RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 45 - Testo della trasmissione di mercoledì 14 febbraio 2007
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Il dolore di Benedetto XVI
per il grave attentato di ieri in Libano
OGGI IN PRIMO PIANO:
La Guinea sull’orlo della guerra civile. Intervista con
mons. Lucio Sembrano
La Chiesa ricorda oggi i Santi Cirillo
e Metodio, Compatroni d’Europa
CHIESA E SOCIETA’:
Nota del SIR sul disegno di legge del governo
italiano sui DICO
Accorato appello dell’ACNUR in favore dei profughi
nella Repubblica Democratica del Congo
Si
è concluso oggi a Roma il Convegno dell’Opera Romana Pellegrinaggi
Iran: attentato contro un autobus dei Pasdaran: oltre 11 i morti
14
febbraio 2007
Il
contributo delle donne allo sviluppo del Cristianesimo
è stato fondamentale: è quanto sottolineato da Benedetto XVI
all’udienza generale in Aula Paolo VI.
Nella Basilica Vaticana, l’incontro del Papa con i fedeli marchigiani
ai quali ha chiesto di rinnovare l’impegno di annuncio del Vangelo
Va riconosciuto il ruolo fondamentale delle figure femminili
nella storia del Cristianesimo: è la riflessione offerta ai fedeli da Benedetto
XVI, che nell’Aula Paolo
VI ha dedicato il tradizionale appuntamento dell’udienza generale del mercoledì
proprio alle donne che hanno annunciato il Vangelo nella prima generazione
cristiana. Prima di recarsi in Aula Paolo VI, il Papa ha incontrato, nella
Basilica Vaticana, un folto gruppo di fedeli delle Marche
guidati dai presuli della loro regione. Il servizio di Alessandro
Gisotti:
**********
Le donne a servizio del Vangelo sono state al centro della
catechesi di Benedetto XVI. Il Papa ha sottolineato il ruolo “effettivo e
prezioso” svolto da molte figure femminili nella diffusione del Vangelo. Una
testimonianza, che “non può essere dimenticata”:
“La storia del Cristianesimo
avrebbe avuto uno sviluppo ben diverso se non ci fosse stato il generoso
apporto di molte donne. Per questo, come ebbe a scrivere il mio venerato e caro
Predecessore Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica Mulieris
dignitatem, ‘la Chiesa rende
grazie per tutte le donne e per ciascuna… La Chiesa ringrazia per tutte le manifestazioni
del ‘genio’ femminile apparse nel corso della storia, in mezzo a tutti i popoli
e nazioni”.
Il Papa ha, così, distinto il ruolo delle donne nel
Cristianesimo primitivo, durante la vita terrena di Gesù e durante le vicende
della prima generazione cristiana. “Anche se Gesù scelse tra i suoi discepoli
dodici uomini”, ha ricordato, “nel numero dei discepoli erano annoverate pure
molte donne”:
“Donne che hanno
svolto un ruolo attivo nel quadro della missione di Gesù. In primo luogo, il
pensiero va naturalmente alla Vergine Maria, che con la sua fede e la sua opera
materna collaborò in modo unico alla nostra Redenzione”.
Ma sono varie le donne, ha proseguito, che a diverso
titolo gravitarono attorno alla figura di Gesù con funzioni di responsabilità.
Il Papa cita Giovanna, Susanna, le sorelle Marta e Maria. E poi la Maddalena,
che non solo presenziò alla Passione, ma fu anche la prima testimone e
annunciatrice del Risorto, tanto che a lei San Tommaso d’Aquino
riserva la singolare qualifica di “apostola
degli apostoli”. Anche nell’ambito della Chiesa primitiva, ha aggiunto, la
presenza femminile è tutt’altro che secondaria. L’Apostolo Paolo, rileva,
“ammette come cosa normale che nella comunità cristiana la donna possa profetare cioè pronunciarsi apertamente
sotto l’influsso dello Spirito”. Pertanto, è il richiamo del Papa, “la
successiva esortazione a che le donne nelle assemblee tacciano va piuttosto
relativizzata”. D’altro canto, ricorda che le donne “a differenza dei dodici,
non abbandonarono Gesù nell’ora della Passione”.
Ancora, il Pontefice rammenta che l’Apostolo delle Genti
menziona una certa Febe,
qualificata come diakonos di una cittadina portuale a est di
Corinto, segno dell’“esercizio di responsabilità” da parte di questa donna a
favore di quella comunità cristiana.
All’udienza generale hanno preso parte anche i famigliari
dei soldati israeliani rapiti l’estate scorsa in Libano e a Gaza, che hanno
consegnato una lettera al Santo Padre. Presente anche un gruppo di 70 bambini
iracheni ospitati in Spagna dall’associazione “Messaggeri della Pace”. Al
momento dei saluti, rivolgendosi ai fedeli polacchi, Benedetto XVI ha ricordato
l’odierna memoria dei santi fratelli, apostoli degli Slavi,
Cirillo e Metodio, Patroni d’Europa. “Per loro intercessione – ha detto
– preghiamo Dio affinché le nazioni europee” siano “sempre più consapevoli
delle loro radici cristiane”.
La mattinata di Benedetto XVI era iniziata con l’incontro
nella Basilica di San Pietro con ben 12 mila fedeli marchigiani, convenuti a
Roma in occasione della visita ad Limina dei
presuli delle Marche. A loro, che lo hanno accolto in modo particolarmente
festoso, il Papa ha rivolto una viva esortazione:
“Nell’attuale clima
di pluralismo culturale e religioso, ci si rende conto che il messaggio di Gesù
non è conosciuto da tutti. Pertanto ogni cristiano è chiamato ad un rinnovato e
coraggioso impegno di annuncio e testimonianza del Vangelo”.
Di qui, l’invito ai presuli affinché dedichino “ogni
sforzo perché la formazione cristiana di base” sia ben curata, “perché tutte le
categorie di fedeli siano preparate a ricevere con frutto i Sacramenti,
indispensabile nutrimento della crescita nella fede”. Tuttavia, ha concluso,
non va tralasciata “un’istruzione religiosa solida che resista senza
affievolirsi alle diffuse sfide e sollecitazioni d’una società ormai largamente
secolarizzata”.
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La
preghiera del Papa alla Vergine Maria
per l’incontro con i giovani a Loreto il prossimo mese di settembre
Al termine dell’incontro con i vescovi e i fedeli delle
diocesi marchigiane il Papa ha guidato la preghiera alla Vergine da lui
preparata in vista dell’incontro che avrà con i giovani a Loreto nel prossimo
mese di settembre. Ce ne parla Sergio Centofanti.
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Il Papa ha composto personalmente la preghiera alla
Vergine per l’Agorà dei giovani, il percorso pastorale triennale promosso dalla
Conferenza episcopale italiana per “rendere i giovani sempre più protagonisti
della propria missione” e che culminerà nell’incontro di Loreto in settembre.
Il Papa invoca
“Maria, che a Nazareth hai abitato
con Gesù,
imprimi nella nostra vita i tuoi sentimenti,
la tua docilità, il tuo silenzio che ascolta
e fa fiorire
Il Papa
prega “perchè la freschezza della nostra fede brilli nei nostri occhi e scaldi
il cuore di chi ci incontra”:
“Maria, Vergine del Magnificat,
aiutaci a portare la gioia nel mondo e, come a Cana,
spingi ogni giovane, impegnato nel
servizio ai fratelli,
a fare solo quello che Gesù dirà".
Benedetto
XVI chiede infine a Maria di pregare “perchè Gesù, morto e risorto, rinasca in
noi e ci trasformi in una notte piena di luce, piena di Lui”:
“Maria, Madonna di Loreto, porta
del cielo,
aiutaci a levare in alto lo sguardo.
Vogliamo vedere Gesù. Parlare con
Lui.
Annunciare a
tutti il Suo amore".
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Il dolore del Papa per il grave attentato
ieri in Libano
Il Papa ha espresso il proprio profondo dolore per il
grave attentato che ha colpito ieri una cittadina del Libano, in una zona a
maggioranza cristiana a nordest di Beirut, causando tre morti. In un telegramma
a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, inviato al
Patriarca di Antiochia dei Maroniti, il cardinale Nasrallah
Pierre Sfeir, Benedetto XVI assicura la sua preghiera
e la sua vicinanza spirituale ai feriti e alle famiglie delle vittime invocando
“la protezione materna della Vergine Maria sull’intera nazione libanese”.
Quindi il Papa “supplica il popolo libanese e i suoi leader perchè rifiutino in
modo unanime la violenza” per “ritrovare in questo momento drammatico le
ragioni di uno slancio in favore dell’unità nazionale e del bene comune”.
Ieri il cardinale Bertone, durante un convegno a Roma,
aveva parlato di un grave attentato in funzione anticristiana invitando a
pregare per la martoriata terra del Libano.
Nomine
Il Santo Padre ha nominato vescovo di Diphu,
in India, il rev. John Moolachira, del clero di Tezpur, già rettore del Seminario Minore di Tezpur e parroco di Udalguri. Il
rev. John Moolachira è nato il 14 dicembre 1951, nel
villaggio di Puthusserykadavu, nella diocesi di Mananthavady, in Kerala. È stato ordinato sacerdote il 23 ottobre 1978
ed incardinato nella diocesi di Tezpur.
Il Papa ha quindi nominato vescovo ausiliare
dell’arcidiocesi di San Juan de Puerto
Rico (Porto Rico) mons. Daniel Fernández Torres, del
clero della diocesi di Arecibo, parroco di Nuestra Señora del
Carmen, assegnandogli la sede titolare vescovile di Sufes.
Mons. Daniel Fernández
Torres è nato a Chicago, negli Stati Uniti, il 27 aprile 1964. Prima di entrare
in Seminario, ha ottenuto il baccalaureato in Ingegneria presso l’Università di
Porto Rico. Ha compiuto gli studi filosofici e teologici presso il Seminario di
Pamplona, in Spagna, e dal 1996 al
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - La catechesi e la cronaca
dell’udienza generale.
Servizio estero - Libano: condanna e inquietudine
internazionali per il duplice attentato ad Ain Alek.
Servizio culturale - Un articolo di Paolo Miccoli dal titolo “L’ineludibile
confronto col ‘mysterium iniquitatis’”:
la cultura occidentale e la riflessione sul male.
Servizio italiano - In primo piano il tema del
terrorismo.
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14 febbraio 2007
I media italiani dimenticano pandemie e crisi alimentari che ogni
anno mietono milioni di vittime: la
denuncia di Medici Senza Frontiere
Non c’è spazio nei media italiani
per pandemie, guerre e crisi alimentari che ogni anno costano milioni di vite:
lo denuncia il Rapporto annuale sulle crisi dimenticate, realizzato per il
terzo anno consecutivo da “Medici Senza Frontiere” con la collaborazione gratuita
dell’Osservatorio di Pavia. La presentazione, questa mattina, nella Sala stampa
estera, a Roma. C’era per noi Paolo Ondarza:
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Silenzio stampa su oltre 70 Paesi colpiti da guerre,
carestie, disastri naturali e pandemie. Lo denuncia “Medici Senza Frontiere”.
Le crisi più ignorate riguardano la Repubblica Democratica del
Congo, Somalia, Sri Lanka,
Colombia, Cecenia, Haiti, Repubblica Centrafricana e
India centrale. Eppure, migliaia di cittadini italiani consultano quotidianamente
il sito di MSF per conoscere e capire cosa succede in questi Paesi, e sono
centinaia di migliaia quelli che attraverso le loro donazioni contribuiscono
all’azione dell’organizzazione. Dunque, l’interesse da parte della gente c’è.
Tra i 22 quotidiani analizzati, i più attenti alle crisi umanitarie sono
risultati prima di tutto “Avvenire”, seguito da “Repubblica” e dal “Corriere
della Sera”. Tra i periodici, “Famiglia Cristiana”, “Panorama”, “L’Espresso” e
il “Venerdì” di “Repubblica”. I Tg RAI sono meno
disattenti di quelli Mediaset; promosso il Tg3,
fanalino di coda è “Studio aperto” di Italia1.
Non mancano paradossi: alla Cecenia, in un intero anno
sono stati dedicati solo 92 articoli dai 22 quotidiani e dai 13 periodici presi
in considerazione, ma di questi ben 42 si riferiscono a due singoli episodi
eclatanti, e cioè l’uccisione del leader separatista Basayev
e l’assassinio della giornalista Anna Politovskaja,
mentre è praticamente inesistente lo spazio dedicato alle condizioni di vita e
alle sofferenze dei civili ceceni di cui proprio la
giornalista, coraggiosamente, scriveva. Non solo: alla tubercolosi che contagia
nove milioni di persone e ne uccide due milioni ogni anno, i telegiornali hanno
dedicato tre notizie, nel 2006; alla malaria, che uccide un bambino ogni 30 secondi,
sei notizie, mentre all’influenza aviaria che ha registrato, nel 2006, 80 morti
in tutto il mondo, sono stati dedicati ben 410 servizi dai telegiornali.
Per dire “basta”, “Medici Senza Frontiere” lancia
l’iniziativa “Dimmi di più”, che punterà a coinvolgere il grande pubblico nel
chiedere un’informazione più attenta alle crisi umanitarie.
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La
Guinea sull’orlo della guerra civile
- Intervista con mons. Lucio
Sembrano -
In Guinea Conakry,
nonostante il coprifuoco imposto dal presidente Lansana
Conté, è di quattro morti il bilancio degli scontri
di ieri tra manifestanti e polizia, avvenuti nella cittadina di Labé. La situazione, sempre più drammatica, conta 110
vittime nell’ultimo mese e mezzo. Sugli sviluppi delle ultime ore, Salvatore Sabatino
ha raggiunto telefonicamente nella capitale Conakry
l’incaricato d’affari della nunziatura mons. Lucio Sembrano:
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R. – E’ tornata la calma. Soprattutto gli atti vandalici
che si erano verificati nei giorni scorsi, sono cessati. Il problema è che si
tratta soprattutto di giovani soldati che stanno pattugliando le strade: per
allontanare le persone, sparano in aria. Sono senza esperienza e non si rendono
conto che spesso i colpi causano dei danni collaterali. Alcune persone sono già
finite in ospedale, un vecchio è morto perché le pallottole rimbalzano e
feriscono le persone.
D. – E’ una situazione dunque difficile da tenere sotto
controllo, frutto di una situazione politica altrettanto,
se non ancora più difficile ...
R. – Sì. Il presidente aveva promesso di dare un primo
ministro che fosse effettivamente un uomo capace di
raccogliere il consenso di tutte le forze politiche, e ha deluso queste
aspettative, scegliendo uno del suo entourage.
Di conseguenza, la gente, questa volta, non più soltanto i partiti
dell’opposizione, è scesa in strada, reclamando proprio che il presidente se ne
vada via, che lasci il potere. Cosa che attualmente sarà di
fatto un po’ difficile da realizzare, perché lui ha il sostegno
dell’esercito ...
D. – Si allunga, a questo punto, l’ombra di una guerra
civile ...
R. – Sì. Ma finché c’è il coprifuoco e lo stato d’assedio
in vigore, e anche le riunioni sono proibite gli stessi capi dell’opposizione
non hanno la possibilità concreta di prevedere un futuro sviluppo; però, quando
lo stato d’assedio sarà tolto, la società civile si organizzerà come prima e
sarà anche più dura di prima.
D. – I Paesi come la Sierra Leone, la Liberia, i Paesi
confinanti, temono che ci siano delle ondate di profughi e sfollati. Come si
stanno comportando in questo momento?
R. – Durante la prima ondata di sciopero, Sierra Leone e
Liberia hanno fatto sentire la loro voce. La Guinea ospita moltissimi dei loro
profughi; non solo: fornisce anche aiuti alimentari perché né Liberia né Sierra
Leone sono autosufficienti, da questo punto di vista. Quindi, temono che una
volta che il Paese fosse destabilizzato, non solo i loro profughi tornerebbero
nei loro Paesi, ma ci sarebbero anche altre ondate di profughi guineani, con
conseguenze devastanti. Però, di fatto, nessuna misura politica, nessuna
pressione ancora è stata esercitata. Né l’Unione Africana né l’Unione Europea,
che in una prima fase si erano fatte sentire, adesso si sono mosse.
D. – Secondo lei, perché questo atteggiamento così
“assente” della comunità internazionale nei confronti di questa crisi?
R. – L’Africa non è mai stata nelle priorità dello
scenario internazionale. E anche se qui ci sono miniere di bauxite e di oro e
di diamanti, di fatto però gli stessi Stati Uniti sanno bene che possono
procurarsi la bauxite, che è fondamentale per la costruzione degli aerei, anche
da altre parti del mondo. Potendo prescindere dalle materie prime – è amaro
doverlo constatare – c’è indifferenza nei confronti di quello che accade qua!
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Le organizzazioni internazionali
sollecitino
la costruzione di una chiesa cattolica in Afghanistan.
E’ l’appello lanciato ai nostri microfoni dal Superiore della missio sui iuris
del Paese asiatico, padre Giuseppe Moretti
Il sogno di una chiesa in Afghanistan, al di fuori di
ambasciate e basi militari, è “remoto” ed è ancora impossibile celebrare la
Santa Messa non in queste sedi. Ci vorrebbe una richiesta di organizzazioni
internazionali per sollecitare la realizzazione di una chiesa per la
popolazione afghana. Lo ha detto padre Giuseppe Moretti,
superiore della missio sui iuris del
Paese asiatico smentendo la notizia, diffusa nei giorni scorsi, della costruzione
di una chiesa cattolica ad Herat. Ascoltiamo, al
microfono di Amedeo Lomonaco, proprio padre Moretti, raggiunto telefonicamente
a Kabul:
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R. – Non è in costruzione una chiesa ad
Herat; oltre tutto non c’è una comunità autoctona. Da
quanto so io, si tratta soltanto della costruzione della cappella all’interno
del nostro contingente ad Herat,
così come ci sono delle cappelle in altri campi militari. L’unica chiesa
ufficialmente riconosciuta è all’interno dell’Ambasciata d’Italia. Il desiderio
e il sogno sono quelli di poter vedere una chiesa al di fuori dell’ambasciata.
D. – Ci sono, comunque, dei passi che fanno pensare,
magari in un futuro, alla costruzione di una chiesa?
R. – In un’intervista al presidente afghano Hamid Karzai, il giornalista ha chiesto se ci siano delle possibilità per la costruzione di una chiesa;
Karzai ha detto che teoricamente non ci sono difficoltà. Ma la situazione
dell’Afghanistan – purtroppo - è difficile e non c’è una comunità autoctona. Ci
vorrebbe anche una richiesta da parte di chi ha potere in Afghanistan come il
Corpo Diplomatico e le Organizzazioni internazionali per sollecitare la
costruzione di una chiesa, in modo da poter avere la possibilità di poter
praticare la propria fede in modo ancora più libero.
D. – In una realtà così difficile c’è comunque da
segnalare che la popolazione afghana è rispettosa dei luoghi religiosi non
islamici. Questo rispetto può diventare un vero incontro, l’incontro con
Cristo?
R. – Io me lo auguro. Io me lo auguro, ma manca il
substrato. L’Afghanistan è un Paese che non ha mai avuto un impatto con il
cristianesimo – per trovarlo bisogna risalire a duemila anni fa – attraverso
comunità, missionari. C’è da augurarsi, se è vera la tradizione che uno dei
Magi venisse dall’Afghanistan, che la stella per Betlemme ritorni a risplendere
su questo cielo. Bisogna quindi avere moltissima prudenza, moltissima pazienza
e, allo stesso tempo, una grande fiducia perché “i miei tempi non sono i
vostri”, come dice il Signore, ed i calcoli umani su certi argomenti non sono
matematici.
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Presentato ieri presso la nostra emittente
il Quaderno dell’Osservatore Romano
che raccoglie gli interventi del Papa su matrimonio e unioni di fatto
- Intervista con il prof.
Francesco D’Agostino -
“La verità sulla famiglia. Matrimoni e unioni di fatto
nelle parole di Benedetto XVI”: è il titolo del Quaderno dell’Osservatore
Romano che raccoglie gli interventi del Papa sul tema, presentato ieri
pomeriggio presso la nostra emittente. Presenti il direttore generale della
Radio Vaticana, padre Federico Lombardi, il direttore dell’Osservatore Romano,
Mario Agnes, e il presidente dell’Unione Giuristi
Cattolici, Francesco D’Agostino. Il servizio di Debora Donnini.
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“Non posso tacere la mia preoccupazione per le leggi sulle
unioni di fatto”. Sono parole di Benedetto XVI pronunciate nel discorso alla
Curia Romana il 22 dicembre scorso. Un testo contenuto nel Quaderno
dell’Osservatore Romano assieme agli altri interventi del Papa su famiglie e
unioni di fatto. Un’antologia che, è stato sottolineato da
padre Federico Lombardi, costituisce un contributo per conoscere il
pensiero del Papa sul tema. Una preoccupazione quella di Benedetto XVI per la
famiglia che non può non essere la preoccupazione dell’Osservatore Romano, ha
affermato Mario Agnes. “Non abbiamo taciuto e non
taceremo - ha aggiunto - noi andremo avanti con il cuore e l’intelligenza di
samaritani della famiglia”. Ad intervenire alla presentazione del volume anche
Francesco D’Agostino, presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani, che
ha spiegato come la famiglia sia parte costitutiva dell’esperienza umana:
“La famiglia non è stata inventata nel corso della storia,
come sono state inventate tante tecnologie, come per esempio è stata inventata
la scrittura. La famiglia è il modo specifico per il genere umano di essere
come - dirà un cristiano – il Creatore l’ha voluto creare, oppure come potrebbe
dire un non cristiano, per quella che è la sua natura. Se si toglie l’identità
familiare, si toglie la specificità dell’essere dell’uomo. Questa è una tesi forte,
ma ha dalla sua la prova veramente pesante di tutte le culture e di tutte le epoche”.
Rispondendo poi ad una domanda a proposito dei DICO, il
prof. D’Agostino ha affermato:
“I DICO li conosco per quello che hanno pubblicato i
quotidiani. Non mi convince il discorso che è stato fatto da più parti. Il
discorso è che i DICO non riconoscono le convivenze, riconoscono diritti
individuali dei conviventi. Non mi pare che sia così, perché dal testo che
abbiamo letto, queste convivenze devono essere riconosciute pubblicamente attraverso
l’iniziativa formale o di entrambi i conviventi o almeno di uno dei due. E’
sempre la coppia… Perché non è il fatto della convivenza che è preso in
considerazione dalla norma, ma è la volontà dei due conviventi che induce
l’anagrafe a dare una particolare registrazione a quella convivenza. Quindi, mi
sembra che, di fatto, il discorso che si faceva sui PACS lo
si possa trasportare con minime variabili anche per quello che riguarda
i DICO. Obiettivamente i DICO sanciscono un riconoscimento legale di tipo pubblico
per un particolare tipo di convivenza, su richiesta
degli stessi conviventi”.
Per il prof. D’Agostino i cristiani non devono ridurre la
fede solo ad un fatto intimistico ma hanno il diritto
di esprimere in modo pubblico le loro convinzioni.
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Mons.
Vincenzo Paglia sulla festa di San Valentino:
un occasione per ribadire che
“l’amore vero o dura eternamente o non è amore”
“L’amore dell’uomo e della donna è all’origine della
famiglia umana e la coppia formata da un uomo e una donna ha il suo
fondamento nel disegno originario di Dio”. Con queste parole, mons. Vincenzo
Paglia, vescovo di Terni, ha accolto nei giorni scorsi, in vista della festa di
San Valentino che ricorre oggi, centinaia di
coppie di fidanzati radunati nel Duomo di Terni per la Messa solenne per la
“Festa della Promessa”. “La frequenza delle liti e delle rotture, ha
sottolineato il vescovo umbro, fa pensare che l’amore durevole sia impossibile.
La vostra presenza qui sta a dire il contrario, desiderando che le difficoltà,
che pure ci saranno, non lo travolgano”. Al microfono di Luca Collodi il
vescovo di Terni, mons. Vincenzo Paglia:
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R. – E’ una festa conosciuta in tutto il mondo, e io credo
che sia importante che in un mondo dove la violenza sembra espandersi, almeno
il ricordo dell’amore ci aiuti ad individuare una nuova prospettiva. San
Valentino può essere anche, in questo senso, un piccolo tassello in questo
grande mosaico dell’amore che bisogna costruire.
D. – Mons. Paglia, chi era San
Valentino?
R. – San Valentino era un giovane di Terni, del III
secolo; quando questa comunità incominciò a riorganizzarsi, ci fu bisogno di
scegliere un vescovo e Valentino, che aveva mostrato doti particolari di
governo e di amore per i poveri, venne eletto vescovo
di Terni. La prima sua nota è quella di essere un vescovo che guariva molti
malati. Poi c’è un’altra vicenda legata a San Valentino protettore degli
innamorati: perché lui aiutò due giovani – un soldato romano, che era pagano, e
una ragazza cristiana. Si erano innamorati. San Valentino li accompagnò, capì
che il loro amore era vero, riuscì poi a far battezzare questo giovane romano,
si sposarono. E questa vicenda – narra la tradizione – spinse molti giovani ad
accorrere da Valentino.
D. – La politica e anche i media
ci dicono che oltre a calare i matrimoni, sembrano calare anche – diciamo così
– le coppie di fidanzati che guardano al matrimonio. Lei che ne dice?
R. – E’ vero che c’è questa tendenza generale: o a
ritardare il matrimonio oppure a non pensarlo come prospettiva della loro vita.
Quel che a me ha fatto impressione, proprio domenica scorsa,
quando sono venute 200 coppie di fidanzati, un’impressione molto bella, devo
dire, è vedere questi giovani che, ancora da fidanzati, chiedono che il loro
amore duri per sempre. Mi pare una manifestazione significativa, in un mondo
che non conosce più la perennità dell’amore, vedere questi giovani che
comprendono che l’amore vero o dura eternamente o non è amore. E’
particolarmente interessante, questo recupero; cogliere questa domanda d’amore
che chiede una perennità.
D. – Mons. Paglia, spesso –
anche molti giovani lo pensano – il cristianesimo, con i suoi comandamenti è un
po’ percepito come un “divieto” per l’amore ...
R. – Purtroppo, è una vulgata ingiusta: non è così! Perché
l’amore come lo intende il Vangelo, se pensiamo alla differenza tra l’amore del
Buon Pastore e quello del mercenario, ecco: l’amore del Buon Pastore è un
grande “sì” all’altro. E’ovvio che il grande sì all’altro richiede anche
qualche “no” a se stessi. Ma se si dice solo “sì” a se stessi, è un ripetuto
“no” alla vita, agli altri e alla crescita. In questo senso, probabilmente,
anche da parte nostra deve forse essere accresciuta la capacità di presentare
una Chiesa che sa amare, di una Chiesa che sia Madre, che sa essere accanto a
chi ha bisogno di sostegno, di amore, di compagnia. Oggi c’è bisogno sempre più
di una Chiesa che mostri il volto grande, forte e quindi anche esigente.
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La
Chiesa ricorda oggi i Santi Cirillo e Metodio, Compatroni
d’Europa.
A loro si deve l’evangelizzazione dei popoli slavi
e la traduzione dei testi sacri in un nuovo alfabeto, il cirillico
Crearono l’alfabeto slavo e tradussero in questa lingua la
Scrittura e anche i testi della liturgia latina, per aprire ai popoli della Pannonia e della Moravia i tesori della Parola di Dio e dei
Sacramenti. Per questa missione apostolica, nel IX secolo, San Cirillo e San
Metodio, di cui la Chiesa oggi fa memoria, sostennero prove e sofferenze di
ogni genere. Il servizio di Tiziana Campisi:
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“Signore, Dio mio … tu che ascolti sempre coloro che fanno
la tua volontà e ti temono e osservano i tuoi precetti … fa’ crescere di numero
la tua Chiesa e raccogli tutti nell’unità”. Ha pregato con queste parole, prima
di morire, Cirillo, monaco e uomo colto che oltre al greco, parlava
correntemente il latino, l’arabo e l’ebraico. Il suo apostolato è legato a
quello del fratello Metodio che fu vescovo di Sirmiun.
Originari di Tessalonica,
l’odierna Salonicco, in Grecia, Costantino e Michele, questi i nomi dei due
santi alla nascita, erano attirati dalla vita ascetica e loro desiderio
era quello di dedicarsi allo studio nel silenzio della cella monastica. Ma la
Chiesa e l’Impero bizantino fanno di loro due apprezzati predicatori. Cirillo viene scelto per missioni religioso-diplomatiche presso
arabi e khazari, poi la storia ce lo descrive insieme
al fratello Metodio, soprattutto quando il sovrano di Moravia, Rostislav,
chiese all’imperatore bizantino di inviare missionari nel suo regno. Cirillo
accettò volentieri l’invito e, giunto nella sua nuova terra di missione, incominciò
a tradurre brani del Vangelo di Giovanni inventando un nuovo alfabeto, poi
chiamato cirillico.
I due fratelli dovettero comunque affrontare
incomprensioni, ostilità e divergenze fra le Chiese durante i loro viaggi.
Nell’867 si recano a Roma ed incontrano Papa Adriano II, che ordina sacerdote
Metodio ed approva le loro traduzioni della Bibbia e dei testi liturgici in
lingua slava. Due anni dopo Cirillo si ammala gravemente, si spegne il 14
febbraio. Metodio, invece prosegue la sua missione in Moravia, dove morirà il 6
aprile dell’885, dopo essere stato perseguitato insieme ad
alcuni discepoli, dietro anche a motivazioni politiche, come portatore di
eresie. Il 31 dicembre del 1980, Giovanni Paolo II, con la Lettera apostolica “Egregiae virtutis”, li ha
dichiarati Patroni d’Europa, poichè evangelizzatori
dei popoli slavi. Papa Wojtyla li ha voluti protettori del Vecchio Continente,
insieme a San Benedetto, Santa Caterina da Siena, Santa Brigida di Svezia e
Santa Teresa Benedetta della Croce, perché la loro vita testimonia che
tradizioni e culture diverse completano una comune ricchezza.
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14 febbraio 2007
Rapporto UNICEF sull’infanzia
nei Paesi ricchi:
Olanda, Svezia e Danimarca nei primi posti, Gran
Bretagna ultima
ROMA. = L’ultimo rapporto
dell’UNICEF sulla povertà infantile nei Paesi industrializzati traccia un
quadro generale non confortante sulle condizioni di vita dei bambini. Dallo
studio, che ha utilizzato diversi indicatori, emerge come in tutti i 21 Paesi
dell’OCSE presi in esame siano necessari
miglioramenti. Il più elevato livello di benessere dei bambini si riscontra in
Stati del centro- nord Europa quali Olanda, Svezia, Danimarca e Finlandia. Il
rapporto evidenzia, poi, come non esista una forte o
coerente relazione tra il PIL pro capite di uno Stato e il livello di benessere
dei bambini. La Repubblica Ceca presenta, ad esempio, una situazione migliore
di molti altri Paesi europei più ricchi. L’Italia è ottava e l’ultimo posto di
questa classifica è occupato a sorpresa dalla Gran Bretagna, dove gli
indicatori sulla povertà, la salute e la sicurezza dei bambini fanno registrare dati
sconfortanti. Per il Fondo mondiale dell’Infanzia, il rapporto è concepito come
“un primo passo” nella direzione di un monitoraggio costante e approfondito del
benessere dei bambini in tutti i paesi OCSE. (A.L.)
Circa 150 rappresentanti di diverse Chiese,
comunità e movimenti
da domani a Wittenberg, in Germania, per il
terzo incontro
in
preparazione della III Assemblea ecumenica europea,
prevista a Sibiu, in Romania,
dal 4 al 9 settembre
WITTENBERG. = “Riscoprire il dono di luce che il Vangelo
di Cristo è per l’Europa di oggi”: questo il tema della terza tappa in
preparazione della III Assemblea Ecumenica Europea (AEE3) prevista a Sibiu, in Romania, dal 4 al 9 settembre. L’incontro, a
partire da domani e fino al 18 febbraio, radunerà a Wittenberg,
in Germania, circa 150 delegati delle Chiese, Conferenze episcopali, organismi,
comunità e movimenti ecumenici d’Europa. Organizzata dal Consiglio delle
Conferenze episcopali d’Europa (CCEE) e dalla Conferenza delle Chiese Europee
(KEK), la riunione, riferisce l’agenzia Fides, si aprirà con un culto ecumenico
nella Chiesa evangelica “Stadtkirche”, con la
predicazione del vescovo Axel Noack,
della Chiesa evangelica della Sassonia (Kirchenprovinz
Sachsen). La III Assemblea Ecumenica Europea, che
avrà come tema “La luce di Cristo illumina tutti. Speranza di rinnovamento ed
unità in Europa”, diversamente dalle precedenti, è articolata in quattro tappe
che vogliono essere una sorta di pellegrinaggio simbolico attraverso le diverse
tradizioni confessionali in Europa. La prima tappa si è svolta dal 24 al 27
gennaio dello scorso anno a Roma, la seconda tappa (tuttora in corso) comprende
invece una serie di incontri nazionali e/o regionali sui temi dell’assemblea. Tra gli argomenti che saranno discussi nel corso della terza tappa:
la secolarizzazione come sfida per l’Europa; esperienze ecumeniche e preoccupazioni
di oggi; la riconciliazione in Europa. Il programma prevede anche
l’incontro dei delegati con il presidente della Repubblica federale tedesca, Horst Köhler, oltre a numerosi
momenti di preghiera, incontri con le comunità cristiane locali e un tour dei
luoghi storici della Riforma. (T.C.)
Il disegno di legge del governo italiano sul riconoscimento delle
coppie
di fatto introduce qualcosa di diverso e di
alternativo alla famiglia come
è definita nella Costituzione. E’ quanto si legge in una nota
del Servizio Informazione Religiosa della Chiesa italiana (SIR)
ROMA: = Il Servizio
Informazione Religiosa della Chiesa (SIR) sottolinea in una nota i rischi del
disegno di legge del governo italiano sul riconoscimento delle coppie di fatto:
“questa proposta introduce in realtà qualcosa di
sostanzialmente diverso, e di pericolosamente alternativo, alla famiglia così
come è definita nella Costituzione”. Si evidenzia quindi come la questione
dell’unicità del vincolo rappresentato dalla famiglia non possa essere confusa
con altre forme di convivenza. “In gioco – si legge nella nota – c’è il valore
e il senso, e in prospettiva la stessa definizione di famiglia, come vincolo
stabile tra un uomo e una donna”. Per il SIR si tratta dunque di “scegliere
nuovamente come esclusivo il modello costituzionale e rifiutare una inaccettabile deriva omeopatica, cioè per piccole dosi,
verso qualcosa d’altro”. Una scelta che deve essere orientata da alcune irrinunciabili
priorità: “salvaguardare la famiglia, rifiutando
coerentemente ogni mediazione al ribasso, ogni tentativo surrettizio significa
mettersi sulla retta strada di un diritto coerente con la vita e la realtà
sociale, con le attese concrete della gente”. “Significa anche - prosegue la
nota - promuovere e valorizzare, coerentemente con la Costituzione, i
diritti di tutti”. L’Agenzia SIR sottolinea poi che, nell’ottica della
promozione della salvaguardia dei diritti delle persone e delle formazioni sociali,
“potranno trovare spazio tutti i diritti, ma
chiaramente gerarchizzati e precisamente determinati,
senza confusioni inaccettabili”. Dire
con chiarezza – conclude la nota – che ogni strada surrettizia non è
accettabile, “non significa combattere nessuna battaglia di retroguardia, ma è
un modo per affermare precisi punti di riferimento per continuare a crescere”.
(A.L.)
Dal 17 al 21 febbraio visita
in Algeria dell’arcivescovo di Lione, cardinale Philippe
Barbarin, per promuovere il dialogo islamo-cristiano
LIONE.= Il cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di
Lione, e il presidente del Consiglio Regionale del Culto Musulmano (CRCM), Azzedine Gaci, parteciperanno dal
17 al 21 febbraio a una visita in Algeria per favorire il dialogo islamo-cristiano. L’iniziativa – riferisce l’agenzia Fides
- è dello stesso Presidente del CRCM, che aveva lanciato
la proposta nel marzo 2006, durante un incontro tra i rappresentanti del
Consiglio Regionale del Culto Musulmano e i delegati regionali del dialogo islamo-cristiano. “Il viaggio vuole mettere in rilievo i
legami esistenti tra le regione di Lione e l’Algeria e
permetterà ai responsabili cristiani e musulmani, impegnati in uno sforzo di
conoscenza reciproca, di ritrovarsi per un tempo forte di visite comuni e di
testimonianza”, spiega un comunicato dell’arcidiocesi di Lione. Nell’occasione,
i delegati potranno incontrare le personalità e le istituzioni musulmane e
cattoliche di Annaba, Hippone,
Constantine, Algeri, Tibhirine
e Médéa. La visita è sponsorizzata dal Ministero
algerino degli Affari religiosi nel quadro delle iniziative di promozione del
dialogo interreligioso e interculturale volute dal
Presidente algerino, Abdelaziz Bouteflika.
(L.Z.)
Accorato
appello dell’Alto Commissariato dell’ONU per i Rifugiati
alla
comunità internazionale: occorrono urgentemente 62 milioni di dollari per i
rifugiati e gli sfollati della Repubblica Democratica del Congo
KINSHASA. = L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i
Rifugiati (UNHCR) ha lanciato ieri un appello, attraverso un comunicato stampa,
per la raccolta di 62 milioni di dollari. I fondi, secondo l’Agenzia dell’ONU,
sono necessari a finanziare i programmi in favore delle centinaia di migliaia
di persone sfollate all’interno della Repubblica Democratica del
Congo (RDC) e dei rifugiati congolesi fuggiti
dal Paese. Di questa somma, precisa l’UNHCR, 47 milioni di dollari, che
andranno ad aggiungersi al bilancio annuale regolare, finanzieranno nel 2007 i
programmi di rimpatrio volontario di circa 98.500 rifugiati. Gli altri 15
milioni di dollari saranno invece necessari per fornire protezione ed
assistenza, sempre durante l’anno in corso, a circa 1,1 milioni di persone
sfollate all’interno della Repubblica Democratica del Congo.
L’appello dell’UNHCR tiene conto degli importanti sviluppi politici del 2006,
tra cui l’insediamento del presidente Joseph Kabila
in dicembre, in seguito alle prime elezioni democratiche svoltesi nel Paese
dopo 40 anni. Attualmente, oltre 400 mila congolesi
sono rifugiati fuori dal proprio Paese. La maggior
parte non dispone di mezzi per far ritorno a casa in maniera autonoma. Alcuni
hanno trascorso decenni in esilio, in attesa di una
pace duratura. La carenza di vie di comunicazione in un Paese così esteso, tra
i più poveri del mondo, rende ancora più arduo il lavoro dell’UNHCR e delle
agenzie partner. (E.L.)
Ricco di contenuti il Convegno dell’Opera
Romana Pellegrinaggi
conclusosi nella tarda mattinata di oggi a Roma
- A cura di Giovanni Peduto -
ROMA. = Il Convegno nazionale teologico pastorale
dell’Opera Romana Pellegrinaggi anche quest’anno è stato ricco di
contenuti e sicuramente foriero di nuove iniziative e realizzazioni. Folta
anche la partecipazione: più di ottocento persone da ogni parte della Penisola.
Al tavolo degli oratori si sono succeduti ecclesiastici, politici, esponenti
della cultura e del giornalismo, mentre i cardinali Levada,
prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, e Bertone, segretario
di Stato vaticano, hanno presiedute la liturgie eucaristiche.
Si è concentrata l’attenzione su un tema di grande attualità, quello dei
‘Cammini d’Europa’, i luoghi cioè in cui si è consolidata l’Europa cristiana:
Santiago de Compostela, Roma con le Tombe degli
Apostoli Pietro e Paolo, Loreto, per citare i maggiori. Per questo motivo l’ORP
si è proposta la finalità di favorire la conoscenza di questi cammini,
proponendo un intreccio di itinerari e di iniziative, in cui la nota prevalente
sia costituita dall’aspetto spirituale accompagnato da
quello culturale. Animata dal dinamismo del suo amministratore delegato, mons.
Liberio Andreatta, in collaborazione con le istituzioni locali, l’ORP sta
facendo un lavoro straordinario. A Roma e nel Lazio il turismo è in crescita,
nonostante la controtendenza in Italia. Dal 2003 ad oggi si è passati da due
milioni e duecentomila presenze annue a quattro milioni e seicentomila, con un
incremento del quindici per cento di soli turisti tedeschi, grazie all’opera
pastorale di Papa Benedetto XVI. Significativo è il fatto che tale incremento del
turismo a Roma e nel Lazio si debba soprattutto al turismo religioso divenuto
un traino per il turismo in generale. Il pellegrinaggio è fondamentale per
ritrovare il senso del viaggio e della vita: rappresenta un momento di riflessione.
L’ORP continua ad accompagnare lungo i cammini più difficili del mondo e a
conferire ai pellegrini il senso vero del pellegrinaggio: viaggiare significa
voler capire, scoprire, condividere. E’ un viaggio di senso che consiste nel
dare la testimonianza di se stessi. Oggi si fa sempre più pressante l’esigenza di rintracciare le proprie radici – ha sottolineato padre
Cesare Atùire, direttore dell’ORP – e il
pellegrinaggio sulle orme dei primi pellegrini europei da questo punto di vista
è occasione preziosa per un recupero consapevole della nostra identità
cristiana, un recupero indispensabile per sapere chi siamo, da dove veniamo e
dove andiamo.
L’Aids, l’omosessualità e la pedofilia al centro dei film presentati
nella seconda settimana del
Festival del cinema di Berlino 2007
- A
cura di Luciano Barisone -
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BERLINO. = Gli intrighi della politica, l’AIDS, la vendita
del proprio corpo, l’omosessualità, la pedofilia. All’inizio della sua seconda
settimana, il 57.mo Festival di Berlino si getta
nella contemporaneità, affrontando i temi scottanti che da anni invadono le
pagine dei quotidiani. Tra queste “The Walker”,
diretto dall’americano Paul Schrader;
“Les Temoins”, del francese
André Téchiné; “Notes on a
Scandal”, del veterano inglese Richard Eyre, che uscirà in Italia con il titolo “Diario di uno
scandalo”; “Irina Palm” del belga Sam
Garbarski. Film, che attraverso differenti
moduli rappresentativi non sanno scegliere fra la presa di distanza e il
coinvolgimento emotivo, proiettandoci spesso in un mondo senza speranza.
Contrariamente, “El Otro”
dell’argentino Ariel Rotter, è come una boccata di
ossigeno. I protagonisti del suo film si trovano, infatti, ad affrontare il
dubbio e la paura che spesso pervadono il maschio in occasione di una futura
prima paternità. Qui l’uomo, posto fra una moglie forse incinta e un padre
ricco e malato, viene tentato dall’idea di una fuga. E
come il Mattia Pascal, dell’omonimo romanzo di Pirandello, nel corso di un viaggio di lavoro cambia
identità, vivendo due giorni di libertà e incertezza prima di riprendere la strada
di casa e accettare serenamente il proprio posto nel mondo.
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14 febbraio 2007
- A cura di
Roberta Gisotti -
L’inno nazionale libanese ha aperto oggi a Beirut la
grande manifestazione convocata dai partiti della maggioranza parlamentare
antisiriana nella centrale Piazza dei Martiri, nel secondo anniversario
dell'assassinio dell’ex premier Rafik Hariri, sepolto a fianco della moschea Al-Amin.
Sulla tomba del leader si sono raccolti in preghiera il premier Siniora e i
ministri del suo governo. Centinaia di migliaia i libanesi giunti da ogni parte
del Paese nella capitale, presidiata con imponenti misure di sicurezza, in un
clima di rinnovata tensione per gli attentati di ieri.
Massima allerta in
Iran, dopo che stamani una bomba è esplosa a Zahedan,
nel sudest del Paese, provocando la morte di almeno 11 persone. L’ordigno è
scoppiato al passaggio di un autobus appartenente ai Guardiani della
Rivoluzione. L’attentato è stato rivendicato dal gruppo sunnita estremista ‘Joundallah - Brigata di Allah’,
particolarmente attivo nell’area al confine con Pakistan e Afghanistan. Ma
perché i Pasdaran sono stati l’obiettivo di
quest’azione? Giada Aquilino lo ha chiesto ad Alberto Zanconato,
corrispondente ANSA da Teheran:
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R. – Si tratta di
un gruppo separatista sunnita in un Paese come l’Iran che - ricordiamo – ha
oltre il 90 per cento della popolazione sciita. Si tratta di un gruppo che in
passato, soprattutto negli ultimi due anni, ha già rivendicato varie azione contro i Pasdarn e
contro le forze di sicurezza iraniane.
Quello preso di mira è lo Stato iraniano, è
D. – Teheran dice che i militanti della Brigata di Allah sono
seguaci di al Qaeda. Potrebbero esserci, quindi, dei
collegamenti internazionali o si tratta di violenze settarie?
R. – Che si tratti
di violenze settarie in origine, questo mi pare abbastanza scontato. il gruppo “Joundallah” afferma di
rappresentare una minoranza sia etnica e cioè i Beluci,
sia una minoranza soprattutto religiosa, i sunniti, in un Paese a stragrande
maggioranza sciita. Poi che ci siano collegamenti con al
Qaeda, questo mi sembra sia da dimostrare, anche perché Teheran
ha accusato in varie riprese diversi presunti responsabili - appunto al Qaeda -
ma all’occorrenza anche gli Stati Uniti e
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“Imporre la legge”: è il nome del nuovo piano di sicurezza
per Baghdad, annunciato oggi dal premier iracheno al Maliki.
Sarà un Comando interforze di 80 mila uomini dell’Esercito e della Polizia, in
collaborazione con le Forze statunitensi, a garantire la sicurezza nella
capitale, suddivisa in 10 zone poste sotto il controllo del generale Qambar, coadiuvato da due vicecomandanti
per le due zone di al-Kharkh e Rasafa,
rispettivamente a maggioranza sunnita e sciita. Oltre 30 mila i posti di blocco
e di controllo previsti in tutta Baghdad, dove vigerà il coprifuoco notturno
dalle 20 alle 6. Saranno, inoltre, chiuse le frontiere con Siria ed Iran.
Riguardo invece la sorte del leader radicale sciita al Sadr, secondo fonti americane, avrebbe già lasciato l’Iraq
per l’Iran ma la notizia diffusa ieri è stata smentita
dai suoi collaboratori, secondo i quali si troverebbe ancora nella città santa
di Najaf. Il movimento di al
Sadr conta nel Parlamento 32 seggi su 275 e partecipa
al governo con 6 ministeri e segretariati di Stato su 37.
Restiamo in Medio Oriente, il premier israeliano Olmert è da oggi in visita ufficiale in Turchia, dove
incontrerà il capo di Stato Sezer ed il premier Erdogan, che proprio ieri ha biasimato Israele per i lavori
intrapresi alla Spianata delle Moschee. Secondo anticipazioni
della stampa israeliana, Olmert tratterà degli ultimi sviluppi regionali e su
come sviluppare la cooperazione bilaterale con
Un leader talebano è stato ucciso in un raid aereo delle
forze della NATO nel sud dell’Afghanistan nel
distretto di Musa Qala, informa una nota dell’Allenza. Ma secondo testimoni locali il raid avrebbe fatto
30 vittime tra le quali almeno 18 civili.
Una vittoria della diplomazia, che dovrebbe servire
d’esempio anche nel modo di affrontare la crisi nucleare iraniana, l’accordo
raggiunto ieri a Pechino sul disarmo atomico della Corea del Nord, in cambio di
ingenti aiuti economici. Questa l’opinione ampiamente condivisa nella comunità
internazionale. “Gioia e soddisfazione”, ha espresso anche il cardinale Nicholas Cheong Jinsuk, arcivescovo di Seul, per avere evitato “una catastrofe
di portata inimmaginabile”, pur mettendo in guardia dal possibile uso militare
che il governo nordcoreano potrà fare degli aiuti,
auspicando che i benefici economici dell’intesa vadano quanto più alla
popolazione. Tra i Paesi che hanno negoziato l’accordo - insieme alle due
Coree, Cina, Stati Uniti, e Russia - il Giappone ha però vincolato i suoi aiuti
alla vicenda irrisolta dei cittadini nipponici, una ventina, rapiti a cavallo
degli anni ’70 ed ‘80 da agenti segreti nordcoreani.
E parliamo di Unione Europea. Stamane
il monito del presidente della Repubblica italiana, Napolitano, in un discordo
al Parlamento europeo riunito in seduta solenne a Straburgo.
“Aprire un nuovo negoziato sul Trattato costituzionale – ha avvertito
Napoletano – può significare aprire un ‘Vaso di Pandora’, farebbe correre il rischio di ripartire da zero,
di avviare un confronto dai risultati e dai tempi imprevedibili”. Quello
firmato nel 2004, è “un buon compromesso”, “non lo si
dimentichi”, ha aggiunto il capo di Stato italiano, sottolineando l’importanza
di “elaborare e prospettare” “linee di nuove politiche comuni”, ad esempio sui
problemi dell'ambiente e dell’energia, che sono questioni di grande attualità.
In Italia, altri quattro arrestati nella notte a
Milano per apologia di reato, riguardo a rivendicazioni o espressioni di
solidarietà rispetto ad attentati e agli imputati nell’inchiesta sulle nuove
BR. E, proseguono oggi a Milano gli interrogatori dei 15 indagati
nell’inchiesta sull’associazione terroristica costituitasi in banda armata,
denominata “Partito comunista politico-militare”, richiamandosi alla cosiddetta
ala “movimentista” delle Brigate Rosse degli anni ‘70
ed ‘80. Gli imputati, interrogati ieri, si sono avvalsi della facoltà di non
rispondere e tra questi Claudio Latino, ritenuto il
capo della cellula milanese, si è dichiarato “prigioniero politico”.
Intervenendo stamane alla Camera, il ministro
dell’Interno Amato ha chiesto “a tutto Parlamento e a tutte le forze politiche
di essere solidali” con le Forze dell’Ordine, “in qualunque circostanza”,
paventando ostilità nel momento in cui sono “ bersaglio” della criminalità
organizzata e di ambienti ultrà. Ma quali legami possono esistere con il
passato delle Brigate Rosse? Gabriella Ceraso lo ha
chiesto a Ferdinando Imposimato, ex giudice
istruttore nei casi del sequestro di Aldo Moro e dell’omicidio di Vittorio Bachelet.
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R. – Non sono dell’idea di voler cercare ad ogni costo un
collegamento con le vecchie Brigate Rosse, perché tutti quelli con i quali ho
parlato, dei vecchi brigatisti, hanno ormai rotto con la lotta armata e molti
di essi stanno anche lavorando nel campo sociale.
Bisogna, però, tenere sempre alta la guardia, sapendo che l’idea della lotta
armata e della rivoluzione marxista e leninista esercita ancora oggi un
fascino, e sapendo che vi sono tutte le condizioni per una ripresa dell’attacco
al cuore dello Stato, colpendo anche i mediatori sociali.
D. – E un mediatore sociale è proprio il prof. Ichino, tra gli obiettivi delle BR, insieme a simboli di
capitalismo e liberalismo. Allora, a cosa ambivano questi terroristi?
R. – L’ambizione è uguale a quella del passato. Il loro
obiettivo è quello di abbattere lo Stato borghese, lo Stato democratico e di
instaurare, quindi, la dittatura del proletariato. Solo che oggi, pur avendo in
comune come nemico principale gli Stati Uniti, considerati imperialisti, i
nuovi brigatisti non hanno quel sostegno esterno, che avevano i vecchi
brigatisti di organizzazioni mediorientali, che fornivano oltre ai Kalashnikov, supporto di ogni genere.
D. – Da quali ambienti, invece, questi brigatisti traggono
“potenziale umano”, proseliti?
R. – Quello del mondo del lavoro, soprattutto del
precariato, del sindacato e del mondo dei disoccupati.
D. – La motivazione che spinge le Brigate Rosse è, dunque,
politica, ma c’è anche alla radice un disagio giovanile ed un disagio sociale.
Cosa fare?
R. – Bisogna far capire ai giovani che questo disagio non
si combatte con il terrorismo, perché altrimenti si ottiene l’effetto contrario
e cioè una legislazione di emergenza che violi i diritti umani e non si risolve
il problema. Ma bisogna anche tenere conto delle esigenze di questi giovani,
che hanno sempre meno spazi dal punto di vista sociale e dal punto di vista politico.
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Undici persone sono state arrestate oggi in Francia nel
quadro di una retata antiterrorismo e su 9 di esse
grava il sospetto che abbiano “legami con l’organizzazione terroristica al
Qaeda”.
Inizia domani, mattina, a Madrid, il processo giudiziario
sull’attentato del 11 marzo del 2.004 nella capitale e nei suoi dintorni che ha
causato 192 morti, 1824 feriti e ingenti danni materiali. Il servizio di
Ignazio Arregui:
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Sono 29 gli imputati, 18 dei quali saranno presenti in
aula, tra i quali tre accusati come autori materiali degli attentati. Altri
sette, del gruppo dei presunti autori, si sono suicidati
quando si sono visti accerchiati dalla
polizia. In tre anni di indagini è immensa la documentazione accumulata in 241
volumi e oltre 93.000 fogli. Il processo potrebbe avere una durata di cinque
mesi e non dovrebbe allungarsi oltre il quarto anno dall’inizio dei primi
arresti per evitare la prescrizione. L’attentato è accaduto l’11 marzo del
2004, nel momento più caldo della campagna elettorale per le votazioni al
parlamento del 14 marzo. L’esito delle elezioni che hanno dato la vittoria al
partito socialista mettendo così termine a otto anni di governo del partito
popolare con Aznar, è stato interpretato in diverso
modo. Secondo il Partito popolare dietro l’attentato c’era l’ETA che ha voluto
punire il Partito popolare. Secondo invece l’ipotesi maggioritaria, l’attentato
è stato causato da gruppi islamici ispirati ad Al
Qaeda in risposta all’atteggiamento di Aznar
favorevole con il presidente Bush, all’intervento
armato in Iraq. Restano ovviamente alcuni elementi da chiarire in un
maxiprocesso così complesso, ma ormai sembra prevalere la tesi della matrice
radicale islamica, tra gli autori del più grave attentato che abbia conosciuto
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Proclamato ufficialmente il nuovo presidente del Turkmenistan, nell'Asia centrale: Gurbanguly
Berdymukhammedov, eletto l’11 febbraio scorso, con
quasi il 90 per cento dei voti, succede con un mandato di cinque anni
all'autoritario Saparmurat
Niazov, morto il 21 dicembre scorso, dopo 21 anni di
governo. Nel suo discorso d’insediamento, Berdymukhammedov
ha promesso di continuare la politica di esportazione di petrolio e gas – di
cui il Turkmenistan è il principale esportatore – e
mantenere la neutralità del Paese.
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