RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 18  - Testo della trasmissione di giovedì 18 gennaio 2007

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

In udienza da Benedetto XVI il primo ministro di Malta

 

Primo giorno della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: oggi guardiamo ai rapporti fra cattolici e luterani. Con noi mons. Eleuterio Fortino e il rev.do Matthias Turk

 

Interpellato dai giornalisti, il direttore della Sala Stampa Vaticana conferma: l’incontro sulla Cina in Vaticano venerdì e sabato si farà

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Le attese e la voglia di riscatto di un continente al centro del World Social Forum, organizzato per la prima volta in Africa, a Nairobi, in Kenya: con noi Flavio Lotti

 

I bisogni dell’Africa e la risposta solidale dell’Europa: uno degli aspetti trattati al primo Congresso panafricano in corso in Tanzania. Intervista con mons. Aldo Giordano

 

Continua in Italia il dibattito politico sull’assenso del governo agli Stati Uniti per l’ampliamento della base militare americana di Vicenza: con noi mons. Cesare Nosiglia e Andrea Margelletti

 

Dialogo e conoscenza reciproca: al centro della giornata di riflessione ebraico-cristiana, organizzata ieri dalla Comunità di Sant’Egidio. I commenti di Yona Metzger e del cardinale Walter Kasper

 

Il Bollettino degli scienziati atomici torna ad aggiornare il cosiddetto orologio nucleare: allarme per il rialzo del rischio di una catastrofe nucleare. Ce ne parla Maurizio Simoncelli

 

CHIESA E SOCIETA’:

Vescovi europei e americani a conclusione del loro pellegrinaggio in Terra Santa esortano i pellegrini a tornare nella regione

 

In India le donne delle comunità di pescatori colpite dallo tsunami vendono i propri reni per poco più di mille dollari

 

La piccola comunità cattolica del Laos in festa per tre nuove ordinazioni sacerdotali celebrate lo scorso mese di dicembre

 

Garantire un futuro di pace alla Repubblica Centrafricana. I vescovi locali esortano il presidente Bozizé ad impegnarsi per salvare il Paese dal peggio

 

In Belgio, di fronte alle sfide contemporanee, i vescovi invitano i sacerdoti alla speranza e ribadiscono il valore del celibato

 

Prosegue la mobilitazione della Chiesa portoghese in vista del referendum sull’aborto in programma l’11 febbraio prossimo

 

Favorire la conoscenza tra cristiani e musulmani. Questo l’obiettivo del Centro studi Oasi di Venezia presentato ieri al Palazzo di Vetro dell’ONU

 

24 ORE NEL MONDO:

Almeno 19 morti per cinque autobomba a Baghdad. Il premier iracheno critica l’amministrazione americana: non adeguata la fornitura di armi alle forze irachene

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

18 gennaio 2007

 

 

BENEDETTO XVI HA RICEVUTO IN UDIENZA IL PREMIER MALTESE, LAWRENCE GONZI

 

Un colloquio di un quarto d’ora, nella Biblioteca privata di Benedetto XVI. Si è svolto così, stamattina, poco dopo le 11.00, l’incontro tra il Papa e il primo ministro di Malta, Lawrence Gonzi, accompagnato dalla moglie e da un piccolo seguito. Dopo il dialogo in privato, si è svolto il consueto scambio dei doni.

 

ALTRE UDIENZE

 

Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, quattro presuli della Campania in visita ad Limina, insieme con il prelato di Pompei, Mons. Carlo Liberati, delegato pontificio per il Santuario della Beata Maria Vergine del Santo Rosario, e dom Benedetto Maria Salvatore Chianetta, abate dell'Abbazia della Santissima Trinità di Cava dei Tirreni.

 

Nel pomeriggio, è in programma l’udienza del Pontefice a Sua Beatitudine, il cardinale Ignace Moussa I Daoud, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.

 

 

PRIMO GIORNO DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI,

SUL TEMA SCELTO QUEST’ANNO DALLA CHIESA DEL SUDAFRICA.

AI NOSTRI MICROFONI OGGI, IL PUNTO SUI RAPPORTI FRA CATTOLICI E LUTERANI

- Interviste con mons. Eleuterio F. Fortino e il rev.do Matthias Turk -

 

La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, oggi ufficialmente al via, è iniziata con l’auspicio di Benedetto XVI, che ieri, all’udienza generale, ha auspicato che si compiano “significativi passi sulla via della comunione di tutti i discepoli di Cristo”. Da oggi, al 25 gennaio, molte sono le iniziative di carattere ecumenico promosse dalle comunità ecclesiali di tutto il mondo. Lo spunto è dato dal versetto del Vangelo di Marco che fa da titolo alla Settimana di preghiera 2007: “Fa sentire i sordi e fa parlare i muti’”. Il sottosegretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani, mons. Eleuterio Francesco Fortino, spiega anzitutto, al microfono di Giovanni Peduto, in che modo venga scelto di anno in anno il tema di riflessione:

 

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R. - E’ un processo anche abbastanza lungo. Dal 1975, piuttosto che un gruppo internazionale organizzasse i testi della preghiera, si è scelto un metodo più lungo ma anche più ecumenico. Di anno in anno - una volta lo fa il nostro Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, una volta il Consiglio ecumenico delle Chiese -  viene chiesto ad un gruppo ecumenico di un Paese diverso di fare una proposta sul tema e su alcuni elementi per lo sviluppo del tema. Per quest’anno è stato chiesto alle comunità cristiane del Sudafrica. E’ nel Sudafrica che è stato scelto questo tema, probabilmente per una situazione particolare in quel Paese, dove i cristiani hanno l’impressione che non si parli sufficientemente delle esigenze del luogo: questioni di razzismo, questioni di sfruttamento, questioni di povertà, questioni di mancanza di assistenza medica o di altre necessità della vita. E anche, in quel contesto, c’è una certa ritrosia a parlare di problemi che giudicano delicati, come per esempio l’AIDS, per altre ragioni locali. Quindi, hanno pensato: “Bisogna avere la lingua per parlare, e nello stesso tempo, orecchie per ascoltare ciò che il Signore ci dice anche per queste esigenze della comunità umana”.

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La Settimana di preghiera per l’unità è un momento privilegiato per fare il punto sullo stato dei rapporti fra le varie confessioni cristiane. Oggi, approfondiamo le relazioni fra i cattolici e i luterani: relazioni molto vive, come testimonia il documento di studio redatto lo scorso anno dalla Commissione internazionale luterano-cattolica sull'Unità, che ha aperto nuove prospettive nell’ecclesiologia ecumenica. Giovanni Peduto ha incontrato il rev.do Matthias Turk che, in seno al Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani, cura il settore dei rapporti fra Chiesa cattolica e Chiesa luterana: 

 

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R. - Per ciò che riguarda l’apostolicità della Chiesa, il dialogo lavora sulla scia del consenso raggiunto dai cattolici e dai luterani sulla giustificazione per grazia di Cristo, nella comune professione che è lo Spirito Santo a riunire i fedeli nella Chiesa. Su questa base, e nonostante le differenze che permangono, luterani e cattolici sono fondamentalmente d'accordo su ciò che costituisce l’apostolicità della Chiesa e riconoscono, ognuno con enfasi propria e specifica, la vera apostolicità della tradizione dell'altro.

 

D. – Quale convergenza vi è invece, per quanto concerne il ministero ordinato, fra cattolici e luterani?

 

R. - Sul ministero ordinato, il documento di studio menziona la ricca testimonianza biblica ed espone poi i maggiori cambiamenti verificatisi nel corso dei secoli a livello di ordinamento istituzionale e di teologia del servizio ministeriale. Oggi luterani e cattolici sono d'accordo sul sacerdozio comune dei credenti e sul ministero come servizio istituito da Dio per il popolo, un ministero differenziato nel servizio sia a livello di congregazione che a livello regionale. Se, da un lato, non si può negare che il Concilio Vaticano II aveva parlato di deficienze insite in ministeri come quelli luterani, dall'altro il dialogo cattolico-luterano fa osservare che altre affermazioni conciliari, insieme al consenso sulla dottrina della giustificazione, segnalano un più positivo riconoscimento, da parte cattolica, dei ministeri luterani.

 

D. – Più delicato il problema del rapporto fra Scrittura e Tradizione…

 

R. - Per ciò che concerne gli strumenti a disposizione della Chiesa per preservare la verità del Vangelo apostolico, il dialogo propone una diversità riconciliata tra cattolici e luterani sul canone biblico e sulla relazione tra Scrittura e Tradizione. Se, da una parte, la Commissione non nega il permanere di importanti divergenze sui ministeri dottrinali e sul magistero, dall'altra essa mostra che luterani e cattolici sono fondamentalmente d'accordo nel riconoscere la necessità dei ministeri dottrinali tra le molteplici istanze di testimonianza del vangelo apostolico e del suo impatto sulla fede, sul culto e sulla vita dei cristiani di oggi.

 

D. – In sintesi, qual è il suo parere globale su questo documento?

 

R. - Con questo documento, la Commissione indica come rafforzare diversi elementi della vita delle comunità luterane e cattoliche al fine di approfondire la comunione reale ma ancora imperfetta che esiste tra cattolici e luterani sul livello mondiale.

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INTERPELLATO DAI GIORNALISTI, IL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA VATICANA

 CONFERMA: L’INCONTRO SULLA CINA IN VATICANO VENERDÌ E SABATO SI FARÀ

 

Il direttore della Sala Stampa della Santa Sede padre Federico Lombardi, interpellato dai giornalisti della Sala Stampa a proposito dell’incontro sulla Cina in Vaticano di cui parlano oggi alcuni organi di stampa,  ha risposto che “è confermato l’incontro” e che si svolgerà venerdì e sabato. Ci sarà un comunicato al termine dei lavori”, ha fatto sapere padre Lombardi, sottolineando che il  “Santo Padre non partecipa alla riunione che è presieduta dal Segretario di Stato, anche se probabilmente saluterà i partecipanti”. Inoltre il direttore della Sala Stampa ha confermato che il Primo Ministro vietnamita ha chiesto di essere ricevuto in Vaticano il prossimo 25 gennaio.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - Un articolo di Mario Pendinelli dal titolo “I mass media raccontano, ma anche confondono”.

 

Servizio estero - In evidenza l’Iraq: continuano le violenze a Baghdad. Bush, intanto, afferma di voler procedere all’invio di rinforzi anche contro il parere del Congresso.

 

La pagina culturale è dedicata al ricordo del compianto don Franco Patruno.

 

Servizio italiano - In rilievo il tema delle pensioni.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

18 gennaio 2007

 

 

LE ATTESE E LA VOGLIA DI RISCATTO DI UN CONTINENTE

AL CENTRO DEL WORLD SOCIAL FORUM,

ORGANIZZATO PER LA PRIMA VOLTA IN AFRICA, A NAIROBI, IN KENYA

- Intervista con Flavio Lotti -

        

Una grande marcia della pace aprirà sabato prossimo a Nairobi, capitale del Kenya, i lavori del World Social Forum. Grande attesa per questo evento, che precede ilrivale’ World Economic Forum di Davos, in Svizzera. Il servizio di Roberta Gisotti.

 

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“Diamo voce all’Africa e alla sua sete di giustizia”, il tema del World Social Forum, giunto alla 7ma edizione e per la prima volta organizzato in Africa. 100 mila rappresentanti della società civile di tutto il mondo sono attesi a Nairobi, la grande megalopoli segno delle contraddizioni del Continente africano, ricco di materie prime eppure poverissimo. Al centro dei lavori sarà proprio il continente dimenticato dai media, le sue guerre, le sue diseguaglianze, i diritti negati, le sue grandi risorse naturali, la corruzione dei governi, lo sfruttamento delle multinazionali, l’indebitamento estero e le responsabilità dell’Occidente, ed anche la multiformità delle culture, le attese e la voglia di riscatto. Ma non solo di Africa si parlerà a Nairobi nelle 1200 iniziative in programma, conferenze, tavole rotonde, mostre, proiezioni, ed altri eventi, tutti autogestiti, per confrontarsi sui grandi temi globali della sovranità e autodeterminazione dei popoli, delle attese di pace e di giustizia, dei diritti al cibo, alla salute, all’istruzione e al lavoro per ogni abitante del Pianeta.

        

“Un altro mondo è possibile”, tra gli slogan del Forum che si aprirà il 20 gennaio con una marcia della pace da Kibera, la più grande baraccopoli di Nairobi e si concluderà il 25 gennaio con una maratona da Korogocho, altra immensa baraccopoli, attraversando i quartieri più degradati, dove 2 milioni e mezzo di persone vivono al di sotto della soglia della povertà. Tra le delegazioni, nutrita quella italiana, con 250 persone in arrivo a Nairobi, in rappresentanza di organizzazioni laiche e cattoliche, enti locali, sindacati e istituzioni politiche. Sulle attese di questo appuntamento, Gabriella Ceraso ha intervistato Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace, che insieme al Coordinamento degli enti locali per la pace guida la delegazione italiana.

 

R. – Una grandissima opportunità, per rafforzare il nostro impegno per la pace e la giustizia nel mondo, andando incontro all’Africa e a tantissime persone impegnate a costruire un mondo migliore ogni giorno.

 

D. - Qual è il rapporto con quello che sarà il successivo vertice di Davos in Svizzera?

 

R. – Al Forum economico mondiale si discuterà di potere. Al centro ci sarà sostanzialmente il denaro. A Nairobi si discuterà dei problemi della gente. Quindi, al centro ci saranno le persone, i loro diritti, la loro voglia di vivere una vita dignitosa e si discuterà su come lo possiamo fare insieme.

 

D. – Concretamente, cosa andrete a fare come enti, come società civile?

 

R. – Innanzitutto, ad incontrare i poveri. Per la prima volta probabilmente molti non si sentiranno più soli. Poi andremo anche a discutere i problemi della miseria, della guerra, della cooperazione internazionale, il rafforzamento dell’ONU e delle istituzioni internazionali democratiche, che hanno subito un pesantissimo attacco. Insieme cercheremo anche di progettare il nostro impegno futuro. Da Nairobi, noi lanceremo la prossima edizione della marcia per la pace Perugia-Assisi, cercheremo anche di ridefinire le nostre responsabilità, come Italia, come Europa.

 

D. – Progetti che voi già avete in mano…

 

R. – C’è una concretezza del lavoro di tutti i giorni, che ci vede impegnati in tantissimi progetti di solidarietà, non soltanto in Kenya, a Nairobi, ma per esempio anche in Somalia. Ma anche progetti per rafforzare la costruzione di una politica di pace. Oggi l’Africa chiede a noi europei una politica rispettosa della cultura, ma anche delle risorse. Pensiamo a quello che succede in Nigeria con i rapimenti. C’è un problema dietro e chiama in causa anche noi.

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I BISOGNI DELL’AFRICA E LA RISPOSTA DELL’EUROPA

ATTRAVERSO LA SOLIDARIETA’ DELLE CHIESE DEI DUE CONTINENTI,

UNO DEGLI ASPETTI TRATTATI AL PRIMO CONGRESSO PANAFRICANO

 IN CORSO IN TANZANIA

- Intervista con mons. Aldo Giordano -

 

Sono entrati nel vivo i lavori del primo Congresso panafricano sull’evangelizzazione, iniziato a Dar-es-salaam, in Tanzania, tre giorni fa. Martedì scorso, un messaggio di Benedetto XVI aveva invitato i circa 160 partecipanti, tra presuli ed esperti, ad essere “promotori zelanti del genuino spirito missionario fra la gente”, elevando la soglia della formazione umana e spirituale delle popolazioni del continente. Ma l’Africa è anche terra di grandi e gravi urgenze, come ha sottolineato l’altro ieri il premier della Tanzania nel suo indirizzo di saluto ai congressisti, ricordando il milione e 300 mila ammalati di AIDS del suo Paese. Sul rapporto che lega le Chiese del Vecchio continente a quelle africane, Alessandro De Carolis ha parlato con uno dei partecipanti al Congresso, mons. Aldo Giordano, segretario del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (CCEE):

 

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R. - Mi rifaccio a un’esperienza importante che abbiamo vissuto nel novembre 2004, dove per la prima volta nella storia abbiamo realizzato un importante simposio tra 50 vescovi africani e 50 europei. In quella sede, i vescovi europei e quelli africani si incontrarono non solo per parlare dell’Africa, ma per parlare di Europa e Africa, perché i vescovi europei dissero che anche l’Europa aveva i suoi problemi, ma anche delle esperienze che voleva, e vuole, trasmettere ai confratelli dell’Africa.

 

D. - Ieri, vi è stato sottoposto uno dei gravissimi problemi dell’Africa, la piaga dell’AIDS. In che modo le Chiese europee hanno deciso di aiutare su questo specifico problema le chiese e le società africane?

 

R. - Noi, come Chiesa, abbiamo una lunga esperienza in campo medico, abbiamo dei mezzi e possiamo condividere questi mezzi. D’altra parte, anche su questo tema noi cerchiamo di imparare dall’Africa e cerchiamo di cogliere quali siano gli elementi che l’Africa può offrire. Per esempio, l’Africa ha un senso della famiglia, ha un senso della vita che spesso noi in Europa non troviamo più. Mettendo insieme certi valori che sono in Africa e certi mezzi che abbiamo in Europa, credo che potremmo migliorare la situazione.

 

D. - I lavori del Congresso panafricano sono ancora in corso, ma se dovesse sintetizzare con una breve espressione, con una parola, la novità rappresentata da questo storico appuntamento, cosa potrebbe dire?

 

R. - Forse direi che stiamo maturando la coscienza che nel cristianesimo, nel Vangelo, c’è veramente una luce di grossa potenza, di grossa novità, per illuminare tutte le problematiche che il mondo vive, non solo in Africa o in Europa, ma in tutto il resto del mondo. L’urgenza, oggi, è quella di approfondire l’annuncio e la vita cristiana e renderla stabile, cioè far sì che la vita cristiana raggiunga le radici, le radici dell’appartenenza etnica, le radici delle culture e possa illuminare queste culture, questa appartenenza etnica in maniera che le nostre identità possano diventare dei doni reciproci a livello mondiale e rispondere alle grandi sfide del mondo.

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CONTINUA IN ITALIA IL DIBATTITO POLITICO SULL’ASSENSO DEL GOVERNO AGLI STATI UNITI PER L’AMPLIAMENTO DELLA BASE MILITARE AMERICANA DI VICENZA

- Con noi mons. Cesare Nosiglia e Andrea Margelletti -

 

Continua in Italia il dibattito politico, all’interno della maggioranza, sull’assenso del governo agli Stati Uniti per l’ampliamento della base militare americana di Vicenza. Rifondazione comunista ribadisce che c'è sempre stato unno’ netto all'ampliamento della struttura. Critici anche i Verdi e i Comunisti Italiani, mentre in mattinata una delegazione vicentina, composta dalla Cgil e da alcuni comitati di cittadini, è stata ricevuta a Roma dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Enrico Letta. L’Ulivo chiede invece di trovare nuove forme di dialogo con la cittadinanza, a prescindere dalla possibilità di un referendum. Ieri il presidente del Consiglio Prodi ha affermato che il Governo ha ormai preso una posizione finale autorizzando l'ampliamento della base americana a Vicenza. E ha poi ricordato che in tale senso si era impegnato già il precedente esecutivo tenendo però “un iter troppo riservato”.

 

Della questione Luca Collodi ha parlato con il vescovo di Vicenza, mons. Cesare Nosiglia. Sentiamo:

 

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R. - Sono intervenuto più volte e anche di recente con l’esecutivo, perché prendesse una decisione. Non si poteva andare avanti in una situazione di stallo, con gravi ripercussioni nella vita civile e sociale della città. Adesso la decisione è stata presa. Credo che bisogna guardare avanti con realismo e speranza, appunto, uscendo dalla logica contrapposta delno’ e del ‘sì’, ed operare per gestire al meglio tutti i diversi problemi che la decisione presa comporterà per la vita e per il futuro di questa città e dei suoi abitanti.

 

D. – Mons. Nosiglia, quale potrà essere l’impegno della comunità cristiana di Vicenza ed anche il suo impegno personale come pastore della diocesi vicentina?

 

R. – Anzitutto, credo di rasserenare gli animi, di far superare contrapposizioni di ordine ideologico, che a mio avviso non ci sono state tra la popolazione anche se era divisa tra chi voleva la base e chi non la voleva. I comitati si sono sempre mossi sui problemi reali e concreti che riguardavano ilsì’ o il ‘no’. Quindi, rasserenare gli animi e mantenere poi un’attenzione verso quelle garanzie che riguardano la natura e la finalità del nuovo insegnamento e che sono state più volte richieste per questa operazione.

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La base di Vicenza sarà tra le più importanti gestite dalle Forze Armate degli Usa nel Sud Europa. Per Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionali, l’ampliamento della base rientra nelle nuove strategie  degli Stati Uniti che guardano maggiormente al Caucaso e al Medio Oriente. Nell’intervista di Alessandro Guarasci, Margelletti parla di opportunità:

 

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R. – Vicenza in tale contesto strategico, non solo per gli Stati Uniti ma più in generale per l’Alleanza Atlantica, rappresenta una interessante opportunità.

 

D. – Medio Oriente e Caucaso, dunque, sono in qualche modo maggiormente al centro dell’attenzione degli Stati Uniti. Ma le sembra in qualche modo che alcuni Paesi, come la Germania o anche la Turchia, che appunto guardano spesso ad Est, siano state maggiormente disponibili nei confronti degli Stati Uniti, rispetto all’Italia?

 

R. – Ospitare migliaia di soldati americani non vuol dire soltanto un ottimo indotto economico, ma vuol dire soprattutto stringere privilegiati rapporti politici. Naturalmente avere un particolare rapporto con l’unica super potenza mondiale non si può immaginare non abbia importanti ricadute sia in ambito di prestigio internazionale che in ambito di politica interna. Per questa ragione vi è una vera e propria gara ad accaparrarsi le poche basi che gli americani prevedono di lasciare in Europa ed in particolare ne sono interessate le nuove nazioni dell’Unione Europea e della Nato, ovvero le nazioni dell’Est, della ex area Patto di Varsavia.

 

D. – Le sembra che in questi ultimi mesi i rapporti tra Italia e Stati Uniti in qualche modo siano cambiati? Nota una differenza tra il governo Prodi e quello Berlusconi?

 

R. – I rapporti tra il nostro Paese e Washington sono sempre stati improntati ad una tradizionale, ottima cordialità e cooperazione. Naturalmente ciascun governo ha la propria ricetta per poter utilizzare al meglio e sviluppare al meglio i propri rapporti. Quindi, ciascun governo, al di là della posizione e del colore, assume delle posizioni che ritiene più utili per l’interesse nazionale.

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DIALOGO E CONOSCENZA RECIPROCA: AL CENTRO DELLA GIORNATA

DI RIFLESSIONE EBRAICO-CRISTIANA, ORGANIZZATA IERI

DALLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO

- Con noi Yona Metzger e il cardinale Walter Kasper -

 

Nella giornata di riflessione ebraico-cristiana che si è celebrata ieri, la comunità di Sant’Egidio ha voluto organizzare un incontro con importanti personalità della Chiesa cattolica e della religione ebraica. Al centro della riflessione: “la fede di Israele e l’umanità. Il contributo dell’ebraismo al mondo contemporaneo”. Il servizio di Debora Donnini:

 

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Dialogo e conoscenza reciproca: due elementi fondamentali per un rapporto sempre più stretto fra ebrei e cristiani. Lo hanno messo in rilievo con diverse sfumature coloro che sono intervenuti all’incontro organizzato dalla comunità di Sant’Egidio. Il dialogo fra credenti è stato definito come devozione a Dio stesso, da David Rosen presidente di International committee for interreligious consultations. Molti i valori dell’ebraismo che sono stati adottati dal mondo, come ad esempio l’introduzione di un giorno di riposo alla settimana. Ne ha parlato il rabbino capo di Israele, Yona Metzger, che ha anche rivolto un appello a fare tutto il possibile per evitare la minaccia iraniana contro Israele. Quindi ha sottolineato gli importanti passi avanti nelle relazioni fra ebraismo e chiesa cattolica, specialmente in relazione a quelle attuali:

 

“Non ci sono mai stati rapporti così buoni negli ultimi anni, dall’epoca del precedente Papa Giovanni Paolo II fino ad oggi con Benedetto XVI. Camminiamo insieme in una direzione estremamente positiva”.

 

Un incontro importante quello di ieri, sottolinea il rabbino Metzger :

 

“Grande importanza per ogni tipo di dialogo, in particolare con il mondo cristiano, perchè questo avvicina i nostri cuori e aiuta a ridurre i fenomeni di antisemitismo. Vedere che due fedi, figlie di Abramo, si incontrano in pace e in armonia fa sperare che anche gli estremisti islamici possano vedere che due fedi possono convivere in piena collaborazione”.

 

Anche il cardinale Walter Kasper, presidente della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo, ha sottolineato la centralità del dialogo necessario per evitare scontri di civiltà e ne ha messo in rilievo le radici bibliche: l’uomo è in dialogo con Dio ed è stato creato con una natura comunitaria. Del rapporto fra ebraismo e cristianesimo dice:

 

“Il rapporto cristiano-giudeo è un rapporto escatologico. Siamo l’uno accanto all’altro fino alla fine del tempo. E’ un rapporto unico, perché l’ebraismo appartiene alle radici del cristianesimo, che nessun’altra religione ha”.

 

Un incontro dunque fecondo che ha voluto rilevare anche l’importanza della preghiera e della pace.

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IL BOLLETTINO DEGLI SCIENZIATI ATOMICI TORNA AD AGGIORNARE

IL COSIDDETTO OROLOGIO NUCLEARE: DALL’ORGANIZZAZIONE TRANSATLANTICA

DI RICERCATORI L’ALLARME PER IL RIALZO DEL RISCHIO

DI UNA CATASTROFE NUCLEARE

- Intervista con Maurizio Simoncelli -

 

La catastrofe nucleare si avvicina. Ne sono convinti gli studiosi del Bollettino degli Scienziati Atomici, un’organizzazione transatlantica di ricercatori che dal 1947 mantiene il cosiddetto Orologio dell'Apocalisse, che idealmente misura il tempo rimanente alla “mezzanotte” del disastro nucleare. Dal lancio della bomba atomica su Hiroshima, il 6 agosto 1945, tale strumento ha segnalato più volte il pericolo di un’irrimediabile sciagura nucleare, con picchi durante la Guerra Fredda. Negli ultimi anni, complici diversi trattati internazionali, le minacce erano diminuite, ma i proclami iraniani, i test nordcoreani e i cambiamenti climatici hanno di fatto spinto gli scienziati a spostare le lancette dell’Orologio dell'Apocalisse in avanti di due minuti, fermandosi a cinque minuti dalla mezzanotte. Di questo allarme, Giada Aquilino ha parlato col prof. Maurizio Simoncelli, esperto di geopolitica dei conflitti all’Istituto di ricerca Archivio Disarmo:

 

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R. – Noi stiamo assistendo, da un lato, ad un fallimento del Trattato di non-proliferazione nucleare: il Trattato prevedeva che solamente i Paesi che alla data del Trattato di non-proliferazione nucleare avessero armi nucleari, in realtà nel giro di pochi anni ormai sappiamo che si è diffusa: abbiamo Israele, abbiamo l’India, abbiamo il Pakistan, la Corea del Nord ... Si teme che anche l’Iran voglia dotarsi di armi nucleari e, appunto, c’è ormai questa diffusione di armi nucleari: anche il Giappone vuole dotarsi di quest’arma ... Ci sono state diverse dichiarazioni negli ultimi tempi anche da parte dei Paesi arabi di voler passare a realizzare delle centrali nucleari alternative al petrolio. Sappiamo che il passaggio dal civile al militare nucleare in realtà poi non è così difficile, una volta realizzato.

 

D. – E da Russia e Stati Uniti, quali segnali arrivano?

 

R. – Da Russia e Stati Uniti, purtroppo, arrivano segnali non positivi, da questo punto di vista. L’Unione Sovietica e gli Stati Uniti hanno ridotto nel corso degli anni i loro arsenali nucleari - questo è vero - dal punto di vista numerico delle testate, ma rimane, comunque, un’enorme quantità di testate nucleari. Si parla di circa 8 mila testate a Paese, per queste due super-potenze. Sono state realizzate anche delle mini-testate nucleari per utilizzo “chirurgico” in teatri di conflitto. Ci sono diverse posizioni che lasciano estremamente preoccupati. La situazione di anarchia internazionale che noi stiamo vivendo – per così dire – certamente facilita le tentazioni a ricercare nell’arma nucleare sia uno strumento militare che possa dare sicurezza, sia uno strumento anche politico di status, a livello quantomeno regionale.

 

D. – Da Hiroshima ad oggi ci sono stati dei picchi di allarme: come sono cambiate le minacce atomiche?

 

R. – Mentre noi, prima, abbiamo vissuto per circa 45-50 anni una situazione di bipolarismo, e quindi di confronto soprattutto tra Mosca e Washington, oggi la situazione non è più tale ma c’è il fatto che noi abbiamo una situazione di ‘atomizzazione’ della minaccia: sparsa, sparpagliata sul territorio mondiale.

 

D. – Come si può fermare o comunque rallentare questo orologio dell’apocalisse?

 

R. – Intanto, la comunità internazionale dovrebbe ritrovare uno strumento condiviso da tutti quanti, a partire dalle superpotenze per la gestione di queste crisi. Le Nazioni Unite, purtroppo, sono uscite dalla guerra fredda palesemente impreparate a gestire un quadro multipolare. Purtroppo, le vicende precedenti al conflitto dell’Iraq e conseguenti poi all’attacco che c’è stato, l’hanno messo ancora più in difficoltà. Dall’altro lato, c’è un problema fondamentale, che è quello del Trattato di non-proliferazione nucleare che va profondamente rivisto, che va corretto, va integrato con alcuni articoli importantissimi che dovrebbero sottolineare che “l’arma nucleare è un’arma disumana”. Come si è deciso, a livello internazionale, di mettere al bando le armi chimiche, mine anti-uomo e così via, la comunità internazionale dovrebbe avere il coraggio di dire che anche le armi nucleari devono essere messe al bando.

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CHIESA E SOCIETA’

18 gennaio 2007

                       

 

VESCOVI EUROPEI E AMERICANI A CONCLUSIONE DEL LORO PELLEGRINAGGIO IN TERRA SANTA ESORTANO I PELLEGRINI A TORNARE NELLA REGIONE. SUL PIANO POLITICO,

SEGUENDO LE PAROLE DEL PAPA, RIBADITO IL DIRITTO DI ISRAELIANI E PALESTINESI

A VIVERE IN STATI LIBERI E SOVRANI

 

GERUSALEMME. = Un forte e pressante invito ai fedeli cattolici a tornare in pellegrinaggio in Terra Santa per visitare i Luoghi di Cristo e incontrare le comunità di questa terra. A tutti viene rivolta l’esortazione evangelica “Venite e vedete”. E' quanto contiene il comunicato, diffuso in mattinata a Gerusalemme, dai vescovi del Coordinamento delle Conferenze episcopali a sostegno della Chiesa in Terra Santa che oggi chiudono la loro settima visita di solidarietà in Terra Santa. Nel documento – di cui da notizia l’agenzia SIR - i vescovi, provenienti da Canada, Inghilterra e Galles, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Spagna, Svizzera e Stati Uniti d'America, oltre al Consiglio delle conferenze episcopali europee (CCEE) e alla Commissione degli episcopati dell'Unione Europea (COMECE), fanno un resoconto della visita iniziata lo scorso 11 gennaio. “Molti di noi hanno visitato Gaza ed incontrato la comunità cristiana locale e i leader palestinesi e musulmani – si legge nel messaggio –. Siamo stati accolti con calore da persone che sperano in un futuro migliore mentre vivono in povertà”. Sulla presenza dei cristiani i presuli ribadiscono che “sono essenziali al raggiungimento della pace. Fanno parte, anche se pochi, del popolo di Israele e dei Territori palestinesi e i loro diritti devono essere garantiti con il riconoscimento di uguaglianza e di sicurezza”. Il coordinamento chiede, inoltre, ad Israele di rendere possibile la ripresa del negoziato per l’accordo fondamentale con la Santa Sede da cui dipende “la vitalità della Chiesa e delle sue istituzioni come scuole, ospedali, case di riposo che offrono importanti servizi a tutta la comunità”. Sul piano politico i presuli ribadiscono, con le parole del Papa al corpo diplomatico dell’8 gennaio scorso, “il diritto di Israele a vivere in pace nel suo Stato e quello dei palestinesi ad avere una nazione libera e sovrana”. Concetti ribaditi anche al vice premier Shimon Peres al quale è stato chiesto di diminuire il numero dei check point e di versare ai palestinesi i proventi loro dovuti delle tasse. (E. B.)

 

 

in india le donne delle comunita’ di pescatori colpite dallo tsunami,

vendono i propri reni per poco più di mille dollari. Scoperto il traffico,

La polizia ha avviato un indagine. Secondo missionari sul posto

gli aiuti promessi non arrivano e la gente è disperata

 

CHENNAI. = La polizia del Tamil Nadu, nel sud dell’India, ha trovato le prove dell’esistenza di un traffico illegale di reni tra le famiglie di pescatori colpite dallo tsunami del 26 dicembre 2004. Secondo quando riporta l’agenzia Asia News, alcuni leader del villaggio di Eranavoor, a nord di Chennai – capitale dello Stato – hanno ammesso che dal 2005 circa 100 persone, per lo più donne, hanno venduto i loro reni per cifre intorno alle 50mila rupie (circa 1100 dollari). La polizia locale ha fatto sapere che è stata aperta un’inchiesta, precisando che si stanno raccogliendo le testimonianze dei donatori e degli ospedali coinvolti. L’origine del fenomeno è da ricercare nella collocazione di alcuni campi di accoglienza che distano oltre 10 chilometri dalla costa e rendono dunque difficoltoso il lavoro dei pescatori. Molti uomini sono inoltre rimasti invalidi permanenti dopo lo tsunami: in questo quadro tante donne si sono assunte il peso di portare avanti la casa e per farlo sono arrivate anche a vendere i propri organi. La vendita di reni è proibita in India, dove però sono ammesse “donazioni” da parte dei familiari. Questo tipo di traffico si è già verificato in passato, ma è la prima volta che vede coinvolti sopravvissuti allo tsunami. Dal canto suo padre Anthony Thota, missionario del Pontificio istituto missioni estere e coordinatore della campagna maremoto per il PIME in Tamil Nadu, conferma il disagio vissuto da queste comunità: “a tre anni dallo tsunami, la gente è ancora disperata, il governo e le organizzazioni internazionali non hanno offerto l’aiuto promesso e si vive con enorme difficoltà”. (E. B.)

 

 

LA PICCOLA COMUNITA’ CATTOLICA DEL LAOS IN FESTA PER TRE NUOVE ORDINAZIONI SACERDOTALI CELEBRATE LO SCORSO MESE DI DICEMBRE. L’AVVENIMENTO CONFERMA LE APERTURE DEL GOVERNO LOCALE IN TEMA DI LIBERTA’ RELIGIOSA

 

PASKE. = A sei mesi dalla storica ordinazione dell’Oblato di Maria Immacolata Somphone Vilavongsy, avvenuta il 18 giugno a Vientiane, dopo tre decenni di persecuzioni e assenza di vocazioni, la piccola comunità cattolica del Laos ha festeggiato lo scorso dicembre tre nuove ordinazioni sacerdotali. I nuovi presbiteri sono Pietro Wilaiphorn Phonasa e Luca Sukpaphorn Duangchansai, ordinati il 9 dicembre a Takhek dal vicario apostolico mons. Giovanni Sommeng Worachak, e padre Andrew Souksaveth ordinato il 30 dicembre a Pakse dal vicario apostolico mons. Louis Marie Mangkhanekhoun. Con la loro ordinazione, nel solo arco di un anno il numero dei sacerdoti nel Paese è cresciuto del 30 per cento, portando a 15 il numero totale a cui vanno aggiunti tre vescovi. Il dato sembra dunque confermare il nuovo corso del regime comunista al potere dal 1975, che, a partire dal 1991, con l’approvazione della nuova Costituzione, ha concesso timide aperture in tema di libertà religiosa. Su quasi sei milioni di abitanti, in maggioranza buddisti e animisti, il Laos conta oggi 35-40 mila cattolici, compresi nella giurisdizione di quattro vicariati apostolici. (E. B. – L. Z.)

 

 

GARANTIRE UN FUTURO DI PACE ALLA REPUBBLICA CENTRAFICANA.

I VESCOVI LOCALI ESORTANO IL PRESIDENTE BOZIZE’ AD IMPEGNARSI

PER SALVARE IL PAESE DAL PEGGIO

 

BANGUI. = I vescovi centrafricani hanno rivolto un appello al Presidente François Bozizé per l’apertura di un dialogo senza pregiudiziali che possa garantire “un futuro di pace” al Paese. Da sempre instabile, la Repubblica Centrafricana è nuovamente preda di forti tensioni tra governo e opposizione, aggravate in questi ultimi mesi dalla guerriglia nel Nord. In una lettera pubblicata al termine della loro plenaria, svoltasi nei giorni scorsi a Bangui, i vescovi esortano le autorità politiche a “superare i malintesi e le divergenze per dare al nostro popolo una possibilità di uscita dall’attuale crisi e salvare la società centrafricana dal peggio”. (E. B. – L. Z.)

 

 

IN BELGIO, DI FRONTE ALLE SFIDE CONTEMPORANEE, I VESCOVI INVITANO I SACERDOTI ALLA SPERANZA E RIBADISCONO IL VALORE DEL CELIBATO

 

BRUXELLES. = Una lettera di incoraggiamento basata sulla virtù teologale della speranza. L’hanno scritta i vescovi della conferenza episcopale belga ai loro preti e diffusa in questi giorni. “Secolarizzazione, indifferenza, tensioni all’interno della Chiesa in ordine alla morale, mancanza di vocazioni” sono per i vescovi le principali cause di scoraggiamento del clero che vive “tempi difficili”. Anche il lavoro pastorale è sempre più difficile: “il sacerdote – come si legge nel testo - è chiamato a costruire ponti tra legge e misericordia, tra esigenze di comprensione di conservatori e progressisti e a rispondere a questioni complicate relative soprattutto alla morale”. Come riporta l’agenzia SIR in risposta i presuli invitano i sacerdoti a considerare le varie dimensioni della vita sacerdotale: “la radicalità evangelica, la preghiera e il celibato”. Proprio su quest’ultimo punto i vescovi definiscono “indispensabile la vita in comune con altri confratelli ed una vita intensa di preghiera. Povertà, castità e obbedienza – dicono – vanno di pari passo”. Chiave di volta della vita sacerdotale è “la gioia del prete, ovvero la sua vocazione che si nutre della consacrazione da parte della Chiesa e dei segni che Dio pone nel cuore di ciascuno”. (E. B.)

 

 

prosegue la mobilitazione della chiesa PORTOGHESE in vista del referendum sull’aborto in programma l’11 febbraio prossimo

 

LISBONA. = Si intensifica la mobilitazione della Chiesa portoghese per evitare la legalizzazione dell’aborto attraverso il referendum del prossimo 11 febbraio. Per sensibilizzare le coscienze la Conferenza episcopale portoghese (CEP) ha già pubblicato una nota pastorale, in cui illustra cinque motivi per difendere la vita. Inoltre diversi documenti e testi sono in circolazione e ogni vescovo studierà la strategia migliore da adottare nella propria diocesi in questa prima fase. Tra le numerose iniziative vi è anche una Marcia per la Vita organizzata per il 28 gennaio a Lisbona dall’associazione portoghese delle famiglie numerose. Nell’occasione sono previsti interventi e alla fine della marcia, grazie anche alla partecipazione di numerosi artisti, si canterà l’inno della vita. Anche il movimento apostolico di Schoenstatt di Lisbona è sceso in campo con il progetto “la vita nelle tua mani” che ha l’obiettivo di sollecitare “una campagna di preghiera e di illuminazione delle coscienze, che possa aiutare una vittoria della vita” nel Paese. In Particolare dal 5 dicembre scorso, 300 missionari sono impegnati a portare immagini della Vergine Pellegrina a 15 persone o famiglie che si impegnano a pregare ogni giorno con la Preghiera per la Vita scritta da Giovanni Paolo II. La campagna, alla quale partecipano circa 4.500 persone, si concluderà il 4 febbraio, con il ritorno delle immagini sacre e l’incoronazione della Vergine Pellegrina come Regina della Vita. (E. B. – L. Z.)

 

 

favorire la conoscenza tra cristiani e musulmani. Questo l’obiettivo del centro studi OASI di Venezia presentato ieri al palazzo di vetro dell’ONU

 

NEW YORK. = Al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite è stata illustrata ieri l’attività di OASIS, il centro internazionale di studi e di ricerche con sede a Venezia che vuole favorire la reciproca conoscenza tra cristiani e musulmani. All’evento, promosso dalla missione della Santa Sede presso l’ONU, era presente tra gli altri anche il cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, che, martedì scorso, assieme ad altri membri del centro OASIS e ad una trentina di studiosi, aveva partecipato a Washington ad una giornata di studi sul tema della “relazione primordiale tra Dio e la persona umana nel cattolicesimo e nell’islam”. Proprio in questa occasione il Patriarca di Venezia ha richiamato la singolarità del monoteismo cristiano in merito alla relazione tra uomo e Dio ed ha rilevato che la dottrina della creazione accoglie sia il postulato della fede islamica sulla “ineliminabile distanza tra Dio e la creatura” sia il nucleo della fede ebraica della “libera e gratuita autorivelazione di Dio nella storia e attraverso la storia”. Nella proposta cristiana - ha aggiunto il porporato – “sono ricomprese anche le istanze del buddismo e dell’induismo e le etiche del confucianesimo e dello scintoismo. Tutto ciò - ha precisato il cardinale Scola - senza negare le importanti differenze che il cristianesimo instaura sia verso i due 'monoteismi', proprio perché quello cristiano è un monoteismo trinitario, sia verso ogni altra concezione religiosa dell’umanità”. In definitiva, per l’incontro tra culture e religioni la categoria fondamentale è quella della testimonianza, del coraggio di comunicare la propria fede con la vita concreta. (E. B. – A. M.)

 

 

NONOSTANTE I PROGRESSI FATTI NEGLI ULTIMI ANNI RESTA ALTO IL NUMERO

DEI BAMBINI CONTAGIATI DAL VIRUS HIV NEL 2006. E’ QUANTO EMERGE DAL RAPPORTO UNICEF “BAMBINI E AIDS” PRESENTATO NEI GIORNI SCORSI

 

ROMA.= Sono 530 mila i bambini al di sotto di 15 anni contagiati dal virus HIV nel 2006. Nella maggior parte dei casi, la trasmissione del virus, avviene madre-figlio e la metà dei nati, se non sottoposto a terapie, muore nel giro di due anni. Lo ha rilevato l’ultimo rapporto UNICEF su “Bambini e AIDS”, presentato in questi giorni, secondo cui un bimbo su 10 riesce accedere alla terapia antiretrovirale e soltanto il 4% di loro riceve una cura profilattica di prevenzione. Tuttavia, il rapporto segnala notevoli progressi fatti in molte zone dell’Africa. Ad esempio, in Kenya, in Costa d’Avorio, nel Malawi e nello Zimbabwe la diffusione dell’HIV si è notevolmente ridotta. Anche in Botswana i casi di contagio sono diminuiti. Inoltre, nei 70 Paesi esaminati, si registra un aumento delle adesioni ai test e ai servizi di consultorio passando da circa 4 milioni persone nel 2001 a 16,5 milioni nel 2005. Significativo anche l’intervento da parte della Clinton Foundation HIV/AIDS che ha reso possibile, negli ultimi 12-18 mesi, l’abbassamento dei prezzi dei farmaci antiretrovirali. (A.D.F)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

18 gennaio 2007

 

- A cura di Amedeo Lomonaco-

        

In Iraq, cinque autobomba sono esplose in rapida successione in varie zone di Baghdad causando la morte di almeno 19 persone. Il comando statunitense ha reso noto, poi, che un aereo militare americano senza pilota è precipitato ieri nei pressi dell’aeroporto della capitale irachena, senza fortunatamente provocare vittime. Sul versante politico, il premier Nouri Al Maliki ha dichiarato che l’amministrazione statunitense non ha armato in modo adeguato le forze di sicurezza irachene. Se in futuro sarà migliorata la fornitura di armi – ha aggiunto Maliki – entro al massimo sei mesi ci potrebbe essere un consistente ritiro di truppe americane dall’Iraq.

 

Un soldato afghano è rimasto ucciso in un attentato suicida contro una pattuglia militare nella provincia di Paktika, nel sud est del Paese. Lo ha reso noto il governatore provinciale precisando che il kamikaze si è prima avvicinato ad una pattuglia di stanza a Sharan e poi si è fatto saltare in aria. Un portavoce dei talebani, catturato due giorni al confine con il Pakistan, ha detto intanto ad agenti afghani che il leader talebano, il mullah Omar, si nasconde nella città pachistana di Quetta, sotto la protezione dei servizi segreti di Islamabad. Il ministro dell’Interno pakistano ha definito “falsa” la notizia.

 

L’Iran costituisce una minaccia per tutti i Paesi del Medio Oriente, non solo per Israele. Lo ha dichiarato stamani il ministro degli Esteri israeliano, Tzipi Livni, che si sta recando a Tokyo in visita ufficiale. L’obiettivo della Repubblica islamica – ha aggiunto il ministro dello Stato ebraico – “non è soltanto eliminare Israele dalle carte geografiche, ma di rifare l’intera regione”. Il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, ha ribadito inoltre che l’amministrazione statunitense non è intenzionata a riavviare il dialogo con il governo di Teheran fino a quando la Repubblica islamica non sarà disposta ad accettare l’offerta occidentale sulla questione nucleare. La comunità internazionale chiede all’Iran di sospendere i processi per l’arricchimento dell’uranio. Il governo di Teheran non intende interrompere, però, le proprie attività nucleari sostenendo che il suo programma atomico ha fini civili e non militari.

 

In Medio Oriente, soldati israeliani hanno ucciso un estremista palestinese a Nablus, in Cisgiordania. Secondo fonti locali, la vittima era un militante delle  Brigate dei martiri di al Aqsa, legate al partito Al Fatah del presidente Abu Mazen. Si devono registrare, intanto, nuovi sforzi per la ripresa dei negoziati di pace tra israeliani e palestinesi. Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha ribadito,  dopo l’incontro a Berlino con il segretario di Stato americano Condoleezza Rice, l’impegno a rilanciare il Quartetto per il Medio Oriente composto da Stati Uniti, Russia, ONU e Unione Europea. Condoleezza Rice, a conclusione della sua missione in Medio Oriente, aveva anche annunciato, ieri, la sua partecipazione ad un vertice tra il premier israeliano Olmert ed il presidente Abu Mazen.

 

Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha confermato che il comando della forza internazionale di pace in Libano, l’UNIFIL, passerà alla metà di febbraio al generale italiano Claudio Graziano. Il contingente dell’UNIFIL è schierato nel Sud del Libano come forza di interposizione. La forza internazionale in Libano è stata ampliata dopo il conflitto dell’estate scorsa tra Israele ed Hezbollah ed è composta, attualmente, da circa 10.000 soldati. Tra questi, 2.500 sono italiani. In Libano, intanto, la notizia delle dimissioni del capo di Stato maggiore israeliano, Dan Halutz, è stata accolta con festeggiamenti e fuochi di artificio sparati da militanti del partito di Hezbollah. Halutz, accusato di aver compiuto errori tattici durante i 34 giorni di guerra, ha detto di aver preso questa decisione ubbidendo al “proprio senso di responsabilità”.

 

In Nigeria sono stati liberati 5 operatori cinesi ed il tecnico italiano dell’AGIP, Roberto Dieghi, rapito lo scorso 7 dicembre insieme con altri tre colleghi, due italiani e un libanese. Il gruppo responsabile di questi sequestri, il sedicente Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (MEND), ha affermato in un comunicato che il rilascio dell’ostaggio italiano è “un gesto di buona volontà” compiuto nella speranza “che sia ricambiato dal governo nigeriano”. Secondo fonti locali, Roberto Dieghi è in buone condizioni di salute. L’ENI ha annunciato, inoltre, che continuano le trattative per la liberazione degli altri ostaggi.

 

La riapertura di un dialogo per la riconciliazione in Somalia ed il piano per lo schieramento di truppe di pace africane: sono i temi centrali dell’incontro previsto oggi, a Mogadiscio, tra il rappresentante speciale delle Nazioni Unite per la Somalia, l’ambasciatore Francois Lonseny Fall, e il presidente ad interim somalo, Abdullahi Yusuf. Ieri, intanto, è stato destituito il presidente del Parlamento, Sharik Hassan Sheikh Adan. E’ accusato di aver tentato di accordarsi con le Corti islamiche prima dell’attacco finale dei soldati etiopici.

 

Il regime militare del Myanmar ha accusato di evasione fiscale la leader dell’opposizione e premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi. Secondo l’accusa, la nota dissidente politica non avrebbe pagato le tasse su somme ricevute da organismi internazionali per promuovere campagne in difesa della democrazia. Il denaro, sempre secondo l’accusa, sarebbe stato trasferito a familiari all’estero.

 

In Brasile è iniziato oggi a Rio de Janeiro il vertice del MERCOSUR, il Mercato comune dell’America meridionale. Saranno valutati, in particolare, i requisiti di Bolivia ed Ecuador in vista di una loro eventuale ammissione. Fanno attualmente parte del MERCOSUR in qualità di Stati membri l’Argentina, il Brasile, il Paraguay, l’Uruguay ed il Venezuela. Hanno invece lo status di Paesi associati la Bolivia, il Cile, l’Ecuador e il Perù. Il MERCOSUR è stato istituito con il Trattato di Assuncion il 26 marzo del 1991 con l’obiettivo di creare un’area comune.

       

Gli obiettivi fissati dai governi dei Paesi dell’area euro “non sempre implicano sufficienti interventi di risanamento” della finanza pubblica. Inoltre “non sono state ancora precisate misure concrete e credibili in tutti i programmi” di stabilità: “Queste indicazioni destano poi preoccupazione e comportano rischi per il futuro”. Lo afferma la Banca Centrale Europea (BCE) nel bollettino di gennaio, mettendo in evidenza che “alla luce dell’attuale periodo economico favorevole, è essenziale che i Paesi con squilibri nei conti pubblici raggiungano solide posizioni di bilancio e che gli Stati dell’area evitino un allentamento della politica fiscale”. La Banca centrale invita poi a proseguire sulla strada delle riforme tributarie e previdenziali, anche con la riduzione dell’imposizione fiscale sul lavoro.

 

Massima allerta in Germania per l’arrivo dell’uragano Kyrill, una tempesta di vento e pioggia che nelle prossime ore dovrebbe attraversare, secondo le previsioni, il Paese da nordovest a sudest. La protezione civile consiglia di rimanere barricati in casa e ha suggerito la chiusura delle scuole. Secondo i meteorologi, l’uragano dovrebbe raggiungere nella notte anche la Svizzera. Stato di allerta anche in 15 dipartimenti del Nord della Francia per venti che soffiano a 130-140 km orari. L’allarme riguarda in particolare le regioni di Alsazia, Lorena, NordPas-de-Calais, Picardia e Ardenne. Negli Stati Uniti, intanto, è salito a 65 il numero delle vittime causate dall’ondata di freddo, neve e piogge che imperversa da una settimana.

 

 

 

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