarci direttamente a Vakarai per avere un quadro più chiaro della situazione. Stiamo negoziando con le due parti in conflitto la possibilità di accedere a Vakarai.

 

D. – Voi ce la fate a rispondere a tutti i bisogni degli sfollati?

 

R. – Sì, perché siamo sul posto e perché questa fiumana di sfollati è stata progressiva. Inizialmente erano più di 35 mila le persone bloccate dai combattimenti attorno a Vakarai. Hanno cominciato a defluire circa un migliaio a settimana, verso sud, già alla fine di dicembre. Rimaneva un ultimo gruppo di 10-15 mila, probabilmente partito verso sud. Noi eravamo pronti ed anche le altre organizzazioni umanitarie e le autorità stesse, che si sono subito messe a disposizione per fornire cibo a questa popolazione. Questa gente è stata collocata in uno dei tanti siti adibiti a campi sfollati, costruiti nelle ultime settimane.

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FAR RISCOPRIRE LA LETTERATURA ATTRAVERSO LA RIFLESSIONE

SU TEMATICHE SOCIALI ED ATTUALI: È QUANTO SI PROPONE

IL SITO WEB WWW.LATTENZIONE.COM

SULLA SCIA DEL PROGETTO CULTURALE DELLA CHIESA CATTOLICA

 

Una rivista on-line che vuole recuperare i valori umani attraverso la letteratura. Si chiama “L’attenzione” e propone ai lettori diversi argomenti di attualità sui quali vengono sviluppate profonde riflessioni. Lo scopo è quello di rivalorizzare la letteratura, come spiega al microfono di Tiziana Campisi uno dei redattori, l’ingegnere Massimo Orgiazzi:

 

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R. – La rivista parte da un concetto di rivista culturale, rivista letteraria, che travalica i confini e i limiti di quella che potrebbe essere, al giorno d’oggi, considerata una classica rivista letteraria che si occupa esclusivamente e solo di argomenti culturali in senso letterario stretto. Per prima cosa, abbiamo fatto partire un sito internet nel quale ci proponiamo di liberare la letteratura dalla sua autoreferenzialità, perché spesso si nota, con dispiacere, che la letteratura - sulle riviste, sui siti - viene chiusa in un recinto, probabilmente come tante altre discipline o tanti altri hobbies in giro per la rete o anche sul cartaceo.

 

D. – Quali sono le tematiche che proponete ai vostri lettori?

 

R. – Proponiamo di parlare di tutto: di società, di cultura, di politica, di argomenti che facciano in modo che la letteratura possa travalicare i suoi stessi confini e tornare ad essere una delle prime variabili che l’uomo ha in mano per poter valorizzare la propria umanità e il proprio spirito. Perché solo attraverso l’umanità, solo attraverso la spiritualità è possibile, secondo noi, affrontare gli argomenti che sono tra i più importanti e tra i più gravi del mondo contemporaneo. Quindi, sul nostro sito, fra gli argomenti, oltre quelli letterari e più strettamente poetici – come la narrativa e la scrittura – ci sono temi sociali, temi legati anche ad una serie di cose che consideriamo importanti. Un esempio pratico: l’ultimo numero, uscito ai primi di gennaio, affronta – ed è monotematico – il tema dell’aldilà, cioè l’impatto che secondo noi ha ancora questo aspetto sulla vita contemporanea di tutti e che invece, spesso, si nota, viene messo in secondo piano, è dimenticato, rimosso – addirittura – ad un livello di consapevolezza!

 

D. – Uno degli obiettivi che vi proponete è quello di recuperare dei valori. Quali, in particolare?

 

R. – Si tratta di recuperare i valori dello spirito, i valori di una religione, i valori di una tradizione occidentale, europea, cristiana, cattolica che spesso – a livello culturale – vengono dimenticati! E noi ci facciamo portatori di quello che è essenzialmente un po’ lo spirito del progetto culturale della Chiesa cattolica, perché tentiamo, proprio attraverso l’attività culturale, l’attività letteraria, di risvegliare aspetti che ci paiono un nell’oblio. Aspetti che è come se pian piano venissero cancellati, in qualche modo, da quella che Benedetto XVI chiama “dittatura del relativismo”. La si potrebbe definire sparizione delle “Lettere”, delle questioni umanistiche, di temi che appunto noi vorremmo invece potessero essere recuperati. Quello che vorremmo suggerire, dunque, ai lettori del nostro sito e di avere una maggiore attenzione ai valori, ai segni e a ciò che si scrive e si produce al giorno d’oggi!

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CHIESA E SOCIETA’

21 gennaio 2007

                  

LE PERSONE PIÙ POVERE, QUELLE CHE MUOIONO DI FAME E INGIUSTIZIE, AL CENTRO DEI DIBATTITI, DELLE TAVOLE ROTONDE E DEI CONVEGNI DEL FORUM SOCIALE

 MONDIALE APERTOSI IERI A NAIROBI, IN KENIA, CON UNA MARCIA PER LA PACE

- A cura di Marina Piccone -

 

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NAIROBI. – Hanno preso il via oggi i lavori del Forum sociale mondiale aperto ieri da una marcia per la pace. “Le lotte dei popoli e le alternative dei popoli” è il titolo del meeting che prevede 9 temi generali sviluppati in oltre mille incontri. Acqua, pace e guerra, battaglia delle donne, diritti umani, sovranità alimentare, educazione, libero commercio, debito pubblico e multinazionali: questi gli argomenti di cui si discute allo stadio Kasarani, il luogo delle manifestazione. Alle 8 di questa mattina c’è stata una protesta contro la decisione di far pagare l’ingresso: 500 scellini keniani, l’equivalente di circa 5 euro e 50, sono decisamente troppi per gli abitanti di Nairobi, che per oltre la metà vivono nelle baracche. L’iniziativa ha persuaso gli organizzatori ad eliminare il costo d’entrata. Manifestazioni diverse si sono svolte inoltre intorno allo stadio. Tra gli incontri odierni quello delle associazioni congolesi e quello sul debito estero. Orientarsi non è facile nell’enorme spazio in cui si svolge il Forum, anche a causa di un’organizzazione lacunosa: non ci sono abbastanza programmi e non ci sono cartelli che indichino dove dirigersi, non esiste praticamente un ufficio stampa ed avere informazioni è piuttosto complicato. Gli organizzatori parlano di una presenza che va dalle 80 alle 100 mila persone, di cui la maggior parte è rappresentata dagli africani. L’obiettivo di mettere insieme le diverse realtà di un Continente diviso e sfaccettato sembra quasi raggiunto. E questa mattina, in contemporanea, si è svolto il Festival dei ragazzi di strada a Korogocho, una delle più grandi baraccopoli della città.

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OCCORRE RINNOVARE LA SPERANZA E CONTINUARE ED IMPEGNARSI IN FAVORE DELLA PACE: COSÌ IERI IN SPAGNA IL VESCOVO DI SAN SEBASTIAN, MONS. JUAN MARÍA

URIARTE GOIRICELAYA, IN OCCASIONE DELLA FESTIVITÀ LITURGICA DI SAN SEBASTIANO

- A cura di padre Ignacio Arregui -

 

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SAN SEBASTIAN.  Un’ampia eco ha avuto nei mezzi di comunicazione l’omelia pronunciata ieri, dal vescovo di San Sebastian, mons. Juan María Uriarte Goiricelaya, in occasione della festività liturgica di San Sebastiano. Dopo aver commentato il significato della vita del santo patrono della città, mons. Uriarte ha affermato che quest’anno l’ambiente festivo è stato offuscato dall’attentato di Madrid

che ha causato la morte di due giovani immigrati ecuadoregni e ha messo in crisi la speranza di una società che desidera fortemente una pace giusta e definitiva. “Sono convinto, ha detto, che questo fatto contrario ad ogni etica degna di questo nome…ha prodotto nella comunità umana qualcosa di ben più grave della stessa sofferenza, o lo sdegno; e cioè, le ha fatto perdere il morale. E questa crisi è molto importante perchè molti valori affondano quando viene a mancare il morale”. In questa situazione, non sono sufficienti le analisi, le condanne; occorre una nuova iniezione di speranza. E’ questo un dovere che riguarda in particolare i credenti cristiani. Quindi il presule ha affermato: “La pace è possibile. Anzi, se è stata possibile in tanti altri popoli, talvolta in situazioni più tragiche e con meno risorse umane, perché dovrebbe essere impossibile proprio per noi? Una fede alimentata dalla speranza in Gesù risorto, che continua ad ofrirci la pace, è il vero fondamento della speranza dei credenti”. Ed ha aggiunto: “Di fronte alla incomunicabilità intollerante deve prevalere sempre la riconciliazione. E la parola è piu forte e resistente della violenza disumana”. Infine, il vescovo di San Sebastian, evitando ogni accenno esplicito all’attuale dibattito politico sul modo di affrontare un nuovo processo di pace, ha fatto un appello a tutti affinché siano prese e assecondate iniziative di pace, e la costruzione di ponti che uniscano anziché di fronti che portano alla separazione e allo scontro. “Debbono tacere tutte le armi e tutti gli strumenti di distruzione. E al momento opportuno, con le necessarie garanzie, dovrà esserci un posto per la parola chiara, responsabile, umile e sincera che apra la strada verso la pace”.

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ROMA: NELLA BASILICA DI SANTA MARIA DEGLI ANGELI GLI INCONTRI DEL PRIMO

GRUPPO DI PREGHIERA DEI FIGLI SPIRITUALI DI GIOVANNI PAOLO II.

IL PROSSIMO APPUNTAMENTO IL 29 GENNAIO

 

ROMA. = Da circa un anno si riunisce a Roma, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, il primo Gruppo di Preghiera dei Figli spirituali di Giovanni Paolo II, nato il 25 marzo 2006. I suoi aderenti, che cercano ogni giorno di tener presente l’invito di Giovanni Paolo II “Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo”, aggiungendo quello di Benedetto XVI “Cristo nulla toglie, ma tutto dona”, si incontrano due volte al mese, dalle 16,00 alle 17,45, per pregare, adorando Gesù Eucaristia, e per approfondire alcune tematiche della fede cattolica. Le date degli incontri sono pubblicate nel sito del gruppo di preghiera www.prayingwithkarol.org. Il prossimo appuntamento è il 29 gennaio alle 16,30. Nel salone della Basilica di Santa Maria degli Angeli, mons. Giangiulio Radivo presenterà il tema “Giovanni Paolo II dono per il mondo”. Responsabile del gruppo di preghiera è suor Maria Rosa Lo Proto, religiosa domenicana missionaria di San Sisto, coordinatrice del “Movimento Gruppi di preghiera dei Figli spirituali di Giovanni Paolo II”. (T.C.)

 

 

CUBA SI PREPARA ALLA IX GIORNATA NAZIONALE DI BIOETICA NELL’AMBITO DEL II

CONGRESSO NAZIONALE DI BIOETICA, ORGANIZZATO ALL’AVANA DAL 26 AL 28 GENNAIO  - A cura di Luis Badilla -

 

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L’AVANA. = Sono attesi almeno 350 delegati nazionali all’’Avana, per il II Congresso nazionale di bioetica che si svolgerà dal 26 al 28 gennaio al “Museo di arte religiosa” (l’ex convento di San Francesco d’Assisi) e per la celebrazione della IX Giornata nazionale di bioetica. Tra i relatori, è prevista la partecipazione di diversi studiosi, esperti e scienziati provenienti da Paesi latinoamericani ed europei. I lavori saranno aperti con la relazione del professor José R. Amor Pan, di Santiago de Compostela di Spagna, e poi con quelle di Francisco León e Alejandrina Arratia, docenti alla Pontificia Università Cattolica del Cile. Ad organizzare l’evento il Centro di Bioetica Giovanni Paolo II dell’Avana fondato nel 1997 dal suo attuale direttore, il dott. René Zamora Marín, membro della Pontificia Accademia per la Vita. Assistente del Centro per conto dell’episcopato locale è mons. Alfredo Petit Vergel. La struttura è nata nel contesto della preparazione alla visita di Giovanni Paolo II a Cuba, nel gennaio 1998; è un’istituzione della Chiesa cattolica cubana, dipende dalla Conferenza episcopale e opera con la massima apertura a tutti gli ambiti della società con lo “scopo di servire come punto di riferimento alla diffusione di una bioetica personalista fra professionisti e tecnici, nonché nell’ambito di altre specialità del sapere”. Nel 2000 il Centro ha cominciato la pubblicazione della rivista “Annali del Centro Giovanni Paolo II”, poi chiamata semplicemente “Bioetica”, offrendo anche una versione digitale quadrimestrale. Si tratta dell’unica pubblicazione di questo tipo a Cuba. Una seconda pubblicazione, bimestrale, chiamata “Quaderni”, fornisce invece aggiornate panoramiche sulla bioetica a livello internazionale. Il lavoro e le riflessioni del Centro di bioetica, come sede di confronto, si aprono ad ogni persona interessata alla materia, indipendentemente dal suo credo religioso e dalle sue convinzioni filosofiche.

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NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO, I 50 ANNI DI PUBBLICAZIONI DELL’AGENZIA CATTOLICA DI INFORMAZIONI AFRICANE “DIA”

 

KINSHASA. = A Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, l’agenzia cattolica di informazioni africane “DIA” festeggia in questi giorni i suoi 50 anni di pubblicazioni. Il primo numero, che contava appena tre pagine, è stato lanciato il 18 gennaio 1957, nell’allora Léopoldville, capitale del Congo belga, per volontà degli ordinari locali che ne affidarono la direzione ai Missionari di Scheut. L’obiettivo era triplice: informare l’opinione pubblica belga e congolese sulla vita della Chiesa cattolica in Congo; far conoscere la dottrina della Chiesa nel campo religioso, sociale, educativo e politico; spiegare il punto di vista cattolico sui temi dell’attualità locale. Ai suoi esordi, l’agenzia proponeva i propri servizi ad un quotidiano di informazione per la stampa africana; alla stampa belga e straniera; all’agenzia cattolica Fides; e infine proponeva una raccolta settimanale di notizie destinate ai mensili e agli abbonati. Oggi la “DIA”, che pubblica le sue informazioni anche in formato elettronico, oltre all’attualità politico-religiosa della Repubblica Democratica del Congo, tratta dell’attualità vaticana e internazionale, riproponendo dispacci di altre agenzie cattoliche, tra cui l’Apic svizzera e la Fides. Tra i suoi utenti, anche la Radio Vaticana, che riceve sia i dispacci quotidiani, sia l’edizione settimanale. (L.Z.)

 

 

 

 

AL VIA DOMANI, SU SAT2000, “TGECCLESIA”, APPUNTAMENTO QUOTIDIANO CON L’INFORMAZIONE RELIGIOSA, PER FORNIRE CON TEMPESTIVITÀ NOTIZIE ESSENZIALI SULLA CHIESA CATTOLICA NEL MONDO

 

ROMA. = Il magistero del Papa, le notizie sull’attività della Curia Romana e delle rappresentanze diplomatiche presso la Santa Sede, ma anche uno sguardo costante sulle Chiese locali e sulle missioni: tutto questo, e non solo, troverà spazio nel nuovo appuntamento quotidiano “TgEcclesia”, in onda su Sat2000 (canale 818 di Sky) da domani. Come riferisce l’agenzia SIR, il nuovo servizio informativo andrà in onda dal lunedì al sabato alle ore 14.00 e dal lunedì al venerdì anche alle 17.00 circa, all’interno del programma “Mosaico”. “Con una grafica moderna e accattivante, con due finestre per offrire contemporaneamente molte informazioni e diverse immagini – informa Sat2000 – TgEcclesia si propone come un autentico telegiornale che in pochi minuti fornisce con tempestività ai telespettatori le notizie essenziali su tutto ciò che riguarda la Chiesa cattolica”. In una striscia sulla parte bassa del teleschermo scorreranno anche le altre news della giornata, aggiornate rispetto al “Tg2000 Flash” delle ore 12. (R.M.)

 

 

TRADOTTO IN ARABO IL LIBRO DI MONS. LUIGI GIUSSANI “IL SENSO RELIGIOSO”, PUBBLICATO IN ITALIA UN ANNO FA.  LA NUOVA VERSIONE DEL TESTO DEL FONDATORE DI COMUNIONE E LIBERAZIONE VERRÀ PRESENTATA IL PRIMO FEBBRAIO A ROMA

 

ROMA. = Un’occasione di incontro tra la cultura araba e la tradizione cristiana: così viene definita in una nota del Centro internazionale di Comunione e Liberazione (CL) la traduzione in lingua araba del volume di mons. Luigi Giussani, fondatore di CL, “Il senso religioso”, nelle librerie in Italia un anno fa. Come riferisce l’agenzia SIR, il libro sarà presentato a Roma il primo febbraio, con l’intervento di mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede, don Stefano Alberto, docente di Introduzione alla teologia dell’Università Cattolica di Milano, e Wa’il Farouq, docente di Scienze islamiche alla Facoltà Copto-Cattolica del Cairo. “L’idea della traduzione – spiega don Ambrogio Pisoni della Fraternità di Comunione e Liberazione – è venuta alcuni anni fa a seguito dell’amicizia sorta tra uno studente fiorentino, Paolo Caserta, trasferito al Cairo per studiare lingua e cultura araba, e il docente Wa’il Farouq, musulmano. La realtà di CL e la visione di Giussani – continua – poco a poco sono diventate familiari per Wa’il e i suoi amici insegnanti e giornalisti musulmani hanno cominciato a conoscerla meglio”. “Siamo certi che la conoscenza delle rispettive storie e culture – aggiunge Riccardo Piol, del Centro internazionale di CL – sempre accompagnata da una stima reciproca e senza riserve, favorirà l’avvio di una fase nuova e affascinante”. (L.Z.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

21 gennaio 2007

 

- A cura di Isabella Piro -

        

Ha confessato, nelle prime ore del mattino, il giovane arrestato ieri sera per l'assassinio del giornalista turco-armeno, Hrant Dink. Il ragazzo, Ogun Samast, 17 anni, è stato identificato grazie alle telecamere di sicurezza di una banca. Al momento dell’arresto, avvenuto a Samsun, aveva ancora con sé una pistola, probabile arma del delitto. Il giornalista Hrant Dink, lo ricordiamo, si batteva da anni per il riconoscimento del genocidio armeno. Proprio per questo era stato condannato, in base alla legge 301 del Codice penale turco, per insulto all’identità nazionale. Al microfono di Francesca Sabatinelli, ascoltiamo il commento di Robert Attariàn, portavoce del Consiglio della comunità armena di Roma.

 

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R. -    Dink era il simbolo del dialogo per gli armeni, ma anche per la Turchia. Era un uomo mite, un uomo che voleva la pace, il dialogo tra le due popolazioni. Uccidendolo hanno ucciso veramente un simbolo che poteva essere, invece, il portatore di questo ideale del dialogo, della fraternità  tra i due popoli. Uccidere oggi un giornalista che aveva l’unica colpa di aver detto ‘Sì, il genocidio c’è stato’ non ha niente a che vedere con quella nuova ondata che c’è in Turchia di gente moderata che vuole capire il passato, vuole accettarlo e vuole anche stabilire un dialogo sul quale fondare il futuro nel Paese sia degli armeni che dei turchi.

 

D. – Come aveva reagito Dink alla condanna inflittagli dal Tribunale turco nel 2004?

 

R. – È stata la cosa che ha più ferito Dink. Ha detto:Se un Paese non mi vuole forse è il caso che me ne vada’. Però io ho avuto la fortuna di conoscerlo e la cosa che mi ha colpito di più è che lui amava questo Paese, amava la Turchia e quindi diceva:Non condannate il mio Paese’. Un armeno che dice questo della Turchia spiega tutto, spiega la sua lotta non per la libertà degli armeni, ma per la libertà in generale in Turchia.

 

D. – Il governo, però, si è espresso duramente nei confronti degli assassini di Dink...

 

R. – Si, solo che è stato proprio questo governo ad introdurre la legge 301 nel Codice penale turco. Tra l’altro è stata proprio l’Unione Europea a chiedere al governo turco di abolirlo. Ad oggi non è stato fatto, speriamo che la morte di Dink non sia sangue versato invano.

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E domani, il presidente del Consiglio italiano Romano Prodi sarà in Turchia. Volerà prima ad Ankara e poi, martedì, ad Istanbul. Previsti numerosi colloqui con le autorità locali, tra cui il premier Erdogan, il capo di Stato Sezer e il presidente del Parlamento Arinc. Al centro degli incontri, il processo di integrazione turca nell’Unione Europea e i rapporti bilaterali tra Italia e Turchia, con particolare attenzione per il settore energetico.

 

È rientrato l’allarme tsunami in Indonesia, dopo che un forte terremoto ha investito l’isola di Sulawesi. Secondo il Centro geologico statunitense, il sisma ha avuto una magnitudo di 7,3 gradi Richter, con epicentro a circa 130 km da Ternate, nel nord est del Paese. Il 26 dicembre 2004 l’Indonesia fu colpita da un violentissimo maremoto, che provocò più di 200mila vittime.

 

Scossa sismica anche in Turchia, dove stamani un terremoto di magnitudo 5 della scala Richter ha distrutto molte abitazioni di almeno due paesi. Per il momento, non si riscontrano vittime. Lo riferisce l’agenzia Anatolia. L’epicentro del sisma è stato individuato sotto la città di Tutak, nella provincia di Agri, al confine con l’Armenia. La Turchia è un Paese ad alta attività sismica: solo nel 1999, due terremoti devastanti hanno ucciso circa 18mila persone.

 

Spiragli di riconciliazione all’interno del governo iracheno: la corrente radicale sciita vicina a Moqtada Al Sadr ha annunciato infatti la fine al boicottaggio dell’esecutivo, deciso a fine novembre. L’accordo è stato raggiunto dopo aver fissato in Parlamento un calendario per il ritiro delle truppe americane dal Paese. Intanto, sul terreno, è ancora violenza. Il nostro servizio:

 

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“Parteciperemo nuovamente al processo politico”: così un deputato sadrista ha annunciato la fine del boicottaggio sciita al governo iracheno. La svolta è arrivata dopo che alcune richieste della corrente radicale sono state accolte: tra queste, la discussione, in Parlamento, di un calendario per il ritiro delle truppe USA dall’Iraq e l’impegno del governo a non rinnovare il mandato alle forze internazionali senza un dibattito in Assemblea. Intanto, è arrivata nel Paese del Golfo la prima delle cinque brigate americane inviate di rinforzo a Baghdad, secondo il nuovo piano della Casa Bianca. Ma nella capitale è ancora violenza: almeno 6 persone sono morte e una decina sono rimaste ferite nell’esplosione di una bomba su un minibus. L’attentato è avvenuto nel quartiere sciita di Karradah. Un secondo ordigno ha invece ucciso un soldato britannico a Bassora, nell’Iraq meridionale, mentre a Mosul un kamikaze alla guida di un’autobomba si è lanciato contro una pattuglia dell’esercito iracheno, uccidendo una passante. Le vittime di oggi si vanno ad aggiungere ai 17 soldati americani morti ieri: 5 di loro sono caduti a Kerbala, durante un’irruzione nella sede del governo provinciale, attaccata dai miliziani che avrebbero poi rapito un sesto militare. Altri 12, invece, sono precipitati in elicottero, non si sa ancora se a causa di un incidente o se colpiti da un razzo. E mentre continuano le trattative per il rilascio dei 5 iraniani sospettati di coinvolgimento nella guerriglia e arrestati ad Erbil l’11 gennaio scorso dalle truppe americane, stamani a Mossul la polizia locale ha fermato altri tre uomini della Repubblica islamica che viaggiavano senza passaporto.

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Si terrà questa sera, a Damasco, il colloquio tra il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen, e il leader di Hamas in esilio, Khaled Meshaal: lo ha annunciato un portavoce palestinese. L’incontro era stato programmato per la tarda serata di ieri, ma era stato rinviato a causa delle divergenze sulla composizione di un governo di unità nazionale palestinese.

 

Urne aperte oggi in Serbia per il rinnovo del Parlamento. Oltre 6 milioni di elettori sono chiamati a scegliere tra i candidati di più di 20 partiti o cartelli elettorali. La soglia di sbarramento è stata fissata al 5%. Tra gli schieramenti favoriti, secondo i sondaggi, il Partito radicale ultranazionalista, guidato da Nikolic, e lo schieramento democratico filo-occidentale del presidente Tadić, promotore, nell’ottobre scorso, di un referendum sulla nuova Costituzione serba. La chiusura dei seggi è attesa per questa sera alle 20. Due i temi dominanti della lunga campagna elettorale nell’ex-Stato jugoslavo, e cioè lo status del Kossovo e l’auspicato ingresso nell’Unione Europea. Per un’analisi di queste elezioni e del loro peso a livello internazionale, Stefano Leszczynski ha intervistato Federico Eichberg, esperto dell’area balcanica:

 

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R. – La Serbia si porta dietro un’eredità che, va detto, sta cercando di cancellare. Valga per tutti l’atteggiamento estremamente collaborativo della leadership serba in occasione del referendum montenegrino della scorsa primavera. E’ vero altresì che le tematiche del dibattito serbo testimoniano invece ancora l’attenzione verso una mal percepita criminalizzazione. I serbi hanno percepito che la comunità internazionale ha identificato nella Serbia il colpevole dei drammi degli anni ’90. Sappiamo che storicamente questo non è vero; sarebbe opportuno ricordarlo ed esplicitarlo.

 

D. – Il dibattito sembra essere molto più aspro nella società adulta della Serbia, mentre la parte giovane della Serbia sarebbe più propensa ad un colpo di spugna sul passato con l’esclusivo obiettivo dell’Europa…

 

R. – Va detto altresì che la politica dei partiti filoeuropeisti è comunque una politica attenta anche all’identità propria della Serbia. Basti ricordare che Tadić stesso, leader del partito democratico, è stato tra i promotori del referendum costituzionale che lo corso ottobre ha sancito una nuova Costituzione serba. In essa si ricorda, ad esempio, che il Kosovo è parte inalienabile, si fa un richiamo ai valori spirituali della Serbia, si fa un richiamo anche a tutto il patrimonio religioso, alla grande tradizione che il Paese ha.

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Emergenza ambientale nel Canale della Manica, dove il petrolio ha cominciato ad uscire dai serbatoi dalla portacontainerMsc Napoli’, arenatasi due giorni fa a Devon perché danneggiata dall’uragano Kyrill. Il cargo trasportava oltre 2mila container, 160 dei quali pieni di sostanze chimiche tossiche. Secondo fonti locali, il petrolio ha già raggiunto le acque davanti alla spiaggia di Sidmouth, colpendo alcuni uccelli marini.

 

 Il cancelliere tedesco Angela Merkel, presidente di turno dell’Unione Europea, incontra oggi il capo del Cremino, Vladimir Putin. Tra i temi del colloquio, che si terrà a Soci, sul Mar Nero, quello dell’approvvigionamento energetico, in primo piano dopo lo stop alle forniture deciso da Mosca ad inizio gennaio, per contrasti con la Bielorussia.

 

In Iran, la televisione di Stato ha annunciato, a partire da oggi, tre giorni di manovre militari, compresi test missilistici di corta gittata. Si tratta delle prime esercitazioni militari nel Paese da quando, il 23 dicembre scorso, il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha imposto a Teheran sanzioni sul suo programma nucleare. Intanto, il presidente della Repubblica islamica, Ahmadinejad, ha affermato che eventuali nuove risoluzioni delle Nazioni Unite non fermeranno il programma di arricchimento dell’uranio.

 

 Hillary Clinton ha deciso di correre per la Casa Bianca. L’ex first lady, attualmente senatrice democratica di New York, ha formalizzato ufficialmente ieri la sua candidatura alle presidenziali del 2008 tramite un video-annuncio diffuso dal suo sito Internet. Se dovesse vincere, la Signora Clinton sarebbe la prima donna presidente degli Stati Uniti.

 

In Nigeria, sei filippini e lavoratore locale, tutti dipendenti del settore petrolifero, sono stati rapiti ieri nella regione del Delta del Niger. Lo riferiscono fonti della sicurezza locale. Il rapimento è avvenuto lungo il fiume Escravos, mentre i 7 si trovavano a bordo di una nave. Nessuna notizia, invece, dei 2 italiani e del libanese sequestrati il 7 dicembre scorso dal Movimento di emancipazione del Delta del Niger.

 

Entro due settimane, l’Uganda invierà le proprie truppe in Somalia, nell’ambito della missione di pace approvata ieri dall’Unione Africana. L’annuncio arriva dalle forze militari ugandesi. Intanto, il capo di Stato etiopico, Meles Zenawi, ha annunciato “per i prossimi giorni” il ritiro delle truppe etiopiche dalla Somalia, dove erano giunte per sostenere il governo di transizione contro le Corti islamiche.

 

 

 

 

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