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SOMMARIO del 26/08/2007
Il Papa all'Angelus: non ci sono privilegiati sulla via della salvezza. Non basta pensare di essere cristiani. Tutti dobbiamo passare per la porta stretta dell'umiltà e del servizio ai fratelli
◊ Tutti possono salvarsi, ma tutti dovranno passare per la porta stretta dell’umiltà e della mitezza. E’ quanto ha affermato oggi il Papa durante l’Angelus a Castel Gandolfo. Commentando il Vangelo odierno Benedetto XVI ha ricordato che non basta pensare di essere amici di Cristo per entrare nella vita eterna: non saremo infatti giudicati in base a presunti privilegi, ma secondo le nostre opere. Il servizio di Sergio Centofanti.
Il Papa definisce la Parola di Cristo che ci propone l’odierna liturgia con due aggettivi: “illuminante e al tempo stesso sconcertante”. Un tale chiede a Gesù: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”. E Gesù risponde: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno”. Ma che significa questa “porta stretta”? – si chiede il Papa - e perché molti non riescono ad entrarvi? Si tratta forse di un passaggio riservato solo ad alcuni eletti?:
“In effetti, questo modo di ragionare degli interlocutori di Gesù, a ben vedere è sempre attuale: è sempre in agguato la tentazione di interpretare la pratica religiosa come fonte di privilegi o di sicurezze. In realtà, il messaggio di Cristo va proprio in senso opposto: tutti possono entrare nella vita, ma per tutti la porta è ‘stretta’. Non ci sono privilegiati. Il passaggio alla vita eterna è aperto a tutti, ma è ‘stretto’ perché è esigente, richiede impegno, abnegazione, mortificazione del proprio egoismo”.
Ancora una volta – ha aggiunto il Papa – “il Vangelo ci invita a considerare il futuro che ci attende e al quale ci dobbiamo preparare durante il nostro pellegrinaggio sulla terra”:
“La salvezza, che Gesù ha operato con la sua morte e risurrezione, è universale. Egli è l’unico Redentore e invita tutti al banchetto della vita immortale. Ma ad un’unica e uguale condizione: quella di sforzarsi di seguirlo ed imitarlo, prendendo su di sé, come Lui ha fatto, la propria croce e dedicando la vita al servizio dei fratelli”.
“Unica e universale, dunque – ha proseguito il Pontefice - è questa condizione per entrare nella vita celeste”. Nell’ultimo giorno – afferma Gesù - non è in base a presunti privilegi che saremo giudicati, ma secondo le nostre opere. “Gli ‘operatori di iniquità’ si troveranno esclusi, mentre saranno accolti quanti avranno compiuto il bene e cercato la giustizia, a costo di sacrifici”:
“Non basterà pertanto dichiararsi ‘amici’ di Cristo vantando falsi meriti: ‘Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze’ (Lc 13,26). La vera amicizia con Gesù si esprime nel modo di vivere: si esprime con la bontà del cuore, con l’umiltà, la mitezza e la misericordia, l’amore per la giustizia e la verità, l’impegno sincero ed onesto per la pace e la riconciliazione. Questa, potremmo dire, è la ‘carta d’identità’ che ci qualifica come suoi autentici ‘amici’; questo è il ‘passaporto’ che ci permetterà di entrare nella vita eterna”.
Il Papa, ricordando poi che in Polonia oggi si festeggia la Beata Vergine di Częstochowa, ha invocato la Madre di Dio perché ci guidi “nelle nostre scelte quotidiane, sulla strada che conduce alla ‘porta del Cielo’”.
Ha poi salutato una delegazione di rappresentanti musulmani, ortodossi, luterani e cattolici provenienti dal Kazakistan auspicando che attraverso “la comprensione ed il rispetto reciproci fra le comunità religiose” si possa “superare la diffidenza e promuovere la via della pace che sgorga dalla verità”.
Quindi, ha rivolto il suo saluto ad un gruppo di pellegrini britannici giunti a Roma in bicicletta dalla Cattedrale di Canterbury dopo oltre due settimane di viaggio lungo la tradizionale Via Francigena.
Infine, si è affacciato sulla piazza di Catel Gandolfo per benedire i pellegrini che non hanno trovato postro nel cortile del Palazzo Apostolico, augurando a tutti una buona domenica e una buona settimana "nonostante il grande caldo di agosto".
Saranno pubblicate in settembre le lettere in cui Madre Teresa di Calcutta rivelava di vivere la notte oscura dello spirito. Il commento di padre Cantalamessa
◊ A dieci anni dalla morte di Madre Teresa di Calcutta sarà pubblicata in settembre una raccolta di lettere che la Beata ha scritto sulla sua lunga e profonda aridità spirituale. Il libro, che s’intitola: “Mother Teresa: come be my light”, è stato curato da padre Brian Kolodiejchuk, postulatore della causa di canonizzazione della religiosa. Ma cosa è questa "notte oscura dello spirito" che ha vissuto questa santa della carità? Sergio Centofanti lo ha chiesto a padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia:
R. – E’ qualcosa che è molto noto nella tradizione cristiana; forse nuovo, inedito nella forma che ha avuto in Madre Teresa. Perché mentre “la notte oscura dello spirito” di San Giovanni della Croce è un periodo generalmente preparatorio a quello definitivo che si chiama “unitivo”, per Madre Teresa sembra che sia stato uno stato stabile, da un certo momento della sua vita, quando ha incominciato questa grande opera di carità, fino alla fine. A mio parere, anche questo fatto di questo prolungamento della “notte” ha un significato per noi, oggi. Io credo che Madre Teresa sia la santa dell’era mediatica, perché questa “notte dello spirito” l’ha protetta dal diventare vittima dei media, cioè dall’esaltarsi ... Infatti, lei stessa diceva che di fronte ai più grandi onori e al clamore della stampa, lei non sentiva proprio nulla perché viveva questo vuoto interiore. Quindi, era una specie di ... “tuta di amianto”, per attraversare l’era dei media ...
D. – Leggiamo un passo di una sua lettera: “C’è tanta contraddizione nella mia anima, un profondo anelito a Dio, così profondo da far male; una sofferenza continua, e con ciò il sentimento di non essere voluta da Dio, respinta, vuota, senza fede, senza amore, senza zelo ... Il cielo – afferma Madre Teresa – non significa niente per me: mi appare un luogo vuoto!” ...
R. – Ma, vede, proprio questa sofferenza lancinante, che dava il vuoto di Dio, è il segno che si tratta di un fenomeno positivo. Si tratta di una presenza-assenza: Dio è presente ma non lo si sperimenta. Il fatto che Madre Teresa potesse stare ore davanti al Santissimo, come dicono i testimoni che l’hanno vista, quasi rapita ... se uno pensa in che condizioni lei stava lì, quello è un martirio! Quello è un vero martirio, perché per chi non sente Dio e sente quel vuoto, stare ore ferma davanti al Santissimo è veramente stare in mezzo alle fiamme. Ed è strano che qualcuno si meravigli di questi scritti di Madre Teresa o addirittura pensi che chi li sta pubblicando, che debba superare delle perplessità, che la gente si scandalizzi ... Perché questo, per me, ingigantisce la figura di Madre Teresa; non la diminuisce. Gli atei “normali”, comuni, non si affliggono per l’assenza di Dio; per Madre Teresa, questa era la prova più terribile che potesse vivere. Io credo che Madre Teresa abbia veramente la statura dei "grandissimi" nella santità cristiana, proprio anche per questa capacità di nascondere questi fenomeni, di viverli personalmente nel più intimo del cuore! Forse, proprio in espiazione di questo ateismo dilagante che c’è nel mondo di oggi, perché in fondo Madre Teresa ha vissuto in positivo, con fede, da parte di Dio, questo vivere come se Dio non esistesse ...
D. – La pubblicazione di queste Lettere può scandalizzare – come lei diceva – alcuni fedeli?
R. – Io credo che con un minimo di commento, dando delle coordinate minime per inserire questo fenomeno, io credo che questo produrrà un bene immenso.
D. – “Le notti oscure dei Santi” cosa possono dire a quanti vivono senza fede?
R. – Io credo che bisogna distinguere: quelli che vivono senza fede ma non se ne fanno un vanto, non lo sbandierano ai quattro venti, non se ne fanno un titolo di superiorità ma lo vivono con sofferenza, e penso per esempio a tanti di questi “atei” – alcuni convertiti, altri no – come Camus, come Samuel Beckett – a questi fa vedere che sono ad un passo: basterebbe loro fare un passo per ritrovarsi su una sponda dove dal nulla passano al tutto. Perché per Madre Teresa, questa “notte oscura dello spirito” conviveva stranamente con una pace ed una felicità che lei stessa dice che lei non avrebbe scambiato con nessun altro al mondo, come del resto nessun mistico avrebbe fatto. Quindi: è un appello fatto agli atei onesti e li invita proprio a fare della loro situazione di vuoto, di ricerca di senso della vita un trampolino di lancio verso la luce ...
Con la presentazione del libro di don Giussani "Certi di alcune grandi cose" si è concluso il Meeting di Rimini
◊ Si è chiusa iero pomeriggio a Rimini la 28.ma edizione del Meeting per l'amicizia fra i popoli organizzato da Comunione e Liberazione. Tema di quest'anno: "La verità è il destino per il quale siamo stati fatti". Alla manifestazione hanno partecipato centinaia di persone: oltre 400 i relatori, 3200 i volontari e un centinaio gli incontri che hanno spaziato tra poltica, economia, cultura e religione. A chiudere l'evento la presentazione del libro di don Luigi Giussani intitolato "Certi di alcune grandi cose". Il volume racconta i dialoghi dei responsabili degli universitari di "Comunione e Liberazione", tra il 1979 e il 1981, con don Giussani, alla ricerca di una verità comune. Ma che cosa è la verità per il fondatore di CL? La nostra inviata a Rimini, Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Giorgio Vittadini, presidente della "Fondazione per la Sussidiarietà", che, all’epoca, partecipò a molti di quegli incontri:
R. – La verità per don Giussani era ed è nella tradizione cristiana la corrispondenza tra le esigenze più vere del cuore, le esigenze di verità, giustizia e bellezza e ciò che si incontra nella realtà. Una presenza che è il cuore della realtà che si vede, che si incontra come lui usava dire e come ripete molte volte in questo libro. Come San Giovanni e Sant'Andrea si accorsero di averla incontrata in quell’Uomo, lui continuava a ripetere: guardate che potete vedere adesso questa verità che continua di fronte a voi. La verità è una corrispondenza tra il cuore e ciò che si vede, che crea questo stupore, questo entusiasmo, questa attrattiva che traspare da ogni pagina del libro.
D. - Verità è anche esperienza, si è sentito dire in questi giorni del Meeting. Qual è l’esperienza che lei racconta nel libro?
R. - L’esperienza è proprio il cuore di questa corrispondenza. E' quella di qualcuno affascinato e travolto da questo, tanto è vero che mi ha cambiato la vita. La mia vocazione ad essere Memor Domini nasce proprio durante quegli incontri all’università. Affrontavo dei gravi problemi famigliari, mi affacciavo all’interesse della vita, stiamo parlando degli anni del terrorismo, sentendo in quel momento il fascino di aver incontrato qualcosa di simile a quello che avevano incontrato Giovanni e Andrea: l’esperienza cristiana. Per me è questo incontro che determina tutte le scelte della vita in un continuum che non ha nessuna soluzione di continuità.
D. – “Certi di alcune grandi cose” rispecchia anche l’identità del popolo di Comunione e Liberazione e l’identità di questo Meeting che si chiude all'insegna di questo libro...
R. - Riprendendo l’esperienza di quegli anni non è una certezza presuntuosa perché paradossalmente l’ultima parte del libro racconta delle crisi, del Giussani che ci accusava: "Voi non avete lavorato, voi non siete seri rispetto a quello che io propongo". Certi del fatto di avere incontrato qualcosa, non presuntuosi di esserne i padroni, quasi come quando – oserei dire - Gesù attaccava gli Apostoli dicendo: a voi non interessa la verità, vi interessa altro, il potere, ma certi del fatto che di fronte a noi c’è quello che corrisponde al cuore dell’uomo.
D. – “Certi di alcune grandi cose”: quali sono queste cose?
R. - Una cosa: la presenza di Cristo che si è fatto uomo e vive in mezzo a noi. Giussani, in mille modi possibili, ci ha fatto percepire che questa non è un’idea, ce l’ha fatto percepire rileggendo, come si vede nel libro, i canti russi dell’armata rossa, facendoci sentire la musica, mostrandoci e raccontandoci le esperienze di tanta gente intorno a noi. Ancora, facendoci riflettere su quello che desideravamo, su cos’era il dolore e il peccato. Di fronte a tutto questo, non si può non dire che c’è qualcosa di eccezionale presente intorno a noi. Il nesso tra i particolari visti nella realtà e la presenza di Dio sta in queste “grandi cose” che accomunano il popolo di CL di oggi e noi che abbiamo incontrato Giussani in quegli anni.
“O protagonisti o nessuno”. Sarà questo il tema del Meeting del prossimo anno. Ma che bilancio fare dell’edizione appena conclusa? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Emilia Guarnieri, presidente del Meeting per l’amicizia fra i popoli:
R. – Un bilancio assolutamente positivo. Direi, anzitutto questo Meeting ha dimostrato che lanciare la parola “verità” e chiedere di confrontarsi con questa è qualcosa che attira, che fa incontrare, che fa dialogare, tutt’altro che alzare barricate, tutt’altro che creare climi di intolleranza! Il Meeting è stata un’occasione di grandissimo incontro di carattere internazionale, di rappresentanti di Paesi stranieri che qui si sono incontrati, che hanno incontrato il popolo del Meeting, che hanno incontrato tante realtà di base presenti nei loro stessi Paesi. Quindi, il Meeting è stato occasione perché si costruisse questo. Così come importanti pezzi di dialogo fra musulmani, cattolici, ortodossi, protestanti, ebrei si sono realizzati qui nel Meeting. Quindi, direi, un Meeting che è stato veramente un Meeting per l’amicizia tra i popoli.
D. – Il tema della verità è stato il filo conduttore. Voi dite, declinata al singolare, mentre il mondo – e lo ha ricordato anche il cardinale Tarcisio Bertone in apertura – preferisce di parlare di “opinioni” andando verso lo scetticismo. Dopo sette giorni di esperienze qui, questo concetto come è maturato, come si è alimentato?
R. – Io credo che – appunto – l’esperienza di questi sette giorni non abbia neanche per un attimo messo in discussione questa pluralizzazione della verità. Cioè, nessuno si è posto questo problema, perché la verità – direi: per evidenza, perché altrimenti non sarebbe più verità – è una; ci sono percorsi che conducono alla verità; ci sono momenti di incontro, di confronto che conducono alla verità … Ma, veramente, lo dico con grande convincimento, in questa settimana nessuno ha detto che “le verità” avrebbero potuto essere diverse o plurali. Siccome in questo Meeting ci sono stati veramente tanti personaggi di provenienze, culture, esperienze diverse, forse era proprio vero quello che dicevamo all’inizio: che la verità è “la Verità”.
D. – E attrae, questa Verità?
R. – Direi che se guardiamo il pubblico del Meeting, se guardiamo tre dati: uno, le migliaia di volontari che sono stati qui a lavorare, attratti da questo; i relatori, che sono qui venuti sollecitati da questo tema e che si sono confrontati su questo; e la vastissima affluenza del pubblico che, appunto, è venuto qui attratto da questo tema. Questo dato, il fatto che questi temi – la ragione, la libertà, la verità – attirano, mi pare che sia un’evidenza.
D. – Al Meeting ha fatto il suo ingresso la GMG di Sydney. Tra poco, il Papa incontrerà i giovani a Loreto. Per loro, per i giovani, qual è il messaggio che viene dal Meeting?
R. – Io credo che i giovani al Meeting vivano un’esperienza di conoscenza, di apertura di orizzonti e un’esperienza proprio di tipo educativo. Ecco: credo che tutto questo sia un grande rilancio alla vita, all’incontro con gli altri e alla testimonianza di quello che sono.
La famiglia è determinante nel recupero dei tossicodipendenti: così, ai nostri microfoni, Andrea Muccioli della Comunità di San Patrignano
◊ Cresce nel mondo la produzione di cocaina, che dal 2001 al 2006 ha segnato un incremento del 19 per cento. Dato ancora più preoccupante, segnalato dalla Relazione semestrale 2007 della Direzione Centrale italiana per i Servizi Antidroga, è l’aumento della produzione dell'eroina afgana, cresciuta, nel 2006, quasi del 49 per cento. Sono cifre, queste, che sottolineano quanto sia ancora oggi diffusa la tossicodipendenza e quanto impegnativo sia il lavoro per le comunità di recupero. Una delle più attive in Italia è la Comunità di San Patrignano, che ospita circa 1800 persone, impegnate ad uscire dal tunnel della droga. Ma è possibile dire basta alla tossicodipendenza in modo definitivo? Francesco Biagiarelli lo ha chiesto ad Andrea Muccioli, che da oltre 10 anni guida la Comunità di San Patrignano, fondata da suo padre, Vincenzo:
R. – Se non esistesse la possibilità di reinserimento, noi avremmo fallito il nostro compito. Noi non accogliamo i ragazzi perché si rifugino in un luogo lontano dal mondo. Li accogliamo e cerchiamo di sostenerli dando loro quegli strumenti di educazione, di formazione, di riscoperta di se stessi che devono servire loro proprio per allenarsi a sostenere gli impegni, la competizione, i problemi, le fatiche, i disagi del mondo quando saranno soli ad affrontarli. Formarli ad una professione, renderli capaci di sostenere i rapporti con gli altri, di ricostruire i propri rapporti familiari, trovare una spiritualità, delle motivazioni ed un senso alla propria vita fa parte di questo futuro che loro poi vivranno, appunto, in proprio.
D. – Qual è il ruolo che dovrebbe o deve avere la famiglia di questi ragazzi, sia prima, sia durante e dopo questo percorso?
R. – Distinguerei due fasi, due contesti diversi: quello delle famiglie che devono impegnarsi a fornire il luogo dell’educazione, la propria presenza, soprattutto il proprio esempio, un esempio fatto non di parole ma di comportamenti vivi, presenti e concreti. Questo è l’anticorpo più potente che esista come prevenzione all’uso di droga e a percorsi di fuga dalla realtà. Quando questo contesto educativo, questi rapporti familiari, questo incontro tra generazioni, questo esempio educativo non c’è o non funziona, nascono dei motivi di disagio che sono poi quelli che per lo più spingono un ragazzo a ricercare scorciatoie o percorsi di fuga dalla realtà e ad affrontare i propri disagi, le proprie fatiche, la propria mancanza di punti di riferimento utilizzando sostanze – appunto – che fanno loro credere che la vita sia migliore, che non ci sono i problemi che non si sentono capaci di affrontare. In questo caso, quando poi si manifesta questo disagio e prende le forme della tossicodipendenza, di un disagio estremo, dell’emarginazione, quando accogliamo i ragazzi in comunità alle loro famiglie noi diciamo che il percorso di ricostruzione, il percorso di fatica e di lavoro su se stessi per ritrovare e dare un senso alla propria vita e ai propri rapporti, non riguarda solo i ragazzi ma riguarda molto in profondità anche le famiglie che devono, appunto, impegnarsi a capire che cosa non ha funzionato e come cercare di ricostruire quella tela straordinaria, ma molto piena di cicatrici e di sofferenze che è il loro rapporto famigliare e che spesso non riguarda solamente il rapporto di genitori con il figlio che ha un problema di droga, ma anche del rapporto tra coniugi, del rapporto anche con gli altri figli.
Pubblicato in questi giorni l'ultimo libro di mons. Vincenzo Paglia "L'amore cristiano"
◊ “L’Amore cristiano”. Questo il titolo dell’ultimo libro, edito dalle Paoline, del vescovo di Terni-Narni-Amelia Vincenzo Paglia. Prendendo spunto dall’Enciclica del Papa, Deus caritas est, il presule ripercorre la storia della profonda relazione tra Dio e l’uomo dall’inizio dei tempi ad oggi. Punto di arrivo, la società contemporanea che spesso sembra vivere senza padre. Ma quali sono le tracce più significative della presenza di Dio nei secoli? Risponde così l’autore, al microfono di Silvia Gusmano:
R. - Si possono distinguere alcune grandi tappe che singolarmente rispondono ai grandi periodi di rinascita della Chiesa. La prima grande tappa è quella neotestamentaria, con lo strutturarsi delle prime comunità cristiane, poi troviamo il monachesimo e le prime strutturazioni diocesane, poi c’è la riforma francescana dei poveri del primo millennio e poi quella successiva al Concilio di Trento, poi quella ottocentesca, per rispondere alle diverse povertà che via via si mostravano nei secoli. Insomma, quel che volevo dire con questo libro è che la carità si fa storia e fermenta l’intera società fino a trasformarla anche nel profondo.
D. - Anche l’Enciclica del Santo Padre, Deus caritas est, e il suo ultimo libro riaffermano con forza la dimensione storica dell’amore di Dio…
R. – Devo dire che l’Enciclica del Papa è stata un po’ il motivo per la scrittura di questo libro: volevo rispondere immediatamente a questo grande affresco del Papa che ci richiama alla centralità dell’amore con un contributo che ne mostrasse l’attualità.
D. - Lei muove dalla constatazione che la nostra società vive ormai da tempo senza un padre e quindi senza amore. Come ritrovare la presenza di Dio nel mondo talvolta disumanizzato di oggi?
R. – La carità deve diventare cultura. In un mondo pieno di conflitti, in un mondo di soli, di orfani, l’amore non deve essere semplicemente una cosa astratta ma l’amore si immerge nel concreto della storia e la carità, come dice il Papa, “è un cuore che vede e che interviene”. Il primato del cristiano è quello dell’ascolto: se noi sappiamo ascoltare la Parola di Dio riusciamo ad accogliere l’amore di Dio e quindi sapremo essere buoni samaritani, persone che si chinano sulle ferite di tutto il mondo. Questo ha un suo spessore anche politico: come è possibile un futuro di pace se il 20% della popolazione del mondo possiede l’80% delle ricchezze? Ecco, allora, che una buona politica deve ripartire dalla attenzione ai più deboli, ai più poveri. La globalizzazione del mercato ha bisogno della globalizzazione dell’amore, se vogliamo costruire un futuro di pace per tutti.
Il tema della spiritualità al centro della Settimana internazionale della critica alla Mostra del Cinema di Venezia
◊ Anche quest’anno la Settimana internazionale della critica, in programma dal 30 agosto alla Mostra del Cinema di Venezia, offre un programma ricco e articolato in cui la spiritualità, diversamente interpretata e raccontata, è il tema dominante delle pellicole selezionate. Il servizio di Luca Pellegrini:
I critici cinematografici italiani scelgono i loro film: da ventidue anni, infatti, una delle sezioni accolte dalla Mostra veneziana è quella della Settimana internazionale della critica, che sempre presenta opere capaci di offrire un vasto repertorio di temi, linguaggi, personaggi e luoghi geografici. Importante e doveroso, prima di tutto, l’omaggio al grande maestro e padre del cinema africano, recentemente scomparso, Sembène Ousmane, con la proiezione di due sue pellicole particolarmente rare. Scopo della rassegna rimane anche quello di proporre nuovi autori in grado di esprimere uno sguardo originale ed è singolare che, nei sette film selezionati per questa edizione, si avverta curiosamente uno spiccato senso di spiritualità, come precisa Francesco Di Pace, delegato generale della Settimana:
R. – Un po’ tutti questi film hanno a che vedere con una ricerca di qualcosa che vada al di là del terreno, sia per i temi, sia per i personaggi. Si tratta quasi sempre di storie corali, a più personaggi, alcuni dei quali hanno a che vedere con qualcosa di ultraterreno, di soprannaturale. Ci sono molti personaggi, molte figure cristologiche, molte figure di angeli caduti in terra, personaggi che devono salvare la vita di altri, il cui intreccio di vita poi corrisponderà ad un cambio di direzione nella vita di altri personaggi. Insomma, ci sembrava che uno dei fili comuni, che si potesse appunto riscontrare, fosse questo.
Strage in India. Oltre 40 morti per tre esplosioni a Hyderabad. L’arcivescovo Marampudi: “Un atto di codardia”
◊ “Un atto di codardia”: con queste parole, mons. Joji Marampudi, arcivescovo di Hyderabad, in India, ha condannato le tre esplosioni che ieri sera hanno ucciso almeno 44 persone e ferito oltre 100 nella capitale dello Stato meridionale dell’Andhra Pradesh. Intanto, tra ieri e oggi sono stati ritrovati altri 19 ordigni nascosti in borse di plastica e posizionati presso incroci stradali, sale cinematografiche, fermate di autobus e ponti pedonali. Se fossero esplosi – ha detto un ufficiale della polizia –“avrebbero causato centinaia di morti”. La prima esplosione è avvenuta alle 19.50 ora locale presso un’affollata strada di fast food e negozi. Gli altri due ordigni sono esplosi poco dopo, in un parco divertimenti a cinque chilometri di distanza, dove era in corso uno spettacolo di luci laser. Rafforzate immediatamente le misure di sicurezza nel timore di altri attacchi, anche perché oggi, giorno considerato di buon auspicio nel calendario Indù, sono in programma oltre 10 mila matrimoni. Stamani, la polizia ha messo in stato di fermo 25 sospetti, mentre le indagini si concentrano sulla pista islamica. “Ci sono organizzazioni internazionali - ha dichiarato il primo ministro dell’Andhra Pradesh, Reddy - che sono interessate a destabilizzare il nostro Paese. Le informazioni a nostra disposizione ci fanno dirigere verso organizzazioni in Bangladesh e Pakistan”. Reddy ha poi annunciato risarcimenti per le famiglie delle vittime e per i feriti. “La Chiesa di Hyderabad – ha affermato l’arcivescovo Marampudi – condanna con forza questo attacco terroristico. Queste bombe sono un atto di codardia”. Parrocchie e scuole cristiane, intanto, sono state aperte tutta la notte per offrire ospitalità alle tante persone che per timore non volevano tornare a casa. Mons. Marampudi ha quindi chiesto che in tutte le Messe di oggi vi siano “preghiere perché Cristo possa consolare le famiglie” delle vittime. Forse – ha sottolineato – l’aiuto più importante è offrire un senso di speranza in questi tempi di apparente disperazione”. L’Andhra Pradesh è il terzo Stato dell’India, con una popolazione di 76,2 milioni di abitanti. L’80% è di religione indù, il 9% musulmana e il 4% cristiana. (A cura di Roberta Moretti)
I vescovi del Guatemala dicono no alla depenalizzazione dell’aborto, in vista delle presidenziali di settembre
◊ “Certamente, fra tutti i delitti che l’uomo può mettere in atto contro la vita, l’aborto provocato ha delle caratteristiche che lo rendono particolarmente grave. Ciò nonostante, la percezione della gravità di questo delitto è andata scemando nella coscienza di molti”: è quanto si legge in un ampio documento pubblicato dai vescovi del Guatemala, dopo che, in vista delle presidenziali del 9 settembre, il tema dell’aborto è entrato prepotentemente nel dibattito politico. Nella prima parte, la nota analizza a fondo la “Guida tecnica e politiche per il sistema sanitario. Aborto senza rischio”, pubblicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 2003, che alcuni candidati hanno proposto come “guida” per il futuro del Paese in materia di salute pubblica. Un documento il cui scopo – scrivono i vescovi guatemaltechi – “è quello di promuovere, fra gli Stati membri dell’OMS, la preparazione e l’equipaggiamento dei servizi sanitari per garantire che gli aborti siano sicuri e accessibili”. Nella seconda parte, i vescovi ribadiscono con forza gli insegnamenti della dottrina della Chiesa sulla questione, riprendendo ampi stralci dell’Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II. L’episcopato del Guatemala si dichiara molto “sorpreso” “dell’interesse che hanno manifestato alcuni candidati alla presidenza e al Congresso, che oggi dichiarano di voler modificare la Costituzione e, in particolare, il suo articolo n° 3”. “Lavoreremo ogni giorno – affermano – per evitare che questo articolo venga soppresso o modificato, poiché costituisce la base fondamentale in Guatemala per garantire il rispetto della vita umana di colui che non è ancora nato. Oggi – continuano – il Paese non ha bisogno di politiche imposte dall’alto per promuovere l’uso di contraccettivi fin dall’adolescenza o per depenalizzare l’aborto, o addirittura incoraggiarlo, bensì di politiche serie, non commerciali, basate su solidi principi morali cristiani, onde rispettare ogni essere umano, senza stabilire differenze fra vita embrionale, fetale o adulta”. I vescovi guatemaltechi concludono lanciando un appello alle autorità del Paese, “a quelle che governano oggi e che governeranno domani, a non favorire nulla che metta a repentaglio l’integrità fisica dei cittadini, specialmente dei più deboli, come i non-nati, che non si possono difendere in nessun modo”. (L.B.)
Elezioni in Argentina: appello dei vescovi a partecipare per rafforzare le istituzioni democratiche
◊ Le elezioni presidenziali e legislative in programma in Argentina a ottobre rappresentano un’occasione “per un esame di coscienza serio sul nostro impegno sociale”: è quanto affermano i vescovi argentini che, a conclusione della loro 147.ma Assemblea plenaria, ricordano che la Chiesa “ha il dovere di sottolineare l’importanza della consultazione”, che rappresenta il momento in cui si esprime la volontà popolare e si rinforzano le istituzioni della democrazia. L’appuntamento - spiegano i presuli - “impegna i candidati, chiamati a definire bene il proprio programma di azione politica, ma anche l’elettore, che dovrà informarsi sull’onestà dei politici e sulla dimensione etica delle loro proposte”. Si tratta di un momento – proseguono – “che esige anche grande trasparenza”, onde evitare “pratiche demagogiche e pressioni indebite, così come ogni forma di clientelismo e corruzione, che finiscono per snaturare la cultura civica”. I presuli, inoltre, elencano le “sfide più rilevanti” sulle quali ogni elettore, credente e non, deve comportarsi con la massima serietà. Tra queste, la difesa della vita dal suo concepimento fino alla sua fine naturale, la promozione della famiglia, la tutela del bene comune, attraverso leggi giuste che consentano a tutti la piena partecipazione ai beni spirituali, culturali e materiali. Si sottolinea quindi l’importanza di promuovere il vero federalismo, con il rafforzamento delle Province, nel rispetto della loro giusta e necessaria autonomia rispetto al potere centrale. Una società – ricordano infine i vescovi argentini - "non cresce necessariamente quando cresce la sua economia, bensì quando matura la sua capacità di dialogo e la sua abilità nel generare consensi che si traducano poi in vere politiche di Stato, capaci di orientare tutti verso un progetto comune dell'intera nazione”. (L.B.)
Emergenza inondazioni in Corea del Nord: almeno 600 morti e 100 mila senzatetto
◊ E’ emergenza in Corea del Nord, per le inondazioni che imperversano da settimane e che hanno causato, secondo l’ultimo bilancio ufficiale, ancora provvisorio, almeno 600 tra morti e dispersi e migliaia di feriti. Lo riferisce l’agenzia di Stato KCNA, secondo cui almeno 240 mila abitazioni sono state totalmente o parzialmente distrutte e circa 100 mila persone sono rimaste senza tetto. Sono andati distrutti o rimasti danneggiati oltre 8 mila edifici pubblici (soprattutto scuole, asili e ospedali), come pure importanti imprese, tra cui fabbriche e miniere. Imponenti estensioni di terreni agricoli, circa 200 mila ettari, sono state inondate prima della stagione dei raccolti, aggravando ulteriormente la penuria alimentare di cui soffre cronicamente il Paese. Secondo stime di organizzazioni umanitarie, già prima delle attuali inondazioni, le peggiori da un decennio, la Corea del Nord doveva far fronte a un deficit di oltre un milione di tonnellate di viveri, ovvero, il 20% del fabbisogno. Decine di centrali idroelettriche, inoltre, sono state distrutte o rese inutilizzabili e 300 pozzi di miniere sono stati inondati, creando un vuoto, per l'economia del Paese, di diversi milioni di tonnellate di carbone. Numerose linee ferroviarie sono state allagate e in oltre 200 punti i binari sono stati trascinati via dalle acque. Venerdì, la Corea del Sud ha annunciato aiuti per circa 40 milioni di dollari e ha cominciato a inviare generi di prima necessità per 7,5 milioni, attraverso la sorvegliatissima frontiera del 38.mo parallelo. (R.M.)
I vescovi del Friuli-Venezia Giulia domani a Mosca per incontrare il Patriarca ortodosso russo, Alessio II
◊ Accogliendo l’invito del metropolita Kirill, presidente del Dipartimento relazioni estere del Patriarcato ortodosso di Mosca, i vescovi del Friuli-Venezia Giulia saranno domani nella capitale russa per incontrare il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Alessio II, in occasione della festa ortodossa della Dormizione di Maria Santissima. Mons. Pietro Brollo, arcivescovo di Udine, mons. Dino De Antoni, arcivescovo di Gorizia, mons. Eugenio Ravignani, vescovo di Trieste, e mons. Ovidio Poletto, vescovo di Concordia-Pordenone, approfitteranno della circostanza per invitare il massimo rappresentante dell’ortodossia russa ad Aquileia. “Desideriamo farci portavoce delle nostre diocesi – afferma mons. Brollo, citato dal quotidiano Avvenire – che sono eredi della comune tradizione della Chiesa patriarcale di Aquileia. Fin dalle sue origini – aggiunge – la Chiesa aquileiese ha tenuto aperte le porte al dialogo con molteplici e diverse nazionalità e culture, dal Norico alla Pannonia, dai Longobardi alle popolazioni di lingua slava. In nome della fede comune, fondata sul Vangelo di Gesù Cristo e sulla testimonianza dei Santi Apostoli e Martiri, vogliamo continuare questo incontro e scambio fraterno fra le Chiese”. Secondo mons. Brollo, “le diversità nel vivere ed esprimere la fede comune nelle nostre Chiese non sono un ostacolo all’incontro e al dialogo fondato sull’adesione a Gesù Cristo Signore. Anzi, le diversità possono diventare una ricchezza da condividere in un clima di reciproco riconoscimento. (R.M.)
Domani a Londra, una passeggiata nei parchi per raccogliere fondi a favore della comunità cristiana in Iraq
◊ L’appuntamento è per domani mattina al parcheggio di Broomfield Hill, nella zona sud-occidentale di Londra, per una passeggiata di due ore attraverso Richmond Park e lungo il sentiero che costeggia il Tamigi. Questa è l’ultima delle iniziative ideate dall’organizzazione benefica britannica, Iraqi Christians in Need (ICIN), per raccogliere fondi a favore della comunità cristiana in Iraq. Il ricavato, una volta inviato alle Chiese e alle organizzazioni locali, servirà per l’acquisto di generi alimentari, medicine e materiale edile. L’ente di beneficenza è nato, come si legge dalla sua presentazione, “per rispondere al grido di aiuto dei cristiani iracheni bisognosi, che a causa della guerra stanno soffrendo, sono allontanati dalle loro case e perseguitati”. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR) stima che oltre la metà della popolazione cristiana in Iraq abbia abbandonato il Paese per fuggire verso la Siria, la Giordania e il Libano. (V.F.)
Ventinove anni fa, l’elezione al Soglio Pontificio di Papa Luciani
◊ Nel 29.mo anniversario dell’elezione al Soglio Pontificio del patriarca di Venezia, Albino Luciani, una Santa Messa di commemorazione verrà celebrata oggi alle ore 16.00 nella chiesa arcipretale di Canale d’Agordo, luogo di nascita di Giovanni Paolo I. La Celebrazione sarà presieduta dal vescovo di Trieste, mons. Eugenio Ravignani, che successe al vescovo Luciani sulla cattedra di Vittorio Veneto. Ieri mattina, il vescovo di Belluno-Feltre, mons. Giuseppe Andrich, accompagnato da una piccola folla, aveva raggiunto la grotta mariana della “Regina delle Dolomiti”, a quota 3180 metri della Marmolada, per ricordare Papa Luciani e, con lui, Giovanni Paolo II, che era salito fino alla Grotta nel 1979, un anno dopo la morte del suo predecessore. Nella memoria dei due Papi, mons. Andrich ha pregato per la pace, ricordando la guerra che da queste parti si combatté cruentamente 90 anni fa. (R.M.)
Emergenza nazionale in Grecia: le fiamme continuano a devastare il Paese. Anche nell'Italia del Sud gli incendi non danno tregua - Nessuna riduzione delle truppe statunintensi in Iraq. Lo ha detto il presidente Bush
◊ E’ salito a 51 morti il bilancio delle vittime degli incendi che per il terzo giorno consecutivo stanno letteralmente devastando la Grecia. Un dato provvisorio, destinato purtroppo ad aggravarsi. E i roghi non danno tregua nemmeno all'Italia meridionale. Il nostro servizio:
Non accenna a diminuire l’emergenza. Le fiamme, che hanno colpito soprattutto il Peloponneso, sono arrivate ormai alle porte della vecchia città di Olimpia. La cenere è caduta anche sull'Acropoli di Atene. Numerosi i villaggi evacuati, mentre nelle operazioni di soccorso sono impegnati un migliaio di vigili del fuoco e centinaia di soldati con l’appoggio di diversi aerei. Raccogliendo la richiesta di aiuto di Atene, si è messo in moto il meccanismo di protezione civile europeo. Immediata la risposta di Francia, Italia, Cipro, e Germania che hanno inviato uomini e mezzi a dare man forte ai pompieri locali. In questo momento si teme di trovare altri morti. Molti, infatti, per sfuggire alle fiamme si sono chiusi nelle abitazioni restando con tutta probabilità vittime del fumo. Difficile quantificare i danni: in diverse zone mancano energia elettrica e acqua. Nel Paese vige lo stato di emergenza proclamato ieri dal premier, Costas Karamanlis, che ha promesso linea dura contro i piromani. “Siamo di fronte ad una tragedia nazionale” ha affermato il capo dell’esecutivo precisando che l’alto numero di focolai “non può essere una coincidenza”. Si fa strada dunque l’ipotesi dell’origine dolosa degli incendi. Quattro persone sospette sono state arrestate, mentre la tv privata Antenna ha trasmesso un filamto che ritrae due uomini che appiccano il fuoco in un bosco a sud della capitale. Intanto anche in Italia la situazione resta preoccupante. Numerosi i roghi divampati nel cosentino, in Calabria, dove sei Canadair della Protezione Civile sono al lavoro in diversi comuni dell’altopiano della Sila. Focolai si segnalano inoltre in Campania - in particolare nel Cilento e nella zona di Caserta - in Puglia e sull’Isola di Ponza.
- Nessuna riduzione delle truppe statunitensi in Iraq. Lo ha ribadito il presidente Bush che, nonostante richieste contrarie al riguardo, ha espresso soddisfazione per le operazioni militari nel Paese arabo. “Siamo ancora alle prime fasi” - ha spiegato il capo della Casa Bianca - ma i successi degli ultimi due mesi dimostrano che la situazione sul campo può cambiare e cambierà”. Intanto il primo ministro iracheno, Nuri al-Maliki, ha respinto con irritazione le critiche di alcuni politici statunitensi che chiedono la sua sostituzione e ha accusato anche la Francia di manovrare in questa direzione. Sul terreno sono state rafforzate le misure di sicurezza in vista della giornata di mercoledì in cui gli sciiti si dirigono verso la città santa di Kerbala per celebrare l'anniversario della nascita del dodicesimo Imam. Oggi l’attacco ad un gruppo di pellegrini ha provocato la morte di una donna nei pressi Baghdad. Sempre nella capitale in una sorta di prigione usata dai ribelli sono stati rinvenuti 8 corpi con segni di torture, mentre in un raid aereo statunitense – di cui non è chiara la dinamica – sono morti almeno quattro poliziotti iracheni.
- Uccisi almeno una decina di talebani impegnati in un’offensiva contro l’esercito afgano e le forze della coalizione internazionale, lungo la frontiera con il Pakistan. L’operazione è avvenuta con l’appoggio delle autorità militari di Islamabad che hanno autorizzato a colpire obiettivi situati in territorio pachistano. Sul fronte sequestri, i talebani si sono detti pronti a riprendere le trattative con Seul per la liberazione dei 19 ostaggi sudcoreani, a patto di ricevere nuove proposte.
- Il Pakistan ha condotto con successo il lancio di un nuovo missile cruise in grado di trasportare testate nucleari. Lo ha reso noto un comunicato dell’esercito sottolineando che si tratta di uno strumento capace di evitare i radar. Il test è stato salutato con orgoglio dal presidente Musharraf secondo il quale “la Difesa del Pakistan continuerà ad essere rafforzata come imperativo per la sicurezza nazionale”.
- Sei ragazzi palestinesi sono stati fermati dai soldati iraeliani mentre cercavano di superare la barriera di sicurezza che separa Israele dalla Striscia di Gaza. Si sospetta che siano stati mandati da Hamas per verificare il funzionamento dell’apparato di sorveglianza israeliana. Solo ieri due miliziani sono stati uccisi dopo essere riusciti ad entrare per un chilometro e mezzo in territorio israeliano. Intanto nel Neghev sono caduti due razzi Qassam sparati da Gaza, senza provocare vittime o danni.
- Fa discutere la partecipazione dell’Iran, da domani al 30 agosto a Ginevra, alla riunione preparatoria per la conferenza mondiale contro il razzismo indetta dall’ONU per il 2009. Critiche sono arrivate dalla società civile israeliana, che, attraverso la stampa locale, ha usato toni allarmanti per la presenza di rappresentanti della Repubblica Islamica - che, si afferma, manifestano spesso posizioni antisemite - ad un progetto incentrato su temi come i diritti umani e la discriminazione razziale. Dal canto suo il Palazzo di Vetro ha rassicurato che Teheran “non rivestirà un ruolo chiave” nella manifestazione.
- L’esercito libanese ha ripreso a bombardare le postazioni dei miliziani di Fatah al Islam, asserragliati dal 20 maggio scorso nel campo profughi palestinese di Nahr al Bared, nel nord del Libano. Lo ha riferito ieri la stampa locale secondo la quale in questi mesi di scontri sono morti oltre 140 soldati, una quarantina di civili palestinesi e un numero imprecisato di combattenti.
- La Bolivia si appresta ad inviare aiuti ai terremotati del Perù. L’impegno è stato annunciato dal presidente boliviano Evo Morales che ieri ha visitato Pisco, una delle città più colpite dal sisma dello scorso 15 agosto. Si tratta di medicinali e oltre 50 tonnellate di acqua. Il Perù e la Bolivia “sono sempre state solidali” ha spiegato in conferenza stampa il leader di La Paz.
- Si è risolto l’incidente diplomatico tra il Sudan e l’Unione Europea. Il governo di Khartoum ha infatti invitato a tornare nel Paese il capo della missione europea espulso in questi giorni, assieme ad un incaricato canadese, con l’accusa di ingerenze negli affari interni del Sudan. La decisione, avvenuta in seguito a contatti diretti fra le parti, è stata definita “incoraggiante” da Bruxelles. La vicenda aveva destato preoccupazione nella comunità internazionale, in una fase molto delicata dei negoziati tra governo sudanese e gruppi ribelli attivi nella tormentata regione del Darfur dove, peraltro, fra pochi mesi, arriveranno 26 mila uomini della forza di pace ‘ibrida’ ONU-UA.
- Nello stato indiano dell’Orissa un’epidemia di colera ha provocato almeno una settantina di morti fra la popolazione, in massima parte agricoltori e nomadi. Secondo le autorità, che hanno attivato tutte le misure per bloccare l’epidemia, sono centinaia gli ammalati. Il virus si è diffuso in una zona a circa 500 km dalla capitale Bhibaneswar, probabilmente a causa del consumo di acqua stagnante e carne avariata.
- Geologi indiani hanno scoperto cospicui giacimenti di uranio in Kashmir, la regione settentrionale contesa con il Pakistan. L’India ha bisogno di uranio per l’avvio dei progetti nucleari civili. Proprio per questo recentemente è stato firmato un accordo di cooperazione con gli Stati Uniti che ha scatenato polemiche nel parlamento di New Delhi. La scoperta di risorse proprie potrebbe ridare forza ai detrattori di questo accordo, sebbene ci vogliano anni di esplorazioni particolareggiate. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 238
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