RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 4 - Testo della trasmissione di giovedì 4 gennaio 2007
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Per risolvere la crisi libanese i vescovi maroniti
suggeriscono la ricerca di nuove soluzioni
Convegno
del Centro nazionale vocazioni in corso in questi giorni a Roma
India: attesi nella città di Allahabad
50 milioni di indù per il pellegrinaggio del Khumb
Mela
Resta alto il bilancio dei collaboratori
delle Nazioni Unite uccisi nel 2006
L’OCSE conferma la ripresa nella “zona euro”
ma ammonisce Italia e Portogallo per il debito
In Iraq, rinviate le esecuzioni di due
stretti collaboratori di Saddam Hussein. A Baghdad, almeno 13 morti per un
duplice attentato
4 gennaio 2007
SERVIRE
I PIU’ POVERI CON L’AMORE DI CRISTO, CHE NON
DISCRIMINA NE’ PER RAZZA
NE’ PER
RELIGIONE: L’APPREZZAMENTO DEL PAPA PER IL LAVORO DELLA MENSA CARITAS DI ROMA
ESPRESSO DURANTE LA VISITA ALLA STRUTTURA DI COLLE OPPIO, DA OGGI INTITOLATA A
GIOVANNI PAOLO II.
DONATE
DAL PAPA ALLA MENSA 10 MILA COPERTE
Un luogo ricco di carità e di umanità in cui, come Gesù
fece nel Vangelo, si servono persone senza distinzioni di razza e cultura:
parole di Benedetto XVI, indirizzate oggi in segno di grande apprezzamento ai
responsabili, ai volontari e agli ospiti della Mensa della Caritas romana di
Colle Oppio. Il Papa l’ha visitata nel corso della mattina, accolto e accompagnato
dal cardinale vicario Camillo Ruini e dal direttore
della Caritas romana, mons. Guerino Di Tora, ma
soprattutto avvolto dal grande calore dei presenti, assiepati dietro le
transenne e all’interno della struttura della mensa, attiva dal 1983. Tra i
gesti simbolici, la benedizione della targa dedicata a Giovanni Paolo II, al
cui nome è dedicata da oggi la Mensa. La sintesi del discorso di Benedetto XVI
nel servizio di Alessandro De Carolis.
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Un mensa-simbolo, dove si cerca di “fare bene il
bene”: dove chi ha bisogno di cibo e riparo può trovarli, assieme al calore e
alle premure di una famiglia fatta di persone che donano gratuitamente, e
sperimentano una gioia più simile alla semplicità della Grotta di Betlemme che
non ai paradisi artificiali della pubblicità. Questo luogo da oggi si chiama
“Mensa Giovanni Paolo II”, che 15 anni fa la visitò quando
già la struttura ospitava persone di oltre 40 Paesi. In 23 anni di servizio, si
calcola che le quattro mense della Caritas romana abbiano distribuito circa
nove milioni di pasti, 1.700 al giorno tra il ’96 e il
’98.
(canto)
Benedetto XVI ha salutato con affetto
operatori e volontari della mensa, e soprattutto “voi – ha detto – che
quotidianamente usufruite di questa Mensa Caritas”:
“In questa Mensa,
che in un certo modo potrebbe essere considerata il simbolo della Caritas di
Roma, è possibile toccare con mano la presenza di Cristo nel fratello che ha
fame e in colui che gli offre da mangiare. Qui si può sperimentare che, quando
amiamo il prossimo, conosciamo meglio Dio: nella grotta di Betlemme, infatti,
Egli si è manifestato a noi nella povertà d’un neonato bisognoso di tutto. Il
messaggio del Natale è semplice: Dio è venuto tra noi perché ci ama. Dio è
amore: non un amore sentimentale, ma un amore che si è fatto dono totale sino
al sacrificio della Croce”.
Betlemme, ha ricordato il Papa, significa “Casa del pane”.
E Gesù è il pane del Cielo, “venuto per ogni uomo”, che si rende “in qualche
modo visibile ogni giorno in questa Mensa - ha osservato ancora Benedetto XVI -
senza distinzione di razza, religione e cultura”:
“’L’uomo che soffre ci appartiene’, diceva il
mio indimenticabile Predecessore, Giovanni Paolo II, al quale proprio oggi
abbiamo intitolato la Mensa. (applausi) Dalla grotta di Betlemme, da ogni presepe si diffonde un annuncio che
è per tutti: Gesù ci ama e ci insegna ad amare. I responsabili, i volontari e
tutti coloro che frequentano la Mensa possano sperimentare la bellezza di
questo amore; possano sentire la profondità della gioia che da esso deriva, una gioia certamente diversa da quella
illusoria reclamizzata dalla pubblicità”.
Commossi e commoventi i saluti al Papa da parte degli
operatori della Mensa, sintetizzati dalle parole di mons. Di Tora, che ha ricordato come da sempre, nel dna delle Mense
Caritas romane, c’è stato il desiderio di lenire i mali della capitale:
“Per questo dalla sua apertura la mensa è stata un luogo
di condivisione, dove la comunità cristiana incontra e si fa carico del
prossimo più povero, lo accoglie, lo ascolta, conosce dalle sue parole il
supplizio della croce, l’abbandono, il freddo, la fame, la droga, il carcere,
le migrazioni, la perdita degli affetti, il passato da cui fuggire (…) Un’opera
che ora a distanza di anni vede i frutti nei programmi di politica sociale di
enti pubblici e di organizzazioni private, che sotto la spinta della società
civile, con la Chiesa di Roma in prima fila, considerano il povero innanzitutto
un uomo, con la sua dignità di persona umana”.
Benedetto XVI ha concluso il suo breve discorso invocando
da Dio protezione per quanti, nella Mensa Caritas di Roma, svolgono la loro
“preziosa opera di solidarietà”:
“Lo Spirito Santo
animi i cuori dei responsabili e di tutti gli operatori e volontari, perché
compiano il loro servizio con dedizione sempre più consapevole, ispirandosi
all’autentico stile dell’amore cristiano, che i Santi della carità hanno
riassunto nel motto: il bene va fatto
bene”.
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Per la Mensa Caritas di Colle Oppio quella di oggi è stata
una giornata di grande festa. A migliaia si sono assiepati all’interno e
all’esterno della struttura per salutare Benedetto XVI, che ha ringraziato più
volte i presenti per le loro manifestazioni di affetto. Luca Collodi ha seguito
per noi la visita del Papa e ci ha raggiunti in studio per raccontarci la
cronaca di questa mattinata all’insegna della solidarietà e della gioia.
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Dopo la stazione Termini anche la Caritas di Colle Oppio a
Roma è intitolata a Giovanni Paolo II. Benedetto XVI, in visita alla Mensa
Caritas, ha infatti dedicato la struttura assistenziale
a Papa Wojtyla scoprendo una targa commemorativa dove è incisa una frase da lui
pronunciata nel 1992 in visita alla mensa: “L’uomo che soffre ci
appartiene”. La mensa di Colle Oppio è stata la prima struttura di
accoglienza per senza fissa dimora, fondata a Roma nel 1983 dal cardinale Ugo
Poletti e da mons. Luigi Di Liegro, che lo stesso
Papa Wojtyla definì “profeta della Carità”. In 23 anni di servizio, ha
ospitato migliaia di italiani e stranieri, distribuendo circa 9 milioni di
pasti. Nel 2006, ha erogato oltre 122 mila pasti in particolare a carcerati,
zingari e barboni. Benedetto XVI, salutato all’arrivo dai giovani che
frequentano l’attiguo oratorio del Centro giovanile Monti-Esquilino,
è entrato nei locali della Caritas di Colle Oppio, visitando il
centro-accoglienza, la mensa, la sala da pranzo e il presepio allestito dai
volontari e dagli ospiti della Mensa.
Nel cortile interno della Mensa, ha ricevuto il saluto del
direttore della Caritas di Roma, mons. Guerino Di Tora,
che ha definito la vista del Papa “un dono per gli ospiti e per tutti quei volontari
che ogni giorno testimoniano la carità negli atti concreti alla persona”.
E da oggi, Benedetto XVI è un nuovo tesserato della mensa Caritas di Colle
Oppio: la tessera, indispensabile per pranzare e cenare in mensa, è uno dei
quattro regali che il Papa ha ricevuto dagli ospiti che frequentano la
struttura caritativa. Al Papa è stata donata anche una coperta, simbolo di
precarietà, un grembiule, simbolo del lavoro dei volontari, ed un disegno fatto
da una bambina immigrata ospite fissa di una casa famiglia gestita dalla
Caritas di Roma. Il Papa ha regalato 10 mila coperte e duemila giacconi pesanti
per affrontare il freddo dell’inverno.
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E adesso ascoltiamo alcune testimonianze dei volontari e
degli ospiti della Mensa Caritas di Colle Oppio, raccolte nel
servizio di Roberta Moretti:
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Un’atmosfera festosa ha accompagnato la visita del Papa.
Grande l’emozione dei volontari del Mensa Caritas, che
spiegano cosa li spinga a mettersi al servizio dei più poveri:
R. - Mi spinge proprio il senso del servizio, per donare
un po’ del mio tempo alle persone che ne hanno più bisogno.
R. - Sono sei anni che io e mio marito veniamo qui alla
Caritas, e le persone sì, hanno bisogno di questi pasti, ma hanno anche bisogno
di ben altro: di dialogo, di sentirsi coinvolti.
R. - Mi spinge
soprattutto il fatto di sapere che dall’altra parte c’è qualcuno che ha
bisogno. C’è una domanda e una risposta: e la risposta nasce soprattutto da
questo bisogno di fare carità, altrimenti la fede è basata sul niente.
R. - Sono già 15 anni che faccio la volontaria e sono
arrivata al punto di dire: il mio è più egoismo che altruismo, in quanto lo
faccio talmente volentieri che mi riempie la vita.
R. - Sicuramente il voler essere d’aiuto a chi è stato
meno fortunato di noi ed è comunque anche una testimonianza di fede, per stare
vicini ai poveri come ci ha chiesto Gesù Cristo.
D. - Quanto è importante la fede alla base del
volontariato?
R. - E’ proprio alla base, perché è tutto quello che Gesù
ci ha detto: quello che facciamo al più piccolo dei nostri fratelli, lo
facciamo a Lui.
R. - Beh, se non c’è fede, è un lavoro di filantropia come
possono farlo tutti gli altri. Mentre noi cerchiamo, con il nostro lavoro, di
trasmettere l’amore di Dio, di farli sentire tutti fratelli e figli di Dio.
Tante le storie difficili e di disagio sociale che trovano
nella Caritas un luogo di accoglienza familiare e un’occasione di riscatto,
come raccontano alcuni ospiti della Mensa:
R. - Ho perso i miei genitori. Sono venuto qui e ho trovato una nuova famiglia. Con queste persone mi
trovo molto bene. Mi danno molto calore e molto amore.
R. - Mi chiamo Edoardo, sono peruviano. Sono arrivato ora
e ho conosciuto la Caritas. Qui mi trovo un po’ meglio, qui trovo vestiti, da
mangiare e piano piano forse posso trovare anche
qualche lavoretto. Nel mio Paese studiavo amministrazione d’impresa. Penso
anche di tornare all’università e continuare gli studi...
D. - Come sono le persone, i volontari qui, alla Caritas?
Come vi trovate con loro?
R. - Molto bene. E’ quasi come essere con la mia famiglia.
R. - Io sono per strada da tre settimane, e quando sono
arrivato qui a Roma, l’unico sostegno che ho avuto
come punto di riferimento per un alloggio, per mangiare e per riscaldarmi alla
sera l’ho ricevuto dalla Caritas. E quindi penso che sia un’organizzazione
indispensabile per chi si trova in difficoltà. Come me, tanti ce ne sono in
strada...
D. - Tu che cosa vorresti fare? Quali sono i progetti?
R. - Con i servizi sociali sto cercando una struttura per
poter ricominciare da capo la mia vita.
D. - Come vivi questa visita del Papa?
R. - Ho voluto partecipare per essere vicino al Papa che
ci dà la possibilità che la Caritas esista.
R. - Ma è logico che un po’ di emozione c’è, Sua Santità è
qui con noi!
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - La visita del Papa alla mensa
della Caritas a Colle Oppio.
Servizio estero - In evidenza l'Iraq: nonostante
l'orrore causato dall'esecuzione di Saddam Hussein, la
via del patibolo si apre per i suoi due coimputati.
Servizio culturale - Un articolo di Danilo Mazzoleni dal titolo "Un raffinato complesso scultoreo
andato in parte perduto": il presepe di Arnolfo di Cambio nella Basilica
romana di Santa Maria Maggiore.
Una monografica - a cura di Danilo Veneruso - da titolo "In margine alla recente rievocazione
dei fatti d'Ungheria del 1965".
Una crisi storica che aiuta a comprendere il
passaggio dalle rivoluzioni nazionali alle rivoluzioni sociali e a quelle per
la libertà.
Servizio italiano - In rilievo il tema degli
incidenti sul lavoro.
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4 gennaio 2007
“ALLARMISMI INGIUSTIFICATI”: COSI’
MONS. AGOSTINO MARCHETTO
SULLE TEMUTE INVASIONI DI IMMIGRATI IN ITALIA DOPO L’INGRESSO
DI ROMANIA E BULGARIA NELl’UNIONE EUROPEA
- Interviste con Oberdan Ciucci e Oliviero
Forti -
Dopo l’ingresso di Romania e Bulgaria nell’Unione
Europea, dal 1° gennaio scorso, potrebbe crescere la pressione migratoria in
Italia: secondo
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Con l’inizio del 2007 anche bulgari e
romeni possono entrare ed uscire dall’Italia liberamente senza visto
d’ingresso, ma semplicemente esibendo la carta d’identità. La permanenza è
libera per tre mesi. Per un periodo superiore va richiesta, per motivi di
lavoro o studio, la carta di soggiorno valida per cinque anni. Chi vuole assumere un lavoratore romeno o
bulgaro dovrà solo spedire allo sportello unico per l’immigrazione una
raccomandata con la quale chiede il nullaosta al lavoro. L’ingresso nell’Unione
Europea di Romania e Bulgaria è secondo l’organizzazione sindacale CISL un
fatto positivo: porterà alla regolarizzazione di colf, badanti, agricoltori e
operai in quantità corrispondenti alle esigenze del mercato italiano del
lavoro. Oberdan Ciucci, responsabile nazionale per l’immigrazione Cisl:
R. – Da anni noi, come sindacato, conduciamo battaglie
contro il lavoro nero, contro i caporali, sia immigrati che italiani. Più si
contribuisce a regolarizzare i lavoratori e meno fiancheggiatori si forniscono
alla camorra, alla mafia e alle bande organizzate.
Da oggi anche il romeno privo di permesso di soggiorno,
scaduto o non rinnovato, non corre più il rischio di essere rispedito a casa,
se non per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità
pubblica. Positiva la reazione anche da parte della Caritas
italiana, che risponde così a chi teme un pericolo ‘invasione’, specialmente da
parte dei nomadi: Oliviero Forti dell’Ufficio immigrazione Caritas:
R. – Come nel passato, la Caritas rifiuta il concetto di
invasione, quando si tratta il tema dell’immigrazione. Certamente, la libertà
di circolare sul territorio europeo e quindi anche in Italia potrebbe
determinare un aumento dei flussi. Riteniamo che nel medio e lungo periodo ci
sarà certamente un processo di riequilibrio che porterà le cose ad un ordine
normale, come è accaduto in altri Paesi.
Intanto per i Rom di origine
romena, spesso privi di documenti di identità,
il governo sta mettendo a punto un disegno di legge che darà loro uno status
con la possibilità di lavorare regolarmente.
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LA
“DIVINA COMMEDIA” DANTESCA DIVENTA UN’OPERA MUSICALE:
MONS.
MARCO FRISINA FIRMA LA COLONNA SONORA
-
Intervista con il compositore -
Il rock e l’heavy metal per
descrivere l’Inferno, il canto gregoriano come sottofondo al Purgatorio e la
lirica per il Paradiso. E’ la “Divina Commedia” di Dante Alighieri messa in
musica da mons. Marco Frisina, direttore dell’Ufficio
liturgico del Vicariato e autore di celebri colonne sonore
televisive oltre che di un vasto repertorio religioso moderno. Il poema
dantesco in forma d’opera, prodotto da Nova Ars con un’orchestra di 100
elementi, danzatori e cantanti, debutterà in autunno a Roma e sarà poi in
tournée europea. Mons Frisina
lo ha voluto dedicare a Benedetto XVI, che più volte ha citato Dante, come
spiega lo stesso compositore al microfono di A.V.:
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R. - La tradizione che ho seguito è quella italiana,
quindi è una vera e propria opera. L’idea me l’ha data proprio Papa Benedetto,
introducendo la Deus caritas est, quando ha parlato
dell’amore, della vocazione all’amore dell’uomo, che Dante esprime proprio in
questo viaggio spirituale alla ricerca dell’Amore con la “A” maiuscola. Ed
esprime anche il viaggio dell’uomo di oggi che vive spesso un “inferno” vero,
immerso in una “selva oscura” che lo opprime e da cui vuole liberarsi, e dunque
la misericordia di Dio che viene incontro a quest’uomo disperato conducendolo a
conoscere il suo cuore, a conoscere l’Inferno, a conoscere il Purgatorio e
quindi la gioia dell’incontro con Dio nel Paradiso, che gli consente di
riconquistare la sua anima.
D. - La “summa” dantesca - un vero e proprio trattato di
teologia, oltre che letterario e poetico - diventa per lei anche occasione di
una “summa” musicale: dalla musica rock al gregoriano fino alla grande lirica e
musica sinfonica...
R. - Ho buttato un sasso in uno stagno
quando ho detto che ho messo il rock all’Inferno: ho messo semplicemente
la musica e i suoni del rock a esprimere quella lacerazione, quella
drammaticità, anche quella ribellione profonda che il rock sa esprimere
profondamente e che mi serviva per dare suono alla città di Dite, alla parte
più violenta – diciamo – dell’Inferno dantesco, senza alcun giudizio sul
rock...
D. - Per quanto riguarda la musica classica, la musica
sinfonica, che è anche più vicina al suo comporre, maestro: è un paradiso
perduto, secondo lei?
R. – No, anzi: il secondo atto,
che è tutto sul Purgatorio e il Paradiso, inizia proprio con quel salmo “In exitu Israel de Aegypto”, che
Dante usa, perché Dante suggerisce la musica della Commedia: molte volte parla
di canti, di suoni, di melodie che lui ascolta. La musica, nella seconda parte
dell’opera, non esprime più le passioni, la disperazione ma
esprime il desiderio di Assoluto: esprime la preghiera, esprime a volte anche
lo struggimento per una malinconia, come ad esempio nel canto di Pia de’ Tolomei... Io credo che il sinfonismo, anche se interpretato in senso nuovo, moderno -
così come la polifonia, rivista nella sua essenzialità, come il gregoriano che
rimane la voce della preghiera della Chiesa - descrivano perfettamente quell’armonia ritrovata. Ecco, più che un paradiso
ritrovato, direi un’armonia ritrovata.
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4 gennaio 2007
PER
RISOLVERE
DI
NUOVE SOLUZIONI MENTRE IL CONSIGLIO SUPERIORE SCIITA INVITA AL DIALOGO
BEIRUT. = Il vero nodo della crisi libanese sembra essere
la formazione del tribunale internazionale sull’assassinio dell’ex premier Rafic Hariri, “con una parte che
insiste per la sua formazione, perché sia messa fine alla serie di assassini
che hanno provocato la fine del meglio dei suoi uomini politici, mentre altri,
in maggioranza non libanesi, sperano di comprometterne la formazione e passare
oltre, nel timore che la verità possa nuocere ai loro interessi”. È quanto denunciano
i vescovi maroniti in un comunicato pubblicato al termine della loro assemblea
mensile svoltasi a Bkerke. Per i presuli va trovata
“un’altra soluzione” per la formazione di un governo libanese, rispetto a
quello di “unità nazionale” del quale si parla da mesi, mentre la protesta
dell’opposizione, che dal primo dicembre blocca il centro di Beirut, ha
provocato una “catastrofe economica” ad un Paese già provato dalla guerra. I
vescovi rilevano che “le formule di governo delle quali si parla non vedranno
mai probabilmente la luce, a causa delle difficoltà inestricabili con le quali
urtano”. L’instabilità, osservano i presuli, potrebbe spingere le Nazioni
disposte ad aiutare il Libano a fare un passo indietro, proprio
mentre si avvicina l’incontro dei Paesi donatori, in programma il 25
gennaio a Parigi. Per l’episcopato maronita “è dall’interno che deve venire una iniziativa di salvezza, piuttosto che dall’esterno. La
paralisi delle istituzioni costituzionali, che si accusano reciprocamente di
illegittimità, esige che si cerchi un’altra soluzione” per “ricostituire
un’autorità che salverà il Libano”. Sul ruolo che le autorità religiose possono
giocare nella soluzione della crisi libanese si è espresso il Consiglio superiore
sciita. Cheikh Abdel Amir Kabalan ha affermato che la
crisi “è politica e non deve avere risvolti religiosi”. Pur sostenendo che per
superarla occorre un governo di unità nazionale e la formazione di un tribunale
internazionale, lo statuto del quale, però, deve essere stabilito “di comune
accordo”, il Consiglio superiore sciita chiede di “tornare al tavolo del
dialogo” e di “respingere tutte le tutele e ingerenza, da qualsiasi parte
provengano”. (T.C.)
DEL
CENTRO DIALISI NELL’OSPEDALE AL SHIFA, A GAZA,
E 370
DIABETICI A RISCHIO RIPRENDONO I TRATTAMENTI
GAZA. = Tornano in funzione i macchinari del
centro dialisi dell’ospedale Al Shifa di Gaza ed
oltre trecento diabetici hanno potuto ricominciare le loro terapie. Sono otto
gli strumenti che sono stati riparati nella struttura sanitaria grazie a
un’iniziativa della Caritas di Gerusalemme. Il centro dialisi, riferisce
l’agenzia SIR, era “praticamente paralizzato” anche a causa della mancanza di
fondi che ne ha impedito la manutenzione.
LETTERA
DEI VESCOVI DELLA BASILICATA AL MOVIMENTO
DI EMANCIPAZIONE DEL DELTA DEL
NIGER PER LA LIBERAZIONE
DEI
DIPENDENTI DELL’AGIP RAPITI CIRCA UN MESE FA
POTENZA. = I vescovi della Basilicata, in Italia, hanno
lanciato un appello ai ribelli nigeriani che da quasi un mese tengono in
ostaggio tre tecnici italiani ed un loro collega libanese. I presuli, scrive
l’agenzia MISNA, hanno firmato un documento in cui chiedono la liberazione dei
quattro rapiti. “Ci è sembrato opportuno occuparci del problema per stare
vicino alle famiglie – ha detto l’arcivescovo di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo mons. Agostino Superbo – sono molto
preoccupate e non vogliamo che si sentano sole. Ci affidiamo al Signore”. “Le
Chiese di Basilicata – si legge nel messaggio dell’episcopato - si stringono a
fianco delle famiglie dei quattro tecnici, sequestrati il 7 dicembre del 2006
sulla piattaforma Agip, alla foce del fiume Niger.
Fanno appello al senso di umanità degli stessi ribelli del Movimento di
emancipazione del delta del Niger perché restituiscano incolumi all’affetto dei
loro cari Cosma Russo, Roberto Dieghi, Francesco Arena e Imad Abed,
in Nigeria solo per ragioni di lavoro, estranei alle vicende politiche del
Paese ospite ed ormai fortemente provati, dopo quasi un mese di prigionia, nel
fisico e nell’animo”. Esprimendo solidarietà alle famiglie affinché i loro
congiunti tornino al più presto in libertà, i vescovi della Basilicata
“chiedono alle comunità cristiane della regione una giornata di solidarietà
nella preghiera, il 6 gennaio, Epifania del Signore, “giornata del dono”, affinché
l’unico Dio di tutti gli uomini tocchi il cuore dei sequestratori e doni pace e
serenità alle famiglie degli ostaggi così duramente colpite”. (T.C.)
È
L’ESPERIENZA PERSONALE DELL’INCONTRO CON GESÙ CHE STA
ALL’ORIGINE DEL
MINISTERO
PRESBITERALE. È QUANTO HA SOTTOLINEATO MONS. LUCIANO MONARI AL CONVEGNO DEL
CENTRO NAZIONALE VOCAZIONI IN CORSO IN QUESTI GIORNI A ROMA
- A
cura di Mimmo Muolo -
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ROMA. = La vocazione dell’uomo è quella di tendere verso
l’amore di Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze.
Vocazione di tutti gli uomini, qualunque sia la loro posizione nella società.
Ma specialmente del sacerdote, “discepolo di Gesù che realizza la sua vocazione
all’amore attraverso il servizio pastorale alla comunità cristiana secondo la
missione ricevuta dal Signore”. Lo ha ricordato stamani mons. Luciano Monari aprendo a Roma la seconda giornata del Convegno
nazionale del Centro nazionale vocazioni, che ha come tema proprio il rapporto
fra il prete e le nuove vocazioni. Il vescovo di Piacenza-Bobbio
e vicepresidente della Conferenza episcopale italiana (CEI) ha sottolineato che
all’origine del ministero presbiterale sta l’esperienza personale dell’incontro
con Gesù e non solo la conoscenza intellettuale della dottrina sull’amore di
Dio. La vita stessa dei preti è stata toccata e trasformata da questo amore, ha
aggiunto il vescovo. E ciò motiva e dà fondamento a tutta la loro esistenza,
compresi quegli aspetti – come il celibato, la povertà e l’obbedienza – invisi
alla cultura contemporanea. Tanto più che – come il convegno ha messo
chiaramente in evidenza – non sempre è vero ciò che la stessa cultura dominante
tende ad affermare. Una ricerca sociologica condotta dal prof. Franco Garelli, ad esempio, ha messo in evidenza che c’è ancora
spazio per la vocazione nell’immaginario collettivo dei giovani. I quali, però,
hanno bisogno di figure di riferimento che li aiutino a maturare scelte
irreversibili. La giornata odierna ha visto anche l’intervento del cardinale Zenon Grocholewski, prefetto
della Congregazione per l’educazione cattolica. Domani, in conclusione, sarà la
volta del presidente della CEI, cardinale Camillo Ruini.
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INDIA:
ATTESI NELLA CITTÀ DI ALLAHABAD 50 MILIONI DI
INDÙ PER IL PELLEGRINAGGIO DEL KHUMB MELA,
- A
cura di Maria Grazia Coggiola -
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NEW DELHI. = L’Ardh Khumb Mela di mezzo che si tiene ad Allahabad,
nello Stato settentrionale dell’Andhra Pradesh, è uno dei raduni religiosi più grandi del mondo.
Tra gli induisti è l’appuntamento più sacro dopo il Maha
Khumb Mela di sei anni fa. Si chiama “di mezzo”
perché si tiene a metà di un ciclo di 12 anni, che secondo la mitologia dei
Veda simboleggia una battaglia, durata 12 giorni divini, tra gli
dei per la conquista di una pentola di nettare di ambrosia. La città di Allahabad sarebbe una delle quattro città dove il nettare sarebbe caduto durante la battaglia, ed inoltre è
considerata città santa perché vi confluiscono tre fiumi sacri: il Gange, il Yamuna e il mitico Sarasvati, il
fiume sotterraneo. Durante il Khumb Mela, fare il
bagno in queste acque, ora gelide, significa essere assolti dai peccati e
conquistare il paradiso, il nirvana. Ecco perché migliaia di sadhu, gli asceti induisti, e milioni di pellegrini da
tutta l’India giungono qui per i 45 giorni di Khumb Mela che per i turisti rappresenta anche una delle
attrazioni più folcloristiche. Per la sicurezza e la logistica, è una sfida
ciclopica, soprattutto nei giorni considerati più propizi, quando ci saranno
milioni di persone in fila per bagnarsi. In passato non sono mancate resse che
hanno provocato decine di morti. Per garantire l’ordine, soprattutto lungo il
percorso che porta al bagno rituale, sono stati dispiegati 20 mila poliziotti,
sono state erette tende per due milioni di persone e posti 25 mila servizi
igienici provvisori. Per la prima volta, al Khumb
Mela partecipano anche alcune star di Bollywood,
l’industria cinematografica indiana, come protagonisti di danze e di spettacoli
religiosi.
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RESTA
ALTO IL BILANCIO DEI COLLABORATORI
DELLE NAZIONI UNITE UCCISI NEL 2006. NEL 2005 LE VITTIME REGISTRATE ERANO 32
NEW YORK.= Sono 22 i collaboratori e i
funzionari dell’ONU uccisi nel 2006. Lo ha riferito l’associazione dei dipendenti
delle Nazioni Unite. Il dato si mantiene nella media tra il 2004, con la
perdita di 19 ‘caschi blu’,
e il 2005, che registra un bilancio di 32 morti tra osservatori e civili
impegnati nelle missioni di pace internazionali. Come riferisce l’agenzia MISNA,
gli episodi più violenti dello scorso anno sono avvenuti nella Repubblica
democratica del Congo e in Libano, dove si contano
rispettivamente 9 e 6 dipendenti ONU uccisi. L’incidente più sanguinoso è stato
quello del 23 gennaio, che ha visto 8 soldati delle forze speciali del
Guatemala perdere la vita nel tentativo di cattura di Vincent
Otti, braccio destro di Joseph
Kony, leader ugandese dell’Lra
(Esercito di resistenza del Signore) rifugiatosi in una giungla congolese. La
nona vittima in Congo è un ‘peacekeeper’
nepalese morto durante uno scontro a fuoco nella regione orientale dell’Ituri. In Libano, invece, 4 osservatori militari sono
caduti in un raid aereo israeliano, un civile è rimasto ucciso nella sua
dimora, a Tiro, colpita da un razzo e un dipendente dell’Agenzia di soccorso e
di lavori dell’ONU per i rifugiati è morto durante un attacco israeliano contro
un campo profughi nella città di Saida. A queste
vittime si aggiungono 4 funzionari della Giordania assassinati ad Haiti, 2 dipendenti dell’Alto commissariato per i
rifugiati nel Sud Sudan e un autista afgano dipendente del Fondo dell’Onu per l’infanzia (Unicef). (A.D.F.)
CRESCE NELL’AREA DELL’EURO
ROMA. = Secondo l’Organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo economico “la ripresa economica nella zona euro si è consolidata” e
ora, per rafforzarla, servono riforme strutturali e il miglioramento dei conti
pubblici. Sono incoraggianti i segnali che emergono
dall’Economic Survey per
l’Area dell’Euro che stima una crescita del prodotto interno lordo del 2,6 per
cento nel 2006 e di poco inferiore per i due anni successivi. L’Ocse invita a politiche di bilancio che taglino le spese e non aumentino la tassazione e prevede un calo dell’inflazione dal 2,2 per cento dello
scorso anno all’1,9 di quest’anno. Secondo i dati del rapporto, il tasso di disoccupazione
è diminuito dal 7,9 per cento dello scorso anno al 7,4 di questo. Ma occorre
intervenire sul mercato del lavoro affinché le economie possano fronteggiare
più agevolmente i cambiamenti. Per il settore dei servizi è suggerita la competitività mentre viene raccomandato il perseguimento dei
processi di integrazione e di sviluppo per i mercati finanziari. L’Ocse avverte poi che il “già preoccupante debito netto di
Italia e Portogallo potrebbe peggiorare”. In Italia si prevede che la spesa
pubblica esploderà senza riforme pensioni e Welfare.
Italia e Portogallo, comunque - tra i Paesi con costi del
lavoro unitari relativamente bassi - hanno registrato una crescita dei
salari che ha “considerevolmente oltrepassato” l’incremento della produttività.
Secondo l’Ocse ora questi Paesi “dovranno recuperare
la competitività della loro economia… mantenendo l’incremento dei salari al di
sotto del tasso di inflazione”; un processo lungo e difficile che potrebbe essere
sostituito con un aumento della produttività. (T.C.)
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4 gennaio 2007
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
In Iraq, sono state rinviate le esecuzioni, previste per
oggi, del fratellastro di Saddam Hussein e dell’ex presidente del tribunale
rivoluzionario. Le autorità irachene hanno anche annunciato l’arresto di una
seconda persona nell’ambito dell’inchiesta sul video non autorizzato
dell’esecuzione dell’ex rais. Sul terreno, intanto, Baghdad è stata teatro di
nuovi attentati. Il nostro servizio:
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Almeno 13 persone sono rimaste uccise in seguito ad un
drammatico, duplice attentato in un quartiere occidentale di Baghdad. Prima, è
esploso un ordigno piazzato sul ciglio di una strada vicino ad un gruppo di
persone in fila ad una pompa di benzina. Poco dopo l’arrivo dei soccorritori, è
esplosa una seconda bomba. Violenze si registrano anche nel sud dell’Iraq: a Kerbala
sono stati assassinati un esponente del Consiglio provinciale
e due sue guardie del corpo. Nel Paese arabo, intanto, sono state
rinviate, probabilmente a domenica prossima, le esecuzioni - in un primo
momento fissate per oggi - del fratellastro di Saddam Hussein, Barzan al Tikriti, e dell’ex
presidente del tribunale rivoluzionario, Awad al Bandar. I due imputati sono stati condannati a morte, come
lo stesso ex rais, per l’uccisione nel 1982 di 148 abitanti del villaggio
sciita di Dujail. Fonti governative hanno precisato
che le esecuzioni sono state posticipate per “pressioni internazionali e
arabe”. Poco prima di questa decisione, anche l’ONU aveva lanciato un accorato
appello: l’Alto commissario per i Diritti Umani, Louise
Arbour, si era rivolto infatti
al presidente iracheno, Jalal Talabani, chiedendo di
non far applicare le sentenze. Nell’ambito dell’inchiesta sul video non
autorizzato dell’impiccagione di Saddam Hussein, è stato arrestato infine un
impiegato del ministero della Giustizia. Ieri era stata fermata una guardia che
aveva assistito all’esecuzione.
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Anche in Iran la pena capitale
è una triste realtà: questa mattina sono state eseguite tre condanne a morte. Si tratta di un afghano, accusato di aver
ucciso tre donne, e di due iracheni, ritenuti colpevoli uno di omicidio e
l’altro di stupro. In Iran le esecuzioni sono in continuo aumento. Secondo Amnesty International, nel
2005 sono state eseguite 94 condanne a morte. Nel 2006, in base ad un bilancio
fornito dall’agenzia France Presse, le esecuzioni
sono state 154.
Il nuovo segretario generale dell’ONU, Ban
Ki-moon, appoggia l’abolizione della pena di morte e
ritiene che le Nazioni Unite debbano lavorare per raggiungere questo obiettivo.
Lo ha reso noto la portavoce di Ban, aggiungendo però
che il processo sarà lungo, poiché sull’argomento i 192 Paesi dell’ONU non sono
tutti d’accordo. La dichiarazione segue e corregge quella rilasciata dal
segretario generale delle Nazioni Unite poco dopo l’esecuzione di Saddam
Hussein. In quell’occasione, Ban
aveva detto che “la decisione sulla pena capitale spetta
singolarmente ad ogni Stato che fa parte dell’ONU”. La Francia,
intanto, ha reso noto di voler appoggiare l’iniziativa italiana a favore della
moratoria internazionale della pena di morte.
Il sud del Libano sarebbe
contaminato da tracce di uranio impoverito, residuo degli ordigni sparati da
Israele durante il conflitto di questa estate. Lo rivelano fonti di stampa libanese
citando uno studio condotto dal fisico nucleare al-Qubaysi.
A risultati analoghi erano arrivati, a dicembre, esperti
del Comitato europeo per i rischi sulla radiazione.
Il capo dei talebani, mullah
Omar, non vede il capo di al Qaeda, Osama Bin Laden,
dalla fine del 2001. “Non l’ho visto né ho fatto niente per vederlo, ma prego
per la sua salute e la sua salvezza”, ha scritto il leader dei talebani in una e-mail inviata in risposta a domande consegnate al suo
portavoce dall’agenzia di stampa Reuters. Il mullah
Omar ha anche detto di trovarsi in Afghanistan e non, come indicato da diverse
fonti, in un’area tribale del Pakistan. Sul terreno, intanto, cinque guardie armate afghane alle dipendenze dell’ISAF sono morte in un
attentato nella provincia di Uruzgan, nel sud
dell’Afghanistan. L’attentato, compiuto con un ordigno piazzato sotto il ciglio
della strada, è stato rivendicato dai talebani.
Nei Territori Palestinesi è stato raggiunto un nuovo
accordo tra Fatah e Hamas per riportare la calma nel
sud della Striscia di Gaza, dopo che ieri, cinque persone sono morte e 10 sono
rimaste ferite in agguati e sparatorie fra i miliziani dei due schieramenti. Nel
pomeriggio, intanto, è previsto a Sharm El Sheikh, in Egitto, l’atteso
incontro tra il premier israeliano, Ehud Olmert, ed il presidente egiziano, Hosni
Mubarak. Tra i temi in agenda, figurano: la
situazione interna palestinese; la vicenda del soldato israeliano Ghilad Shalit, rapito lo
scorso 25 giugno, e iniziative volte a facilitare la ripresa del processo di
pace israelo-palestinese.
Il cancelliere tedesco Angela Merkel incontrerà nel pomeriggio a Washington il presidente
degli Stati Uniti, George Bush. Tra i temi al centro
del colloquio, c’è in particolare il processo di pace in Medio Oriente. “La
situazione – ha detto la signora Merkel alla vigilia
del viaggio – è preoccupante, ma non credo del tutto impantanata”. La speranza
– ha aggiunto il cancelliere tedesco - è affidata all'avvicinamento e a
“maggiori contatti” tra il presidente palestinese, Abu
Mazen, ed il premier israeliano, Ehud
Olmert.
Negli Stati Uniti John Negroponte, ex numero uno dell’intelligence, sostituirà Robert Zoellick al Dipartimento
di Stato, diventando, così, il vice del segretario di Stato americano, Condoleezza Rice. Negroponte è stato ambasciatore alle Nazioni Unite dal 2001
al 2004 e, successivamente, ambasciatore in Iraq fino al 2005.
In Spagna, i vigili del fuoco
hanno ritrovato il corpo di una vittima dell’attentato compiuto sabato scorso
all’aeroporto di Madrid e rivendicato dall’organizzazione armata basca ETA. Il
servizio di padre Ignacio Arregui:
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In mezzo ad un senso di smarrimento generale provocato in
tutte le forze politiche dall’ultimo attentato dell’ETA, il 30 dicembre a
Madrid, interrompendo brutalmente un faticoso processo di pace, oggi si impone
tragicamente un dato certo: la morte di uno dei due ecuadoriani scomparsi. Si
tratta di Carlos Alonso, 34
anni. Appartenente ad una famiglia di condizione umile, lascia tre fratelli e
la madre cieca. Sull’altro scomparso, anche lui ecuadoriano, di 19 anni, non
c’è più alcuna speranza di trovarlo in vita. I due
giovani si trovavano all’interno delle rispettive macchine sulle quali è
crollato, con l’esplosione, l’intero palazzo di cinque piani. Gli esperti ipotizzano
che con l’incendio, causato dall’esplosione, la temperatura abbia potuto raggiungere
i mille gradi. Questo attentato mortale da parte dell’ETA è stato il primo dal
30 maggio del 2003. Con la morte, ormai accertata, di Carlos
Alonso sale a 818 il numero totale di vittime causate
dall’ETA dal 1959, anno della sua creazione. Ieri è stato reso noto che il capo
di governo, José Luís Rodríguez
Zapatero, ha deciso di intervenire personalmente davanti al Parlamento per
rendere conto dell’andamento del processo di pace, ormai cancellato, e le nuove
possibili strategie per far fronte alla violenza dell’ETA.
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Rapporti sempre più tesi tra Russia e
Bielorussia: il governo di Minsk ha imposto una nuova
tassa di transito per il petrolio russo. Il provvedimento, preso dalla
Bielorussia, segue la decisione russa di raddoppiare il prezzo del gas
destinato all’ex Repubblica sovietica. Storicamente legata a Mosca, la
Bielorussia ha potuto beneficiare negli ultimi anni di una rilevante crescita,
grazie soprattutto alla favorevole politica della Russia sull’energia. Ma
l’esecutivo di Mosca, alla vigilia del nuovo anno, ha costretto la Bileorussia ad un nuovo accordo, definito svantaggioso dal
governo di Minsk: con i nuovi aumenti, la Bielorussia
non potrà infatti comprare dalla Russia il greggio a
basso costo e rivenderlo ad un prezzo di mercato.
Circa 400 rifugiati
somali fuggiti in Kenya negli ultimi giorni di dicembre per gli scontri tra le
Corti islamiche e le milizie governative appoggiate dall'Etiopia sono stati
rimandati in Somalia. La notizia è stata diffusa dall’Alto Commissariato delle
Nazioni Unite per i Rifugiati. Ma quali sono i motivi che hanno spinto Nairobi
a questa reazione così dura? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a padre Carmine Curci, direttore della rivista “Nigrizia”:
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R. – C’è il timore, da parte del governo di Nairobi, che
in mezzo a questi rifugiati ci possano essere
miliziani islamici. Quindi, c’era la paura che questi miliziani potessero
entrare, trovare rifugio e creare una situazione di instabilità in Kenya per
poi proiettarsi verso la Somalia.
D. – Dobbiamo dire anche che, nelle ultime, ore sono
giunte delle unità navali statunitensi al largo delle coste somale. Da
Washington c’è anche l’impegno di non lasciar fuggire proprio questi miliziani…
R. – In questo momento non solo ci sono navi che stanno
pattugliando le coste, ma sappiamo che elementi di unità speciali da Gibuti sono stati portati in territorio somalo; stanno
aiutando le forze etiopiche, soprattutto per catturare tre elementi di spicco,
che sarebbero stati quelli che nel 1998 hanno compiuto l’attentato
all’ambasciata statunitense a Nairobi.
D. – Ieri, tra l’altro, l’Unione Europea ha dato l’ok per il cofinanziamento di una
forza africana in Somalia, per cercare di stabilizzare la situazione…
R. – Gli etiopici sono odiati dal popolo somalo. I keniani
vengono visti con preoccupazione. Gli ugandesi, se non hanno un mandato chiaro, non
interverranno. Quindi, è difficile anche creare una forza che sia capace di poter intervenire… Ricordiamo che nelle ultime
settimane sono entrate tantissime armi in Somalia: dall’Arabia Saudita, dallo Yemen, dall’Eritrea. Quindi, è inutile che oggi il governo
di transizione parli di disarmo. Probabilmente, la guerra non è finita. I somali
continueranno ancora a soffrire.
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Il presidente ugandese Museweni è arrivato ad Addis
Abeba, in Etiopia, per una visita di due giorni dedicata soprattutto alla
situazione in Somalia. Oggi è previsto un incontro con il premier etiopico Zenawi, che ha inviato truppe in Somalia per sostenere i
soldati governo di transizione contro le Corti islamiche. Domani Museweni incontrerà, inoltre, il presidente della
Commissione dell’Unione Africana, Alpha Umar Konarè, per discutere del
dispiegamento, in Somalia, di una forza di pace africana.
In Myanmar, la giunta militare al potere ha rilasciato
almeno 40 prigionieri politici, degli oltre 1.100 detenuti nelle carceri del
Paese del sud est asiatico. Lo ha reso noto la Lega Nazionale per la
Democrazia, all’opposizione. I dissidenti rilasciati sono stati liberati ieri
insieme con oltre 2800 detenuti. La liberazione è stata decisa in occasione del
59.mo anniversario dell’indipendenza del Paese.
Durante il 2006, 38
giornalisti sono stati assassinati in America Latina e nei Caraibi. Altri
cinque risultano ancora ‘desaparecidos’. Lo ha reso noto la Federazione dei
giornalisti dell’America Latina precisando che gli omicidi di operatori
dell’informazione sono raddoppiati rispetto al 2005. Gli omicidi – sostiene la
Federazione - sono il risultato di una sistematica persecuzione contro i
giornalisti indipendenti, portata avanti da gruppi legati al narcotraffico e
alla criminalità organizzata.
Una traumatica esperienza dall’epilogo fortunatamente non
tragico per cinque pescatori del Costarica. I cinque
uomini, dati per dispersi nell’Oceano Pacifico da sei settimane, sono stati
recuperati sani e salvi. Lo ha reso noto il ministero della Sicurezza costaricense, specificando che il salvataggio risale alla notte del 31 dicembre. Sono sopravvissuti mangiando
carne di tartaruga e bevendo acqua piovana.
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