RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 16 - Testo della trasmissione di martedì 16
gennaio 2007
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il saluto del Papa al primo Congresso panafricano
sull’evangelizzazione, al via oggi in Tanzania
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
I vescovi del Venezuela pubblicano il documento finale della loro 87.ma Assemblea plenaria
Il
popolare tedesco Hans-Gert Poettering eletto
nuovo presidente del Parlamento europeo
16 gennaio 2007
IL
PAPA NOMINA IL NUOVO NUNZIO IN SUDAN:
E’ MONS. LEO BOCCARDI, 53 ANNI, MOLISANO, FINORA
RAPPRESENTANTE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO L'AIEA E L’OSCE. L’ATTENZIONE
DI BENEDETTO XVI
PER IL
SUDAN, IN PARTICOLARE PER IL DARFUR. AI NOSTRI MICROFONI,
LA
TESTIMONIANZA DEL VESCOVO DI RUMBEK, MONS. CESARE MAZZOLARI
Il Papa ha nominato il nuovo nunzio apostolico
in Sudan: si tratta di mons. Leo Boccardi, finora
rappresentante permanente della Santa Sede presso l’Agenzia Internazionale
dell’Energia Atomica (AIEA) e presso l’Organizzazione per
Benedetto XVI ha più volte
manifestato la propria attenzione per il Sudan, e in particolare per il dramma
del Darfur dove la popolazione locale, in gran parte animista, sta subendo le tragiche conseguenze dello scontro
tra la guerriglia e l’esercito del governo centrale di Khartoum,
arabo e musulmano. Si contano a migliaia i morti, i profughi e le violazioni
dei diritti umani. “La comunità internazionale – ha detto l’8 gennaio nel
discorso al Corpo Diplomatico – sembra impotente da ormai quattro anni, malgrado le iniziative destinate ad alleviare le popolazioni
provate e a dare una soluzione politica”. Il Papa ha invitato tutti “ad agire
con determinazione: non possiamo accettare – ha sottolineato – che tanti
innocenti continuino a soffrire e a morire”. Sulla situazione nel Darfur, ascoltiamo la testimonianza di mons. Cesare Mazzolari, vescovo di Rumbek, nel
sud Sudan. L’intervista è di
Antonella Villani:
**********
R. – E’ ancora una situazione
disastrosa, insostenibile, perché non sembra che si possa arrivare ad un vero
trattato di pace che permetta l’invio di soccorsi. Nel resto del Paese, invece,
c’è molta più tranquillità. La guerra è terminata al sud, ma c’è molta
irrequietezza per una certa insoddisfazione di quello che la pace ha portato in
questi due anni ormai. Si aspettavano risultati migliori nella ricostruzione
delle strutture base e nell’aiuto alla gente nei settori della salute,
dell’educazione…
D. – Ma nel Paese potrà mai
regnare una pace duratura, viste le divisoni etniche
e religiose?
R. – Noi continuiamo a sperare in
questa pace, ma dovremo conquistarla. E’ una conquista difficile, a causa
all’estrema povertà e al fatto che la pace, almeno nel sud, è arrivata, ma non
eravamo pronti, non avevamo risorse umane sufficienti per lo sviluppo, per una
buona amministrazione, per una vera condivisione dei beni del Paese.
D. – Quanto possono fare le
organizzazioni internazionali?
R. – Vengono con capacità di aiuto
abbastanza rilevanti, però, in questo momento, ci troviamo a dover affrontare
un mercato nero spaventoso. Il povero non riesce più ad andare al mercato e a
portare a casa il cibo per i figli, perchè il costo del cibo e delle cose
essenziali per la vita è aumentato a dismisura. Paradossalmente proprio per
l’aiuto internazionale e per le nuove disponibilità finanziarie offerte dalla
comunità internazionale, i prezzi sono arrivati alle stelle.
D. – Tra l’altro, questa terra è
forse una delle più difficili per il confronto con l’islam. Quanto può fare
R. – Abbiamo cercato il più
possibile di mantenere la serenità, con tutta la
popolazione sfollata che dal nord sta venendo al sud, allestendo scuole
improvvisate e strutture sanitarie di emergenza. Penso che continuiamo ad
essere la voce più costante che richiama i leader alla pace, ad una
distribuzione equa delle risorse, che molte volte si perdono o nella corruzione
o nel nepotismo.
D. – A questo punto il suo appello
qual è?
R. – Che l’impegno per la pace nel
Darfur sia sempre più al centro dell’attenzione della
comunità internazionale, perché se non termineranno le violenze sarà coinvolto
tutto il Sudan.
**********
SIATE
“PROMOTORI ZELANTI DEL GENUINO SPIRITO MISSIONARIO TRA LA GENTE”:
COSÌ,
BENEDETTO XVI, NEL TELEGRAMMA, A FIRMA DEL SEGRETARIO DI STATO,
CARDINALE
TARCISIO BERTONE, AI PARTECIPANTI AL PRIMO CONGRESSO PANAFRICANO
SULL’EVANGELIZZAZIONE, AL VIA OGGI IN TANZANIA
- A
cura di padre Joseph Ballong
-
**********
Essere “promotori zelanti del
genuino spirito missionario tra la gente”, “così che la Chiesa in Africa e
Madagascar possa continuare a giocare pienamente la sua parte nel piano di Dio
per la salvezza della razza umana”: è questo l’incoraggiamento di Benedetto XVI
nel telegramma, a firma del segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, indirizzato al presidente del Simposio dei vescovi
di Africa e Madagascar (SECAM), l’arcivescovo di Abuja,
John Onaiyekan, riuniti da
oggi a Dar-es-Salaam, in
Tanzania, per il primo Congresso panafricano
sull’evangelizzazione. Nel messaggio, letto dal cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione
dei Popoli, Benedetto XVI “prega affinché, mentre le Chiese locali rinnovano il
loro impegno nell’importante missione dell’evangelizzazione, i vescovi siano
attenti alla formazione appropriata dei candidati alla vita sacerdotale e
consacrata, sorvegliando la qualità dell’insegna-mento umano, spirituale e
intellettuale che essi ricevono”.
I lavori del Congresso, in corso
fino al 22 gennaio, si sono aperti con una cerimonia solenne, presieduta dal
primo ministro della Repubblica di Tanzania, Edward Ngoyayi
Lowassa. Prima di lui, il presidente della Conferenza episcopale
di Tanzania e arcivescovo di Dodoma, mons. Jude Thaddaeus Ruwa’ichi, ha espresso le sue parole di caloroso benvenuto.
Successivamente, il cardinale Polycarp Pengo, arcivescovo di Dar-es-Salaam,
il nunzio apostolico, mons. Joseph Chennoth, e il presidente del SECAM ed arcivescovo di Abuja, in Nigeria, mons. John Onaiyekan, hanno insieme sottolineato l’importanza di
questo Congresso, che deve identificare le sfide della Chiesa in Africa ed
affrontarle, quindi, alla luce del Vangelo. Nel suo discorso di benvenuto il
primo ministro ha, anzitutto, sottolineato l’importanza del ruolo della Chiesa
nella promozione umana, sociale e sanitaria delle popolazioni africane,
chiedendo tra l’altro alla Chiesa di proseguire in questo suo impegno,
specialmente riguardo alla lotta contro l’AIDS, il cui tasso di infezione in
Africa è pari al 7 per cento della popolazione dai 15 ai 49 anni, in un Paese
che conta 1.300.000 ammalati di AIDS. “Questa situazione – ha dichiarato ancora
il primo ministro – esige un intervento immediato di tutte le parti della
Chiesa, del governo, del settore privato e delle società civili. Riconosco – ha
proseguito il primo ministro - che avete già fatto molto in questo campo, ma
rimane ancora molto da fare. Vi ringrazio di quanto avete fatto, ma vi chiedo
ancora un ulteriore sforzo in questo campo. Lancio anche un appello, affinché
possiate aiutare le popolazioni a cambiare i comportamenti”.
**********
NOMINATO
IL NUOVO VESCOVO DI MENDE, IN FRANCIA
Il Santo Padre ha nominato vescovo
di Mende, in Francia, padre François Jacolin, dell’Istituto dei "Missionnaires
de
=======ooo=======
OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Un
articolo di Umberto Santarelli dal titolo “Un’analisi condotta con lucida
ragionevolezza”: il discorso di Benedetto XVI al Corpo Diplomatico.
Servizio estero - In
evidenza l’Iraq: sdegno nel mondo per le esecuzioni avvenute a Baghdad.
Servizio culturale - Un
articolo di Giovanni Velocci dal titolo “John Henry Newman
e la filosofia”: considerazioni su “Il Quaderno filosofico”, “I Sermoni
universali” e la “Grammatica dell'assenso”.
Per l’“Osservatore
libri” un articolo di Marco Testi dal titolo “Restituire dignità artistica ad
autori a lungo ignorati”: “Poeti del Novecento”, un’antologia che
riscopre liriche di grande interesse.
Servizio italiano - In
primo piano la tragedia nello Stretto di Messina.
=======ooo=======
16 gennaio 2007
IN CORSO
- Intervista col
patriarca Latino di Gerusalemme Michel Sabbah -
Prosegue in Israele e nei Territori palestinesi il
pellegrinaggio del Coordinamento delle Conferenze episcopali a sostegno della
Terra Santa: si tratta di un organismo che riunisce membri del Consiglio delle
Conferenze Episcopali d’Europa, della Commissione degli Episcopati della
Comunità Europea e vescovi degli Stati Uniti. I presuli hanno avuto incontri a
Gerusalemme, Betlemme e Gaza. Oggi è stata la volta di Nazareth: al centro
degli appuntamenti odierni è stata la situazione della famiglia che
nell’attuale contesto politico risulta spesso lacerata. Ma sulla visita dei
vescovi europei e statunitensi ascoltiamo il patriarca Latino di Gerusalemme Michel Sabbah, al microfono di Rabih Abi Abdallah:
**********
R. – Abbiamo rivolto l’invito ai
vescovi europei e statunitensi per poter riflettere insieme ai capi di quelle
Chiese sulla presenza e sull’avvenire dei cristiani in Terra Santa. Si tratta
di un modo per manifestare la solidarietà delle Chiese del mondo alla Chiesa
madre di Gerusalemme. Speriamo che si possa arrivare con i fatti ad un certo
metodo di azione per riuscire a garantire la presenza cristiana, malgrado il piccolo numero che si riduce sempre più a causa
proprio dell’instabilità generale che c’è all’interno dei Territori
Palestinesi, a Betlemme e in modo particolare a Gerusalemme. C’è una situazione
tale che, comunque, ci incoraggia e che delinea un avvenire un po’ più chiaro,
anche se certamente per lungo tempo rimarranno le difficoltà odierne. Noi siamo
molto grati ai vescovi che si sono impegnati ad essere qui per passare con noi
questa settimana. Hanno così avuto l’occasione di visitare le diverse comunità
ecclesiali; hanno incontrato, ascoltato e parlato con la gente. Hanno poi avuto
anche incontri ufficiali con il primo ministro israeliano e con il presidente
palestinese. Incontri, questi, che hanno permesso anche di affrontare e discutere
sulla situazione generale e sull’instabilità politica dell’area, ma soprattutto
ha permesso di discutere sulla possibilità di arrivare ad una situazione di
pace. Si è cercato anche di provare a risolvere alcuni problemi concreti della
vita quotidiana della Chiesa, come la difficoltà di movimento sia dei fedeli
che dei pastori stessi. Ci sono, infatti, dei religiosi, soprattutto coloro che
hanno documenti palestinesi, che hanno quasi una impossibilità
di movimento e non riescono quasi ad assolvere ai loro incarichi e compiti
religiosi. C’è poi un altro punto fondamentale che abbiamo discusso e che
riguarda la riunificazione delle famiglie. Ci sono, infatti, famiglie composte
magari dallo sposo israeliano e la sposa palestinese o addirittura di cittadinanza
straniera, ma una legge israeliana impedisce a queste famiglie di vivere
insieme. Si è parlato di 17 mila casi, di cui circa il 12 per cento è
rappresentato da cristiani. Questo è stato un tema che si è discusso e che
forse torneremo ad affrontare anche con i responsabili israeliani per vedere
come poter risolvere questo punto che coinvolge anche la dimensione dei diritti
umani.
**********
INCENTRATO SUL SIGNIFICATO DEL DONO
DEI RELIGIOSI E DELLE RELIGIOSE
A SERVIZIO DELLA FAMIGLIA, IL
MESSAGGIO DELLA CEI
PER L’11.MA GIORNATA MONDIALE DELLA VITA
CONSACRATA
- Interviste con mons. Giancarlo Maria Bregantini
e con suor Maria Trigila -
E’
necessario incoraggiare l’opera di tutti quei consacrati che si offrono al
servizio delle famiglie. E’ quanto sottolinea la Commissione episcopale per il
clero e la vita consacrata nel messaggio per l’11.ma
Giornata mondiale della vita consacrata, che ricorrerà il 2 febbraio prossimo,
Festa della Presentazione del Signore. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
**********
La consacrazione – sottolinea il
messaggio - ha la sua origine in famiglia, nell’offrirsi quotidiano dei
genitori per i figli e nella loro capacità di trasmettere la fede. Le famiglie ricevono
poi doni preziosi da religiosi e religiose impegnati nei vari contesti
educativi, nell’accompagnamento ai giovani nelle parrocchie, nell’assistenza
agli ammalati e nel sostegno agli anziani. L’offerta della
famiglie alla realtà della consacrazione diventa quindi dono prezioso
per le famiglie. Ma nella società di oggi, in questo mondo che cambia così
freneticamente, quale significato ha l’opera dei consacrati? Ascoltiamo il
vescovo di Locri–Gerace, mons. Giancarlo Maria Bregantini, membro della Commissione episcopale per il
clero e la vita consacrata:
R. – Ha una duplice testimonianza.
Da una parte, la presenza, dall’altra, l’intercessione e la preghiera. Con la
presenza c’è solidarietà, c’è vicinanza e le lacrime sono asciugate; c’è
sostegno, c’è individuazione di obiettivi tenaci e decisi. Ad esempio, nel sud,
i religiosi sono una forza contro la mafia. Dall’altra, queste presenze
testimoniano che il cielo rende bella la terra. La terra senza cielo è fango,
ma la terra con il cielo è giardino. I religiosi hanno il compito, da una parte
di indicare il cielo - la vita contemplativa - e dall’altra di aiutarci a
coltivare la terra, la vita attiva. Questo è il dono grande che ci fanno i
consacrati.
Si deve riconoscere e incoraggiare
– si legge poi nel messaggio - l’opera di tutti quei consacrati, in particolare
le religiose, che si offrono instancabilmente al servizio delle famiglie. Ma
quale esperienza hanno religiose e religiosi della
realtà della famiglia? Risponde suor Maria Trigila,
religiosa salesiana:
R. – La religiosa vive la
famiglia, anzitutto, all’interno della propria scelta vocazionale e poi a
livello educativo. Oggi le famiglie sono quelle agenzie educative più sole,
perché si ritrovano in un contesto socio-culturale, che in vari versanti le sta
isolando e le sta minando. Allora, l’apporto della vita religiosa alle famiglie
consiste nell’accompagnare i genitori nell’educazione dei giovani. La religiosa
è attenta ai segni dei tempi e, quindi, a quello di cui oggi la famiglia ha
bisogno, facendosene carico per portarlo in altre agenzie educative o,
addirittura, a livello istituzionale. L’aiuto, quindi, della vita religiosa
alle famiglie passa dalla suora stessa, ma anche attraverso quei collaboratori
laici che lavorano in seno alla famiglia religiosa.
Tra i doni della vita consacrata
c’è quello della testimonianza. I consacrati – conclude il messaggio –
“riescono ad annunciare che, in questo mondo che perde spesso i suoi punti di
riferimento, la salvezza è ancora presente e viene da Dio attraverso il Suo
Figlio”.
**********
DAL
VERTICE DI CEBU, NELLE FILIPPINE,
LA
RISCOSSA ECONOMICA DI ASIA E OCEANIA
-
Intervista con Mario Deaglio -
Intesa sulla lotta al terrorismo,
patto sulla sicurezza energetica, accordo sulla creazione entro il 2015 di una
zona di libero scambio commerciale. Sono i risultati del vertice di Cebu, nelle Filippine, che ha riunito i leader dell’ASEAN,
l'Associazione dei Paesi del Sudest asiatico con quelli di Cina, India,
Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda. I delegati
di 16 Stati – che rappresentano metà della popolazione mondiale - si sono pure
accordati per trasformare la loro organizzazione in una sorta di Unione Europea
asiatica. Sentiamo Chiaretta Zucconi:
**********
Sigla di intesa sulla lotta al terrorismo,
volta a contrastare soprattutto la minaccia del fondamentalismo islamico, patto
sulla sicurezza energetica e sulla creazione entro il 2015 di una zona di
libero scambio commerciale. I leader dei 16 Paesi, che rappresentano metà della
popolazione mondiale, si sono anche accordati sulla necessità di delineare le
linee guida di una carta in cui per la prima volta si affronta il concetto di
trasformazione dell’ASEAN in una sorta di Unione Europea asiatica, con capacità
decisionali proprie. Grande successo, dunque, di un Vertice in cui si è parlato
ancora timidamente di democrazia, ma molto invece della necessità di ridurre i
consumi di carburante di origine fossile e di tagliare le emissioni gas serra.
Un piano, questo, che prevede la costruzione di una rete elettrica regionale e
condutture di gas naturale al fine di limitare la dipendenza della regione dal
greggio del Medio Oriente. Il piatto forte del Summit è stato quello relativo
alla costituzione di un’area di libero scambio tra Cina ed ASEAN, la più grande
del mondo, che apra le porte ai settori bancari,
immobiliari, della sanità, dei trasporti, dell’impiantistica, dell’edilizia. Una ASEAN da cui esce rafforzato il drago cinese, ma che ha
permesso anche il riavvicinamento tra Cina e Giappone. Si parla già della
visita del premier cinese a Tokyo in aprile, durante il summit Giappone, Cina e
Sud Corea, che hanno presentato un fronte unito contro la
Nord Corea, sollecitando Pyongyang a porre
fine alle ambizioni nucleari e a concentrarsi, invece, sul rafforzamento delle
relazioni commerciali con i suoi vicini.
Per la Radio Vaticana, Chiaretta
Zucconi.
**********
Gli accordi raggiunti in questi
giorni sono un “passo avanti particolarmente lungo verso l’unione economica”: è
l’opinione dell’economista Mario Deaglio, in
particolare docente di economia internazionale all’Università di Torino.
Nell’intervista di Fausta Speranza, spiega le conseguenze per il resto del
mondo:
**********
R. – Quest’area economica oggi è
quella che contribuisce maggiormente alla crescita mondiale. Sta scoprendo se
stessa, sta scoprendo la propria centralità, relega di più tutti gli altri a
livello di periferia. Noi ci sentiamo ancora il centro del mondo. Noi europei,
in particolare, siamo diventati una periferia dell’economia mondiale. Ancora di
più dopo questi accordi.
D. – E in quale direzione
bisognerebbe muoversi, secondo lei?
R. – Non è che abbiamo delle
scelte facili. Dobbiamo prendere atto che questi Paesi stanno facendo la più
grande evoluzione pacifica che ci sia stata almeno negli ultimi 50 anni, ma
probabilmente per molto più tempo. Stanno cioè costruendo un futuro di crescita
economica in maniera estremamente pragmatica, con una sorta di rispetto
reciproco, senza una chiara leadership, a parte la Cina
che sta sempre dietro alle quinte e in qualche modo è il punto di riferimento.
Ma i Paesi dell’ASEAN sicuramente non hanno un leader chiaro fra
di loro, eppure le barriere si stanno abbattendo, il reddito cresce a
livelli notevoli, da miracolo economico. Per oltre 500 milioni di persone ci
sono prospettive di una vita migliore, di una vita sicuramente decente. La
nostra influenza su quell’area è praticamente
inesistente.
D. – Professore, parliamo di
potenzialità. Il fatto che l’Unione Europea adesso raccolga praticamente mezzo
miliardo di persone, può avere un peso?
R. – Questo ha sicuramente un
peso. Tenga presente che mezzo miliardo di persone sono una dimensione minima
per poter stare sul gioco mondiale. Tenga presente che la
Cina ha un miliardo e 400 milioni di persone. L’India ha un miliardo di
persone. L’ASEAN, che fa gli accordi, ha oltre 500 milioni di persone. Insomma,
di fronte a queste cifre e al loro sviluppo futuro, noi riusciamo a galleggiare
stando tutti assieme, ma possiamo fare poco di più. Come potenza economica
espressa da queste cifre, la nostra è molto scarsa.
D. – Guardando agli Stati Uniti,
anche gli Stati Uniti devono interrogarsi?
R. – Senz’altro sì. Gli Stati
Uniti sono partiti all’inizio di questa fase della globalizzazione,
all’incirca agli inizi degli anni ’90, con una chiara leadership mondiale.
Questa leadership si sta erodendo sia in campo politico-militare, dove non c’è
più un’egemonia stretta degli Stati Uniti sugli altri Paesi, sia in campo
economico, in quanto appunto queste formazioni, queste grandi aggregazioni
regionali che stanno avvenendo in tutto il mondo, finiscono per ridurre il loro
spazio di azione, lo spazio di azione delle loro grandi società, alle quali si
affiancano appunto le grandi società di questi Paesi.
**********
I
MATRIMONI MISTI, UNA REALTA’ COMPLESSA DA AFFRONTARE
CON
E
SENZA PREGIUDIZI DA PARTE DELLA SOCIETA’
-
Intervista con Franco Pittau -
“La realtà delle migrazioni non va
mai vista soltanto come un problema ma anche e soprattutto come una grande
risorsa per il cammino dell’umanità”. Lo ha ricordato Benedetto XVI
all’Angelus, domenica scorsa. Parole che aiutano a comprendere con equilibrio
un fenomeno complesso come quello dei matrimoni misti, una realtà in crescita
anche in Italia, come documenta un rapporto dell’ISTAT. Dal ’92 al 2004 gli sposalizi
tra coniugi di diversa nazionalità sono aumentati da poco più del 3 per cento
ad oltre il 10 per cento. Come leggere questo dato? Fabio Colagrande
lo ha chiesto a Franco Pittau, coordinatore del
Dossier statistico sull’immigrazione, a cura
della Caritas e della Fondazione Migrantes:
**********
R. – La lettura è di un fenomeno
in evoluzione, senza esagerarne la portata, perché nello stesso periodo la
popolazione degli emigrati è triplicata. Quindi, in proporzione non è che ci
sia stato questo enorme sviluppo. Ma, io penso che il fenomeno dei matrimoni
misti sia ancora all’alba della sua evoluzione. Il grosso si vedrà in seguito,
perchè senz’altro, man mano che gli emigrati si stabiliranno di più in Italia,
saranno più portati a sposarsi con cittadini o cittadine italiani e
probabilmente anche a sposarsi con altri gruppi di immigrati che si sono
stabiliti da noi.
D. – Facendo una comparazione con
altri Paesi europei, si tratta di dati rilevanti?
R. – No, come avviene per la
cittadinanza, per la quale noi abbiamo un ritmo di
acquisizione tre volte inferiore alla media europea, così anche per i
matrimoni misti non si può dire che il fenomeno in Italia sia consolidato e
arrivato al suo pieno sviluppo.
D. – Renzo Guolo,
commentando la notizia su “
R. – Sono completamente d’accordo.
Purtroppo, però, non è una constatazione positiva. Il ritmo delle immigrazioni
in Italia è superiore agli stessi Stati Uniti, il Paese di maggiore
immigrazione del mondo, e non si può dire che noi abbiamo un ritmo di
comprensione del fenomeno migratorio, delle sue aspettative, dei meccanismi di
soluzione, che sia adeguato. Ci sono dei rituali un po’ stanchi. Ci sono
pregiudizi ideologici. Ci sono interessi elettorali. Non ci siamo abituati ad
affrontare in una maniera trasversale i problemi, che non sono di un partito o
di uno schieramento politico, ma sono di tutta la società.
D. – Ma una coppia mista, Pittau, è una coppia più fragile?
R. – Se ben preparata, no. Purtroppo, bisogna insistere sulla preparazione.
Ricordo che un documento dei vescovi che insisteva sulla preparazione venne preso molto male, come se si facessero delle
avvertenze di pericolosità ad ogni costo. Nel mondo di oggi anche la scelta del
matrimonio è basata molto sulle emozioni, che sono un aspetto meraviglioso e che
ci deve essere. Allora, bisognerebbe pensare alla diversità culturale, alla
diversità religiosa e non ultimo bisognerebbe pensare anche alle diversità del
Paese di origine, perchè alcuni progetti migratori, non moltissimi, ma una
certa quota, sono temporanei. Quindi, il protagonista, ad un certo punto, vuole
tornare nel suo Paese, dove le leggi non sono uguali a quelle che ci sono in
Italia.
D. – Ma Pittau,
sposare un italiano o un’italiana non è spesso una scorciatoia per ottenere la
cittadinanza?
R. – Sì, ci sono anche questi
casi, che sono difficilmente quantificabili. Tutti sappiamo, però, che
esistono. Adesso nella nuova legge sulla cittadinanza, se verrà
approvata nel testo proposto, c’è anche una misura restrittiva, in larga misura
comprensibile, che vuole evitare il mercimonio dei matrimoni a questo fine. Il
matrimonio è una scelta d’amore, una scelta di vita, non deve essere fatta solo
per ottenere la cittadinanza italiana.
**********
SI
APRONO OGGI LE CELEBRAZIONI INTERNAZIONALI PER ARTUTO TOSCANINI
IL
MONDO DELLA CULTURA RICORDA IL GRANDE DIRETTORE D’ORCHESTRA
A 50
ANNI DALLA SCOMPARSA
-
Intervista con Roman Vlad,
Pietro Melograni ed Emanuela di Castelbarco -
Oggi il mondo della cultura
ricorda il grande direttore d’orchestra Arturo Toscanini
a 50 anni dalla scomparsa, avvenuta a New York il 16 gennaio del 1957. Si apre un anno di celebrazioni internazionali promosse
dall’omonimo Comitato, sotto l’Alto patronato del Presidente della Repubblica,
tra cui una campagna nelle scuole italiane promossa dal Ministero della
Pubblica Istruzione; una rassegna cinematografica sugli italiani nel mondo, che
coinvolgerà Italia, Stati Uniti e Israele; una mostra sul rapporto tra il
Maestro Toscanini e la Fondazione Don Carlo Gnocchi,
con tavole illustrate dalle Edizioni San Paolo; seminari storici patrocinati
dal Senato della Repubblica.
Dopo un’anticipazione dell’Opera
di Roma, questa sera alle ore 19 l’omaggio del Teatro alla Scala di Milano, con
**********
(musica)
Libertà di lettura e rigore
interpretativo, teatralità nella musica ma mai nel gesto. Così il musicologo Roman Vlad, presidente del
Comitato Internazionale delle Celebrazioni Toscaniniane,
ricorda la figura del Maestro:
“Lui non era teatrale, ma non
rendeva la musica meno efficace e meno teatrale. La rendeva essenziale. Era un
grande direttore non soltanto di opere da concerto, ma di teatro, di Wagner, di
Verdi soprattutto, di Puccini, di Strauss.
Rendeva la teatralità della musica, ma non la teatralità della propria
persona”.
Toscanini fu contrapposto all’altro grande
direttore d’orchestra dell’epoca, il tedesco Wilhelm Furtwängler, non solo per ragioni artistiche ma anche per
le diverse scelte politiche:
“Veniva
contrapposto da critici, come per esempio Adorno, che diceva che Toscanini dirigeva in modo aerodinamico. Sembrava dirigere
in modo rigoroso, quadrato e asciutto, ma faceva dei “rubati” talmente esatti,
talmente felici, che non ce se ne accorgeva. Questa è la sua grandezza. Le
scelte politiche di Furtwängler sono state molto
dibattute. Lui è rimasto in Germania e pensava di poter servire dall’interno.
La storia gli ha dato torto in questo senso”.
Lo storico Pietro Melograni,
autore di una biografia di Toscanini, ritrae oltre
alla statura musicale dell’artista anche lo spessore morale dell’uomo:
“Lui si è sempre battuto contro le
dittature, sia quella di Hitler, sia quella di Mussolini. Tra l’altro lasciò l’Italia per motivi politici
nel 1938, per protestare contro le leggi razziali. Un genero di Toscanini era Horovitz, un
pianista ebreo famosissimo. Lui tenne però sempre molto separata la musica
dalla politica. Non ci furono commistioni. Da questo punto di vista fu
ammirevole”.
Arturo Toscanini
fu anche il primo artista “mediatico” e “globalizzato” della storia, grazie alle storiche
registrazioni con
“Lavorava in tutta Europa, in
tutto il mondo, in America. Lì è diventato un grande fenomeno di massa. Grazie
alla radio passò a dieci milioni di ascoltatori. Divenne un mito e soprattutto
avvicinò alla musica classica un pubblico che prima non si era avvicinato.
Quindi, Toscanini fece questa operazione culturale encomiabilissima e va ricordato anche per questo”.
Il ricordo più intimo e affettuoso
è affidato alla nipote del Maestro, Emanuela di Castelbarco:
“Era modesto e schivo. Amava avere
amici a casa, ma non amava uscire. Era comunque un nonno affettuoso e
simpatico. Siamo stati separati dalla guerra e poi l’ho rivisto nel ’45. Loro
sono andati via nel ’38 e lui è tornato nel ’46 alla riapertura della Scala,
che era stata distrutta dai bombardamenti”.
(musica)
**********
=======ooo=======
16 gennaio 2007
IL DIRETTORE ESECUTIVO DEL PAM, JAMES MORRIS, RICEVUTO IERI IN
UDIENZA
PRIVATA DA BENEDETTO XVI, RINGRAZIA IL PAPA “PER IL SUO
COSTANTE IMPEGNO
PERSONALE
E PER QUELLO DELLA CHIESA CATTOLICA
A
FIANCO DI QUANTI VIVONO IN CONDIZIONI DISPERATE”
ROMA. = “Desidero ringraziare Sua
Santità per il suo costante impegno personale e per quello della Chiesa
cattolica a fianco di quanti vivono in condizioni disperate. Il mondo
sviluppato deve fare di più per aiutare gli oltre 850 milioni di persone che
non hanno di che sfamarsi”: è quanto afferma James Morris, direttore esecutivo del Programma alimentare
mondiale delle Nazioni Unite (PAM), in un comunicato diffuso ieri, dopo essere
stato ricevuto in udienza privata da Benedetto XVI. Morris
ha ricordato “l’aiuto straordinario che viene dato al
PAM dalle organizzazioni cattoliche”, citando, in particolare, “le tristi e
terribili realtà di fame e denutrizione che colpiscono in particolare i bambini
– ne muoiono 18.000 ogni giorno – e il
quadruplicarsi, negli ultimi anni, dei disastri ambientali – dal terremoto in
Pakistan, ai cicli di siccità e inondazioni che sperimenta attualmente il Corno
d’Africa e che sono una delle principali cause
moltiplicatrici della fame nel mondo”. “La guida spirituale, morale e
materiale di Papa Benedetto XVI e della Chiesa cattolica – ha aggiunto il
direttore esecutivo del PAM – rappresenta una speranza reale per restituire un
futuro a milioni di bambini”. “Sono davvero grato – ha concluso – per il loro
sostegno attivo, per l’incoraggiamento pieno di fede e, in particolare, per la
speciale attenzione che Sua Santità rivolge a quanti vivono in condizioni a
rischio e sono più vulnerabili. Il suo spirito sostiene tutti noi”. (R.M.)
GRANDE PARTECIPAZIONE, IERI A KINSHASA, NELLA REPUBBLICA
DEMOCRATICA
DEL CONGO, ALLE ESEQUIE SOLENNI DELL’ARCIVESCOVO DELLA CITTÀ,
CARDINALE FRÉDÉRIC ETSOU-NZABI-BAMUNGWABI,
SCOMPARSO IL 6 FEBBRAIO SCORSO DOPO UNA LUNGA MALATTIA
KINSHASA. = Migliaia
di fedeli, oltre 20 mila secondo alcune stime, si sono raccolti ieri nella
Cattedrale ‘Notre Dame du Congo’
di Kinshasa per rendere l’ultimo omaggio
all’arcivescovo della città, cardinale Frédéric Etsou-Nzabi-Bamungwabi, scomparso
all’età di 76 anni lo scorso 6 febbraio a Lovanio, in
Belgio, dopo una lunga malattia. “Il feretro è stato deposto accanto alla tomba
del suo predecessore, il cardinale Joseph-Albert Malula” scomparso nel 1989: lo ha raccontato alla MISNA un
giornalista di Radio Elikya, l’emittente
diocesana fondata dallo stesso arcivescovo sette anni fa. Il cardinale Etsou “era un uomo di pace, che ha voluto l’unità nella
Chiesa e nel suo Paese”, ha affermato durante l’omelia il cardinale Christian Wiyghan Tumi, arcivescovo di Duala, in
Camerun, che ha presieduto i solenni funerali alla presenza di decine di
vescovi e sacerdoti, tra cui il presidente della Conferenza episcopale congolese, mons. Laurent Monsengwo Pasinya. L’incaricato
d’affari della Nunziatura apostolica ha letto nella Cattedrale il messaggio di
cordoglio inviato da Benedetto XVI lo scorso 8 gennaio all’ausiliare di Kinshasa, mons. Daniel Nlandu Mayi, in cui il Papa definisce il cardinale Etsou “un figlio eminente dell’Africa”, che “ha servito
Cristo e la sua Chiesa”. Personalità politiche di primo piano hanno partecipato
alle esequie: dal presidente appena rieletto, Joseph
Kabila, al suo omologo della vicina Repubblica del Congo,
Denis Sassou-Nguesso, ai presidenti di Senato e
Assemblea nazionale, esponenti di altre confessioni religiose. Domenica, circa
80 mila fedeli avevano partecipato a una celebrazione in memoria del defunto
arcivescovo allo ‘Stadio dei Martiri’ di Kinshasa, in una cerimonia concelebrata
da 44 vescovi e 550 sacerdoti. (R.M.)
NELLA GIORNATA DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO DI DOMENICA SCORSA,
OTTO VESCOVI MESSICANI E STATUNITENSI RIUNITI ALLA FRONTIERA PER
DIRE ‘NO’
AL MURO TRA I DUE PAESI, DEFINITO “BARRIERA DELLA VERGOGNA”
MATAMOROS. = Hanno
benedetto la “Croce del Migrante” issata sulle rive del Rio Bravo, alla
frontiera tra il Messico e gli Stati Uniti, tornando a criticare con forza la
costruzione del ‘muro’ tra i due Paesi, “una barriera della
vergogna”. Così, otto vescovi messicani e statunitensi hanno celebrato domenica
la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, accompagnati da centinaia di
fedeli che hanno depositato piccole croci di legno ai piedi del monumento e sparso fiori nelle acque del fiume in memoria dei migranti
morti nel disperato tentativo di varcare la frontiera. Inaugurando la seconda
‘Casa del migrante’ nella località di Matamoros, padre Francisco Gallardo
López, coordinatore per i migranti della diocesi
locale, citato dall’agenzia Misna, ha sottolineato la
necessità di “ricordare che di fronte a Dio siamo tutti migranti nel nostro
cammino spirituale”. Gli ha fatto eco il vescovo messicano mons. Alonso Gerardo Garza Treviño,
sottolineando che “è dovere di ogni cattolico, dare cibo a chi ha fame, acqua a
chi ha sete e vestiti a chi è nudo” e avvertendo che il ‘muro’
“rischia di danneggiare le relazioni tra i due Paesi”. (R.M.)
“QUALUNQUE
SIA IL REGIME POLITICO, ESSO DEVE AVERE COME CENTRO
LA
PERSONA UMANA E I SUOI DIRITTI, E DEVE PROMUOVERE I VALORI DEMOCRATICI":
COSÌ, I VESCOVI DEL VENEZUELA,
NEL
DOCUMENTO FINALE DELLA LORO 87.MA
ASSEMBLEA PLENARIA
- A
cura di Luis Badilla -
CARACAS. = “Tempo di dialogo per
costruire insieme”: è il titolo del documento conclusivo dell’87.ma Assemblea plenaria dei vescovi del Venezuela,
conclusasi sabato scorso. In riferimento alla realtà
del Paese, dopo la terza rielezione del presidente Hugo
Chávez, i presuli scrivono: “Si è aperta una nuova
tappa nella storia politica del Paese e non soltanto per la rielezione
presidenziale ma anche per le proposte circa un nuovo modello politico e
sociale chiamato Socialismo del secolo XXI”. “Quello che, in
definitiva, interessa tutti – aggiungono, con le parole della lettera del
dicembre scorso al capo di Stato – è che la proposta politica di governare sia
una via di trasformazione aperta alla trascendenza e alla religione; che
promuova l’inclusione di tutti i venezuelani attraverso il dialogo e la
convinzione; che ribadisca i diritti inalienabili dell’uomo già consacrati
dalla Costituzione del 1999 e, in particolare, aliena nella stessa misura dal
capitalismo selvaggio e dall’ideologia marxista e stalinista, i cui risultati
sono stati negativi nei Paesi in cui è stata applicata”. “Inoltre – continuano
i vescovi venezuelani – qualunque sia il regime politico, esso deve avere come
centro la persona umana e i suoi diritti, promuovendo i valori democratici e,
tra questi, uno molto importante è la preservazione della proprietà privata e
della sua funzione sociale”. La Conferenza episcopale ribadisce di essere “un
corpo di pastori e profeti che, senza pretese di leadership politica, annuncia
i principi e i criteri del Vangelo e del Magistero ecclesiastico, e allo stesso
tempo, denuncia le decisioni e le misure che colpiscono negativamente il
popolo”. “Ci sono situazioni – si legge nel documento - sulle
quali i vescovi non possono tacere e verità sulle quali continueranno ad
insistere: la centralità della persona; i diritti umani, il pluralismo politico
di fronte al pensiero unico e all’esclusione per ragioni ideologiche o per
qualunque altro motivo; l’educazione pluralista, aperta alla trascendenza e
alla religione; la lotta contro la povertà, la disoccupazione, l’insicurezza
giuridica e sociale e la violenza; la libertà di espressione e il diritto
all’informazione; la richiesta di una risposta positiva alla situazione inumana
dei nostri fratelli privati della libertà e di quanti si sentono perseguitati”.
DA
GERUSALEMME, IL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE STATUNITENSE, MONS. SKYLSTAD, SOTTOLINEA LA “RESPONSABILITA’ MORALE”
DEGLI STATI UNITI
AD
AIUTARE IL POPOLO IRACHENO “A VIVERE IN SICUREZZA E DIGNITOSAMENTE”
WASHINGTON. = Ogni futuro
intervento o iniziativa politica degli Stati Uniti in Iraq “dovrebbe essere valutato alla
luce della responsabilità morale della nostra Nazione volta ad aiutare gli
iracheni a vivere in sicurezza e dignitosamente”. Ad affermarlo è il presidente
della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, mons. William Stephen. Skylstad, in una nota
diffusa da Gerusalemme, dove si trova in questi giorni insieme alla delegazione
del Coordinamento delle Conferenze episcopali a sostegno della Terra Santa.
Secondo mons. Skylstad, la nuova
strategia per l’Iraq annunciata dal presidente Bush
la settimana scorsa, o qualsiasi proposta alternativa, deve rispondere a un
interrogativo morale di fondo: “Come favorire una transizione responsabile in
quel Paese?”. Le tappe di questa transizione – afferma il
presule – sono: garantire livelli minimi di sicurezza; realizzare accordi e
istituzioni che aiutino a superare le attuali divisioni; ridurre la violenza;
allargare la partecipazione; promuovere la libertà religiosa e quella dei
diritti umani, oggi gravemente compromessi in Iraq. Mons.
Skylstad ricorda le obiezioni della Santa Sede
all’intervento militare in Iraq anche per le sue possibili conseguenze
irreparabili e, “alla luce degli attuali sviluppi”, ribadisce il sostegno della
Conferenza episcopale al coinvolgimento di tutta la comunità internazionale
nella ricerca di una soluzione. Sollecita inoltre un impegno più deciso degli
Stati Uniti nella pacificazione di tutto il Medio Oriente. Di qui, anche il
reiterato appello alle forze politiche del Paese a lavorare insieme con uno
spirito bi-partisan: “Questo dialogo civile è tanto
più urgente in questo momento di confronto in cui la Nazione è chiamata a
prendere decisioni importanti”. (L.Z.)
JOAQUÍN NAVARRO-VALLS, PORTAVOCE VATICANO PER
OLTRE 20 ANNI,
NOMINATO
PRESIDENTE DEL CONSIGLIO D’AMMINISTRAZIONE
DELL’UNIVERSITÀ
CAMPUS BIO-MEDICO DI ROMA
ROMA.
= Joaquín Navarro-Valls,
direttore della Sala stampa vaticana per oltre 20 anni, è il nuovo presidente
dell’Advisory Board (Consiglio d'amministrazione)
dell’Università Campus Bio-Medico di Roma. “L’integrazione
di base tra i risultati delle scienze positive e la riflessione antropologica –
ha dichiarato Navarro-Valls, citato dall’agenzia SIR
- è l’idea che mi ha trascinato in questa nuova attività professionale.
Sappiamo tutto sull’essere umano, sui processi biochimici e la biomeccanica del suo organismo, ma potremmo ancora non
sapere chi è questo essere umano”. Nata nel 1993, l’Università Campus Bio-Medico di Roma, che offre cinque corsi di laurea
nell'ambito delle scienze mediche, il prossimo settembre si trasferirà nella
nuova sede di Trigoria, dove sono in fase di
completamento il nuovo policlinico e il polo di ricerca in biomedicina
e bioingegneria. (R.M.)
ATTENZIONE
AL MONDO DELL’IMMIGRAZIONE NEL SEMINARIO SUL “PRIMO ANNUNCIO”, PROMOSSO A ROMA DALLA
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
ROMA. = “Dire Dio ai cercatori di
Dio”: è questa, secondo mons. Bruno Forte, presidente della Commissione
episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi, la risposta
della comunità dei credenti “di fronte al crescente processo di
secolarizzazione ed alla diffusa ignoranza dei contenuti della fede cristiana,
ma anche dinanzi al bisogno mai spento e sempre ritornante di conoscere il Dio
biblico e il senso che la fede in Lui schiude alla vita e alla storia”.
Introducendo il seminario sul “primo annuncio”, in corso a Roma per iniziativa
della citata Commissione CEI, mons. Forte ha osservato che “non basta
trasmettere la fede a chi già in qualche modo la vive; occorre rivolgersi anche
in modo adeguato a chi non crede e tuttavia cerca il volto di Dio, o a chi pur
credendo avverte il bisogno di conoscere meglio Colui in cui crede o di poter
dare ragione ad altri della propria speranza”. Da parte sua – riferisce
l’agenzia SIR – mons. Walther Ruspi, direttore
dell’Ufficio catechistico nazionale della CEI, ha sottolineato che “il mondo
dell’immigrazione sta costringendo le comunità cristiane ad aprirsi al primo
annuncio per coloro che non hanno conosciuto Gesù, dentro tutta una serie di
problemi che chiamano in causa il rapporto tra la Chiesa e lo Stato”. “Oggi –
ha fatto presente il relatore – sono aumentate le difficoltà soprattutto per
gli immigrati senza permesso di soggiorno”. Sul piano sociale e politico,
secondo mons. Ruspi, è ”urgente” che anche i cristiani, con la loro
“coscienza”, contribuiscano a combattere “le
situazioni di palesi ingiustizie in cui gli immigrati sono collocati per il
lavoro, l’alloggio e i diritti fondamentali”. Solo in questo modo, ha concluso
il direttore dell’Ufficio CEI, “il primo annuncio diventa forza di cambiamento
e di conversione di tutta la comunità cristiana”. (R.M.)
=======ooo=======
16 gennaio 2007
- A cura di
Fausta Speranza -
Ancora bombe
in pieno centro a Baghdad. Almeno quattro i morti, tra cui due poliziotti, nel
quartiere di Karrada. Attentato con una moto-bomba
pure nei pressi di una moschea sunnita: 15 le
vittime. Intanto, l’Ufficio
delle Nazioni Unite a Baghdad rende noto che nel 2006 sono rimasti uccisi nelle
violenze irachene 34.452 civili. Il responsabile dell’ONU per i diritti umani
in Iraq, Gianni Magazzeni, ha detto in una conferenza
stampa che nello stesso anno sono rimaste ferite 36 mila persone. Secondo la
stessa fonte, rispetto a settembre ed ottobre scorsi, negli ultimi due mesi vi
sarebbe stato un piccolo decremento delle vittime. In novembre e dicembre
inoltre sono stati uccisi 6.376 civili, 4.731 dei quali a Baghdad.
A proposito delle esecuzioni in
Iraq, l’Alto commissario dell’ONU per i diritti umani Louise
Arbour, ha espresso il rammarico per le esecuzioni di
Barzan Ibrahim al-Tikriti e Awad Hamad al-Bandar al-Sad’un, accusati di crimini
contro l’umanità per la strage di Dujail. Amnesty International
ha parlato di “una brutale violazione del diritto alla vita e di un’ulteriore
opportunità persa per gli iracheni di veder rispondere del proprio operato i
responsabili dei crimini commessi sotto il regime di Saddam Hussein”.
Da parte sua, la gran Bretagna ha precisato: “Siamo contrari alla pena di
morte, ma si tratta di una decisione presa da un governo sovrano”.
La Siria e l’Iraq troveranno
presto un accordo per la consegna alle autorità irachene di ex ufficiali del
deposto regime di Saddam Hussein
rifugiatisi in Siria dalla primavera 2003. Lo ha detto oggi Fakhri
Karim, rappresentante a Damasco del presidente
iracheno Jalal Talabani,
commentando i primi risultati della visita di quest'ultimo nella capitale
siriana, in corso da domenica.
Il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice ripone grande
fiducia nel prossimo vertice a tre con il primo ministro israeliano Ehud Olmert e con il presidente
palestinese Abu Mazen,
concordato ieri a Gerusalemme. Secondo il segretario di Stato americano - oggi
in Arabia Saudita e Kuwait - i colloqui, che dovrebbero svolgersi entro 3-4
settimane, potrebbero segnare il rilancio delle trattative di pace fra
israeliani e palestinesi. Intanto ha creato agitazione negli ambienti politici
a Gerusalemme la notizia, riportata questa mattina in prima pagina dal
quotidiano Haaretz, di contatti segreti informali fra
Israele e la Siria, di cui sarebbero stati a conoscenza i rispettivi governi,
che si sarebbero svolti dal 2004 al 2006 e avrebbero portato l’anno scorso ad
un primo protocollo informale d’intesa. L’informazione è stata smentita
dall’ufficio del premier israeliano Ehud Olmert e a Damasco da fonti del ministero degli Esteri.
Un ordigno è esploso a Kabul
durante un’operazione di bonifica di un’autovettura sospetta da parte degli artificieri
italiani. Nessun militare è rimasto ferito, ma un robot usato per le operazioni
è andato distrutto.
Ancora violenze in Nigeria. Un gruppo
di uomini armati ha ucciso quattro capi tribali locali e altre otto persone, in
un attacco all’imbarcazione che li trasportava lungo un fiume nel Delta del
Niger. L’attacco ha però caratteristiche anomale
rispetto a quelli ricorrenti nella zona contro istallazioni di compagnie
petrolifere, che si concludono spesso con il sequestro di operatori stranieri.
Nel Delta del Niger - lo ricordiamo - sono tuttora nelle mani dei loro rapitori
3 tecnici italiani, uno libanese e 5 lavoratori cinesi.
Di fronte al
Parlamento spagnolo riunito in seduta plenaria il premier Jose Luís Rodríguez Zapatero ha rilanciato il tema della pace nei Paesi Baschi,
dopo il drammatico attentato del 30 dicembre scorso, ed ha invitato tutte le
forze politiche ad unirsi per rispondere alla sfida del terrorismo con la
fermezza della legge e della democrazia. Un appello immediatamente respinto
dall'opposizione di centrodestra che vede nella proposta uno stratagemma
politico per nascondere “il fallimento” della politica di Zapatero.
Il servizio è di Ignazio Arregui.
**********
Rodríguez Zapatero
ha dichiarato che ritiene indispensabile un consenso generale in favore della
pace, con la partecipazione di tutti i partiti parlamentari e non solo come
stabilito in un accordo, firmato negli anni scorsi, tra il partito popolare e
quello socialista. “Comunque – ha detto – con la violenza non è mai
conciliabile il dialogo e nell’agenda del negoziato non ci saranno mai
questioni politiche”, ma – ha aggiunto – di essere
determinato a tentare tutte le vie possibili pur di raggiungere il grande
obiettivo della pace. Il leader dell’opposizione,
Mariano Rajoy, ha sferrato un duro attacco per
il fallimento del suo processo di pace. “Con l’ETA – ha detto – non è
ammissibile alcun dialogo” ed ha aggiunto che si è trattato di un errore che il
Parlamento spagnolo abbia dato al governo il benestare per possibili contatti
con l’ETA. L’unica politica ragionevole è quella che porta alla sconfitta del
gruppo terrorista. Dopo il dibattito parlamentare, che ha confermato
l’impossibilità per adesso di un’intesa tra il governo e l’opposizione. Il
governo avrà ora un incontro con i politici per la ricerca di un consenso per
la pace e contro il terrorismo.
Per la Radio Vaticana, Ignazio Arregui.
**********
Si torna a parlare del caso Litvinenko, l’ex agente del KGB morto a Londra nelle scorse
settimane a seguito di un avvelenamento da polonio 210. Gli investigatori
britannici che stanno indagando sul caso hanno ora chiesto di tornare in Russia
per proseguire l’inchiesta. Gli inquirenti di Mosca,
da parte loro, hanno annunciato di voler interrogare nella capitale britannica
il magnate russo Berezovsky, che vive in esilio a
Londra.
Con 450
voti sui 689 voti validi (715 i totali), il popolare tedesco Hans-Gert Poettering è stato eletto, al primo turno, nuovo
presidente del Parlamento per i prossimi due anni e mezzo. La sua elezione è
frutto di un accordo siglato ad inizio legislatura tra i due principali gruppi
del Parlamento che prevedeva una staffetta tra un presidente socialista e uno
popolare. Il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, ha inviato
ad Hans-Gert Poettering un messaggio in cui scrive: “Sono sicuro che lei
guiderà con chiarezza e coerenza l’attività del Parlamento Europeo
nell’interesse della causa di un’Europa più profondamente unita attorno ai
principi e agli obbiettivi fissati concordemente nel Trattato Costituzionale”.
Il parlamento nepalese ha
approvato ieri la nuova Costituzione, aprendo la via all’ingresso dei ribelli
maoisti nell’Assemblea. I membri del vecchio Parlamento hanno approvato la
Costituzione ad interim che traghetterà il Paese verso le nuove elezioni
previste a giugno. Il nuovo Parlamento, che sarà composto da
330 membri, vedrà anche la partecipazione, per la prima volta, dei ribelli
maoisti, 73 in tutto, ma non dei leader politici che lavoreranno insieme per indire
delle nuove elezioni. Maria Grazia Coggiola:
**********
Il Nepal ha ufficialmente voltato
pagina e probabilmente darà anche l’addio alla monarchia, come previsto dagli
accordi di pace - siglati a novembre – 83 rappresentanti dei ribelli maoisti hanno
fatto il loro ingresso nel Parlamento provvisorio di Katmandu. Rappresentano
ora la seconda forza politica e in alleanza con il partito comunista nepalese
hanno la maggioranza dell’Assemblea. La nuova Costituzione ad interim, che è stata varata ieri, prevede più poteri al primo
ministro e resterà in vigore fino a quando
un’Assemblea costituente, votata dal popolo probabilmente a giugno, non
redigerà una nuova Carta Costituzionale. Secondo alcuni commentatori, data
l’affluenza dei partiti comunisti monarchici, il Nepal potrebbe adottare un
sistema politico repubblicano. Difficile dire se la transizione dei maoisti da
movimento guerrigliero a partito politico avverrà senza incidenti di percorso.
Un elemento fondamentale, voluto dalla Comunità internazionale, sarà il
processo di disarmo. Già da oggi osservatori delle Nazioni Unite sono al lavoro
nell’est del Paese per ispezionare le basi dei ribelli e definire le modalità
del disarmo. I maoisti contano su una milizia di circa 30 mila uomini e
controllano larga parte del regno himmalayano. Le
armi saranno depositati in specifici contenitori. Secondo gli accordi anche
l’esercito nepalese dovrà consegnare un numero uguale di armi e munizioni in
una caserma di Katmandu e sempre sotto la sorveglianza dell’ONU.
Per la Radio Vaticana, Maria
Grazia Coggiola.
**********
Nuove rivelazioni sullo stato di salute del leader cubano Fidel Castro. Secondo il quotidiano spagnolo El Pais, Castro
sarebbe in “gravi condizioni”, dopo tre operazioni non riuscite. Al momento sarebbe
in atto un’infezione all’intestino degenerata in peritonite. Il giornale,
citando fonti ospedaliere e diplomatiche, riferisce che, quando fu operato in
luglio, Castro soffriva di diverticolite, che aveva
causato un’emorragia.
Si sta avvicinando un reale cambiamento d’epoca. Così il neopresidente dell’Ecuador, Rafael Correa, ieri nel suo
discorso di insediamento a Quito. Lotta alla
corruzione, fine del liberalismo e revisione del debito estero – che supera i
10 miliardi di dollari – sono i punti cardine del suo programma. Il servizio di
Maurizio Salvi:
**********
Nel suo discorso di investitura
Correa ha assicurato che si sta avvicinando non un’epoca di cambiamenti, ma un
reale cambiamento di epoca. Il capo dello Stato, ascoltato attentamente da una
decina di colleghi latino-americani e dall’iraniano Mahmoud Ahmadinejad, ha quindi dichiarato la lotta
alla corruzione, decretato la fine del liberalismo nel Paese ed annunciato
l’intenzione di rinegoziare il debito estero che supera i 10 miliardi di dollari.
La cerimonia è stata una nuova occasione per vedere tutti insieme i leader di
Paesi come Cuba, Venezuela, Bolivia, Nicaragua ed Ecuador che sono impegnati ad
unire gli sforzi per rendere la vita ‘difficile’ agli Stati Uniti nel
sub-continente americano. E su questo ‘treno’ cerca anche di salire Ahmadinejadal suo secondo viaggio in America
Latina in quattro mesi, interessato fra l’altro a consolidare un ‘cartello’ del petrolio, di cui l’Ecuador è buon
produttore.
Dall’America
Latina, Maurizio Salvi, ANSA, per la Radio Vaticana.
**********
In
Italia quattro persone sono morte ieri sera nello scontro tra un aliscafo di
linea e un mercantile presso lo scalo del porto di Messina. A bordo del primo mezzo
c’erano 151 passeggeri, quasi tutti pendolari, e sei membri dell’equipag-gio. Una settantina i feriti, alcuni dei quali in
modo grave. Secondo la Capitaneria di porto, non è escluso che nello specchio
d’acqua dov’è avvenuto l’incidente ci fosse una terza
nave.
Tre scosse di terremoto in cinque
settimane sono state registrate nei pressi di Basilea, nel nord della Svizzera,
a causa dei lavori per la realizzazione di una vasta centrale geotermica. L’ultima scossa, di magnitudo 3,2 sulla scala
Richter, risale alla notte
scorsa e si è verificata nello stesso punto delle scosse dell’8 dicembre 2006 e
del 6 gennaio 2007, ha indicato il servizio sismologico
svizzero. Trasportato dall’acqua, il calore verrebbe
poi utilizzato per fornire elettricità a 10.000 utenze domestiche e per
riscaldarne 2.700.
La Russia ha fornito all’Iran,
come da contratto, complessi missilistici antiaerei Tor-1M: lo ha detto il
ministro della Difesa russo, Serghei Ivanov, in una conferenza stampa riferita dall’agenzia
Interfax. “Abbiamo fornito complessi a breve raggio”, ha precisato il ministro:
“Rispettiamo le regole internazionali e sviluppiamo la cooperazione
tecnico-militare con questo Paese. Se all’Iran servono armi difensive, siamo
pronti a cooperare”.
=======ooo=======