RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 8 - Testo della trasmissione di lunedì 8 gennaio 2007
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
In Iraq: l’agguato su un bus uccide 15 persone,
mentre riprende il processo sullo sterminio di 180 mila curdi
8 gennaio 2007
LO SGUARDO DI BENEDETTO XVI SUL PIANETA E GLI
APPELLI PER IL SUPERAMENTO
DELLE
VARIE CRISI POLITICHE, SOCIALI E UMANITARIE: NEL TRADIZIONALE DISCORSO DI
INIZIO ANNO AGLI AMBASCIATORI DEL CORPO DIPLOMATICO PRESSO LA SANTA SEDE, IL
PAPA CHIEDE DI CONSOLIDARE CIO’ CHE DI POSITIVO C’E’
NEL MONDO
PER
SUPERARE “CON SAGGEZZA E TENACIA CIO’ CHE DEGRADA E UCCIDE L’UOMO”
Lo “scandalo” della fame e della miseria nel 21.mo secolo, la pace tuttora “violata e derisa”, gli
attentati alla vita umana. E ancora: le crisi
politico-umanitarie in Africa, i segnali di rinascita sociale in America
Latina, l’espansione economica del gigante asiatico, il rischio del nucleare
iraniano e coreano, gli appelli alla stabilità per il Medio Oriente, la difesa
delle radici cristiane nell’Europa comunitaria: sono alcuni dei grandi temi
dell’attualità internazionale che hanno cadenzato il discorso rivolto questa
mattina da Benedetto XVI al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede
- guidato dal decano, l’ambasciatore della Repubblica di San Marino, Giovanni Galassi - nella tradizionale udienza per lo scambio di
auguri all’inizio del nuovo anno. La cronaca nel servizio di Alessandro
De Carolis:
**********
Dieci nazioni africane citate esplicitamente per le loro
vicende e più spesso per le loro traversie interne. Sette per l’Asia, tre per
l’America Latina, quattro per il Medio Oriente. Uno sguardo soddisfatto
all’Europa a 27 Stati, che non dimentica però di sperare in un analogo esito
per i Paesi dei Balcani. Per una volta, i numeri
estrapolati dal lungo ma soprattutto capillare intervento di Benedetto XVI al
Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede danno la misura
dell’attenzione del Papa alla situazione internazionale e dello sforzo di
valutarla nel suo complesso e nel suo dettaglio. L’augurio iniziale di pace e
serenità del Pontefice ai diplomatici viene subito
mutato in solidarietà per quelli che non conoscono pace né serenità per via
dell’insoluto dramma di sempre, la miseria, che ancora all’inizio del terzo
millennio fa mancare a “milioni di persone, specialmente donne e bambini” – ha
osservato Benedetto XVI - acqua, cibo, un tetto:
“LE SCANDALE DE LA FAIM, QUI TEND A S’AGGRAVER…
Lo scandalo della
fame, che tende ad aggravarsi, è inaccettabile in un mondo che dispone dei
beni, delle conoscenze e dei mezzi per porvi fine (…) Invito di nuovo i
responsabili della nazioni più ricche a prendere i
provvedimenti necessari affinché i Paesi poveri, spesso pieni di ricchezze
naturali, possano beneficiare dei frutti dei beni che appartengono loro in modo
proprio”.
Sul punto, il Papa ha invitato i Paesi che sostengono lo
sviluppo a non recedere dall’impegno di destinare lo 0,7 del proprio PIL
all’aiuto internazionale, così da sostenere meglio le organizzazioni che si
occupano delle crisi umanitarie.
Quasi incalzando, la voce del Papa – che in un passaggio
ha fatto i “migliori auguri” di buon lavoro al nuovo segretario generale
dell’ONU, Ban Ki-moon - si
è levata per denunciare il moltiplicarsi di una “crisi progressiva” nei
negoziati sul disarmo, per contrasto enfatizzata
dall’aumento delle spese militari, ma anche per condannare “fermamente” ancora
una volta il terrorismo e quindi i “continui attentati portati alla vita”.
Accade anche in continenti come l’Africa, dove la vita è rispettata, ma dove –
ha portato ad esempio il Pontefice - si tenta “di banalizzare surretiziamente l’aborto attraverso il Protocollo di Maputo”. E una minaccia alla vita, ha proseguito il Papa,
va considerata la “relativizzazione” della famiglia
fondata sul matrimonio, come pure l’“aggressione” talvolta commessa “sotto
l’apparenza della ricerca scientifica”, rilevabile nei “tentativi di
legittimare la clonazione umana”. Sono derive, ha osservato Benedetto XVI,
alimentate da una ricerca scientifica tentata dal non riconoscere altre leggi
all’infuori “di quelle che vuole darsi”.
Quando Benedetto XVI ha iniziato a scandagliare
l’orizzonte politico delle singole aree del pianeta, la sua prima riflessione è
stata venata di preoccupazione. In primo luogo, ha detto, constatiamo che la
“pace è spesso fragile e derisa”. E l’Africa, punto di partenza della sua
analisi sui continenti, è l’emblema quasi di questo assunto, a cominciare dal
“dramma del Darfour, che ha suscitato una netta presa
di posizione del Pontefice:
“LA COMMUNAUTE INTERNATIONALE SEMBLE IMPUISSANTE…
La comunità
internazionale sembra impotente da ormai quattro anni, malgrado
le iniziative destinate ad alleviare le popolazioni provate e a dare una
soluzione politica. E’ solamente attraverso una collaborazione attiva tra le
Nazioni Unite, l’Unione Africana, i governi interessati e altri protagonisti che
questi mezzi potranno divenire efficaci. Invito tutti ad agire con
determinazione: non possiamo accettare che tanti innocenti continuino a
soffrire e a morire”.
Anche la recente instabilità del Corno d’Africa ha indotto
Benedetto XVI a un appello alle parti in causa, proponendo come simbolo di
concordia il ricordo di suor Leonella Sgorbati, la
religiosa uccisa il 17 settembre 2006 a Mogadiscio in Somalia. Il Papa ha speso
parole per il “progresso dei negoziati” in Uganda – terra bagnata dal sangue di
troppi bambini-soldato – affermando quindi di guardare “con interesse e
speranza” alla transizione politica in Burundi e nella repubblica Democratica del Congo. Sempre in Africa, Benedetto XVI ha auspicato un
presente migliore per Rwanda, Costa d’Avorio e la parte australe del
continente, dove milioni di persone sono “ridotte ad una situazione di grande
vulnerabilità”.
“Non dimentichiamo l’Africa”, ha chiosato il Papa, che è
poi andato con la mente a uno dei grandi appuntamenti pastorali che lo
riguarderanno tra qualche mese:
“LE
VOYAGE APOSTOLIQUE QUE J’ACCOMPLIRAI…
Il viaggio
apostolico che effettuerò nel prossimo mese di maggio in Brasile mi dà
l’occasione di volgere il mio sguardo verso questo grande paese, che mi attende
con gioia, e verso tutta l’America Latina e i Caraibi. Il miglioramento di
alcuni indici economici, l’impegno nella lotta contro il traffico di droga e
contro la corruzione, i diversi processi di integrazione, gli sforzi per
migliorare l’accesso all’educazione, per combattere la disoccupazione e per
ridurre le disuguaglianze nella distribuzione dei redditi, costituiscono degli
indizi da rilevare con soddisfazione”.
Accanto a segnali positivi, convivono in America Latina
annose e talvolta gravi situazioni sociali e politiche come in Colombia - per la quale il Pontefice ha sollecitato sforzi di pacificazione
- o per Haiti, vittima di povertà e violenza, o ancora per Cuba, alla quale il
Papa ha indirizzato l’auspicio che fu di Giovanni Paolo II: “Che Cuba si apra
al mondo e il mondo a Cuba”.
Subito dopo, Benedetto XVI si è soffermato sui grandi
numeri demografici ed economici dell’Asia che vanta, ha detto, Paesi “in piena
espansione” come la Cina e l’India. Dopo aver salutato
le “piccole ma vivaci” comunità cattoliche del continente, in favore delle
quali ha invocato la possibilità di “vivere e agire in un clima di libertà
religiosa”, il Papa ha stigmatizzato una “certa fragilità dei processi di democratizazione” in Timor Est, ma anche la recrudescenza
delle violenze in Afghanistan e i “pericolosi focolai di tensione” nella
penisola coreana:
“L’OBJECTIF DE LA RECONCILIATION DU PEUPLE COREEN…
L’obiettivo della
riconciliazione del popolo coreano e della de-nuclearizzazione
della Penisola, che avranno degli effetti benefici in tutta la regione, devono
essere perseguiti nel quadro dei negoziati. Occorre evitare gesti che possano
compromettere le trattative, senza tuttavia condizionare ai risultati gli aiuti
umanitari destinati agli strati più vulnerabili della popolazione”.
Un difficile negoziato sul nucleare riguarda anche l’Iran.
Il Papa ne ha parlato come di un possibile fattore di stabilizzazione per la
sempre tesa area del Medio Oriente, qualora Teheran
“accettasse una risposta soddisfacente alle preoccupazioni legittime della
comunità internazionale”. E le “grandi inquietudini” suscitate dalla situazione
in Terra Santa hanno stimolato nuove e accorate parole da parte di Benedetto
XVI:
“JE RENOUVELLE MON APPEL PRESSANT A TOUTES LES
PARTIES EN CAUSE…
Rinnovo il mio
pressante appello a tutte le parti in causa nel complesso scacchiere politico
della regione, con la speranza che si consolidino i segni positivi tra
Israeliani e Palestinesi registrati nel corso delle ultime settimane (…) Per
porre termine alla crisi e alle sofferenze che essa causa nelle popolazioni,
bisogna procedere attraverso un approccio globale, che non escluda nessuno
dalla ricerca di una soluzione negoziata e che tenga conto delle aspirazioni e
degli interessi legittimi dei diversi popoli coinvolti; in modo particolare, i
Libanesi hanno diritto a vedere rispettata l’integrità e la sovranità del loro
paese; gli Israeliani hanno
il diritto di vivere in pace nel loro Stato, i Palestinesi hanno il diritto ad
una patria libera e sovrana”.
L’Europa, infine.
Il Papa si è rallegrato per il recentissimo
ingresso nelle strutture comunitarie di Bulgaria e Romania : Paesi,
ha detto, di lunga tradizione cristiana. Una caratteristica, quest’ultima, che ha portato il Pontefice a ribadire un concetto mai troppo ripetuto :
“ALORS QUE L’ON S’APPRETE A CELEBRER…
Nel momento in cui
ci si appresta a celebrare il cinquantesimo anniversario dei Trattati di Roma,
una riflessione si impone sul Trattato costituzionale. Mi auguro che i valori
fondamentali che sono alla base della dignità umana siano pienamente protetti,
in particolare la libertà religiosa in tutte le sue dimensioni e i diritti
istituzionali delle Chiese. Allo stesso modo, non si può prescindere
dall’innegabile patrimonio cristiano di questo continente, che ha largamente
contribuito a modellare l’Europa delle nazioni e l’Europa dei popoli”.
Anche per i Balcani, Benedetto XVI ha auspicato
non solo un pieno radicamento
della stabilità regionale – presto, ha ricordato tra l’altro, sarà
“definitivo” lo statuto
per il Kosovo - ma anche una
futura integrazione con le strutture comunitarie europee. Quindi, un ultimo appello del Pontefice
per quanti, nel Vecchio
Continente, sono tentati dal terrorismo” - “una strada senza uscita”,
secondo il Papa - e un auspicio per quelli che ha definito “conflitti
congelati”, affinché – è la speranza di Benedetto XVI – “possano trovare
rapidamente una soluzione definitiva”, così come quelle “tensioni ricorrenti,
legate ai nostri giorni soprattutto alle risorse energetiche”.
“Le situazioni che ho voluto evocare – ha osservato alla
fine il Papa - costituiscono una sfida che ci riguarda tutti; si tratta di una
sfida che consiste nel promuovere e consolidare tutto ciò che c’è di positivo
nel mondo e a superare, con buona volontà, saggezza e tenacia, tutto ciò che
ferisce, degrada e uccide l’uomo. Solo rispettando la persona umana - ha concluso
- è possibile promuovere la pace, e solo costruendo la pace si pongono le basi
per un autentico umanesimo integrale”.
**********
Ricordiamo
che sono 175 gli Stati che
attualmente intrattengono relazioni diplomatiche piene con
Per
quanto riguarda l’anno appena concluso, il 16 dicembre 2006,
UN
FIGLIO EMINENTE DELL’AFRICA CHE HA SERVITO CRISTO E LA SUA CHIESA:
COSI’,
BENEDETTO XVI RICORDA, IN UN TELEGRAMMA DI CORDOGLIO, LA FIGURA
DEL CARDINALE FREDERIC ETSOU, ARCIVESCOVO DI
KINSHASA,
SCOMPARSO
IL 6 GENNAIO
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Benedetto XVI ricorda con
parole commosse la figura del cardinale Frédéric
Etsou-Nzabi-Bamungwabi,
arcivescovo di Kinshasa, spentosi il 6 gennaio a Lovanio in Belgio, all’età di 76 anni. In un telegramma a
mons. Daniel Nlandu Mayi,
ausiliare di Kinshasa, il Papa definisce il cardinale
Etsou “un figlio eminente dell’Africa”, che “ha
servito Cristo e la sua Chiesa”. E rammenta, in particolare, il suo servizio
pastorale nell’arcidiocesi di Mbandaka-Bikoro e in
quella di Kinshasa.
Da presidente della
conferenza episcopale della Repubblica Democratica del Congo,
sottolinea il telegramma, il porporato si è impegnato nell’annuncio del Vangelo
e per la promozione dei popoli del continente africano. Il Papa si unisce,
dunque, in preghiera a quanti sono stati colpiti da questo lutto. Benedetto XVI
ha inviato anche un telegramma a padre Jozef Lapauw, superiore generale della Congregazione del Cuore
Immacolato di Maria, di cui era membro il cardinale Etsou.
Il Pontefice esprime la sua vicinanza spirituale alla Congregazione, sottolineando
“la fecondità dell’azione pastorale” del compianto arcivescovo di Kinshasa al servizio del Congo e
di tutta l’Africa.
NOMINA
DEL VESCOVO DI SALT LAKE CITY
Il Santo Padre ha nominato vescovo di Salt
Lake City (U.S.A.) monsignor John
Charles Wester, finora
vescovo titolare di Lamiggiga ed ausiliare
dell’arcidiocesi di San Francisco. Mons. John Charles
Wester è nato a San Francisco il 5 novembre 1950. E’
stato ordinato sacerdote per l’arcidiocesi di San Francisco il 15 maggio 1976.
Già sacerdote, e senza interrompere il ministero pastorale, ha conseguito un “Master’s Degree” in spiritualità
all’Università di San Francisco e uno in “Pastoral Counseling” al “Holy Name College” di Oakland, California. Il 30 giugno 1998, è
stato eletto vescovo titolare di Lamiggiga e consacrato
il 18 settembre dello stesso anno come Vescovo ausiliare di San Francisco in
California, della quale è stato Amministratore Apostolico
quando è rimasta vacante. Nella conferenza episcopale
degli Stati Uniti svolge i seguenti incarichi: consultore per la commissione
sulla migrazione; membro della commissione per le vocazioni; consultore del
comitato per il dialogo interreligioso.
Il Santo Padre ha nominato membri della Congregazione per
l'Evangelizzazione dei Popoli i cardinali: Giovanni Battista Re, prefetto della
Congregazione per i Vescovi; Sergio Sebastiani,
presidente della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede; Zenon Grocholewski, prefetto
della Congregazione per l'Educazione Cattolica; William Joseph
Levada, prefetto della Congregazione per
UNA RICERCA ITALO-AMERICANA CONFERMA
LA PRESENZA NEL LIQUIDO AMNIOTICO
DI CELLULE STAMINALI UTILI
ALLA CURA DI MALATTIE UMANE:
AI NOSTRI MICROFONI, LA
SODDISFAZIONE DEL CARDINALE LOZANO BARRAGAN
E DEL GENETISTA BRUNO DALLA PICCOLA
Scoperte per la prima volta nel liquido
amniotico cellule staminali con capacità rigenerative pari a quelle
dell'embrione, ma apparentemente sicure come le staminali adulte: è il risultato
di una ricerca italo-americana, firmata
dall’università di Harvard assieme a quella di Padova
e dall’istituto di medicina rigenerativa di Wake Forest, nel North Carolina. Uno
studio di straordinaria importanza, come spiega il genetista Bruno Dalla
Piccola, direttore dell’istituto Mendel di Roma,
intervistato da Alessandro Gisotti:
**********
R. – Lo studio dà evidenza per la prima volta che senza
distruggere l’embrione si possono ottenere cellule che hanno le caratteristiche
delle cellule staminali embrionali. In poche parole, fino a poco tempo fa, non
c’era altro sistema di ottenere cellule staminali embrionali, le cosiddette
cellule totipotenti,
cioè in grado di differenziarsi in qualunque tipo di tessuto, se non prendendole
in una fase molto precoce dello sviluppo embrionale, quindi portando
definitivamente a morte l’embrione. La cosa invece cambierebbe con questo
risultato, nel senso che queste cellule sembrano in grado di trasformarsi in
una serie di tessuti – osso, fegato, sangue,
cartilagine e quant’altro – in cellule, dunque, che
quantomeno hanno la caratteristica di multipotenza.
D. – Dell’utilità del liquido amniotico in realtà si parla
già da tempo. Quali sono, dunque, le novità di questa ricerca italoamericana?
R. – Sicuramente, la presenza delle cellule staminali nel
liquido amniotico è nota almeno da tre o quattro anni. La novità è che per la
prima volta sia stato fatto uno studio in maniera sistematica. Non soltanto si
è fatta la verifica della presenza di queste cellule, ma si è dimostrata la
possibilità che sotto opportuni stimoli queste cellule possano diventare
sistema nervoso, piuttosto che fegato, piuttosto che osso. Questo è il primo
risultato importante che viene da questa ricerca. Sicuramente ci sono altri
risultati importanti, che dimostrano la possibilità attraverso l’impiego di
queste cellule in modelli animali, cioè in piccoli topi, di fare operativamente
una rigenerazione dei tessuti. E questi, pur con i distinguo che devono essere
sempre presi in considerazione quando si fanno
esperimenti sul modello animale, piuttosto che sull’uomo, sicuramente sono
fortemente incoraggianti nel dire che queste cellule potrebbero essere usate in
una prospettiva terapeutica.
D. – Si può dire che questa scoperta conferma la
possibilità di ottenere risultati importanti anche rispettando gli embrioni e,
dunque, rispettando la vita?
R. – Assolutamente sì. Ho sempre detto che probabilmente
un tale e rapido sviluppo della ricerca avrebbe fatto sì che un giorno si
sarebbe trovato il sistema di ottenere in qualche modo delle cellule con
caratteristiche staminali, embrionali, senza la distruzione dell’embrione.
Direi che questo studio sia estremamente incoraggiante, perchè va proprio in
questa direzione.
D. – Quali sono ora i suoi auspici da ricercatore?
R. – In questo momento dobbiamo cercare di capire se
questo è un risultato ottenibile su tutti i campioni di liquido amniotico e
penso che la risposta sia largamente positiva. Significa capire quanto costa la
transdifferenziazione, cioè espandere queste cellule
in vitro e poi trasformarle in specifici tessuti. Pare che gli americani si
siano già fatti due calcoli e abbiano pensato che se la tecnica dovesse
funzionare i quattro milioni di liquidi amniotici, perché queste sono le
gravidanze negli Stati Uniti presenti in un anno, potrebbero essere sufficienti
a fare una banca dati idonea a coprire il fabbisogno trapiantologico
di quel Paese. Io personalmente ritengo che se i risultati – e non c’è ragione
di dubitare – andranno nella direzione proposta e se i costi necessari per
ottenere queste cellule saranno ragionevoli, penso che nell’arco di cinque anni
questo dovrebbe diventare una fonte di cellule molto interessante per il
trattamento delle malattie umane.
**********
Se confermata, dunque, la ricerca italo-americana rappresenterebbe un passo davvero
straordinario, giacché questo tipo di intervento sul liquido amniotico non
avrebbe alcuna implicazione sul piano etico. Soddisfazione è stata espressa al riguardo dal
presidente del Pontificio Consiglio per
*****************
R. – Quando si tratta di un trapianto di qualsiasi
categoria, microscopico o macroscopico, i principi sono chiari: non deve
causare un fastidio, un fastidio importante, un danno insuperabile, e colui che
lo riceve, deve poterlo ricevere senza pericolo e con un buon successo. Se per
estrarre una quantità di liquido amniotico non si mette in difficoltà e in
pericolo il donatore e si può introdurre tanto in vitro come nello stesso
organismo del ricevente, e se tutto questo a livello medico non causa nessuna
conseguenza negativa, allora penso che non ci sia nessun problema. Non essendo
io, però, uno scienziato e non essendo uno specialista di genetica e di
embriologia, dico queste cose al condizionale. Se si rispetta il principio che
sempre abbiamo avuto di non nuocere, non giudicare o condannare, penso allora
che non ci siano problemi etici. Prima il problema etico non era con le cellule
staminali adulte, ma con quelle dell’embrione, perché causavano la morte
dell’embrione.
D. – Quindi, eminenza, ferme
restando le condizioni da lei enunciate, nessuna preclusione ormai all’uso
delle cellule staminali?
R. – Non oso fare affermazioni così generali, senza una
conoscenza definita e dettagliata dei problemi, perché ripeto non sono uno
scienziato che possa vedere fino a che punto arrivino
gli effetti primari e collaterali di un problema del genere. Io, piuttosto,
rimando questa questione ai periti scientifici, ai medici specialisti, ai
professori, che si dedicano a questo. Apparentemente, per quello che abbiamo
sentito, non ci sarebbe ormai preclusione. Voglio però affidarmi al giudizio
delle persone competenti in queste scienze.
D. – Eminenza, i suoi auspici per il futuro progresso
scientifico in questo settore…
R. – Il Signore nella Genesi ha detto all’uomo, quando lo
ha messo sulla Terra, che la domini non come padrone assoluto, ma come
‘signore’, cioè facendo sì che la terra e tutta la creazione progredisca per
lui, non regredisca. Non faccia un regresso, ma un progresso. Allora, tutto
quello che significa progresso autentico, che costruisce l’uomo, in tutta la
sua complessità, dobbiamo dire che è buono. Qual è la nozione più semplice di
cosa sia una cosa buona? Una cosa buona è quello che ci conviene, non
egoisticamente, ma ci conviene perché noi siamo degli esseri in evoluzione, che
ci costruiamo continuamente. Quello che ci aiuta a costruirci è buono. Quello
che ci distrugge, però, è cattivo.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - "Lavorare alla costruzione
di un umanesimo integrale, che solo può assicurare un mondo pacifico, giusto e
solidale": il discorso di Benedetto XVI al Corpo Diplomatico accreditato
presso la Santa Sede durante l'udienza per la presentazione degli auguri per il
nuovo anno.
Servizio estero - Iraq: ancora violenze. Intanto Bush si appresta ad inviare altri ventimila soldati.
Servizio culturale - Un articolo di Umberto
Santarelli dal titolo "La preziosa eredità dei 'mercatores
medievali'": considerazioni in margine
all'originale vicenda umana del Nobel per la Pace Muhammed
Yunus.
Servizio italiano - In rilievo il tema della
sanità.
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8 gennaio 2007
LE
REAZIONI IN POLONIA SULLE DIMISSIONI DI MONS. WIELGUS
DA ARCIVESCOVO DI VARSAVIA
-
Intervista con Tadeusz Konopka
-
La Chiesa polacca è
profondamente colpita dalla notizia delle dimissioni di mons. Stanislaw Wielgus dalla carica di
arcivescovo metropolìta di Varsavia. La decisione,
accolta dal Papa – lo ricordiamo – è stata presa dal presule che ha ammesso le
sue responsabilità nella collaborazione, in gioventù, con i servizi segreti del
passato regime comunista. In Polonia oggi i mass media dedicano ampio spazio
all’argomento, oggetto di discussione anche tra gli stessi polacchi. Sulle
reazioni che la vicenda di mons. Wielgus sta provocando
in Polonia, Paese di forte tradizione cattolica, Giancarlo
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R. – “Il soccorso è arrivato da
Roma”; “Il Papa ha fatto evitare il disonore nella Chiesa”; “L’arcivescovo Wielgus lascia l’incarico”: questi i titoli di apertura
delle principali testate polacche uscite stamattina. Secondo la “Gazette
Wyborcza”, la
data del 7 gennaio del 2007 passerà alla storia della Chiesa cattolica in
Polonia e nel mondo. Secondo Stefan Frankievich, ex ambasciatore polacco presso la Santa Sede,
con i fatti avvenuti ieri è finita l’epoca del “trionfalismo” della Chiesa
polacca, sottolineata dall’elezione di Giovanni Paolo II al Soglio pontificio,
nell’ottobre del ’78, e dovuta anche all’autorità del primate Stefan Wyszynsky, il simbolo
della resistenza della Chiesa al comunismo. Tanti vivono questa crisi come
l’inizio del mistero della purificazione della coscienza, della purificazione
dalle ombre del passato comunista. Anche la Chiesa ha bisogno di chiarire i
fatti avvenuti nel passato. Grazie a questa purificazione si spera che possa
nascere un rinnovato e più forte legame fra il laicato e la gerarchia della
Chiesa in Polonia.
D. – Vi siete dati una risposta sul perché e come la
Chiesa polacca si sia trovata ad affrontare una situazione simile?
R. – Ovviamente la Chiesa vive nel mondo ed è circondata
da istituzioni e da media non sempre favorevoli, ma è una realtà della quale
deve prendere atto e nella quale è costretta a vivere. In questo senso, la
posizione della Chiesa polacca è molto particolare, perché anche per i non
cattolici è un’istituzione importante.
**********
CON
UNA DIVINA LITURGIA LA COMUNITA’ COPTO-ORTODOSSA DI ROMA
HA FESTEGGIATO IL NATALE. IL VESCOVO BARNABA
EL SORYANY INVOCA LA PACE
NEL
MONDO ED IL DIALOGO TRA LE CHIESE
- Ai
nostri microfoni mons. Barnaba El Soryany
-
Sabato scorso, 6 gennaio, anche la comunità copto-ortodossa di Roma, come tutte le Chiese che seguono
il calendario giuliano, ha festeggiato il Natale, nella chiesa della comunità
dedicata a San Giorgio, con una divina liturgia. La celebrazione, alla quale
hanno partecipato centinaia di fedeli copti-ortodossi
di Roma è stata molto sentita ed ha rispecchiato la fede profonda dell’antica
comunità che si fa risalire al tempo degli apostoli: il Patriarca Shenouda III è il 117.mo
successore di San Marco Evangelista. Gli antichi riti, i canti, le luci e
l’incenso hanno ricreato l’atmosfera mistica dell’Oriente. Al microfono di
Marta Vertse, mons. Barnaba El
Soryany, vescovo della Chiesa copta-ortodossa
di Roma fa una riflessione sul dialogo fra le Chiese:
**********
Noi abbiamo fatto grandi progressi nel dialogo fra le
Chiese. In quanto vescovo della Chiesa copto-ortodossa
in Italia, sono qui da molto tempo e seguo da vicino questo dialogo; vedo
quindi che molte questioni sono state risolte. Speriamo che piano, piano, con
il tempo ... noi aspettiamo con grande felicità il momento in cui saremo di nuovo tutti uniti, torneremo come eravamo una volta,
senza differenze tra di noi: questa sarebbe la nostra gioia! Riusciremmo così
anche a dimostrare al mondo intero che siamo cristiani: noi crediamo in Gesù,
tutti quanti!
Questa solennità del Natale ci ricorda che oggi, più che
mai, il mondo ha bisogno di pace e serenità. Auguro ad ogni credente di
riscoprire il valore e l’importanza della preghiera! Con la preghiera saremo in grado di essere costruttori di pace intorno a noi e nel
mondo. Oppressi dalle tentazioni di tutti i giorni, nei momenti bui della
nostra vita sociale e spirituale, la preghiera è l’unico mezzo per ottenere la
nostra pace interiore, per chiedere e invocare la pace per tutti i nostri
fratelli.
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GIOVANI
ISRAELIANI E PALESTINESI PROTAGONISTI
DI UN
PROGETTO IN TERRA SANTA
PROMOSSO
DAL SERMIG, IL SERVIZIO MISSIONARIO GIOVANI
- Ai
nostri microfoni Ernesto Olivero -
Costruire “arsenali di pace” in Terra Santa. E’ la
proposta del SERMIG, il Servizio Missionario Giovani. Dopo la guerra tra
Israele e Libano, l’organizzazione, fondata a Torino nel 1983 da Ernesto
Olivero, ha cercato, ancor più che in passato, di portare il
dialogo fraterno tra le popolazioni israeliana e palestinese attraverso
iniziative concrete scaturite proprio dal dibattito, promosso proprio dal
SERMIG, tra giovani israeliani e palestinesi. Ma in che cosa consiste questa
iniziativa? Giancarlo
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R. – Da quando abbiamo incominciato a lavorare
concretamente in situazioni difficili, ci siamo ritrovati decine di volte,
indirettamente, nelle più grandi tragedie degli ultimi anni e abbiamo sempre
cercato di portare aiuti. Quando a luglio è capitata quella sciagurata guerra
tra Israele e Libano che tutti conosciamo, abbiamo cercato di capire come fare
per portare un contributo originale, nuovo e abbiamo ragionato con dei giovani
del Medio Oriente. Abbiamo così scoperto che tanti non sanno cos’è la pace. Con
Israeliani, Palestinesi e mille ragazzi italiani, abbiamo passato sette giorni
insieme e dopo un giorno o due, è avvenuta una cosa che ci ha fatto davvero
piacere: questi ragazzi hanno smesso di essere palestinesi,
israeliani: allora hanno tirato fuori i loro sogni e ci hanno chiesto: “Perché
non venite in Israele, in Palestina e costruite un arsenale?” Noi abbiamo
detto: “Se voi ci fate avere dai vostri governanti un pezzo di terreno, anche
grande, ai confini tra Israele e Palestina, noi prepareremo un grande arsenale
a spese della gente comune. Da una parte entreranno bambini disabili israeliani
e dall’altra parte entreranno i bambini disabili palestinesi, visto che noi
abbiamo una casa in Giordania dove accogliamo bambini disabili cristiani e
musulmani. Chissà che attraverso il dolore, gli israeliani e i palestinesi non
si vedano diversamente. Io credo che per far diventare il Medio Oriente una
terra amica, bisogna ricominciare dai giovani: i giovani vogliono la pace.
D. – Olivero, uno degli slogan del SERMIG è: “invece di parlare di pace è molto meglio lavorare per la
pace”. E’ possibile fare questo in una regione come
R. – Noi abbiamo una tradizione che arriva da lontano. Lei
si ricorda quando il Vietnam era in guerra e tutto il
mondo era schierato da una parte o dall’altra. Noi abbiamo accettato di poter
aiutare il Vietnam del Nord e del Sud a patto che potessimo
aiutare tutti e due contemporaneamente e aiutare i popoli dell’una e dell’altra
parte. Alcuni ragazzi israeliani e palestinesi ci hanno detto di aver scoperto
che non facevamo solo discorsi: noi abbiamo aiutato veramente tutte le fazioni
dei libanesi, dei palestinesi e anche tanti giovani studenti israeliani. Le nostre
parole di pace sono pesanti, sono vere, sono profonde, noi vogliamo convincere
le donne ai giorni di oggi che solo il disarmo, il non costruire le armi, ci
può portare ad una pace seria.
**********
CON
UNA MOSTRA DI PARTICOLARI OGGETTI DEL PERIODO
TRA
AD
ANNA MARIA LUISA DE’ MEDICI
- Con
noi, Cristina Acidini -
Un omaggio ad una donna che amò intensamente la sua città:
a Palazzo Pitti si è aperta, in questi giorni, la mostra intitolata “La
principessa saggia”, monografica dedicata ad Anna Maria Luisa de’ Medici,
l’ultima regnante della Casata che resse le sorti di Firenze per tre secoli. Il
nome di Anna Maria è indissolubilmente legato al destino della città di
Firenze. All’ultima Principessa medicea si devono infatti
la salvaguardia e la conservazione sino ad oggi, nei luoghi originari,
dell’immenso patrimonio artistico raccolto dai Medici nel corso dei secoli. Per
conoscere meglio la figura e l’eredità di Anna Maria Luisa de’ Medici, Alessandro
Gisotti ha intervistato la sovrintendente del Polo museale
fiorentino, Cristina Acidini:
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(musica)
R. – Anna Maria Luisa è il personaggio cui la storia ha
affidato il compito di concludere il governo di tre secoli della dinastia dei
Medici sulla città di Firenze e sul Granducato di Toscana. Il suo ruolo,
accanto al fratello Gian Gastone, è quello di tenere in piedi una dignitosa
politica di successione. Saranno gli Asburgo-Lorena a
prendere il posto dei Medici.
D. – Può dirci qualcosa del patto di famiglia…
R. – E’ un documento scritto nel 1737. E’ un documento
abbastanza particolare, perchè è una scrittura privata tra lei e il suo
successore della casa Asburgo-Lorena, che impegna il
successore, tra le altre cose, a non muovere dalla città di Firenze e dai
contenitori di eccellenza dove sono conservati, tutti gli oggetti e i libri
appartenenti ai Medici. Si parla della Galleria degli Uffizi, della Galleria
Palatina, delle reliquie del tesoro di San Lorenzo, della Biblioteca Laurenziana, cioè tesori immensi. Questo segna, senza
retorica, il destino della nostra città di Firenze.
D. – Quindi, si può dire che la mostra rende onore ad una
donna che ha amato profondamente la sua città…
R. – Oserei dire che lei, donna senza figli, ha avuto come
figlia la città. Ha visto nella necessità di mantenere le collezioni e i tesori
la sua missione di cura e di premura per questa città dove governava. Ed è
questo che la rende così straordinaria.
D. – Qual è il percorso logico seguito nell’allestimento
della mostra?
R. – La mostra riunisce splendidi oggetti del periodo tra
la fine del ‘600 e l’inizio del ‘700 che segna il
massimo splendore barocco della produzione fiorentina ed europea. Quindi, è
organizzata rispondendo ai periodi della sua vita: la principessa a Firenze;
l’elettrice palatina a Dusseldorf e poi la
principessa vedova, che regge le sorti incerte dello Stato fino alla morte, tornando
a Firenze. Sono oggetti prestati essenzialmente dal nostro polo museale fiorentino, ma anche da musei stranieri, con un
bellissimo nucleo di prestiti che vengono da Monaco di Baviera, nei cui musei è
confluita l’eredità dell’elettore palatino.
(musica)
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8 gennaio 2007
NEL 50. MO ANNIVERSARIO DEL RADIOGIORNALE
DELLA RADIO VATICANA,
LE
CONGRATULAZIONI DELL’ARCIVESCOVO FOLEY,
PRESIDENTE
DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI,
PER IL
LAVORO SVOLTO A SERVIZIO DEL SANTO PADRE E DELLA CHIESA UNIVERSALE
CITTA’ DEL VATICANO. = “Congratulazioni” per il 50mo
anniversario del Radiogiornale della Radio Vaticana
sono giunte dall’arcivescovo John P. Foley, presidente del Pontificio Consiglio per le
comunicazioni sociali, al direttore generale della nostra emittente, padre
Federico Lombardi. Sono certo che questo anniversario e quello del 75.mo dell’avvio delle trasmissioni celebrato lo scorso anno,
scrive il presule, sono soltanto “il prologo di maggiori e migliori programmi e
pubblicazioni della Radio Vaticana a servizio del Santo Padre e della Chiesa universale”.
L’arcivescovo Foley ricorda poi la sua personale
esperienza di ascoltatore e lettore quotidiano del Radiogiornale,
sin dai tempi del suo arrivo a Roma circa 23 anni fa, “specialmente nella sua
edizione a stampa, quale autorevole riepilogo, di semplice lettura, delle più
importanti notizie nella Chiesa e nel mondo”. Il capo dicastero per le
comunicazioni sociali esprime infine parole di stima e riconoscenza per i due
primi direttori alla guida del Radiogiornale padre
Francesco Farusi e padre Ignacio
Arregui, oltre a padre Antonio Stefanizzi,
a lungo direttore della Radio Vaticana e poi direttore tecnico. (R.G.)
IN
SOLI TRE ANNI, DAL 2004 AL 2006, 319 OPERATORI UMANITARI
E
CASCHI BLU DELL’ONU SONO STATI INDAGATI PER ABUSI SESSUALI:
OLTRE
NEW YORK. = Negli ultimi tre anni, oltre 319 tra operatori
umanitari e caschi Blu impegnati nelle missione di
pace delle Nazioni Unite sono stati indagati per presunti abusi sessuali e per
oltre il 50 per cento dei casi sono stati rimandati a casa. Lo ha comunicato Jane Holl Lute,
assistente segretario generale dell’ONU per le operazioni di peacekeeping,
affermando che da due anni si sta prestando molta attenzione al problema degli
abusi sessuali ma che la situazione non è ancora soddisfacente. Nei giorni
scorsi il quotidiano britannico “Daily Telegraph” aveva riferito che operatori dell'ONU nel Sudan
meridionale avrebbero abusato sessualmente di oltre 20 minori. L’ONU - ha
spiegato Holl Lute - ha
avviato un'indagine dando seguito alle denunce ma ha
precisato che, nel caso in cui si riescano ad accertare le responsabilità, ciò
che può fare il Palazzo di Vetro è di allontanare i colpevoli. Spetta ai Paesi
di provenienza di questi ultimi, invece, decidere se e come giudicarli ed,
eventualmente, punirli. Ogni anno, oltre 200 mila persone provenienti da un
centinaio di Paesi sono impegnate a vario titolo nelle missioni di peacekeeping. “E’
quasi normale che ci sia qualcuno che non si comporta bene, ma noi abbiamo il
dovere di fare di tutto perché questo non accada”, ha detto Jane
Hall Lute alla stampa americana. Le indagini
effettuate dall’ONU tra il gennaio 2004 e il novembre 2006 hanno portato al licenziamento
di 18 operatori civili e al rimpatrio di 17 agenti di polizia e di 144
militari. (R.G.)
APPELLO
DEL VESCOVO ORTODOSSO BULGARO TIHON,
PER LA
LIBERAZIONE DELLE CINQUE INFERMIERE BULGARE
E DEL
MEDICO PALESTINESE CONDANNATI A MORTE IN LIBIA
- A cura del Programma bulgaro -
ROMA. = Il vescovo ortodosso Tihon,
vicario della diaspora della Chiesa ortodossa bulgara dell'Europa Centrale ed
Occidentale retta dal Patriarca Maxim, ha lanciato un
appello per la liberazione delle cinque infermiere bulgare ed un medico
palestinese, condannati a morte dal Tribunale libico il 18 dicembre scorso, accusati
di aver contagiato nel 1998 426 bambini dell’ospedale di Bengasi con il virus
dell’AIDS. L’appello è stato lanciato, nel giorno dell’Epifania, durante
COMMERCIO DI ORGANI O VIOLENZE SESSUALI DIETRO IL RAPIMENTO
DI 38 BAMBINI
IN UN VILLAGGIO VICINO A NEW DELHI. DUE ARRESTI E 17 LE
VITTIME ACCERTATE
NEW DELHI.= Forse legata al commercio di organi o ad un
giro di violenze sessuali la tragica scomparsa di 38 bambini dal villaggio di Nithari, a 25 chilometri da Delhi nell’Uttar
Pradesh. Le indagini – riferisce Asia News - hanno
portato al ritrovamento di alcune parti del corpo di 17 di loro e all’arresto
di due persone. Si tratta di Moninder Singh, proprietario della casa in cui sono state seppellite
le giovani vittime, e del suo cameriere Surender. Una
vicenda poco chiara anche dopo le confessioni dei due colpevoli. Quello che era stato definito “un piccolo incidente di routine” da Shivpal Yadav, inviato speciale
nonché fratello del primo ministro dell’Uttar Pradesh, Mulayam Singh Yadav, comincia ad assumere
drammatici risvolti anche a livello politico. Le famiglie delle vittime, infatti,
hanno accusato la polizia locale di essersi mossa troppo tardi e di non aver
dato ascolto alle loro prime denunce presentate già da molti mesi. Anche John Dayal, segretario generale
dell’All India Christian Council, ha rivelato che il magistrato del distretto, Chouhan, e la polizia hanno fermato l’azione del suo team
di indagine, sostenendo che la comunità cristiana, aiutandoli, vuole mettere le
mani sui parenti dei bambini scomparsi. In realtà, Dayal
ha replicato che il motivo della visita, da parte della delegazione cristiana,
alle famiglie delle vittime non ha lo scopo di convertirle, ma di portare loro
l’amore e la cura che Gesù ha insegnato di offrire a chi è nel bisogno. (A.D.F.)
CRESCE IL NUMERO DELLE VITTIME DELLE ALLUVIONI NEL
SUDEST DEL BRASILE.
50 I MORTI E MIGLIAIA I SENZATETTO
RIO DE JANEIRO.= Sale a 50 il numero delle vittime delle
alluvioni che, nell’ultima settimana, hanno colpito il sudest del Brasile. Migliaia,
invece, i senzatetto. La regione più colpita – riferisce l’agenzia MISNA - è
Rio de Janeiro, dove un fiume di fango ha travolto edifici e negozi uccidendo
28 persone nel comune montuoso di Nova Friburgo. Secondo l’ultimo bollettino
della Protezione civile, solo nello Stato di Rio, ci sarebbero oltre 13mila
sfollati e 2.370 abitanti che hanno perso la propria casa. Ingenti danni,
causati dalle inondazioni e dagli smottamenti, si sono verificati in ben 12
municipi dello Stato, dove 500 vigili del fuoco e 130 tecnici sono occupati in
un piano d’emergenza messo a punto dal neo-governatore Sergio Cabral. Grave è la situazione anche negli Stati di San
Paolo, Minas Gerais ed Espírito Santo. L’allarme generale cresce di fronte alle
previsioni atmosferiche che promettono nuove e più intense precipitazioni nei
prossimi giorni. Situazione opposta, ma ugualmente preoccupante, interessa
l’area a nordest del Brasile, in preda al fenomeno della siccità. Gli Stati
maggiormente coinvolti sono quello di Piauí e di Ceará dove la somministrazione di acqua potabile, nei 130
comuni, dipende esclusivamente dai camion-cisterna. (A.D.F.)
IN TERRA SANTA DA GIORNALISTI PER RISPONDERE
ALL’APPELLO DEL PAPA:
PREGARE
PER
SOFFERENZE
E SPERANZE. E’ PARTITO OGGI IL PELLEGRINAGGIO
DELL’UNIONE
CATTOLICA STAMPA ITALIANA (UCSI)
ROMA. = E’ partito oggi il
Pellegrinaggio in Terra Santa, organizzato dall’Unione Cattolica della Stampa
Italiana (UCSI), guidato dall’arcivescovo di Ancona-Osimo,
mons. Edoardo Menichelli e che si concluderà il 15
gennaio. Trenta i giornalisti partiti oggi per Tel Aviv con un intenso
programma di visite ed incontri nei luoghi più significativi della Terra Santa.
Il pellegrinaggio, che toccherà le città di Nazareth, Gerusalemme e Betlemme,
prevede incontri con il nunzio apostolico, mons. Antonio Franco, con il vescovo
di Emmaus, mons. Giacinto-Boulos
Marcuzzo, con ministri del governo israeliano, dell’Autorità
Palestinese e con giornalisti israeliani e palestinesi. Un pellegrinaggio “per
rispondere all’appello del Papa, pregare per la pace, per non essere solo spettatori
impotenti di fronte alle ferite della guerra, per condividere, con le popolazioni
cristiane e non cristiane disagi, sofferenze, speranze”, ha spiegato Massimo
Milone, presidente nazionale dell’UCSI. Un’iniziativa “aperta a tutti,
giornalisti credenti e non credenti”, “per ribadire l’impegno dell’informazione
al servizio della pace e l’esigenza, anche per i media,
di dedicare maggior attenzione ai temi della concordia tra i popoli e dei diritti
umani”. “Pace e informazione sono due temi fondamentali a rischio – ha sottolineato
ancora Milone – e la pace resta un sogno per milioni di persone.
L’informazione, stretta tra logiche politiche, economiche e condizionamenti di
pochi network internazionali, rischia di essere sempre meno libera e
indipendente”. “Sarà anche un omaggio ai tanti coraggiosi giornalisti morti sui
fronti di guerra – ha aggiunto il vicepresidente dell’UCSI, Angelo Sferrazza – un omaggio con gli occhi della memoria e della
fede nei luoghi che hanno visto nascere la speranza di Dio e vedono oggi
l’impotenza dell’uomo”. (R.G.)
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8 gennaio 2007
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
Ennesima strage in
Iraq: a Baghdad almeno 15 persone, a bordo di un bus partito da un quartiere
sciita e diretto all’aeroporto, sono rimaste uccise in seguito ad un agguato
compiuto da uomini armati in una zona sunnita della
capitale irachena. Secondo il quotidiano statunitense ‘Washington Post’, sono più di 17 mila i civili uccisi negli ultimi sei
mesi nel Paese arabo. Il nostro servizio:
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I bilanci sulle
vittime in Iraq sono sempre più pesanti: il quotidiano americano rende noto che nel solo 2006 sono stati oltre 22 mila gli iracheni
uccisi, e non quasi 14 mila come indicato recentemente dal ministero degli
Interni di Baghdad. Inoltre, in un’intervista rilasciata al ‘New
York Times’, il nuovo comandante americano in Iraq
spiega che l’invio di rinforzi statunitensi nell’ambito della nuova strategia
annunciata da Bush potrebbe significare la necessità
di proseguire l’impegno militare nel Paese arabo “per due o tre anni”. Le
ferite inferte dal deposto regime continuano poi a dominare la scena politica
irachena. Questa mattina è ripreso a Baghdad il processo sullo sterminio di 180
mila curdi, avvenuto tra il 1987 ed il 1988. Sono
imputati un cugino di Saddam Hussein,
noto con il nome di ‘Ali il chimico’, e altri sei ex
funzionari del partito Baath. Un portavoce del
governo iracheno ha annunciato, inoltre, che la pena capitale inflitta ai due
coimputati dell’ex rais, il fratellastro di Saddam Hussein ed un ex giudice, potrebbe essere eseguita in
settimana nonostante gli appelli e le pressioni della comunità internazionale.
Dall’Arabia Saudita arriva, infine, una inquietante
notizia: un ragazzo di dodici anni si è impiccato per imitare l’esecuzione di Saddam Hussein. Nei giorni scorsi
sono morti, in circostanze analoghe, un bambino di nove anni in Pakistan ed uno
di dieci in Texas.
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Il parlamento iracheno si appresta a discutere un disegno
di legge destinato ad appaltare lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi alle
grandi multinazionali straniere. I profitti saranno inizialmente altissimi e
destinati a coprire gli investimenti in infrastrutture effettuati dalle aziende
petrolifere, ma i vantaggi nel corso dei decenni resterebbero comunque
altissimi.
Resta alta
la tensione nei Territori Palestinesi: a Ramallah, in
Cisgiordania, sono scoppiati nuovi scontri tra uomini fedeli al partito al Fatah e al gruppo radicale Hamas. Al momento, non si ha
notizia di vittime. Ieri, intanto, decine di migliaia di palestinesi
sostenitori di al Fatah
hanno festeggiato l’anniversario della fondazione del movimento che fa capo al
presidente Abu Mazen. Sempre ieri, è stato liberato
dai suoi sequestratori il fotografo peruviano
dell’agenzia France Presse, rapito il primo gennaio a
Gaza.
Il
petrolio al centro di nuove, gravi tensioni tra Russia e Bielorussia:
il governo di Minsk ha bloccato le forniture di
greggio in arrivo dagli Urali e destinate a Germania, Polonia, Paesi Baltici e
Ucraina. La decisione è stata presa dalla Bielorussia
dopo l’aumento dei prezzi del gas russo, imposto a partire dal primo gennaio dall’esecutivo
di Mosca. Storicamente legata a Mosca, la Bielorussia
ha potuto beneficiare, negli ultimi anni, di una rilevante crescita, grazie
alla favorevole politica della Russia sul versante energetico. Ma adesso, gli aumenti imposti
da Mosca sul prezzo del gas e il blocco deciso dalla Bielorussia
del transito del petrolio proveniente dalla Russia sembrano incrinare i
rapporti tra i due Paesi.
In Indonesia, la
marina militare ha individuato “grandi oggetti metallici” in fondo all’Oceano
indiano. Sono in corso ricerche per verificare se gli
oggetti localizzati sono i resti
dell’aereo, con a bordo 102 persone, scomparso lunedì scorso dai radar. Il mare
indonesiano fa da sfondo, intanto, anche ad un’altra drammatica vicenda che, fortunatamente,
non ha avuto un epilogo tragico per altri 14 naufraghi sopravvissuti al
naufragio di un traghetto avvenuto lo scorso 29 dicembre. Sale così a 230 il
numero di persone tratte in salvo. I dispersi, invece, sono almeno 380.
Il presidente somalo, Abdullahi Yusuf, è arrivato
stamani a Mogadiscio per la prima volta dalla sua nomina alla fine del 2004.
Nei giorni scorsi, soldati governativi, appoggiati da soldati etiopi, hanno
riconquistato la capitale e costretto alla fuga i
miliziani delle Corti islamiche. La situazione sul terreno, al momento, appare
tranquilla e sul versante politico si moltiplicano gli sforzi per assicurare
una pace autentica e duratura alla Somalia: il governo
di transizione somalo si è detto favorevole ad una “politica di
riconciliazione” e disponibile ad accogliere i rappresentanti moderati delle
Corti islamiche.
In
Algeria, al via il processo sull’affare “Khalifa”,
considerato il più grande scandalo finanziario della storia del Paese. Gli
imputati sono 104 ma il principale accusato, il
giovane miliardario Rafik Abdeloumene
Khalifa, rifugiato a Londra dal 2003, sarà giudicato
in contumacia. Al centro della vicenda, esplosa nel febbraio del 2003, un buco
di oltre 320 milioni di euro nelle casse di Khalifa Bank.
In Nigeria, un gruppo
di ribelli ha attaccato un’imbarcazione dell’esercito e ha rapito un ufficiale.
Lo hanno riferito le forze armate precisando che l’attacco, sferrato ieri, è
avvenuto nei pressi dell’isola di Okrika. I ribelli
del sedicente Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (MEND)
minacciano, intanto, nuovi attacchi e sequestri. Nei giorni scorsi sono stati
rapiti 5 tecnici cinesi. Lo scorso 7 dicembre erano stati presi in ostaggio tre
impiegati italiani e un libanese, dipendenti dell’ENI. I ribelli del MEND
chiedono maggiori risorse per le popolazioni del delta del Niger e una migliore
distribuzione degli introiti petroliferi.
Almeno 50 persone sono
rimaste ferite ed altre 30 sono state arrestate in nuovi scontri avvenuti in
Bangladesh tra polizia e manifestanti contrari alle elezioni politiche previste
per il prossimo 22 gennaio. Nei giorni scorsi, l’opposi-zione aveva invitato i
propri sostenitori a boicottare le elezioni. L’attuale governo di transizione –
aveva spiegato il leader dell’opposizione – non è riuscito a dimostrare la
propria neutralità.
In India, le forze di
sicurezza hanno dichiarato di aver ucciso questa mattina cinque presunti
guerriglieri maoisti nello Stato di Chhattisgarh.
Secondo la polizia indiana, le violenze compiute dai maoisti hanno provocato,
lo scorso anno, circa 400 morti. Tra questi, almeno 320 sono civili.
In Kazakistan
si è dimesso dal suo incarico il primo ministro, Daniyal
Akhmetov. Lo ha reso noto l’ufficio stampa del
governo, senza precisare le ragioni delle dimissioni del premier.
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