RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 8  - Testo della trasmissione di lunedì 8 gennaio  2007

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Crisi politiche, sociali e umanitarie: nel discorso di inizio anno al corpo diplomatico presso la Santa Sede, il Papa chiede di consolidare ciò che di positivo c’è nel mondo per superare “ciò che degrada e uccide l’uomo”

 

Un figlio eminente dell’Africa, che ha servito Cristo e la sua Chiesa: così, Benedetto XVI ricorda, in un telegramma, il cardinale Frédéric Etsou, arcivescovo di Kinshasa, scomparso il 6 gennaio

 

Una ricerca italo-americana conferma la presenza nel liquido amniotico di cellule staminali utili alla cura di malattie umane: ai nostri microfoni il cardinale Javier Lozano Barragán e il genetista Bruno Dalla Piccola

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Le reazioni in Polonia sulle dimissioni di mons. Wielgus da arcivescovo di Varsavia: intervista con Tadeusz Konopka

 

Con una divina liturgia la comunità copto-ortodossa di Roma ha festeggiato il Natale: ai nostri microfoni mons. Barnaba El Soryany  

 

Giovani israeliani e palestinesi protagonisti di un progetto in Terra Santa promosso dal SERMIG, il Servizio Missionario Giovani: con noi, Ernesto Olivero

 

Con una mostra di particolari oggetti del periodo tra la fine del600 e l’inizio del ‘700, Firenze  rende omaggio  ad Anna Maria Luisa de’ Medici: ce ne parla Cristina Acidini  

 

CHIESA E SOCIETA’:

Nel 50mo anniversario del Radiogiornale della Radio Vaticana, le congratulazioni dell’arcivescovo John Foley, presidente del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali, per il lavoro svolto a servizio del Santo Padre e della Chiesa universale

 

In soli tre anni, dal 2004 al 2006, 319 operatori umanitari e caschi blu dell’ONU sono stati indagati per abusi sessuali: oltre la metà sono stati rimpatriati o licenziati

 

Appello del vescovo ortodosso bulgaro Tihon, per la liberazione delle cinque infermiere bulgare e del medico palestinese condannati a morte in Libia, con l’accusa di avere infettato con il virus dell’AIDS oltre 400 bambini nell’ospedale di Bengasi

 

Commercio di organi o violenze sessuali dietro il rapimento di 38 bambini di Nithari, villaggio a pochi chilometri da New Delhi. Due arresti e 17 le vittime accertate

 

Cresce il numero delle vittime delle alluvioni nel Sudest del Brasile. 50 i morti e migliaia i senzatetto. La siccità colpisce invece gli Stati del Nordest del Paese

 

In Terra Santa da giornalisti per rispondere all’appello del Papa, pregare per la pace, condividere, con le popolazioni cristiane e non, sofferenze e speranze. E’ partito oggi il pellegrinaggio dell’Unione cattolica stampa italiana (UCSI), che farà memoria anche dei tanti operatori dei media morti sui fronti di guerra

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq: l’agguato su un bus uccide 15 persone, mentre riprende il processo sullo sterminio di 180 mila curdi 

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

8 gennaio 2007

 

 

LO SGUARDO DI BENEDETTO XVI SUL PIANETA E GLI APPELLI PER IL SUPERAMENTO

DELLE VARIE CRISI POLITICHE, SOCIALI E UMANITARIE: NEL TRADIZIONALE DISCORSO DI INIZIO ANNO AGLI AMBASCIATORI DEL CORPO DIPLOMATICO PRESSO LA SANTA SEDE, IL PAPA CHIEDE DI CONSOLIDARE CIO’ CHE DI POSITIVO C’E’ NEL MONDO

PER SUPERARE “CON SAGGEZZA E TENACIA CIO’ CHE DEGRADA E UCCIDE L’UOMO”

 

Lo “scandalo” della fame e della miseria nel 21.mo secolo, la pace tuttora “violata e derisa”, gli attentati alla vita umana. E ancora: le crisi politico-umanitarie in Africa, i segnali di rinascita sociale in America Latina, l’espansione economica del gigante asiatico, il rischio del nucleare iraniano e coreano, gli appelli alla stabilità per il Medio Oriente, la difesa delle radici cristiane nell’Europa comunitaria: sono alcuni dei grandi temi dell’attualità internazionale che hanno cadenzato il discorso rivolto questa mattina da Benedetto XVI al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede - guidato dal decano, l’ambasciatore della Repubblica di San Marino, Giovanni Galassi - nella tradizionale udienza per lo scambio di auguri all’inizio del nuovo anno. La cronaca nel servizio di Alessandro De Carolis:

 

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Dieci nazioni africane citate esplicitamente per le loro vicende e più spesso per le loro traversie interne. Sette per l’Asia, tre per l’America Latina, quattro per il Medio Oriente. Uno sguardo soddisfatto all’Europa a 27 Stati, che non dimentica però di sperare in un analogo esito per i Paesi dei Balcani. Per una volta, i numeri estrapolati dal lungo ma soprattutto capillare intervento di Benedetto XVI al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede danno la misura dell’attenzione del Papa alla situazione internazionale e dello sforzo di valutarla nel suo complesso e nel suo dettaglio. L’augurio iniziale di pace e serenità del Pontefice ai diplomatici viene subito mutato in solidarietà per quelli che non conoscono pace né serenità per via dell’insoluto dramma di sempre, la miseria, che ancora all’inizio del terzo millennio fa mancare a “milioni di persone, specialmente donne e bambini” – ha osservato Benedetto XVI - acqua, cibo, un tetto:

 

LE SCANDALE DE LA FAIM, QUI TEND A S’AGGRAVER…

Lo scandalo della fame, che tende ad aggravarsi, è inaccettabile in un mondo che dispone dei beni, delle conoscenze e dei mezzi per porvi fine (…) Invito di nuovo i responsabili della nazioni più ricche a prendere i provvedimenti necessari affinché i Paesi poveri, spesso pieni di ricchezze naturali, possano beneficiare dei frutti dei beni che appartengono loro in modo proprio”.

 

Sul punto, il Papa ha invitato i Paesi che sostengono lo sviluppo a non recedere dall’impegno di destinare lo 0,7 del proprio PIL all’aiuto internazionale, così da sostenere meglio le organizzazioni che si occupano delle crisi umanitarie.

 

Quasi incalzando, la voce del Papa – che in un passaggio ha fatto i “migliori auguri” di buon lavoro al nuovo segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon - si è levata per denunciare il moltiplicarsi di una “crisi progressiva” nei negoziati sul disarmo, per contrasto enfatizzata dall’aumento delle spese militari, ma anche per condannare “fermamente” ancora una volta il terrorismo e quindi i “continui attentati portati alla vita”. Accade anche in continenti come l’Africa, dove la vita è rispettata, ma dove – ha portato ad esempio il Pontefice - si tenta “di banalizzare surretiziamente l’aborto attraverso il Protocollo di Maputo”. E una minaccia alla vita, ha proseguito il Papa, va considerata la “relativizzazione” della famiglia fondata sul matrimonio, come pure l’“aggressione” talvolta commessa “sotto l’apparenza della ricerca scientifica”, rilevabile nei “tentativi di legittimare la clonazione umana”. Sono derive, ha osservato Benedetto XVI, alimentate da una ricerca scientifica tentata dal non riconoscere altre leggi all’infuori “di quelle che vuole darsi”.

        

Quando Benedetto XVI ha iniziato a scandagliare l’orizzonte politico delle singole aree del pianeta, la sua prima riflessione è stata venata di preoccupazione. In primo luogo, ha detto, constatiamo che la “pace è spesso fragile e derisa”. E l’Africa, punto di partenza della sua analisi sui continenti, è l’emblema quasi di questo assunto, a cominciare dal “dramma del Darfour, che ha suscitato una netta presa di posizione del Pontefice:

 

LA COMMUNAUTE INTERNATIONALE SEMBLE IMPUISSANTE…

La comunità internazionale sembra impotente da ormai quattro anni, malgrado le iniziative destinate ad alleviare le popolazioni provate e a dare una soluzione politica. E’ solamente attraverso una collaborazione attiva tra le Nazioni Unite, l’Unione Africana, i governi  interessati e altri protagonisti che questi mezzi potranno divenire efficaci. Invito tutti ad agire con determinazione: non possiamo accettare che tanti innocenti continuino a soffrire e a morire”.

 

Anche la recente instabilità del Corno d’Africa ha indotto Benedetto XVI a un appello alle parti in causa, proponendo come simbolo di concordia il ricordo di suor Leonella Sgorbati, la religiosa uccisa il 17 settembre 2006 a Mogadiscio in Somalia. Il Papa ha speso parole per il “progresso dei negoziati” in Uganda – terra bagnata dal sangue di troppi bambini-soldato – affermando quindi di guardare “con interesse e speranza” alla transizione politica in Burundi e nella repubblica Democratica del Congo. Sempre in Africa, Benedetto XVI ha auspicato un presente migliore per Rwanda, Costa d’Avorio e la parte australe del continente, dove milioni di persone sono “ridotte ad una situazione di grande vulnerabilità”.

 

“Non dimentichiamo l’Africa”, ha chiosato il Papa, che è poi andato con la mente a uno dei grandi appuntamenti pastorali che lo riguarderanno tra qualche mese:

 

LE VOYAGE APOSTOLIQUE QUE J’ACCOMPLIRAI…

Il viaggio apostolico che effettuerò nel prossimo mese di maggio in Brasile mi dà l’occasione di volgere il mio sguardo verso questo grande paese, che mi attende con gioia, e verso tutta l’America Latina e i Caraibi. Il miglioramento di alcuni indici economici, l’impegno nella lotta contro il traffico di droga e contro la corruzione, i diversi processi di integrazione, gli sforzi per migliorare l’accesso all’educazione, per combattere la disoccupazione e per ridurre le disuguaglianze nella distribuzione dei redditi, costituiscono degli indizi da rilevare con soddisfazione”.

 

Accanto a segnali positivi, convivono in America Latina annose e talvolta gravi situazioni sociali e politiche come in Colombia - per la quale il Pontefice ha sollecitato sforzi di pacificazione - o per Haiti, vittima di povertà e violenza, o ancora per Cuba, alla quale il Papa ha indirizzato l’auspicio che fu di Giovanni Paolo II: “Che Cuba si apra al mondo e il mondo a Cuba”.

 

Subito dopo, Benedetto XVI si è soffermato sui grandi numeri demografici ed economici dell’Asia che vanta, ha detto, Paesi “in piena espansione” come la Cina e l’India. Dopo aver salutato le “piccole ma vivaci” comunità cattoliche del continente, in favore delle quali ha invocato la possibilità di “vivere e agire in un clima di libertà religiosa”, il Papa ha stigmatizzato una “certa fragilità dei processi di democratizazione” in Timor Est, ma anche la recrudescenza delle violenze in Afghanistan e i “pericolosi focolai di tensione” nella penisola coreana:

 

L’OBJECTIF DE LA RECONCILIATION DU PEUPLE COREEN…

L’obiettivo della riconciliazione del popolo coreano e della de-nuclearizzazione della Penisola, che avranno degli effetti benefici in tutta la regione, devono essere perseguiti nel quadro dei negoziati. Occorre evitare gesti che possano compromettere le trattative, senza tuttavia condizionare ai risultati gli aiuti umanitari destinati agli strati più vulnerabili della popolazione”.

 

Un difficile negoziato sul nucleare riguarda anche l’Iran. Il Papa ne ha parlato come di un possibile fattore di stabilizzazione per la sempre tesa area del Medio Oriente, qualora Teheran “accettasse una risposta soddisfacente alle preoccupazioni legittime della comunità internazionale”. E le “grandi inquietudini” suscitate dalla situazione in Terra Santa hanno stimolato nuove e accorate parole da parte di Benedetto XVI:

 

JE RENOUVELLE MON APPEL PRESSANT A TOUTES LES PARTIES EN CAUSE…

Rinnovo il mio pressante appello a tutte le parti in causa nel complesso scacchiere politico della regione, con la speranza che si consolidino i segni positivi tra Israeliani e Palestinesi registrati nel corso delle ultime settimane (…) Per porre termine alla crisi e alle sofferenze che essa causa nelle popolazioni, bisogna procedere attraverso un approccio globale, che non escluda nessuno dalla ricerca di una soluzione negoziata e che tenga conto delle aspirazioni e degli interessi legittimi dei diversi popoli coinvolti; in modo particolare, i Libanesi hanno diritto a vedere rispettata l’integrità e la sovranità del loro paese; gli Israeliani  hanno il diritto di vivere in pace nel loro Stato, i Palestinesi hanno il diritto ad una patria libera e sovrana”.

 

L’Europa, infine. Il Papa si è rallegrato per il recentissimo ingresso nelle strutture comunitarie di Bulgaria e Romania : Paesi, ha detto, di lunga tradizione cristiana. Una caratteristica, quest’ultima, che ha portato il Pontefice a ribadire un concetto mai troppo ripetuto :

  

ALORS QUE L’ON S’APPRETE A CELEBRER…

Nel momento in cui ci si appresta a celebrare il cinquantesimo anniversario dei Trattati di Roma, una riflessione si impone sul Trattato costituzionale. Mi auguro che i valori fondamentali che sono alla base della dignità umana siano pienamente protetti, in particolare la libertà religiosa in tutte le sue dimensioni e i diritti istituzionali delle Chiese. Allo stesso modo, non si può prescindere dall’innegabile patrimonio cristiano di questo continente, che ha largamente contribuito a modellare l’Europa delle nazioni e l’Europa dei popoli”.

 

Anche per i Balcani, Benedetto XVI ha auspicato non solo un pieno radicamento della stabilità regionale – presto, ha ricordato tra l’altro, sarà definitivo lo statuto per il Kosovo - ma anche una futura integrazione con le strutture comunitarie europee. Quindi, un ultimo appello del Pontefice per quanti, nel Vecchio Continente, sono tentati dal terrorismo” - “una strada senza uscita”, secondo il Papa - e un auspicio per quelli che ha definito “conflitti congelati”, affinché – è la speranza di Benedetto XVI – “possano trovare rapidamente una soluzione definitiva”, così come quelle “tensioni ricorrenti, legate ai nostri giorni soprattutto alle risorse energetiche”.

 

“Le situazioni che ho voluto evocare – ha osservato alla fine il Papa - costituiscono una sfida che ci riguarda tutti; si tratta di una sfida che consiste nel promuovere e consolidare tutto ciò che c’è di positivo nel mondo e a superare, con buona volontà, saggezza e tenacia, tutto ciò che ferisce, degrada e uccide l’uomo. Solo rispettando la persona umana - ha concluso - è possibile promuovere la pace, e solo costruendo la pace si pongono le basi per un autentico umanesimo integrale”.

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Ricordiamo che sono 175 gli Stati che attualmente intrattengono relazioni diplomatiche piene con la Santa Sede. A questi 175 Stati vanno aggiunti le Comunità Europee ed il Sovrano Militare Ordine di Malta e due Missioni a carattere speciale: la Missione della Federazione Russa, retta da un Ambasciatore, e l’Ufficio dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), guidata da un Direttore.

Per quanto riguarda l’anno appena concluso, il 16 dicembre 2006, la Santa Sede ha stabilito Relazioni diplomatiche con la Repubblica di Montenegro, a livello di Nunziatura Apostolica da parte della Santa Sede e di Ambasciata da parte della Repubblica di Montenegro.  Il 19 aprile la Santa Sede ha firmato un Accordo di Base con la Bosnia ed Erzegovina, con cui vengono confermati alcuni principi e definite alcune disposizioni circa questioni di interesse comune. Inoltre, il 9 ottobre la Santa Sede ha proceduto allo scambio degli Strumenti di ratifica dell'Accordo, che era stato firmato il 29 novembre 2005 fra la Santa Sede e la Città Libera e Anseatica di Amburgo per regolare i rapporti fra la Chiesa cattolica e detta Città-Land. L'Accordo è entrato in vigore il giorno successivo allo scambio degli Strumenti di ratifica, a norma dell'Articolo 23, comma 2, dell'Accordo medesimo.

 

 

UN FIGLIO EMINENTE DELL’AFRICA CHE HA SERVITO CRISTO E LA SUA CHIESA:

COSI’, BENEDETTO XVI RICORDA, IN UN TELEGRAMMA DI CORDOGLIO, LA FIGURA

 DEL CARDINALE FREDERIC ETSOU, ARCIVESCOVO DI KINSHASA,

SCOMPARSO IL 6 GENNAIO

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Benedetto XVI ricorda con parole commosse la figura del cardinale Frédéric Etsou-Nzabi-Bamungwabi, arcivescovo di Kinshasa, spentosi il 6 gennaio a Lovanio in Belgio, all’età di 76 anni. In un telegramma a mons. Daniel Nlandu Mayi, ausiliare di Kinshasa, il Papa definisce il cardinale Etsou “un figlio eminente dell’Africa”, che “ha servito Cristo e la sua Chiesa”. E rammenta, in particolare, il suo servizio pastorale nell’arcidiocesi di Mbandaka-Bikoro e in quella di Kinshasa.

 

Da presidente della conferenza episcopale della Repubblica Democratica del Congo, sottolinea il telegramma, il porporato si è impegnato nell’annuncio del Vangelo e per la promozione dei popoli del continente africano. Il Papa si unisce, dunque, in preghiera a quanti sono stati colpiti da questo lutto. Benedetto XVI ha inviato anche un telegramma a padre Jozef Lapauw, superiore generale della Congregazione del Cuore Immacolato di Maria, di cui era membro il cardinale Etsou. Il Pontefice esprime la sua vicinanza spirituale alla Congregazione, sottolineando “la fecondità dell’azione pastorale” del compianto arcivescovo di Kinshasa al servizio del Congo e di tutta l’Africa.

 

 

NOMINA DEL VESCOVO DI SALT LAKE CITY

 

Il Santo Padre ha nominato vescovo di Salt Lake City (U.S.A.) monsignor John Charles Wester, finora vescovo titolare di Lamiggiga ed ausiliare dell’arcidiocesi di San Francisco.  Mons. John Charles Wester è nato a San Francisco il 5 novembre 1950. E’ stato ordinato sacerdote per l’arcidiocesi di San Francisco il 15 maggio 1976. Già sacerdote, e senza interrompere il ministero pastorale, ha conseguito un “Master’s Degree” in spiritualità all’Università di San Francisco e uno in “Pastoral Counseling” al “Holy Name College” di Oakland, California. Il 30 giugno 1998, è stato eletto vescovo titolare di Lamiggiga e consacrato il 18 settembre dello stesso anno come Vescovo ausiliare di San Francisco in California, della quale è stato Amministratore Apostolico quando è rimasta vacante. Nella conferenza episcopale degli Stati Uniti svolge i seguenti incarichi: consultore per la commissione sulla migrazione; membro della commissione per le vocazioni; consultore del comitato per il dialogo interreligioso.

 

 

NOMINA DI MEMBRI DELLA CONGREGAZIONE PER L'EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI

 

Il Santo Padre ha nominato membri della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli i cardinali: Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi; Sergio Sebastiani, presidente della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede; Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica; William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede; Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica; Agostino Vallini, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica; e mons. Giuseppe De Andrea, arcivescovo titolare di Anzio, nunzio apostolico.

 

 

UNA RICERCA ITALO-AMERICANA CONFERMA LA PRESENZA NEL LIQUIDO AMNIOTICO

 DI CELLULE STAMINALI UTILI ALLA CURA DI MALATTIE UMANE:

 AI NOSTRI MICROFONI, LA SODDISFAZIONE DEL CARDINALE LOZANO BARRAGAN

E DEL GENETISTA BRUNO DALLA PICCOLA

 

Scoperte per la prima volta nel liquido amniotico cellule staminali con capacità rigenerative pari a quelle dell'embrione, ma apparentemente sicure come le staminali adulte: è il risultato di una ricerca italo-americana, firmata dall’università di Harvard assieme a quella di Padova e dall’istituto di medicina rigenerativa di Wake Forest, nel North Carolina. Uno studio di straordinaria importanza, come spiega il genetista Bruno Dalla Piccola, direttore dell’istituto Mendel di Roma, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. – Lo studio dà evidenza per la prima volta che senza distruggere l’embrione si possono ottenere cellule che hanno le caratteristiche delle cellule staminali embrionali. In poche parole, fino a poco tempo fa, non c’era altro sistema di ottenere cellule staminali embrionali, le cosiddette cellule totipotenti, cioè in grado di differenziarsi in qualunque tipo di tessuto, se non prendendole in una fase molto precoce dello sviluppo embrionale, quindi portando definitivamente a morte l’embrione. La cosa invece cambierebbe con questo risultato, nel senso che queste cellule sembrano in grado di trasformarsi in una serie di tessuti – osso, fegato, sangue, cartilagine e quant’altro – in cellule, dunque, che quantomeno hanno la caratteristica di multipotenza.

 

D. – Dell’utilità del liquido amniotico in realtà si parla già da tempo. Quali sono, dunque, le novità di questa ricerca italoamericana?

 

R. – Sicuramente, la presenza delle cellule staminali nel liquido amniotico è nota almeno da tre o quattro anni. La novità è che per la prima volta sia stato fatto uno studio in maniera sistematica. Non soltanto si è fatta la verifica della presenza di queste cellule, ma si è dimostrata la possibilità che sotto opportuni stimoli queste cellule possano diventare sistema nervoso, piuttosto che fegato, piuttosto che osso. Questo è il primo risultato importante che viene da questa ricerca. Sicuramente ci sono altri risultati importanti, che dimostrano la possibilità attraverso l’impiego di queste cellule in modelli animali, cioè in piccoli topi, di fare operativamente una rigenerazione dei tessuti. E questi, pur con i distinguo che devono essere sempre presi in considerazione quando si fanno esperimenti sul modello animale, piuttosto che sull’uomo, sicuramente sono fortemente incoraggianti nel dire che queste cellule potrebbero essere usate in una prospettiva terapeutica.

 

D. – Si può dire che questa scoperta conferma la possibilità di ottenere risultati importanti anche rispettando gli embrioni e, dunque, rispettando la vita?

 

R. – Assolutamente sì. Ho sempre detto che probabilmente un tale e rapido sviluppo della ricerca avrebbe fatto sì che un giorno si sarebbe trovato il sistema di ottenere in qualche modo delle cellule con caratteristiche staminali, embrionali, senza la distruzione dell’embrione. Direi che questo studio sia estremamente incoraggiante, perchè va proprio in questa direzione.

 

D. – Quali sono ora i suoi auspici da ricercatore?

 

R. – In questo momento dobbiamo cercare di capire se questo è un risultato ottenibile su tutti i campioni di liquido amniotico e penso che la risposta sia largamente positiva. Significa capire quanto costa la transdifferenziazione, cioè espandere queste cellule in vitro e poi trasformarle in specifici tessuti. Pare che gli americani si siano già fatti due calcoli e abbiano pensato che se la tecnica dovesse funzionare i quattro milioni di liquidi amniotici, perché queste sono le gravidanze negli Stati Uniti presenti in un anno, potrebbero essere sufficienti a fare una banca dati idonea a coprire il fabbisogno trapiantologico di quel Paese. Io personalmente ritengo che se i risultati – e non c’è ragione di dubitare – andranno nella direzione proposta e se i costi necessari per ottenere queste cellule saranno ragionevoli, penso che nell’arco di cinque anni questo dovrebbe diventare una fonte di cellule molto interessante per il trattamento delle malattie umane.

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Se confermata, dunque, la ricerca italo-americana rappresenterebbe un passo davvero straordinario, giacché questo tipo di intervento sul liquido amniotico non avrebbe alcuna implicazione sul piano etico. Soddisfazione è stata espressa al riguardo dal presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, il cardinale Javier Lozano Barragán, intervistato da Giovanni Peduto:

 

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R. – Quando si tratta di un trapianto di qualsiasi categoria, microscopico o macroscopico, i principi sono chiari: non deve causare un fastidio, un fastidio importante, un danno insuperabile, e colui che lo riceve, deve poterlo ricevere senza pericolo e con un buon successo. Se per estrarre una quantità di liquido amniotico non si mette in difficoltà e in pericolo il donatore e si può introdurre tanto in vitro come nello stesso organismo del ricevente, e se tutto questo a livello medico non causa nessuna conseguenza negativa, allora penso che non ci sia nessun problema. Non essendo io, però, uno scienziato e non essendo uno specialista di genetica e di embriologia, dico queste cose al condizionale. Se si rispetta il principio che sempre abbiamo avuto di non nuocere, non giudicare o condannare, penso allora che non ci siano problemi etici. Prima il problema etico non era con le cellule staminali adulte, ma con quelle dell’embrione, perché causavano la morte dell’embrione.

 

D. – Quindi, eminenza, ferme restando le condizioni da lei enunciate, nessuna preclusione ormai all’uso delle cellule staminali?

 

R. – Non oso fare affermazioni così generali, senza una conoscenza definita e dettagliata dei problemi, perché ripeto non sono uno scienziato che possa vedere fino a che punto arrivino gli effetti primari e collaterali di un problema del genere. Io, piuttosto, rimando questa questione ai periti scientifici, ai medici specialisti, ai professori, che si dedicano a questo. Apparentemente, per quello che abbiamo sentito, non ci sarebbe ormai preclusione. Voglio però affidarmi al giudizio delle persone competenti in queste scienze.

 

D. – Eminenza, i suoi auspici per il futuro progresso scientifico in questo settore…

 

R. – Il Signore nella Genesi ha detto all’uomo, quando lo ha messo sulla Terra, che la domini non come padrone assoluto, ma come ‘signore’, cioè facendo sì che la terra e tutta la creazione progredisca per lui, non regredisca. Non faccia un regresso, ma un progresso. Allora, tutto quello che significa progresso autentico, che costruisce l’uomo, in tutta la sua complessità, dobbiamo dire che è buono. Qual è la nozione più semplice di cosa sia una cosa buona? Una cosa buona è quello che ci conviene, non egoisticamente, ma ci conviene perché noi siamo degli esseri in evoluzione, che ci costruiamo continuamente. Quello che ci aiuta a costruirci è buono. Quello che ci distrugge, però, è cattivo.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - "Lavorare alla costruzione di un umanesimo integrale, che solo può assicurare un mondo pacifico, giusto e solidale": il discorso di Benedetto XVI al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede durante l'udienza per la presentazione degli auguri per il nuovo anno.

 

Servizio estero - Iraq: ancora violenze. Intanto Bush si appresta ad inviare altri ventimila soldati.

 

Servizio culturale - Un articolo di Umberto Santarelli dal titolo "La preziosa eredità dei 'mercatores medievali'": considerazioni in margine all'originale vicenda umana del Nobel per la Pace Muhammed Yunus.

 

Servizio italiano - In rilievo il tema della sanità.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

8 gennaio 2007

 

 

LE REAZIONI IN POLONIA SULLE DIMISSIONI DI MONS. WIELGUS

 DA ARCIVESCOVO DI VARSAVIA

- Intervista con Tadeusz Konopka -

 

La Chiesa polacca è profondamente colpita dalla notizia delle dimissioni di mons. Stanislaw Wielgus dalla carica di arcivescovo metropolìta di Varsavia. La decisione, accolta dal Papa – lo ricordiamo – è stata presa dal presule che ha ammesso le sue responsabilità nella collaborazione, in gioventù, con i servizi segreti del passato regime comunista. In Polonia oggi i mass media dedicano ampio spazio all’argomento, oggetto di discussione anche tra gli stessi polacchi. Sulle reazioni che la vicenda di mons. Wielgus sta provocando in Polonia, Paese di forte tradizione cattolica, Giancarlo La Vella ha intervistato Tadeusz Konopka, dell’Ansa di Varsavia:

 

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R. – “Il soccorso è arrivato da Roma”; “Il Papa ha fatto evitare il disonore nella Chiesa”; “L’arcivescovo Wielgus lascia l’incarico”: questi i titoli di apertura delle principali testate polacche uscite stamattina. Secondo la “Gazette Wyborcza”, la data del 7 gennaio del 2007 passerà alla storia della Chiesa cattolica in Polonia e nel mondo. Secondo Stefan Frankievich, ex ambasciatore polacco presso la Santa Sede, con i fatti avvenuti ieri è finita l’epoca del “trionfalismo” della Chiesa polacca, sottolineata dall’elezione di Giovanni Paolo II al Soglio pontificio, nell’ottobre del ’78, e dovuta anche all’autorità del primate Stefan Wyszynsky, il simbolo della resistenza della Chiesa al comunismo. Tanti vivono questa crisi come l’inizio del mistero della purificazione della coscienza, della purificazione dalle ombre del passato comunista. Anche la Chiesa ha bisogno di chiarire i fatti avvenuti nel passato. Grazie a questa purificazione si spera che possa nascere un rinnovato e più forte legame fra il laicato e la gerarchia della Chiesa in Polonia.

 

D. – Vi siete dati una risposta sul perché e come la Chiesa polacca si sia trovata ad affrontare una situazione simile?

 

R. – Ovviamente la Chiesa vive nel mondo ed è circondata da istituzioni e da media non sempre favorevoli, ma è una realtà della quale deve prendere atto e nella quale è costretta a vivere. In questo senso, la posizione della Chiesa polacca è molto particolare, perché anche per i non cattolici è un’istituzione importante.

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CON UNA DIVINA LITURGIA LA COMUNITA’ COPTO-ORTODOSSA DI ROMA

 HA FESTEGGIATO IL NATALE. IL VESCOVO BARNABA EL SORYANY INVOCA LA PACE

NEL MONDO ED IL DIALOGO TRA LE CHIESE

- Ai nostri microfoni mons. Barnaba El Soryany -

 

Sabato scorso, 6 gennaio, anche la comunità copto-ortodossa di Roma, come tutte le Chiese che seguono il calendario giuliano, ha festeggiato il Natale, nella chiesa della comunità dedicata a San Giorgio, con una divina liturgia. La celebrazione, alla quale hanno partecipato centinaia di fedeli copti-ortodossi di Roma è stata molto sentita ed ha rispecchiato la fede profonda dell’antica comunità che si fa risalire al tempo degli apostoli: il Patriarca Shenouda III è il 117.mo successore di San Marco Evangelista. Gli antichi riti, i canti, le luci e l’incenso hanno ricreato l’atmosfera mistica dell’Oriente. Al microfono di Marta Vertse, mons. Barnaba El Soryany, vescovo della Chiesa copta-ortodossa di Roma fa una riflessione sul dialogo fra le Chiese:

 

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Noi abbiamo fatto grandi progressi nel dialogo fra le Chiese. In quanto vescovo della Chiesa copto-ortodossa in Italia, sono qui da molto tempo e seguo da vicino questo dialogo; vedo quindi che molte questioni sono state risolte. Speriamo che piano, piano, con il tempo ... noi aspettiamo con grande felicità il momento in cui saremo di nuovo tutti uniti, torneremo come eravamo una volta, senza differenze tra di noi: questa sarebbe la nostra gioia! Riusciremmo così anche a dimostrare al mondo intero che siamo cristiani: noi crediamo in Gesù, tutti quanti!

 

Questa solennità del Natale ci ricorda che oggi, più che mai, il mondo ha bisogno di pace e serenità. Auguro ad ogni credente di riscoprire il valore e l’importanza della preghiera! Con la preghiera saremo in grado di essere costruttori di pace intorno a noi e nel mondo. Oppressi dalle tentazioni di tutti i giorni, nei momenti bui della nostra vita sociale e spirituale, la preghiera è l’unico mezzo per ottenere la nostra pace interiore, per chiedere e invocare la pace per tutti i nostri fratelli.

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GIOVANI ISRAELIANI E PALESTINESI PROTAGONISTI

DI UN PROGETTO IN TERRA SANTA

PROMOSSO DAL SERMIG, IL SERVIZIO MISSIONARIO GIOVANI

- Ai nostri microfoni Ernesto Olivero -

 

Costruire “arsenali di pace” in Terra Santa. E’ la proposta del SERMIG, il Servizio Missionario Giovani. Dopo la guerra tra Israele e Libano, l’organizzazione, fondata a Torino nel 1983 da Ernesto Olivero, ha cercato, ancor più che in passato, di portare il dialogo fraterno tra le popolazioni israeliana e palestinese attraverso iniziative concrete scaturite proprio dal dibattito, promosso proprio dal SERMIG, tra giovani israeliani e palestinesi. Ma in che cosa consiste questa iniziativa? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Ernesto Olivero:

 

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R. – Da quando abbiamo incominciato a lavorare concretamente in situazioni difficili, ci siamo ritrovati decine di volte, indirettamente, nelle più grandi tragedie degli ultimi anni e abbiamo sempre cercato di portare aiuti. Quando a luglio è capitata quella sciagurata guerra tra Israele e Libano che tutti conosciamo, abbiamo cercato di capire come fare per portare un contributo originale, nuovo e abbiamo ragionato con dei giovani del Medio Oriente. Abbiamo così scoperto che tanti non sanno cos’è la pace. Con Israeliani, Palestinesi e mille ragazzi italiani, abbiamo passato sette giorni insieme e dopo un giorno o due, è avvenuta una cosa che ci ha fatto davvero piacere: questi ragazzi hanno smesso di essere palestinesi, israeliani: allora hanno tirato fuori i loro sogni e ci hanno chiesto: “Perché non venite in Israele, in Palestina e costruite un arsenale?” Noi abbiamo detto: “Se voi ci fate avere dai vostri governanti un pezzo di terreno, anche grande, ai confini tra Israele e Palestina, noi prepareremo un grande arsenale a spese della gente comune. Da una parte entreranno bambini disabili israeliani e dall’altra parte entreranno i bambini disabili palestinesi, visto che noi abbiamo una casa in Giordania dove accogliamo bambini disabili cristiani e musulmani. Chissà che attraverso il dolore, gli israeliani e i palestinesi non si vedano diversamente. Io credo che per far diventare il Medio Oriente una terra amica, bisogna ricominciare dai giovani: i giovani vogliono la pace.

 

D. – Olivero, uno degli slogan del SERMIG è: “invece di parlare di pace è molto meglio lavorare per la pace”. E’ possibile fare questo in una regione come la Terra Santa senza parteggiare per nessuno?

 

R. – Noi abbiamo una tradizione che arriva da lontano. Lei si ricorda quando il Vietnam era in guerra e tutto il mondo era schierato da una parte o dall’altra. Noi abbiamo accettato di poter aiutare il Vietnam del Nord e del Sud a patto che potessimo aiutare tutti e due contemporaneamente e aiutare i popoli dell’una e dell’altra parte. Alcuni ragazzi israeliani e palestinesi ci hanno detto di aver scoperto che non facevamo solo discorsi: noi abbiamo aiutato veramente tutte le fazioni dei libanesi, dei palestinesi e anche tanti giovani studenti israeliani. Le nostre parole di pace sono pesanti, sono vere, sono profonde, noi vogliamo convincere le donne ai giorni di oggi che solo il disarmo, il non costruire le armi, ci può portare ad una pace seria.

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CON UNA MOSTRA DI PARTICOLARI OGGETTI DEL PERIODO

TRA LA FINE DEL600 E L’INIZIO DEL ‘700, FIRENZE  RENDE OMAGGIO

AD ANNA MARIA LUISA DE’ MEDICI

- Con noi, Cristina Acidini -

 

Un omaggio ad una donna che amò intensamente la sua città: a Palazzo Pitti si è aperta, in questi giorni, la mostra intitolata “La principessa saggia”, monografica dedicata ad Anna Maria Luisa de’ Medici, l’ultima regnante della Casata che resse le sorti di Firenze per tre secoli. Il nome di Anna Maria è indissolubilmente legato al destino della città di Firenze. All’ultima Principessa medicea si devono infatti la salvaguardia e la conservazione sino ad oggi, nei luoghi originari, dell’immenso patrimonio artistico raccolto dai Medici nel corso dei secoli. Per conoscere meglio la figura e l’eredità di Anna Maria Luisa de’ Medici, Alessandro Gisotti ha intervistato la sovrintendente del Polo museale fiorentino, Cristina Acidini:

 

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(musica)

 

R. – Anna Maria Luisa è il personaggio cui la storia ha affidato il compito di concludere il governo di tre secoli della dinastia dei Medici sulla città di Firenze e sul Granducato di Toscana. Il suo ruolo, accanto al fratello Gian Gastone, è quello di tenere in piedi una dignitosa politica di successione. Saranno gli Asburgo-Lorena a prendere il posto dei Medici.

 

D. – Può dirci qualcosa del patto di famiglia

 

R. – E’ un documento scritto nel 1737. E’ un documento abbastanza particolare, perchè è una scrittura privata tra lei e il suo successore della casa Asburgo-Lorena, che impegna il successore, tra le altre cose, a non muovere dalla città di Firenze e dai contenitori di eccellenza dove sono conservati, tutti gli oggetti e i libri appartenenti ai Medici. Si parla della Galleria degli Uffizi, della Galleria Palatina, delle reliquie del tesoro di San Lorenzo, della Biblioteca Laurenziana, cioè tesori immensi. Questo segna, senza retorica, il destino della nostra città di Firenze.

 

D. – Quindi, si può dire che la mostra rende onore ad una donna che ha amato profondamente la sua città…

 

R. – Oserei dire che lei, donna senza figli, ha avuto come figlia la città. Ha visto nella necessità di mantenere le collezioni e i tesori la sua missione di cura e di premura per questa città dove governava. Ed è questo che la rende così straordinaria.

 

D. – Qual è il percorso logico seguito nell’allestimento della mostra?

 

R. – La mostra riunisce splendidi oggetti del periodo tra la fine del600 e l’inizio del ‘700 che segna il massimo splendore barocco della produzione fiorentina ed europea. Quindi, è organizzata rispondendo ai periodi della sua vita: la principessa a Firenze; l’elettrice palatina a Dusseldorf e poi la principessa vedova, che regge le sorti incerte dello Stato fino alla morte, tornando a Firenze. Sono oggetti prestati essenzialmente dal nostro polo museale fiorentino, ma anche da musei stranieri, con un bellissimo nucleo di prestiti che vengono da Monaco di Baviera, nei cui musei è confluita l’eredità dell’elettore palatino.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

8 gennaio 2007

 

NEL 50. MO ANNIVERSARIO DEL RADIOGIORNALE DELLA RADIO VATICANA,

LE CONGRATULAZIONI DELL’ARCIVESCOVO FOLEY,

PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI,

PER IL LAVORO SVOLTO A SERVIZIO DEL SANTO PADRE E DELLA CHIESA UNIVERSALE

 

CITTA’ DEL VATICANO. = “Congratulazioni” per il 50mo anniversario del Radiogiornale della Radio Vaticana sono giunte dall’arcivescovo John P. Foley, presidente del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali, al direttore generale della nostra emittente, padre Federico Lombardi. Sono certo che questo anniversario e quello del 75.mo dell’avvio delle trasmissioni celebrato lo scorso anno, scrive il presule, sono soltanto “il prologo di maggiori e migliori programmi e pubblicazioni della Radio Vaticana a servizio del Santo Padre e della Chiesa universale”. L’arcivescovo Foley ricorda poi la sua personale esperienza di ascoltatore e lettore quotidiano del Radiogiornale, sin dai tempi del suo arrivo a Roma circa 23 anni fa, “specialmente nella sua edizione a stampa, quale autorevole riepilogo, di semplice lettura, delle più importanti notizie nella Chiesa e nel mondo”. Il capo dicastero per le comunicazioni sociali esprime infine parole di stima e riconoscenza per i due primi direttori alla guida del Radiogiornale padre Francesco Farusi e padre Ignacio Arregui, oltre a padre Antonio Stefanizzi, a lungo direttore della Radio Vaticana e poi direttore tecnico. (R.G.) 

 

 

IN SOLI TRE ANNI, DAL 2004 AL 2006, 319 OPERATORI UMANITARI

E CASCHI BLU DELL’ONU SONO STATI INDAGATI PER ABUSI SESSUALI:

OLTRE LA META’ SONO RIMPATRIATI O LICENZIATI

 

NEW YORK. = Negli ultimi tre anni, oltre 319 tra operatori umanitari e caschi Blu impegnati nelle missione di pace delle Nazioni Unite sono stati indagati per presunti abusi sessuali e per oltre il 50 per cento dei casi sono stati rimandati a casa. Lo ha comunicato Jane Holl Lute, assistente segretario generale dell’ONU per le operazioni di peacekeeping, affermando che da due anni si sta prestando molta attenzione al problema degli abusi sessuali ma che la situazione non è ancora soddisfacente. Nei giorni scorsi il quotidiano britannico “Daily Telegraph” aveva riferito che operatori dell'ONU nel Sudan meridionale avrebbero abusato sessualmente di oltre 20 minori. L’ONU - ha spiegato Holl Lute - ha avviato un'indagine dando seguito alle denunce ma ha precisato che, nel caso in cui si riescano ad accertare le responsabilità, ciò che può fare il Palazzo di Vetro è di allontanare i colpevoli. Spetta ai Paesi di provenienza di questi ultimi, invece, decidere se e come giudicarli ed, eventualmente, punirli. Ogni anno, oltre 200 mila persone provenienti da un centinaio di Paesi sono impegnate a vario titolo nelle missioni di peacekeeping. “E’ quasi normale che ci sia qualcuno che non si comporta bene, ma noi abbiamo il dovere di fare di tutto perché questo non accada”, ha detto Jane Hall Lute alla stampa americana. Le indagini effettuate dall’ONU tra il gennaio 2004 e il novembre 2006 hanno portato al licenziamento di 18 operatori civili e al rimpatrio di 17 agenti di polizia e di 144 militari. (R.G.)

 

 

APPELLO DEL VESCOVO ORTODOSSO BULGARO TIHON,

PER LA LIBERAZIONE DELLE CINQUE INFERMIERE BULGARE

E DEL MEDICO PALESTINESE CONDANNATI A MORTE IN LIBIA

- A cura del Programma bulgaro -

 

ROMA. = Il vescovo ortodosso Tihon, vicario della diaspora della Chiesa ortodossa bulgara dell'Europa Centrale ed Occidentale retta dal Patriarca Maxim, ha lanciato un appello per la liberazione delle cinque infermiere bulgare ed un medico palestinese, condannati a morte dal Tribunale libico il 18 dicembre scorso, accusati di aver contagiato nel 1998 426 bambini dell’ospedale di Bengasi con il virus dell’AIDS. L’appello è stato lanciato, nel giorno dell’Epifania, durante la Divina Liturgia celebrata nella chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio, donata da Giovanni Paolo II alla comunità ortodossa bulgara di Roma per uso liturgico, durante il suo viaggio apostolico a Sofia nel 2002. “Noi preghiamo - ha detto il vescovo Tihon - così come tutto il popolo bulgaro, per una pronta liberazione di queste sorelle e di questi fratelli. Vorrei anche dire – ha aggiunto - che noi vescovi ortodossi e cattolici siamo contro questa giustizia che termina con la morte, perché non è più possibile una tale giustizia in questo mondo”. Il vescovo ortodosso si è rivolto anche ai musulmani per invitarli a pregare aggiungendo: “Dobbiamo combattere contro la pena di morte, e difendere la vita”.

 

 

COMMERCIO DI ORGANI O VIOLENZE SESSUALI DIETRO IL RAPIMENTO DI 38 BAMBINI

IN UN VILLAGGIO VICINO A NEW DELHI. DUE ARRESTI E 17 LE VITTIME ACCERTATE

 

NEW DELHI.= Forse legata al commercio di organi o ad un giro di violenze sessuali la tragica scomparsa di 38 bambini dal villaggio di Nithari, a 25 chilometri da Delhi nell’Uttar Pradesh. Le indagini – riferisce Asia News - hanno portato al ritrovamento di alcune parti del corpo di 17 di loro e all’arresto di due persone. Si tratta di Moninder Singh, proprietario della casa in cui sono state seppellite le giovani vittime, e del suo cameriere Surender. Una vicenda poco chiara anche dopo le confessioni dei due colpevoli. Quello che era stato definito “un piccolo incidente di routine” da Shivpal Yadav, inviato speciale nonché fratello del primo ministro dell’Uttar Pradesh, Mulayam Singh Yadav, comincia ad assumere drammatici risvolti anche a livello politico. Le famiglie delle vittime, infatti, hanno accusato la polizia locale di essersi mossa troppo tardi e di non aver dato ascolto alle loro prime denunce presentate già da molti mesi. Anche John Dayal, segretario generale dell’All India Christian Council, ha rivelato che il magistrato del distretto, Chouhan, e la polizia hanno fermato l’azione del suo team di indagine, sostenendo che la comunità cristiana, aiutandoli, vuole mettere le mani sui parenti dei bambini scomparsi. In realtà, Dayal ha replicato che il motivo della visita, da parte della delegazione cristiana, alle famiglie delle vittime non ha lo scopo di convertirle, ma di portare loro l’amore e la cura che Gesù ha insegnato di offrire a chi è nel bisogno. (A.D.F.)

 

 

CRESCE IL NUMERO DELLE VITTIME DELLE ALLUVIONI NEL SUDEST DEL BRASILE.

50 I MORTI E MIGLIAIA I SENZATETTO

 

RIO DE JANEIRO.= Sale a 50 il numero delle vittime delle alluvioni che, nell’ultima settimana, hanno colpito il sudest del Brasile. Migliaia, invece, i senzatetto. La regione più colpita – riferisce l’agenzia MISNA - è Rio de Janeiro, dove un fiume di fango ha travolto edifici e negozi uccidendo 28 persone nel comune montuoso di Nova Friburgo. Secondo l’ultimo bollettino della Protezione civile, solo nello Stato di Rio, ci sarebbero oltre 13mila sfollati e 2.370 abitanti che hanno perso la propria casa. Ingenti danni, causati dalle inondazioni e dagli smottamenti, si sono verificati in ben 12 municipi dello Stato, dove 500 vigili del fuoco e 130 tecnici sono occupati in un piano d’emergenza messo a punto dal neo-governatore Sergio Cabral. Grave è la situazione anche negli Stati di San Paolo, Minas Gerais ed Espírito Santo. L’allarme generale cresce di fronte alle previsioni atmosferiche che promettono nuove e più intense precipitazioni nei prossimi giorni. Situazione opposta, ma ugualmente preoccupante, interessa l’area a nordest del Brasile, in preda al fenomeno della siccità. Gli Stati maggiormente coinvolti sono quello di Piauí e di Ceará dove la somministrazione di acqua potabile, nei 130 comuni, dipende esclusivamente dai camion-cisterna. (A.D.F.)

 

 

IN TERRA SANTA DA GIORNALISTI PER RISPONDERE ALL’APPELLO DEL PAPA:

PREGARE PER LA PACE, CONDIVIDERE, CON LE POPOLAZIONI CRISTIANE E NON, 

SOFFERENZE E SPERANZE. E’ PARTITO OGGI IL PELLEGRINAGGIO  

DELL’UNIONE CATTOLICA STAMPA ITALIANA (UCSI)

 

ROMA. = E’ partito oggi il Pellegrinaggio in Terra Santa, organizzato dall’Unione Cattolica della Stampa Italiana (UCSI), guidato dall’arcivescovo di Ancona-Osimo, mons. Edoardo Menichelli e che si concluderà il 15 gennaio. Trenta i giornalisti partiti oggi per Tel Aviv con un intenso programma di visite ed incontri nei luoghi più significativi della Terra Santa. Il pellegrinaggio, che toccherà le città di Nazareth, Gerusalemme e Betlemme, prevede incontri con il nunzio apostolico, mons. Antonio Franco, con il vescovo di Emmaus, mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo, con ministri del governo israeliano, dell’Autorità Palestinese e con giornalisti israeliani e palestinesi. Un pellegrinaggio “per rispondere all’appello del Papa, pregare per la pace, per non essere solo spettatori impotenti di fronte alle ferite della guerra, per condividere, con le popolazioni cristiane e non cristiane disagi, sofferenze, speranze”, ha spiegato Massimo Milone, presidente nazionale dell’UCSI. Un’iniziativa “aperta a tutti, giornalisti credenti e non credenti”, “per ribadire l’impegno dell’informazione al servizio della pace e l’esigenza, anche per i media, di dedicare maggior attenzione ai temi della concordia tra i popoli e dei diritti umani”. “Pace e informazione sono due temi fondamentali a rischio – ha sottolineato ancora Milone – e la pace resta un sogno per milioni di persone. L’informazione, stretta tra logiche politiche, economiche e condizionamenti di pochi network internazionali, rischia di essere sempre meno libera e indipendente”. “Sarà anche un omaggio ai tanti coraggiosi giornalisti morti sui fronti di guerra – ha aggiunto il vicepresidente dell’UCSI, Angelo Sferrazza – un omaggio con gli occhi della memoria e della fede nei luoghi che hanno visto nascere la speranza di Dio e vedono oggi l’impotenza dell’uomo”. (R.G.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

8 gennaio 2007

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Ennesima strage in Iraq: a Baghdad almeno 15 persone, a bordo di un bus partito da un quartiere sciita e diretto all’aeroporto, sono rimaste uccise in seguito ad un agguato compiuto da uomini armati in una zona sunnita della capitale irachena. Secondo il quotidiano statunitense ‘Washington Post’, sono più di 17 mila i civili uccisi negli ultimi sei mesi nel Paese arabo. Il nostro servizio:

 

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I bilanci sulle vittime in Iraq sono sempre più pesanti: il quotidiano americano rende noto che nel solo 2006 sono stati oltre 22 mila gli iracheni uccisi, e non quasi 14 mila come indicato recentemente dal ministero degli Interni di Baghdad. Inoltre, in un’intervista rilasciata alNew York Times’, il nuovo comandante americano in Iraq spiega che l’invio di rinforzi statunitensi nell’ambito della nuova strategia annunciata da Bush potrebbe significare la necessità di proseguire l’impegno militare nel Paese arabo “per due o tre anni”. Le ferite inferte dal deposto regime continuano poi a dominare la scena politica irachena. Questa mattina è ripreso a Baghdad il processo sullo sterminio di 180 mila curdi, avvenuto tra il 1987 ed il 1988. Sono imputati un cugino di Saddam Hussein, noto con il nome di ‘Ali il chimico’, e altri sei ex funzionari del partito Baath. Un portavoce del governo iracheno ha annunciato, inoltre, che la pena capitale inflitta ai due coimputati dell’ex rais, il fratellastro di Saddam Hussein ed un ex giudice, potrebbe essere eseguita in settimana nonostante gli appelli e le pressioni della comunità internazionale. Dall’Arabia Saudita arriva, infine, una inquietante notizia: un ragazzo di dodici anni si è impiccato per imitare l’esecuzione di Saddam Hussein. Nei giorni scorsi sono morti, in circostanze analoghe, un bambino di nove anni in Pakistan ed uno di dieci in Texas.

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Il parlamento iracheno si appresta a discutere un disegno di legge destinato ad appaltare lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi alle grandi multinazionali straniere. I profitti saranno inizialmente altissimi e destinati a coprire gli investimenti in infrastrutture effettuati dalle aziende petrolifere, ma i vantaggi nel corso dei decenni resterebbero comunque altissimi.

 

Resta alta la tensione nei Territori Palestinesi: a Ramallah, in Cisgiordania, sono scoppiati nuovi scontri tra uomini fedeli al partito al Fatah e al gruppo radicale Hamas. Al momento, non si ha notizia di vittime. Ieri, intanto, decine di migliaia di palestinesi sostenitori di al Fatah hanno festeggiato l’anniversario della fondazione del movimento che fa capo al presidente Abu Mazen. Sempre ieri, è stato liberato dai suoi sequestratori il fotografo peruviano dell’agenzia France Presse, rapito il primo gennaio a Gaza.

 

Il petrolio al centro di nuove, gravi tensioni tra Russia e Bielorussia: il governo di Minsk ha bloccato le forniture di greggio in arrivo dagli Urali e destinate a Germania, Polonia, Paesi Baltici e Ucraina. La decisione è stata presa dalla Bielorussia dopo l’aumento dei prezzi del gas russo, imposto a partire dal primo gennaio dall’esecutivo di Mosca. Storicamente legata a Mosca, la Bielorussia ha potuto beneficiare, negli ultimi anni, di una rilevante crescita, grazie alla favorevole politica della Russia sul versante energetico. Ma adesso,  gli aumenti imposti da Mosca sul prezzo del gas e il blocco deciso dalla Bielorussia del transito del petrolio proveniente dalla Russia sembrano incrinare i rapporti tra i due Paesi.

 

In Indonesia, la marina militare ha individuato “grandi oggetti metallici” in fondo all’Oceano indiano. Sono in corso ricerche per verificare se gli oggetti  localizzati sono i resti dell’aereo, con a bordo 102 persone, scomparso lunedì scorso dai radar. Il mare indonesiano fa da sfondo, intanto, anche ad un’altra drammatica vicenda che, fortunatamente, non ha avuto un epilogo tragico per altri 14 naufraghi sopravvissuti al naufragio di un traghetto avvenuto lo scorso 29 dicembre. Sale così a 230 il numero di persone tratte in salvo. I dispersi, invece, sono almeno 380.

 

Il presidente somalo, Abdullahi Yusuf, è arrivato stamani a Mogadiscio per la prima volta dalla sua nomina alla fine del 2004. Nei giorni scorsi, soldati governativi, appoggiati da soldati etiopi, hanno riconquistato la capitale e costretto alla fuga i miliziani delle Corti islamiche. La situazione sul terreno, al momento, appare tranquilla e sul versante politico si moltiplicano gli sforzi per assicurare una pace autentica e duratura alla Somalia: il governo di transizione somalo si è detto favorevole ad una “politica di riconciliazione” e disponibile ad accogliere i rappresentanti moderati delle Corti islamiche.

 

In Algeria, al via il processo sull’affare “Khalifa”, considerato il più grande scandalo finanziario della storia del Paese. Gli imputati sono 104 ma il principale accusato, il giovane miliardario Rafik Abdeloumene Khalifa, rifugiato a Londra dal 2003, sarà giudicato in contumacia. Al centro della vicenda, esplosa nel febbraio del 2003, un buco di oltre 320 milioni di euro nelle casse di Khalifa Bank.

 

In Nigeria, un gruppo di ribelli ha attaccato un’imbarcazione dell’esercito e ha rapito un ufficiale. Lo hanno riferito le forze armate precisando che l’attacco, sferrato ieri, è avvenuto nei pressi dell’isola di Okrika. I ribelli del sedicente Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (MEND) minacciano, intanto, nuovi attacchi e sequestri. Nei giorni scorsi sono stati rapiti 5 tecnici cinesi. Lo scorso 7 dicembre erano stati presi in ostaggio tre impiegati italiani e un libanese, dipendenti dell’ENI. I ribelli del MEND chiedono maggiori risorse per le popolazioni del delta del Niger e una migliore distribuzione degli introiti petroliferi.

 

Almeno 50 persone sono rimaste ferite ed altre 30 sono state arrestate in nuovi scontri avvenuti in Bangladesh tra polizia e manifestanti contrari alle elezioni politiche previste per il prossimo 22 gennaio. Nei giorni scorsi, l’opposi-zione aveva invitato i propri sostenitori a boicottare le elezioni. L’attuale governo di transizione – aveva spiegato il leader dell’opposizione – non è riuscito a dimostrare la propria neutralità.

 

In India, le forze di sicurezza hanno dichiarato di aver ucciso questa mattina cinque presunti guerriglieri maoisti nello Stato di Chhattisgarh. Secondo la polizia indiana, le violenze compiute dai maoisti hanno provocato, lo scorso anno, circa 400 morti. Tra questi, almeno 320 sono civili.

 

In Kazakistan si è dimesso dal suo incarico il primo ministro, Daniyal Akhmetov. Lo ha reso noto l’ufficio stampa del governo, senza precisare le ragioni delle dimissioni del premier.

 

 

 

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