RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 4  - Testo della trasmissione di giovedì 4 gennaio  2007

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Cristo è presente nel fratello che ha fame e in colui che gli offre da mangiare: così il Papa oggi in visita alla Mensa  Caritas di Colle Oppio a Roma. Benedetto XVI dona 10 mila coperte

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

“Allarmismi ingiustificati”: così mons. Agostino Marchetto sulle temute invasioni di immigrati in Italia dopo l’ingresso di Romania e Bulgaria nell’Unione Europea. Ce ne parlano Oberdan Ciucci e Oliviero Forti

 

La “Divina Commedia” diventa un’opera musicale: mons. Marco Frisina firma la colonna sonora. Intervista con il compositore

 

CHIESA E SOCIETA’:

Per risolvere la crisi libanese i vescovi maroniti suggeriscono la ricerca di nuove soluzioni

 

La Caritas di Gerusalemme ripara otto macchine del centro dialisi nell’ospedale al Shifa, a Gaza, e 370 diabetici a rischio riprendono i trattamenti

 

Lettera dei vescovi della Basilicata al movimento di emancipazione del Delta del Niger per la liberazione dei dipendenti dell’AGIP rapiti circa un mese fa

 

Convegno del Centro nazionale vocazioni in corso in questi giorni a Roma

 

India: attesi nella città di Allahabad 50 milioni di indù per il pellegrinaggio del Khumb Mela

 

Resta alto il bilancio dei collaboratori delle Nazioni Unite uccisi nel 2006

 

L’OCSE conferma la ripresa nella “zona euro” ma ammonisce Italia e Portogallo per il debito

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq, rinviate le esecuzioni di due stretti collaboratori di Saddam Hussein. A Baghdad, almeno 13 morti per un duplice attentato

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

4 gennaio 2007

 

 

SERVIRE I PIU’ POVERI CON L’AMORE DI CRISTO, CHE NON DISCRIMINA NE’ PER RAZZA

NE’ PER RELIGIONE: L’APPREZZAMENTO DEL PAPA PER IL LAVORO DELLA MENSA CARITAS DI ROMA ESPRESSO DURANTE LA VISITA ALLA STRUTTURA DI COLLE OPPIO, DA OGGI INTITOLATA A GIOVANNI PAOLO II.

DONATE DAL PAPA ALLA MENSA 10 MILA COPERTE

 

Un luogo ricco di carità e di umanità in cui, come Gesù fece nel Vangelo, si servono persone senza distinzioni di razza e cultura: parole di Benedetto XVI, indirizzate oggi in segno di grande apprezzamento ai responsabili, ai volontari e agli ospiti della Mensa della Caritas romana di Colle Oppio. Il Papa l’ha visitata nel corso della mattina, accolto e accompagnato dal cardinale vicario Camillo Ruini e dal direttore della Caritas romana, mons. Guerino Di Tora, ma soprattutto avvolto dal grande calore dei presenti, assiepati dietro le transenne e all’interno della struttura della mensa, attiva dal 1983. Tra i gesti simbolici, la benedizione della targa dedicata a Giovanni Paolo II, al cui nome è dedicata da oggi la Mensa. La sintesi del discorso di Benedetto XVI nel servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Un mensa-simbolo, dove si cerca di “fare bene il bene”: dove chi ha bisogno di cibo e riparo può trovarli, assieme al calore e alle premure di una famiglia fatta di persone che donano gratuitamente, e sperimentano una gioia più simile alla semplicità della Grotta di Betlemme che non ai paradisi artificiali della pubblicità. Questo luogo da oggi si chiama “Mensa Giovanni Paolo II”, che 15 anni fa la visitò quando già la struttura ospitava persone di oltre 40 Paesi. In 23 anni di servizio, si calcola che le quattro mense della Caritas romana abbiano distribuito circa nove milioni di pasti, 1.700 al giorno tra il ’96 e il ’98.

 

(canto)

 

Benedetto XVI ha salutato con affetto operatori e volontari della mensa, e soprattutto “voi – ha detto – che quotidianamente usufruite di questa Mensa Caritas”:

 

“In questa Mensa, che in un certo modo potrebbe essere considerata il simbolo della Caritas di Roma, è possibile toccare con mano la presenza di Cristo nel fratello che ha fame e in colui che gli offre da mangiare. Qui si può sperimentare che, quando amiamo il prossimo, conosciamo meglio Dio: nella grotta di Betlemme, infatti, Egli si è manifestato a noi nella povertà d’un neonato bisognoso di tutto. Il messaggio del Natale è semplice: Dio è venuto tra noi perché ci ama. Dio è amore: non un amore sentimentale, ma un amore che si è fatto dono totale sino al sacrificio della Croce”.

 

Betlemme, ha ricordato il Papa, significa “Casa del pane”. E Gesù è il pane del Cielo, “venuto per ogni uomo”, che si rende “in qualche modo visibile ogni giorno in questa Mensa - ha osservato ancora Benedetto XVI - senza distinzione di razza, religione e cultura”:

 

“’L’uomo che soffre ci appartiene’, diceva il mio indimenticabile Predecessore, Giovanni Paolo II, al quale proprio oggi abbiamo intitolato la Mensa. (applausi) Dalla grotta di Betlemme, da ogni presepe si diffonde un annuncio che è per tutti: Gesù ci ama e ci insegna ad amare. I responsabili, i volontari e tutti coloro che frequentano la Mensa possano sperimentare la bellezza di questo amore; possano sentire la profondità della gioia che da esso deriva, una gioia certamente diversa da quella illusoria reclamizzata dalla pubblicità”.

 

Commossi e commoventi i saluti al Papa da parte degli operatori della Mensa, sintetizzati dalle parole di mons. Di Tora, che ha ricordato come da sempre, nel dna delle Mense Caritas romane, c’è stato il desiderio di lenire i mali della capitale:

 

“Per questo dalla sua apertura la mensa è stata un luogo di condivisione, dove la comunità cristiana incontra e si fa carico del prossimo più povero, lo accoglie, lo ascolta, conosce dalle sue parole il supplizio della croce, l’abbandono, il freddo, la fame, la droga, il carcere, le migrazioni, la perdita degli affetti, il passato da cui fuggire (…) Un’opera che ora a distanza di anni vede i frutti nei programmi di politica sociale di enti pubblici e di organizzazioni private, che sotto la spinta della società civile, con la Chiesa di Roma in prima fila, considerano il povero innanzitutto un uomo, con la sua dignità di persona umana”.

 

Benedetto XVI ha concluso il suo breve discorso invocando da Dio protezione per quanti, nella Mensa Caritas di Roma, svolgono la loro “preziosa opera di solidarietà”:

 

“Lo Spirito Santo animi i cuori dei responsabili e di tutti gli operatori e volontari, perché compiano il loro servizio con dedizione sempre più consapevole, ispirandosi all’autentico stile dell’amore cristiano, che i Santi della carità hanno riassunto nel motto: il bene va fatto bene”.

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Per la Mensa Caritas di Colle Oppio quella di oggi è stata una giornata di grande festa. A migliaia si sono assiepati all’interno e all’esterno della struttura per salutare Benedetto XVI, che ha ringraziato più volte i presenti per le loro manifestazioni di affetto. Luca Collodi ha seguito per noi la visita del Papa e ci ha raggiunti in studio per raccontarci la cronaca di questa mattinata all’insegna della solidarietà e della gioia.

 

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Dopo la stazione Termini anche la Caritas di Colle Oppio a Roma è intitolata a Giovanni Paolo II.  Benedetto XVI, in visita alla Mensa Caritas, ha infatti dedicato la struttura assistenziale a Papa Wojtyla scoprendo una targa commemorativa dove è incisa una frase da lui pronunciata nel 1992 in visita alla mensa: “L’uomo che soffre ci appartiene”.  La mensa di Colle Oppio è stata la prima struttura di accoglienza per senza fissa dimora, fondata a Roma nel 1983 dal cardinale Ugo Poletti e da mons. Luigi Di Liegro, che lo stesso Papa Wojtyla definì “profeta della Carità”. In 23 anni di servizio, ha ospitato migliaia di italiani e stranieri, distribuendo circa 9 milioni di pasti. Nel 2006, ha erogato oltre 122 mila pasti in particolare a carcerati, zingari e barboni. Benedetto XVI, salutato all’arrivo dai giovani che frequentano l’attiguo oratorio del Centro giovanile Monti-Esquilino, è entrato nei locali della Caritas di Colle Oppio, visitando il centro-accoglienza, la mensa, la sala da pranzo e il presepio allestito dai volontari e dagli ospiti della Mensa.

 

Nel cortile interno della Mensa, ha ricevuto il saluto del direttore della Caritas di Roma, mons. Guerino Di Tora, che ha definito la vista del Papa “un dono per gli ospiti e per tutti quei volontari che ogni giorno testimoniano la carità negli atti concreti alla persona”.  E da oggi, Benedetto XVI è un nuovo tesserato della mensa Caritas di Colle Oppio: la tessera, indispensabile per pranzare e cenare in mensa, è uno dei quattro regali che il Papa ha ricevuto dagli ospiti che frequentano la struttura caritativa. Al Papa è stata donata anche una coperta, simbolo di precarietà, un grembiule, simbolo del lavoro dei volontari, ed un disegno fatto da una bambina immigrata ospite fissa di una casa famiglia gestita dalla Caritas di Roma. Il Papa ha regalato 10 mila coperte e duemila giacconi pesanti per affrontare il freddo dell’inverno.

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E adesso ascoltiamo alcune testimonianze dei volontari e degli ospiti della Mensa Caritas di Colle Oppio, raccolte nel servizio di Roberta Moretti:

 

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Un’atmosfera festosa ha accompagnato la visita del Papa. Grande l’emozione dei volontari del Mensa Caritas, che spiegano cosa li spinga a mettersi al servizio dei più poveri:

 

R. - Mi spinge proprio il senso del servizio, per donare un po’ del mio tempo alle persone che ne hanno più bisogno.

 

R. - Sono sei anni che io e mio marito veniamo qui alla Caritas, e le persone sì, hanno bisogno di questi pasti, ma hanno anche bisogno di ben altro: di dialogo, di sentirsi coinvolti.

 

R. - Mi spinge soprattutto il fatto di sapere che dall’altra parte c’è qualcuno che ha bisogno. C’è una domanda e una risposta: e la risposta nasce soprattutto da questo bisogno di fare carità, altrimenti la fede è basata sul niente.

 

R. - Sono già 15 anni che faccio la volontaria e sono arrivata al punto di dire: il mio è più egoismo che altruismo, in quanto lo faccio talmente volentieri che mi riempie la vita.

 

R. - Sicuramente il voler essere d’aiuto a chi è stato meno fortunato di noi ed è comunque anche una testimonianza di fede, per stare vicini ai poveri come ci ha chiesto Gesù Cristo.

 

D. - Quanto è importante la fede alla base del volontariato?

 

R. - E’ proprio alla base, perché è tutto quello che Gesù ci ha detto: quello che facciamo al più piccolo dei nostri fratelli, lo facciamo a Lui.

 

R. - Beh, se non c’è fede, è un lavoro di filantropia come possono farlo tutti gli altri. Mentre noi cerchiamo, con il nostro lavoro, di trasmettere l’amore di Dio, di farli sentire tutti fratelli e figli di Dio.

 

Tante le storie difficili e di disagio sociale che trovano nella Caritas un luogo di accoglienza familiare e un’occasione di riscatto, come raccontano alcuni ospiti della Mensa:

 

R. - Ho perso i miei genitori. Sono venuto qui e ho trovato una nuova famiglia. Con queste persone mi trovo molto bene. Mi danno molto calore e molto amore.

 

R. - Mi chiamo Edoardo, sono peruviano. Sono arrivato ora e ho conosciuto la Caritas. Qui mi trovo un po’ meglio, qui trovo vestiti, da mangiare e piano piano forse posso trovare anche qualche lavoretto. Nel mio Paese studiavo amministrazione d’impresa. Penso anche di tornare all’università e continuare gli studi...

 

D. - Come sono le persone, i volontari qui, alla Caritas? Come vi trovate con loro?

 

R. - Molto bene. E’ quasi come essere con la mia famiglia.

 

R. - Io sono per strada da tre settimane, e quando sono arrivato qui a Roma, l’unico sostegno che ho avuto come punto di riferimento per un alloggio, per mangiare e per riscaldarmi alla sera l’ho ricevuto dalla Caritas. E quindi penso che sia un’organizzazione indispensabile per chi si trova in difficoltà. Come me, tanti ce ne sono in strada...

 

D. - Tu che cosa vorresti fare? Quali sono i progetti?

 

R. - Con i servizi sociali sto cercando una struttura per poter ricominciare da capo la mia vita.

 

D. - Come vivi questa visita del Papa?

 

R. - Ho voluto partecipare per essere vicino al Papa che ci dà la possibilità che la Caritas esista.

 

R. - Ma è logico che un po’ di emozione c’è, Sua Santità è qui con noi!

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - La visita del Papa alla mensa della Caritas a Colle Oppio.

 

Servizio estero - In evidenza l'Iraq: nonostante l'orrore causato dall'esecuzione di Saddam Hussein, la via del patibolo si apre per i suoi due coimputati.

 

Servizio culturale - Un articolo di Danilo Mazzoleni dal titolo "Un raffinato complesso scultoreo andato in parte perduto": il presepe di Arnolfo di Cambio nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore.

Una monografica - a cura di Danilo Veneruso - da titolo "In margine alla recente rievocazione dei fatti d'Ungheria del 1965".

Una crisi storica che aiuta a comprendere il passaggio dalle rivoluzioni nazionali alle rivoluzioni sociali e a quelle per la libertà. 

 

Servizio italiano - In rilievo il tema degli incidenti sul lavoro.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

4 gennaio 2007

 

 

“ALLARMISMI INGIUSTIFICATI”: COSI’ MONS. AGOSTINO MARCHETTO

SULLE TEMUTE INVASIONI DI IMMIGRATI IN ITALIA DOPO L’INGRESSO

DI ROMANIA E BULGARIA NELl’UNIONE EUROPEA

- Interviste con Oberdan Ciucci e Oliviero Forti -

 

Dopo l’ingresso di Romania e Bulgaria nell’Unione Europea, dal 1° gennaio scorso, potrebbe crescere la pressione migratoria in Italia: secondo la Fondazione ISMU, che promuove iniziative e studi sulla società multietnica e multiculturale, ogni anno potrebbero arrivare fino a 105mila romeni.  In molti parlano di una risorsa in più per l’Unione Europea, ma c’è chi teme il pericolo invasione. “Allarmismi ingiustificati” secondo mons. Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti. Il servizio di Paolo Ondarza.

 

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Con l’inizio del 2007 anche bulgari e romeni possono entrare ed uscire dall’Italia liberamente senza visto d’ingresso, ma semplicemente esibendo la carta d’identità. La permanenza è libera per tre mesi. Per un periodo superiore va richiesta, per motivi di lavoro o studio, la carta di soggiorno valida per cinque anni.  Chi vuole assumere un lavoratore romeno o bulgaro dovrà solo spedire allo sportello unico per l’immigrazione una raccomandata con la quale chiede il nullaosta al lavoro. L’ingresso nell’Unione Europea di Romania e Bulgaria è secondo l’organizzazione sindacale CISL un fatto positivo: porterà alla regolarizzazione di colf, badanti, agricoltori e operai in quantità corrispondenti alle esigenze del mercato italiano del lavoro. Oberdan Ciucci, responsabile nazionale per l’immigrazione Cisl:

 

R. – Da anni noi, come sindacato, conduciamo battaglie contro il lavoro nero, contro i caporali, sia immigrati che italiani. Più si contribuisce a regolarizzare i lavoratori e meno fiancheggiatori si forniscono alla camorra, alla mafia e alle bande organizzate.

 

Da oggi anche il romeno privo di permesso di soggiorno, scaduto o non rinnovato, non corre più il rischio di essere rispedito a casa, se non per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. Positiva la reazione anche da parte della Caritas italiana, che risponde così a chi teme un pericolo ‘invasione’, specialmente da parte dei nomadi: Oliviero Forti dell’Ufficio immigrazione Caritas:

 

R. – Come nel passato, la Caritas rifiuta il concetto di invasione, quando si tratta il tema dell’immigrazione. Certamente, la libertà di circolare sul territorio europeo e quindi anche in Italia potrebbe determinare un aumento dei flussi. Riteniamo che nel medio e lungo periodo ci sarà certamente un processo di riequilibrio che porterà le cose ad un ordine normale, come è accaduto in altri Paesi.

 

Intanto per i Rom di origine romena, spesso privi di documenti di identità,  il governo sta mettendo a punto un disegno di legge che darà loro uno status con la possibilità di lavorare regolarmente.

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LA “DIVINA COMMEDIA” DANTESCA DIVENTA UN’OPERA MUSICALE:

MONS. MARCO FRISINA FIRMA LA COLONNA SONORA

- Intervista con il compositore -

 

Il rock e l’heavy metal per descrivere l’Inferno, il canto gregoriano come sottofondo al Purgatorio e la lirica per il Paradiso. E’ la “Divina Commedia” di Dante Alighieri messa in musica da mons. Marco Frisina, direttore dell’Ufficio liturgico del Vicariato e autore di celebri colonne sonore televisive oltre che di un vasto repertorio religioso moderno. Il poema dantesco in forma d’opera, prodotto da Nova Ars con un’orchestra di 100 elementi, danzatori e cantanti, debutterà in autunno a Roma e sarà poi in tournée europea. Mons Frisina lo ha voluto dedicare a Benedetto XVI, che più volte ha citato Dante, come spiega lo stesso compositore al microfono di A.V.:

 

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R. - La tradizione che ho seguito è quella italiana, quindi è una vera e propria opera. L’idea me l’ha data proprio Papa Benedetto, introducendo la Deus caritas est, quando ha parlato dell’amore, della vocazione all’amore dell’uomo, che Dante esprime proprio in questo viaggio spirituale alla ricerca dell’Amore con la “A” maiuscola. Ed esprime anche il viaggio dell’uomo di oggi che vive spesso un “inferno” vero, immerso in una “selva oscura” che lo opprime e da cui vuole liberarsi, e dunque la misericordia di Dio che viene incontro a quest’uomo disperato conducendolo a conoscere il suo cuore, a conoscere l’Inferno, a conoscere il Purgatorio e quindi la gioia dell’incontro con Dio nel Paradiso, che gli consente di riconquistare la sua anima.

 

D. - La “summa” dantesca - un vero e proprio trattato di teologia, oltre che letterario e poetico - diventa per lei anche occasione di una “summa” musicale: dalla musica rock al gregoriano fino alla grande lirica e musica sinfonica...

 

R. - Ho buttato un sasso in uno stagno quando ho detto che ho messo il rock all’Inferno: ho messo semplicemente la musica e i suoni del rock a esprimere quella lacerazione, quella drammaticità, anche quella ribellione profonda che il rock sa esprimere profondamente e che mi serviva per dare suono alla città di Dite, alla parte più violenta – diciamo – dell’Inferno dantesco, senza alcun giudizio sul rock...

 

D. - Per quanto riguarda la musica classica, la musica sinfonica, che è anche più vicina al suo comporre, maestro: è un paradiso perduto, secondo lei?

 

R. – No, anzi: il secondo atto, che è tutto sul Purgatorio e il Paradiso, inizia proprio con quel salmo “In exitu Israel de Aegypto”, che Dante usa, perché Dante suggerisce la musica della Commedia: molte volte parla di canti, di suoni, di melodie che lui ascolta. La musica, nella seconda parte dell’opera, non esprime più le passioni, la disperazione ma esprime il desiderio di Assoluto: esprime la preghiera, esprime a volte anche lo struggimento per una malinconia, come ad esempio nel canto di Pia de’ Tolomei... Io credo che il sinfonismo, anche se interpretato in senso nuovo, moderno - così come la polifonia, rivista nella sua essenzialità, come il gregoriano che rimane la voce della preghiera della Chiesa - descrivano perfettamente quell’armonia ritrovata. Ecco, più che un paradiso ritrovato, direi un’armonia ritrovata.

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CHIESA E SOCIETA’

4 gennaio 2007

 

 

PER RISOLVERE LA CRISI LIBANESE I VESCOVI MARONITI SUGGERISCONO LA RICERCA

DI NUOVE SOLUZIONI MENTRE IL CONSIGLIO SUPERIORE SCIITA INVITA AL DIALOGO

 

BEIRUT. = Il vero nodo della crisi libanese sembra essere la formazione del tribunale internazionale sull’assassinio dell’ex premier Rafic Hariri, “con una parte che insiste per la sua formazione, perché sia messa fine alla serie di assassini che hanno provocato la fine del meglio dei suoi uomini politici, mentre altri, in maggioranza non libanesi, sperano di comprometterne la formazione e passare oltre, nel timore che la verità possa nuocere ai loro interessi”. È quanto denunciano i vescovi maroniti in un comunicato pubblicato al termine della loro assemblea mensile svoltasi a Bkerke. Per i presuli va trovata “un’altra soluzione” per la formazione di un governo libanese, rispetto a quello di “unità nazionale” del quale si parla da mesi, mentre la protesta dell’opposizione, che dal primo dicembre blocca il centro di Beirut, ha provocato una “catastrofe economica” ad un Paese già provato dalla guerra. I vescovi rilevano che “le formule di governo delle quali si parla non vedranno mai probabilmente la luce, a causa delle difficoltà inestricabili con le quali urtano”. L’instabilità, osservano i presuli, potrebbe spingere le Nazioni disposte ad aiutare il Libano a fare un passo indietro, proprio mentre si avvicina l’incontro dei Paesi donatori, in programma il 25 gennaio a Parigi. Per l’episcopato maronita “è dall’interno che deve venire una iniziativa di salvezza, piuttosto che dall’esterno. La paralisi delle istituzioni costituzionali, che si accusano reciprocamente di illegittimità, esige che si cerchi un’altra soluzione” per “ricostituire un’autorità che salverà il Libano”. Sul ruolo che le autorità religiose possono giocare nella soluzione della crisi libanese si è espresso il Consiglio superiore sciita. Cheikh Abdel Amir Kabalan ha affermato che la crisi “è politica e non deve avere risvolti religiosi”. Pur sostenendo che per superarla occorre un governo di unità nazionale e la formazione di un tribunale internazionale, lo statuto del quale, però, deve essere stabilito “di comune accordo”, il Consiglio superiore sciita chiede di “tornare al tavolo del dialogo” e di “respingere tutte le tutele e ingerenza, da qualsiasi parte provengano”. (T.C.)

 

 

LA CARITAS DI GERUSALEMME RIPARA OTTO MACCHINE

DEL CENTRO DIALISI NELL’OSPEDALE AL SHIFA, A GAZA,

E 370 DIABETICI A RISCHIO RIPRENDONO I TRATTAMENTI

 

GAZA. = Tornano in funzione i macchinari del centro dialisi dell’ospedale Al Shifa di Gaza ed oltre trecento diabetici hanno potuto ricominciare le loro terapie. Sono otto gli strumenti che sono stati riparati nella struttura sanitaria grazie a un’iniziativa della Caritas di Gerusalemme. Il centro dialisi, riferisce l’agenzia SIR, era “praticamente paralizzato” anche a causa della mancanza di fondi che ne ha impedito la manutenzione. La Caritas di Gerusalemme ha potuto offrire aiuto all’ospedale Al Shifa grazie ai finanziamenti ricevuti dal SOA, un fondo benefico per operazioni speciali. Come ha raccontato Jameel Khoury, portavoce del dipartimento salute dell’organismo cattolico, i malati, che in circostanze normali si recavano al centro dialisi tre volte a settimana, non potevano usufruire delle macchine perché non più funzionanti. “Ad avvertire particolarmente le conseguenze della grave crisi politica, sociale ed economica che da tempo sta vivendo la Striscia di Gaza – afferma la Caritas di Gerusalemme – sono i più deboli, e tra questi i malati. Gli ospedali, poi, sono le strutture nelle quali si verificano i maggiori disagi per le continue interruzioni di energia elettrica”. (A.D.F.)

 

 

LETTERA DEI VESCOVI DELLA BASILICATA AL MOVIMENTO

DI EMANCIPAZIONE DEL DELTA DEL NIGER PER LA LIBERAZIONE

DEI DIPENDENTI DELL’AGIP RAPITI CIRCA UN MESE FA

 

POTENZA. = I vescovi della Basilicata, in Italia, hanno lanciato un appello ai ribelli nigeriani che da quasi un mese tengono in ostaggio tre tecnici italiani ed un loro collega libanese. I presuli, scrive l’agenzia MISNA, hanno firmato un documento in cui chiedono la liberazione dei quattro rapiti. “Ci è sembrato opportuno occuparci del problema per stare vicino alle famiglie – ha detto l’arcivescovo di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo mons. Agostino Superbo – sono molto preoccupate e non vogliamo che si sentano sole. Ci affidiamo al Signore”. “Le Chiese di Basilicata – si legge nel messaggio dell’episcopato - si stringono a fianco delle famiglie dei quattro tecnici, sequestrati il 7 dicembre del 2006 sulla piattaforma Agip, alla foce del fiume Niger. Fanno appello al senso di umanità degli stessi ribelli del Movimento di emancipazione del delta del Niger perché restituiscano incolumi all’affetto dei loro cari Cosma Russo, Roberto Dieghi, Francesco Arena e Imad Abed, in Nigeria solo per ragioni di lavoro, estranei alle vicende politiche del Paese ospite ed ormai fortemente provati, dopo quasi un mese di prigionia, nel fisico e nell’animo”. Esprimendo solidarietà alle famiglie affinché i loro congiunti tornino al più presto in libertà, i vescovi della Basilicata “chiedono alle comunità cristiane della regione una giornata di solidarietà nella preghiera, il 6 gennaio, Epifania del Signore, “giornata del dono”, affinché l’unico Dio di tutti gli uomini tocchi il cuore dei sequestratori e doni pace e serenità alle famiglie degli ostaggi così duramente colpite”. (T.C.)

 

 

È L’ESPERIENZA PERSONALE DELL’INCONTRO CON GESÙ CHE STA ALL’ORIGINE DEL

MINISTERO PRESBITERALE. È QUANTO HA SOTTOLINEATO MONS. LUCIANO MONARI AL CONVEGNO DEL CENTRO NAZIONALE VOCAZIONI IN CORSO IN QUESTI GIORNI A ROMA

- A cura di Mimmo Muolo -

 

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ROMA. = La vocazione dell’uomo è quella di tendere verso l’amore di Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze. Vocazione di tutti gli uomini, qualunque sia la loro posizione nella società. Ma specialmente del sacerdote, “discepolo di Gesù che realizza la sua vocazione all’amore attraverso il servizio pastorale alla comunità cristiana secondo la missione ricevuta dal Signore”. Lo ha ricordato stamani mons. Luciano Monari aprendo a Roma la seconda giornata del Convegno nazionale del Centro nazionale vocazioni, che ha come tema proprio il rapporto fra il prete e le nuove vocazioni. Il vescovo di Piacenza-Bobbio e vicepresidente della Conferenza episcopale italiana (CEI) ha sottolineato che all’origine del ministero presbiterale sta l’esperienza personale dell’incontro con Gesù e non solo la conoscenza intellettuale della dottrina sull’amore di Dio. La vita stessa dei preti è stata toccata e trasformata da questo amore, ha aggiunto il vescovo. E ciò motiva e dà fondamento a tutta la loro esistenza, compresi quegli aspetti – come il celibato, la povertà e l’obbedienza – invisi alla cultura contemporanea. Tanto più che – come il convegno ha messo chiaramente in evidenza – non sempre è vero ciò che la stessa cultura dominante tende ad affermare. Una ricerca sociologica condotta dal prof. Franco Garelli, ad esempio, ha messo in evidenza che c’è ancora spazio per la vocazione nell’immaginario collettivo dei giovani. I quali, però, hanno bisogno di figure di riferimento che li aiutino a maturare scelte irreversibili. La giornata odierna ha visto anche l’intervento del cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica. Domani, in conclusione, sarà la volta del presidente della CEI, cardinale Camillo Ruini.

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INDIA: ATTESI NELLA CITTÀ DI ALLAHABAD 50 MILIONI DI INDÙ PER IL PELLEGRINAGGIO DEL KHUMB MELA, LA FESTA RELIGIOSA CHE PREVEDE IL BAGNO RITUALE DI PURIFICAZIONE NEL LUOGO IN CUI CONFLUISCONO I FIUMI GANGE, YAMUNA E SARASVATI

- A cura di Maria Grazia Coggiola -

 

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NEW DELHI. = L’Ardh Khumb Mela di mezzo che si tiene ad Allahabad, nello Stato settentrionale dell’Andhra Pradesh, è uno dei raduni religiosi più grandi del mondo. Tra gli induisti è l’appuntamento più sacro dopo il Maha Khumb Mela di sei anni fa. Si chiama “di mezzo” perché si tiene a metà di un ciclo di 12 anni, che secondo la mitologia dei Veda simboleggia una battaglia, durata 12 giorni divini, tra gli dei per la conquista di una pentola di nettare di ambrosia. La città di Allahabad sarebbe una delle quattro città dove il nettare sarebbe caduto durante la battaglia, ed inoltre è considerata città santa perché vi confluiscono tre fiumi sacri: il Gange, il Yamuna e il mitico Sarasvati, il fiume sotterraneo. Durante il Khumb Mela, fare il bagno in queste acque, ora gelide, significa essere assolti dai peccati e conquistare il paradiso, il nirvana. Ecco perché migliaia di sadhu, gli asceti induisti, e milioni di pellegrini da tutta l’India giungono qui per i 45 giorni di Khumb Mela che per i turisti rappresenta anche una delle attrazioni più folcloristiche. Per la sicurezza e la logistica, è una sfida ciclopica, soprattutto nei giorni considerati più propizi, quando ci saranno milioni di persone in fila per bagnarsi. In passato non sono mancate resse che hanno provocato decine di morti. Per garantire l’ordine, soprattutto lungo il percorso che porta al bagno rituale, sono stati dispiegati 20 mila poliziotti, sono state erette tende per due milioni di persone e posti 25 mila servizi igienici provvisori. Per la prima volta, al Khumb Mela partecipano anche alcune star di Bollywood, l’industria cinematografica indiana, come protagonisti di danze e di spettacoli religiosi.

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RESTA ALTO IL BILANCIO DEI COLLABORATORI DELLE NAZIONI UNITE UCCISI NEL 2006. NEL 2005 LE VITTIME REGISTRATE ERANO 32

 

NEW YORK.= Sono 22 i collaboratori e i funzionari dell’ONU uccisi nel 2006. Lo ha riferito l’associazione dei dipendenti delle Nazioni Unite. Il dato si mantiene nella media tra il 2004, con la perdita di 19caschi blu’, e il 2005, che registra un bilancio di 32 morti tra osservatori e civili impegnati nelle missioni di pace internazionali. Come riferisce l’agenzia MISNA, gli episodi più violenti dello scorso anno sono avvenuti nella Repubblica democratica del Congo e in Libano, dove si contano rispettivamente 9 e 6 dipendenti ONU uccisi. L’incidente più sanguinoso è stato quello del 23 gennaio, che ha visto 8 soldati delle forze speciali del Guatemala perdere la vita nel tentativo di cattura di Vincent Otti, braccio destro di Joseph Kony, leader ugandese dell’Lra (Esercito di resistenza del Signore) rifugiatosi in una giungla congolese. La nona vittima in Congo è unpeacekeeper’ nepalese morto durante uno scontro a fuoco nella regione orientale dell’Ituri. In Libano, invece, 4 osservatori militari sono caduti in un raid aereo israeliano, un civile è rimasto ucciso nella sua dimora, a Tiro, colpita da un razzo e un dipendente dell’Agenzia di soccorso e di lavori dell’ONU per i rifugiati è morto durante un attacco israeliano contro un campo profughi nella città di Saida. A queste vittime si aggiungono 4 funzionari della Giordania assassinati ad Haiti, 2 dipendenti dell’Alto commissariato per i rifugiati nel Sud Sudan e un autista afgano dipendente del Fondo dell’Onu per l’infanzia (Unicef). (A.D.F.)

 

 

CRESCE NELL’AREA DELL’EURO LA PRODUTTIVITÀ MA OCCORRONO TAGLI ALLE SPESE PUBBLICHE. È QUANTO EMERGE DALL’ECONOMIC SURVEY PRESENTATO OGGI DALL’ORGANIZZAZIONE PER LA COOPERAZIONE E LO SVILUPPO ECONOMICO

 

ROMA. = Secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico “la ripresa economica nella zona euro si è consolidata” e ora, per rafforzarla, servono riforme strutturali e il miglioramento dei conti pubblici. Sono incoraggianti i segnali che emergono dall’Economic Survey per l’Area dell’Euro che stima una crescita del prodotto interno lordo del 2,6 per cento nel 2006 e di poco inferiore per i due anni successivi. L’Ocse invita a politiche di bilancio che taglino le spese e non aumentino la tassazione e prevede un calo dell’inflazione dal 2,2 per cento dello scorso anno all’1,9 di quest’anno. Secondo i dati del rapporto, il tasso di disoccupazione è diminuito dal 7,9 per cento dello scorso anno al 7,4 di questo. Ma occorre intervenire sul mercato del lavoro affinché le economie possano fronteggiare più agevolmente i cambiamenti. Per il settore dei servizi è suggerita la competitività mentre viene raccomandato il perseguimento dei processi di integrazione e di sviluppo per i mercati finanziari. L’Ocse avverte poi che il “già preoccupante debito netto di Italia e Portogallo potrebbe peggiorare”. In Italia si prevede che la spesa pubblica esploderà senza riforme pensioni e Welfare. Italia e Portogallo, comunque - tra i Paesi con costi del lavoro unitari relativamente bassi - hanno registrato una crescita dei salari che ha “considerevolmente oltrepassato” l’incremento della produttività. Secondo l’Ocse ora questi Paesi “dovranno recuperare la competitività della loro economia… mantenendo l’incremento dei salari al di sotto del tasso di inflazione”; un processo lungo e difficile che potrebbe essere sostituito con un aumento della produttività. (T.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

4 gennaio 2007

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Iraq, sono state rinviate le esecuzioni, previste per oggi, del fratellastro di Saddam Hussein e dell’ex presidente del tribunale rivoluzionario. Le autorità irachene hanno anche annunciato l’arresto di una seconda persona nell’ambito dell’inchiesta sul video non autorizzato dell’esecuzione dell’ex rais. Sul terreno, intanto, Baghdad è stata teatro di nuovi attentati. Il nostro servizio:

 

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Almeno 13 persone sono rimaste uccise in seguito ad un drammatico, duplice attentato in un quartiere occidentale di Baghdad. Prima, è esploso un ordigno piazzato sul ciglio di una strada vicino ad un gruppo di persone in fila ad una pompa di benzina. Poco dopo l’arrivo dei soccorritori, è esplosa una seconda bomba. Violenze si registrano anche nel sud dell’Iraq: a Kerbala sono stati assassinati un esponente del Consiglio provinciale e due sue guardie del corpo. Nel Paese arabo, intanto, sono state rinviate, probabilmente a domenica prossima, le esecuzioni - in un primo momento fissate per oggi - del fratellastro di Saddam Hussein, Barzan al Tikriti, e dell’ex presidente del tribunale rivoluzionario, Awad al Bandar. I due imputati sono stati condannati a morte, come lo stesso ex rais, per l’uccisione nel 1982 di 148 abitanti del villaggio sciita di Dujail. Fonti governative hanno precisato che le esecuzioni sono state posticipate per “pressioni internazionali e arabe”. Poco prima di questa decisione, anche l’ONU aveva lanciato un accorato appello: l’Alto commissario per i Diritti Umani, Louise Arbour, si era rivolto infatti al presidente iracheno, Jalal Talabani, chiedendo di non far applicare le sentenze. Nell’ambito dell’inchiesta sul video non autorizzato dell’impiccagione di Saddam Hussein, è stato arrestato infine un impiegato del ministero della Giustizia. Ieri era stata fermata una guardia che aveva assistito all’esecuzione.

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Anche in Iran la pena capitale è una triste realtà: questa mattina sono state eseguite tre condanne a morte.  Si tratta di un afghano, accusato di aver ucciso tre donne, e di due iracheni, ritenuti colpevoli uno di omicidio e l’altro di stupro. In Iran le esecuzioni sono in continuo aumento. Secondo Amnesty International, nel 2005 sono state eseguite 94 condanne a morte. Nel 2006, in base ad un bilancio fornito dall’agenzia France Presse, le esecuzioni sono state 154.

 

Il nuovo segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, appoggia l’abolizione della pena di morte e ritiene che le Nazioni Unite debbano lavorare per raggiungere questo obiettivo. Lo ha reso noto la portavoce di Ban, aggiungendo però che il processo sarà lungo, poiché sull’argomento i 192 Paesi dell’ONU non sono tutti d’accordo. La dichiarazione segue e corregge quella rilasciata dal segretario generale delle Nazioni Unite poco dopo l’esecuzione di Saddam Hussein. In quell’occasione, Ban aveva detto che “la decisione sulla pena capitale spetta singolarmente ad ogni Stato che fa parte dell’ONU”. La Francia, intanto, ha reso noto di voler appoggiare l’iniziativa italiana a favore della moratoria internazionale della pena di morte. 

 

Il sud del Libano sarebbe contaminato da tracce di uranio impoverito, residuo degli ordigni sparati da Israele durante il conflitto di questa estate. Lo rivelano fonti di stampa libanese citando uno studio condotto dal fisico nucleare al-Qubaysi. A risultati analoghi erano arrivati, a dicembre, esperti del Comitato europeo per i rischi sulla radiazione.

 

Il capo dei talebani, mullah Omar, non vede il capo di al Qaeda, Osama Bin Laden, dalla fine del 2001. “Non l’ho visto né ho fatto niente per vederlo, ma prego per la sua salute e la sua salvezza”, ha scritto il leader dei talebani in una e-mail inviata in risposta a domande consegnate al suo portavoce dall’agenzia di stampa Reuters. Il mullah Omar ha anche detto di trovarsi in Afghanistan e non, come indicato da diverse fonti, in un’area tribale del Pakistan. Sul terreno, intanto, cinque guardie armate afghane alle dipendenze dell’ISAF sono morte in un attentato nella provincia di Uruzgan, nel sud dell’Afghanistan. L’attentato, compiuto con un ordigno piazzato sotto il ciglio della strada, è stato rivendicato dai talebani.

 

Nei Territori Palestinesi è stato raggiunto un nuovo accordo tra Fatah e Hamas per riportare la calma nel sud della Striscia di Gaza, dopo che ieri, cinque persone sono morte e 10 sono rimaste ferite in agguati e sparatorie fra i miliziani dei due schieramenti. Nel pomeriggio, intanto, è previsto a Sharm El Sheikh, in Egitto, l’atteso incontro tra il premier israeliano, Ehud Olmert, ed il presidente egiziano, Hosni Mubarak. Tra i temi in agenda, figurano: la situazione interna palestinese; la vicenda del soldato israeliano Ghilad Shalit, rapito lo scorso 25 giugno, e iniziative volte a facilitare la ripresa del processo di pace israelo-palestinese.

 

Il cancelliere tedesco Angela Merkel incontrerà nel pomeriggio a Washington il presidente degli Stati Uniti, George Bush. Tra i temi al centro del colloquio, c’è in particolare il processo di pace in Medio Oriente. “La situazione – ha detto la signora Merkel alla vigilia del viaggio – è preoccupante, ma non credo del tutto impantanata”. La speranza – ha aggiunto il cancelliere tedesco - è affidata all'avvicinamento e a “maggiori contatti” tra il presidente palestinese, Abu Mazen, ed il premier israeliano, Ehud Olmert.

        

Negli Stati Uniti John Negroponte, ex numero uno dell’intelligence, sostituirà Robert Zoellick al Dipartimento di Stato, diventando, così, il vice del segretario di Stato americano, Condoleezza Rice. Negroponte è stato ambasciatore alle Nazioni Unite dal 2001 al 2004 e, successivamente, ambasciatore in Iraq fino al 2005.

 

In Spagna, i vigili del fuoco hanno ritrovato il corpo di una vittima dell’attentato compiuto sabato scorso all’aeroporto di Madrid e rivendicato dall’organizzazione armata basca ETA. Il servizio di padre Ignacio Arregui:

 

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In mezzo ad un senso di smarrimento generale provocato in tutte le forze politiche dall’ultimo attentato dell’ETA, il 30 dicembre a Madrid, interrompendo brutalmente un faticoso processo di pace, oggi si impone tragicamente un dato certo: la morte di uno dei due ecuadoriani scomparsi. Si tratta di Carlos Alonso, 34 anni. Appartenente ad una famiglia di condizione umile, lascia tre fratelli e la madre cieca. Sull’altro scomparso, anche lui ecuadoriano, di 19 anni, non c’è più alcuna speranza di trovarlo in vita. I due giovani si trovavano all’interno delle rispettive macchine sulle quali è crollato, con l’esplosione, l’intero palazzo di cinque piani. Gli esperti ipotizzano che con l’incendio, causato dall’esplosione, la temperatura abbia potuto raggiungere i mille gradi. Questo attentato mortale da parte dell’ETA è stato il primo dal 30 maggio del 2003. Con la morte, ormai accertata, di Carlos Alonso sale a 818 il numero totale di vittime causate dall’ETA dal 1959, anno della sua creazione. Ieri è stato reso noto che il capo di governo, José Luís Rodríguez Zapatero, ha deciso di intervenire personalmente davanti al Parlamento per rendere conto dell’andamento del processo di pace, ormai cancellato, e le nuove possibili strategie per far fronte alla violenza dell’ETA.

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Rapporti sempre più tesi tra Russia e Bielorussia: il governo di Minsk ha imposto una nuova tassa di transito per il petrolio russo. Il provvedimento, preso dalla Bielorussia, segue la decisione russa di raddoppiare il prezzo del gas destinato all’ex Repubblica sovietica. Storicamente legata a Mosca, la Bielorussia ha potuto beneficiare negli ultimi anni di una rilevante crescita, grazie soprattutto alla favorevole politica della Russia sull’energia. Ma l’esecutivo di Mosca, alla vigilia del nuovo anno, ha costretto la Bileorussia ad un nuovo accordo, definito svantaggioso dal governo di Minsk: con i nuovi aumenti, la Bielorussia non potrà infatti comprare dalla Russia il greggio a basso costo e rivenderlo ad un prezzo di mercato.

 

Circa 400 rifugiati somali fuggiti in Kenya negli ultimi giorni di dicembre per gli scontri tra le Corti islamiche e le milizie governative appoggiate dall'Etiopia sono stati rimandati in Somalia. La notizia è stata diffusa dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Ma quali sono i motivi che hanno spinto Nairobi a questa reazione così dura? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a padre Carmine Curci, direttore della rivista “Nigrizia”:

 

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R. – C’è il timore, da parte del governo di Nairobi, che in mezzo a questi rifugiati ci possano essere miliziani islamici. Quindi, c’era la paura che questi miliziani potessero entrare, trovare rifugio e creare una situazione di instabilità in Kenya per poi proiettarsi verso la Somalia.

 

D. – Dobbiamo dire anche che, nelle ultime, ore sono giunte delle unità navali statunitensi al largo delle coste somale. Da Washington c’è anche l’impegno di non lasciar fuggire proprio questi miliziani…

 

R. – In questo momento non solo ci sono navi che stanno pattugliando le coste, ma sappiamo che elementi di unità speciali da Gibuti sono stati portati in territorio somalo; stanno aiutando le forze etiopiche, soprattutto per catturare tre elementi di spicco, che sarebbero stati quelli che nel 1998 hanno compiuto l’attentato all’ambasciata statunitense a Nairobi.

 

D. – Ieri, tra l’altro, l’Unione Europea ha dato l’ok per il cofinanziamento di una forza africana in Somalia, per cercare di stabilizzare la situazione…

 

R. – Gli etiopici sono odiati dal popolo somalo. I keniani vengono visti con preoccupazione. Gli ugandesi, se non hanno un mandato chiaro, non interverranno. Quindi, è difficile anche creare una forza che sia capace di poter intervenire… Ricordiamo che nelle ultime settimane sono entrate tantissime armi in Somalia: dall’Arabia Saudita, dallo Yemen, dall’Eritrea. Quindi, è inutile che oggi il governo di transizione parli di disarmo. Probabilmente, la guerra non è finita. I somali continueranno ancora a soffrire.

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Il presidente ugandese Museweni è arrivato ad Addis Abeba, in Etiopia, per una visita di due giorni dedicata soprattutto alla situazione in Somalia. Oggi è previsto un incontro con il premier etiopico Zenawi, che ha inviato truppe in Somalia per sostenere i soldati governo di transizione contro le Corti islamiche. Domani Museweni incontrerà, inoltre, il presidente della Commissione dell’Unione Africana, Alpha Umar Konarè, per discutere del dispiegamento, in Somalia, di una forza di pace africana.

 

In Myanmar, la giunta militare al potere ha rilasciato almeno 40 prigionieri politici, degli oltre 1.100 detenuti nelle carceri del Paese del sud est asiatico. Lo ha reso noto la Lega Nazionale per la Democrazia, all’opposizione. I dissidenti rilasciati sono stati liberati ieri insieme con oltre 2800 detenuti. La liberazione è stata decisa in occasione del 59.mo anniversario dell’indipendenza del Paese.

 

Durante il 2006, 38 giornalisti sono stati assassinati in America Latina e nei Caraibi. Altri cinque risultano ancora ‘desaparecidos’. Lo ha reso noto la Federazione dei giornalisti dell’America Latina precisando che gli omicidi di operatori dell’informazione sono raddoppiati rispetto al 2005. Gli omicidi – sostiene la Federazione - sono il risultato di una sistematica persecuzione contro i giornalisti indipendenti, portata avanti da gruppi legati al narcotraffico e alla criminalità organizzata.

 

Una traumatica esperienza dall’epilogo fortunatamente non tragico per cinque pescatori del Costarica. I cinque uomini, dati per dispersi nell’Oceano Pacifico da sei settimane, sono stati recuperati sani e salvi. Lo ha reso noto il ministero della Sicurezza costaricense, specificando che il salvataggio risale alla notte del 31 dicembre. Sono sopravvissuti mangiando carne di tartaruga e bevendo acqua piovana.                     

 

 

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