RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 15  - Testo della trasmissione di lunedì 15 gennaio 2007

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Da domani, in Tanzania, il primo Congresso panafricano sull’evangelizzazione per discutere sui grandi temi sociali e religiosi del continente, in vista del secondo Sinodo dei vescovi. Il Papa invita a non dimenticare l’Africa: intervista con padre Carmine Curci

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Non si fermano le esecuzioni in Iraq: l’Unione Europea ribadisce ilno’ alla pena capitale. Il commento di Riccardo Noury

 

La Slovenia abbandona oggi il tallero ed entra definitivamente nella zona dell’euro: ce ne parlano Mario Mauro e Alberto Quadrio Curzio

 

Il dibattito internazionale sui cambiamenti climatici: l’intervento di Giampiero Maracchi

 

Si chiama H2O perché vuole essere acqua viva nel mondo della comunicazione. E’ una nuovo agenzia di informazione cattolica che partirà in primavera e produrrà brevi notiziari audiovisivi: intervista con Jesus Colina

 

CHIESA E SOCIETA’:

Messaggio dei 13 leader religiosi di Gerusalemme per la fine delle lotte inter- palestinesi

 

Inaugurati ad Ankawa, nel Kurdistan iracheno, il Seminario maggiore di Saint Peter ed il Babel College, l’unica facoltà teologica cristiana in Iraq

 

Syed Shahabuddin, ex deputato e presidente dell’Unione dei musulmani indiani, dice “no” alla legge anti-conversione presentata al governo dell’Himachal Pradesh

 

Secondo il sindaco di Cagayan De Oro, sarebbe in buone condizioni padre Lucio Bola, il missionario cattolico scomparso il 31 dicembre a Mindanao, nelle Filippine

 

Secondo l’ONU la prevista crescita economica in Africa, di circa il 5,6%, è insufficiente per raggiungere gli obiettivi di sviluppo

 

Nasce, in Darfur, il Movimento per la Liberazione del Grande Sudan

 

Da un gruppo di ricercatori scozzesi, le prime galline transgeniche che producono uova-farmaco anticancro

 

Dedicato alla sessualità il numero di gennaio di “E-pilgrimage”, newsletter della GMG di Sidney 2008

 

24 ORE NEL MONDO:

L’ingresso dei maoisti nel Parlamento del Nepal pone termine a 10 anni di guerra civile

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

15 gennaio 2007

 

 

DA DOMANI A VENERDI’, IN TANZANIA, IL PRIMO CONGRESSO PANAFRICANO SULL’EVANGELIZZAZIONE PER DISCUTERE SUI GRANDI TEMI SOCIALI E RELIGIOSI

DEL CONTINENTE, IN VISTA DEL SECONDO SINODO DEI VESCOVI.

IL PAPA INVITA A NON DIMENTICARE L’AFRICA

- Intervista con padre Carmine Curci -

 

Centosessanta persone, tra cardinali e vescovi, religiosi ed esperti, daranno vita tra domani e venerdì prossimo al primo Congresso panafricano sull’evangelizzazione, ospitato dalla capitale della Tanzania, Dar-es-Salaam. L’appuntamento, oltre a collocarsi nella scia dell’Esortazione apostolica post-sinodale di Giovanni Paolo II Ecclesia in Africa, guarda al secondo Sinodo episcopale del continente, in corso di preparazione, le cui grandi e gravi problematiche sono state oggetto di ampia riflessione da parte di Benedetto XVI, nel recente discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Nel suo intervento, il Papa ha posto in risalto, tra l’altro, l’impotenza internazionale nella crisi del Darfour, la ripresa delle ostilità nel Corno d’Africa, il dramma dei bambini-soldato in Uganda, ma anche gli sviluppi positivi registrati nella regione dei Grandi Laghi o in Costa d’Avorio. Prendendo spunto dalle parole del Pontefice, Alessandro De Carolis ha domandato al direttore della rivista Nigrizia, il padre comboniano Carmine Curci, quale sia il grado di attenzione dei governi occidentali al continente africano:

 

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R. - Il livello è di poca attenzione, soprattutto nelle aree di grande crisi. Benedetto XVI ha ripetuto per due volte: non dimentichiamo l’Africa. E dobbiamo anche riconoscere che non è la prima volta che il Papa interviene sulle questioni africane. Sin dall’inizio del suo Pontificato, ha richiamato la comunità internazionale a prendere a cuore quello che sta succedendo in Africa. Il Papa parla anche degli aspetti positivi dell’Africa quando dice che ci sono alcune istituzioni che la prendono a cuore, ma anche tanta gente che ogni giorno si impegna attraverso dei progetti perché questo sviluppo possa essere concreto nel continente.

 

D. - A questo proposito, al Congresso panafricano che si apre domani in Tanzania uno dei temi di dibattito sarà quello dell’autofinanziamento. Che prospettive ci sono in questo senso?

 

R. - A partire dal primo Sinodo dei vescovi africani, nell’aprile del 1994, la Chiesa africana sta facendo questo grosso cammino nel dire: noi non possiamo sempre e solo aspettare risorse che ci vengono da fuori. Dobbiamo allora sempre più insistere verso l’autosufficienza, invitare la gente a dare quel poco che ha, perché l’esperienza in Africa ci insegna che quando la gente dà, si sente partecipe e noi riteniamo che ciò sia molto importante.

 

D. - Al Congresso panafricano si parlerà anche dell’Esortazione post-sinodale Ecclesia in Africa. Sono trascorsi più di dieci anni dalla pubblicazione di questo documento da parte di Giovanni Paolo II: com’è cambiato il continente in questo lasso di tempo?

 

R. - Alcuni vescovi africani, quando Giovanni Paolo II nel novembre del 2004 cominciò a parlare di un secondo Sinodo, dissero di non aver ancora riflettuto a fondo sull’Esortazione post-sinodale. In realtà, parlare del nuovo Sinodo voleva essere una spinta in più, da parte del Papa, a tradurre in pratica i temi dell’Ecclesia in Africa, soprattutto il tema dell’inculturazione. E’ chiaro, quindi, che non è stato fatto il cammino sperato: però sono stati gettati i semi perchè questo secondo Sinodo possa crescere.

 

D. - Tra i temi che il Sinodo dovrà affrontare cosa potremmo segnalare come principale?

 

R. - Innanzitutto il tema scelto è quello della giustizia, della pace e della riconciliazione. In Africa, il termine riconciliazione ha più il significato di “guarigione”, di guarigione interna. Quindi, il Sinodo che verrà sottolineerà molto l’aspetto dell’impegno dei cristiani nel campo della giustizia e della pace e appunto della riconciliazione.

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Il Congresso panafricano che inizia domani avrà, tra i suoi ospiti, due membri della Curia Romana: il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, e il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Ascoltiamo allora il punto sui temi principali che animeranno i lavori dal nostro inviato a Dar-es-Salaam, padre Josef Ballong. 

 

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A dieci anni dalla pubblicazione dell’Esortazione post-sinodale Ecclesia in Africa e alla vigilia della celebrazione del secondo Sinodo africano, il Congresso si propone di fare il bilancio sul progresso dell’evangelizzazione e dell’approfondimento della fede cattolica in Africa e nelle isole, dove il messaggio del Vangelo deve incarnarsi ogni giorno di più e farvi emergere una Chiesa famiglia di Dio. Il Congresso deve esaminare e proporre delle soluzioni e delle strategie pastorali per superare gli ostacoli e affrontare le sfide che impediscono oppure rallentano il lavoro dell’opera evangelizzatrice nel continente e per promuovere la collaborazione, il lavoro in rete, gli scambi di idee e di esperienze pastorali, per un ministero e una testimonianza più effettiva a tutti i livelli della Chiesa, dove il fedele ogni giorno è più consapevole di essere chiamato ad essere, per il mondo di oggi, sale della Terra, luce e fermento di trasformazione della società.

 

Da Dar-es-Salaam, Josef Ballong, Radio Vaticana.

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Secondo i dati riportati nell’Annuario statistico della Chiesa 2004, l’Africa conta una popolazione di circa 877 milioni di persone, 149 mila delle quali cattolici, ovvero il 17% del totale. I vescovi sono 630, oltre 31.200 i sacerdoti, 7.800 i religiosi non sacerdoti e 57.500 le religiose. In prepotente crescita rispetto al passato i missionari laici (3.900) e più ancora i catechisti (380 mila). Anche le vocazioni sacerdotali conoscono una buona fioritura con i circa 23 mila seminaristi. L’istruzione è assicurata dalla Chiesa con oltre 11 mila scuole materne, 31 mila istituti primari e 8 mila secondari. Il comparto sanitario in Africa, gestito da strutture ecclesiali, dispone di 953 ospedali, circa 5 mila dispensari e 236 lebbrosari. Le case di assistenza per anziani, malati cronici, portatori di handicap sono 638, 1.675 gli orfanotrofi.

 

 

UDIENZE

 

Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina alcuni presuli della Conferenza episcopale della Regione Campania, in visita "ad Limina", e il signor James T. Morris, direttore esecutivo del Programma Alimentare Mondiale, in visita di congedo.

Sabato sera, il Papa aveva ricevuto l’arcivescovo Paul Josef Cordes, presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum”.

 

 

NOMINE

 

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Lae, in Papua Nuova Guinea, presentata da mons. Henry Anthony A. van Lieshout, della Congregazione dei Missionari di Marianhill, per raggiunti limiti di età.

Il Papa ha nominato nuovo vescovo di Lae padre Christian Blouin, della Congregazione dei Missionari di Marianhill, Maestro dei Postulanti a Lae. Padre Christian Blouin è nato il 1° novembre 1941 a Saint-Sébastien, nell’arcidiocesi di Québec, in Canada. E’ stato ordinato sacerdote il 3 maggio 1969.

 

In Bangladesh, il Papa ha nominato vescovo di Rajshahi il rev. Gervas Rozario, del clero di Rajshahi, parroco di Rohanpur e amministratore diocesano. Il rev. Gervas Rozario è nato il 15 agosto 1951 a Stiangaccha, nella diocesi di Rajshahi. E' stato ordinato sacerdote il 31 dicembre 1980. Nel 1991 ha conseguito la Laurea in Teologia Morale presso l'Alphonsianum di Roma.

 

In Messico, il Santo Padre ha nominato vescovo ausiliare di Culiacán il rev. Emigdio Duarte Figueroa, rettore del Seminario Diocesano di Culiacán, assegnandogli la sede titolare vescovile di Bilta. Il Rev. Emigdio Duarte Figueroa è nato il 5 maggio 1968, nella città di Guamuchil, nella diocesi di Culiacán e nello Stato di Sinaloa. E’ stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1996. Ha compiuto studi di specializzazione in Teologia Morale presso l’Accademia Alfonsiana della Pontificia Università Lateranense di Roma ottenendo il Dottorato nella medesima Accademia.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - "Le migrazioni: una grande risorsa per il cammino dell'umanità"; Benedetto XVI, all'Angelus della Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, chiede che la famiglia migrante venga rispettata e possa rimanere unita per compiere la sua missione di culla della vita e primo ambito di accoglienza e di educazione.

 

Servizio estero - In evidenza l'Iraq con un articolo dal titolo: "Il patibolo ancora strumento di un crudele 'giustizialismo'": eseguita per impiccagione a Baghdad la condanna a morte dei due coimputati di Saddam Hussein.

 

Servizio culturale - Due contributi, rispettivamente di Marcello Filotei e di Antonio Braga, sulla figura di Arturo Toscanini, del quale ricorre il cinquantesimo anniversario della morte.

 

Servizio italiano - Governo; politica estera: aspra polemica fra i poli. Berlusconi: "L'Esecutivo è antiamericano".

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

15 gennaio 2007

 

 

NON SI FERMANO LE ESECUZIONI IN IRAQ:

 L’UNIONE EUROPEA RIBADISCE IL NO ALLA PENA CAPITALE

- Intervista con Riccardo Noury -

 

Il portavoce del governo iracheno Ali Debagh ha confermato ufficialmente l’avvenuta esecuzione del fratellastro di Saddam Hussein, Barzan al Tikriti, e dell’ex presidente del Tribunale rivoluzionario, Awad al Bander. La cronaca nel servizio di Eugenio Bonanata:

 

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“I due condannati sono stati impiccati”. Queste le parole del portavoce dell’esecutivo di Baghdad che in una conferenza stampa ha fornito altri dettagli dell’esecuzione. All’impiccagione, eseguita all’alba nello stesso luogo dove morì l’ex rais, erano presenti anche due magistrati e un medico. Al ristretto numero di partecipanti è stato chiesto formalmente di non lasciarsi andare a dichiarazioni o a manifestazioni di alcun tipo. Tutto – ha precisato ancora il funzionario - si sarebbe svolto in maniera perfettamente ordinata anche se non mancano dettagli macabri: la testa di al Tikriti si è infatti staccata dal corpo durante l’impiccagione. Un caso raro questo che è stato definito un evento che può succedere. Il portavoce dell’esecutivo iracheno ha però insistito sul fatto che nel corso dell’esecuzione “non ci sono state violazioni” e che i diritti dei condannati sono stati rispettati. Intanto le famiglie di al Tikriti e di al Bander – che secondo i legali non erano state avvisate in anticipo - sono già state contattate dalla autorità irachene per la consegna della salme. I due – lo ricordiamo - sono stati giudicati colpevoli di crimini contro l’umanità per il massacro di 148 sciiti avvenuto nel 1982. Inizialmente, la loro esecuzione era stata fissata insieme a quella dell’ex rais per il 30 dicembre. Poi le autorità irachene avevano deciso un rinvio.

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In questo quadro la pena di morte è tornata al centro del dibattito internazionale. Condanne sono giunte dal presidente della Commissione europea Barroso, che si è detto pronto a lavorare con l’ONU per abolire la pena capitale nel mondo. Stessa posizione del premier italiano Prodi. E mentre per la Casa Bianca l’Iraq sta facendo giustizia di coloro che hanno commesso crimini efferati, critiche sono arrivate dal ministero degli Esteri russo, secondo il quale le impiccagioni non favoriscono la stabilizzazione nel Paese arabo. Per un commento su quanto avvenuto a Baghdad, Salvatore Sabatino ha sentito Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia:

 

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R. – La pena di morte doveva essere abolita nella nuova Costituzione irachena. Sarebbe stato un segnale importante di rottura della continuità con la tradizione saddamista di violazione dei diritti umani. Anche queste due impiccagioni sono arrivate al termine di un processo irregolare, sono state esecuzioni frettolose e non servono alla giustizia. Fondamentalmente la negano a centinaia di migliaia di vittime che attendevano di vedere processato Saddam Hussein e i suoi co-imputati in un processo che adesso proseguirà senza di loro, che è quello per il tentato genocidio della popolazione curda.

 

D. – Secondo molti analisti le esecuzioni di oggi possono essere interpretate come una sfida alla Comunità internazionale. E’ d’accordo?

 

R. – Le parole del primo ministro Al Maliki, di una settimana fa, fanno pensare che questa interpretazione sia corretta. Certo è un gesto di sfida ma una dimostrazione di grande impunità, perché alla fine le condanne non saranno così forti e il rischio è che queste non siano le ultime esecuzioni purtroppo.

 

D. – E a questo punto la Comunità internazionale come dovrebbe muoversi nei confronti proprio dell’Iraq?

 

R. – Il grande problema è che lo Stato che segue più da vicino e da dentro le vicende irachene, cioè gli Stati Uniti, ha approvato queste due come la precedente esecuzione. Quindi è difficile avere una grande alleanza abolizionista nei confronti dell’Iraq. Però occorre che l’Unione Europea, con i Paesi che stanno dentro, penso alla Gran Bretagna, quei Paesi che hanno comunque un ruolo nel futuro dell’Iraq, faccia sentire la sua voce e lo faccia alzandola, perché le dichiarazioni del primo ministro Al Maliki di una settimana fa e cioè che sarebbero stati rivisti i rapporti diplomatici e politici con i Paesi che protestavano per l’uso della pena di morte, sono dichiarazioni inaccettabili che fanno riferimento a una tradizione politica di arroganza, che era quella del deposto regime. Da questo punto di vista purtroppo le cose nei modi, nei metodi e nei fatti non sembrano molto cambiate.

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LA SLOVENIA E’ DA OGGI IL 13.MO PAESE AD ADOTTARE L’EURO: GLI EFFETTI SULL’AREA DELL’OTTIMO SVILUPPO DEL PAESE E L’IMPORTANZA DELLA MONETA UNICA EUROPEA SCELTA PER IL 25% DELLE RISERVE VALUTARIE MONDIALI

- Con noi Mario Mauro e Alberto Quadrio Curzi -

 

La Slovenia è formalmente da oggi il 13.mo Paese di 'Eurolandia'. A mezzanotte sono finite le due settimane di transizione durante le quali era ancora possibile pagare in  entrambe le valute e dunque Lubiana è il primo dei 10 nuovi Paesi entrati  nel 2004 ad  introdurre l'euro. Grazie a controlli serrati, non si sono registrati aumenti di prezzi significativi. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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Il tallero dopo soli 15 anni di vita passa nella storia. Introdotto nell'autunno 1991, a pochi mesi dalla proclamazione della secessione della Slovenia dalla Jugoslavia, ha svolto un ruolo cruciale nella difesa dell'economia della Repubblica dalla galoppante inflazione del dinaro jugoslavo nei giorni del disfacimento. Il Paese non aveva una tradizione di sovranità monetaria propria e per il nome,tolar’ in sloveno, si pensò alle monete dell'imperatrice asburgica Maria Teresa: retaggio storico significativo. Negli ultimi dieci anni Lubiana ha bruciato le tappe: dall'adesione alla Nato e all’UE,  all'adozione dell’euro,  fino  all'ormai prossimo ingresso nell'area Schengen. Da gennaio 2008 sarà presidente di turno dell’Unione stessa. Sugli effetti di tutto ciò sull’area, ascoltiamo il commento di Mario Mauro, vicepresidente del Parlamento europeo con delega per il Sud est europeo:

 

“E’ un importante segno di speranza, perchè questo dà la possibilità agli altri Paesi dell’area, soprattutto all’area sud-ovest dei Balcani, che in questo momento è la più interessata ed anzi ha più problemi, a comprendere come l’Europa sia l’unica strada possibile per la soluzione di questi problemi. Quindi, lo è non solo per il conseguimento del risultato della stabilità nell’area, ma anche per l’ottenimento di quei benefici in termini di pace e sviluppo che soli possono garantire il futuro di questi popoli”.

 

Sembra anche che l’UE stia riscattando l’onta e il dolore degli Anni ’90, quando si è compiuta alle sue porte, quasi nel cuore dell’Europa, la tragedia del sanguinoso conflitto dei Balcani. Ancora Mario Mauro:

 

“E’ stato un fenomeno che veramente ha rischiato di compromettere definitivamente il senso politico del progetto Unione Europea. Il fatto, quindi, che l’Unione Europea abbia preso un poco alla volta il coraggio e abbia compreso quanto grande sia la propria responsabilità, rispetto a questo angolo del continente, ci dà la misura del fatto che non tutto è perduto per la conservazione dell’esperienza pensata e progettata dai padri fondatori dell’Unione”. 

 

Prossimi appuntamenti per l’area: elezioni generali in Serbia (il 22 gennaio) e presentazione, subito dopo, del rapporto dell'inviato dell'ONU, Marthi Athisaari, sullo status finale del Kosovo. 

 

In ogni caso, il governo sloveno festeggia oggi con la manifestazione chiamata “Addio tallero benvenuto euro”: invitati il cancelliere tedesco Angela Merkel, presidente di turno dell'UE; il presidente della Commissione europea Barroso; il governatore della Banca centrale europea Jean-Claude Trichet; il presidente dell'Eurogruppo e primo  ministro del Lussemburgo Jean-Claude Junker. Si discute dei primi cinque anni dell'euro, partendo dal fatto che in euro è già il 25% delle riserve valutarie mondiali. L’economista Alberto Quadrio Curzio:

 

“Si tratta di un successo dell’euro, che ben difficilmente poteva essere prefigurabile, quando l’euro nacque nel 1999 e ancor più nel 2001. La ragione è che evidentemente i mercati valutari internazionali stanno considerando questa valuta come una solida alternativa al dollaro, anche perché l’Europa ha un’inflazione molto bassa, più bassa – circa la metà – di quella degli Stati Uniti e una bilancia commerciale sostanzialmente in pareggio a fronte di un gigantesco deficit commerciale degli Stati Uniti, che quest’anno oscilla tra il 6 e 7 per cento del prodotto interno lordo. Ed è vero che gli Stati Uniti crescono di più dell’Europa, ma evidentemente i mercati valutari stanno apprezzando di più la bassa inflazione e la bilancia commerciale europea in pareggio”.

 

Per l’adozione dell’euro l’UE chiede standard economici precisi che ancora alcuni Paesi non riescono a soddisfare e c’è poi la scelta precisa della Gran Bretagna. Ancora Quadrio Curzio:

 

“E’ una scelta di tipo politico, oltre che economico. La sterlina è legata alla piazza finanziaria di Londra. La piazza finanziaria di Londra è molto attratta dalla piazza finanziaria di New York. L’ingresso nell’euro potrebbe determinare talune questioni nelle relazioni transatlantiche tra Regno Unito e Stati Uniti”.

 

E intanto qualcuno parla di euro e di sviluppo in Africa:

 

“La mia impressione è che l’euro andrà acquisendo significativa rilevanza nell’area dei Paesi mediorientali e alla fine diventerà una valuta concorrente del dollaro per i pagamenti del petrolio. Per quanto riguarda l’Africa, la questione è più complessa, perché bisognerà vedere il comportamento della Cina in Africa, dove questa grande potenza economica mondiale sta svolgendo una politica di inserimento assai significativa”.

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LA QUESTIONE DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI E IL RISCALDAMENTO DEL PIANETA

AL CENTRO DEL DIBATTITO INTERNAZIONALE

- Intervista con il prof. Giampiero Maracchi -

 

Prosegue nella comunità internazionale il dibattito sui cambiamenti climatici e in particolare sull’aumento della temperatura media globale. Il segretario esecutivo dell’ONU, Yvo de Boer, chiede un vertice mondiale sull’argomento. Il direttore dell’Osservatorio astronomico di San Pietroburgo, Jabibuló Abdusamátov, contrariamente alle organizzazioni ambientaliste, ha affermato oggi che il surriscaldamento del Pianeta Terra non è dovuto all’attività umana ma a quella del sole.  D’altra parte proprio in questi giorni negli Stati Uniti è arrivata un’ondata di freddo record, in particolare in California, dove è stata decretata l’emergenza. Tempeste di neve e alluvioni hanno causato la morte nel Paese di 13 persone, in gran parte nell’Oklahoma. Ma sulla questione dei cambiamenti climatici ascoltiamo il prof. Giampiero Maracchi, direttore dell’Istituto di Biometeorologia del CNR di Firenze, al microfono di Eliana Astorri:

 

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R. – La temperatura media del Pianeta è già aumentata di 0,6 gradi ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti a partire dagli ultimi 15 anni. I  primi segnali di cambiamento si sono visti intorno al ’90 e da lì sono successe molte cose. Voglio ricordare soltanto un dato: in Italia abbiamo pagato tutti gli anni 4 miliardi di euro, circa 8 mila miliardi delle vecchie lire e cioè il 10 per cento della manovra finanziaria, solo per i danni causati da esondazioni in gran parte dovute a questa nuova struttura del clima.

 

D. – Ricordiamo, poi, gli orsi che non sono andati in letargo e gli uccelli che sbagliano a migrare…

 

R. – Esatto. Ci sono, infatti, i migratori che si trattengono nelle zone di origine, proprio perché non ci sono più le condizioni per una partenza; ci sono dei veri e propri spostamenti di aree: un uccello molto comune che tutti conoscono, lo storno, fino a qualche decennio fa o meglio fino a qualche anno fa, il limite nord per la sua migrazione era considerato il Lazio e Roma, mentre oggi – secondo un Rapporto compiuto da un Istituto specializzato svizzero, che è il maggior centro di ornitologia europeo – gli storni svernano sul lago di Ginevra e quindi ad una distanza dell’ordine di mille chilometri.

 

D. – Quindi una vera e propria rivoluzione. Cosa sta succedendo allora?

 

R. – Sta succedendo che il Pianeta si scalda e si modifica, quindi, la macchina del clima. La proiezione sul riscaldamento globale è abbastanza certa, ma sugli effetti del riscaldamento globale le conseguenze possono essere anche molto diverse: lo scioglimento dei ghiacci può provocare una diminuzione di salinità dell’Oceano Atlantico e questo può modificare la velocità della Corrente del Golfo ed anche il punto in cui questa corrente va in profondità. Attualmente questo succede vicino alla Groenlandia e il braccio freddo della corrente lambisce in profondità la costa degli Stati Uniti e questo comporta notoriamente che una città alla stessa latitudine di Londra, durante i mesi invernali, ha una temperatura che è di 5-6 ed anche 7 gradi più bassa di quella di Londra. Le conseguenze locali possono essere poi diversificate. E questo lo dico, perchè nella percezione comune ormai il fatto che si parli di riscaldamento del Pianeta viene fatto una sorta di equazione: il Pianeta si riscalda, farà caldo dappertutto. Questo, invece, non è vero.

 

D. – Invece può succedere esattamente il contrario?

 

R. – Sì, può succedere esattamente il contrario. Così come quest’anno in cui la neve è molto poca, si dice subito che allora non nevicherà più. Certamente la tendenza è quella di una forte diminuzione delle nevicate invernali, ma voglio a questo riguardo ricordare anche il 2006, in cui invece c’è stata tantissima neve. La macchina del clima sostanzialmente impazzisce e quindi abbiamo fenomeni estremi da un anno all’altro. Quello che conta in climatologia  sono le tendenze e quindi bisogna guardare i fenomeni su un periodo di cinque anni, dieci anni, quindici anni. Io credo che bisogna formare l’opinione pubblica e a questo riguardo sono importantissimi i media che più che con gli allarmismi, dovrebbero indicare cosa si può fare: se tutti, ad esempio, abbassassimo la temperatura che abbiamo nei nostri appartamenti, si avrebbe un risparmio energetico in termini di emissioni conseguenti che è più o meno pari al 30-40 per cento degli obblighi che ci derivano dalle indicazioni dell’Unione Europea. Se poi insieme a questo, si adottassero comportamenti individuali come ad esempio evitando di spostarci in lunghi tragitti con le automobili oppure cercando di acquistare merci che non fanno migliaia di chilometri, eviteremmo certo dei danni ambientali.

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SI CHIAMA H2O PERCHÉ VUOLE ESSERE ACQUA VIVA NEL MONDO

DELLA COMUNICAZIONE. È UN NUOVO SERVIZIO DI INFORMAZIONE CATTOLICA

CHE SARÀ OFFERTO DA UN GRUPPO DI PROFESSIONISTI:

 PARTIRÀ IN PRIMAVERA E PRODURRÀ BREVI NOTIZIARI TELEVISIVI

- Intervista con Jesus Colina -

 

Vuole offrire notiziari sulla vita della Chiesa con un formato che possa trovare spazio su Internet – in particolare nei siti di informazione cattolica - ma anche nelle televisioni che intendono fornire news sulle attività della Santa Sede. Si chiama H2O ed è un servizio di informazione che partirà in primavera. Tra i suoi promotori Jesus Colina, direttore dell’agenzia di informazione cattolica Zenit. Tiziana Campisi gli ha chiesto in che modo sarà organizzato questo nuovo servizio:

 

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R. - H2O è un servizio audiovisivo di notizie, è un’idea che nasce prendendo spunto dal lavoro che io faccio a Zenit da ormai dieci anni. E’ un nuovo progetto che nasce indipendentemente da Zenit, io partecipo ma ci sono altri professionisti di grandissimo livello, c’è un produttore cinematografico, ci sono grandi giornalisti. E’ un progetto internazionale e cominceremo in sei lingue. L’idea nasce dal fatto che non c’è oggi un’agenzia di notizie in video di carattere religioso che si possa distribuire sia alle tv cattoliche che su quelle non cattoliche e ai portali Internet. In pratica noi vogliamo offrire delle notizie - in media 4, 5 al giorno - che parlino della Santa Sede, della Chiesa nel mondo, delle notizie che i cattolici non possono sapere, in formato molto breve, di un minuto e mezzo ogni notizia e che possano servire per qualsiasi formato tecnologico e per Internet in particolare per i siti cattolici o per i siti che comunque sono interessati alla voce del Papa e della Chiesa.

 

D. - Chi produce H2O?

 

R. - Stiamo creando una nuova società di professionisti cattolici impegnati nella comunicazione. Contiamo sul sostegno morale del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali e siamo in collaborazione con il Centro Televisivo Vaticano, come è il caso anche di altre iniziative di comunicazione televisiva, però siamo dei professionisti che creiamo una nuova società che si chiama H2O.

 

D. - Perchè questo nome?

 

R. - Vogliamo essere acqua viva. La parola del Papa nel panorama informativo mondiale è diventata veramente un punto di riferimento. Noi vogliamo tentare di dare un piccolo contributo perché la Parola del Santo Padre e la vita dei cattolici possa anche navigare anche nel formato audiovisivo sulle nuove autostrade della comunicazione.

 

R. - Quale messaggio vuole dare H2O?

 

D. - Noi crediamo, come ci ha insegnato Benedetto XVI, che il cristianesimo sia qualcosa di bello, di propositivo. Vogliamo presentare questa acqua viva, senza la quale la persona umana non può vivere perché non possiamo vivere di materialismo. Vogliamo trasmettere questa corrente, questo fiume per farlo scorrere nell’ambito dell’informazione generale. Pertanto vogliamo diffondere l’essenza del Vangelo, in pratica la Deus caritas est di Benedetto XVI fatta comunicazione.

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CHIESA E SOCIETA’

15 gennaio 2007

                       

 

UN ACCORDO TRA HAMAS E FATAH, “PER LAVORARE SULL’INDIPENDENZA E OFFRIRE

AI POPOLI DELLA TERRA SANTA, CRISTIANI, EBREI E MUSULMANI, SICUREZZA E PACE”:

È QUANTO CHIEDONO 13 LEADER RELIGIOSI DI GERUSALEMME,

IN UN MESSAGGIO AL POPOLO PALESTINESE

 

GERUSALEMME. = Preoccupati per il peggioramento delle relazioni tra le due principali fazioni palestinesi, Fatah e Hamas, 13 leader religiosi di Gerusalemme hanno inviato oggi un messaggio al popolo palestinese nel quale affermano che “è giunto il tempo per un accordo tra le parti, per lavorare sull’indipendenza e per offrire ai popoli di questa Terra Santa, cristiani, ebrei e musulmani, sicurezza e pace”. “Tutti i tentativi di mediazione sono falliti – si legge nel messaggio, citato dall’agenzia SIR – e le accuse e le minacce hanno provocato una violenza che ora è difficile fermare”. Secondo il capi religiosi, “lo stesso linguaggio minaccioso dei leader delle due fazioni non ha precedenti. Tutto ciò non fa altro che portare a una guerra civile con il risultato di oscurare le vere esigenze del popolo palestinese”. “Lotte e rapimenti – continuano – non abbatteranno il muro di separazione e nemmeno metteranno fine all’embargo”. Serve, dunque, “un cambiamento, specialmente per la salvezza dei bambini e dei giovani, che meritano un futuro migliore”. I firmatari si dicono “pronti a fare la loro parte anche come mediatori o in qualsiasi altro ruolo necessario per aiutare il nostro popolo”. “E’ vitale – concludono – ridare unità al Governo, compattare le forze di sicurezza, rimuovere le armi dalle strade e incoraggiare palestinesi e israeliani a tornare al tavolo dei negoziati”. (R.M.)

 

 

INAUGURATI AD ANKAWA, NEL KURDISTAN IRACHENO, IL SEMINARIO MAGGIORE

 DI SAINT PETER ED IL BABEL COLLEGE, L’UNICA FACOLTÀ TEOLOGICA CRISTIANA

 IN IRAQ. LE DUE ISTITUZIONI CALDEE SONO STATE TRASFERITE DA BAGHDAD

PER RAGIONI DI SICUREZZA

 

ANKAWA. = E’ stato inaugurato l’11 gennaio, ad Ankawa, nel Kurdistan iracheno, il Seminario maggiore caldeo di Saint Peter e il Babel College, l’unica facoltà teologica cristiana in Iraq, gestita dalla Chiesa caldea. Come riferiscono l’agenzia Sir e AsiaNews, le due istituzioni caldee sono state trasferite da Baghdad, loro sede originaria, dopo essere rimasti chiusi per mesi a causa della crescente insicurezza. L’inizio dell’anno accademico è stato segnato dalla celebrazione di una Messa nella chiesa caldea di Mar Eliya, presieduta dal rettore, mons. Jacques Isaac. Tra i fedeli, anche il Patriarca vicario caldeo, mons. Andraous Abouna, e Sarkis Aghajan, ministro delle Finanze del governo regionale curdo che, come cristiano, ha voluto partecipare “per segnalare l’ospitalità che il governo curdo è disposto a offrire ai cristiani”. Secondo quanto riporta il sito Baghdadhope, il college registra già l’iscrizione di studenti sia nella sezione teologica che in quella filosofica, oltre ai 35 seminaristi. Fonti di AsiaNews a Baghdad, che mantengono l’anonimato, raccontano che ormai i cristiani rimasti in città sono solo i più poveri, le famiglie che non possono permettersi di trasferirsi altrove. “Per il resto – aggiungono – sono tutti fuggiti”. Il quartiere storico dei cristiani, Dora, è in mano alle milizie sunnite e muoversi all’interno della capitale diventa sempre più difficile e pericoloso: “Se si vuole entrare o uscire da un quartiere – racconta la fonte – bisogna chiedere il permesso alle milizie che lo controllano, altrimenti si è certi di finire rapiti o uccisi”. (R.M.)

 

 

SYED SHAHABUDDIN, EX DEPUTATO E PRESIDENTE DELL’UNIONE DEI MUSULMANI

INDIANI, DICE “NO” ALLA LEGGE ANTI-CONVERSIONE PRESENTATA AL GOVERNO DELL’HIMACHAL PRADESH. “PRODURRÀ UN EFFETTO NEGATIVO IN TUTTA L’UNIONE”, SCRIVE IN UNA LETTERA A SONIA GANDHI

DELHI. = Syed Shahabuddin, ex deputato e presidente dell’Unione dei musulmani indiani, invita a fare marcia indietro sulla legge anti-conversione presentata in questi giorni al governo dell’Himachal Pradesh. In una lettera aperta indirizzata a Sonia Gandhi, il leader musulmano ha chiesto espressamente l’abrogazione della legge che prevede pene severe per chi costringe o induce alla conversione. “Produrrà un effetto negativo in tutta l’Unione – ha affermato – e non è giustificata da alcun dato attendibile, viste le piccole dimensioni della comunità cristiana ed il suo egregio comportamento”. Come riferisce AsiaNews, Shahabuddin ha chiesto alla presidente del Congresso indiano di intervenire “affinché il governo dell’Himachal Pradesh non presenti il testo al suo governatore, per essere firmato: esso deve morire di morte naturale”. Sullo stesso argomento si è espresso anche Abraham Mathai, segretario generale dell’All India Christian Council che, sempre a Sonia Gandhi, scrive: “E’ necessario intervenire contro una legge che cerca di strangolare lo spirito di libertà dei cittadini indiani”. (A.D.F.)

 

 

È VIVO E STA BENE PADRE LUCIO BOLA, IL MISSIONARIO CATTOLICO SCOMPARSO

IL 31 DICEMBRE A MINDANAO, NELLE FILIPPINE. NE È “QUASI CERTO”

IL SINDACO DI CAGAYAN DE ORO, IMPEGNATO NELLE INDAGINI,

CHE ESCLUDE UN COINVOLGIMENTO DEI RIBELLI COMUNISTI DEL NEW PEOPLE’S ARMY

CAGAYAN DE ORO. = È vivo ed è al sicuro padre Lucio Bola, il missionario cattolico sparito lo scorso 31 dicembre a Mindanao, nel sud delle Filippine. A sostenerlo è Vicente Emano, sindaco di Cagayan De Oro, nella provincia orientale di Misamis, che ieri ha dichiarato di essere “quasi certo che il sacerdote è vivo e sta bene e non è nelle mani del New People’s Army, il braccio armato del Partito comunista delle Filippine. Sulla base di fonti che non ha voluto rivelare – riferisce AsiaNews - Emano si è detto “quasi certo” anche del luogo in cui si trova padre Bola, suggerendo di indagare meglio nel passato della famiglia per trovare una pista investigativa. Il fratello del missionario è stato assassinato nel 1980, perché sospettato di essere membro del movimento comunista. Padre Bola, che lavora presso il seminario scalabriniano nel villaggio di Pardo a Talisay, Cebu, nelle Filippine Centrali, era tornato dalla sua famiglia a Mindanao, per trascorrere le feste. L’ultima volta è stato visto il 31 dicembre sull’autostrada di Balingasag, probabilmente in attesa dell’autobus che lo doveva portare in un’altra città. Il primo cittadino di Cagayan De Oro ha spiegato che l’ultimo contatto con il missionario risale a pochi giorni dopo la sua scomparsa: il 2 gennaio avrebbe infatti telefonato al seminario scalabriniano di Cebu. (R.M.)

 

 

LA PREVISTA CRESCITA ECONOMICA IN AFRICA DEL 5,6% È INSUFFICIENTE PER RIDURRE LA POVERTÀ E MIGLIORARE LE CONDIZIONI DI VITA NEL CONTINENTE:

LO RIVELA IL RAPPORTO ONU

 SULLA ‘SITUAZIONE ECONOMICA MONDIALE E PROSPETTIVE’ 2007

 

NEW YORK. = La prevista crescita economica in Africa di circa il 5,6% nel 2007 rappresenta una “svolta importante rispetto ai precedenti decenni di stagnazione”, ma è “insufficiente per raggiungere gli obiettivi di sviluppo che ridurrebbero sensibilmente la povertà e migliorerebbero le condizioni di vita nel continente”. Lo sostiene il Rapporto annuale ONU sulla ‘Situazione economica mondiale e prospettive’, secondo cui “la maggior parte dei Paesi africani non sono stati capaci di sostenere sufficientemente sul medio termine gli alti tassi di crescita”. Il documento, citato dall’agenzia Misna, riferisce che, tra il 1998 e il 2006, solo 7 nazioni sulle 52 monitorate dalla Commissione economica per l’Africa delle Nazioni Unite (ECA) hanno conseguito una crescita media del prodotto interno lordo superiore al 7%. Questo aumento, tuttavia, non è stato sempre convertito in maggiori posti di lavoro, uno dei requisiti indispensabili per dimezzare la povertà. “La situazione deve cambiare e gli Stati africani devono sviluppare le loro industrie di trasformazione”, ha osservato Hakim Ben Hammouda, direttore dello sviluppo economico, finanziario ed economico dell’ECA. Anche la mancanza di infrastrutture efficienti ostacola il conseguimento di tassi di crescita alti e sostenibili. Secondo lo studio, l’Africa ha una densità stradale inferiore a sette chilometri ogni 100 chilometri quadrati, mentre in America latina è di 12 e in Asia 18. Inoltre, – si legge – “nonostante una sostanziale dotazione di risorse energetiche, meno del 30% della popolazione africana ha accesso all’elettricità”. Dati che, conclude il Rapporto, costituiscono a loro volta “una condizione critica per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo nazionali”. (R.M.)

 

 

NASCE, IN DARFUR, IL MOVIMENTO PER LA LIBERAZIONE DEL GRANDE SUDAN (GSLM), FORMAZIONE POLITICO-MILITARE DELL’ALA DISSIDENTE

DEL “MOVIMENTO PER LA LIBERAZIONE DEL SUDAN” (SLM)

 

KHARTOUM.= A causa di forti tensioni e contrasti all’interno del principale gruppo ribelle del Darfur, il “Movimento per la liberazione del Sudan” (SLM), un’ala dissidente ha dato origine a una nuova formazione politico-militare, che si è autodefinita “Movimento per la liberazione del Grande Sudan” (GSLM). Al centro della disputa – riferisce l’agenzia MISNA - l’accordo di pace che l’SLM ha firmato nel maggio del 2006 ad Abuja, in Nigeria, col governo di Khartoum. In un ampio proclama, il GSLM annuncia che continuerà la “campagna politica e militare contro il regime di Khartoum”, sostenendo che la strategia del governo centrale “è quella di distorcere le componenti demografiche” del Darfur, attraverso “politiche di pulizia etnica, persecuzione ed espulsione nei Paesi vicini, per creare nuove realtà sul terreno”. Il GSLM ha inoltre accusato l’Unione Africana (UA) di non essere riuscita “ad ottenere nulla in Darfur, né sul piano della sicurezza e della stabilità, né su quello dei risultati politici ai negoziati di Abuja”. In un comunicato proveniente da Londra, inoltre, il neo-nato movimento critica la comunità internazionale, rappresentata a suo dire dal Consiglio di sicurezza dell’ONU, che “ha fallito nella protezione delle popolazioni del Darfur dalle atrocità commesse dal regime sudanese”. Le rivendicazioni politiche, come accade dall’inizio della crisi nel 2003, riguardano la “centralizzazione” del potere politico da parte delle autorità di Khartoum e la conseguente “marginalizzazione” di gran parte dei sudanesi, cui è negato “l’esercizio del potere, l’accesso alle ricchezze e soprattutto la sottomissione a un’egemonia culturale”.  (A.D.F.)

 

 

DA UN GRUPPO DI RICERCATORI SCOZZESI, LE PRIME GALLINE TRANSGENICHE

CHE PRODUCONO UOVA-FARMACO ANTICANCRO

 

EDIMBURGO. = Un gruppo di ricercatori del Roslin Institute di Edimburgo, in Scozia, lo stesso in cui nacque la prima pecora clonata, Dolly, sono riusciti a ottenere galline geneticamente modificate che depongono delle uova contenenti proteine utilizzabili in futuro per la messa a punto di farmaci anticancro “in quantità e a basso costo”. Nell’arco di 15 anni, nell’istituto scozzese sono state allevate cinque generazioni di galline transgeniche, per un totale di 500. Alcune galline sono state sottoposte a modificazione genetica affinché deponessero uova contenenti nell’albume miR25, un anticorpo che ha il potenziale per curare il melanoma cutaneo; altre hanno deposto uova con interferone umano b-1a, che può essere usato per impedire ai virus di moltiplicarsi nelle cellule. Il Roslin Institute ha avvertito che le ricerche potrebbero richiedere altri cinque anni perché comincino gli esperimenti sui pazienti e 10 perché vengano prodotti medicinali ad hoc. (R.M.)                              

 

 

DEDICATO ALLA SESSUALITA’ IL NUMERO DI GENNAIO DI “E-PILGRIMAGE”,

NEWSLETTER DELLA GMG DI SIDNEY 2008

 

ROMA.= Il tema della sessualità al centro dell’edizione di gennaio di “e-pilgrimage”, la newsletter del comitato organizzatore della Giornata mondiale della gioventù di Sidney 2008. “Nel mondo moderno – scrive mons. Anthony Fisher, che firma l’editoriale, citato dall’agenzia Sir - l’importanza del sesso è spesso sopravvalutata, come se non fosse possibile essere felici senza aver avuto rapporti sessuali, oppure sminuita, resa volgare e banale, come se il sesso fosse una qualunque delle funzioni umane”. “Sappiamo bene – prosegue mons. Fisher - che il corpo, la sessualità e la fertilità sono beni preziosi e importanti, attraverso i quali esprimere gli aspetti più nobili dei rapporti umani, che però possono anche essere utilizzati per ferire e sfruttare”. Per indirizzare la riflessione dei giovani sul tema e la loro preparazione in vista della GMG a Sidney, la newsletter propone delle lezioni di Giovanni Paolo II sul dono e il significato della sessualità. Il numero di gennaio presenta, inoltre, l’amore fisico nella tradizione cattolica, “dal Canto dei Cantici della Bibbia all’Enciclica di Benedetto XVI ‘Dio è amore’, per arrivare a far conoscere Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi, la prima coppia moderna di sposi beatificati”. (A.D.F.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

15 gennaio 2007

 

- A cura di Eugenio Bonanata -

        

Ore decisive per la soluzione della crisi israelo-palestinese. Il segretario di Stato americano, Condoleeza Rice, impegnata in una lunga missione in Medio Oriente, stamani ha incontrato il premier israeliano, Ehud Olmert. Al termine del colloquio la stessa Rice è partita alla volta dell’Egitto, per un incontro con il presidente Mubarak. Ce ne parla Giancarlo La Vella:

 

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Un faccia a faccia riservatissimo di oltre tre ore tra la Rice e Olmert di cui, in un certo senso, lo stesso segretario di Stato americano aveva anticipato in un’intervista televisiva i contenuti. “Bisogna applicare la roadmap – ha detto la Rice in riferimento  al piano di pace messo a punto dal cosiddetto Quartetto di Madrid, formato da ONU, Unione Europea, Stati Uniti e Russia – che, tra le altre cose, prevede espressamente la creazione di uno Stato indipendente palestinese. Secondo la radio israeliana Rice e Olmert hanno anche concordato di tenere entro le prossime 3-4 settimane un vertice a tre con il presidente palestinese, Abu Mazen. E secondo altre indiscrezioni, sulla situazione israelo-palestinese, Olmert avrebbe detto alla Rice che il suo governo cesserà di sostenere politicamente Abu Mazen, se questi darà vita a un governo di unità nazionale che non onori le condizioni poste dal Quartetto: riconoscimento di Israele e degli accordi israelo-palestinesi; rinuncia alla violenza. Nel corso dell’incontro ampio spazio è stato dedicato anche all’Iran e alla situazione dell’intero Medio Oriente e dei Paesi arabi moderati. Oggi il capo della diplomazia statunitense è in Egitto, dove è in programma tra poche ore l’incontro con il presidente Hosni Mubarak, mentre ieri la Rice ha incontrato, a Ramallah, Abu Mazen ed, a Amman, Re Abdallah di Giordania.

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Nonostante le sanzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, l’Iran intende proseguire nell’installazione di 3.000 centrifughe per l’arricchimento dell’uranio. Lo ha confermato un portavoce del governo di Teheran secondo il quale si avvia a completamento il progetto iraniano per la produzione di combustibile nucleare.

 

Giornata storica oggi in Nepal. Il Parlamento ad interim, riunito per la prima volta a Kathmandu, ha approvato una nuova Costituzione, in vista delle elezioni democratiche di giugno. Un appuntamento che segue decenni di monarchia assoluta in uno dei Paesi più poveri al mondo e dopo scontri tra maoisti e fedelissimi del re Gyanendra, con un bilancio di oltre 13.000 morti. Dopo l’estromissione del monarca, i guerriglieri del leader Prachanda hanno scelto ora di deporre le armi e sedere in Parlamento. Ma la loro forza politica cosa rappresenta per il futuro del Nepal? Da Kathmandu, risponde Valeria Tanisi, della ONG Gruppo Relazioni Transculturali:

 

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R. - Oggi i maoisti rientrano in un processo democratico, nel senso che da oggi sono riconosciuti come partito politico. Quindi è un momento importante perché è quello che si era prospettato come soluzione.

 

D. - Eppure non tutti i ribelli hanno seguito il leader Prachanda, sulla via del disarmo. Ci sono pericoli?

 

R. - Non tutti i ribelli hanno consegnato le armi e ancora ci sono delle trattative in corso perché secondo alcuni ribelli maoisti, il consegnare le armi dovrebbe essere una cosa da ambo le parti. Chiedono anche all’esercito nepalese di deporre le armi. Dopo di che, tutto ancora è possibile, perché ci sono depositi di armi dei maoisti ancora non conosciuti.

 

D. - Con le elezioni di giugno a cosa si dovrà puntare?

 

R. - Ora il processo avviato è un processo democratico. Per i nepalesi, per la società civile potrebbe rappresentare davvero una possibilità di aprirsi al mondo di oggi?

 

D. - Il Nepal è uno dei Paesi più poveri al mondo. Quali sono le emergenze oggi?

 

R. - I problemi sono tanti, con la monarchia assoluta non è stato possibile affrontare problemi riguardanti la sopravvivenza della gente. I problemi sono vari, la scuola, l’istruzione, il lavoro, le condizioni primarie di vita. Per cui è un momento di gran fermento ma di gran lavoro, anche rispetto alla parte legislativa. Ci sono tanti gruppi che ora sono al lavoro per proporre leggi e tutele di base di diritti civili.

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La Cina e l’ASEAN, l’Associazione dei Paesi del Sudest asiatico, hanno siglato un’intesa in vista della creazione della più grande area di libero scambio al mondo. Secondo il Financial Times, l’accordo riguarda settori come le banche, la sanità, la scuola e i trasporti. Sul fronte della sicurezza energetica, prevista l’apertura dei mercati, la riduzione dei consumi e il taglio delle emissioni di gas serra. L’accordo, che entrerà in vigore a luglio, è stato raggiunto a margine del vertice regionale dell’Associazione in corso a Cebu, nelle Filippine.

 

Il ministro dell’Interno francese, Nicolas Sarkozy, è stato candidato ufficialmente dal suo partito, l’Unione per un Movimento Popolare, alle presidenziali di primavera. Tra i punti del programma di Sarkozy, designato con il 98.1% dei voti degli iscritti al partito, l’opposizione all’ingresso della Turchia nell’UE. Alle presidenziali, che si svolgeranno il 22 aprile e il 6 maggio, Sarkozy dovrà affrontare la socialista Ségolène Royal. Ce ne parla Francesca Pierantozzi:

 

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Nessuna nota stonata alla solenne cerimonia di investitura di Nicolas Sarkozy. Il ministro degli Interni francese è stato ufficialmente designato candidato del partito neogollista alle presidenziali di aprile, davanti a 80.000 militanti in festa e forte di un 98, 1 % di gradimento ottenuto alle primarie. I rischi di qualche stonatura c’erano, viste le spaccature che ancora dividono i neogollisti. Il presidente Jacques Chirac è rimasto estraneo e rigorosamente assente dall’evento, anche se Sarkozy ha tenuto a ringraziarlo in apertura del suo discorso. Sorrisi e strette di mano anche col primo ministro Dominique De Villepin che non ha votato per Sarkozy, ma è comunque rimasto al congresso per ben 35 minuti. Per Nicolas Sarkozy è ora il momento del “rassemblement”. Il candidato ha evitato di citare il nome della sfidante socialista, Ségolène Royal, e ha preferito mettere l’accento sul programma. Se la parola d’ordine è rottura tranquilla, all’ordine del giorno c’è la lotta contro l’immigrazione clandestina, il servizio civile obbligatorio per sei mesi, un tetto di imposizione fiscale abbassato al 50%, il no alla Turchia in Europa e un trattato semplificato da sostituire alla costituzione europea. Sarkozy ha ora meno di 100 giorni per convincere. I sondaggi continuano a darlo in testa a testa con la sua rivale Ségolène Royal.

 

Francesca Pierantozzi, da Parigi, per la Radio Vaticana

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L’accordo per risolvere la disputa sull’energia tra Russia e Bielorussia è stato un buon compromesso e Minsk ha ottenuto un sussidio pari a 5,8 miliardi di dollari per il 2007. Lo ha detto il presidente russo, Vladimir Putin, che secondo l’agenzia russa RIA, ha precisato che il supporto della Russia aiuterà la transizione della Bielorussia verso l'economia di mercato.

 

Il governo somalo ha deciso la sospensione delle trasmissioni delle tre principali radio locali ed ha intimato ad al Jazira, l’emittente televisiva araba satellitare, che ha un grande ufficio a Mogadiscio, di non effettuare più alcun servizio relativo alla Somalia. Intanto, all’indomani della proclamazione dello stato d’emergenza e della legge marziale per tre mesi, la situazione sembra tranquilla a Mogadiscio. E’ tuttavia ancora incerto il bilancio della sparatoria avvenuta la scorsa notte nella capitale contro un convoglio di soldati etiopici. Il lungo combattimento avrebbe causato almeno tre morti e decine di feriti.

 

Gli ostaggi italiani stanno bene, ma le trattative sono in stallo. Lo ha fatto sapere il MEND, il Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger, che, dallo scorso 7 dicembre, detiene tre tecnici italiani e uno libanese, sequestrati in un impianto petroliferero della compagnia italiana ENI.

 

Il leader emblematico del separatismo in Casamance, nel sud del Senegal, l’abate Augustin Diamacoune Senghor, è morto in ospedale a Parigi, dove era ricoverato dallo scorso mese di ottobre. Il religioso aveva firmato il 30 dicembre 2004 un “accordo generale di pace” con le autorità di Dakar per porre fine a un conflitto indipendentista in Casamance che, dal 1982, ha provocato centinaia di morti. Nonostante il rinvio dei negoziati nel 2005 e nel 2006 e i recenti, benché sporadici, combattimenti con l’esercito regolare, Senghor, nel dicembre scorso, aveva invitato a “continuare a lavorare per una pace definitiva in Casamance”.

 

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