RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 45  - Testo della trasmissione di mercoledì 14 febbraio 2007

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il contributo delle donne allo sviluppo del Cristianesimo è stato fondamentale: è quanto sottolineato da Benedetto XVI all’udienza generale. Il Papa invita i fedeli marchigiani ad un rinnovato e coraggioso impegno di annuncio e testimonianza del Vangelo

 

Il dolore di Benedetto XVI per il grave attentato di ieri in Libano

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

I media italiani dimenticano  pandemie e crisi alimentari che ogni anno  mietono milioni di vittime: la denuncia di Medici Senza Frontiere

 

La Guinea sull’orlo della guerra civile. Intervista con mons. Lucio Sembrano

 

La comunità internazionale solleciti la costruzione di una chiesa cattolica in Afghanistan. E’ l’appello lanciato ai nostri microfoni da padre Giuseppe Moretti

 

Presentato ieri, presso la nostra emittente, il Quaderno dell’Osservatore Romano che raccoglie gli interventi del Papa su matrimonio e unioni di fatto. Ce ne parla il prof. Francesco D’Agostino

 

Mons. Vincenzo Paglia sulla festa di San Valentino: un occasione per ribadire che “l’amore vero o dura eternamente o non è amore”

 

La Chiesa ricorda oggi i Santi Cirillo e Metodio, Compatroni d’Europa

 

CHIESA E SOCIETA’:

Rapporto UNICEF sull’infanzia nei Paesi ricchi: Olanda, Svezia e Danimarca ai primi posti, Regno Unito ultimo

 

Circa 150 rappresentanti di diverse Chiese, comunità e movimenti da domani a Wittenberg, in Germania, per il terzo incontro in preparazione della III Assemblea ecumenica europea

 

Nota del SIR sul disegno di legge del governo italiano sui DICO

 

Dal 17 al 21 febbraio visita in Algeria dell’arcivescovo di Lione, cardinale Philippe Barbarin, per promuovere il dialogo islamo-cristiano

 

Accorato appello dell’ACNUR in favore dei profughi nella Repubblica Democratica del Congo

 

Si è concluso oggi a Roma il Convegno dell’Opera Romana Pellegrinaggi

 

Aids, omosessualità e pedofilia al centro dei film presentati nella seconda settimana del Festival del cinema di Berlino 2007

 

24 ORE NEL MONDO:

Iran: attentato contro un autobus dei Pasdaran: oltre 11 i morti

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

14 febbraio 2007

 

Il contributo delle donne allo sviluppo del Cristianesimo

è stato fondamentale: è quanto sottolineato da Benedetto XVI

all’udienza generale in Aula Paolo VI.

Nella Basilica Vaticana, l’incontro del Papa con i fedeli marchigiani

ai quali ha chiesto di rinnovare l’impegno di annuncio del Vangelo

 

Va riconosciuto il ruolo fondamentale delle figure femminili nella storia del Cristianesimo: è la riflessione offerta ai fedeli da Benedetto XVI, che nell’Aula  Paolo VI ha dedicato il tradizionale appuntamento dell’udienza generale del mercoledì proprio alle donne che hanno annunciato il Vangelo nella prima generazione cristiana. Prima di recarsi in Aula Paolo VI, il Papa ha incontrato, nella Basilica Vaticana, un folto gruppo di fedeli delle Marche guidati dai presuli della loro regione. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Le donne a servizio del Vangelo sono state al centro della catechesi di Benedetto XVI. Il Papa ha sottolineato il ruolo “effettivo e prezioso” svolto da molte figure femminili nella diffusione del Vangelo. Una testimonianza, che “non può essere dimenticata”:

 

“La storia del Cristianesimo avrebbe avuto uno sviluppo ben diverso se non ci fosse stato il generoso apporto di molte donne. Per questo, come ebbe a scrivere il mio venerato e caro Predecessore Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica Mulieris dignitatem,la Chiesa rende grazie per tutte le donne e per ciascuna… La Chiesa ringrazia per tutte le manifestazioni del ‘genio’ femminile apparse nel corso della storia, in mezzo a tutti i popoli e nazioni”.

 

Il Papa ha, così, distinto il ruolo delle donne nel Cristianesimo primitivo, durante la vita terrena di Gesù e durante le vicende della prima generazione cristiana. “Anche se Gesù scelse tra i suoi discepoli dodici uomini”, ha ricordato, “nel numero dei discepoli erano annoverate pure molte donne”:

 

“Donne che hanno svolto un ruolo attivo nel quadro della missione di Gesù. In primo luogo, il pensiero va naturalmente alla Vergine Maria, che con la sua fede e la sua opera materna collaborò in modo unico alla nostra Redenzione”.

 

Ma sono varie le donne, ha proseguito, che a diverso titolo gravitarono attorno alla figura di Gesù con funzioni di responsabilità. Il Papa cita Giovanna, Susanna, le sorelle Marta e Maria. E poi la Maddalena, che non solo presenziò alla Passione, ma fu anche la prima testimone e annunciatrice del Risorto, tanto che a lei San Tommaso d’Aquino riserva la singolare qualifica di “apostola degli apostoli”. Anche nell’ambito della Chiesa primitiva, ha aggiunto, la presenza femminile è tutt’altro che secondaria. L’Apostolo Paolo, rileva, “ammette come cosa normale che nella comunità cristiana la donna possa profetare cioè pronunciarsi apertamente sotto l’influsso dello Spirito”. Pertanto, è il richiamo del Papa, “la successiva esortazione a che le donne nelle assemblee tacciano va piuttosto relativizzata”. D’altro canto, ricorda che le donne “a differenza dei dodici, non abbandonarono Gesù nell’ora della Passione”.

 

Ancora, il Pontefice rammenta che l’Apostolo delle Genti menziona una certa Febe, qualificata come diakonos di una cittadina portuale a est di Corinto, segno dell’“esercizio di responsabilità” da parte di questa donna a favore di quella comunità cristiana.

 

All’udienza generale hanno preso parte anche i famigliari dei soldati israeliani rapiti l’estate scorsa in Libano e a Gaza, che hanno consegnato una lettera al Santo Padre. Presente anche un gruppo di 70 bambini iracheni ospitati in Spagna dall’associazione “Messaggeri della Pace”. Al momento dei saluti, rivolgendosi ai fedeli polacchi, Benedetto XVI ha ricordato l’odierna memoria dei santi fratelli, apostoli degli Slavi, Cirillo e Metodio, Patroni d’Europa. “Per loro intercessione – ha detto – preghiamo Dio affinché le nazioni europee” siano “sempre più consapevoli delle loro radici cristiane”.

 

La mattinata di Benedetto XVI era iniziata con l’incontro nella Basilica di San Pietro con ben 12 mila fedeli marchigiani, convenuti a Roma in occasione della visita ad Limina dei presuli delle Marche. A loro, che lo hanno accolto in modo particolarmente festoso, il Papa ha rivolto una viva esortazione:

 

“Nell’attuale clima di pluralismo culturale e religioso, ci si rende conto che il messaggio di Gesù non è conosciuto da tutti. Pertanto ogni cristiano è chiamato ad un rinnovato e coraggioso impegno di annuncio e testimonianza del Vangelo”.

 

Di qui, l’invito ai presuli affinché dedichino “ogni sforzo perché la formazione cristiana di base” sia ben curata, “perché tutte le categorie di fedeli siano preparate a ricevere con frutto i Sacramenti, indispensabile nutrimento della crescita nella fede”. Tuttavia, ha concluso, non va tralasciata “un’istruzione religiosa solida che resista senza affievolirsi alle diffuse sfide e sollecitazioni d’una società ormai largamente secolarizzata”.

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La preghiera del Papa alla Vergine Maria

per l’incontro con i giovani a Loreto il prossimo mese di settembre

 

Al termine dell’incontro con i vescovi e i fedeli delle diocesi marchigiane il Papa ha guidato la preghiera alla Vergine da lui preparata in vista dell’incontro che avrà con i giovani a Loreto nel prossimo mese di settembre. Ce ne parla Sergio Centofanti.

 

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Il Papa ha composto personalmente la preghiera alla Vergine per l’Agorà dei giovani, il percorso pastorale triennale promosso dalla Conferenza episcopale italiana per “rendere i giovani sempre più protagonisti della propria missione” e che culminerà nell’incontro di Loreto in settembre. Il Papa invoca la Vergine perché ci aiuti a seguire Gesù nella via della fede:

 

“Maria, che a Nazareth hai abitato con Gesù,

imprimi nella nostra vita i tuoi sentimenti,

la tua docilità, il tuo silenzio che ascolta

 e fa fiorire la Parola in scelte di vera libertà".

 

Il Papa prega “perchè la freschezza della nostra fede brilli nei nostri occhi e scaldi il cuore di chi ci incontra”:

 

“Maria, Vergine del Magnificat,

aiutaci a portare la gioia nel mondo e, come a Cana,

spingi  ogni giovane, impegnato nel servizio ai fratelli,

 a fare solo  quello che Gesù dirà".

 

Benedetto XVI chiede infine a Maria di pregare “perchè Gesù, morto e risorto, rinasca in noi e ci trasformi in una notte piena di luce, piena di Lui”:

 

“Maria, Madonna di Loreto, porta del cielo,

aiutaci a levare in alto lo sguardo.

Vogliamo vedere Gesù. Parlare con Lui.

Annunciare a tutti il Suo amore".

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Il dolore del Papa per il grave attentato ieri in Libano

 

Il Papa ha espresso il proprio profondo dolore per il grave attentato che ha colpito ieri una cittadina del Libano, in una zona a maggioranza cristiana a nordest di Beirut, causando tre morti. In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, inviato al Patriarca di Antiochia dei Maroniti, il cardinale Nasrallah Pierre Sfeir, Benedetto XVI assicura la sua preghiera e la sua vicinanza spirituale ai feriti e alle famiglie delle vittime invocando “la protezione materna della Vergine Maria sull’intera nazione libanese”. Quindi il Papa “supplica il popolo libanese e i suoi leader perchè rifiutino in modo unanime la violenza” per “ritrovare in questo momento drammatico le ragioni di uno slancio in favore dell’unità nazionale e del bene comune”.

 

Ieri il cardinale Bertone, durante un convegno a Roma, aveva parlato di un grave attentato in funzione anticristiana invitando a pregare per la martoriata terra del Libano.

 

 

Nomine

 

Il Santo Padre ha nominato vescovo di Diphu, in India, il rev. John Moolachira, del clero di Tezpur, già rettore del Seminario Minore di Tezpur e parroco di Udalguri. Il rev. John Moolachira è nato il 14 dicembre 1951, nel villaggio di Puthusserykadavu, nella diocesi di Mananthavady, in Kerala.  È stato ordinato sacerdote il 23 ottobre 1978 ed incardinato nella diocesi di Tezpur.

 

Il Papa ha quindi nominato vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di San Juan de Puerto Rico (Porto Rico) mons. Daniel Fernández Torres, del clero della diocesi di Arecibo, parroco di Nuestra Señora del Carmen, assegnandogli la sede titolare vescovile di Sufes. Mons. Daniel Fernández Torres è nato a Chicago, negli Stati Uniti, il 27 aprile 1964. Prima di entrare in Seminario, ha ottenuto il baccalaureato in Ingegneria presso l’Università di Porto Rico. Ha compiuto gli studi filosofici e teologici presso il Seminario di Pamplona, in Spagna, e dal 1996 al 1998 ha frequentato i corsi per la specializzazione in Teologia Dogmatica presso la Pontificia Università Gregoriana, ottenendo la Licenza. È stato ordinato sacerdote il 7 gennaio 1995, ad Arecibo, sua diocesi di appartenenza.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

Servizio vaticano - La catechesi e la cronaca dell’udienza generale.

 

Servizio estero - Libano: condanna e inquietudine internazionali per il duplice attentato ad Ain Alek

 

Servizio culturale - Un articolo di Paolo Miccoli dal titolo “L’ineludibile confronto colmysterium iniquitatis”: la cultura occidentale e la riflessione sul male.

 

Servizio italiano - In primo piano il tema del terrorismo.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

14 febbraio 2007

 

 

I media italiani dimenticano  pandemie e crisi alimentari che ogni anno  mietono milioni di vittime: la denuncia di Medici Senza Frontiere

 

Non c’è spazio nei media italiani per pandemie, guerre e crisi alimentari che ogni anno costano milioni di vite: lo denuncia il Rapporto annuale sulle crisi dimenticate, realizzato per il terzo anno consecutivo da “Medici Senza Frontiere” con la collaborazione gratuita dell’Osservatorio di Pavia. La presentazione, questa mattina, nella Sala stampa estera, a Roma. C’era per noi Paolo Ondarza:

 

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Silenzio stampa su oltre 70 Paesi colpiti da guerre, carestie, disastri naturali e pandemie. Lo denuncia “Medici Senza Frontiere”. Le crisi più ignorate riguardano la Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sri Lanka, Colombia, Cecenia, Haiti, Repubblica Centrafricana e India centrale. Eppure, migliaia di cittadini italiani consultano quotidianamente il sito di MSF per conoscere e capire cosa succede in questi Paesi, e sono centinaia di migliaia quelli che attraverso le loro donazioni contribuiscono all’azione dell’organizzazione. Dunque, l’interesse da parte della gente c’è. Tra i 22 quotidiani analizzati, i più attenti alle crisi umanitarie sono risultati prima di tutto “Avvenire”, seguito da “Repubblica” e dal “Corriere della Sera”. Tra i periodici, “Famiglia Cristiana”, “Panorama”, “L’Espresso” e il “Venerdì” di “Repubblica”. I Tg RAI sono meno disattenti di quelli Mediaset; promosso il Tg3, fanalino di coda è “Studio aperto” di Italia1.

 

Non mancano paradossi: alla Cecenia, in un intero anno sono stati dedicati solo 92 articoli dai 22 quotidiani e dai 13 periodici presi in considerazione, ma di questi ben 42 si riferiscono a due singoli episodi eclatanti, e cioè l’uccisione del leader separatista Basayev e l’assassinio della giornalista Anna Politovskaja, mentre è praticamente inesistente lo spazio dedicato alle condizioni di vita e alle sofferenze dei civili ceceni di cui proprio la giornalista, coraggiosamente, scriveva. Non solo: alla tubercolosi che contagia nove milioni di persone e ne uccide due milioni ogni anno, i telegiornali hanno dedicato tre notizie, nel 2006; alla malaria, che uccide un bambino ogni 30 secondi, sei notizie, mentre all’influenza aviaria che ha registrato, nel 2006, 80 morti in tutto il mondo, sono stati dedicati ben 410 servizi dai telegiornali.

 

Per dire “basta”, “Medici Senza Frontiere” lancia l’iniziativa “Dimmi di più”, che punterà a coinvolgere il grande pubblico nel chiedere un’informazione più attenta alle crisi umanitarie.

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La Guinea sull’orlo della guerra civile

- Intervista con mons. Lucio Sembrano -

 

In Guinea Conakry, nonostante il coprifuoco imposto dal presidente Lansana Conté, è di quattro morti il bilancio degli scontri di ieri tra manifestanti e polizia, avvenuti nella cittadina di Labé. La situazione, sempre più drammatica, conta 110 vittime nell’ultimo mese e mezzo. Sugli sviluppi delle ultime ore, Salvatore Sabatino ha raggiunto telefonicamente nella capitale Conakry l’incaricato d’affari della nunziatura mons. Lucio Sembrano:

 

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R. – E’ tornata la calma. Soprattutto gli atti vandalici che si erano verificati nei giorni scorsi, sono cessati. Il problema è che si tratta soprattutto di giovani soldati che stanno pattugliando le strade: per allontanare le persone, sparano in aria. Sono senza esperienza e non si rendono conto che spesso i colpi causano dei danni collaterali. Alcune persone sono già finite in ospedale, un vecchio è morto perché le pallottole rimbalzano e feriscono le persone.

 

D. – E’ una situazione dunque difficile da tenere sotto controllo, frutto di una situazione politica altrettanto, se non ancora più difficile ...

 

R. – Sì. Il presidente aveva promesso di dare un primo ministro che fosse effettivamente un uomo capace di raccogliere il consenso di tutte le forze politiche, e ha deluso queste aspettative, scegliendo uno del suo entourage. Di conseguenza, la gente, questa volta, non più soltanto i partiti dell’opposizione, è scesa in strada, reclamando proprio che il presidente se ne vada via, che lasci il potere. Cosa che attualmente sarà di fatto un po’ difficile da realizzare, perché lui ha il sostegno dell’esercito ...

 

D. – Si allunga, a questo punto, l’ombra di una guerra civile ...

 

R. – Sì. Ma finché c’è il coprifuoco e lo stato d’assedio in vigore, e anche le riunioni sono proibite gli stessi capi dell’opposizione non hanno la possibilità concreta di prevedere un futuro sviluppo; però, quando lo stato d’assedio sarà tolto, la società civile si organizzerà come prima e sarà anche più dura di prima.

 

D. – I Paesi come la Sierra Leone, la Liberia, i Paesi confinanti, temono che ci siano delle ondate di profughi e sfollati. Come si stanno comportando in questo momento?

 

R. – Durante la prima ondata di sciopero, Sierra Leone e Liberia hanno fatto sentire la loro voce. La Guinea ospita moltissimi dei loro profughi; non solo: fornisce anche aiuti alimentari perché né Liberia né Sierra Leone sono autosufficienti, da questo punto di vista. Quindi, temono che una volta che il Paese fosse destabilizzato, non solo i loro profughi tornerebbero nei loro Paesi, ma ci sarebbero anche altre ondate di profughi guineani, con conseguenze devastanti. Però, di fatto, nessuna misura politica, nessuna pressione ancora è stata esercitata. Né l’Unione Africana né l’Unione Europea, che in una prima fase si erano fatte sentire, adesso si sono mosse.

 

D. – Secondo lei, perché questo atteggiamento così “assente” della comunità internazionale nei confronti di questa crisi?

 

R. – L’Africa non è mai stata nelle priorità dello scenario internazionale. E anche se qui ci sono miniere di bauxite e di oro e di diamanti, di fatto però gli stessi Stati Uniti sanno bene che possono procurarsi la bauxite, che è fondamentale per la costruzione degli aerei, anche da altre parti del mondo. Potendo prescindere dalle materie prime – è amaro doverlo constatare – c’è indifferenza nei confronti di quello che accade qua!

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Le organizzazioni internazionali sollecitino

la costruzione di una chiesa cattolica in Afghanistan.

E’ l’appello lanciato ai nostri microfoni dal Superiore della missio sui iuris

del Paese asiatico, padre Giuseppe Moretti

 

Il sogno di una chiesa in Afghanistan, al di fuori di ambasciate e basi militari, è “remoto” ed è ancora impossibile celebrare la Santa Messa non in queste sedi. Ci vorrebbe una richiesta di organizzazioni internazionali per sollecitare la realizzazione di una chiesa per la popolazione afghana. Lo ha detto padre Giuseppe Moretti, superiore della missio sui iuris del Paese asiatico smentendo la notizia, diffusa nei giorni scorsi, della costruzione di una chiesa cattolica ad Herat. Ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, proprio padre Moretti, raggiunto telefonicamente a Kabul:

 

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R. – Non è in costruzione una chiesa ad Herat; oltre tutto non c’è una comunità autoctona. Da quanto so io, si tratta soltanto della costruzione della cappella all’interno del nostro contingente ad Herat, così come ci sono delle cappelle in altri campi militari. L’unica chiesa ufficialmente riconosciuta è all’interno dell’Ambasciata d’Italia. Il desiderio e il sogno sono quelli di poter vedere una chiesa al di fuori dell’ambasciata.

 

D. – Ci sono, comunque, dei passi che fanno pensare, magari in un futuro, alla costruzione di una chiesa?

 

R. – In un’intervista al presidente afghano Hamid Karzai, il giornalista ha chiesto se ci siano delle possibilità per la costruzione di una chiesa; Karzai ha detto che teoricamente non ci sono difficoltà. Ma la situazione dell’Afghanistan – purtroppo - è difficile e non c’è una comunità autoctona. Ci vorrebbe anche una richiesta da parte di chi ha potere in Afghanistan come il Corpo Diplomatico e le Organizzazioni internazionali per sollecitare la costruzione di una chiesa, in modo da poter avere la possibilità di poter praticare la propria fede in modo ancora più libero.

 

D. – In una realtà così difficile c’è comunque da segnalare che la popolazione afghana è rispettosa dei luoghi religiosi non islamici. Questo rispetto può diventare un vero incontro, l’incontro con Cristo?

 

R. – Io me lo auguro. Io me lo auguro, ma manca il substrato. L’Afghanistan è un Paese che non ha mai avuto un impatto con il cristianesimo – per trovarlo bisogna risalire a duemila anni fa – attraverso comunità, missionari. C’è da augurarsi, se è vera la tradizione che uno dei Magi venisse dall’Afghanistan, che la stella per Betlemme ritorni a risplendere su questo cielo. Bisogna quindi avere moltissima prudenza, moltissima pazienza e, allo stesso tempo, una grande fiducia perché “i miei tempi non sono i vostri”, come dice il Signore, ed i calcoli umani su certi argomenti non sono matematici.

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Presentato ieri presso la nostra emittente

il Quaderno dell’Osservatore Romano

che raccoglie gli interventi del Papa su matrimonio e unioni di fatto

- Intervista con il prof. Francesco D’Agostino -

 

“La verità sulla famiglia. Matrimoni e unioni di fatto nelle parole di Benedetto XVI”: è il titolo del Quaderno dell’Osservatore Romano che raccoglie gli interventi del Papa sul tema, presentato ieri pomeriggio presso la nostra emittente. Presenti il direttore generale della Radio Vaticana, padre Federico Lombardi, il direttore dell’Osservatore Romano, Mario Agnes, e il presidente dell’Unione Giuristi Cattolici, Francesco D’Agostino. Il servizio di Debora Donnini.

 

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“Non posso tacere la mia preoccupazione per le leggi sulle unioni di fatto”. Sono parole di Benedetto XVI pronunciate nel discorso alla Curia Romana il 22 dicembre scorso. Un testo contenuto nel Quaderno dell’Osservatore Romano assieme agli altri interventi del Papa su famiglie e unioni di fatto. Un’antologia che, è stato sottolineato da padre Federico Lombardi, costituisce un contributo per conoscere il pensiero del Papa sul tema. Una preoccupazione quella di Benedetto XVI per la famiglia che non può non essere la preoccupazione dell’Osservatore Romano, ha affermato Mario Agnes. “Non abbiamo taciuto e non taceremo - ha aggiunto - noi andremo avanti con il cuore e l’intelligenza di samaritani della famiglia”. Ad intervenire alla presentazione del volume anche Francesco D’Agostino, presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani, che ha spiegato come la famiglia sia parte costitutiva dell’esperienza umana:

 

“La famiglia non è stata inventata nel corso della storia, come sono state inventate tante tecnologie, come per esempio è stata inventata la scrittura. La famiglia è il modo specifico per il genere umano di essere come - dirà un cristiano – il Creatore l’ha voluto creare, oppure come potrebbe dire un non cristiano, per quella che è la sua natura. Se si toglie l’identità familiare, si toglie la specificità dell’essere dell’uomo. Questa è una tesi forte, ma ha dalla sua la prova veramente pesante di tutte le culture e di tutte le epoche”.

 

Rispondendo poi ad una domanda a proposito dei DICO, il prof. D’Agostino ha affermato:

 

“I DICO li conosco per quello che hanno pubblicato i quotidiani. Non mi convince il discorso che è stato fatto da più parti. Il discorso è che i DICO non riconoscono le convivenze, riconoscono diritti individuali dei conviventi. Non mi pare che sia così, perché dal testo che abbiamo letto, queste convivenze devono essere riconosciute pubblicamente attraverso l’iniziativa formale o di entrambi i conviventi o almeno di uno dei due. E’ sempre la coppia… Perché non è il fatto della convivenza che è preso in considerazione dalla norma, ma è la volontà dei due conviventi che induce l’anagrafe a dare una particolare registrazione a quella convivenza. Quindi, mi sembra che, di fatto, il discorso che si faceva sui PACS lo si possa trasportare con minime variabili anche per quello che riguarda i DICO. Obiettivamente i DICO sanciscono un riconoscimento legale di tipo pubblico per un particolare tipo di convivenza, su richiesta degli stessi conviventi”.

 

Per il prof. D’Agostino i cristiani non devono ridurre la fede solo ad un fatto intimistico ma hanno il diritto di esprimere in modo pubblico le loro convinzioni.

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Mons. Vincenzo Paglia sulla festa di San Valentino:

un occasione per ribadire che

“l’amore vero o dura eternamente o non è amore”

 

“L’amore dell’uomo e della donna è all’origine della famiglia umana  e la coppia formata da un uomo e una donna ha il suo fondamento nel disegno originario di Dio”. Con queste parole, mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni, ha accolto nei giorni scorsi, in vista della festa di San Valentino che ricorre oggi,  centinaia di coppie di fidanzati radunati nel Duomo di Terni per la Messa solenne per la “Festa della Promessa”. “La frequenza delle liti e delle rotture, ha sottolineato il vescovo umbro, fa pensare che l’amore durevole sia impossibile. La vostra presenza qui sta a dire il contrario, desiderando che le difficoltà, che pure ci saranno, non lo travolgano”. Al microfono di Luca Collodi il vescovo di Terni, mons. Vincenzo Paglia:

 

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R. – E’ una festa conosciuta in tutto il mondo, e io credo che sia importante che in un mondo dove la violenza sembra espandersi, almeno il ricordo dell’amore ci aiuti ad individuare una nuova prospettiva. San Valentino può essere anche, in questo senso, un piccolo tassello in questo grande mosaico dell’amore che bisogna costruire.

 

D. – Mons. Paglia, chi era San Valentino?

 

R. – San Valentino era un giovane di Terni, del III secolo; quando questa comunità incominciò a riorganizzarsi, ci fu bisogno di scegliere un vescovo e Valentino, che aveva mostrato doti particolari di governo e di amore per i poveri, venne eletto vescovo di Terni. La prima sua nota è quella di essere un vescovo che guariva molti malati. Poi c’è un’altra vicenda legata a San Valentino protettore degli innamorati: perché lui aiutò due giovani – un soldato romano, che era pagano, e una ragazza cristiana. Si erano innamorati. San Valentino li accompagnò, capì che il loro amore era vero, riuscì poi a far battezzare questo giovane romano, si sposarono. E questa vicenda – narra la tradizione – spinse molti giovani ad accorrere da Valentino.

 

D. – La politica e anche i media ci dicono che oltre a calare i matrimoni, sembrano calare anche – diciamo così – le coppie di fidanzati che guardano al matrimonio. Lei che ne dice?

 

R. – E’ vero che c’è questa tendenza generale: o a ritardare il matrimonio oppure a non pensarlo come prospettiva della loro vita. Quel che a me ha fatto impressione, proprio domenica scorsa, quando sono venute 200 coppie di fidanzati, un’impressione molto bella, devo dire, è vedere questi giovani che, ancora da fidanzati, chiedono che il loro amore duri per sempre. Mi pare una manifestazione significativa, in un mondo che non conosce più la perennità dell’amore, vedere questi giovani che comprendono che l’amore vero o dura eternamente o non è amore. E’ particolarmente interessante, questo recupero; cogliere questa domanda d’amore che chiede una perennità.

 

D. – Mons. Paglia, spesso – anche molti giovani lo pensano – il cristianesimo, con i suoi comandamenti è un po’ percepito come un “divieto” per l’amore ...

 

R. – Purtroppo, è una vulgata ingiusta: non è così! Perché l’amore come lo intende il Vangelo, se pensiamo alla differenza tra l’amore del Buon Pastore e quello del mercenario, ecco: l’amore del Buon Pastore è un grande “sì” all’altro. E’ovvio che il grande sì all’altro richiede anche qualche “no” a se stessi. Ma se si dice solo “sì” a se stessi, è un ripetuto “no” alla vita, agli altri e alla crescita. In questo senso, probabilmente, anche da parte nostra deve forse essere accresciuta la capacità di presentare una Chiesa che sa amare, di una Chiesa che sia Madre, che sa essere accanto a chi ha bisogno di sostegno, di amore, di compagnia. Oggi c’è bisogno sempre più di una Chiesa che mostri il volto grande, forte e quindi anche esigente.

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La Chiesa ricorda oggi i Santi Cirillo e Metodio, Compatroni d’Europa.

A loro si deve l’evangelizzazione dei popoli slavi

e la traduzione dei testi sacri in un nuovo alfabeto, il cirillico

 

Crearono l’alfabeto slavo e tradussero in questa lingua la Scrittura e anche i testi della liturgia latina, per aprire ai popoli della Pannonia e della Moravia i tesori della Parola di Dio e dei Sacramenti. Per questa missione apostolica, nel IX secolo, San Cirillo e San Metodio, di cui la Chiesa oggi fa memoria, sostennero prove e sofferenze di ogni genere. Il servizio di Tiziana Campisi:

 

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“Signore, Dio mio … tu che ascolti sempre coloro che fanno la tua volontà e ti temono e osservano i tuoi precetti … fa’ crescere di numero la tua Chiesa e raccogli tutti nell’unità”. Ha pregato con queste parole, prima di morire, Cirillo, monaco e uomo colto che oltre al greco, parlava correntemente il latino, l’arabo e l’ebraico. Il suo apostolato è legato a quello del fratello Metodio che fu vescovo di Sirmiun.

 

Originari di Tessalonica, l’odierna Salonicco, in Grecia, Costantino e Michele, questi i nomi dei due santi alla nascita, erano attirati dalla vita ascetica e loro desiderio era quello di dedicarsi allo studio nel silenzio della cella monastica. Ma la Chiesa e l’Impero bizantino fanno di loro due apprezzati predicatori. Cirillo viene scelto per missioni religioso-diplomatiche presso arabi e khazari, poi la storia ce lo descrive insieme al fratello Metodio, soprattutto quando il sovrano di Moravia, Rostislav, chiese all’imperatore bizantino di inviare missionari nel suo regno. Cirillo accettò volentieri l’invito e, giunto nella sua nuova terra di missione, incominciò a tradurre brani del Vangelo di Giovanni inventando un nuovo alfabeto, poi chiamato cirillico.

 

I due fratelli dovettero comunque affrontare incomprensioni, ostilità e divergenze fra le Chiese durante i loro viaggi. Nell’867 si recano a Roma ed incontrano Papa Adriano II, che ordina sacerdote Metodio ed approva le loro traduzioni della Bibbia e dei testi liturgici in lingua slava. Due anni dopo Cirillo si ammala gravemente, si spegne il 14 febbraio. Metodio, invece prosegue la sua missione in Moravia, dove morirà il 6 aprile dell’885, dopo essere stato perseguitato insieme ad alcuni discepoli, dietro anche a motivazioni politiche, come portatore di eresie. Il 31 dicembre del 1980, Giovanni Paolo II, con la Lettera apostolica “Egregiae virtutis”, li ha dichiarati Patroni d’Europa, poichè evangelizzatori dei popoli slavi. Papa Wojtyla li ha voluti protettori del Vecchio Continente, insieme a San Benedetto, Santa Caterina da Siena, Santa Brigida di Svezia e Santa Teresa Benedetta della Croce, perché la loro vita testimonia che tradizioni e culture diverse completano una comune ricchezza.

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CHIESA E SOCIETA’

14 febbraio 2007

 

 

Rapporto UNICEF sull’infanzia nei Paesi ricchi:

Olanda, Svezia e Danimarca nei primi posti, Gran Bretagna ultima

 

ROMA. = L’ultimo rapporto dell’UNICEF sulla povertà infantile nei Paesi industrializzati traccia un quadro generale non confortante sulle condizioni di vita dei bambini. Dallo studio, che ha utilizzato diversi indicatori, emerge come in tutti i 21 Paesi dell’OCSE presi in esame siano necessari miglioramenti. Il più elevato livello di benessere dei bambini si riscontra in Stati del centro- nord Europa quali Olanda, Svezia, Danimarca e Finlandia. Il rapporto evidenzia, poi, come non esista una forte o coerente relazione tra il PIL pro capite di uno Stato e il livello di benessere dei bambini. La Repubblica Ceca presenta, ad esempio, una situazione migliore di molti altri Paesi europei più ricchi. L’Italia è ottava e l’ultimo posto di questa classifica è occupato a sorpresa dalla Gran Bretagna, dove gli indicatori sulla povertà, la salute e la sicurezza dei bambini fanno registrare dati sconfortanti. Per il Fondo mondiale dell’Infanzia, il rapporto è concepito come “un primo passo” nella direzione di un monitoraggio costante e approfondito del benessere dei bambini in tutti i paesi OCSE. (A.L.)

 

 

Circa 150 rappresentanti di diverse Chiese, comunità e movimenti

da domani a Wittenberg, in Germania, per il terzo incontro

 in preparazione della III Assemblea ecumenica europea,

prevista a Sibiu, in Romania, dal 4 al 9 settembre

 

WITTENBERG. = “Riscoprire il dono di luce che il Vangelo di Cristo è per l’Europa di oggi”: questo il tema della terza tappa in preparazione della III Assemblea Ecumenica Europea (AEE3) prevista a Sibiu, in Romania, dal 4 al 9 settembre. L’incontro, a partire da domani e fino al 18 febbraio, radunerà a Wittenberg, in Germania, circa 150 delegati delle Chiese, Conferenze episcopali, organismi, comunità e movimenti ecumenici d’Europa. Organizzata dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (CCEE) e dalla Conferenza delle Chiese Europee (KEK), la riunione, riferisce l’agenzia Fides, si aprirà con un culto ecumenico nella Chiesa evangelica “Stadtkirche”, con la predicazione del vescovo Axel Noack, della Chiesa evangelica della Sassonia (Kirchenprovinz Sachsen). La III Assemblea Ecumenica Europea, che avrà come tema “La luce di Cristo illumina tutti. Speranza di rinnovamento ed unità in Europa”, diversamente dalle precedenti, è articolata in quattro tappe che vogliono essere una sorta di pellegrinaggio simbolico attraverso le diverse tradizioni confessionali in Europa. La prima tappa si è svolta dal 24 al 27 gennaio dello scorso anno a Roma, la seconda tappa (tuttora in corso) comprende invece una serie di incontri nazionali e/o regionali sui temi dell’assemblea. Tra gli argomenti che saranno discussi nel corso della terza tappa: la secolarizzazione come sfida per l’Europa; esperienze ecumeniche e preoccupazioni di oggi; la riconciliazione in Europa. Il programma prevede anche l’incontro dei delegati con il presidente della Repubblica federale tedesca, Horst Köhler, oltre a numerosi momenti di preghiera, incontri con le comunità cristiane locali e un tour dei luoghi storici della Riforma. (T.C.)

 

 

Il disegno di legge del governo italiano sul riconoscimento delle coppie

di fatto introduce qualcosa di diverso e di alternativo alla famiglia come

è definita nella Costituzione. E’ quanto si legge in una nota

del Servizio Informazione Religiosa della Chiesa italiana (SIR)

 

ROMA: = Il Servizio Informazione Religiosa della Chiesa (SIR) sottolinea in una nota i rischi del disegno di legge del governo italiano sul riconoscimento delle coppie di fatto: “questa proposta introduce in realtà qualcosa di sostanzialmente diverso, e di pericolosamente alternativo, alla famiglia così come è definita nella Costituzione”. Si evidenzia quindi come la questione dell’unicità del vincolo rappresentato dalla famiglia non possa essere confusa con altre forme di convivenza. “In gioco – si legge nella nota – c’è il valore e il senso, e in prospettiva la stessa definizione di famiglia, come vincolo stabile tra un uomo e una donna”. Per il SIR si tratta dunque di “scegliere nuovamente come esclusivo il modello costituzionale e rifiutare una inaccettabile deriva omeopatica, cioè per piccole dosi, verso qualcosa d’altro”. Una scelta che deve essere orientata da alcune irrinunciabili priorità: “salvaguardare la famiglia, rifiutando coerentemente ogni mediazione al ribasso, ogni tentativo surrettizio significa mettersi sulla retta strada di un diritto coerente con la vita e la realtà sociale, con le attese concrete della gente”. “Significa anche - prosegue la nota - promuovere e valorizzare,  coerentemente con la Costituzione, i diritti di tutti”. L’Agenzia SIR sottolinea poi che, nell’ottica della promozione della salvaguardia dei diritti delle persone e delle formazioni sociali, “potranno trovare spazio tutti i diritti, ma chiaramente gerarchizzati e precisamente determinati, senza confusioni inaccettabili”.  Dire con chiarezza – conclude la nota – che ogni strada surrettizia non è accettabile, “non significa combattere nessuna battaglia di retroguardia, ma è un modo per affermare precisi punti di riferimento per continuare a crescere”. (A.L.)

 

 

Dal 17 al 21 febbraio visita in Algeria dell’arcivescovo di Lione, cardinale Philippe Barbarin, per promuovere il dialogo islamo-cristiano

 

LIONE.= Il cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, e il presidente del Consiglio Regionale del Culto Musulmano (CRCM), Azzedine Gaci, parteciperanno dal 17 al 21 febbraio a una visita in Algeria per favorire il dialogo islamo-cristiano. L’iniziativa – riferisce l’agenzia Fides - è dello stesso Presidente del CRCM, che aveva lanciato la proposta nel marzo 2006, durante un incontro tra i rappresentanti del Consiglio Regionale del Culto Musulmano e i delegati regionali del dialogo islamo-cristiano. “Il viaggio vuole mettere in rilievo i legami esistenti tra le regione di Lione e l’Algeria e permetterà ai responsabili cristiani e musulmani, impegnati in uno sforzo di conoscenza reciproca, di ritrovarsi per un tempo forte di visite comuni e di testimonianza”, spiega un comunicato dell’arcidiocesi di Lione. Nell’occasione, i delegati potranno incontrare le personalità e le istituzioni musulmane e cattoliche di Annaba, Hippone, Constantine, Algeri, Tibhirine e Médéa. La visita è sponsorizzata dal Ministero algerino degli Affari religiosi nel quadro delle iniziative di promozione del dialogo interreligioso e interculturale volute dal Presidente algerino, Abdelaziz Bouteflika. (L.Z.)

 

 

Accorato appello dell’Alto Commissariato dell’ONU per i Rifugiati

alla comunità internazionale: occorrono urgentemente 62 milioni di dollari per i rifugiati e gli sfollati della Repubblica Democratica del Congo

 

KINSHASA. = L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha lanciato ieri un appello, attraverso un comunicato stampa, per la raccolta di 62 milioni di dollari. I fondi, secondo l’Agenzia dell’ONU, sono necessari a finanziare i programmi in favore delle centinaia di migliaia di persone sfollate all’interno della Repubblica Democratica del Congo (RDC) e dei rifugiati congolesi fuggiti dal Paese. Di questa somma, precisa l’UNHCR, 47 milioni di dollari, che andranno ad aggiungersi al bilancio annuale regolare, finanzieranno nel 2007 i programmi di rimpatrio volontario di circa 98.500 rifugiati. Gli altri 15 milioni di dollari saranno invece necessari per fornire protezione ed assistenza, sempre durante l’anno in corso, a circa 1,1 milioni di persone sfollate all’interno della Repubblica Democratica del Congo. L’appello dell’UNHCR tiene conto degli importanti sviluppi politici del 2006, tra cui l’insediamento del presidente Joseph Kabila in dicembre, in seguito alle prime elezioni democratiche svoltesi nel Paese dopo 40 anni. Attualmente, oltre 400 mila congolesi sono rifugiati fuori dal proprio Paese. La maggior parte non dispone di mezzi per far ritorno a casa in maniera autonoma. Alcuni hanno trascorso decenni in esilio, in attesa di una pace duratura. La carenza di vie di comunicazione in un Paese così esteso, tra i più poveri del mondo, rende ancora più arduo il lavoro dell’UNHCR e delle agenzie partner. (E.L.) 

 

 

Ricco di contenuti il Convegno dell’Opera Romana Pellegrinaggi

conclusosi nella tarda mattinata di oggi a Roma

- A cura di Giovanni Peduto -

 

ROMA. = Il Convegno nazionale teologico pastorale dell’Opera Romana Pellegrinaggi  anche quest’anno è stato ricco di contenuti e sicuramente foriero di nuove iniziative e realizzazioni. Folta anche la partecipazione: più di ottocento persone da ogni parte della Penisola. Al tavolo degli oratori si sono succeduti ecclesiastici, politici, esponenti della cultura e del giornalismo, mentre i cardinali Levada, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, e Bertone, segretario di Stato vaticano, hanno presiedute la liturgie eucaristiche. Si è concentrata l’attenzione su un tema di grande attualità, quello dei ‘Cammini d’Europa’, i luoghi cioè in cui si è consolidata l’Europa cristiana: Santiago de Compostela, Roma con le Tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, Loreto, per citare i maggiori. Per questo motivo l’ORP si è proposta la finalità di favorire la conoscenza di questi cammini, proponendo un intreccio di itinerari e di iniziative, in cui la nota prevalente sia costituita dall’aspetto spirituale accompagnato da quello culturale. Animata dal dinamismo del suo amministratore delegato, mons. Liberio Andreatta, in collaborazione con le istituzioni locali, l’ORP sta facendo un lavoro straordinario. A Roma e nel Lazio il turismo è in crescita, nonostante la controtendenza in Italia. Dal 2003 ad oggi si è passati da due milioni e duecentomila presenze annue a quattro milioni e seicentomila, con un incremento del quindici per cento di soli turisti tedeschi, grazie all’opera pastorale di Papa Benedetto XVI. Significativo è il fatto che tale incremento del turismo a Roma e nel Lazio si debba soprattutto al turismo religioso divenuto un traino per il turismo in generale. Il pellegrinaggio è fondamentale per ritrovare il senso del viaggio e della vita: rappresenta un momento di riflessione. L’ORP continua ad accompagnare lungo i cammini più difficili del mondo e a conferire ai pellegrini il senso vero del pellegrinaggio: viaggiare significa voler capire, scoprire, condividere. E’ un viaggio di senso che consiste nel dare la testimonianza di se stessi. Oggi si fa sempre più pressante l’esigenza di rintracciare le proprie radici – ha sottolineato padre Cesare Atùire, direttore dell’ORP – e il pellegrinaggio sulle orme dei primi pellegrini europei da questo punto di vista è occasione preziosa per un recupero consapevole della nostra identità cristiana, un recupero indispensabile per sapere chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo.

 

 

L’Aids, l’omosessualità e la pedofilia al centro dei film presentati

nella seconda settimana del Festival del cinema di Berlino 2007

- A cura di Luciano Barisone -

 

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BERLINO. = Gli intrighi della politica, l’AIDS, la vendita del proprio corpo, l’omosessualità, la pedofilia. All’inizio della sua seconda settimana, il 57.mo Festival di Berlino si getta nella contemporaneità, affrontando i temi scottanti che da anni invadono le pagine dei quotidiani. Tra queste “The Walker”, diretto dall’americano Paul Schrader; “Les Temoins”, del francese André Téchiné; “Notes on a Scandal”, del veterano inglese Richard Eyre, che uscirà in Italia con il titolo “Diario di uno scandalo”; “Irina Palm” del belga Sam Garbarski. Film, che attraverso differenti moduli rappresentativi non sanno scegliere fra la presa di distanza e il coinvolgimento emotivo, proiettandoci spesso in un mondo senza speranza. Contrariamente, “El Otro” dell’argentino Ariel Rotter, è come una boccata di ossigeno. I protagonisti del suo film si trovano, infatti, ad affrontare il dubbio e la paura che spesso pervadono il maschio in occasione di una futura prima paternità. Qui l’uomo, posto fra una moglie forse incinta e un padre ricco e malato, viene tentato dall’idea di una fuga. E come il Mattia Pascal, dell’omonimo romanzo di Pirandello, nel corso di un viaggio di lavoro cambia identità, vivendo due giorni di libertà e incertezza prima di riprendere la strada di casa e accettare serenamente il proprio posto nel mondo.

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24 ORE NEL MONDO

14 febbraio 2007

 

 

- A cura di Roberta Gisotti -

 

L’inno nazionale libanese ha aperto oggi a Beirut la grande manifestazione convocata dai partiti della maggioranza parlamentare antisiriana nella centrale Piazza dei Martiri, nel secondo anniversario dell'assassinio dell’ex premier Rafik Hariri, sepolto a fianco della moschea Al-Amin. Sulla tomba del leader si sono raccolti in preghiera il premier Siniora e i ministri del suo governo. Centinaia di migliaia i libanesi giunti da ogni parte del Paese nella capitale, presidiata con imponenti misure di sicurezza, in un clima di rinnovata tensione per gli attentati di ieri.

 

Massima allerta in Iran, dopo che stamani una bomba è esplosa a Zahedan, nel sudest del Paese, provocando la morte di almeno 11 persone. L’ordigno è scoppiato al passaggio di un autobus appartenente ai Guardiani della Rivoluzione. L’attentato è stato rivendicato dal gruppo sunnita estremista ‘Joundallah - Brigata di Allah’, particolarmente attivo nell’area al confine con Pakistan e Afghanistan. Ma perché i Pasdaran sono stati l’obiettivo di quest’azione? Giada Aquilino lo ha chiesto ad Alberto Zanconato, corrispondente ANSA da Teheran:

 

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R. – Si tratta di un gruppo separatista sunnita in un Paese come l’Iran che - ricordiamo – ha oltre il 90 per cento della popolazione sciita. Si tratta di un gruppo che in passato, soprattutto negli ultimi due anni, ha già rivendicato varie azione contro i Pasdarn e contro le forze di sicurezza iraniane.  Quello preso di mira è lo Stato iraniano, è la Repubblica islamica e, ovviamente, i Pasdarn che sono i Guardiani della Rivoluzione, sono le forze d’élite delle Repubblica islamica.

 

D. – Teheran dice che i militanti della Brigata di Allah sono seguaci di al Qaeda. Potrebbero esserci, quindi, dei collegamenti internazionali o si tratta di violenze settarie?

 

R. – Che si tratti di violenze settarie in origine, questo mi pare abbastanza scontato. il gruppo “Joundallah” afferma di rappresentare una minoranza sia etnica e cioè i Beluci, sia una minoranza soprattutto religiosa, i sunniti, in un Paese a stragrande maggioranza sciita. Poi che ci siano collegamenti con al Qaeda, questo mi sembra sia da dimostrare, anche perché Teheran ha accusato in varie riprese diversi presunti responsabili - appunto al Qaeda - ma all’occorrenza anche gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, che in generale l’Iran accusa di sostenere i gruppi etnici estremisti che cercano di provocare problemi per il potere centrale nelle aree di confine del Paese.

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“Imporre la legge”: è il nome del nuovo piano di sicurezza per Baghdad, annunciato oggi dal premier iracheno al Maliki. Sarà un Comando interforze di 80 mila uomini dell’Esercito e della Polizia, in collaborazione con le Forze statunitensi, a garantire la sicurezza nella capitale, suddivisa in 10 zone poste sotto il controllo del generale Qambar, coadiuvato da due vicecomandanti per le due zone di al-Kharkh e Rasafa, rispettivamente a maggioranza sunnita e sciita. Oltre 30 mila i posti di blocco e di controllo previsti in tutta Baghdad, dove vigerà il coprifuoco notturno dalle 20 alle 6. Saranno, inoltre, chiuse le frontiere con Siria ed Iran.

 

Riguardo invece la sorte del leader radicale sciita al Sadr, secondo fonti americane, avrebbe già lasciato l’Iraq per l’Iran ma la notizia diffusa ieri è stata smentita dai suoi collaboratori, secondo i quali si troverebbe ancora nella città santa di Najaf. Il movimento di al Sadr conta nel Parlamento 32 seggi su 275 e partecipa al governo con 6 ministeri e segretariati di Stato su 37. 

 

Restiamo in Medio Oriente, il premier israeliano Olmert è da oggi in visita ufficiale in Turchia, dove incontrerà il capo di Stato Sezer ed il premier Erdogan, che proprio ieri ha biasimato Israele per i lavori intrapresi alla Spianata delle Moschee. Secondo anticipazioni della stampa israeliana, Olmert  tratterà degli ultimi sviluppi regionali e su come sviluppare la cooperazione bilaterale con la Turchia, quinto partner economico.

 

Un leader talebano è stato ucciso in un raid aereo delle forze della NATO nel sud dell’Afghanistan nel distretto di Musa Qala, informa una nota dell’Allenza. Ma secondo testimoni locali il raid avrebbe fatto 30 vittime tra le quali almeno 18 civili.

 

Una vittoria della diplomazia, che dovrebbe servire d’esempio anche nel modo di affrontare la crisi nucleare iraniana, l’accordo raggiunto ieri a Pechino sul disarmo atomico della Corea del Nord, in cambio di ingenti aiuti economici. Questa l’opinione ampiamente condivisa nella comunità internazionale. “Gioia e soddisfazione”, ha espresso anche il cardinale Nicholas Cheong Jinsuk, arcivescovo di Seul, per avere evitato “una catastrofe di portata inimmaginabile”, pur mettendo in guardia dal possibile uso militare che il governo nordcoreano potrà fare degli aiuti, auspicando che i benefici economici dell’intesa vadano quanto più alla popolazione. Tra i Paesi che hanno negoziato l’accordo - insieme alle due Coree, Cina, Stati Uniti, e Russia - il Giappone ha però vincolato i suoi aiuti alla vicenda irrisolta dei cittadini nipponici, una ventina, rapiti a cavallo degli anni ’70 ed ‘80 da agenti segreti nordcoreani.

 

E parliamo di Unione Europea. Stamane il monito del presidente della Repubblica italiana, Napolitano, in un discordo al Parlamento europeo riunito in seduta solenne a Straburgo. “Aprire un nuovo negoziato sul Trattato costituzionale – ha avvertito Napoletano – può significare aprire unVaso di Pandora’, farebbe correre il rischio di ripartire da zero, di avviare un confronto dai risultati e dai tempi imprevedibili”. Quello firmato nel 2004, è “un buon compromesso”, “non lo si dimentichi”, ha aggiunto il capo di Stato italiano, sottolineando l’importanza di “elaborare e prospettare” “linee di nuove politiche comuni”, ad esempio sui problemi dell'ambiente e dell’energia, che sono questioni di grande attualità.

 

 

In Italia, altri quattro arrestati nella notte a Milano per apologia di reato, riguardo a rivendicazioni o espressioni di solidarietà rispetto ad attentati e agli imputati nell’inchiesta sulle nuove BR. E, proseguono oggi a Milano gli interrogatori dei 15 indagati nell’inchiesta sull’associazione terroristica costituitasi in banda armata, denominata “Partito comunista politico-militare”, richiamandosi alla cosiddetta ala “movimentista” delle Brigate Rosse degli anni ‘70 ed ‘80. Gli imputati, interrogati ieri, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere e tra questi Claudio Latino, ritenuto il capo della cellula milanese, si è dichiarato “prigioniero politico”. Intervenendo stamane alla Camera, il ministro dell’Interno Amato ha chiesto “a tutto Parlamento e a tutte le forze politiche di essere solidali” con le Forze dell’Ordine, “in qualunque circostanza”, paventando ostilità nel momento in cui sono “ bersaglio” della criminalità organizzata e di ambienti ultrà. Ma quali legami possono esistere con il passato delle Brigate Rosse? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Ferdinando Imposimato, ex giudice istruttore nei casi del sequestro di Aldo Moro e dell’omicidio di Vittorio Bachelet.

 

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R. – Non sono dell’idea di voler cercare ad ogni costo un collegamento con le vecchie Brigate Rosse, perché tutti quelli con i quali ho parlato, dei vecchi brigatisti, hanno ormai rotto con la lotta armata e molti di essi stanno anche lavorando nel campo sociale. Bisogna, però, tenere sempre alta la guardia, sapendo che l’idea della lotta armata e della rivoluzione marxista e leninista esercita ancora oggi un fascino, e sapendo che vi sono tutte le condizioni per una ripresa dell’attacco al cuore dello Stato, colpendo anche i mediatori sociali.

 

D. – E un mediatore sociale è proprio il prof. Ichino, tra gli obiettivi delle BR, insieme a simboli di capitalismo e liberalismo. Allora, a cosa ambivano questi terroristi?

 

R. – L’ambizione è uguale a quella del passato. Il loro obiettivo è quello di abbattere lo Stato borghese, lo Stato democratico e di instaurare, quindi, la dittatura del proletariato. Solo che oggi, pur avendo in comune come nemico principale gli Stati Uniti, considerati imperialisti, i nuovi brigatisti non hanno quel sostegno esterno, che avevano i vecchi brigatisti di organizzazioni mediorientali, che fornivano oltre ai Kalashnikov, supporto di ogni genere.

 

D. – Da quali ambienti, invece, questi brigatisti traggono “potenziale umano”, proseliti?

 

R. – Quello del mondo del lavoro, soprattutto del precariato, del sindacato e del mondo dei disoccupati.

 

D. – La motivazione che spinge le Brigate Rosse è, dunque, politica, ma c’è anche alla radice un disagio giovanile ed un disagio sociale. Cosa fare?

 

R. – Bisogna far capire ai giovani che questo disagio non si combatte con il terrorismo, perché altrimenti si ottiene l’effetto contrario e cioè una legislazione di emergenza che violi i diritti umani e non si risolve il problema. Ma bisogna anche tenere conto delle esigenze di questi giovani, che hanno sempre meno spazi dal punto di vista sociale e dal punto di vista politico.

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Undici persone sono state arrestate oggi in Francia nel quadro di una retata antiterrorismo e su 9 di esse grava il sospetto che abbiano “legami con l’organizzazione terroristica al Qaeda”.

 

Inizia domani, mattina, a Madrid, il processo giudiziario sull’attentato del 11 marzo del 2.004 nella capitale e nei suoi dintorni che ha causato 192 morti, 1824 feriti e ingenti danni materiali. Il servizio di Ignazio Arregui:

 

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Sono 29 gli imputati, 18 dei quali saranno presenti in aula, tra i quali tre accusati come autori materiali degli attentati. Altri sette, del gruppo dei presunti autori, si sono suicidati quando si sono visti  accerchiati dalla polizia. In tre anni di indagini è immensa la documentazione accumulata in 241 volumi e oltre 93.000 fogli. Il processo potrebbe avere una durata di cinque mesi e non dovrebbe allungarsi oltre il quarto anno dall’inizio dei primi arresti per evitare la prescrizione. L’attentato è accaduto l’11 marzo del 2004, nel momento più caldo della campagna elettorale per le votazioni al parlamento del 14 marzo. L’esito delle elezioni che hanno dato la vittoria al partito socialista mettendo così termine a otto anni di governo del partito popolare con Aznar, è stato interpretato in diverso modo. Secondo il Partito popolare dietro l’attentato c’era l’ETA che ha voluto punire il Partito popolare. Secondo invece l’ipotesi maggioritaria, l’attentato è stato causato da gruppi islamici ispirati ad Al Qaeda in risposta all’atteggiamento di Aznar favorevole con il presidente Bush, all’intervento armato in Iraq. Restano ovviamente alcuni elementi da chiarire in un maxiprocesso così complesso, ma ormai sembra prevalere la tesi della matrice radicale islamica, tra gli autori del più grave attentato che abbia conosciuto la Spagna.

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Proclamato ufficialmente il nuovo presidente del Turkmenistan, nell'Asia centrale: Gurbanguly Berdymukhammedov, eletto l’11 febbraio scorso, con quasi il 90 per cento dei voti, succede con un mandato di cinque anni all'autoritario  Saparmurat Niazov, morto il 21 dicembre scorso, dopo 21 anni di governo. Nel suo discorso d’insediamento, Berdymukhammedov ha promesso di continuare la politica di esportazione di petrolio e gas – di cui il Turkmenistan è il principale esportatore – e mantenere la neutralità del Paese.

 

 

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