RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 18 - Testo della trasmissione di giovedì 18 gennaio 2007
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
In udienza da Benedetto XVI il primo ministro di Malta
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Almeno
19 morti per cinque autobomba a Baghdad. Il premier iracheno critica
l’amministrazione americana: non adeguata la fornitura di armi alle forze irachene
18 gennaio 2007
BENEDETTO XVI HA RICEVUTO IN UDIENZA
IL PREMIER MALTESE, LAWRENCE GONZI
Un colloquio di un
quarto d’ora, nella Biblioteca privata di Benedetto XVI. Si è svolto così,
stamattina, poco dopo le 11.00, l’incontro tra il Papa e il primo ministro di
Malta, Lawrence Gonzi, accompagnato dalla moglie e da
un piccolo seguito. Dopo il dialogo in privato, si è svolto il consueto scambio
dei doni.
ALTRE UDIENZE
Benedetto
XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, quattro presuli della Campania
in visita ad Limina, insieme con il prelato di Pompei, Mons. Carlo Liberati, delegato pontificio per il
Santuario della Beata Maria Vergine del Santo Rosario, e dom
Benedetto Maria Salvatore Chianetta, abate
dell'Abbazia della Santissima Trinità di Cava dei Tirreni.
Nel pomeriggio, è in programma
l’udienza del Pontefice a Sua Beatitudine, il cardinale Ignace
Moussa I Daoud, prefetto
della Congregazione per le Chiese Orientali.
PRIMO GIORNO DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER
L’UNITA’ DEI CRISTIANI,
SUL
TEMA SCELTO QUEST’ANNO DALLA CHIESA DEL SUDAFRICA.
AI
NOSTRI MICROFONI OGGI, IL PUNTO SUI RAPPORTI FRA CATTOLICI E LUTERANI
-
Interviste con mons. Eleuterio F. Fortino e il rev.do Matthias
Turk -
La Settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani, oggi ufficialmente al via, è iniziata con l’auspicio di
Benedetto XVI, che ieri, all’udienza generale, ha auspicato che si compiano “significativi passi sulla via della comunione di
tutti i discepoli di Cristo”. Da oggi, al 25 gennaio, molte sono le iniziative
di carattere ecumenico promosse dalle comunità ecclesiali di tutto il mondo. Lo
spunto è dato dal versetto del Vangelo di Marco che fa da titolo alla Settimana di preghiera 2007: “Fa sentire i sordi e fa
parlare i muti’”. Il sottosegretario del Pontificio
Consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani, mons. Eleuterio Francesco
Fortino, spiega anzitutto, al microfono di Giovanni Peduto, in che modo venga scelto di anno in anno il tema di riflessione:
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R. - E’ un processo anche
abbastanza lungo. Dal 1975, piuttosto che un gruppo internazionale organizzasse
i testi della preghiera, si è scelto un metodo più lungo ma anche più
ecumenico. Di anno in anno - una volta lo fa il nostro Pontificio Consiglio per
la promozione dell’unità dei cristiani, una volta il Consiglio ecumenico delle
Chiese - viene
chiesto ad un gruppo ecumenico di un Paese diverso di fare una proposta sul
tema e su alcuni elementi per lo sviluppo del tema. Per quest’anno è stato
chiesto alle comunità cristiane del Sudafrica. E’ nel Sudafrica che è stato
scelto questo tema, probabilmente per una situazione particolare in quel Paese,
dove i cristiani hanno l’impressione che non si parli sufficientemente delle
esigenze del luogo: questioni di razzismo, questioni di sfruttamento, questioni
di povertà, questioni di mancanza di assistenza medica o di altre necessità
della vita. E anche, in quel contesto, c’è una certa ritrosia a parlare di
problemi che giudicano delicati, come per esempio l’AIDS, per altre ragioni
locali. Quindi, hanno pensato: “Bisogna avere la lingua per parlare, e nello
stesso tempo, orecchie per ascoltare ciò che il Signore ci dice anche per
queste esigenze della comunità umana”.
**********
La Settimana di preghiera per l’unità
è un momento privilegiato per fare il punto sullo stato dei rapporti fra le
varie confessioni cristiane. Oggi, approfondiamo le relazioni fra i cattolici e
i luterani: relazioni molto vive, come testimonia il documento di studio
redatto lo scorso anno dalla Commissione internazionale
luterano-cattolica sull'Unità, che ha aperto nuove prospettive
nell’ecclesiologia ecumenica. Giovanni Peduto ha incontrato il rev.do Matthias Turk che, in seno al Pontificio Consiglio per la Promozione
dell’unità dei cristiani, cura il settore dei rapporti fra Chiesa cattolica e
Chiesa luterana:
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R. -
Per ciò che riguarda l’apostolicità della Chiesa, il
dialogo lavora sulla scia del consenso raggiunto dai cattolici e dai luterani
sulla giustificazione per grazia di Cristo, nella comune professione che è lo
Spirito Santo a riunire i fedeli nella Chiesa. Su questa base, e nonostante le
differenze che permangono, luterani e cattolici sono fondamentalmente d'accordo
su ciò che costituisce l’apostolicità della Chiesa e
riconoscono, ognuno con enfasi propria e specifica, la vera apostolicità
della tradizione dell'altro.
D. –
Quale convergenza vi è invece, per quanto concerne il ministero ordinato, fra
cattolici e luterani?
R. -
Sul ministero ordinato, il documento di studio menziona la ricca testimonianza
biblica ed espone poi i maggiori cambiamenti verificatisi nel corso dei secoli
a livello di ordinamento istituzionale e di teologia del servizio ministeriale.
Oggi luterani e cattolici sono d'accordo sul sacerdozio comune dei credenti e
sul ministero come servizio istituito da Dio per il popolo, un ministero
differenziato nel servizio sia a livello di congregazione che a livello
regionale. Se, da un lato, non si può negare che il Concilio Vaticano II aveva
parlato di deficienze insite in ministeri come quelli luterani, dall'altro il
dialogo cattolico-luterano fa osservare che altre affermazioni conciliari,
insieme al consenso sulla dottrina della giustificazione, segnalano un più
positivo riconoscimento, da parte cattolica, dei ministeri luterani.
D. –
Più delicato il problema del rapporto fra Scrittura e Tradizione…
R. -
Per ciò che concerne gli strumenti a disposizione della Chiesa per preservare
la verità del Vangelo apostolico, il dialogo propone una diversità riconciliata
tra cattolici e luterani sul canone biblico e sulla relazione tra Scrittura e
Tradizione. Se, da una parte,
D. –
In sintesi, qual è il suo parere globale su questo documento?
R. -
Con questo documento,
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INTERPELLATO
DAI GIORNALISTI, IL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA VATICANA
CONFERMA: L’INCONTRO SULLA CINA IN VATICANO
VENERDÌ E SABATO SI FARÀ
Il direttore della
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio
vaticano - Un articolo di Mario Pendinelli dal titolo
“I mass media raccontano, ma anche confondono”.
Servizio
estero - In evidenza l’Iraq: continuano le violenze a Baghdad. Bush, intanto, afferma di voler procedere all’invio di
rinforzi anche contro il parere del Congresso.
La
pagina culturale è dedicata al ricordo del compianto don Franco Patruno.
Servizio
italiano - In rilievo il tema delle pensioni.
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18 gennaio 2007
LE
ATTESE E
AL
CENTRO DEL WORLD SOCIAL FORUM,
ORGANIZZATO
PER
-
Intervista con Flavio Lotti -
Una grande marcia della pace
aprirà sabato prossimo a Nairobi, capitale del Kenya, i lavori del World Social
Forum. Grande attesa per questo evento, che precede il ‘rivale’
World Economic Forum di Davos,
in Svizzera. Il servizio di Roberta Gisotti.
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“Diamo voce all’Africa e alla sua
sete di giustizia”, il tema del World Social Forum, giunto alla 7ma edizione e per la prima volta organizzato in Africa. 100
mila rappresentanti della società civile di tutto il mondo sono attesi a
Nairobi, la grande megalopoli segno delle contraddizioni del Continente
africano, ricco di materie prime eppure poverissimo. Al centro dei lavori sarà
proprio il continente dimenticato dai media, le sue
guerre, le sue diseguaglianze, i diritti negati, le
sue grandi risorse naturali, la corruzione dei governi, lo sfruttamento delle
multinazionali, l’indebitamento estero e le responsabilità dell’Occidente, ed
anche la multiformità delle culture, le attese e la
voglia di riscatto. Ma non solo di Africa si parlerà a Nairobi nelle 1200
iniziative in programma, conferenze, tavole rotonde, mostre, proiezioni, ed
altri eventi, tutti autogestiti, per confrontarsi sui
grandi temi globali della sovranità e autodeterminazione dei popoli, delle
attese di pace e di giustizia, dei diritti al cibo, alla salute, all’istruzione
e al lavoro per ogni abitante del Pianeta.
“Un altro mondo è possibile”, tra
gli slogan del Forum che si aprirà il 20 gennaio con una marcia della pace da Kibera, la più grande baraccopoli di Nairobi e si
concluderà il 25 gennaio con una maratona da Korogocho,
altra immensa baraccopoli, attraversando i quartieri più degradati, dove 2
milioni e mezzo di persone vivono al di sotto della soglia della povertà. Tra
le delegazioni, nutrita quella italiana, con 250 persone in arrivo a Nairobi,
in rappresentanza di organizzazioni laiche e cattoliche, enti locali, sindacati
e istituzioni politiche. Sulle attese di questo appuntamento,
Gabriella Ceraso ha intervistato Flavio Lotti, coordinatore nazionale
della Tavola della Pace, che insieme al Coordinamento degli enti locali per la
pace guida la delegazione italiana.
R. – Una grandissima opportunità,
per rafforzare il nostro impegno per la pace e la giustizia nel mondo, andando
incontro all’Africa e a tantissime persone impegnate a costruire un mondo
migliore ogni giorno.
D. - Qual è il rapporto con quello
che sarà il successivo vertice di Davos in Svizzera?
R. – Al Forum economico mondiale
si discuterà di potere. Al centro ci sarà sostanzialmente il denaro. A Nairobi
si discuterà dei problemi della gente. Quindi, al centro ci saranno le persone,
i loro diritti, la loro voglia di vivere una vita dignitosa e si discuterà su
come lo possiamo fare insieme.
D. – Concretamente, cosa andrete a
fare come enti, come società civile?
R. – Innanzitutto, ad incontrare i
poveri. Per la prima volta probabilmente molti non si sentiranno più soli. Poi
andremo anche a discutere i problemi della miseria, della guerra, della
cooperazione internazionale, il rafforzamento dell’ONU e delle istituzioni
internazionali democratiche, che hanno subito un pesantissimo attacco. Insieme
cercheremo anche di progettare il nostro impegno futuro. Da Nairobi, noi
lanceremo la prossima edizione della marcia per la pace Perugia-Assisi,
cercheremo anche di ridefinire le nostre responsabilità, come Italia, come
Europa.
D. – Progetti che voi già avete in
mano…
R. – C’è una concretezza del
lavoro di tutti i giorni, che ci vede impegnati in tantissimi progetti di
solidarietà, non soltanto in Kenya, a Nairobi, ma per esempio anche in Somalia.
Ma anche progetti per rafforzare la costruzione di una politica di pace. Oggi
l’Africa chiede a noi europei una politica rispettosa della cultura, ma anche
delle risorse. Pensiamo a quello che succede in Nigeria con i rapimenti. C’è un
problema dietro e chiama in causa anche noi.
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I
BISOGNI DELL’AFRICA E LA RISPOSTA DELL’EUROPA
ATTRAVERSO
LA SOLIDARIETA’ DELLE CHIESE DEI DUE CONTINENTI,
UNO
DEGLI ASPETTI TRATTATI AL PRIMO CONGRESSO PANAFRICANO
IN CORSO IN TANZANIA
- Intervista
con mons. Aldo Giordano -
Sono entrati nel vivo i lavori del
primo Congresso panafricano sull’evangelizzazione,
iniziato a Dar-es-salaam, in
Tanzania, tre giorni fa. Martedì scorso, un messaggio di Benedetto XVI aveva
invitato i circa 160 partecipanti, tra presuli ed esperti, ad essere “promotori
zelanti del genuino spirito missionario fra la gente”, elevando la soglia della
formazione umana e spirituale delle popolazioni del continente. Ma l’Africa è
anche terra di grandi e gravi urgenze, come ha sottolineato l’altro ieri il
premier della Tanzania nel suo indirizzo di saluto ai congressisti, ricordando il milione e 300 mila ammalati di AIDS del suo Paese. Sul
rapporto che lega le Chiese del Vecchio continente a quelle
africane, Alessandro De Carolis ha parlato con
uno dei partecipanti al Congresso, mons. Aldo Giordano, segretario del
Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (CCEE):
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R. - Mi rifaccio a un’esperienza
importante che abbiamo vissuto nel novembre 2004, dove per la prima volta nella
storia abbiamo realizzato un importante simposio tra 50 vescovi africani e 50
europei. In quella sede, i vescovi europei e quelli africani si incontrarono
non solo per parlare dell’Africa, ma per parlare di Europa e Africa, perché i
vescovi europei dissero che anche l’Europa aveva i suoi problemi, ma anche
delle esperienze che voleva, e vuole, trasmettere ai confratelli dell’Africa.
D. - Ieri, vi è stato sottoposto
uno dei gravissimi problemi dell’Africa, la piaga dell’AIDS. In che modo le Chiese europee hanno deciso di aiutare su questo
specifico problema le chiese e le società africane?
R. - Noi, come Chiesa, abbiamo una
lunga esperienza in campo medico, abbiamo dei mezzi e possiamo condividere
questi mezzi. D’altra parte, anche su questo tema noi cerchiamo di imparare
dall’Africa e cerchiamo di cogliere quali siano gli
elementi che l’Africa può offrire. Per esempio, l’Africa ha un senso della
famiglia, ha un senso della vita che spesso noi in Europa non troviamo più.
Mettendo insieme certi valori che sono in Africa e certi mezzi che abbiamo in
Europa, credo che potremmo migliorare la situazione.
D. - I lavori del Congresso panafricano sono ancora in corso, ma se dovesse
sintetizzare con una breve espressione, con una parola, la novità rappresentata
da questo storico appuntamento, cosa potrebbe dire?
R. - Forse direi che stiamo
maturando la coscienza che nel cristianesimo, nel Vangelo, c’è veramente una
luce di grossa potenza, di grossa novità, per illuminare tutte le problematiche
che il mondo vive, non solo in Africa o in Europa, ma in tutto il resto del
mondo. L’urgenza, oggi, è quella di approfondire l’annuncio e la vita cristiana
e renderla stabile, cioè far sì che la vita cristiana raggiunga le radici, le
radici dell’appartenenza etnica, le radici delle culture e possa illuminare
queste culture, questa appartenenza etnica in maniera che le nostre identità
possano diventare dei doni reciproci a livello mondiale e rispondere alle
grandi sfide del mondo.
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CONTINUA IN ITALIA IL DIBATTITO POLITICO
SULL’ASSENSO DEL GOVERNO AGLI STATI UNITI PER L’AMPLIAMENTO DELLA BASE MILITARE
AMERICANA DI VICENZA
- Con
noi mons. Cesare Nosiglia e Andrea Margelletti -
Continua in Italia il dibattito
politico, all’interno della maggioranza, sull’assenso del governo agli Stati
Uniti per l’ampliamento della base militare americana di Vicenza. Rifondazione comunista ribadisce che c'è sempre stato un ‘no’ netto all'ampliamento della struttura. Critici anche i
Verdi e i Comunisti Italiani, mentre in mattinata una
delegazione vicentina, composta dalla Cgil e da
alcuni comitati di cittadini, è stata ricevuta a Roma dal sottosegretario alla
Presidenza del Consiglio Enrico Letta. L’Ulivo chiede invece di trovare nuove
forme di dialogo con la cittadinanza, a prescindere dalla possibilità di un
referendum. Ieri il presidente del Consiglio Prodi ha
affermato che il Governo ha ormai preso una posizione finale autorizzando
l'ampliamento della base americana a Vicenza. E ha poi ricordato che in tale
senso si era impegnato già il precedente esecutivo tenendo però “un iter troppo
riservato”.
Della questione Luca Collodi ha
parlato con il vescovo di Vicenza, mons. Cesare Nosiglia.
Sentiamo:
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R. - Sono intervenuto più volte e
anche di recente con l’esecutivo, perché prendesse una decisione. Non si poteva
andare avanti in una situazione di stallo, con gravi ripercussioni nella vita
civile e sociale della città. Adesso la decisione è stata presa. Credo che
bisogna guardare avanti con realismo e speranza, appunto, uscendo dalla logica
contrapposta del ‘no’ e del ‘sì’, ed operare per
gestire al meglio tutti i diversi problemi che la decisione presa comporterà
per la vita e per il futuro di questa città e dei suoi abitanti.
D. – Mons.
Nosiglia, quale potrà essere l’impegno della comunità
cristiana di Vicenza ed anche il suo impegno personale come pastore della
diocesi vicentina?
R. – Anzitutto, credo di
rasserenare gli animi, di far superare contrapposizioni di ordine ideologico,
che a mio avviso non ci sono state tra la popolazione anche
se era divisa tra chi voleva la base e chi non la voleva. I comitati si
sono sempre mossi sui problemi reali e concreti che riguardavano il ‘sì’ o il ‘no’. Quindi, rasserenare gli animi e mantenere
poi un’attenzione verso quelle garanzie che riguardano la natura e la finalità
del nuovo insegnamento e che sono state più volte richieste per questa
operazione.
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La base di
Vicenza sarà tra le più importanti gestite dalle Forze Armate degli Usa nel Sud
Europa. Per Andrea Margelletti, presidente del Centro
Studi Internazionali, l’ampliamento della base rientra nelle nuove strategie degli Stati Uniti
che guardano maggiormente al Caucaso e al Medio Oriente. Nell’intervista di
Alessandro Guarasci, Margelletti parla di
opportunità:
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R. –
Vicenza in tale contesto strategico, non solo per gli Stati Uniti ma più in
generale per l’Alleanza Atlantica, rappresenta una interessante
opportunità.
D. – Medio
Oriente e Caucaso, dunque, sono in qualche modo maggiormente al centro
dell’attenzione degli Stati Uniti. Ma le sembra in qualche modo che alcuni
Paesi, come
R. –
Ospitare migliaia di soldati americani non vuol dire soltanto un ottimo indotto
economico, ma vuol dire soprattutto stringere privilegiati rapporti politici.
Naturalmente avere un particolare rapporto con l’unica super potenza mondiale
non si può immaginare non abbia importanti ricadute sia in ambito di prestigio
internazionale che in ambito di politica interna. Per questa ragione vi è una
vera e propria gara ad accaparrarsi le poche basi che gli americani prevedono
di lasciare in Europa ed in particolare ne sono interessate le nuove nazioni
dell’Unione Europea e della Nato, ovvero le nazioni
dell’Est, della ex area Patto di Varsavia.
D. – Le
sembra che in questi ultimi mesi i rapporti tra Italia e Stati Uniti in qualche
modo siano cambiati? Nota una differenza tra il governo Prodi e quello Berlusconi?
R. – I
rapporti tra il nostro Paese e Washington sono sempre stati improntati ad una
tradizionale, ottima cordialità e cooperazione. Naturalmente ciascun governo ha
la propria ricetta per poter utilizzare al meglio e sviluppare al meglio i
propri rapporti. Quindi, ciascun governo, al di là della posizione e del
colore, assume delle posizioni che ritiene più utili per l’interesse nazionale.
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DIALOGO E CONOSCENZA RECIPROCA: AL CENTRO
DELLA GIORNATA
DI
RIFLESSIONE EBRAICO-CRISTIANA, ORGANIZZATA IERI
DALLA
COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO
- Con
noi Yona Metzger e il
cardinale Walter Kasper -
Nella giornata di riflessione ebraico-cristiana che si è celebrata ieri, la comunità di Sant’Egidio ha voluto organizzare un incontro con
importanti personalità della Chiesa cattolica e della religione ebraica. Al
centro della riflessione: “la fede di Israele e
l’umanità. Il contributo dell’ebraismo al mondo contemporaneo”. Il servizio di
Debora Donnini:
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Dialogo e conoscenza reciproca:
due elementi fondamentali per un rapporto sempre più stretto fra ebrei e
cristiani. Lo hanno messo in rilievo con diverse sfumature coloro che sono
intervenuti all’incontro organizzato dalla comunità di Sant’Egidio.
Il dialogo fra credenti è stato definito come devozione a Dio stesso, da David Rosen presidente di International
committee for interreligious consultations.
Molti i valori dell’ebraismo che sono stati adottati dal mondo, come ad esempio
l’introduzione di un giorno di riposo alla settimana.
Ne ha parlato il rabbino capo di Israele, Yona Metzger, che ha anche rivolto un appello a fare tutto il
possibile per evitare la minaccia iraniana contro Israele. Quindi ha
sottolineato gli importanti passi avanti nelle relazioni fra ebraismo e chiesa
cattolica, specialmente in relazione a quelle attuali:
“Non ci sono mai stati rapporti
così buoni negli ultimi anni, dall’epoca del precedente Papa Giovanni Paolo II
fino ad oggi con Benedetto XVI. Camminiamo insieme in una direzione
estremamente positiva”.
Un incontro importante quello di
ieri, sottolinea il rabbino Metzger
:
“Grande importanza per ogni tipo
di dialogo, in particolare con il mondo cristiano, perchè questo avvicina i
nostri cuori e aiuta a ridurre i fenomeni di antisemitismo. Vedere che due
fedi, figlie di Abramo, si incontrano in pace e in armonia fa sperare che anche
gli estremisti islamici possano vedere che due fedi possono convivere in piena
collaborazione”.
Anche il cardinale Walter Kasper, presidente della Commissione per i rapporti
religiosi con l’ebraismo, ha sottolineato la centralità del dialogo necessario
per evitare scontri di civiltà e ne ha messo in rilievo le radici bibliche:
l’uomo è in dialogo con Dio ed è stato creato con una natura comunitaria. Del
rapporto fra ebraismo e cristianesimo dice:
“Il rapporto cristiano-giudeo è un
rapporto escatologico. Siamo l’uno accanto all’altro fino alla fine del tempo.
E’ un rapporto unico, perché l’ebraismo appartiene alle radici del
cristianesimo, che nessun’altra religione ha”.
Un incontro dunque fecondo che ha
voluto rilevare anche l’importanza della preghiera e della pace.
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IL BOLLETTINO DEGLI SCIENZIATI ATOMICI TORNA
AD AGGIORNARE
IL
COSIDDETTO OROLOGIO NUCLEARE: DALL’ORGANIZZAZIONE TRANSATLANTICA
DI
RICERCATORI L’ALLARME PER IL RIALZO DEL RISCHIO
DI UNA
CATASTROFE NUCLEARE
-
Intervista con Maurizio Simoncelli -
La catastrofe nucleare si
avvicina. Ne sono convinti gli studiosi del Bollettino
degli Scienziati Atomici, un’organizzazione transatlantica di ricercatori
che dal 1947 mantiene il cosiddetto Orologio dell'Apocalisse, che idealmente
misura il tempo rimanente alla “mezzanotte” del disastro nucleare. Dal lancio
della bomba atomica su Hiroshima, il 6 agosto 1945, tale strumento ha segnalato
più volte il pericolo di un’irrimediabile sciagura nucleare, con picchi durante
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R. – Noi stiamo
assistendo, da un lato, ad un fallimento del Trattato di non-proliferazione
nucleare: il Trattato prevedeva che solamente i Paesi che alla data del
Trattato di non-proliferazione nucleare avessero armi nucleari, in realtà nel
giro di pochi anni ormai sappiamo che si è diffusa: abbiamo Israele, abbiamo
l’India, abbiamo il Pakistan, la Corea del Nord ... Si teme che anche l’Iran
voglia dotarsi di armi nucleari e, appunto, c’è ormai questa diffusione di armi
nucleari: anche il Giappone vuole dotarsi di quest’arma ... Ci sono state
diverse dichiarazioni negli ultimi tempi anche da parte dei Paesi arabi di voler
passare a realizzare delle centrali nucleari alternative al petrolio. Sappiamo che il passaggio dal
civile al militare nucleare in realtà poi non è così difficile,
una volta realizzato.
D. – E da Russia e Stati Uniti,
quali segnali arrivano?
R. – Da Russia e Stati Uniti,
purtroppo, arrivano segnali non positivi, da questo punto di vista. L’Unione
Sovietica e gli Stati Uniti hanno ridotto nel corso degli anni i loro arsenali
nucleari - questo è vero - dal punto di vista numerico delle testate, ma rimane,
comunque, un’enorme quantità di testate nucleari. Si parla di circa 8 mila
testate a Paese, per queste due super-potenze. Sono state realizzate anche
delle mini-testate nucleari per utilizzo “chirurgico” in teatri di conflitto.
Ci sono diverse posizioni che lasciano estremamente preoccupati. La situazione
di anarchia internazionale che noi stiamo vivendo – per così dire – certamente
facilita le tentazioni a ricercare nell’arma nucleare sia uno strumento
militare che possa dare sicurezza, sia uno strumento
anche politico di status, a livello quantomeno regionale.
D. – Da Hiroshima ad oggi ci sono
stati dei picchi di allarme: come sono cambiate le minacce atomiche?
R. – Mentre noi, prima, abbiamo
vissuto per circa 45-50 anni una situazione di bipolarismo, e quindi di
confronto soprattutto tra Mosca e Washington, oggi la situazione non è più tale ma c’è il fatto che noi abbiamo una situazione di
‘atomizzazione’ della minaccia: sparsa, sparpagliata sul territorio mondiale.
D. – Come si può fermare o comunque
rallentare questo orologio dell’apocalisse?
R. – Intanto, la comunità
internazionale dovrebbe ritrovare uno strumento condiviso da tutti quanti, a
partire dalle superpotenze per la gestione di queste crisi. Le Nazioni Unite,
purtroppo, sono uscite dalla guerra fredda palesemente
impreparate a gestire un quadro multipolare.
Purtroppo, le vicende precedenti al conflitto dell’Iraq e conseguenti poi
all’attacco che c’è stato, l’hanno messo ancora più in difficoltà. Dall’altro
lato, c’è un problema fondamentale, che è quello del Trattato di
non-proliferazione nucleare che va profondamente rivisto, che va corretto, va
integrato con alcuni articoli importantissimi che dovrebbero sottolineare che
“l’arma nucleare è un’arma disumana”. Come si è deciso, a livello internazionale,
di mettere al bando le armi chimiche, mine anti-uomo e così via, la comunità
internazionale dovrebbe avere il coraggio di dire che anche le armi nucleari
devono essere messe al bando.
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18 gennaio 2007
VESCOVI EUROPEI E AMERICANI A
CONCLUSIONE DEL LORO PELLEGRINAGGIO IN TERRA SANTA ESORTANO I PELLEGRINI A
TORNARE NELLA REGIONE. SUL PIANO POLITICO,
SEGUENDO LE PAROLE DEL PAPA,
RIBADITO IL DIRITTO DI ISRAELIANI E PALESTINESI
A VIVERE IN STATI LIBERI E SOVRANI
GERUSALEMME. = Un forte e
pressante invito ai fedeli cattolici a tornare in pellegrinaggio in Terra Santa
per visitare i Luoghi di Cristo e incontrare le comunità di questa terra. A
tutti viene rivolta l’esortazione evangelica “Venite e
vedete”. E' quanto contiene il comunicato, diffuso in
mattinata a Gerusalemme, dai vescovi del Coordinamento delle Conferenze
episcopali a sostegno della Chiesa in Terra Santa che oggi chiudono la loro
settima visita di solidarietà in Terra Santa. Nel documento – di cui da notizia
l’agenzia SIR - i vescovi, provenienti da Canada, Inghilterra e Galles,
Francia, Germania, Irlanda, Italia, Spagna, Svizzera e Stati Uniti d'America,
oltre al Consiglio delle conferenze episcopali europee (CCEE) e alla
Commissione degli episcopati dell'Unione Europea (COMECE), fanno un resoconto
della visita iniziata lo scorso 11 gennaio. “Molti di noi hanno visitato Gaza
ed incontrato la comunità cristiana locale e i leader palestinesi e musulmani –
si legge nel messaggio –. Siamo stati accolti con calore da persone che sperano
in un futuro migliore mentre vivono in povertà”. Sulla
presenza dei cristiani i presuli ribadiscono che “sono essenziali al
raggiungimento della pace. Fanno parte, anche se pochi, del
popolo di Israele e dei Territori palestinesi e i loro diritti devono
essere garantiti con il riconoscimento di uguaglianza e di sicurezza”. Il
coordinamento chiede, inoltre, ad Israele di rendere possibile la ripresa del
negoziato per l’accordo fondamentale con la Santa Sede da cui dipende “la
vitalità della Chiesa e delle sue istituzioni come scuole, ospedali, case di
riposo che offrono importanti servizi a tutta la comunità”. Sul piano politico
i presuli ribadiscono, con le parole del Papa al corpo diplomatico dell’8
gennaio scorso, “il diritto di Israele a vivere in pace nel suo Stato e quello
dei palestinesi ad avere una nazione libera e sovrana”. Concetti ribaditi anche
al vice premier Shimon Peres
al quale è stato chiesto di diminuire il numero dei check
point e di versare ai palestinesi i proventi loro
dovuti delle tasse. (E. B.)
in india
le donne delle comunita’ di pescatori colpite dallo tsunami,
vendono i
propri reni per poco più di mille dollari. Scoperto il
traffico,
La polizia
ha avviato un indagine. Secondo missionari sul posto
gli aiuti
promessi non arrivano e la gente è disperata
CHENNAI. = La polizia del Tamil Nadu, nel sud dell’India,
ha trovato le prove dell’esistenza di un traffico illegale di reni tra le
famiglie di pescatori colpite dallo tsunami del 26 dicembre 2004. Secondo
quando riporta l’agenzia Asia News, alcuni leader del
villaggio di Eranavoor, a nord di Chennai
– capitale dello Stato – hanno ammesso che dal 2005 circa 100 persone, per lo
più donne, hanno venduto i loro reni per cifre intorno alle 50mila rupie (circa
1100 dollari). La polizia locale ha fatto sapere che è stata aperta
un’inchiesta, precisando che si stanno raccogliendo le testimonianze dei
donatori e degli ospedali coinvolti. L’origine del fenomeno è da ricercare
nella collocazione di alcuni campi di accoglienza che distano oltre 10
chilometri dalla costa e rendono dunque difficoltoso il lavoro dei pescatori.
Molti uomini sono inoltre rimasti invalidi permanenti dopo lo
tsunami: in questo quadro tante donne si sono assunte il peso di portare avanti
la casa e per farlo sono arrivate anche a vendere i propri organi. La vendita
di reni è proibita in India, dove però sono ammesse
“donazioni” da parte dei familiari. Questo tipo di traffico si è già verificato
in passato, ma è la prima volta che vede coinvolti sopravvissuti allo tsunami.
Dal canto suo padre Anthony Thota,
missionario del Pontificio istituto missioni estere e coordinatore della
campagna maremoto per il PIME in Tamil Nadu, conferma il disagio vissuto da queste comunità: “a tre anni dallo tsunami, la gente è ancora disperata, il
governo e le organizzazioni internazionali non hanno offerto l’aiuto promesso e
si vive con enorme difficoltà”. (E. B.)
LA
PICCOLA COMUNITA’ CATTOLICA DEL LAOS IN FESTA PER TRE NUOVE ORDINAZIONI
SACERDOTALI CELEBRATE LO SCORSO MESE DI DICEMBRE. L’AVVENIMENTO CONFERMA LE
APERTURE DEL GOVERNO LOCALE IN TEMA DI LIBERTA’ RELIGIOSA
PASKE. = A sei mesi dalla storica ordinazione dell’Oblato di Maria
Immacolata Somphone Vilavongsy,
avvenuta il 18 giugno a Vientiane, dopo tre decenni
di persecuzioni e assenza di vocazioni, la piccola comunità cattolica del Laos
ha festeggiato lo scorso dicembre tre nuove ordinazioni sacerdotali. I nuovi
presbiteri sono Pietro Wilaiphorn Phonasa
e Luca Sukpaphorn Duangchansai,
ordinati il 9 dicembre a Takhek dal vicario
apostolico mons. Giovanni Sommeng Worachak,
e padre Andrew Souksaveth ordinato il 30 dicembre a Pakse dal vicario apostolico mons. Louis
Marie Mangkhanekhoun. Con la
loro ordinazione, nel solo arco di un anno il numero dei sacerdoti nel Paese è
cresciuto del 30 per cento, portando a 15 il numero totale a
cui vanno aggiunti tre vescovi. Il dato sembra dunque confermare il
nuovo corso del regime comunista al potere dal 1975, che, a partire dal 1991,
con l’approvazione della nuova Costituzione, ha concesso timide aperture in
tema di libertà religiosa. Su quasi sei milioni di abitanti, in maggioranza
buddisti e animisti, il Laos conta oggi 35-40 mila
cattolici, compresi nella giurisdizione di quattro vicariati apostolici. (E. B. – L. Z.)
GARANTIRE UN FUTURO DI
PACE ALLA REPUBBLICA CENTRAFICANA.
I VESCOVI LOCALI ESORTANO IL PRESIDENTE BOZIZE’ AD IMPEGNARSI
PER SALVARE IL PAESE DAL PEGGIO
BANGUI. = I vescovi centrafricani hanno
rivolto un appello al Presidente François Bozizé per l’apertura di un dialogo senza pregiudiziali che
possa garantire “un futuro di pace” al Paese. Da
sempre instabile, la Repubblica Centrafricana è
nuovamente preda di forti tensioni tra governo e opposizione, aggravate in
questi ultimi mesi dalla guerriglia nel Nord. In una
lettera pubblicata al termine della loro plenaria, svoltasi nei giorni scorsi a
Bangui, i vescovi esortano le autorità politiche a
“superare i malintesi e le divergenze per dare al nostro popolo una possibilità
di uscita dall’attuale crisi e salvare la società centrafricana
dal peggio”. (E. B. – L. Z.)
IN BELGIO, DI FRONTE
ALLE SFIDE CONTEMPORANEE, I VESCOVI INVITANO I SACERDOTI ALLA SPERANZA E
RIBADISCONO IL VALORE DEL CELIBATO
BRUXELLES. = Una lettera di incoraggiamento basata sulla virtù
teologale della speranza. L’hanno scritta i vescovi della conferenza episcopale
belga ai loro preti e diffusa in questi giorni. “Secolarizzazione,
indifferenza, tensioni all’interno della Chiesa in ordine alla morale, mancanza
di vocazioni” sono per i vescovi le principali cause di scoraggiamento del
clero che vive “tempi difficili”. Anche il lavoro pastorale è sempre più
difficile: “il sacerdote – come si legge nel testo - è
chiamato a costruire ponti tra legge e misericordia, tra esigenze di
comprensione di conservatori e progressisti e a rispondere a questioni
complicate relative soprattutto alla morale”. Come riporta l’agenzia SIR in risposta i presuli invitano i sacerdoti a considerare le
varie dimensioni della vita sacerdotale: “la radicalità evangelica, la
preghiera e il celibato”. Proprio su quest’ultimo punto i vescovi definiscono
“indispensabile la vita in comune con altri confratelli ed una vita intensa di
preghiera. Povertà, castità e obbedienza – dicono – vanno di pari passo”.
Chiave di volta della vita sacerdotale è “la gioia del prete, ovvero la sua
vocazione che si nutre della consacrazione da parte della Chiesa e dei segni
che Dio pone nel cuore di ciascuno”. (E. B.)
prosegue la
mobilitazione della chiesa PORTOGHESE in vista del referendum sull’aborto in
programma l’11 febbraio prossimo
LISBONA. = Si intensifica la
mobilitazione della Chiesa portoghese per evitare la legalizzazione dell’aborto
attraverso il referendum del prossimo 11 febbraio. Per sensibilizzare le
coscienze la Conferenza episcopale portoghese (CEP) ha già pubblicato una nota
pastorale, in cui illustra cinque motivi per difendere la vita. Inoltre diversi
documenti e testi sono in circolazione e ogni vescovo studierà la strategia
migliore da adottare nella propria diocesi in questa prima fase. Tra le
numerose iniziative vi è anche una Marcia per la Vita organizzata per il 28
gennaio a Lisbona dall’associazione portoghese delle famiglie numerose. Nell’occasione
sono previsti interventi e alla fine della marcia, grazie anche alla
partecipazione di numerosi artisti, si canterà l’inno della vita. Anche il
movimento apostolico di Schoenstatt di Lisbona è
sceso in campo con il progetto “la vita nelle tua mani”
che ha l’obiettivo di sollecitare “una campagna di preghiera e di illuminazione
delle coscienze, che possa aiutare una vittoria della vita” nel Paese. In
Particolare dal 5 dicembre scorso, 300 missionari sono impegnati a portare
immagini della Vergine Pellegrina a 15 persone o famiglie che si impegnano a
pregare ogni giorno con la Preghiera per la Vita scritta da Giovanni Paolo II.
La campagna, alla quale partecipano circa 4.500 persone, si concluderà il 4
febbraio, con il ritorno delle immagini sacre e l’incoronazione della Vergine
Pellegrina come Regina della Vita. (E. B. – L. Z.)
favorire la conoscenza tra cristiani e musulmani.
Questo l’obiettivo del centro studi OASI di Venezia presentato ieri al palazzo
di vetro dell’ONU
NEW YORK. = Al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite è stata
illustrata ieri l’attività di OASIS, il centro internazionale di studi e di
ricerche con sede a Venezia che vuole favorire la reciproca conoscenza tra
cristiani e musulmani. All’evento, promosso dalla missione della Santa Sede
presso l’ONU, era presente tra gli altri anche il cardinale Angelo Scola,
Patriarca di Venezia, che, martedì scorso, assieme ad altri membri del centro
OASIS e ad una trentina di studiosi, aveva partecipato a Washington ad una
giornata di studi sul tema della “relazione primordiale tra Dio e la persona
umana nel cattolicesimo e nell’islam”. Proprio in questa occasione il Patriarca
di Venezia ha richiamato la singolarità del monoteismo cristiano in merito alla
relazione tra uomo e Dio ed ha rilevato che la dottrina della creazione
accoglie sia il postulato della fede islamica sulla “ineliminabile distanza tra
Dio e la creatura” sia il nucleo della fede ebraica della “libera e gratuita autorivelazione di Dio nella storia e attraverso la
storia”. Nella proposta cristiana - ha aggiunto il porporato – “sono ricomprese anche le istanze del buddismo e dell’induismo e
le etiche del confucianesimo e dello scintoismo. Tutto ciò - ha precisato il
cardinale Scola - senza negare le importanti differenze che il cristianesimo
instaura sia verso i due 'monoteismi', proprio perché quello cristiano è un
monoteismo trinitario, sia verso ogni altra concezione religiosa dell’umanità”.
In definitiva, per l’incontro tra culture e religioni la categoria fondamentale
è quella della testimonianza, del coraggio di comunicare la propria fede con la
vita concreta. (E. B. – A. M.)
NONOSTANTE I PROGRESSI FATTI NEGLI
ULTIMI ANNI RESTA ALTO IL NUMERO
DEI BAMBINI CONTAGIATI DAL VIRUS
HIV NEL 2006. E’ QUANTO EMERGE DAL RAPPORTO UNICEF “BAMBINI E AIDS” PRESENTATO
NEI GIORNI SCORSI
ROMA.= Sono 530 mila i bambini al
di sotto di 15 anni contagiati dal virus HIV nel 2006. Nella maggior parte dei
casi, la trasmissione del virus, avviene madre-figlio e la metà dei nati, se
non sottoposto a terapie, muore nel giro di due anni. Lo ha rilevato l’ultimo
rapporto UNICEF su “Bambini e AIDS”, presentato in questi giorni, secondo cui
un bimbo su 10 riesce accedere alla terapia antiretrovirale
e soltanto il 4% di loro riceve una cura profilattica di prevenzione. Tuttavia,
il rapporto segnala notevoli progressi fatti in molte zone dell’Africa. Ad
esempio, in Kenya, in Costa d’Avorio, nel Malawi e nello Zimbabwe la diffusione
dell’HIV si è notevolmente ridotta. Anche in Botswana
i casi di contagio sono diminuiti. Inoltre, nei 70 Paesi esaminati, si registra
un aumento delle adesioni ai test e ai servizi di consultorio passando da circa
4 milioni persone nel 2001 a 16,5 milioni nel 2005. Significativo anche
l’intervento da parte della Clinton Foundation HIV/AIDS che ha reso possibile, negli ultimi
12-18 mesi, l’abbassamento dei prezzi dei farmaci antiretrovirali.
(A.D.F)
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18 gennaio 2007
- A cura di
Amedeo Lomonaco-
In Iraq, cinque autobomba sono esplose in rapida successione
in varie zone di Baghdad causando la morte di almeno 19 persone. Il comando
statunitense ha reso noto, poi, che un aereo militare americano senza pilota è precipitato ieri
nei pressi dell’aeroporto della capitale irachena, senza fortunatamente provocare
vittime. Sul versante politico, il premier Nouri
Al Maliki ha dichiarato che l’amministrazione statunitense non ha
armato in modo adeguato le forze di sicurezza irachene. Se in futuro sarà
migliorata la fornitura di armi – ha aggiunto Maliki
– entro al massimo sei mesi ci potrebbe essere un consistente ritiro di truppe
americane dall’Iraq.
Un soldato afghano è rimasto ucciso in un
attentato suicida contro una pattuglia militare nella provincia di Paktika, nel sud est del Paese. Lo ha reso noto il
governatore provinciale precisando che il kamikaze si è prima avvicinato ad una
pattuglia di stanza a Sharan e poi si è fatto saltare
in aria. Un portavoce dei talebani, catturato due giorni al confine con il
Pakistan, ha detto intanto ad agenti afghani che il leader talebano, il mullah
Omar, si nasconde nella città pachistana di Quetta,
sotto la protezione dei servizi segreti di Islamabad. Il
ministro dell’Interno pakistano ha definito “falsa” la notizia.
L’Iran costituisce una minaccia per tutti i Paesi
del Medio Oriente, non solo per Israele. Lo ha dichiarato stamani il ministro
degli Esteri israeliano, Tzipi Livni,
che si sta recando a Tokyo in visita ufficiale. L’obiettivo della Repubblica
islamica – ha aggiunto il ministro dello Stato ebraico – “non è soltanto
eliminare Israele dalle carte geografiche, ma di rifare l’intera regione”. Il
segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, ha ribadito inoltre che l’amministrazione
statunitense non è intenzionata a riavviare il dialogo con il governo di Teheran fino a quando la
Repubblica islamica non sarà disposta ad accettare l’offerta occidentale sulla
questione nucleare. La comunità internazionale chiede all’Iran di sospendere i
processi per l’arricchimento dell’uranio. Il governo di Teheran
non intende interrompere, però, le proprie attività nucleari sostenendo che il
suo programma atomico ha fini civili e non militari.
In Medio Oriente, soldati israeliani hanno ucciso un estremista palestinese a Nablus, in Cisgiordania. Secondo fonti locali, la vittima era un militante delle Brigate dei martiri di al Aqsa, legate al partito Al Fatah del presidente Abu Mazen. Si devono registrare, intanto, nuovi sforzi per la ripresa dei negoziati di pace tra israeliani e palestinesi. Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha ribadito, dopo l’incontro a Berlino con il segretario di Stato americano Condoleezza Rice, l’impegno a rilanciare il Quartetto per il Medio Oriente composto da Stati Uniti, Russia, ONU e Unione Europea. Condoleezza Rice, a conclusione della sua missione in Medio Oriente, aveva anche annunciato, ieri, la sua partecipazione ad un vertice tra il premier israeliano Olmert ed il presidente Abu Mazen.
Il
Consiglio di sicurezza dell’ONU ha confermato che il comando della forza
internazionale di pace in Libano, l’UNIFIL, passerà alla metà di febbraio al
generale italiano Claudio Graziano. Il contingente dell’UNIFIL è schierato nel
Sud del Libano come forza di interposizione. La forza internazionale in Libano
è stata ampliata dopo il conflitto dell’estate scorsa tra Israele ed Hezbollah
ed è composta, attualmente, da circa 10.000 soldati. Tra questi, 2.500 sono
italiani. In Libano, intanto, la notizia delle dimissioni del capo di Stato
maggiore israeliano, Dan Halutz,
è stata accolta con festeggiamenti e fuochi di artificio sparati da militanti
del partito di Hezbollah. Halutz, accusato di aver
compiuto errori tattici durante i 34 giorni di guerra, ha detto di aver preso
questa decisione ubbidendo al “proprio senso di responsabilità”.
In
Nigeria sono stati liberati 5 operatori cinesi ed il tecnico italiano
dell’AGIP, Roberto Dieghi, rapito lo scorso 7
dicembre insieme con altri tre colleghi, due italiani e un libanese. Il gruppo
responsabile di questi sequestri, il sedicente Movimento per l’emancipazione
del Delta del Niger (MEND), ha affermato in un comunicato che il rilascio
dell’ostaggio italiano è “un gesto di buona volontà” compiuto nella speranza
“che sia ricambiato dal governo nigeriano”. Secondo fonti
locali, Roberto Dieghi
è in buone condizioni di salute. L’ENI ha
annunciato, inoltre, che continuano le trattative
per la liberazione degli altri ostaggi.
La
riapertura di un dialogo per la riconciliazione in Somalia ed il piano per lo
schieramento di truppe di pace africane: sono i temi centrali dell’incontro
previsto oggi, a Mogadiscio, tra il rappresentante speciale delle Nazioni Unite
per la Somalia, l’ambasciatore Francois
Lonseny Fall, e il
presidente ad interim somalo, Abdullahi Yusuf. Ieri, intanto, è stato destituito il presidente del
Parlamento, Sharik Hassan Sheikh Adan. E’ accusato di aver
tentato di accordarsi con le Corti islamiche prima dell’attacco finale dei
soldati etiopici.
Il regime
militare del Myanmar ha accusato di evasione fiscale la leader dell’opposizione
e premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi. Secondo l’accusa, la
nota dissidente politica non avrebbe pagato le tasse su somme ricevute da
organismi internazionali per promuovere campagne in difesa della democrazia. Il
denaro, sempre secondo l’accusa, sarebbe stato
trasferito a familiari all’estero.
In Brasile
è iniziato oggi a Rio de Janeiro il vertice del MERCOSUR, il Mercato comune
dell’America meridionale. Saranno valutati, in particolare, i requisiti di
Bolivia ed Ecuador in vista di una loro eventuale ammissione. Fanno attualmente
parte del MERCOSUR in qualità di Stati membri l’Argentina, il Brasile, il Paraguay, l’Uruguay ed il Venezuela. Hanno invece lo
status di Paesi associati la Bolivia, il Cile, l’Ecuador e il Perù. Il MERCOSUR
è stato istituito con il Trattato di Assuncion il 26
marzo del 1991 con l’obiettivo di creare un’area comune.
Gli
obiettivi fissati dai governi dei Paesi dell’area euro “non sempre implicano
sufficienti interventi di risanamento” della finanza pubblica. Inoltre “non
sono state ancora precisate misure concrete e credibili in tutti i programmi”
di stabilità: “Queste indicazioni destano poi preoccupazione e comportano
rischi per il futuro”. Lo afferma la Banca Centrale Europea (BCE) nel
bollettino di gennaio, mettendo in evidenza che “alla luce dell’attuale periodo
economico favorevole, è essenziale che i Paesi con squilibri nei conti pubblici
raggiungano solide posizioni di bilancio e che gli Stati dell’area evitino un
allentamento della politica fiscale”. La Banca centrale invita poi a proseguire
sulla strada delle riforme tributarie e previdenziali, anche con la riduzione
dell’imposizione fiscale sul lavoro.
Massima
allerta in Germania per l’arrivo dell’uragano Kyrill,
una tempesta di vento e pioggia che nelle prossime ore dovrebbe attraversare,
secondo le previsioni, il Paese da nordovest a sudest. La protezione civile
consiglia di rimanere barricati in casa e ha suggerito la chiusura delle
scuole. Secondo i meteorologi, l’uragano dovrebbe raggiungere nella notte anche
la Svizzera. Stato di allerta anche in 15 dipartimenti del Nord della Francia per venti che soffiano a 130-140 km orari.
L’allarme riguarda in particolare le regioni di Alsazia, Lorena, NordPas-de-Calais, Picardia e Ardenne. Negli Stati
Uniti, intanto, è salito a 65 il numero delle vittime causate dall’ondata di
freddo, neve e piogge che imperversa da una settimana.
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