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SOMMARIO del 23/08/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • La vicinanza del Papa al popolo Rom per il rogo che ha ucciso quattro bambini a Livorno
  • I vescovi italiani invitano i giovani, "talento della Chiesa", all'incontro con il Papa a Loreto
  • L’arcivescovo Rylko, rientrato dal Kazakistan: ho visto il coraggio della fede della piccola comunità cattolica di questo Paese a maggioranza islamica
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il discorso su ragione e fede pronunciato un anno fa dal Papa a Ratisbona al centro del Meeting di Rimini. Intervista con il docente universitario ebreo Joseph Weiler: "La moneta del Papa è la verità"
  • In Bangladesh e Myanmar i militari reprimono le proteste democratiche
  • La comunità internazionale ricorda l'abolizione della tratta negriera: ma il traffico di esseri umani continua
  • Chiesa e Società

  • I vescovi del Salvador rilanciano la missionarietà della parrocchia
  • La Corea del Sud invia la prima partita di aiuti alla popolazione nordcoreana colpita dalle alluvioni
  • America Latina e Asia orientale rafforzano la cooperazione commerciale
  • Quinta giornata al Meeting di Rimini dedicata all'America Latina
  • Questa sera ad Introd in Val D’Aosta, alla presenza del cardinale Dziwisz, l’inaugurazione di una statua dedicata a Giovanni Paolo II
  • Al via l’ora di religione islamica in 19 scuole tedesche
  • Parte domani, nella Basilica romana di Sant’Agostino, il triduo di preparazione per la ricorrenza del Santo vescovo di Ippona
  • 24 Ore nel Mondo

  • Iraq: 25 le vittime nell'incursione di miliziani di Al Qaeda in due villaggi vicino Baghdad - Perù: attesa per l'arrivo del cardinale Tarcisio Bertone
  • Il Papa e la Santa Sede



    La vicinanza del Papa al popolo Rom per il rogo che ha ucciso quattro bambini a Livorno

    ◊   Cordoglio e vicinanza per la morte dei quattro bambini Rom a Livorno, nel tragico rogo delle baracche nelle quali vivevano, sono stati espressi ieri da Benedetto XVI in una telefonata del sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato all'amministratore diocesano livornese, mons. Paolo Razzauti. La tragedia – lo ricordiamo – è avvenuta nella notte tra il 10 e l'11 agosto scorsi. Ma ascoltiamo mons. Razzauti al microfono di Roberta Moretti:


    R. – Il Santo Padre, attraverso il sostituto, ha espresso la sua solidarietà alla città di Livorno, al popolo Rom e anche alla Chiesa ortodossa rumena a cui fanno riferimento i Rom livornesi, per il fatto accaduto della morte dei quattro bambini. D’altra parte, io stesso avevo richiesto una benedizione del Santo Padre, perché la città è stata scossa da questo fatto e c’è un’ampia discussione in città su quello che potrà avvenire e fare. E credo che la vicinanza del Santo Padre, il fatto di partecipare direttamente il suo dolore e la sua sofferenza, siano stati un gesto grandissimo. E stamani, man mano che la notizia si è sparsa in città, viene apprezzato al massimo. Dimostra ancora una volta che la Chiesa, anche attraverso i suoi esponenti massimi, è attenta alle minime cose. E’ attenta ai più piccoli, è attenta ai più poveri. E’ una Chiesa veramente madre che si china su ogni uomo.

     
    D. – Qual è la situazione attuale rispetto alla vicenda dei bambini Rom?

     
    R. – Purtroppo, siamo ancora sotto indagini e quindi non è stato possibile fare ancora il funerale dei bambini: forse all’inizio della prossima settimana. I genitori sono ancora carcerati e quindi questo crea uno stato di attesa, soprattutto per capire la causa di questo incendio e di questa morte. Certamente, però, questo ha smosso anche la città ad una ricerca di una maggiore attenzione di accoglienza anche verso queste persone che ormai stanno arrivando nei nostri territori e che debbono essere considerate “persone” e non soltanto come un “qualcosa”.

     
    D. – Cosa sta facendo la città di Livorno per questi Rom?

     
    R. – Sicuramente si stanno aprendo dei tavoli di discussione e di lavoro per capire come accoglierli in una maniera più dignitosa, come non farli andare sotto i ponti ma far trovare loro anche dei luoghi dove possano avere quei minimi servizi di cui ogni persona ha diritto.

     
    D. – Come agisce la Chiesa in favore del popolo Rom?

     
    R. – Attraverso la Caritas. Ho chiesto alla Caritas di farsi tramite con le istituzioni perché, attraverso i suoi servizi che già gestisce con una mensa, con case di accoglienza, sia anche più attenta a queste persone e solleciti, soprattutto, le istituzioni a cercare le soluzioni adatte. Quindi ho chiesto alla Caritas di farsi voce profetica per la difesa e la salvaguardia dei più poveri.

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    I vescovi italiani invitano i giovani, "talento della Chiesa", all'incontro con il Papa a Loreto

    ◊   I giovani, “talento della Chiesa”: così, i vescovi italiani, che in una nota diffusa ieri hanno invitato i ragazzi a prendere parte numerosi all’incontro con Benedetto XVI a Loreto, in programma l’1 e 2 settembre prossimi. Al momento, è prevista la partecipazione di circa 300 mila giovani provenienti da tutta Italia e alcune delegazioni dell’Europa e del Mediterraneo. Paolo Ondarza ha intervistato don Paolo Giulietti, responsabile nazionale del servizio pastorale giovanile della CEI:


    R. - L’appuntamento di Loreto non è solamente un’occasione festante, ma fa parte di un percorso di tre anni, dedicato ai giovani, che i vescovi italiani hanno promosso proprio come attuazione di quella priorità pastorale che avevano stabilito di dedicare ai giovani. Quindi, l’invito a partecipare è anche l’invito a vivere un momento che ha un grande senso dentro un percorso e quindi a dare valore a questo percorso.

     
    D. - I vescovi definiscono i giovani un talento, utilizzando un’espressione evangelica. In che senso i giovani sono un talento per la Chiesa?

     
    R. - Il talento nel Vangelo è un’unità di misura di metalli preziosi, quindi vuol dire che i giovani sono un’oggettiva ricchezza. Però il talento deve essere trafficato perché se non è trafficato il padrone poi quando torna dice: servo malvagio e infingardo perché hai nascosto il mio talento sotto terra? Quando la Chiesa dice che i giovani sono un talento dice: sono un’oggettiva ricchezza, però dobbiamo lavorarci, dobbiamo aiutarli a far crescere e fruttare quello che è la loro potenzialità.

     
    D. - Don Paolo Giulietti, per chiudere, un augurio in vista di questo grande appuntamento di Loreto…

     
    R. - Un auspicio d’obbligo è che non piova! Un auspicio invece più serio è che tutti quelli che vengono a Loreto tornino a casa con la voglia di testimoniare quello che hanno vissuto e di vivere un secondo anno dell’Agorà dei giovani italiani davvero impegnato.

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    L’arcivescovo Rylko, rientrato dal Kazakistan: ho visto il coraggio della fede della piccola comunità cattolica di questo Paese a maggioranza islamica

    ◊   L’arcivescovo Stanislao Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, è appena rientrato a Roma dal Kazakistan, dove ha partecipato al IX Incontro annuale dei giovani cattolici di cinque Paesi dell’Asia Centrale: Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Tagikistan e Kirghizistan. Tema dell’iniziativa, tenutasi nel Santuario mariano di Oziornoje, è stato: “Maria ci insegna ad amare”. Quattro giorni di preghiera e riflessione, cui hanno partecipato circa 500 giovani accompagnati da vescovi, sacerdoti e religiosi. Ma soprattutto, sono stati giorni di scambio di testimonianze di fede vissuta in condizioni non facili, come spiega, al microfono di Giovanni Peduto, lo stesso arcivescovo Rylko:


    R. - Mi ha colpito la gioia e il coraggio della fede di questi giovani che, nonostante siano una esigua minoranza rispetto al “mare musulmano” che li circonda, dimostrano una forte e convinta identità cristiana, senz’altro un frutto prezioso dell’intenso impegno della Chiesa di quei Paesi a favore della pastorale dei giovani. Sempre di più i giovani scoprono Cristo come unica risposta ai loro quesiti circa il senso della vita, e la Chiesa come una vera famiglia. Ogni edizione di questo incontro costituisce un importante segno di speranza per tutta la Chiesa che vive in quelle terre.

     
    D. - Quale impressione le ha fatto il contatto con la comunità ecclesiale cattolica che vive in Kazakistan?

     
    R. – Durante il mio breve soggiorno in Kazakistan ho cercato anche di conoscere – nella misura del possibile – la vita della Chiesa in questo enorme Paese. E’ una delle ex-repubbliche dell’Unione Sovietica che vive con tutte le conseguenze – nel campo religioso – di un lungo periodo di persecuzioni nei confronti dei credenti. E’ una Chiesa che offre una particolare testimonianza di fede, e per questa fede, in un passato non tanto lontano, si è giunti a pagare un prezzo molto alto, fatto di prigione e a volte di vero e proprio martirio. Però, nonostante le crudeli persecuzioni, la fede non è scomparsa. E questo, grazie al coraggio di tanti laici, uomini e donne; grazie a quelle “babushke” – “nonnine” – che trasmettevano la fede ai propri nipoti e pronipoti; grazie al coraggio e allo zelo apostolico di sacerdoti che senza guardare il pericolo, hanno visitato clandestinamente i cattolici, battezzato catecumeni, celebrato la Messa nelle case, benedetto matrimoni.

     
    D. – Come si presenta oggi la comunità cattolica in Kazakistan?

     
    R. - Oggi la Chiesa in Kazakistan rinasce e si sviluppa. L’attuale sistema di governo assicura a tutte le confessioni religiose presenti nel Paese la necessaria libertà. Nella capitale Astana c’è la Nunziatura della Santa Sede, ed esiste un Concordato tra la Santa Sede e il Governo del Kazakistan. La Chiesa ha ormai una struttura consolidata nelle sue diocesi e parrocchie. Ho potuto così ammirare il grande lavoro pastorale svolto dai sacerdoti, dai religiosi e dalle religiose provenienti da vari Paesi. Mi ha colpito fortemente il loro zelo, la loro gioia di poter servire quella gente. Anche diversi movimenti ecclesiali e nuove comunità svolgono un notevole lavoro apostolico. Quella del Kazakistan è una Chiesa missionaria che con fiducia guarda il futuro.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano - Un articolo di N. Gori dal titolo "Discepola e Sposa del Cristo Crocifisso": celebrata a Firenze la memoria della Beata Giustina nel monastero di S. Maria del Fiore a Lapo.

    Servizio estero - Il presidente Usa, George W. Bush: ritirarsi dall'Iraq sarebbe ripetere l'errore commesso in Viet Nam.

    Servizio culturale - Un articolo di Armando Genovese dal titolo "Il cristianesimo nelle categorie greche": il pensiero di Clemente di Alessandria.

    Servizio italiano - In primo piano il tema degli incendi dolosi.

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    Oggi in Primo Piano



    Il discorso su ragione e fede pronunciato un anno fa dal Papa a Ratisbona al centro del Meeting di Rimini. Intervista con il docente universitario ebreo Joseph Weiler: "La moneta del Papa è la verità"

    ◊   L’appello del Papa lanciato un anno fa a Ratisbona ad “aprirsi all’ampiezza della ragione” è stato al centro ieri di un dibattito al Meeting di Rimini, evento che quest’anno Comunione e Liberazione ha voluto organizzare sul tema cruciale della “verità”. Al confronto hanno partecipato studiosi cristiani, musulmani ed ebrei: tra questi il prof. Joseph Weiler, docente alla New York University, esperto di Diritto internazionale ed europeo, ebreo, nato in Sudafrica. Il prof. Weiler non si è soffermato tanto sul noto discorso di Benedetto XVI all'Università di Ratisbona, il 12 settembre scorso, ma sulle omelie pronunciate dal Papa durante il suo viaggio in Baviera, e che sottolineavano con forza la ragionevolezza e la libertà della fede. Ascoltiamo il prof. Weiler al microfono di Luca Collodi:


    R. – La prima cosa che ho trovato, di nuovo, è stato il pensiero del Papa sulla libertà. Di solito, la Santa Sede, e anche il Papa, affermano che la libertà religiosa è la libertà fondamentale. Nella nostra cultura largamente secolarizzata, questo si accetta con un sorriso di compiacenza: “Quale libertà possiamo aspettarci che sia privilegiata dal Vaticano?”. Ma a Ratisbona, c’è una frase nell’omelia che mi ha colpito. Dice il Papa: “La nostra fede non la imponiamo a nessuno”, e questo riflette anche la famosa espressione di Giovanni Paolo II nella “Redemptoris missio”: “The Church proposes, it never imposes”: “La Chiesa propone, non impone mai”. Per me, la libertà religiosa vera non è soltanto la libertà dei fedeli di praticare la loro religione. Nella nostra tradizione ebrea si dice: “Tutto nelle mani di Dio, tranne l’amore di Dio”. La libertà religiosa è la libertà di dire “no” a Dio. Soltanto chi ha la capacità interiore ed esteriore di dire “no” a Dio, quando gli dice di “sì”, questo “sì”, questa affermazione viene dalla volontà sovrana dell’essere umano. Allora, quando il Papa difende la libertà religiosa – e qui c’entra anche il discorso tra le varie religioni, la coercizione eccetera – non è soltanto perché sia consentito al cristiano di praticare la propria religione in questo o quel Paese; c’è un senso molto più profondo della libertà. La libertà religiosa vera è anche dire di “no” a Dio. E soltanto da questo punto di vista il “sì” a Dio diventa significativo, perché mostra l’essere umano nella sua sovranità che esercita nell’accettare la Parola di Dio. “La fede può svilupparsi soltanto nella libertà”, dice il Papa. Cosa vuol dire? Soltanto da una scelta libera di un Uomo libero, che è anche libero di rifiutare la salvezza, che è libero anche di rifiutare Dio. La libertà è fondamentale. La fede si può sviluppare soltanto nella libertà: “quella” libertà. Ecco perché la coercizione religiosa non è una vera scelta religiosa. E la salvezza è sempre lì ad aspettarci, ma dipende dalle nostre decisioni. Alla fine, Dio ci ha creati proprio in questo senso: con la possibilità di scegliere o rifiutare.

     
    D. – Prof. Weiler, l’uso della ragione può rafforzare l’identità cristiana e la dimensione pubblica della fede?

     
    R. – Io penso di sì. Questo è uno degli aspetti più importanti dei discorsi di Ratisbona. Tra i cristiani – secondo me, purtroppo! – c’è stata una interiorizzazione della posizione laica, secondo la quale la ragione sarebbe contro la fede. Il cristiano stesso comincia a credere: “La mia fede è una cosa misteriosa, una cosa che non posso spiegare, che non è collegata alla ragione”, eccetera. Quasi quasi, il cristiano moderno, nei Paesi occidentali, è imbarazzato nell'ammettere che è una persona di fede. Perché? Perché la fede non è una cosa razionale – secondo questo pensiero. Allora, il Papa – che insiste sul fatto che la fede stessa è radicata nella ragione, e che infatti la ragione scientifica è molto limitata, anche se vera: ci sono problemi che non vengono affrontati dalla ragione scientifica – incoraggia il cristiano ad essere fiducioso non soltanto nella sua fede, ma anche ad avere il coraggio di integrare la sua fede nella totalità della sua vita, sia privata, sia pubblica. In questo senso è fondamentale che il cristiano esca dal ghetto che egli stesso si è imposto e si manifesti con fiducia come una persona di fede, radicata nella ragione. Questo è molto importante per l’identità comune, collettiva del cristiano nella società laica europea.

     
    D. – E sul rapporto tra le religioni, la ragione che cosa ci dice?

     
    R. – Lì il Papa è formidabile. Perché è formidabile? Perché non cerca di nascondere le differenze. Quando ha tenuto la sua omelia, nella Messa di domenica 10 settembre, ha raccolto una sfida, per un uomo di pace come egli è, perché la Lettura biblica scelta dalla liturgia della Chiesa era tratta da Isaia, “Ecco il vostro Dio: giunge la vendetta”, proclama il Profeta Isaia. Il Papa, giustamente, si chiede in che modo il popolo che ascolta questa Parola – e anche chi lo legge oggi – può immaginare quella “vendetta”. La nostra risposta spontanea sarebbe che il Profeta Isaia qui è tutt’altro che pacifico: “La vendetta”! Invece, il Papa lo interpreta alla luce della tradizione cristiana come non-violenza: amore fino alla fine. La spiegazione definitiva della Parola del Profeta la troviamo in Colui che è morto per noi sulla Croce, in Gesù, Figlio di Dio incarnato, che qui ci guarda così insistentemente. La sua “vendetta” è la Croce: così dice il Papa. Come ebreo, io mi ribello a interpretare la Parola di Isaia in questo modo: non potrò mai accettare che queste semplici parole del Profeta siano riferite alla Trinità. Ma Benedetto continua ancora: “Non veniamo meno al rispetto di altre religioni e culture; non veniamo meno al profondo rispetto per la loro fede se confessiamo ad alta voce e senza mezzi termini quel Dio che alla violenza ha opposto la sua sofferenza”. A me piace! Perché quando parla ai suoi fedeli, dice quello che dice quando parla ai fedeli di altre religioni. La sua moneta è la Verità. E per lui, la Verità è quella Verità alla luce della quale ha interpretato Isaia, e anche se io non potrò mai accettare questa interpretazione, sono d’accordissimo con il Papa quando dice che “non veniamo meno al rispetto di altre culture, di altre religioni”: non mi sento offeso! Perché, secondo me la disonestà non potrà mai e poi mai essere alla base di un vero dialogo. Il suo affermare la verità cristiana è il solo modo di esprimere un rispetto profondo per la mia fede. Se avesse cercato di smussare la cosa, non sarebbe stato un atto di rispetto verso di me. Per me, questo è il carisma tutto particolare di questo Papa: la serenità che nasce dalla ragione. Un altro tipo di passione: la passione per la ragione sembra una contraddizione: passione e ragione non vanno insieme. Invece, il suo carisma è proprio la passione per la ragione. Mi piace molto!

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    In Bangladesh e Myanmar i militari reprimono le proteste democratiche

    ◊   Due Paesi asiatici – Myanmar e Bangladesh- investiti da una stessa ondata di proteste contro i regimi militari al potere. Studenti e società civile in piazza per il diritto ad una vita più dignitosa e per la democrazia. Sentiamo il servizio di Benedetta Capelli:


    Paesi confinanti e alle prese con contestazioni interne. E’ il destino del Bangladesh e del Myanmar, ex Birmania, dove la tensione si tocca con mano. Il governo militare del Bangladesh, salito al potere l’11 gennaio del 2006, ha imposto ieri il coprifuoco a tempo indeterminato nella capitale Dacca e in altre cinque città per cercare di arginare le proteste scattate per il caro-vita, per l’imposizione dello stato d’emergenza - deciso dall’esecutivo contro la corruzione nel Paese - ma anche per la richiesta di elezioni anticipate. Cuore dell’agitazione: le università dove, il 20 agosto scorso, sono iniziati i disordini in seguito al pestaggio di due studenti da parte dei militari. Gli incidenti hanno provocato una vittima e circa 200 feriti. Il movimento studentesco è comunque appoggiato dalla società civile, insofferente al regime che, proprio per la sua battaglia alla corruzione, ha procrastinato la data delle elezioni democratiche verso la fine del 2008. Regime in difficoltà anche in Myanmar, ex Birmania, dove da almeno tre giorni si susseguono le manifestazioni di piazza contro la giunta militare che ha di colpo aumentato il prezzo del carburante del 500 per cento. Una quarantina di militanti pro-democrazia sono scesi in strada stamani nella capitale Yangoon contro il caro-vita, tra questi esponenti della Lega nazionale per la democrazia, il partito che fa capo all’oppositrice Aung San Suu Kyi, da anni agli arresti domiciliari. Una manifestazione durata pochi minuti e bloccata dall’intervento dei soldati che hanno portato via i dimostranti. Solo ieri 150 persone avevano sfilato a Yangoon prima di essere fermati, 10 gli arrestati che si assommano ai 13 di domenica, tutti appartenenti a Generazione 88, il gruppo che prende il nome dalle rivolte studentesche di quell’anno, represse nel sangue. Intanto le condizioni di vita della popolazione stanno peggiorando sensibilmente sia per le sanzioni imposte da numerosi Paesi sia per la destinazione di risorse all’esercito. Provvedimenti che rendono la ex Birmania una delle nazioni più povere al mondo.

    Ad accomunare questi due Paesi asiatici, oltre ai duri regimi militari che li governano ormai da decenni, anche l’apparente indifferenza della comunità internazionale. Stefano Leszczynski ha chiesto a Stefano Vecchia, giornalista esperto dell’area asiatica, quali i motivi di questo disinteresse:


    R. – Direi che nei confronti della ex Birmania giochi l’alleanza di ferro tra il regime birmano e la Cina, pertanto nell’insieme dei rapporti internazionali attuali, in cui Pechino gioca un ruolo di primo piano, ci sono molte difficoltà da parte della diplomazia internazionale di intervenire con misure ancora più pressanti, che non siano già le sanzioni economiche sul regime birmano. Per quanto riguarda il Bangladesh c'è molta povertà. Ci sono pochi interessi internazionali su questo Paese e nuove sanzioni affonderebbero del tutto quella già risicata economia che gli permette di sopravvivere. Un’altra questione, che non va sottovalutata, è che il Bangladesh è un Paese di 148 milioni di abitanti, al 95 per cento musulmani, e una pressione troppo forte dall’estero, in particolare dai Paesi occidentali, potrebbe essere negativa in questo senso.

     
    D. – Per quanto riguarda il Myanmar, è un Paese dove il principale esponente dell’opposizione, Aung San Suu Kyi, è ancora gli arresti ed ha una visibilità internazionale abbastanza forte...

     
    R. – La signora Aung San Suu Kyi è un premio Nobel per la pace, una figura carismatica che però è agli arresti domiciliari ormai da molti anni. La speranza della Giunta è che prima o poi decida di lasciare questo suo impegno. Non ci sarebbe a questo punto nessuno ostacolo ad una dittatura vera e propria che oggi invece ha una qualche finzione di democrazia.

     
    D. - La storia ci ha insegnato che i regimi autoritari non durano in eterno. Ci sono delle aspettative, in questo senso, per questi due Paesi asiatici?

     
    R. – La speranza c’è sempre, come hanno dimostrato altre realtà. Sono però situazioni diverse. Il Bangladesh ha una popolazione molto giovane con una forte disoccupazione ma la pressione al rinnovamento necessariamente arriverà da loro. Per quanto riguarda, invece, la Birmania, forse l’elemento scatenante potrebbe essere proprio la fame. Un aggravarsi ulteriore della crisi economica, già pesante, è unita ad una crescente aspettativa di democrazia ed anche di benessere di questa popolazione di quasi 50 milioni di abitanti, che era tra le più ricche, o quanto meno tra quelle che meno avevano problemi fino al secondo dopoguerra, e che invece negli ultimi decenni è piombata nel baratro del sottosviluppo.

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    La comunità internazionale ricorda l'abolizione della tratta negriera: ma il traffico di esseri umani continua

    ◊   Nella notte tra il 22 e il 23 agosto 1791, un’insurrezione di schiavi a Santo Domingo segnava l’inizio del processo che avrebbe portato all’abolizione della schiavitù. Per ricordare questa orribile piaga e combattere le moderne forme di sfruttamento, l’UNESCO celebra oggi la Giornata internazionale di commemorazione della tratta negriera e della sua abolizione. Numerose le iniziative in tutto il mondo e, in particolare, nel Regno Unito, che quest’anno festeggia il bicentenario dell’abolizione della tratta nelle colonie britanniche. Per una riflessione sul fenomeno, che ancora oggi coinvolge in diverse forme oltre 200 milioni di persone, Roberta Moretti ha intervistato Marco Bufo, coordinatore generale dell’associazione On The Road ONLUS, che opera a contatto diretto con le vittime del traffico di esseri umani:


    R. - La schiavitù è una realtà dell’Europa occidentale ma anche, in generale, dei Paesi ricchi o che sono in via di progresso, e non è più soltanto la tratta a scopo di sfruttamento sessuale, ma parliamo di sfruttamento in vari settori del lavoro, dall’edilizia all’agricoltura, all’accattonaggio, in cui sono coinvolti soprattutto minori, ma a volte anche persone disabili, fino ad arrivare all’espianto di organi e alle adozioni internazionali illegali.

     
    D. - Cosa alimenta oggi il fenomeno del traffico degli esseri umani?

     
    R. - Oggi il fenomeno si caratterizza per un business che è al terzo posto dei traffici internazionali della criminalità organizzata, che dà degli altissimi profitti a fronte di bassissimi rischi. Per quanto le legislazioni dei singoli Stati si stiano adeguando a quanto richiesto, per esempio, dal protocollo ONU di Palermo, stabilendo il reato di tratta e delle pene anche molto severe, in realtà è un reato che è molto difficile da identificare e ancora manca una cultura di piena consapevolezza della gravità di questo reato. Si tende ancora a considerare queste persone come dei migranti clandestini e quindi a non identificarle come vittime di tratta, come in realtà sono. Un’altra difficoltà è data dal fatto che le organizzazioni criminali hanno anche cambiato i loro modi operandi, per cui sono passati dalla violenza più bruta a delle forme di sfruttamento negoziato, per cui la stessa percezione delle vittime di essere tali viene meno e le organizzazioni criminali traggono vantaggio da questo tipo di tecnica per fidelizzare le vittime stesse.

     
    D. - Cosa viene fatto e soprattutto cosa andrebbe fatto a livello della società civile, ma anche di cooperazione internazionale, per combattere il fenomeno?

     
    R. - Noi, come operatori sociali, per esempio, facciamo un lavoro di strada, di riduzione del danno, di promozione dei diritti, nei luoghi in cui, per esempio, c’è la prostituzione, e offriamo poi anche consulenza legale, assistenza psicologica, accoglienza residenziale, e dei programmi di inserimento sociale, ma anche di inclusione lavorativa. Questo tipo di attività comporta però, necessariamente, una collaborazione molto stretta sul territorio con le forze dell’ordine, con la magistratura, perché una volta che la persona si sente rassicurata e tutelata nei propri diritti si rende anche disponibile a collaborare per smantellare le reti dello e sfruttamento. Potremmo dire che questo tipo di approccio, in realtà, è quello necessario a livello internazionale: è necessario che le polizie dei vari Paesi collaborino per colpire veramente il racket criminale, e per l’assistenza alle vittime. Inoltre, è necessario informare le persone rispetto alle possibilità che hanno di immigrare legalmente, perché uno dei fattori che contribuisce alla tratta è anche la paura del ricco Occidente di vedere invasi dai migranti i propri territori.

     
    D. - Dunque, occorre un cambiamento di mentalità?

     
    R. - Sicuramente è molto importante ribadire la centralità di un approccio fondato sui diritti umani. Troppo spesso, purtroppo, vengono semplicemente considerati come migranti clandestini da rimandare indietro nei loro Paesi e questo poi impedisce di vederle come vittime. Vengono rimandate nelle mani dei trafficanti e poi si ritrovano sulle nostre strade, nel caso della prostituzione o dell’accattonaggio, o nei campi di lavoro dopo una settimana, se vengono dalla Romania o dall’Albania, o dopo qualche mese, se vengono, per esempio, dalla Nigeria.

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    Chiesa e Società



    I vescovi del Salvador rilanciano la missionarietà della parrocchia

    ◊   “La parrocchia, comunità missionaria”. Questo il tema del primo congresso nazionale che la Conferenza episcopale del Salvador ha convocato dal 16 al 18 maggio 2008, in preparazione del terzo Congresso missionario americano e dell’ottavo congresso missionario latinoamericano che si svolgeranno simultaneamente nella città di Quito, dal 12 al 17 agosto 2008. Nella loro lettera pastorale i presuli salvadoregni “esortano tutti i sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli laici a prendere parte attivamente in tutto il processo di preparazione e realizzazione di tale Congresso”. L’obiettivo principale dell’appuntamento è quello di alimentare la coscienza e l’impegno missionario poiché – si legge nella nota – “l’azione missionaria, che non è un impegno marginale, va inserita nella pastorale ordinaria di ogni Chiesa particolare e di ogni parrocchia”. La parrocchia “è lo spazio vitale dove i credenti incontrano Gesù”, precisano i vescovi: si tratta di un luogo privilegiato “dove tutti i credenti vivono e celebrano la presenza del Signore risorto”. Tutto ciò in linea con lo spirito della V Conferenza generale degli episcopati latinoamericani di Aparecida, svoltasi lo scorso mese di maggio alla presenza del Papa. Quindi – afferma ancora il documento, seguendo le parole di Benedetto XVI - tutti i battezzati siamo chiamati a partecipare alla missione di Gesù Cristo. “Che nessuno resti con le braccia incrociate – recita infatti il messaggio finale di Aparecida - Essere missionari significa essere annunciatori di Cristo, con creatività e coraggio, per portare il Vangelo dove non è sufficientemente conosciuto o non viene accolto, in particolare negli ambienti più difficili e dimenticati e anche oltre le nostre frontiere”. (E. B.)

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    La Corea del Sud invia la prima partita di aiuti alla popolazione nordcoreana colpita dalle alluvioni

    ◊   Un convoglio, formato da una quarantina di camion da 25 tonnellate l’uno, è partito oggi dalla Corea del Sud alla volta di Kaesong, città della Corea del Nord vicina al confine. A bordo, la prima partita di aiuti inviata da Seul alla popolazione colpita dalle recenti inondazioni. Ci sono porzioni di cibo istantaneo, acqua potabile, lenzuola e medicine, per un valore di 7,5 milioni di dollari. Secondo quanto dichiarato da un ufficiale di Pyongyang alla stampa locale, in Nord Corea sono oltre 300 mila i senzatetto. Così la prossima partita di aiuti secondo la Croce Rossa locale, potrebbe comprendere materiale edile. Il Programma Alimentare Mondiale dell’ONU (PAM) ha raggiunto un accordo con il governo nordcoreano per fornire cibo alla popolazione: secondo le stime gli aiuti alimentari costeranno tra i cinque e i sei milioni di dollari. (V. F.)

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    America Latina e Asia orientale rafforzano la cooperazione commerciale

    ◊   L’incremento degli investimenti e degli scambi commerciali tra America Latina e Asia orientale al centro della terza riunione del Foro di cooperazione America Latina-Asia dell’Est (FOCOLAE), al via ieri a Brasilia alla presenza di ministri degli Esteri, del Commercio Estero e di alti funzionari di 33 Paesi di entrambi i continenti. Per il ministro del commercio Estero della Corea del Sud, John Hoon-Kim, “se sapremo sfruttare i numerosi punti di convergenza che esistono tra i nostri Paesi, potremo stabilire associazioni costruttive e innovatrici”. Il FOCOLAE “è uno spazio che consente di rafforzare la multilateralità per combattere le egemonie di qualsiasi specie”, ha affermato nel suo intervento il ministro degli Esteri brasiliano, Celso Amorim, che, guardando a Stati Uniti ed Unione Europea, ha anche sottolineato che la “cooperazione sud-sud non esclude contatti diretti con i Paesi avanzati, ma deve servire a raggiungere una nuova dimensione delle relazioni nord-sud”. Sostenendo che gli scambi commerciali tra i due blocchi si aggirano ormai attorno ai mille miliardi di dollari all’anno, il diplomatico brasiliano ha rilanciato la posizione espressa dal presidente Lula da Silva, durante il Foro economico mondiale svoltosi recentemente in Cile. Nell’occasione si è parlato della questione in termini di “corridoi interoceanici”, alcuni dei quali già in fase di costruzione, che avranno proprio il compito di collegare le due regioni. Il Brasile, che punta in particolare ai mercati di Cina e Giappone, sta costruendo una strada che unisce l'est del Paese con le coste del Perù. Dal canto suo anche l’Argentina pensa a tale sbocco con un progetto di riattivazione di una ferrovia che, attraverso le Ande, arriverà in Cile. (E. B)

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    Quinta giornata al Meeting di Rimini dedicata all'America Latina

    ◊   "America Latina: dalla protesta all'educazione", è il tema al centro della quinta giornata del Meeting per l'Amicizia tra i Popoli in corso a Rimini. Rappresentanti della società civile latino-americana e della Compagnia delle Opere-America Latina, hanno testimoniato il lavoro svolto sul piano sociale e politico in alternativa alla svolta ideologica o populista fatta da molti Stati del Sudamerica. Questa la drammatica denuncia di Leopoldo Lòpez Mendoza, sindaco di Chacao, in Venezuela: “Siamo in un contesto politico estremamente complesso, dove pensare diverso è diventato per lo Stato un crimine. Tre volte hanno cercato di uccidermi, tre volte. L'ultimo tentativo il 29 marzo del 2006. Adesso ho 26 rivendicazioni personali contro la mia persona. Nel 2005 mi hanno sequestrato. Non posso esercitare alcuna funzione pubblica fino al 2017”. Il Paese - ha affermato ancora - è diventato il più violento dell'America Latina. Le persone perdono il lavoro. Ma la lotta alla svolta ideologica e populista degli Stati latino-americani si è trasferita sul piano culturale per investire, a partire dal capitale umano, nei settori sociali più colpiti. Si tratta di progetti per l'erogazione di servizi, come asili, ambulatori, palestre, e l'educazione della persona, a partire dalle scuole elementari, perché i bambini del Sudamerica siano in grado di recuperare i valori umani e religiosi persi. "Oggi, ha sottolineato l'argentino Hector Flores, dirigente del Movimento dei lavoratori disoccupati, è comune in America Latina entrare in politica per ottenere risultati. Noi entriamo in politica per servire l'uomo". “In Argentina - ha aggiunto - ci saranno elezioni il 28 novembre, c'è una proposta affinché ci sia una candidatura a deputato nazionale, nel Parlamento nazionale, da parte di una lista civica. E' una proposta che viene da vari settori sociali per vedere se possiamo recuperare l'etica, una suddivisione equa del reddito, per un Paese diverso, per un Paese che è stato distrutto e messo in ginocchio. Certo - ha concluso - l'Argentina sta recuperando a livello economico, ma i problemi strutturali sono ancora lì”. (Da Rimini, Luca Collodi, Radio Vaticana)

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    Questa sera ad Introd in Val D’Aosta, alla presenza del cardinale Dziwisz, l’inaugurazione di una statua dedicata a Giovanni Paolo II

    ◊   Sarà il cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia dal 2006 e segretario particolare di Giovanni Paolo II per oltre 40 anni, ad inaugurare questa sera in Val D’Aosta, insieme alle autorità locali, una statua dedicata al Papa polacco. La località è Les Combes di Introd, meta per dieci anni delle vacanze estive di Giovanni Paolo II. L’opera dello scultore valdostano Giangiuseppe Barmasse, che raffigura il Pontefice a grandezza naturale, è stata collocata di fronte al municipio cittadino. Il cardinal Dziwisz, giunto lunedì sera a Introd per trascorrere una breve vacanza, concelebrerà una Messa nella chiesa parrocchiale, prima dello scoprimento della statua, con il vescovo di Aosta, Giuseppe Anfossi, e quello di Ventimiglia, Alberto Maria Careggio. Ad ospitare il cardinale polacco, in partenza domani, è la stessa struttura dove, oltre a Giovanni Paolo II, ha soggiornato anche Benedetto XVI. (V. F.)

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    Al via l’ora di religione islamica in 19 scuole tedesche

    ◊   Nel prossimo anno scolastico 19 scuole tedesche del Land dello Schleswig-Holstein offriranno ai propri studenti la possibilità di seguire l’ora di religione islamica. Ad annunciarlo il ministro della Scuola e dell’Istruzione locale, Ute Erdisiek-Rave, precisando che l’insegnamento verrà effettuato in lingua tedesca da docenti musulmani. Un provvedimento analogo era già stato applicato nel 1999 in Bassa Sassonia e nel 2003 in oltre 130 scuole del Nord Reno Westfalia, dove le comunità islamiche sono fra le più numerose. Per i socialdemocratici della Grande Coalizione l'ora di religione islamica nelle scuole potrebbe favorire l'integrazione dei musulmani e il controllo su quelle associazioni islamiche, considerate radicali, che negli ultimi anni hanno organizzato corsi religiosi a proprie spese nelle moschee. L'obiettivo non sarà facile da raggiungere. Secondo la Costituzione tedesca infatti ogni comunità religiosa può organizzare corsi nelle scuole statali solo se dispone di un programma scolastico unico. Ma le tre maggiori associazioni islamiche in Germania non hanno ancora trovato una convergenza a causa di diversità ideologiche e dottrinali. (E. B.)

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    Parte domani, nella Basilica romana di Sant’Agostino, il triduo di preparazione per la ricorrenza del Santo vescovo di Ippona

    ◊   Al via domani nella basilica romana di Sant’Agostino in Campo Marzio, il triduo di preparazione per le ricorrenze di Santa Monica e Sant’Agostino che la Chiesa ricorda il 27 e 28 agosto. Attorno al luogo di culto ruoteranno diverse manifestazioni dedicate al santo filosofo, morto il 28 agosto 430. Domenica sera si svolgerà un concerto di musica sacra con il maestro Graziano Fronzuto che segnerà il ritorno alle scene, dopo 10 anni di restauro, dell secolare organo della Basilica. Il 27 agosto, come da tradizione, è dedicato alla madre di Agostino, Monica, verso la quale si riversa la devozione popolare di mamme, vedove, donne in cinta. Quel giorno, alle 18.30, ci sarà una celebrazione eucaristica presieduta da mons. Giovanni Scanalino, vescovo di Orvieto-Todi. Alle 21, nella sala parrocchiale, proiezione del film “Agostino di Ippona”, di Roberto Rossellini. Il 28 agosto infine, alle 12, presiederà la celebrazione eucaristica mons. Luigi Moretti, vicegerente di Roma. Alle 18.30 invece si svolgerà la celebrazione con i religiosi agostiniani, presieduta dal priore generale dell’Ordine di Sant’Agostino, padre Robert Prevost. Il ciclo di festeggiamenti sarà anche preludio al ‘Capitolo agostiniano’, che si volgerà a Roma a partire dal 3 settembre. (E. B.)

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    24 Ore nel Mondo



    Iraq: 25 le vittime nell'incursione di miliziani di Al Qaeda in due villaggi vicino Baghdad - Perù: attesa per l'arrivo del cardinale Tarcisio Bertone

    ◊   Non si ferma la violenza in Iraq dove Al Qaeda torna a colpire la popolazione civile. Ancora vittime anche tra le truppe statunitensi, mentre sul fronte politico Bush continua a ribadire la necessità di rimanere nel Paese del Golfo. Il nostro servizio:


    Secondo la polizia irachena c’è la lunga mano di Al Qaeda dietro la cruenta irruzione, realizzata da almeno 200 uomini armati, in due villaggi sunniti, a nord est di Baghdad. Il bilancio dell’attacco è gravissimo: 25 le vittime. Il commando della rete internazionale del terrore, prima di ritirarsi, avrebbe inoltre preso in ostaggio cinque donne e sette bambini. Al momento la polizia è alla ricerca degli assalitori: 22 sospetti finora sono stati fermati. L’esercito americano ha reso noto che ieri a Baghdad, nella zona verde dove si trovano le sedi diplomatiche, è stato portato a termine un doppio attentato contro un check point militare. L’attacco, nella zona nord della città, è costato la vita a 4 soldati iracheni, 15 i feriti, tra questi 11 americani. Infine, sempre nella capitale irachena, stamani un attacco suicida in un mercato ha causato 16 vittime mentre lo scoppio di un ordigno ha provocato la morte di un soldato americano. Questa nuova ondata di violenza arriva nel giorno in cui il presidente americano Bush ha detto che un eventuale ritiro dall'Iraq sarebbe una catastrofe come lo fu per il Vietnam.

    - Un video che mostra l’ostaggio tedesco, prigioniero dei talebani in Afghanistan da oltre un mese, è stato trasmesso stamani da una emittente privata afgana. Nel breve filmato di circa 2 minuti, Rudolf Blechschmidt è apparso in cattive condizioni di salute. L’ingegnere tedesco ha inoltre spiegato di essere trattenuto sulle montagne con i talebani, che il governo afgano ha rifiutato qualsiasi contatto con i sequestratori e che la sua vita e quella dei suoi quattro collaboratori locali è in serio pericolo. Pertanto ha lanciato un appello agli esecutivi di Berlino e Kabul per la sua liberazione. In Afghanistan, intanto, si continuano registrare violenze sul terreno: nel sud, un fallito attentato al capo della polizia locale ha provocato tre vittime e 14 feriti tra la popolazione civile. Sempre nel sud, a circa 50 chilometri da Kandahar, ieri due soldati canadesi e il loro interprete afgano erano rimasti uccisi dall'esplosione di una mina al passaggio del loro convoglio.

    - Resta alta la tensione nel sud della Striscia di Gaza, dove all’alba di stamani truppe israeliane sono di nuovo penetrate nei territori controllati da Hamas, ingaggiando un violentissimo scontro a fuoco con i miliziani palestinesi. Secondo fonti dello Stato ebraico, i soldati israeliani hanno varcato il confine dopo essere stati attaccati con razzi anti-carro mentre gli integralisti di Hamas hanno a loro volta opposto una strenua resistenza costatagli tre feriti, uno dei quali versa in gravi condizioni.

    - Attesa a Lima, in Perù, per l’arrivo fissato alle 17.30 circa, ora locale, del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, che nel Paese colpito dal forte sisma del 15 agosto porterà la solidarietà spirituale e materiale del Papa, con un contributo di 200 mila dollari per i soccorsi urgenti. Il porporato si recherà poi nelle località duramente provate dal terremoto che, stando all’ultimo bilancio della Protezione Civile, ha provocato almeno 540 morti. Difficoltà nella distribuzione degli aiuti sono segnalate da Morena Zucchelli, coordinatrice in Perù del COOPI, Cooperazione Internazionale, intervistata da Antonella Palermo:


    R. - La situazione è abbastanza complicata: abbiamo visto che chi ha il compito di gestire questa emergenza non riesce a organizzarsi nelle zone più decentrate. Ci sono moltissimi aiuti che stanno arrivando, ma c’è molta difficoltà nella distribuzione di questi aiuti.

     
    D. - Di che genere di aiuti avete maggiormente bisogno?

    R. – Il grande problema che stiamo affrontando sono le tende perché non se ne trovano. Questa è la quarta emergenza che il Paese vive: c’è stata un’inondazione in gennaio-febbraio, un freddo intensissimo ad inizio marzo, poi di nuovo in luglio e agosto è tornato il freddo intenso, infine questo terremoto. Stiamo dotando la popolazione di case di legno che sono case prefabbricate ma cerchiamo anche di gestire le tende che abbiamo a disposizione. Non ce ne sono abbastanza e la protezione civile, che ha mandato un aereo dall’Italia, ne aveva solamente trenta.

     
    D. - Quanti gradi ci sono?

     
    R. - Nella zona siamo sugli 8, 9 gradi, è molto umida e quest’anno è particolarmente fredda. La notte è il momento più difficile perché gli sfollati dormono fuori e si coprono con le tende. C’è paura perché soprattutto nelle zone rurali manca la luce: stiamo dando per questo candele e poi c’è il timore di un nuovo terremoto. Ci sono scosse in continuazione e manca l’assestamento della placca di Nazca.

     
    D. - Quindi, è possibile che siano anche scosse di una intensità maggiore di quelle di assestamento che state vivendo in questi giorni?

     
    R. - Sì questa è la grande paura: tutto è successo una settimana fa e se si vede sui siti web dell’Istituto geofisico del Perù, si continuano ancora a registrare scosse, alcune anche molto forti.

    - Nessuna speranza per i 181 operai cinesi intrappolati, dal 17 agosto scorso, in due miniere dello Shandong, inondate a seguito delle forti piogge torrenziali. I minatori erano rimasti bloccati dopo che le acque del fiume Wen avevano rotto gli argini, arrivando nelle gallerie. Nei giorni scorsi, i familiari dei lavoratori hanno protestato anche in modo violento contro i responsabili delle miniere, che avrebbero sottovalutato i pericoli di inondazione della zona.

    - Ancora emergenza incendi in Italia. Da stamattina sono 26 i roghi segnalati sul versante tirrenico delle regioni del centro-sud, particolarmente colpita la Sicilia dove ieri tre persone hanno perso la vita nel messinese. Venti gli ustionati, alcuni sono in condizioni preoccupanti. Nella zona è atteso il capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, che dovrà coordinare gli interventi. Il governo, per far fronte all’emergenza, ha deciso di inviare l’esercito e la marina, un ulteriore impiego di uomini e mezzi per le operazioni di spegnimento dei fuochi. Intanto, per l’incendio che ha causato le tre vittime, alcuni testimoni hanno riferito di aver visto delle persone che appiccavano volontariamente i roghi. Al microfono di Massimiliano Menichetti, il procuratore aggiunto di Palermo Guido Lo Forte non ha escluso il coinvolgimento della mafia negli incendi. Sentiamo l’intervista:
     
    R. – E’ una situazione di emergenza. Sembra accertata l’origine dolosa che va ricollegata sicuramente – a parte qualche ipotizzabile gesto di un piromane squilibrato – ad una prassi speculativa. E qui, qualsiasi interesse, può essere collegato con l’organizzazione mafiosa.

     
    D. – La vecchia mafia bruciava per poter poi coltivare; adesso parliamo di una mafia che brucerebbe per costruire?

     
    R. – Sì! Perché c’è una legge dello Stato che prevede la inedificabilità dei terreni su cui si sono verificati degli incendi. Soltanto il 5% dei comuni italiani ha creato una mappa delle zone incendiate, il che, nella pratica, vanifica la “ratio” e lo scopo della legge.

    D. – A fuoco anche Puglia e Calabria; il ministro della difesa Parisi ha risposto l’impiego delle forze armate per spegnere gli incendi. Stesso problema anche in queste regioni?

     
    R. –Il problema può essere in parte analogo, sicuramente è stato registrato in Calabria, ma non escludo che si possa verificare anche in Sicilia o in Puglia. C’è da segnalare il fatto che alcuni incendi sono determinati da motivi addirittura clientelari, nel senso che ci sono delle assunzioni di personale destinato al rimboschimento da parte delle Regioni. Se non ci fossero zone da rimboschire non ci sarebbero nemmeno le assunzioni e allora, in questo caso, si creano con gli incendi.

    - Cala l’intensità dell’ uragano Dean, tanto da essere declassato al rango di tempesta tropicale dai meteorologi. Il ciclone comunque continua a spostarsi nel Golfo di Campeche, raggiungendo di nuovo le coste del Messico, dove secondo gli esperti è destinato ad esaurire definitivamente la sua forza. Intanto, si iniziano a stimare i danni e si aggiorna il bilancio delle vittime che, stando ai dati diffusi dalle autorità dei Paesi caraibici e del Messico, sono salite a 19.

    - Ieri sera, in Texas è stata eseguita la 400esima esecuzione capitale da quando, nel 1982, lo Stato americano ha reintrodotto la pena di morte. A nulla sono valsi gli appelli della comunità internazionale e dell’opinione pubblica interna che chiedevano una moratoria. La sentenza è stata eseguita alle 18.20 ora locale, nel penitenziario di Huntsville: Johnny Ray Conner ha ricevuto un’iniezione letale per l'omicidio di una commessa di negozio durante una rapina. In Texas sono in programma altre tre esecuzioni entro agosto e ulteriori dieci per la fine dell'anno. Lo Stato detiene il macabro primato delle condanne a morte tra gli Stati americani che prevedono la pena capitale.

    - Esecuzioni anche in Giappone. Tre condannati a morte sono stati impiccati stamani. Sale a sei il numero delle pene eseguite quest'anno. L’attività dei “bracci della morte” nipponici, che al momento contano 103 detenuti, è quindi ripresa a pieno ritmo dopo una moratoria informale nelle esecuzioni, durata quasi due anni. Con il governo di Shinzo Abe le esecuzioni sono ricominciate dal 25 dicembre scorso con l'impiccagione di quattro condannati. La pena di morte in Giappone presenta aspetti ancora più crudeli poiché la decisione definitiva di procedere con l'esecuzione viene comunicata al condannato all'ultimo momento mentre congiunti e avvocati difensori vengono avvertiti perfino solo dopo l'impiccagione.

    - Gli esperti veterinari dell'Unione Europea hanno deciso la ripresa, da sabato, delle esportazioni di animali vivi, di carne e prodotti caseari dalla Gran Bretagna, dopo il bando imposto all'inizio del mese in seguito agli episodi di afta epizootica. Unica eccezione per i capi e gli alimenti provenienti dalla zona di interdizione di 10 chilometri imposta nel Surrey, dove erano stati scoperti tre focolai della malattia. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Benedetta Capelli)

     
     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 235

     

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