RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 3 - Testo della trasmissione di mercoledì 3 gennaio 2007
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Migliaia di sfollati
nell’ovest e nel nordest del Kenya per le piogge torrenziali di fine dicembre
Al via, oggi a Roma, il Convegno del Centro nazionale vocazioni
della CEI
In Iraq, prevista per domani l’impiccagione del
fratellastro di Saddam Hussein e di un ex giudice. Secondo la stampa saudita,
all’esecuzione di Saddam avrebbe assistito anche il leader sciita, Moqtada al Sadr
3 gennaio 2007
RINNOVIAMO
L’IMPEGNO AD APRIRE A CRISTO IL CUORE
E LA MENTE, CONTRASTANDO LE DIVERSE FORME DI
RIFIUTO DI DIO,
COME
LE RIDUZIONI DELLA FIGURA DI CRISTO: E’ L’ESORTAZIONE DI BENEDETTO XVI NELLA
PRIMA UDIENZA GENERALE DEL 2007, TENUTA IN AULA PAOLO VI
- Con
noi, padre Raniero Cantalamessa -
All’inizio del nuovo anno va dato nuovo slancio
all’impegno di aprire a Cristo la mente e il cuore, rifuggendo le forme subdole
e pericolose di rifiuto di Dio. E’ l’esortazione di Benedetto XVI ai fedeli,
nella prima udienza generale del 2007, tenuta in un’Aula Paolo VI gremita di
fedeli. La catechesi del Papa è stata tutta incentrata sulla figura di Gesù,
davanti al quale, ha avvertito, non si può restare indifferenti. Il servizio di
Alessandro Gisotti:
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“Nel Bambino di Betlemme ogni uomo scopre di essere
gratuitamente amato da Dio”: è la riflessione offerta ai fedeli da Benedetto
XVI, che ha sottolineato come chi si fermi davanti al Figlio di Dio che giace
inerme nel presepe “non può non sentirsi sorpreso da questo evento umanamente
incredibile”. Un evento che cambia per sempre la storia dell’uomo:
“Nella luce del Natale si manifesta a ciascuno di noi l’infinita bontà di
Dio. In Gesù il Padre celeste ha inaugurato una nuova relazione con noi; ci ha
resi ‘figli nello stesso Figlio’”.
San Giovanni, apostolo prediletto del Signore, ricorda il
Papa, sottolinea che noi siamo realmente figli di Dio, “apparteniamo veramente
alla famiglia che ha Dio come Padre”. E ciò pèrché Gesù, Figlio Unigenito, “è
venuto a porre la sua tenda in mezzo a noi, per radunare tutte le genti in
un’unica famiglia, in un solo popolo”. Nel
Natale, afferma ancora, “risuona nel mondo intero l’annuncio semplice e
sconvolgente: “Dio ci ama”. “Noi amiamo – dice san Giovanni - perché egli ci ha
amati per primo”. E ribadisce che “questo mistero è ormai affidato alle nostre
mani perché, sperimentando l’amore divino, viviamo protesi verso le realtà del
cielo, cercando anzitutto il Regno e la sua giustizia”. Tuttavia, constata il
Papa, la gioia del Natale “non ci fa però dimenticare
il mistero del male, il potere delle tenebre che tenta di offuscare lo splendore
della luce divina”.
“E’ il dramma del rifiuto di Cristo, che, come in passato, si manifesta e
si esprime anche oggi in tanti modi diversi. Forse persino più subdole e pericolose
sono le forme del rifiuto di Dio nell’era contemporanea: dal netto rigetto
all’indifferenza, dall’ateismo scientista alla
presentazione di un Gesù modernizzato, o, meglio, postmodernizzato.
Un Gesù uomo, ridotto a semplice ‘maestro di saggezza’
e privato della sua divinità; oppure un Gesù talmente idealizzato da sembrare
talora il personaggio di una fiaba”.
Ma Gesù, prosegue, “non si stanca di proporre il suo
Vangelo a tutti, sapendo di essere segno di contraddizione perché siano svelati
i pensieri di molti cuori”. “Solo il Bambino, che giace nel Presepe – avverte
il Pontefice – possiede il vero segreto della vita”. Per questo, “chiede di
fargli spazio in noi, nelle nostre case e nelle nostre città”. Dinnanzi a Lui,
è il richiamo del Papa, “non si può restare indifferenti”. Parole corredate da
una viva esortazione per il 2007:
“All’inizio di questo nuovo anno, ravviviamo in noi l’impegno di aprire a
Cristo la mente ed il cuore, manifestandogli sinceramente la volontà di vivere
da veri amici suoi. Diventeremo così collaboratori del suo progetto di salvezza
e testimoni di quella gioia che Egli ci dona perché la diffondiamo in
abbondanza attorno a noi”.
Benedetto XVI indica anche
l’atteggiamento che ci deve caratterizzare nell’accogliere il Bambino. “Ci
viene in aiuto – sottolinea – la semplicità dei pastori e la ricerca dei Magi”,
e ancora “ci è di esempio la docilità di Maria e la sapiente prudenza di
Giuseppe”. Non solo, il Papa ricorda che “gli oltre duemila anni di storia
cristiana sono pieni di esempi di uomini e donne”, che “hanno creduto al
mistero del Natale, hanno aperto le braccia all’Emmanuele divenendo con la loro
vita fari di luce e di speranza”. E’ il segno che l’amore di Gesù “lega a sé
quanti lo accolgono in un duraturo rapporto di amicizia e di fraternità”. “In compagnia di Gesù
– ha concluso il Papa, parlando a braccio – il cammino faticoso diventa di
gioia. Camminiamo insieme a Gesù e così questo anno sarà felice e buono”.
Al momento dei
saluti, il Papa ha dedicato un pensiero speciale alle Capitolari dell’Unione
Santa Caterina da Siena delle Missionarie della Scuola, che celebrano in questi giorni il loro capitolo generale. A loro,
l’augurio del Papa affinché “il mistero dell’Incarnazione, che meditiamo in
questo tempo liturgico”, le “conduca ad una sempre più solida fedeltà alla
vostra missione nella Chiesa”. Infine, ha salutato i fedeli della parrocchia di
Maria Santissima Immacolata in Scauri, che ricordano
il 75.mo anniversario di erezione canonica della loro
comunità parrocchiale.
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La prima udienza generale del
Papa nel 2007 sembra quasi anticipare la riflessione contenuta nel suo libro “Gesù di Nazareth. Dal Battesimo
nel Giordano alla Trasfigurazione”, che uscirà prossimamente per i tipi della Rizzoli Editore. Nella
prefazione del libro, il cui testo è stato reso noto nel novembre scorso, Benedetto
XVI rileva che la distanza tra il Gesù storico e il Cristo della fede è
diventata sempre più grande: col trascorrere dei secoli, si è diffusa
l’impressione di sapere con certezza ben poco sulla figura di Gesù e solo più
tardi la fede nella sua divinità ne ha plasmato l’immagine. Fabio Colagrande ha domandato a padre Raniero Cantalamessa,
predicatore della Casa pontificia, di commentare quest’affermazione del Papa:
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R. - La sua diagnosi è
perfettamente vera: soprattutto a livello di divulgazione, questa è ormai la
tesi che viene diffusa. I risultati sono inaccettabili
per la fede, perché rendere il Gesù della storia irraggiungibile o
insignificante significa minare alla base tutta la fede cristiana. Quindi,
benvenuto questo libro che con l’autorità ed il prestigio del Papa possa
invogliare tante gente a mettere un punto
interrogativo a tutte queste proposte, inchieste o visioni di Gesù che
allettano perché praticamente non chiedono più di credere in nulla. In esse, Gesù è un uomo come gli altri, lo sentiamo
vicinissimo, ma non è più un Salvatore, non è più Dio che viene a salvarci.
D. - Il Papa scrive: “Io
ritengo che proprio questo Gesù, quello dei Vangeli, sia una figura
storicamente sensata e convincente”. L’attuale storiografia è d’accordo su
questa tesi?
R. - Qui, purtroppo, le strade
si dividono, nel senso che la storiografia non credente naturalmente contesta
questo, ma non può non farlo. A volte si dice che la fede condiziona la ricerca
storica: è vero, certamente. Ma l’incredulità la condiziona infinitamente di
più. Perché se uno si accosta a Gesù - l’ateo, il non credente, per i quali Dio
non esiste - è ovvio che l’essenziale l’ha già risolto
in partenza. Se Gesù non è Dio, non c’è parto virginale, la risurrezione è
illusoria e anche tutto il resto. Quindi, bisogna distinguere la storiografia
non credente dalla storiografia credente, soprattutto, direi, quella nata in
relazione alle tesi di Bultmann, dopo gli anni ’60,
che presenta un Gesù molto più raggiungibile
attraverso i Vangeli di quanto si credesse prima. Gli esegeti, cioè, ritengono
che il divario tra il Gesù predicato dalla Chiesa e quello reale dei Vangeli
sia molto minore di quello che, sull’onda di Bultmann,
si pensasse. In altre parole, noi possiamo –
attraverso i Vangeli – ricostruire un’immagine verosimile anzi, come dice il
Papa – e io sono perfettamente d’accordo – la più plausibile di Gesù. Perché
non si spiega la nascita del cristianesimo, un fenomeno così repentino, così
travolgente, se non si pone alla base un fatto che sia proporzionato a quello
che ci presentano i Vangeli.
D. - Lei come studioso e come
religioso, in che modo si spiega il successo di queste pubblicazioni che
mettono in un certo senso in dubbio la storicità di quanto afferma la fede?
R. - La spiegazione è un po’
la stessa che spiega il successo di Dan Brown con il suo “Codice da Vinci”: l’idea, cioè, che vi
sia una scoperta di un qualcosa tenuto nascosto per secoli dalla Chiesa, e
questo incuriosisce, alletta... Io mi auguro che molte persone, leggendo queste
cose, capiscano che c’è una improbabilità di fondo, e
in coerenza, alla fine di queste inchieste, si pongano la domanda cruciale: “Ma
questo Gesù, che non ha fatto niente di nuovo, non ha portato nulla di nuovo
che non fosse già nell’ebraismo, non ha voluto fondare una religione, non è
venuto se non per gli ebrei: come si spiega che poi questi libri portano come
sottotitolo ‘chi era l’uomo che ha cambiato il mondo’?”.
Come ha fatto a cambiare il mondo se non ha fatto niente? Quindi, ripeto, sono
perfettamente d’accordo con queste poche pagine di prefazione che conosciamo
del libro del Papa,. Non si tratta di negare il frutto
dell’esegesi storica che effettivamente può fare la parte di Gesù, la parte dei
Vangeli, ma il fatto è - e mi è piaciuto molto questo concetto del Papa - che
tutti questi sviluppi successivi, anche della fede della Chiesa, non si
spiegano se non c’è stato un fatto, una persona, un evento
prima che ha determinato questa novità assoluta, che ha piantato il seme
da cui è venuto tutto il resto. Io posso dire che la gente di oggi dice che
Gesù è reale molto meno di quello che è scritto nei Vangeli: Gesù storico è
molto di meno, non è questo, non è quello, non è quello... Io
sono persuaso che è infinitamente di più di quello che è scritto nei Vangeli,
Gesù, non di meno.
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RINUNCE
E NOMINE
In Brasile, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al
governo pastorale della diocesi di Quixadá,
presentata per raggiunti limiti di età da mons. Adélio
Giuseppe Tomasin. Al suo posto, il Papa ha nominato
il sacerdote Angelo Pignoli, del clero della diocesi di Franca, finora
coordinatore diocesano di pastorale e parroco delle
Parrocchia “Sant’Ana”. Il neo presule, 60
anni, è italiano di nascita e all’età di 14 anni è emigrato con la
sua famiglia in Brasile. Ha compiuto gli studi di Teologia presso
Sempre in Brasile, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia
al governo pastorale della diocesi di União da Vitória presentata per raggiunti limiti di età da mons.
Walter Michael Ebejer. Al
suo posto, il Pontefice ha nominato padre João
Bosco Barbosa de Sousa, dei Francescani
minori, finora parroco della Parrocchia “São
Francisco de Assis” nell’arcidiocesi di São Paulo. Mons. Barbosa de Sousa
ha 55 anni ed è originario dell’arcidiocesi di Aparecida, nello Stato di São
Paulo. Ha studiato Filosofia e Teologia presso l’“Instituto
Filosófico e Teológico
Francescano” a Petrópolis. Ha frequentato anche un
corso di Comunicazioni Sociali in Germania. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha
svolto, tra le altre, le seguenti attività: parroco, direttore di produzione
dell’agenzia di audiovisivi religiosi “SONOVISO do Brasil”,
presidente della Fondazione “CELINAUTA - Radio e TV” nell’arcidiocesi di Palmas.
Ancora in Brasile, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia
al governo pastorale della diocesi di Uruaçu presentata
per raggiunti limiti di età da mons. José da Silva Chaves. Al suo posto, il Papa ha nominato vescovo di Uruaçu il sacerdote Messias dos Reis Silveira, del clero della
diocesi di Guaxupé, finora parroco della cattedrale
diocesana “Nossa Senhora das Dores”. Il 49.enne nuovo vescovo ha iniziato gli studi nel seminario minore dei Padri Redentoristi e poi, come seminarista della diocesi di Guaxupé, ha studiato filosofia presso
Nel Benin, il Papa ha
nominato vescovo di Porto Novo mons. René-Marie Ehuzu, dei Missionari di Scheut,
finora vescovo di Abomey.
DOMANI,
LA VISITA DI BENEDETTO XVI ALLA MENSA CARITAS DI COLLE OPPIO,
QUINDICI
ANNI DOPO QUELLA COMPIUTA DA GIOVANNI PAOLO II
-
Intervista con Gennaro Di Cicco -
Quindici anni dopo l’ultima visita, un Pontefice torna a
visitare una Mensa della Caritas romana. Domattina, alle 11, Benedetto XVI sarà
alla Mensa sociale di Colle Oppio, una struttura che dal 1983 - anno della sua
apertura - ha servito oltre nove milioni di pasti a persone vittime del disagio
sociale, italiane e straniere. Accompagnato, tra gli altri, dal cardinale
vicario, Camillo Ruini, e dal direttore della Caritas
italiana, mons. Guerino Di Tora, Benedetto XVI
incontrerà gli ospiti della Mensa, i volontari che vi prestano servizio, e
scoprirà una targa commemorativa in ricordo della visita che Giovanni Paolo II
vi compì nel dicembre del 1992. Alessandro De Carolis
ha domandato a Gennaro Di Cicco, responsabile delle Mense Caritas di Roma,
quale accoglienza sia stata preparata per l’arrivo del Papa:
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R. - Un’accoglienza molto
calorosa: è un segnale molto forte la scelta di venire in visita in una mensa
dei poveri, soprattutto in quest’anno in cui la città di Roma, in modo
particolare, è stata flagellata da persone che sono morte per la strada:
abbiamo contato, purtroppo, otto decessi. Dunque, è un segnale di notevole attenzione verso
queste fasce di cittadinanza più debole, che la Caritas incontra direttamente
per la strada o all’interno delle mense o dei Centri di accoglienza. Inoltre,
si tratta di un forte segnale di accoglienza anche verso il mondo del
volontariato, che ci permette di gestire per tutto l’anno queste iniziative
caritative.
D. - Il vostro è un lavoro che traduce in fatto quotidiano
il “dar da mangiare agli affamati” del Vangelo. Quante sono le persone che vi
chiedono aiuto, e quante sono i volontari che lo offrono?
R. - Le persone che purtroppo a Roma vivono situazioni di
disagio sono tantissime. Noi stimiamo grosso modo 6 mila persone su strada, e
bisogna tener presente che la città è in grado di offrire non più di 4 mila
posti letto. E’ una vera città nascosta, una città che si popola di notte. A
fronte di tutto questo disagio, devo dire, c’è il lavoro di migliaia di
volontari: sono gruppi di impegno, sono parrocchie, scout, che si organizzano
per alleviare le sofferenze di queste persone. Il primo, vero obiettivo è
proprio quello di creare una relazione. Noi, ai volontari, chiediamo
soprattutto questo: di stabilire relazioni che possano poi convincere la
persona a lasciare la strada e, magari, ad accettare asilo un centro di
accoglienza. In questi ultimi vent’anni, tante sono le persone che sono state
strappate alla strada, che abbrutisce e detta le sue regole. La grande
difficoltà sta nella mancanza di un nucleo familiare di riferimento: in genere,
abbiamo a che fare con persone sole, finite sulla strada dopo un percorso di
degrado sociale. Non è facile, dopo anni di vita sul marciapiede, decidere di
lasciarlo. E in tante situazioni, il mondo del volontariato, la Caritas stessa,
si pone in qualche modo come famiglia verso chi la famiglia non ce l’ha più.
D. - “L’uomo che soffre ci appartiene”, vi disse Giovanni
Paolo II durante la sua visita del ’92. In che modo la
Caritas appartiene ai disagiati? Quali progetti avete per loro?
R. - Oltre ai progetti immediati, quasi di pronto
intervento - offrire da mangiare e da dormire - ora ci stiamo orientando sempre
di più verso l’assistenza al nucleo familiare. Stiamo lavorando ad un progetto
di emporio per famiglie in difficoltà: lo apriremo nei prossimi mesi.
L’obiettivo è proprio quello di garantire quella relazione, quel rapporto umano
che purtroppo queste persone non hanno.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - La catechesi e la cronaca
dell'udienza generale.
Servizio estero - In evidenza l'Iraq: il presidente
Jalal Talabani (contrario
alla pena di morte) non era stato informato della data dell'esecuzione di Saddam Hussein. Nell'arco del
2006 più di sedicimila iracheni sono rimasti uccisi a causa
dell'imperversare delle violenze.
Servizio culturale - Un articolo di Franco Lanza dal titolo "La vita, le domande, le certezze, il
Mistero": attualità e fascino di Dino Buzzati.
Servizio italiano - In primo piano un articolo dal
titolo "L'Italia si schiera contro la pena di morte": sarà
chiesta all'ONU la moratoria.
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3 gennaio 2007
INSEDIATO
FORMALMENTE A CAPO DELL’ONU, IL NUOVO SEGRETARIO GENERALE
BAN
KI-MOON. NUCLEARE, DARFUR E PENA DI MORTE TRA I TEMI “CALDI”
AFFRONTATI
NEL SUO PRIMO INTERVENTO
-
Interviste con il prof. Giandonato Caggiano e Mario Marazziti -
Da ieri, l’ex ministro degli Esteri sud-coreano, Ban Ki-moon, è formalmente il nuovo segretario generale delle
Nazioni Unite, al posto dell’uscente Kofi Annan. Molti i temi proposti dall’attualità internazionale
- dal negoziato sul nucleare, alla crisi in Darfur, al dibattito sulla pena di
morte - che hanno trovato riflesso nelle prime parole del nuovo capo del
Palazzo di Vetro. Ce ne parla, da New York Paolo Mastrolilli:
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Ban Ki-moon
ha dichiarato che si impegnerà per fermare le violenze nel Darfur e a questo
scopo a fine gennaio incontrerà il presidente sudanese, Al Bashir,
durante il vertice dell’Unione Africana in Etiopia. Il nuovo segretario ha
aggiunto di voler favorire la soluzione della crisi nucleare
nord coreana, aiutando i negoziati a sei che dovrebbero riprendere nel
prossimo futuro. Sull’esecuzione di Saddam Hussein, ha notato che si era
macchiato di gravi crimini e l’ONU non può dimenticare le sue vittime. Quindi,
ha suscitato sorpresa affermando che il tema della pena di morte va deciso da
ogni Stato membro, in conformità con le leggi internazionali, senza ribadire la
pregiudiziale del Palazzo di Vetro contro questa pratica, proprio
mentre Roma ne chiede la sospensione e poi l’abolizione. Il nuovo
segretario generale, considerato un diplomatico prudente, eredita
un’organizzazione che negli ultimi anni è stata al centro delle polemiche.
Ieri, ha dichiarato che l’ONU è stata spesso criticata in maniera ingiusta e ha
sollecitato il suo staff ad avere un rapporto più diretto con i media, in modo da far conoscere meglio il lavoro del
Palazzo di Vetro. Quindi, ha rilanciato l’approccio multilaterale ai problemi
internazionali, sottolineando che nessuna persona, compreso se stesso, e
nessuno Stato per quanto potente, può risolvere crisi come l’Iraq, l’Iran e il
Libano, da solo. Di conseguenza, è sempre necessario uno sforzo comune. Il
nuovo segretario ha compiuto anche le prime mosse operative, nominando
l’indiano Vijay Nambiar come capo del suo staff, e l’haitiana
Michele Montas come portavoce.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Per una riflessione sulle priorità che il neo segretario
generale dell’ONU si troverà ad affrontare nel corso del suo mandato, Stefano
Leszczynski ha sentito il parere di Giandonato Caggiano, docente di relazioni internazionali
all’Università di Roma Tre:
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R. - Io penso che la cosa più importante sia recuperare
credibilità per le Nazioni Unite. Si tratta di un’opera molto complessa, in cui
la capacità di mediazione, la personalità, l’equilibrio sono sempre elementi
molto forti.
D. - Tra le numerose crisi ereditate dal passato, due in
particolare sono state citate dal nuovo segretario generale, cioè quella nel
Darfur e la crisi nucleare nordcoreana…
R. - Io penso che il Darfur sia veramente un lato scoperto
del diritto internazionale e della gestione delle relazioni internazionali,
della vita pacifica, della convivenza pacifica. Si tratta di intervenire
ponendo sotto i riflettori questa crisi rimasta un po’ nascosta, non sufficientemente
importante, considerati i suoi profili geopolitici
non immediatamente percepibili. Per quanto riguarda la crisi coreana, più che
del regime delle sanzioni, vedrei il nuovo segretario generale occuparsi della
crescita di un profilo giuridico relativo al bando delle armi nucleari - che in
fondo coinvolge con accenti molto diversi, ma certamente coinvolge, anche
l’Iran - e quindi il labile confine tra uso dell’uranio per produzione pacifica
dell’energia e il potenziamento dell’uranio, che porta al rischio di un
arsenale atomico nel mondo.
D. - Per la proposta di una moratoria sulla pena di morte,
in questo caso Ban Ki-moon
ha lasciato un poco sorpresi i cronisti, mostrandosi
freddino sulla questione. Ha detto che è un problema che devono affrontare gli
Stati al proprio interno. Le Nazioni Unite poco possono fare su questa
questione…
R. – Non penso che il segretario generale possa forzare la
mano agli Stati, ma debba essere il guidatore della macchina delle Nazioni
Unite. Quindi, il problema del rapporto tra Nazioni Unite e sovranità degli
Stati è correttamente impostato. Naturalmente, noi possiamo auspicare che tutto
questo sia il risultato di un cambiamento di posizione di Stati. Questo è, a medio
termine, sicuramente raggiungibile. E’ frustrante, naturalmente, per chi
vorrebbe che le Nazioni Unite fossero qualcosa di equivalente ad un governo
mondiale, ma così non è ed è giusto che il segretario interpreti in questa
maniera il suo ruolo.
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“La pena di morte è uno
strumento barbaro del passato”, che “non abbatte il numero dei delitti”, ma “congela nell’odio le famiglie delle vittime
per anni”, promettendo “una guarigione impossibile”. Sono alcuni passaggi
contenuti nel comunicato della Comunità di Sant’Egidio, che appoggia
l’iniziativa italiana di una moratoria universale contro la pena di morte,
sotto l’egida delle Nazioni Unite. Una iniziativa che
Mario Marazziti, portavoce di Sant’Egidio, commenta
in questi termini, al microfono di Massimiliano Menichetti:
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R. - Io penso sia un’iniziativa importante, utile,
necessaria. La seconda cosa che penso è che bisogna però fare un grande lavoro
per far sì che i Paesi co-sponsor dell’Italia e
dell’Unione Europea, in questa iniziativa, siano anche grandi Paesi del sud e
dell’est del mondo - intendo dire Paesi come il Cile, il Brasile, o Paesi come
il Sudafrica o le Filippine - in modo che non possa esserci un’iniziativa come
quella di Singapore o dell’Egitto o di chi, in passato, ha lavorato a spaccare
il fronte. Altrimenti, l’iniziativa italiana rischia di essere
velleitaria.
D. - Oggi, di fatto, sempre meno Paesi fanno ricorso alla
pena di morte: questo conferma che la tendenza è di abbandonarla?
R. - La tendenza è che la pena di morte diventerà un fatto
del passato. E’ un processo inarrestabile. Noi abbiamo avuto 25 Paesi, negli
ultimi anni, che sono passati da un fronte all’altro. Anche negli USA, gli
Stati che vi fanno ricorso la utilizzano di meno. Ma questo non vuol dire che
Cina, Giappone, Stati Uniti, Paesi arabi che la utilizzano siano ad un metro,
ad un passo dall’abolirla. Ci vuole un grande processo culturale ed una grande
iniziativa politica. E i numeri, il fatto che la maggioranza dei Paesi sia già
contro la pena di morte o non la utilizzi da più di 10 anni, non è un fatto automatico
che all’Assemblea generale delle Nazioni Unite significa “la risoluzione
passerà”: perché questa non è la logica dell’Assemblea generale!
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FIRMATO DAL MINISTERO DELLE
COMUNICAZIONI ITALIANO UN DECRETO CHE IMPONE
IN
POCHE ORE L’OSCURAMENTO DEI SITI INTERNET A CARATTERE PEDOPORNOGRAFICO
-
Interviste con Sergio Staro e don Fortunato Di Noto -
Contrastare il fenomeno della pedopornografia in Internet. Questo l’obiettivo del decreto
firmato ieri dal ministro delle Comunicazioni italiano, Paolo Gentiloni, di
concerto con il dicastero per le Riforme e le innovazioni nella pubblica
amministrazione. In vigore tra 60 giorni, il decreto obbliga gli internet provider
a dotarsi di sistemi in grado di oscurare entro 6 ore dalla comunicazione
ricevuta dalle autorità giudiziarie i siti che diffondano,
distribuiscano o facciano commercio di immagini pedopornografiche.
Un passo, dicono gli esperti, su una strada ancora lunga da percorrere. Il
servizio di Gabriella Ceraso.
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Governo e provider alleati nella lotta
contro lo sfruttamento dei minori online: è un successo, perchè completa un
percorso iniziato dieci anni fa con la legge 269 del ’98 integrata, nel 2006,
con l’istituzione di un Centro nazionale di contrasto al fenomeno pedopornografico, ed è anche un esempio positivo di
collaborazione tra due Ministeri, polizia postale e gli stessi provider, dopo
un’istruttoria durata alcuni mesi. Ma qual è il percorso attraverso cui si
arriverà all’oscuramento dei siti? Sergio Staro,
vicequestore aggiunto della Polizia postale e delle comunicazioni:
R. - Questo complesso di informazioni
praticamente viene previsto e legittimato. Tutti
coloro che hanno una segnalazione si devono rivolgere alle forze dell’ordine,
perché queste segnalazioni verranno a confluire in una lista di siti illegali,
che verrà fornita agli internet provider, i quali ufficialmente
saranno incaricati di non renderli più visibili a tutti gli utenti italiani che
volessero accedervi volontariamente o quasi per caso o per curiosità.
Il decreto rispetta il criterio della
sovranità dello Stato. Avrà valenza nazionale, dunque: fattore positivo, ma con
qualche limite. Ancora Staro:
R. - Speriamo che, come è stato per altri
testi normativi, l’Italia possa vedersi riconoscere un ruolo-guida nel settore
e, pertanto, ci saranno altri Paesi che seguiranno questo esempio.
Ed è da qui che muovono obiezioni le
associazioni che da anni si occupano del contrasto alla pedopornografia
online. “Ci vuole un impegno corale - dicono - oscurare un sito può non bastare”.
Il parere di don Fortunato Di Noto, fondatore dell’Associazione Meter:
R. - Oscurare deve corrispondere anche ad
individuare i soggetti che hanno immesso il prodotto. E’ lì che dobbiamo
colpire. E’ vero che l’italiano pedofilo nei server italiani, magari, non
troverà nulla - ed è giusto che sia così – ma
dall’altra parte, basta andare nei siti russi, australiani, nei siti iracheni,
mediorientali, della Colombia, del Brasile... Si può benissimo usufruire di
quel materiale. Forse, l’impegno è quello di fare un lavoro più internazionale,
di coinvolgere gli Stati che hanno sottoscritto la Convenzione del fanciullo,
coloro che in Europa hanno adeguato la loro legislazione alle norme e alle direttive
della Comunità Europea. Forse, bisogna fare un lavoro più a 360 gradi.
Individuazione, dunque, dei soggetti
produttori, coordinamento a livello internazionale, ma anche grande attenzione
ai bambini, perchè siano individuati. Ancora don Fortunato Di Noto:
R. - Io non riesco a capire perché non si
punti sull’individuazione dei bambini, che sono la produzione di questo abietto
fenomeno che è lo sfruttamento sessuale. Suggerisco sicuramente – perché no –
un coinvolgimento di tutti i settori educativi, affinché i bambini sappiano
difendersi da possibili molestatori e adescatori. E suggerisco di educare i
giovani, ma anche gli adulti, ad un uso consapevole, responsabile, di Internet,
e di lanciare anche un appello a tutti gli utenti della rete, perché se ogni
utente che si accorgesse di materiale illegale lo segnalasse alla polizia
postale o alle forze dell’ordine sparse in tutto il mondo, credo che il
fenomeno potrebbe essere contrastato e potrebbe diminuire.
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NON BISOGNA LASCIARSI FUORVIARE
DA FANTASIOSE NARRAZIONI SUI PERSONAGGI
DEI VANGELI. LO AFFERMA MONS. GIANFRANCO RAVASI A PROPOSITO
DELLE DIVERSE IPOTESI FORMULATE SULLA FIGURA DI MARIA MADDALENA
- Intervista con il prefetto della Biblioteca Ambrosiana -
Il
rifiuto di Dio si manifesta oggi in forme subdole e pericolose che vanno “dal
netto rigetto all’indifferenza, dall’ateismo scientista
alla presentazione di un Gesù cosiddetto modernizzato o postmodernizzato”.
Lo ha detto oggi Benedetto XVI durante l’udienza generale osservando che
nell’era contemporanea, in particolare, Gesù viene
ridotto in “ad un semplice uomo del suo tempo, privato della sua divinità … un
Gesù talmente idealizzato da sembrare talora il personaggio di una fiaba”.
Qualcosa di simile accade con alcuni personaggi che conosciamo nei Vangeli. Ne
è un esempio Maria Maddalena, spesso spogliata della sua identità per essere
disegnata nelle maniere più disparate. Tiziana Campisi
ha chiesto al biblista mons. Gianfranco Ravasi, prefetto della Biblioteca Ambrosiana, come guardare
questa figura senza cadere in equivoci:
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R. - E’ nell’opinione comune la figura della Maddalena
come una prostituta. In realtà, il Vangelo dice solamente che da lei Gesù fece
“uscire sette demoni”, e noi sappiamo che sotto questa immagine c’è la
rappresentazione di un travaglio grave del male, anche forse della sofferenza
fisica, in questa donna. Poi, successivamente, verrà identificata
come Maria, sorella di Lazzaro. E ancora, è stata trasformata in Maria stessa,
Madre di Gesù: ci sono dei testi successivi della tradizione apocrifa che la
confondono con la figura di Maria. Alla fine, all’interno degli scritti
gnostici, diventa in pratica la rappresentazione della sapienza che esce dalla
bocca di Dio. Ed è per questo che tante malizie – non dimentichiamo mai
l’influsso deleterio di Dan Brown
– sono state ricamate attorno alla Maddalena riguardo al suo ipotetico amore
con Cristo. La tradizione apocrifa dice che Gesù baciava spesso sulla bocca Maria.
Ma sappiamo che nell’interno della Bibbia, la rappresentazione della sapienza
esce dalla bocca di Dio, ed è per questo che l’autore antico voleva usare
questa immagine per parlare di Maria di Magdala come sapiente che ha ricevuto
un dono divino. Abbiamo perciò una deformazione dell’autentico messaggio
evangelico.
D. - Ecco: perché, questo?
R. - Perché tante volte la lettura dei testi sacri viene condotta non tenendo conto del loro linguaggio di
riferimento, delle loro caratteristiche. Si tenta, il più delle volte, di ricondurle
ad alcune istanze, ad alcune esigenze - ad alcuni desideri, anche - della
cultura contemporanea.
D. - Come deve guardare il credente, allora, alla figura
di Maria Maddalena senza lasciarsi fuorviare dalle innumerevoli congetture
formulate su di lei?
R. - Ritornando a vedere, a guardare il suo volto di
donna, di persona che ha sofferto, che ha vissuto l’esperienza del male, che ha
ritrovato la luce della speranza quando la sua strada
si è incrociata con quella di Gesù.
D. - Il cristiano può conoscere Maria Maddalena attraverso
gli occhi della fede, ma un non credente o uno studioso come può conoscere
Maria Maddalena?
R. - Nel Vangelo di Luca, al capitolo VIII, all’inizio,
c’è un elenco di discepole di Cristo: rappresenta dunque una originalità
di Cristo, il quale ha deciso non soltanto di scegliere di avere attorno a sé
discepoli maschi, come avveniva anche nella tradizione rabbinica, ma ha colto
anche questa presenza femminile dandole un rilievo particolare.
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3 gennaio 2007
LA CHIESA DELLO SRI LANKA CONDANNA
IL RAID DELLE FORZE GOVERNATIVE
CONTRO UN VILLAGGIO DI CIVILI NEL NORD, CHE IERI
HA FATTO 14 MORTI,
TRA CUI 6 BAMBINI. IL VESCOVO DI
MANNAR, MONS. RAYAPPU:
“NELL’AREA NON VI ERANO BASI DEI RIBELLI”.
MANNAR. = Condanna della Chiesa dello Sri Lanka per il raid compiuto ieri dalle forze governative
contro il villaggio di Padahuthurai, nel nord, che ha
ucciso 14 civili, tra cui sei bambini. Dopo una visita al luogo dell’attacco,
il vescovo di Mannar, mons. Joseph
Rayappu, ha dichiarato che l’operazione militare ha
completamento distrutto l’insediamento, dove alloggiavano per lo più profughi interni. Secondo il vescovo, citato da
AsiaNews, nel villaggio non vi era nessuna base delle Liberation Tigers of Tamil Eelam (LTTE). La maggior parte dei 236 abitanti
del villaggio sono civili fuggiti da Navanthurai e
dalle vicine coste di Jaffna, dove è in atto una
recrudescenza della pluridecennale guerra civile tra
esercito e separatisti Tamil, che si sperava conclusa
con il cessate-il-fuoco. E per una soluzione positiva
del conflitto etnico e un maggiore impegno in questo senso da parte delle potenze
mondiali si è espresso il vescovo di Jaffna, mons. Thomas Savundaranayagam, nel suo
messaggio per il nuovo anno. “Mi rivolgo alla comunità internazionale – ha
affermato – in un momento in cui le nubi della guerra si ammassano sulle zone Tamil, la fame minaccia la popolazione, all’orizzonte si
intravede lo spettro di malattie infettive che si diffondono nella mancanza di
medicinali e ansia e paura soffocano la gente Tamil,
costretta a vivere alla giornata”. Mons. Savundaranayagam ha esortato a pregare per la pace e
perché, come ha detto il Papa a Natale, “nello Sri Lanka
trovi ascolto, nelle parti in lotta, l’anelito delle popolazioni per un
avvenire di fraternità e di solidarietà”. (R.M.)
“DIALOGO INEVITABILE”: E’ IL TITOLO DEL MESSAGGIO PER IL NUOVO ANNO
DEI VESCOVI DEL CIAD, CHE LANCIANO UN APPELLO PER LA PACE NEL PAESE
N’DJAMENA. = “Non è mai troppo tardi per
cominciare a dialogare”: è quanto scrivono a caratteri cubitali i vescovi del
Ciad nel loro messaggio per il nuovo anno, intitolato “Dialogo inevitabile”.
Come riferisce l’agenzia MISNA, i presuli ricordano che tutta la storia del
Ciad come Paese indipendente “è seminata, sin dagli inizi, da conflitti armati
che, lontani dal risolvere i problemi dello sviluppo e della concordia
nazionale, hanno immerso il Paese nell’orrore e nel terrore”. Rivolgendosi ai
ribelli che da oltre un anno seminano terrore nella parte orientale del Paese,
i vescovi ricordano che la scelta della via armata “non genera altro che odio e
vendetta, lacrime e sofferenze”. I presuli chiedono poi al governo di N’Djamena “che siano attuate strutture efficaci di dialogo
sociale e politico, senza escludere nessuno” e che vengano
ripartiti equamente “i beni della terra e del sottosuolo, che troppo spesso
sono oggetto di bramosie e ostacolo alla pace”. Allargando infine il discorso
alle grandi potenze mondiali, di cui riconoscono gli sforzi per lo sviluppo, i
vescovi ribadiscono: “Deploriamo che la generosità di quest’impegno sia troppo
spesso contaminata gravemente da interessi divergenti che niente hanno a che
fare con l’interesse del nostro popolo”. (R.M.)
IN INDIA, ANCHE LO STATO
DELL’HIMACHAL PRADESH INTRODUCE UNA LEGGE
ANTI-CONVERSIONE. È LA PRIMA VOLTA, PER UN GOVERNO RETTO DAL PARTITO
CONGRESS, DA SEMPRE CONTRARIO A QUESTE NORME,
PROMOSSE PER LO PIÙ DAI NAZIONALISTI
Shimla. = Il governo dell’Himachal Pradesh, Stato
dell’India settentrionale guidato dal partito Congress,
ha varato lo scorso 29 dicembre una legge anti-conversione. La notizia –
riferisce AsiaNews – è stata accolta con favore dal Bharatiya
Janata Party (BJP), all’opposizione, ed è fonte di
allarme per le comunità di minoranza e soprattutto per i cristiani. Kaul Singh, ministro della
Giustizia, spiega che, “secondo la nuova legge, se qualcuno è costretto a
cambiare la sua religione senza consenso, avrà un mese di tempo per tornare
indietro”. Previste, inoltre, pene severe per chi costringe o induce qualcuno a
convertirsi. Negli ultimi mesi, cinque Stati governati dal nazionalista
BJP o dai suoi alleati hanno introdotto o inasprito
legislazioni di questo genere. Lo scopo – a quanto dicono le autorità –
è proteggere l’identità religiosa indiana e promuovere l’armonia sociale.
Per l’Himachal Pradesh,
però, si tratta di un caso particolare: è infatti la
prima volta che uno Stato guidato dal Congress
approva tale normativa, verso la quale il partito è sempre stato
molto critico. Già a novembre 2005, quando la legge
era solo in fase di studio, la Chiesa cattolica indiana aveva espresso forti
preoccupazioni per il fatto che “un altro Stato dell’Unione, che è sempre stata
di stampo laico, stia cercando di attuare una legge anti-conversione”.
L’arcivescovo Stanislaus Fernandes,
segretario generale della Conferenza episcopale indiana, aveva dichiarato ad AsiaNews:
“Oltre alla legge, preoccupa il fatto che il ministero sociale della Chiesa venga analizzato e guardato con sospetto”. (R.M.)
UN CENTRO
PSICOTERAPEUTICO PER AIUTARE I BAMBINI PALESTINESI
TRAUMATIZZATI DALLA GUERRA: È IL PROGETTO DI DON MANAWEL
MUSALLAM,
PARROCO DELLA CHIESA DELLA SACRA FAMIGLIA DI GAZA
GAZA.= “Non c’è bimbo, qui a Gaza, che non abbia subito
traumi”: così, don Manawel Musallam,
parroco della chiesa della Sacra Famiglia di Gaza, ha motivato il suo progetto
di costruzione di un centro di cura per i bambini traumatizzati della città
palestinese. L’iniziativa – riferisce l’agenzia SIR – gode della collaborazione
della municipalità di Beit Hanoun,
che si è già impegnata a fornire il terreno e un primo finanziamento per
avviare l’opera. Il centro psicoterapeutico, unico in tutta la regione, sarà
gestito da 15 specialisti e sarà dotato di un giardino per l’infanzia, cui verrà affiancata anche una scuola. “Qui nella Striscia di
Gaza – afferma don Manawel Musallam
– viviamo nel caos e nella violenza”. “La gente chiede il necessario per
vivere, specie per i bambini, i più colpiti. Non c’è un bambino, qui a Gaza,
che non abbia subito traumi da questa situazione e
dagli scontri con gli israeliani”. “Molti di questi piccoli – prosegue il
sacerdote - mostrano una predisposizione alla violenza e quasi tutti hanno
smarrito il gusto del gioco”. La notizia segue la visita pre-natalizia
a Gaza di una delegazione del patriarcato latino, guidata dal patriarca Michel Sabbah, che ha trasmesso
la solidarietà della Chiesa cattolica alla comunità cristiana della Striscia di
Gaza. (A.D.F.)
MIGLIAIA
DI NUOVI SFOLLATI NELL’OVEST E NEL NORDEST DEL
KENYA
PER LE
PIOGGE TORRENZIALI RIPRESE A FINE DICEMBRE
NAIROBI.= Sono migliaia i nuovi sfollati nell’ovest
e nel nordest del
Kenya per le piogge torrenziali riprese il 21 dicembre scorso, dopo un periodo
di relativa calma. La zona più colpita – riferisce l’agenzia MISNA – è la
provincia occidentale di Nyanza, dove violente
alluvioni hanno provocato l’allagamento di Budalangi,
Migori, Nyando e Kisumu. Almeno 2700 persone sono state costrette ad abbandonare
le proprie abitazioni in seguito allo straripamento del fiume Awach, a Kisumu. Salgono a 4400
gli sfollati nel vicino distretto di Migori e a 600
nel distretto di Nyando, mentre a Budalangi
almeno tre mila persone vivono negli accampamenti. “Non sono state segnalate
vittime, ma la maggior parte dei residenti si è spostata in terreni più alti
per salvarsi dalle alluvioni”, riferisce King’Ori
Mangi, capo della polizia locale, mentre il Dipartimento meteorologico prevede
una lunga ondata di precipitazioni proprio sulle aree di Kisumu
e di Nyanza. Le piogge hanno causato alluvioni anche
nell’est e nel nordest del Paese e, in particolare, nel distretto di Wajir, dove almeno 26 mila persone vivono in accampamenti e
le strade sono inaccessibili. (A.D.F.)
PERSISTE LA VIOLENZA IN SALVADOR, DOVE
TRA NATALE E CAPODANNO
SONO STATI COMPIUTI 50 OMICIDI. L’AUSILIARIO DI SAN SALVADOR,
MONS. ROSA CHÁVEZ: “OCCORRONO POLITICHE SOCIALI CORAGGIOSE”
SAN SALVADOR. = A 15 anni dalla firma degli
accordi di pace che posero fine a 12 anni di guerra civile, la violenza
persiste in Salvador, dove si registra, insieme al Guatemala, un indice di
omicidi tra i più alti della regione. Solo durante le festività natalizie e di
capodanno, sono stati contati 50 morti, la maggior parte dei quali per arma da
fuoco, in un Paese di 6,7 milioni di abitanti che dal 2004 conta una media di
almeno 10 vittime al giorno. “Sentiamo che la nostra
gente ha l’animo prostrato, molti disperati scelgono di emigrare, ma io credo
che dobbiamo invece scegliere di cambiare il nostro Paese”, ha affermato il
vescovo ausiliare di San Salvador, mons. Gregorio Rosa Chávez.
“Questo presuppone di affrontare temi sensibili come il modello economico, la
democrazia partecipativa, la credibilità dei dirigenti politici e politiche
sociali coraggiose”, ha aggiunto il presule. Secondo mons. Rosa Chávez, la proposta della Commissione di sicurezza cittadina
e pace sociale, una rete di organismi della società civile che chiede il
disarmo della popolazione civile, “sarebbe una misura efficace per frenare la
violenza”. (R.M.)
AL
VIA, OGGI A ROMA, IL CONVEGNO DEL CENTRO NAZIONALE
VOCAZIONI (CNV)
DELLA
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA (CEI), SUL TEMA: “QUALE PRESBITERO
PER
UNA COMUNITÀ CRISTIANA A SERVIZIO DI TUTTE LE VOCAZIONI?”
ROMA. = “Quale presbitero per una comunità cristiana a
servizio di tutte le vocazioni?”: questo, il tema del Convegno nazionale del
Centro nazionale vocazioni (CNV) della Conferenza episcopale italiana (CEI),
che prende il via oggi pomeriggio a Roma. Tra gli interventi in programma fino
a venerdì, quello di mons. Luciano Monari, vescovo di
Piacenza-Bobbio, sul tema “Il presbitero per una Chiesa
ricca di vocazioni”, mentre il rettore del Seminario regionale pugliese, don
Antonio Ladisa, presenterà la pastorale vocazionale
come “vocazione” della pastorale di oggi. Il giornalista di Avvenire, Mimmo Muolo, modererà poi una tavola rotonda dedicata alla figura
del “presbitero animatore di vocazioni nell’esercizio della testimonianza”. A
chiudere i lavori,
NASCE
L’EDIZIONE PER NON VEDENTI DEL “ MESSAGGERO DI
SANT’ANTONIO”:
IL
MENSILE PADOVANO, IN FORMATO ELETTRONICO,
PUO’
ESSERE LETTO CON UN SINTETIZZATORE VOCALE
PADOVA. = Un’edizione per non vedenti del “Messaggero di
Sant’Antonio”: l’idea, che è diventata realtà, è di Sabrina Baldin,
una collaboratrice non vedente del mensile padovano. “Qui al
‘Messaggero’ – racconta la Baldin, citata dal
quotidiano Avvenire – i miei colleghi mi passano la rivista in formato
elettronico, così la posso leggere grazie al sintetizzatore vocale del mio
computer. Ho pensato che avrebbe fatto piacere a molti non vedenti avere a disposizione contenuti e riflessioni spirituali”. I “file”
del ‘Messaggero di Sant’Antonio’ possono essere
spediti via email in formato testuale ai non vedenti
provvisti di sintetizzatore vocale, oppure trasferiti su CD-Rom e inviati via
posta. In questo secondo caso, ogni articolo viene
letto da una voce femminile sintetizzata, ribattezzata “Silvia”, e può essere
ascoltato da chi non ha il sintetizzatore vocale. Chi si abbonerà al “Messaggero
di Sant’Antonio” per non vedenti riceverà gratuitamente la rivista per i primi
sei mesi, poi pagherà un abbonamento ridotto. Sull’onda di questa esperienza,
il tradizionale Calendario Antoniano 2007 è stato
realizzato anche in scrittura braille. (R.M.)
CAMBIA
VESTE GRAFICA E LINEA EDITORIALE LO STORICO
PERIODICO “IL CARMELO
E LE
MISSIONI”, DEDICATO ALLE REALTÀ MISSIONARIE CARMELITANE NEL MONDO
ROMA.= Un taglio editoriale e una veste grafica
completamente nuovi per l’ormai secolare rivista “Il Carmelo e le Missioni”: lo
ha annunciato il neo-direttore del mensile, padre Massimo Angelelli,
in un editoriale pubblicato nell’ultimo numero. Il periodico, che si occupa
delle realtà missionarie carmelitane in Italia e all’estero, cambia struttura e
contenuti, per seguire l’evolversi del tempo e della società. “L’asse portante
del nostro lavoro sarà quello di dare voce ai nostri missionari, facendoci
raccontare da loro cosa avviene nei Paesi dove sono presenti i Carmelitani
Scalzi”, ha spiegato padre Angelelli. Come riferisce
l’agenzia MISNA, tra le novità, è prevista anche una rubrica dedicata ai più
piccoli, dal titolo “Piedini scalzi”. In queste pagine, i bambini potranno
compiere una sorta di “giro del mondo”, attraverso favole e racconti
provenienti dai cinque continenti. (A.D.F.)
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3 gennaio 2007
- A cura di Amedeo
Lomonaco -
In Iraq, è stato rapito e
assassinato a Baghdad un importante capo tribale sunnita. Una fonte governativa
ha rivelato, inoltre, che l’esecuzione dei due coimputati nel processo contro
Saddam Hussein, condannati a morte dal tribunale iracheno, è stata fissata per
domani. Si tratta del fratellastro dell’ex rais e dell’ex presidente del
tribunale rivoluzionario. Sull’uccisione di Saddam Hussein emergono, inoltre,
nuovi particolari. Il nostro servizio:
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Due quotidiani sauditi rivelano che l’esecuzione è
avvenuta nel quartiere sciita di Kadhimiyah alla presenza del leader sciita Moqtada Al Sadr. “Ho visto Al Sadr
indossare il passamontagna nero all’interno della stanza”, ha spiegato un
testimone. Secondo la stampa saudita, Al Sadr sarebbe
l’uomo, a volto coperto, che appare in un video dietro le spalle dell’ex rais.
Vedendo il filmato, probabilmente realizzato con un cellulare, si possono
chiaramente sentire insulti contro Saddam Hussein e grida in favore
dell’estremista sciita. Il premier iracheno, Nuri Al Maliki, ha ordinato l’apertura di un’inchiesta proprio per
scoprire l’identità dell’autore di questo video non autorizzato e diffuso su
Internet e da varie emittenti televisive. Secondo il vice procuratore generale
del tribunale iracheno, a riprendere gli ultimi istanti di vita dell’ex rais
sarebbe stato un funzionario del governo di Baghdad e non una guardia
carceraria. La televisione araba Al Arabiya ha
rivelato, poco fa, che l’autore del video sarebbe già stato arrestato
ma, al momento, la notizia non è stata confermata dal governo. Intanto,
nel nord del Paese, centinaia di sostenitori del deposto regime continuano a
rendere omaggio a Saddam davanti alla sua tomba nei pressi di Tikrit, dove è stato revocato il coprifuoco. Negli Stati
Uniti, infine, il presidente George Bush ha
annunciato che nei prossimi giorni presenterà una nuova
strategia per l’Iraq mirata “ad aiutare il popolo iracheno a conquistare
il controllo sul versante della sicurezza”, e il governo a svolgere le proprie
funzioni.
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Situazione tesa
anche in Afghanistan, dove in una operazione congiunta
di militari afghani e forze della NATO, condotta nella turbolenta provincia
meridionale di Helmand, sono stati uccisi 11
guerriglieri talebani. Lo ha reso noto il capo della polizia locale, precisando
che tra le vittime c'è anche uno dei capi della guerriglia della zona.
Dopo due anni di carcere è stata liberata oggi, dal
carcere femminile a nord di Tel Aviv, l’attivista della sinistra radicale
israeliana Taly Fahima. La
donna era stata condannata per essere entrata illegalmente in Cisgiordania, per
aver incontrato “un agente nemico” e per avergli inoltrato notizie segrete. I
servizi di sicurezza palestinesi hanno chiesto, intanto, agli stranieri
occidentali, americani ed europei, di abbandonare
Le autorità indonesiane hanno avviato una vasta operazione
terrestre, aerea e per mare alla ricerca dell’aereo, con a
bordo 102 persone, scomparso lunedì scorso dai radar. Ieri sono state diffuse
notizie sul ritrovamento di resti del velivolo ma,
poco dopo, è arrivata la smentita da parte del governo. Fonti della marina
hanno annunciato, intanto, che su una piattaforma petrolifera sono stati
trovati 12 superstiti del naufragio del traghetto affondato sabato scorso al
largo del Borneo. A bordo dell’imbarcazione, secondo
fonti locali, c’erano 628 persone; 212 sono riuscite a salire sulle scialuppe
di salvataggio. Più di 400, invece, risultano ancora disperse.
“Il processo di pace con l’organizzazione separatista
basca dell’ETA è finito”. Lo ha dichiarato il ministro dell’Interno spagnolo,
Alfredo Perez Rubalcaba,
tre giorni dopo l’annuncio del premier, José Luis Rodriguez Zapatero, della sospensione del dialogo in
seguito all’attentato all’aeroporto di Madrid dello scorso 30 dicembre.
Diciannove persone sono rimaste ferite e risultano ancora dispersi due cittadini dell’Ecuador.
L’azione terroristica è stata subito rivendicata dall’ETA, che nel mese di
marzo aveva invece annunciato una tregua. Non mancano, comunque, nuovi spiragli di pace. Per Batasuna, l’ala politica
dell’organizzazione separatista armata basca, il processo di pacificazione “non
è interrotto”. Ma è necessario – sostiene Batasuna –
rinnovare il dialogo “per trovare una soluzione politica al conflitto”. Il servizio di padre Ignacio Arregui:
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Ormai è certo che il processo di pace tra il governo
centrale di Madrid e il gruppo armato indipendentista ETA è finito. Il capo di
governo, Zapatero, il giorno stesso dell’attentato all’aeroporto di Barajas di Madrid, aveva parlato di “sospensione”; questa
ipotesi lasciava aperta la possibilità di una ripresa del negoziato, in altre
circostanze e nel rispetto delle condizioni approvate dal Parlamento. Ieri, il
ministro dell’Interno ha chiarito che il processo di pace è stato cancellato.
Tutta la responsabilità di questo fallimento ricade sull’ETA, che ha rotto il
dialogo con la violenza delle armi. In questi giorni si è fatta avanti
l’ipotesi che, all’interno dell’ETA, ci sarebbero due tendenze e che stavolta
ha prevalso la linea più dura e intransigente. Nonostante il pessimismo
generale, alcune voci continuano a insistere che non si deve mai rinunciare al
processo di pace se si danno le condizioni che lo rendano fattibile. Il governo
di Zapatero prevede adesso un incontro con i rappresentanti di tutti i partiti
presenti nel Parlamento, per studiare una nuova strategia di pace. Il primo
incontro, con i portavoce dei partiti, si terrà martedì prossimo al Parlamento.
Resta il dubbio se il partito Popolare, che si è sempre opposto ad ogni
tentativo di dialogo con l’ETA, accetterà, o meno, il nuovo progetto di pace del
governo.
Per
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La comunità internazionale, e non
il governo di Belgrado, deve elaborare un percorso per risolvere il problema
del futuro del Kosovo. Lo ha dichiarato il primo ministro serbo, Vojislav Kostunica, in
un’intervista rilasciata al quotidiano ‘Politika’
auspicando il via a veri negoziati sul futuro della provincia serba a
maggioranza albanese, amministrata dalle Nazioni Unite dal 1999.
Negli Stati Uniti, l’FBI ha pubblicato ieri un rapporto che descrive una
trentina di casi di presunti maltrattamenti inflitti a detenuti durante
interrogatori nel carcere americano di Guantanamo. Il
rapporto contiene anche le testimonianze di responsabili militari, secondo cui
il Pentagono avrebbe approvato indicibili metodi di
interrogatorio. Il comandante John Carpenter,
portavoce del Pentagono,
ha dichiarato, invece, che queste pratiche non sono mai state approvate ad alto
livello.
All’indomani del discorso del neo segretario dell’ONU, Ban Ki moon,
una nuova bufera si abbatte sulle Nazioni Unite. Alcuni militari della forza di
pace dell’ONU, impegnati nella regione meridionale del Sudan, sono accusati di
abusi sessuali su bambini. Lo riferisce il quotidiano britannico ‘Daily Telegraph’, precisando che
le violenze sarebbero iniziate con l’arrivo due anni
fa, nell’area, di circa diecimila tra militari e funzionari dell’ONU. Il loro
compito è quello di contribuire all’opera di ricostruzione dopo 23 anni di
guerra civile, ma sulla missione aleggia lo spettro, a partire dal 2005, di
diverse denunce di presunte violenze contro minori. Il giornale britannico
sostiene di aver raccolto le testimonianze di almeno 20 vittime sudanesi. Le
Nazioni Unite non hanno commentato la notizia e non hanno aperto un’inchiesta.
Il governo sudanese, contrario ad un intervento dell’ONU nella martoriata
regione occidentale del Darfur, ha invece raccolto prove, tra cui un filmato,
di maltrattamenti e abusi.
E’ stato alto il prezzo, pagato nel 2006, dagli
osservatori di pace e dei civili impegnati in operazioni di monitoraggio
dell’ONU in Paesi devastati da guerre e violenze. Lo scorso anno sono stati
uccisi 22 osservatori. Gli episodi più sanguinosi sono accaduti nella Repubblica
Democratica del Congo, dove le vittime sono state
nove, e nel Libano, con un bilancio di sei morti.
Colpi d’arma da fuoco sono
risuonati al confine tra Somalia e Kenya e aerei da guerra etiopi, in appoggio
al governo somalo, sono in perlustrazione alla ricerca di miliziani islamici in
fuga. I guerriglieri islamici, che si sono ritirati dalla loro ultima
roccaforte lunedì dopo due settimane di guerra, si sono impegnati a proseguire
la lotta, respingendo un'amnistia offerta dal governo ad interim somalo. Intanto, nello Yemen,
sono arrivati almeno 300 mila profughi somali. L’Italia ha dato la propria
disponibilità ad inviare un aiuto umanitario urgente.
Il Movimento per l’Emancipazione
del Delta del Niger (MEND) sostiene di aver bloccato un tentativo di far
rilasciare, tramite il pagamento di un riscatto, i tre tecnici italiani e il
loro collega libanese rapiti un mese fa in Nigeria. Il
MEND afferma che la compagnia petrolifera AGIP ha utilizzato per la consegna
del riscatto un "truffatore", che è stato intercettato. L’ENI ha
subito precisato che non ha avuto nessun contatto diretto con altri soggetti se
non il ministero degli Affari Esteri e le autorità nigeriane.
In Myanmar, sono stati liberati quasi 3 mila detenuti in
occasione del 59.mo anniversario dell’indipendenza
del Paese. Tra i rilasciati non figura, però, nessun dissidente politico. La
giunta militare ha precisato di aver concesso l’amnistia a 2831 prigionieri. Sale
così a più di 23 mila il numero di detenuti rilasciati nel Paese asiatico, a
partire dal 2004. Il governo concede
spesso amnistie in occasioni di feste nazionali ma
fino ad oggi, sono stati liberati pochissimi prigionieri politici.
In Bangladesh, dopo settimane di
scioperi e manifestazioni, l’opposizione ha invitato i propri sostenitori a
boicottare le elezioni parlamentari, previste per il prossimo 22 gennaio.
L’attuale governo di transizione – ha spiegato il leader dell’opposizione – non
è riuscito a dimostrare la propria neutralità.
E’ morto il ministro degli Esteri nordcoreano,
Paek Namsun. Lo ha reso
noto l’agenzia giapponese ‘Kyodo’ citando la nordcoreana ‘Kcna’. Paek aveva 77 anni ed era a capo della diplomazia di Pyongyang dal 1998. Alla fine degli anni ‘60 è stato nominato
vicedirettore del dipartimento Esteri del partito e ha partecipato alla prima
serie di colloqui umanitari con
Un altro piccolo tabù che si infrange: da oggi
è al lavoro a Teheran la prima autista donna di
autobus, un mestiere finora tradizionalmente riservato solo agli uomini. Ne
danno notizia i media iraniani, secondo cui la prima autista di sesso femminile
potrà guidare solo mezzi di una linea destinata esclusivamente alle donne.
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