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SOMMARIO del 03/12/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Le sfide del materialismo per la Chiesa e l’impegno per la riconciliazione tra la Corea del Sud e la Corea del Nord, nel discorso del Papa ai vescovi coreani in visita ad Limina
  • Altre udienze e nomine
  • Un’Enciclica che esorta i cristiani a vivere intensamente la Speranza evangelica: il commento sulla “Spe Salvi” del teologo don Salvatore Vitiello
  • Proclamata Beata, in Brasile, Lindalva Justo de Oliveira, della Società delle Figlie della Carità di San Vincenzo de Paoli
  • Concluso a Roma il primo Forum delle ONG cattoliche
  • La Libreria Editrice Vaticana pubblica un’opera fotografica in ricordo del meeting di Loreto con Benedetto XVI
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • L'Europa critica le irregolarità delle elezioni in Russia, stravinte da Putin
  • Venezuela: bocciata, a sorpresa, la riforma di Chávez per portare il Paese verso il socialismo
  • Un lavoro dignitoso per i portatori di handicap: è l'appello lanciato dall'ONU nell'odierna Giornata internazionale delle persone disabili
  • Nei cinema, il film di Paul Haggis "In the Valley of Elah", toccante riflessione sul dramma della guerra
  • Chiesa e Società

  • A Bali, la Conferenza ONU sui cambiamenti climatici: presente anche la Santa Sede
  • Celebrazioni ad Ottawa per il 10.mo anniversario della firma del Trattato per la messa al bando delle mine anti-persona
  • Disperata la condizione delle donne irachene rifugiate in Siria: costrette alla prostituzione per sopravvivere. Appello del vescovo caldeo di Aleppo
  • Lettera pastorale per l'Avvento del cardinale Zen sulla vita e la famiglia nella società cinese
  • In Bolivia si è pregato ieri per la pace e la riconciliazione
  • Appello dei vescovi colombiani per la pace e contro la piaga dei sequestri
  • Oltre 35 mila persone presenti in Rwanda alla Messa per la chiusura dell'Anno giubilare, in occasione dei 25 anni delle apparizioni della Vergine a Kibeho
  • Campagna di solidarietà della Custodia di Terra Santa per sostenere Betlemme
  • “La santificazione della famiglia”: è il tema scelto dalla Chiesa della Corea del Sud per l’Avvento 2007
  • In Vietnam proclamato anno “dell’educazione cristiana” il 2007-2008
  • In Cambogia, programma di microcrediti avviato dai Gesuiti
  • Presentato al Palazzo delle Nazioni a Ginevra un libro di riflessioni francescane sulla povertà
  • La RAI al servizio dei non udenti: da ieri la Santa Messa televisiva è trasmessa coi sottotitoli
  • 24 Ore nel Mondo

  • Medio Oriente: uccisi 4 palestinesi. Israele libera 429 esponenti dell'Intifadah
  • Il Papa e la Santa Sede



    Le sfide del materialismo per la Chiesa e l’impegno per la riconciliazione tra la Corea del Sud e la Corea del Nord, nel discorso del Papa ai vescovi coreani in visita ad Limina

    ◊   Le sfide pastorali per la Chiesa coreana al centro dell’udienza di Benedetto XVI ai vescovi del Paese asiatico in visita ad Limina insieme a mons. Venceslao Padilla, prefetto apostolico di Ulaanbaatar in Mongolia, dove i cattolici sono poche centinaia. Il Papa ha incoraggiato in particolare le iniziative di riconciliazione tra la Corea del Sud e la Corea del Nord. Il servizio di Roberta Gisotti:

     
    “Il richiamo del materialismo e gli effetti negativi di una mentalità secolarizzata” preoccupano i vescovi coreani. “Quando uomini e donne sono portati via dalla dimora del Signore – ha osservato il Papa - questi inevitabilmente vagano in un deserto di isolamento individuale e di frammentazione sociale”, perché “è solamente nel Verbo incarnato che il mistero dell’uomo trova vera luce”.
     “Da questa prospettiva è evidente – ha detto Benedetto XVI ai presuli – che per essere effettivi custodi di speranza voi dovete sforzarvi di assicurare che il legame di comunione che unisce Cristo a tutti i battezzati sia salvaguardato e sperimentato come il cuore del mistero della Chiesa”. E “la porta per questo mistero di comunione con Dio – ha spiegato il Santo Padre - è naturalmente il Battesimo. Questa sacramento di iniziazione, molto più che un rito sociale o di benvenuto in una particolare comunità, è l’iniziazione a Dio”. Da qui la crescente apprensione dei presuli coreani di fronte ai non pochi fedeli adulti che ogni anno vengono meno all’impegno di una piena partecipazione alla celebrazioni liturgiche, “un diritto e un obbligo in ragione del Battesimo”. Benedetto XVI ha invitato quindi i vescovi asiatici a mettere in luce l’importanza della Messa domenicale, sollecitando in particolare i laici, specie i giovani “ad esplorare la profondità e l’ampiezza” della celebrazione eucaristica.
     Il Papa ha raccomandato poi di promuovere il matrimonio e la famiglia e di porre attenzione alla formazione anche su questioni attinenti le scienze biomediche. Infine l’incoraggiamento di Benedetto XVI per tutte le iniziative di riconciliazione intraprese per il benessere dei fratelli nella Corea del Nord.
     Ricordiamo che la Corea, già sottoposta alla sovranità giapponese, è stata nel ’45 occupata al nord dalla Russia e al Sud dagli Stati Uniti, poi separata in due Stati nel ’48, travolta quindi all’inizio degli anni ’50 da un sanguinoso conflitto; oggi dopo oltre mezzo secolo in via di una ricercata e complessa pacificazione, dove i cattolici che sono 5 milioni concentrati nella Corea del Sud stanno giocando un ruolo positivo.
     Ascoltiamo ora il presidente della Conferenza episcopale della Corea, mons. John Chang Yik, intervistato da Philippa Hitchen:


    R. – Le sfide sono tante. Il problema, però, in una società come la nostra, dove la Chiesa è piccola e minoritaria, è la convivenza con le altre religioni, nonostante il relativismo e l’individualismo della cultura in generale nella nostra epoca consumistica, che è assai difficile. Tentiamo di farlo attraverso l’educazione, attraverso le testimonianze, soprattutto della vita dei cristiani, cosa che non è facile. Tentiamo di coltivare le piccole cellule viventi della comunità. Ogni parrocchia è divisa in piccoli settori, dove la gente si conosce e si riunisce per formare la comunità. Tentiamo in questo modo di ravvivare le cellule viventi, il senso di appartenenza, il senso di missione da parte della gente, non solo per conservare la Chiesa cattolica, ma per vivere in modo da testimoniare veramente, attraverso la propria vita, la fede vissuta, il Vangelo.
     D. - La vostra Conferenza episcopale ha giurisdizione anche sulla Corea del Nord, che vive una situazione molto difficile. Che cosa potete fare per aiutare la gente nella Corea del Nord?
     R. – Abbiamo sì la giurisdizione, ma non abbiamo un libero accesso al Nord. Quindi, tentiamo di offrire aiuti umanitari in diversi modi e non cesseremo di farlo, distinguendo il regime dal popolo; puntiamo al benessere del popolo, soprattutto, delle persone nella loro dignità umana. Questa è la cosa più importante. Non strumentalizziamo l’aiuto come mezzo di evangelizzazione, ma lo facciamo perché è un valore in sé.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina anche il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

    In India, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Tezpur presentata da mons. Robert Kerketta, S.D.B., per raggiunti limiti di età. Il Papa ha nominato nuovo vescovo di Tezpur mons. Michael Akasius Toppo, del clero di Tezpur, economo e cancelliere diocesano. Mons. Michael Akasius Toppo è nato l’8 maggio 1955 a Gormara, nella diocesi di Tezpur. È stato ordinato sacerdote il 26 gennaio 1986, a Dhekiajuli, ed incardinato nella diocesi di Tezpur.

    In Togo, il Santo Padre ha nominato vescovo di Aného il rev. Isaac Jogues Agbémenya Gaglo, finora amministratore diocesano di Aného. Il rev. Isaac Jogues Agbémenya Gaglo è nato il 7 ottobre 1958 a Kpémé, arcidocesi di Lomè. È stato ordinato sacerdote il 9 agosto 1985 da Giovanni Paolo II.

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    Un’Enciclica che esorta i cristiani a vivere intensamente la Speranza evangelica: il commento sulla “Spe Salvi” del teologo don Salvatore Vitiello

    ◊   “Chi ha speranza vive diversamente” giacché “gli è stata donata una vita nuova”: è uno dei passaggi della “Spe Salvi” di Benedetto XVI. Dopo l’Enciclica sull’amore cristiano, dunque, il Papa offre ai cristiani, ma in fondo a tutti gli uomini di buona volontà, un’appassionata riflessione sulla Speranza nel Dio dal Volto umano. Per un commento sui caratteri distintivi della seconda Enciclica di Benedetto XVI, Alessandro Gisotti ha intervistato don Salvatore Vitiello, docente di Introduzione alla Teologia all’Università Cattolica di Roma:
     
    R. – Credo che l’invito debba essere sempre quello di leggere i testi fino in fondo e a farne oggetto di meditazione, perché il Papa conduce il lettore ad un’analisi non soltanto dei grandi temi filosofici e teologici contemporanei, ma anche ad una lettura introspettiva. Mettere il proprio cuore al centro e dire davvero: “Tu, uomo di ogni tempo, che cosa desideri fino in fondo?”. La risposta è unica: l’uomo desidera la vita, e la vita che sia vita piena, che sia vita eterna, cioè una vita così vita che non può finire. E il Papa dice con grande chiarezza: questo è l’oggetto della speranza cristiana, una vita che non finisce, una vita così intensa che non può finire. Solo Cristo, che vince la morte, è garante di questa vita che viene da Dio.

     
    D. – In questa Enciclica dedicata alla Speranza, con la “S” maiuscola, e dunque all’attesa del Signore che viene, il Papa sottolinea che la fede attira dentro il presente il futuro. Dunque, c’è una forte dimensione escatologica nella “Spe salvi”...

     
    R. – Direi di sì. E c’è anche una correzione di un certo escatologismo che non è mai stato veramente cristiano. Cioè, possiamo dire due cose: il rischio di una tensione escatologica è quello di presentare un cristianesimo che non abbia rapporto con la realtà, un cristianesimo che io definirei “evaporato” in un futuro che ancora non c’è. Il rischio opposto è quello, che forse oggi si corre un po’ di più, è quello di ridurre il cristianesimo ad una semplice dimensione immanente, cioè il cristianesimo come risposta ai problemi sociali ed economici. Tutte e due le posizioni hanno un limite perché censurano la complementarietà dell’altro. Allora, la vera concezione che il Papa ripropone con forza è questa: “Uomini del nostro tempo, non dimentichiamo che il cristianesimo vive sempre nella tensione tra il “già” e il “non ancora”, e il Papa, in questo squarcio che dà, credo voglia rilanciare questa tensione che oggi forse è venuta un po’ meno. Siamo tutti in qualche modo immersi in questo materialismo che ha invaso la cultura occidentale. Quindi, richiamare il cristianesimo a questa prospettiva escatologica è oggi fondamentale.

     
    D. – Nella seconda parte dell’Enciclica, dedicata ai luoghi di apprendimento e di esercizio della speranza, Benedetto XVI sottolinea che la fede nel Giudizio finale è “innanzitutto e soprattutto speranza”...

     
    R. – Il Papa, proprio perché l’Enciclica parte dalla valutazione e dalla valorizzazione di due facoltà dell’uomo che sono straordinarie, cioè la ragione e la libertà, giunge a dire che proprio nel rispetto della libertà dell’uomo l’Inferno – come dice la Dottrina cattolica – è una reale possibilità. Di fronte al Giudizio universale, di fronte al giudizio ultimo, il Papa dice: “Il Giudizio non sarà un colpo di spugna, giustamente, proprio in nome del rispetto della libertà dei singoli uomini”. Proprio per questo, il giudizio ultimo dev’essere guardato nella luce della speranza, cioè la speranza per ciascuno è quella della salvezza e questa speranza diventa attiva, diventa attuale nella vita di ciascuno attraverso le scelte che continuamente, giorno dopo giorno, ciascun cristiano e ciascun uomo di buona volontà fa.

     
    D. – In questi giorni, molti mass media piuttosto che concentrarsi sui contenuti dell’Enciclica, hanno voluto creare “il caso”, facendo dire al Papa in un discorso alle ONG cattoliche, parole contro l’ONU che non ha mai pronunciato. Cosa dire di questa ennesima deformazione del magistero di Benedetto XVI?

     
    R. – Credo che si possano dire due cose: la prima, è che il magistero di Benedetto XVI è un magistero assolutamente qualificato, come sempre del resto il magistero pontificio, che esige uno studio, un’applicazione e non tutti i giornalisti, a volte, hanno gli strumenti per comprendere fino in fondo cosa il Papa dice, afferma. Dunque, è molto più semplice andare per slogan, magari precostituiti, che non fare la fatica di – come diceva Romano Guardini – “obbedire alla pagina”, e quindi leggere attentamente il documento e comprendere esattamente cosa dice. Secondo, evidentemente, ci sono forze di potere che si scatenano di fronte ad un magistero così nobile, così grande che richiama l’uomo ai suoi valori fondamentali, soprattutto che richiama la ragione e la libertà dell’uomo.

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    Proclamata Beata, in Brasile, Lindalva Justo de Oliveira, della Società delle Figlie della Carità di San Vincenzo de Paoli

    ◊   Ieri pomeriggio a San Salvador de Bahia, in Brasile, è stata proclamata Beata Lindalva Justo de Oliveira, della Società delle Figlie della Carità di San Vincenzo de Paoli. Ha presieduto il rito a nome del Papa il cardinale José Saraiva Martìns, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi. La religiosa, lo ricordiamo, è stata uccisa nel 1993 per aver difeso eroicamente la sua castità da un uomo che si era invaghito di lei. Una Santa Maria Goretti brasiliana. E’ “una martire dei nostri giorni, da portare ad esempio, in particolare ai giovani, per la sua testimonianza di semplicità, di purezza, di gioia di vivere di donazione a Cristo” ha detto il porporato nell’omelia. “La Beata Lindalva – ha aggiunto - ci fa, oggi, più che mai convinti che è proprio la testimonianza coerente e luminosa dei credenti ‘il mezzo con cui la verità dell’amore di Dio raggiunge l’uomo nella storia, invitandolo ad accogliere liberamente questa novità radicale’” (Sacramentum Caritatis, 85).

    La nuova Beata – ha sottolineato il cardinale Saraiva Martins - ci richiama “ai valori essenziali dell’essere cristiani e consacrati: l’amore assoluto e coerente per Cristo e il suo Vangelo, l’opzione carismatica preferenziale per i più poveri della terra, la preghiera come feconda radice nascosta del nostro operare, l’ottimismo della speranza, la gioia e l’allegria spontanea che sempre dovrebbero accompagnare la nostra testimonianza nel mondo”. Il porporato ha poi ricordato che a quanti le chiedevano il segreto della sua allegria la Beata Lindalva rispondeva: “Il cuore è mio e può soffrire, ma il volto appartiene agli altri, e deve essere sorridente”. Il cardinale ha concluso la sua omelia sottolineando che “in quanto figli di Dio siamo tutti chiamati a diventare santi e che quello della santità è un cammino di libertà per ognuno”.

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    Concluso a Roma il primo Forum delle ONG cattoliche

    ◊   Si è concluso ieri a Roma il primo Forum delle Organizzazioni Non-Governative (ONG) di ispirazione cattolica. Il Forum, iniziato il 30 novembre – afferma un comunicato della Sala Stampa vaticana – “ha messo in rilievo la ricchezza e l’importanza della presenza e dell’attività di tali Organizzazioni nei differenti settori della vita della società, in ogni parte del mondo. Il dialogo e lo scambio reciproco delle esperienze hanno rafforzato nei partecipanti la volontà di collaborare tra loro e con la Santa Sede, in spirito di comunione, come pure di trovare modalità adatte allo scopo. A partire dalla loro originalità, le ONG di ispirazione cattolica – conclude la nota - continueranno ad apportare il loro contributo alle istanze nazionali, regionali ed internazionali nelle tematiche di maggior rilievo, per il bene integrale di tutta la persona e di tutte le persone”.

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    La Libreria Editrice Vaticana pubblica un’opera fotografica in ricordo del meeting di Loreto con Benedetto XVI

    ◊   La Libreria Editrice Vaticana (LEV) ha pubblicato in questi giorni un volume intitolato “Invincibile speranza. Benedetto XVI e i giovani” (pagg. 100, euro 19,00). Si tratta di una raccolta di fotografie del meeting di Benedetto XVI con i giovani italiani a Loreto: con quest'opera, affidata all'esperienza di Giovanni Chiaromonte, la LEV avvia una serie di pubblicazioni dedicate al fotogiornalismo religioso. Questa raccolta fotografica si snoda, scena dopo scena, come un racconto ad immagini; è corredata da testi e poesie di Davide Rondoni ed il volume è chiuso dal messaggio e dall’omelia del Santo Padre rispettivamente di sabato 1 e domenica 2 settembre.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Un'intervista di Mario Ponzi al cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi, in cui si sottolinea che la Francia, in particolare Parigi, è ora nell'occhio del ciclone a causa di una grave crisi sociale. Nell'esprimere, al riguardo, preoccupazione, il porporato richiama l'urgenza di ricostruire una società degna per tutti gli uomini di Francia, investendo soprattutto sui giovani.

    Riguardo alla politica internazionale, si dà rilievo alla Russia, dove ieri si sono svolte le elezioni legislative. Il leader dell'opposizione Kasparov ha già denunciato brogli.

    In evidenza anche il Venezuela, dove è stata bocciata, al referendum, la proposta di riforma costituzionale avanzata dal presidente Chavez.

    Un articolo di Gaetano Vallini dal titolo “Uno scandaglio per l'abisso dell'orrore”. Ora è possibile accedere alle segrete stanze dell'ex caserma delle SS di Bad Arolsen, dove sono conservati quarantasette milioni di documenti su oltre diciassette milioni di persone tra deportati, condannati ai lavori forzati, vittime dei lager nazisti.
     Un ricordo di Dante Isella in un articolo di Claudio Toscani.

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    Oggi in Primo Piano



    L'Europa critica le irregolarità delle elezioni in Russia, stravinte da Putin

    ◊   Rispettate tutte le previsioni in Russia. Alle elezioni legislative di ieri, infatti, per il rinnovo della Duma, la Camera bassa, ha trionfato il partito del presidente Putin, che si è attestato al 64% dei consensi, assicurandosi inoltre la maggioranza costituzionale di 315 seggi dei 450 seggi del nuovo Parlamento. Ma crescono le polemiche sulla condotta del voto, che secondo il capo della missione di osservatori internazionali a Mosca, non risponde agli standard richiesti dall'OSCE, l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa. Negativo pure il parere del Consiglio d’Europa, mentre l’opposizione russa parla di strada spianata verso la dittatura. Il servizio è di Giuseppe D’Amato:


    Russia Unita ha 315 mandati su 450, ossia la maggioranza costituzionale, mentre gli altri tre partiti hanno delle maggioranze ridotte: per le formazioni liberali o riformiste la disfatta è completa. "Il Paese – ha detto lo speaker della Duma, Boris Gryzlov - ha scelto di proseguire sulla linea voluta dal presidente Putin". 43 milioni sui 108 milioni di aventi diritto hanno votato per la compagine del Cremlino e, ad esempio, in Cecenia ha votato il 99,4 per cento degli elettori. I comunisti promettono battaglia, presentando presto un ricorso alla Corte Suprema ed organizzando manifestazioni di protesta. Il loro leader, Ghennadi Ziuganov non riconosce l’esito della votazione: al partito mancano milioni di preferenze. “Queste sono state le elezioni più disoneste nella storia della Russia moderna”, ha commentato il liberale Boris Nemtsov. Tante le denunce di irregolarità, tutte rimandate al mittente dal capo della Commissione elettorale, Vladimir Churov. Gli Stati Uniti hanno invitato Mosca a controllare la regolarità del voto. “Elezioni non corrette”, questa la definizione usata dal presidente dell’OSCE, Len Marker. “Frequenti sono stati gli abusi e la copertura mediatica a favore del partito di potere”. Gli osservatori dell’organismo internazionale come si ricorderà hanno rinunciato a monitorare il voto, protestando per gli ostacoli posti dalla Russia.

    Nonostante le numerose critiche, il presidente Putin ha definito le elezioni di ieri “legittime”, supportato dai risultati della Commissione elettorale, che ha decretato la vittoria del Partito “Nuova Russia”. A questo punto, su un elemento non ci sono dubbi: il capo del Cremlino è uscito dal voto di ieri ulteriormente rafforzato nei poteri. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Fulvio Scaglione, vice-direttore di Famiglia Cristiana ed esperto di questioni russe:


    R. – Putin cercava una sorta di plebiscito, che gli serve per due scopi fondamentali. Il primo, accreditarsi all’estero come il signore e padrone della Russia ed autorevole rappresentante di un movimento di popolo, che si manifesta attraverso di lui. Il secondo obiettivo, era quello di garantirsi una successione al di fuori del dettato costituzionale, senza violarlo, ma aggirandolo. E quindi forte di un risultato come questo, Putin può pensare di fare il primo ministro, magari per un paio d’anni, e poi ritornare al Cremlino con un’elezione presidenziale anticipata.

     
    D. – Putin vede, comunque, la sua posizione rafforzata, ma si può pensare ad una modifica della Costituzione per avere un terzo mandato?

     
    R. – Io non vedo quale convenienza politica avrebbe Putin nel fare una mossa di quel genere. Può tranquillamente ottenere i propri scopi senza violare questo limite, che è un limite del tutto teorico, ma che ha un suo valore simbolico.

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    Venezuela: bocciata, a sorpresa, la riforma di Chávez per portare il Paese verso il socialismo

    ◊   In Venezuela gli elettori hanno bocciato a sorpresa, nel referendum di ieri, le riforme costituzionali proposte dal presidente venezuelano Chávez. Riforme che avrebbero tolto ogni limite al mandato del capo dello Stato con l'obiettivo di costruire nel Paese "il socialismo del 21.mo secolo". Di misura la vittoria dei "no": 51% contro il 49% dei "sì". Forte l'astensione che ha toccato quasi il 45%. Chávez ha ammesso la sconfitta, la prima in nove anni di potere. Ce ne parla Maurizio Salvi:

     
    Una lunga attesa dopo la chiusura delle urne e, quindi, il risultato che ha sorpreso prima di tutto lui, il presidente Hugo Chávez, che fino all’ultimo, coerente con il suo carattere, non deve mai aver preso in considerazione l’ipotesi di una possibile sconfitta. Quando il clima, stanotte, a Caracas si stava facendo molto teso per l’esigenza del “Fronte del no alla riforma della Costituzione” di ottenere un primo bollettino ufficiale sui risultati, la presidente della Consiglio nazionale elettorale, Tibisay Lucena ha letto il clamoroso annuncio. In molti quartieri del centro di Caracas - storicamente ostili al leader bolivariano - è scoppiata subito la gioia, con fuochi d’artificio e con la gente che è scesa in strada per festeggiare. La modifica di 69 dei 350 articoli della Costituzione torna, quindi, nel cassetto del presidente Chávez che, comunque, governerà il Venezuela fino al 2012, anche se durante una conferenza stampa ha assicurato che questa proposta di portare il Paese verso il socialismo è ancora viva. “All’opposizione dico – ha concluso – che il Venezuela è una vera democrazia e che non c’è bisogno di cospirazioni e complotti per vincere”. (Da Caracas, Maurizio Salvi, Ansa, per la Radio Vaticana)

     
    Sul significato del voto referendario in Venezuela ascoltiamo il commento del nostro collega Luis Badilla, esperto di questioni latinoamericane:

     
    Tre sono le principali considerazioni che si possono fare a caldo. La prima riguarda la sconfitta non solo dell’uomo politico Hugo Chávez ma anche, ed è forse più rilevante, dello “chavismo”, vale a dire del metodo di governo plebiscitario con continui appelli diretti alle masse e con l’uso e abuso del metodo referendario. Il presidente, che ha avuto la correttezza di riconoscere subito la sua sconfitta, ora dovrà comprendere che non si governa trascinando le masse sulle piazze e intimorendo le opposizioni. Le opposizioni venezuelane, seppure deboli, sfinite e divise, possono ora riorganizzare le proprie forze per dare un grande contributo alla dialettica democratica che, in questi anni, in sostanza, non è mai esistita.

     
    La seconda considerazione porta diritto al resto dell’America Latina, e soprattutto a tre Paesi: Nicaragua, Bolivia ed Ecuador, dove il “metodo Chávez” aveva trovato sostegno e imitatori. L’intera politica latinoamericana nonché tutti i governanti dovranno prendere atto di un nuovo balzo in avanti della coscienza democratica della regione. I latinoamericani non solo vogliono vivere in democrazia, ma sanno anche distinguere quella sana da quella malata, quella vera e produttiva da quella demagogica e dannosa. Non solo: il verdetto venezuelano dimostra che questa maturità è tale che non bastano i “canti delle sirene di Maracaibo” (lavorare 6 ore e non 8, votare a 16 anni, denaro del petrolio per combattere la povertà …). Al posto dell’interesse immediato, e forse egoistico seppure legittimo, la maggioranza dei cittadini ha scelto di guardare “in alto” e ha scelto di difendere le libertà civiche, la stampa libera, il diritto ad un’istruzione pluralista, la separazione dei poteri dello Stato e l’alternanza democratica.

    In terzo luogo c’è da riflettere sul fatto che la popolazione del Venezuela oggi più che mai appare divisa a metà: una parte col presidente e l’altra metà decisamente contro. E’ una situazione precaria e piena di insidie. Oggi, le responsabilità delle autorità e dei leader delle opposizioni, sono grandissime. Spetta a loro traghettare il Paese verso il dialogo nel rispetto dei legittimi interessi di tutti senza cedere mai alla violenza. Le premesse ci sono tutte.

     
    A chiusura va ricordato che la vittoria del “no” ad una riforma costituzionale che rappresentava solo una parte del Paese è stata possibile, nonostante le condizioni difficilissime, grazie a due fattori: il primo, l’entusiasmo e l’impegno di ampi settori giovanili che hanno capito che era in gioco la libertà del Paese e, il secondo, la mobilitazione del pensiero e della cultura, livelli in cui la Chiesa cattolica, contraria agli emendamenti costituzionali, ha lavorato con disinteresse e coraggio. In questa lunga controversia l’avversario più agguerrito è stato il pensiero e la riflessione di migliaia di intellettuali, accademici, uomini di scienza e cultura che hanno saputo trasmettere la necessità di distinguere fra l’interesse immediato e i grandi valori comuni di tutta la nazione.

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    Un lavoro dignitoso per i portatori di handicap: è l'appello lanciato dall'ONU nell'odierna Giornata internazionale delle persone disabili

    ◊   Un abitante del mondo su 10 ha una disabilità, per un totale di 650 milioni di persone di cui 470 milioni in età lavorativa. Il dato è contenuto nel rapporto curato dall’ILO, l'Organizzazione Internazionale del Lavoro, per l’odierna Giornata Internazionale delle Persone Disabili sul tema “Un lavoro dignitoso per le persone con disabilità”. Sono ancora molte le barriere di accesso al mondo dell’occupazione che un disabile deve affrontare: lo sottolinea in un messaggio il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, che definisce la situazione “deplorevole” evidenziando come numerosi Paesi non abbiano ancora leggi che tutelino i disabili. Paolo Ondarza ha parlato della situazione con Giovanni Ferrero, direttore della Consulta italiana per le persone in difficoltà.


    R. – Se alla persona con disabilità vengono dati gli strumenti necessari per svolgere un impiego è un lavoratore come un altro. Purtroppo, si pensa ancora oggi, nel 2007, che la persona con disabilità sia un peso: l’azienda pensa di assumere una persona che poi deve mettere in un angolo e mantenere.

     
    D. – Una volta superata la difficoltà dell’accesso al lavoro, anche nell’ambito lavorativo si incontrano delle difficoltà come l’emarginazione...

     
    R. – Oggi, da parte delle persone, c’è più sensibilità di una volta. La persona con disabilità che entra in un contesto lavorativo, inizialmente viene vista come diversa: in realtà siamo tutti diversi, e questa è la risorsa della società. Ma devo dire che i problemi iniziali, anche quelli culturali, con il tempo vengono superati.

     
    D. – Senza dimenticare quelli che sono i problemi di accesso fisico al posto di lavoro. Pensiamo ai trasporti, alle barriere architettoniche...

     
    R. – Quando inizieremo a pensare che la persona con disabilità è una risorsa sia a livello produttivo per la società, sia a livello di consumo – quindi il disabile può portare soldi, perché purtroppo la società di oggi è basata su questo - allora l’esercente toglierà il gradino, l’hotel eliminerà le barriere architettoniche... Negli Stati Uniti, la persona umana viene sempre vista come risorsa e, quindi, anche la persona con disabilità. Nei Paesi della vecchia Europa – Italia, Francia, Germania... – i problemi sono abbastanza similari, con la differenza che forse in Italia la persona disabile è ancora associata all’assistenzialismo, quindi viene percepita come un peso per la società.

     
    D. – Che tipo di caratteristiche possiamo inquadrare all’interno della parola più generica “disabilità”?

     
    R. – La disabilità fisica, che impedisce a una persona di camminare, la disabilità intellettiva, quella sensoriale: quindi i non vedenti, i sordomuti e così via. Nei Paesi in via di sviluppo è prevalente il numero di disabili dalla nascita. Invece, nei Paesi sviluppati sono in maggioranza i disabili incidentati. Cosa vuol dire? Che forse nei Paesi in via di sviluppo, essendoci una carenza sanitaria, è più difficile guarire. Vorrei però aggiungere una cosa: ho potuto fare un’esperienza in Africa e lì una persona con disabilità viene accolta da subito, cosa che invece qui non succede. Le persone vogliono sapere se un figlio “è bello, alto e biondo”. Se scoprono che non è “bello, alto e biondo” tendono a ricorrere all’interruzione di gravidanza.

     
    D. – Vogliamo parlare anche dei progressi, a livello sociale, che nel mondo sono stati fatti...

     
    R. – Pensiamo solamente che è stata emanata recentemente dalle Nazioni Unite la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità. 118 Paesi del mondo l’hanno già firmata in pochi mesi: significa che il mondo sta girando per il verso giusto!

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    Nei cinema, il film di Paul Haggis "In the Valley of Elah", toccante riflessione sul dramma della guerra

    ◊   E' uscito in questi giorni nei cinema, in Italia, il film del regista americano Paul Haggis "In the Valley of Elah", una toccante riflessione cinematografica sugli effetti disastrosi della guerra in Iraq, che distrugge anche l’intimo dei cuori e delle famiglie. Paul Haggis ha debuttato nella regia nel 2006 con Crash – contatto fisico, vincendo un Oscar meritatissimo. Il servizio di Luca Pellegrini:


    Nella Valle di Elah, che all’ultima Mostra del Cinema di Venezia ha ricevuto il premio della giuria cattolica Signis, è un film da non dimenticare: condanna la guerra senza mai farne vedere direttamente gli orrori, ci avvicina ad una nazione che sembra gemere in questi giorni difficili. Abbiamo chiesto al regista Paul Haggis come è nata in lui l’immagine biblica della Valle di Elah che dà il titolo al film e chi sono per lui oggi il Golia e il Davide che lì si fronteggiano:

     
    R. Well, I thought at the story that …
    “Ho pensato alla storia che mi raccontavano di questo giovane, una storia di grande eroismo, che raccontiamo ai nostri bambini, e penso non ci sia storia più grande di quella di Davide e Golia, la storia di questo ragazzino che arriva in questa Valle nella quale da quaranta giorni e quaranta notti c’è una battaglia che versa in una situazione di stallo. Alla fine questo ragazzino senza alcuna esperienza si leva e dice al re: ci vado io a combattere. E’ così piccolo che nemmeno può indossare un’armatura. E’ solo, con soltanto cinque pietre, e deve aspettare che il gigante gli si avvicini per poter scagliare le sue pietre. Mi sono immedesimato in Davide e confesso che sarei scappato prima: ci vuole davvero tanto coraggio per fronteggiare Golia con una pietra. Ripensando a questa storia della Bibbia, ho fatto due riflessioni: innanzitutto, che tipo di Re è quello che manda un ragazzo così giovane a combattere contro un gigante? Aveva forse troppa paura di assumersi le sue responsabilità, di combattere lui in prima linea. E ho capito come molti nostri leader anche oggi si assumono la pesante responsabilità di mandare giovani uomini e donne a combattere in una guerra per la quale non sono emotivamente preparati, immaturi per affrontare le brutalità che incontrano. E poi, cosa succede davvero dentro di loro? Partono pensando di essere Davide, piccoli eroi che vanno a combattere un nemico enorme, ma quando arrivano nella loro valle di Elah si rendono conto, al contrario, che sono loro i Golia, perché loro hanno le armi più potenti: con una granata fanno saltare in aria un villaggio, e uccidono indiscriminatamente donne e bambini innocenti, famiglie che non hanno mai visto. Quando rientrano a casa, cosa è successo al loro cuore? Sono partiti come bravi ragazzi, pensando di essere eroi: tornano sconvolti per ciò che hanno visto, per le atrocità che hanno vissuto e sono distrutti dal punto di vista emotivo e psichico. Tra i veterani c’è un altissimo tasso di suicidi, di senza tetto. Mi ricordo ciò che un marine mi ha detto: la prima vittima di tutte le guerre è l’umanità”.

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    Chiesa e Società



    A Bali, la Conferenza ONU sui cambiamenti climatici: presente anche la Santa Sede

    ◊   Si è aperta oggi a Bali, in Indonesia, la 13.ma Conferenza internazionale sul clima, alla quale partecipano delegazioni di 192 Paesi con lo scopo di trovare accordi per il dopo-Kyoto. All’incontro partecipa, in qualità di osservatore, anche una delegazione della Santa Sede guidata dal nunzio apostolico in Indonesia, mons. Leopoldo Girelli. I nodi da sciogliere restano la stabilizzazione delle concentrazioni dei gas serra e la scaletta delle priorità per l’accordo che sostituirà quello firmato a Kyoto nel ’97. Obiettivo della Conferenza, che si chiuderà il 14 dicembre, è infatti quello di trovare un accordo  globale che sostituisca il Protocollo di Kyoto per la riduzione dei gas serra, principali responsabili del riscaldamento del pianeta. La priorità è quella di definire un’agenda che stabilisca le basi del negoziato fissando la data limite per raggiungere, nel 2009, un nuovo accordo che consenta di frenare e affrontare il surriscaldamento climatico. A rendere i negoziati particolarmente urgenti è inoltre il rapporto scientifico 2007 del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC), secondo il quale le alterazioni del clima possono seriamente danneggiare lo sviluppo futuro di economie, società ed ecosistemi a livello mondiale. Dalla Conferenza di Bali si attendono, in particolare, risposte per avviare il processo destinato a produrre un’intesa internazionale negoziata e concordata, individuando le aree chiave che l’intesa stessa dovrebbe includere: la 'mitigazione', ovvero l'azione per limitare o ridurre le emissioni inquinanti; 'l'adattamento', la strategia da seguire per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad affrontare l'impatto del cambiamento climatico; la 'tecnologia', l'aiuto da fornire ai Paesi per limitare o ridurre le emissioni attraverso la tecnologia; il 'finanziamento', gli investimenti per consentire agli Stati in via di sviluppo di applicare provvedimenti che non compromettano i loro sforzi di crescita economica. Si dovranno inoltre stabilire la metodologia e il calendario dell’intero processo e decidere il termine entro il quale i negoziati giungeranno a conclusione, in modo da permettere ai governi nazionali di ratificare il nuovo accordo sui cambiamenti climatici entro il 2012. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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    Celebrazioni ad Ottawa per il 10.mo anniversario della firma del Trattato per la messa al bando delle mine anti-persona

    ◊   Sarà festeggiato oggi a Ottawa in forma solenne il 10° anniversario della firma del Trattato per la messa al bando delle mine anti-persona, noto anche con il nome della città canadese che il 3 dicembre del 1997 ospitò i delegati dei 122 Stati che per primi aderirono. Da allora le adesioni sono passate a 156 e dei 39 che ancora non hanno firmato soltanto due stati (Russia e Myanmar) hanno continuato ad utilizzare le mine a scopo bellico; a non aver aderito sono, tra gli altri, Stati Uniti, Cina, India e Pakistan. “La prossima sfida - ha detto alla Misna Simona Beltrami, la portavoce della Campagna che nel 1997 ottenne anche il riconoscimento del Premio Nobel per la pace – è quella di assicurare una sempre maggiore assistenza alle vittime di ordigni indiscriminati che colpiscono soprattutto i civili. Nel mondo ci sono attualmente 473.000 persone che, sopravvissute allo scoppio di una mina, sono costrette a vivere con disabilità fisiche e mentali in contesti molto spesso poveri, segnati dalla guerra e privi di reti infrastrutturali adeguate”. In dieci anni, secondo i dati forniti dal rapporto ogni anno pubblicato dalla Campagna, il numero dei paesi produttori di mine è passato da 50 a 12; sono state complessivamente distrutte scorte di magazzino pari a circa 418 milioni di mine; nel 2006 sono stati bonificati 456 chilometri quadrati di terreni minati; il numero delle vittime nel 2006 si è ridotto del 16% rispetto all’anno precedente; ci sono ancora 70 paesi e sette territori che hanno all’interno dei loro confini aree minate da bonificare. (R.P.)

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    Disperata la condizione delle donne irachene rifugiate in Siria: costrette alla prostituzione per sopravvivere. Appello del vescovo caldeo di Aleppo

    ◊   Si colora di toni sempre più cupi il dramma dei profughi iracheni in Siria. Il vescovo caldeo di Aleppo, mons. Antoine Audo, da poco nominato membro del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, lancia un appello in difesa delle numerose donne costrette a prostituirsi per sopravvive alla povertà nel Paese straniero. Privati del lavoro, di un alloggio e di ogni loro bene – riporta il quotidiano Avvenire - i rifugiati dall’Iraq sono osteggiati da tutti. “La vita degli esuli non è facile – riferisce il vescovo – è difficile trovare lavoro e gli alloggi sono molto costosi. I cristiani lasciano le loro case in Iraq con pochi averi e dipendono in larga parte dalle organizzazioni caritative ecclesiali e dai parenti residenti all’estero”. Ad Aleppo, città della Siria settentrionale, meta degli esuli che da Baghdad tentano di sfuggire alle stragi, la prostituzione delle donne rappresenta “un problema serio”. Per contenere l’emergenza il vescovo caldeo si impegna affinché gli ordini religiosi femminili presenti sul territorio possano sostenere queste donne e allontanarle dalla prostituzione. D'altronde nella terra dalla quale fuggono – riferisce mons. Audo all’agenzia Zenit – i cristiani iracheni sono un facile bersaglio: “Sono un gruppo debole, senza molta autodifesa; per questo vengono facilmente attaccati a scopo di lucro”. E aggiunge “gli assalitori identificano i cristiani con gli americani che stanno occupando il Paese, se la prendono con i cristiani per manifestare il proprio odio contro di loro”. A queste ragioni, conclude il presule, se ne aggiungono altre, ben più profonde, di natura storica. Solo nelle ultime settimane gli eventi registrano una tendenza nuova, motivo di speranza: la messa in sicurezza di alcune zone del Paese consente il ritorno a casa di un considerevole numero di iracheni. Il rimpatrio è agevolato dal governo di Baghdad che offre 800 dollari ad ogni famiglia che decide di rientrare nella propria casa. (C.D.L.)

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    Lettera pastorale per l'Avvento del cardinale Zen sulla vita e la famiglia nella società cinese

    ◊   La vita umana “è il frutto dell’amore, e cresce nel calore di una famiglia: per questo, il Sinodo diocesano di Hong Kong ha deciso di consacrare anche il prossimo anno alla difesa di questo nucleo sociale, un compito che non deve limitarsi ai cattolici ma si deve estendere in tutta la società”. Lo scrive il card. Joseph Zen Ze-kiun, vescovo del Territorio, nella sua lettera pastorale per l’Avvento intitolata “Ama la vita, dono di Dio”, ripresa dall'Agenzia AsiaNews. Quando guardiamo all’origine della vita, spiega il porporato, “abbiamo ancora più ragioni per adorare il giudizio del creatore. Egli ha creato l’uomo e la donna, così che possono offrirsi l’un l’altro nel più totale ed esclusivo atto di amore, e divengono anche cooperatori di Dio nel portare nuove vite su questa terra”. Tuttavia, “non è un mistero per nessuno che in questa nostra città vi siano molti motivi di preoccupazione riguardo la famiglia: l’alto tasso di divorzi, il facile accesso all’aborto e la conseguente bassa natalità. Per questo, il Sinodo si è impegnato per intensificare la cura pastorale della famiglia ed ha proposto la creazione di una Commissione ad hoc”. Questo impegno, conclude il card. Zen, “non deve limitarsi all’interno della comunità cattolica, ma deve abbracciare l’intera società. Il Vangelo della vita è per tutti: noi siamo la luce del mondo ed il sale della terra. Dobbiamo diffondere il nostro messaggio d’amore dal basso, facendo in modo che le molte voci che si sentono non riescano ad oscurare quella del Vangelo”. (R.P.)

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    In Bolivia si è pregato ieri per la pace e la riconciliazione

    ◊   In Bolivia, come richiesto dall’episcopato, si è pregato ieri intensamente per la pace e la riconciliazione del popolo boliviano alle prese, da diversi mesi, con divisioni e polarizzazioni che hanno alimentato violenze di ogni tipo. Il vice presidente della Conferenza episcopale. Vescovo de El Alto, mons. Jesús Juárez Párraga, ha invitato tutti a “non chiudere il proprio cuore alla chiamata del dialogo” e, sottolineando il valore e l’importanza della speranza, ha ringraziato Papa Benedetto XVI per il dono fatto all’umanità con la sua ultima seconda Enciclica “Spe salvi”. Dopo l’niziativa del “Minuto di preghiera”, a mezzogiorno di venerdì scorso, mons. Juárez ha suggerito inoltre di non perdere quest’abitudine e di ripeterla “ogni giorno, ovunque ci si trovi, per chiedere vita e riconciliazione tra i boliviani”. “Abbiamo bisogno che la Bolivia cambi ma il cambiamento non si impone così come non deve essere rifiutato”, ha spiegato mons. Juárez che poi ha aggiunto: “Dobbiamo vivere nella libertà che il Signore ci ha dato. Tramite questa libertà siamo chiamati a cercare le cose buone, ciò che conviene al nostro popolo e ciò che è gradito a Dio”. Se vogliamo vivere nella pace, se vogliamo essere donne e uomini di perdono – ha concluso il presule - dobbiamo avere capacità di ascolto per apprezzare le qualità dell’altro e, dunque, dobbiamo cercare il dialogo sincero per trovare anzitutto le soluzioni ai nostri problemi sia personali sia nazionali. (L.B.)

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    Appello dei vescovi colombiani per la pace e contro la piaga dei sequestri

    ◊   Lavorare per la pace e l’unità del Paese. E’ l’appello dei vescovi colombiani al riaccendersi del dramma che vede numerosi ostaggi ancora in mano alle FARC, le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia. I presuli – riferisce l’agenzia Fides - esortano a mettere il bene del Paese al di sopra di opinioni e sentimenti personali e a lavorare per la riconciliazione. "Fedeli alla loro missione e alla decisione di essere sempre testimoni di speranza, anche in mezzo alle difficoltà" i vescovi hanno pubblicato un comunicato nel quale auspicano che il confronto tra il Presidente del Venezuela, Hugo Chavez, e quello della Colombia, Alvaro Uribe, non indebolisca la ricerca della pace. Secondo i vescovi il cammino verso la riconciliazione passa attraverso il perdono e la comprensione, e rifugge dall’odio e dalla violenza. I vescovi invitano tutti i colombiani a “lasciare da parte l'aggressività verbale e a lavorare per la liberazione di tutti gli uomini e le donne che sono ancora ingiustamente privati della libertà". Per porre termine al flagello dei sequestri i presuli colombiani si rendono disponibili a collaborare per facilitare il raggiungimento di accordi umanitari. Nel comunicato esprimono appoggio al Presidente, alle Istituzioni ed a quelli che si sforzano "per fare del nostro paese una nazione migliore". (C.D.L.)

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    Oltre 35 mila persone presenti in Rwanda alla Messa per la chiusura dell'Anno giubilare, in occasione dei 25 anni delle apparizioni della Vergine a Kibeho

    ◊   Il vescovo di Gikongoro, mons. Augustin Misago, ha espresso gratitudine al cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, che lo scorso 28 novembre ha presieduto la celebrazione per la conclusione dell’Anno giubilare in occasione dei 25 anni delle apparizioni della Vergine a Kibeho, in Rwanda. Alla Messa erano presenti tutti i vescovi dello Stato africano ed oltre 300 sacerdoti provenienti anche da Paesi limitrofi. Complessivamente, hanno partecipato oltre 35 mila persone. Le apparizioni della Madonna a Kibeho sono state ufficialmente riconosciute dalla Chiesa cattolica il 29 giugno del 2001, dopo 20 anni di studio da parte di due commissioni, una medica e l’altra teologica. A Kibeho la Vergine apparve per la prima volta il 28 novembre del 1981 ad Alphonsine Mumureke, una studentessa all’epoca 16.enne. Seguirono, negli anni, apparizioni ad altre due alunne, Natalie Mukamazimpaka e Marie Claire Mukangango. Sul luogo, teatro delle apparizioni, si trova un Santuario, meta di centinaia di migliaia di pellegrini ogni anno: i fedeli provengono dal Rwanda e da Paesi vicini, ma anche dagli Stati Uniti, India, Giappone e da diversi Stati europei. Nel messaggio per l’Anno giubilare, mons. Augustin Misago aveva chiesto ai fedeli di essere pronti alla riconciliazione, di chiedere perdono a coloro che sono stati offesi e di operare con coraggio per la verità e la giustizia. (A.L.)

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    Campagna di solidarietà della Custodia di Terra Santa per sostenere Betlemme

    ◊   Un appello alla solidarietà per la città di Betlemme, in vista del Natale, viene lanciato dalla Custodia di Terra Santa. “La città di Betlemme – si legge nel sito francescano – vive da tempo una situazione di costante emergenza sociale, aggravata dal lungo conflitto in corso. E’ necessario aiutare la parrocchia di Betlemme per sostenere la minoranza cristiana nella fede, nella speranza e nella carità”. Attraverso l’Associazione di Terra Santa, ONG che opera in seno alla Custodia il cui presidente è lo stesso custode, padre Pierbattista Pizzaballa, è stata avviata “una raccolta di fondi che verranno impiegati per i programmi di emergenza rivolti ai bambini maltrattati, agli anziani abbandonati, ai malati bisognosi di farmaci e per interventi chirurgici. In questo Natale 2007 possiamo così aiutare le ‘pietre vive’ in Terra Santa”. Per informazioni su come effettuare le proprie donazioni - riferisce l'agenzia SIR - si può telefonare al numero +972-2- 6271165 oppure scrivere una mail a infoats@custodia.org. (A.L.)

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    “La santificazione della famiglia”: è il tema scelto dalla Chiesa della Corea del Sud per l’Avvento 2007

    ◊   C’è un luogo primario per la trasmissione della fede, per l’educazione alla vita spirituale, per l’accoglienza e la difesa della vita nascente. Ma anche per imparare a donarsi senza riserve e per crescere nell’amore di Dio e del prossimo, in un cammino di santificazione. Questo luogo è la famiglia, al centro della lettera pastorale, inviata alle varie comunità diocesane della Corea del Sud, in occasione dell’Avvento. L’arcivescovo di Seul, cardinale Nicholas Cheong Jinsuk, sottolinea che prima di tutto occorre riconoscere “il supremo diritto ed il valore della famiglia, che è fondamento per il rispetto tra esseri umani”. Nella lettera – riferisce l’agenzia Fides - si insiste anche sulla necessità di abrogare la “Mother and Child healt Law”, controverso provvedimento approvato dal parlamento coreano in materia di aborto e contraccezione. La Chiesa cattolica sudcoreana ha promosso, recentemente, diverse iniziative per sensibilizzare la popolazione sui temi della famiglia e della promozione della vita. Nel “Decalogo per la custodia della vita” vengono avanzate, in particolare, richieste ufficiali alle autorità coreane. Il documento chiede, tra l’altro, l’abolizione della pena capitale, lo stop alla ricerca sugli embrioni umani e alla clonazione. (A.L.)

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    In Vietnam proclamato anno “dell’educazione cristiana” il 2007-2008

    ◊   “Sia una palestra in cui i cittadini di domani imparino a vivere con rettitudine”. Con questo auspicio la Chiesa vietnamita guarda al mondo della scuola, alla quale è dedicata la lettera pastorale: “Istruzione oggi, Società e Chiesa domani”. I vescovi hanno anche proclamato il 2007/2008 anno “dell’educazione cristiana”, pur essendo il Vietnam uno Stato comunista con un’offerta formativa interamente pubblica. Agli studenti si chiede, in particolare, “di saper accogliere Dio nelle loro esistenze”. “Non basta diffondere delle nozioni – ha detto il vescovo di Thái Bin, mons. Francois Nguyenn Van Sang - “Il dirci cattolici – ha affermato il professor Ngoc Bich – deve spingerci a dedicare maggiore energia alla nostra missione e ad infondere un senso di giustizia e dignità nei nostri giovani”. (A.L.)

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    In Cambogia, programma di microcrediti avviato dai Gesuiti

    ◊   “In poco più di dieci anni il programma di microcrediti lanciato dai Gesuiti in Cambogia ha migliorato le condizioni di vita degli agricoltori e razionalizzato il lavoro nei campi”. E’ quanto ha dichiarato il rappresentante di una cooperativa di contadini nel corso del Congresso nazionale dell’Associazione di solidarietà tra contadini. Avviati nel 1993, i consorzi “solidali” si sono diffusi in tutto il Paese asiatico e attualmente sono 178. Inizialmente il programma dei Gesuiti provvede a comprare terreni per contadini “chiedendo un interesse del 3%”. Di questo, un terzo andrà a finanziare un fondo comunitario, “da cui – spiega il delegato - i soci possono attingere per coltivare campi successivamente o per finanziare piccole attività commerciali”. Durante il Congresso, è stato eletto come presidente dell’associazione Khong Navy. Il programma ‘Jesuit Services Cambodia’ non si limiti a darci dei soldi – ha detto il neo presidente – ma ci garantisca le premesse per uno sviluppo umano”. (A.L.)

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    Presentato al Palazzo delle Nazioni a Ginevra un libro di riflessioni francescane sulla povertà

    ◊   “L’antidoto alla povertà non è la ricchezza”. E’ quanto ha detto il segretario generale per l’animazione missionaria, fra’ Helmut Rakowski, intervenendo recentemente al Palazzo delle Nazioni a Ginevra in occasione della presentazione del libro “World Poverty – Franciscan Reflections”. L’opera, pubblicata in francese e in inglese, è una raccolta di saggi su temi quali lo sviluppo, le migrazioni e l’ambiente. “La vera ricchezza dei poveri – ha spiegato fra’ Helmut Rakowski – sono i poveri stessi: se collaborano, abbiamo fatto una grande conquista”. E se riusciamo a mettere in relazione i ricchi con i poveri e i poveri con i poveri e tutti con Dio – ha aggiunto – “allora abbiamo ottenuto molto più che distribuendo denaro”. La solidarietà - ha affermato infine Jan Nielen, dirigente superiore del programma di Cordaid, ONG impegnata in attività per l’eliminazione della povertà – deve divenire uno scopo comune, anche se non è ancora una realtà comune”. (A.M.)

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    La RAI al servizio dei non udenti: da ieri la Santa Messa televisiva è trasmessa coi sottotitoli

    ◊   La Messa in tv diventa fruibile ai non udenti. Terminata la fase di sperimentazione – riporta il quotidiano Avvenire - da ieri, domenica 2 dicembre, la trasmissione della santa Messa, in onda ogni domenica su Raiuno alle 10.55, è accompagnata dallo scorrimento dei sottotitoli. Collegandosi alla pagina 777 del Televideo Rai, sarà possibile seguire il rito dell’eucarestia semplicemente leggendo sullo schermo i contenuti della celebrazione. “La novità introdotta ormai definitivamente – afferma don Antonio Ammirati, membro dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della CEI e regista delle Messe televisive - è un ulteriore esempio di come i mezzi di comunicazione sociale, in questo caso la televisione, possono rendere un servizio pubblico a quanti non possono partecipare alla Messa. I pionieri della messa televisiva furono nel 1948 i newyorkesi, i primi a trasmettere via etere, in occasione del Natale, la celebrazione dell’eucarestia. In Italia la novità arrivò solo quattro anni più tardi, quando nel 1952 dalla Chiesa di San gottardo al Corso fu trasmessa la prima messa televisiva in lingua italiana. (C.D.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Medio Oriente: uccisi 4 palestinesi. Israele libera 429 esponenti dell'Intifadah

    ◊   Sono quatto i miliziani palestinesi uccisi in due incidenti separati la scorsa notte ai margini della striscia di Gaza, in prossimità del territorio israeliano. Da parte loro i miliziani palestinesi hanno proseguito nella nottata gli attacchi, mediante colpi di mortaio, contro il kibbutz israeliano di Nahal Oz, a ridosso della Striscia di Gaza, ferendo quattro soldati. Intanto è stata completata la liberazione dal carcere di Ketziot (Neghev) di 429 palestinesi detenuti per attività legate alla Intifadah. Il provvedimento era stato deciso due settimane fa dal governo di Olmert prima del vertice di Annapolis. Sono per lo più militanti di al-Fatah che non hanno “versato sangue” in attacchi anti-israeliani. E c’è anche la notizia della riapertura, oggi, del valico di Rafah, fra Gaza ed Egitto, per consentire il transito di 700 pellegrini palestinesi diretti alla Mecca, in Arabia Saudita. Era stato chiuso nel giugno scorso, durante gli scontri armati fra Hamas ed al-Fatah per il controllo della Striscia.

    Colonie israeliane contro Olmert
    Indignazione nelle colonie israeliane della Cisgiordania nei confronti del premier Ehud Olmert dopo che la scorsa notte i servizi di sicurezza israeliani hanno rivelato che due agenti palestinesi fedeli ad Abu Mazen sono responsabili della uccisione premeditata di un israeliano due settimane fa nella zona di Nablus (Cisgiordania). Secondo i coloni, Olmert ha ordinato che l'informazione fosse censurata per evitare che avesse ripercussioni negative sul vertice di Annapolis (Usa). Nel frattempo è stata congelata la decisione di consegnare alle forze dell'Anp dislocate a Nablus cinque mezzi blindati leggeri di produzione russa destinati a mantenere l'ordine pubblico. I palestinesi, secondo la radio militare, insistono affinchè sui blindati siano montati fucili mitragliatori. Le autorità militari israeliane, nelle condizioni attuali, mantengono il veto.

    Iraq
    Uccisi due personaggi noti per le loro posizioni critiche: il preside dell'istituto tecnico di Samara, noto per le sue dure prese di posizione contro lo Stato islamico in Iraq, la coalizione di gruppi integralisti legati ad Al-Qaida; e un capo tribale sunnita di uno dei 'Consigli del risveglio', le milizie anti-Al-Qaida costituite in molte zone dell'Iraq, ucciso con il suo autista. Inoltre, in scontri a fuoco a Mossul, hanno perso la vita quattro poliziotti e sette miliziani.

    Iran
    Un patto per la sicurezza è basilare per la stabilità della regione: è quanto ha affermato il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad all'apertura dei lavori del vertice del Consiglio di Cooperazione del Golfo (ccg), invitando alla costituzione di un “summit a sette” per il futuro. “Occorre esercitare ogni sforzo per mantenere la regione libera da tensioni”, ha dichiarato Ahmadinejad “e per questo propongo una mutua cooperazione che aiuti a mantenere sicurezza nella regione”. “Una regione sicura”, ha premesso il presidente iraniano alla presentazione della sua proposta di cooperazione articolata in 12 punti, “senza interferenze straniere”, alludendo ai solidi rapporti che le monarchie del Golfo hanno con gli Stati Uniti.

    Arrestata attivista iraniana
    Un'attivista iraniana per i diritti delle donne è stata arrestata per ordine della Corte rivoluzionaria di Teheran, secondo quanto scrive oggi il quotidiano Etemad. La femminista, Jalveh Javaheri, è stata convocata dalla Corte e interrogata per ore, prima di essere dichiarata in arresto con le accuse di “iniziative contro la sicurezza nazionale” e “turbamento dell'opinione pubblica”. La donna è quindi stata trasferita al famigerato carcere di Evin. Dall'inizio dell'anno altre otto femministe hanno subito condanne fino a quattro anni di reclusione - in parte sospese - inflitte loro dalla Corte rivoluzionaria per aver preso parte nel giugno del 2006 ad una manifestazione nel centro di Teheran per chiedere l'abolizione degli articoli della legge islamica che limitano i diritti delle donne. Il raduno venne disperso dalla polizia, che arrestò 70 persone, tra le quali diversi uomini. La Javaheri è una delle attiviste impegnate in una campagna volta a raccogliere un milione di firme per ottenere queste riforme legislative.

    Afghanistan
    Cinque taleban, tra i quali un comandante che si ritiene coinvolto nel rapimento del giornalista italiano Daniele Mastrogiacomo, avvenuto nello scorso marzo, sono stati uccisi durante un'operazione delle forze della coalizione internazionale operanti nel distretto di Musa Qala, nella provincia meridionale afghana di Helmand. “Le forze della coalizione stanno distruggendo sistematicamente il comando dei taleban - afferma il portavoce della Joint Task Force 82, il maggiore dell'esercito Chris Belcher - ed il controllo sulle loro reti”. L'inviato di Repubblica Daniele Mastrogiacomo fu rapito in Afghanistan il 4 marzo scorso insieme con il suo interprete ed il suo autista, entrambi afghani, e fu rilasciato due settimane dopo.

    Caso elezioni in Pakistan
    La commissione elettorale del Pakistan ha respinto la candidatura dell'ex primo ministro Nawaz Sharif, uno dei leader dell'opposizione, alle elezioni legislative e amministrative previste per il prossimo 8 gennaio, con la motivazione che Sharif era stato condannato, nel 2000, per il dirottamento di un aereo. All'inizio di ottobre 1999 aveva impedito l'atterraggio in Pakistan di un aereo di linea che trasportava l'attuale presidente Pervez Musharraf, allora capo di stato maggiore dell'esercito, che a suo avviso stava preparando un colpo di Stato. Il 12 ottobre 1999 Musharraf prese in effetti il potere rovesciando il governo Sharif.

    Attentato in Pakistan
    Intanto almeno cinque persone sono morte e altrettante sono rimaste ferite in un'esplosione in una scuola islamica pachistana nella città di Qila Saifullah, nella provincia del Belucistan, lungo il confine con l'Afghanistan. Non è ancora certa la causa dello scoppio nella madrasa (scuola religiosa), nel sud ovest del Paese. Alcune scuole coraniche pachistane sono considerate terreno di reclutamento per i militanti combattenti che combattono le forze straniere nel vicino Afghanistan e si oppongono al supporto pachistano agli Stati Uniti nella lotta contro il terrorismo.

    Libano
    Dieci deputati del Parlamento libanese sottoscriveranno oggi una mozione per un emendamento costituzionale che consenta l'elezione alla presidenza della Repubblica del comandante in capo dell'esercito, generale Michel Suleiman. La maggioranza di governo, sostenuta da Usa, Ue e Paesi arabi del Golfo, ha ufficialmente dichiarato ieri sera il suo appoggio a Suleiman - che appartiene alla comunità cattolico-maronita cui, in base al sistema politico-confessionale del Libano, spetta la presidenza della Repubblica - e l'opposizione dovrebbe fare altrettanto nelle prossime 48 ore. Berri ha convocato il Parlamento il 7 dicembre per eleggere il successore dell'ex presidente Emile Lahud, il cui mandato è scaduto il 24 novembre. Intanto il patriarca maronita Nasrallah Sfeir torna ad esprimere la sua preoccupazione per la drammatica situazione nel Paese, richiamando tutti a compiere il loro dovere civico e criticando quelle persone che continuano a minacciare la stabilità del Paese.

    Somalia
    Nur Hassan Hussein, nuovo primo ministro somalo, ha varato nella tarda serata di ieri, a Baidoa, dove siede il Parlamento, il governo. Ne fanno parte 31 ministri e 31 vice. Il voto di fiducia, che appare scontato, è atteso tra domani e dopodomani. Intanto anche ieri almeno sei o sette morti a Mogadiscio in scontri tra insorti, la cui direzione strategica sembra essere nelle mani degli integralisti islamici, e forze etiopiche e somale. Drammatica la situazione di centinaia di migliaia di profughi.

    Caso giornalisti uccisi in Somalia nel 1994
    “Da un'analisi complessiva degli elementi indiziari fino ad oggi raccolti dagli inquirenti la ricostruzione della vicenda più probabile e ragionevole appare essere quella dell'omicidio su commissione”. Con questa motivazione il gip di Roma, Emanuele Cersosimo, ha respinto la richiesta di archiviazione dell'inchiesta sugli omicidi di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, avvenuti a Mogadiscio il 20 marzo 1994 ed accolto l'istanza della famiglia dell'inviata italiana della RAI nella quale si chiedeva di svolgere nuove indagini. Secondo il gip, Alpi e Hrovatin potrebbero essere stati uccisi per impedire che le notizie da loro raccolte “sui traffici di armi e di rifiuti tossici avvenuti tra l'Italia e la Somalia venissero a conoscenza dell'opinione pubblica italiana”. Il legale della famiglia Alpi, D'Amati, aveva sostenuto che “ci sono le prove per sostenere che Ilaria è stata assassinata perchè aveva scoperto i meccanismi illeciti di un traffico di armi e di dazioni di denaro legate all'affaire della cooperazione in Somalia”.

    Sudan
    Il presidente sudanese Omar el-Bechir ha concesso la grazia all'insegnante britannica arrestata per aver autorizzato i suoi alunni a chiamare un orsetto di peluche con il nome di Maometto. La donna sarà liberata, ha riferito un portavoce del presidente. Gillian Gibbons, 54 anni, insegnante di Liverpool, è stata condannata da un tribunale di Khartoum a 15 giorni di prigione. I due membri musulmani della Camera dei Lord che da alcuni giorni si trovano a Khartoum nel tentativo di ottenere la liberazione dell'insegnante britannica, hanno incontrato il presidente sudanese Omar Hassan al-Bashir.

    Il nuovo premier polacco e l’UE
    Il neo premier polacco Donald Tusk, sarà domani a Bruxelles per una serie di incontri con le istituzioni europee. Tusk, alla guida di un governo liberal moderato che ha promesso di migliorare le relazioni con la Ue, avrà un incontro bilaterale con il presidente dell'Europarlamento Hans Gert Poettering e un pranzo di lavoro con il presidente della Commissione Ue Josè Manuel Daurao Barroso. Il premier polacco terminerà la sua prima visita ufficiale a Bruxelles con un incontro con la conferenza dei presidenti del gruppi politici al Parlamento europeo, nel primo pomeriggio.

    Putin e trattato armi convenzionali
    La Russia potrebbe rientrare nel Cfe, il trattato sulle armi convenzionali in Europa, “'se i partner dell'Alleanza atlantica ratificheranno il documento e cominceranno a rispettarlo”'. Confermando l'uscita, il 12 dicembre, di Mosca dal trattato, Putin ha detto che “La Russia non può continuare a rispettare unilateralmente quegli accordi, perchè minacciano la sua sicurezza”.

    Sri Lanka
    Trentanove ribelli delle Tigri tamil e sei soldati sono rimasti uccisi oggi in scontri nel nord dello Sri Lanka. Decine di altri ribelli sono stati feriti, hanno aggiunto le fonti precisando che gli scontri sono avvenuti nel distretto di Mannar a nord-ovest, e nel nord della penisola di Jaffna, dove ormai il conflitto è diventato quotidiano con raid, bombardamenti e scontri per terra e per mare. Questi ultimi scontri sono esplosi a due giorni dall'attacco da parte dei militari di bunker dei ribelli Tamil a sud di Adampan, nello stesso distretto di Mannar.

    Australia
    Il leader del Partito laburista australiano, Kevin Rudd, ha prestato giuramento in qualità di 26/mo primo ministro dell'Australia. Rudd sarà il nuovo capo del governo di Canberra dopo la sua vittoria nelle elezioni legislative del 24 novembre scorso, con la quale ha posto fine a 11 anni di potere del premier conservatore John Edward. Kevin Rudd ha giurato nel Palazzo de governo a Canberra, dinanzi al governatore generale d'Australia Michael Jeffery, rappresentante della regina d'Inghilerra Elisabetta seconda. Rudd ha promesso in particolare di firmare in tempi rapidi il protocollo di Kyoto e ha annunciato il ritiro entro la metà del 2008 dei 550 soldati australiani inviati in Iraq.

    Birmania
    Un gruppo di attivisti birmani ha inviato una petizione al presidente cinese Hu Jintao, invitandolo a controllare le imprese cinesi che stanno costruendo una serie di dighe del piccolo Paese asiatico, dove in settembre le manifestazioni pro-democrazia guidate dai monaci buddhisti sono state represse nel sangue. La coalizione, chiamata Burma River Networks, afferma che per le dighe sono stati investiti 30 miliardi di dollari. “Le imprese cinesi stanno aumentando rapidamente i loro investimenti nel settore dell'energia, in particolare nei progetti per lo sviluppo dell'energia idrica”, si legge nella petizione. La Cina è alleata del regime militare birmano e, secondo le valutazioni degli economisti, imprese cinesi hanno investito nel vicino Paese oltre un miliardo di dollari. Pechino è contraria alle sanzioni economiche proposte dall'Occidente e per questo è stata criticata dalle organizzazioni umanitarie internazionali ma diversi osservatori ritengono che abbia avuto un ruolo importante nel convincere la giunta militare a ricevere l'inviato dell’Onu e ad aprire un dialogo con l'opposizione, anche se finora non ha dato frutti. Il Salween Watch - uno dei gruppi della coalizione che si occupa in particolare del fiume Salween - ha chiesto alla Cina di applicare le sue leggi per verificare l'impatto dei progetti per la costruzione di dighe in Birmania sull'ecologia e sulle popolazioni locali.


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 337
     

     
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