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SOMMARIO del 21/08/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Domani, l’udienza generale di Benedetto XVI in Aula Paolo VI. Il Papa prosegue il suo ciclo di catechesi sui Padri apostolici

  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Un vescovo inglese lascia Amnesty International dopo 30 anni di attività in seguito alla svolta abortista dell'organizzazione
  • Una fatwa in Egitto condanna a morte una giovane coppia che ha deciso di convertirsi al cristianesimo
  • La Terra Santa al centro della terza giornata del Meeting di Rimini
  • Le famiglie di Loreto pronte ad accogliere migliaia di giovani l'1 e 2 settembre per l'incontro col Papa
  • All’insegna della riscoperta delle proprie radici cristiane, i fedeli di Ostia si apprestano a celebrare il loro patrono Sant’Agostino
  • Chiesa e Società

  • La CEI stanzia un milione di euro per le popolazioni del Perù colpite dal sisma
  • Alluvioni nell’Africa orientale: centinaia di migliaia gli sfollati
  • L’uragano Dean si indebolisce, dopo aver raggiunto le coste del Messico
  • Nello Stato indiano del Karnataka, manifesti indù incitano al massacro dei cristiani
  • Espulsa dagli USA una madre-simbolo messicana immigrata illegalmente: il figlio resterà a Chicago
  • Migranti verso l'Europa: dal 1998, quasi 10 mila morti “nell'indifferenza generale”
  • In Guatemala, diritti negati alle bambine indigene
  • 24 Ore nel Mondo

  • Prosegue la visita in Siria del premier iracheno, Al Maliki - Medio Oriente: attacco israeliano nella Striscia di Gaza. Tre vittime palestinesi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Domani, l’udienza generale di Benedetto XVI in Aula Paolo VI. Il Papa prosegue il suo ciclo di catechesi sui Padri apostolici
     

    ◊   Un appuntamento tradizionale, che ogni mercoledì vede rinnovarsi l’amore filiale dei fedeli per il Papa. Anche domani, alle ore 10, migliaia di pellegrini di tutto il mondo si raccoglieranno in Aula Paolo VI per l’udienza generale del Santo Padre, che in elicottero si trasferirà a Roma dalla sua residenza estiva di Castel Gandolfo. Quella di domani è la 104.ma udienza generale di Benedetto XVI dall’inizio del suo Pontificato. Il Papa ha già concluso due cicli di catechesi e ne sta ora sviluppando un terzo. Ripercorriamo questi momenti dedicati all’approfondimento sui temi forti della nostra fede nel servizio di Alessandro Gisotti:

     Con le sue catechesi del mercoledì, Benedetto XVI mostra la bellezza della Chiesa offrendo ai fedeli una riflessione organica sui fondamenti della nostra fede. All’inizio del suo Pontificato, il Papa esprime l’intenzione di riprendere e completare le catechesi del suo predecessore, incentrate sui Salmi e sui Cantici che compongono i Vespri. Benedetto XVI annuncia, il 4 maggio 2005, che utilizzerà “i testi predisposti” da Giovanni Paolo II. Un segno tangibile del legame tra Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger. All’udienza del mercoledì successivo, il Papa si sofferma su un Cantico che, ripreso nell’Apocalisse, ci mostra la vittoria di Dio sul male. La riflessione del Santo Padre sembra quasi anticipare l’omelia alla Messa dell’Assunta di quest’anno:

     
    "La storia non è in mano a potenze oscure, al caso o alle sole scelte umane. Sullo scatenarsi di energie malvagie, sull’irrompere veemente di Satana, sull’emergere di tanti flagelli e mali, si eleva il Signore, arbitro supremo della vicenda storica. Egli la conduce sapientemente verso l’alba dei nuovi cieli e della nuova terra, cantati nella parte finale del libro sotto l’immagine della nuova Gerusalemme".

     
    Il secondo ciclo di catechesi ha inizio il 15 marzo dell’anno scorso. Il Papa spiega che vuole ora dedicarsi al mistero del rapporto tra Cristo e la Chiesa, a partire dall’esperienza degli Apostoli, alla luce del compito ad essi affidato. “La Chiesa – afferma in tale occasione – è stata costituita sul fondamento degli Apostoli come comunità di fede, di speranza e di carità”. E aggiunge: “Attraverso gli Apostoli, risaliamo a Gesù stesso”:

     
    "I dodici Apostoli sono così il segno più evidente della volontà di Gesù riguardo all'esistenza e alla missione della sua Chiesa, la garanzia che fra Cristo e la Chiesa non c'è alcuna contrapposizione: sono inseparabili, nonostante i peccati degli uomini che compongono la Chiesa. È pertanto del tutto inconciliabile con l'intenzione di Cristo uno slogan di moda alcuni anni fa: 'Gesù sì, Chiesa no'. Questo Gesù individualistico scelto è un Gesù di fantasia. Non possiamo avere Gesù senza la realtà che Egli ha creato e nella quale si comunica".

     
    Tra Cristo e la sua Chiesa, è il richiamo del Papa, v’é una “profonda, inscindibile e misteriosa continuità”. Gesù è perciò “sempre contemporaneo a noi, è sempre contemporaneo nella Chiesa costruita sul fondamento degli Apostoli, è vivo nella successione degli Apostoli”. Il terzo ciclo di catechesi, che Benedetto XVI sta sviluppando in questi mesi si concentra sui Padri apostolici, cioè la prima e seconda generazione nella Chiesa dopo gli Apostoli. E’ un modo, sottolinea, che ci aiuta a “vedere come comincia il cammino della Chiesa nella storia”. Nella prima udienza di questo ciclo, il 7 marzo scorso, il Papa parla della figura di San Clemente, terzo Successore di Pietro. E si sofferma sul suo ideale di Chiesa, Corpo di Cristo “nel quale tutti, uniti senza alcuna separazione, sono membra gli uni degli altri”:

     
    "La netta distinzione tra il 'laico' e la gerarchia non significa per nulla una contrapposizione, ma soltanto questa connessione organica di un corpo, di un organismo, con le diverse funzioni. La Chiesa infatti non è luogo di confusione e di anarchia, dove uno può fare quello che vuole in ogni momento: ciascuno in questo organismo, con una struttura articolata, esercita il suo ministero secondo la vocazione ricevuta". 

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano - Articolo di Giampaolo Mattei dal titolo “I giovani italiani attendono il Papa a braccia aperte: il cammino di preparazione all’Incontro del 1 e 2 settembre”.

    Servizio estero - Raid israeliano nella Striscia di Gaza: uccisi tre miliziani palestinesi.

    Servizio culturale - Un articolo di Biagio Buonomo dal titolo “La capacità di divulgare senza cadere nella banalità: l’Eneide tradotta da Vittorio Sermonti”.

    Servizio italiano - In primo piano l’economia: l’Europa e la “crisi dei mutui”.

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    Oggi in Primo Piano



    Un vescovo inglese lascia Amnesty International dopo 30 anni di attività in seguito alla svolta abortista dell'organizzazione

    ◊   Dal mondo cattolico, ma anche da vari ambiti della società civile, continuano ad arrivare ferme critiche alla decisione, presa da Amnesty International, di inserire tra i diritti umani l’interruzione di gravidanza in caso di violenza sessuale. Amnesty, fondata nel 1961 dall’avvocato inglese Peter Benenson, un anglicano convertito al cattolicesimo, ha ratificato la decisione sull’aborto venerdì scorso durante la sua 28.ma Assemblea generale tenutasi in Messico. La presa di posizione è stata accompagnata da forti polemiche anche all’interno dell'organizzazione umanitaria. Sulla svolta di Amnesty ascoltiamo, al microfono di Lydia O’Kane, il vescovo di East Anglia, mons. Michael Charles Evans, che ha deciso di lasciare l'organizzazione dopo oltre tre decenni di impegno attivo:


    R. – I’ve been involved in Amnesty...
    Ho lavorato con Amnesty per 31 anni e ho cercato di incoraggiare i cattolici delle parrocchie e delle scuole ad associarsi e a coinvolgere anche altre persone. E’, quindi, una cosa molto triste, perché sono appassionato al lavoro di Amnesty. E’ un’organizzazione meravigliosa che fa un grande lavoro e che ha lavorato con la Chiesa cattolica nel passato. Doverla lasciare è quindi molto triste.

     
    D. – La Chiesa cattolica sostiene completamente l'impegno contro la violenza che colpisce le donne ma ora c'è questa decisione sull'aborto...

     
    R. – That's right. Amnesty at the moment...
    Infatti, Amnesty al momento ha una campagna molto importante volta a fermare la violenza contro le donne e dobbiamo sostenerla interamente. Penso che i cattolici debbano fare ancora di più per sostenere le donne che hanno subito stupri o altri tipi di violenze sessuali o ogni tipo di violenza. Dobbiamo vedere se noi, comunità cattolica, stiamo seriamente facendo abbastanza per aiutarle. Ma il modo per aiutare le donne che sono state stuprate non è quello di operare altra violenza contro il bambino dentro di loro. Uno dei diritti umani fondamentali è proprio il diritto alla vita.

     
    D. – Il fondatore di Amnesty era un cattolico: e laici e cattolici finora condividevano lo stesso impegno. Oggi, pensa che questa decisione possa dividere i membri dell'organizzazione?

     
    R. – That was one of my great fear...
    Questa è stata una delle mie più grandi paure all’inizio, perché riguardo all’aborto i membri di Amnesty hanno punti di vista diversi. Dovrebbe essere ovvio per loro che se proseguiranno su questa strada, divideranno i membri al loro interno e mineranno il loro lavoro. Questa è la mia paura ed anche una preoccupazione etica. Nel Regno Unito, per esempio, nell'assemblea generale in aprile, solo una parte dei membri ha votato per questa normativa, ma la stragrande maggioranza ha votato per cercare di mantenere la situazione così com'era e non muoversi verso questa direzione. Quindi, le divisioni esistono anche qui in Inghilterra e non solo nel resto del mondo.

     
    D. – Perchè, dunque, Amnesty ha preso questa decisione, visto che molti membri sono cattolici e con questa decisione molti di loro potrebbero lasciarla?

     
    R. – Well, those questions you have to ask…
    Dovrebbe fare queste domande ad Amnesty. Il sospetto è che ci siano delle persone all’interno di Amnesty, in particolare in questo Paese e negli Stati Uniti, che formano una lobby molto forte perché venga riconosciuto l’aborto a livello internazionale. Al momento, secondo la legge internazionale, non esiste un diritto all’aborto e loro vogliono che venga invece riconosciuto come diritto universale.

     
    D. – Lei rimane comunque impegnato a difendere il mandato originale di Amnesty in difesa dei diritti umani e contro ogni violazione della dignità dell'uomo. Lei, dunque, continuerà a difendere tutte ciò che condivide con Amnesty...

     
    R. – Very much so...
    Sì, proprio così, sto cercando di trovare la via per farlo e penso anche che le organizzazioni cattoliche debbano pensare a come lavorare con organizzazioni di cui non condividono interamente i principi. Nella società capita spesso di collaborare e cooperare con organizzazioni con le quali non si condividono molti aspetti del loro lavoro. Dobbiamo rendere chiaro che non li condividiamo, ma dobbiamo anche trovare una via per lavorare insieme. Non so ancora il modo, ma dobbiamo pensare in modo creativo a tutto questo.

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    Una fatwa in Egitto condanna a morte una giovane coppia che ha deciso di convertirsi al cristianesimo

    ◊   Ha destato scalpore in Italia e in Occidente la notizia di una fatwa, una sentenza religiosa, che condanna a morte in Egitto un giovane di 25 anni, Mohamed Hegazy, convertitosi al cristianesimo. La fatwa nei suoi confronti e nei confronti della moglie, anch’essa convertitasi al cristianesimo, è stata lanciata dal rettore della facoltà di studi islamici dell’Università Al Azhar del Cairo. Hegazy, attivista politico, aveva abbandonato l’Islam all’età di 16 anni e ora ha chiesto che sulla sua carta d’identità venga registrato il cambiamento di religione. Oggi, costantemente minacciato è costretto a vivere in clandestinità. A Camille Eid, giornalista e coautore di un libro sulla situazione dei musulmani convertitisi al cristianesimo, Stefano Leszczynski ha chiesto se casi come quello avvenuto in Egitto siano frequenti:


    R. - Ogni settimana ci sono notizie del genere che recupero dalla stampa araba o islamica in generale. La stampa algerina, per esempio, ha insistito negli ultimi mesi sulla conversione al cristianesimo di migliaia di algerini, soprattutto nella zona abitata dai berberi della Cabilia. Casi simili sono noti in Turchia, in Tunisia, oltre a Paesi del Medio Oriente, per cui non è affatto un caso isolato quello di Hegazy.

     
    D. - In questo caso, in Egitto, la fatwa è stata lanciata dal rettore della facoltà di ricerche islamiche dell’Università Al Azhar del Cairo, che però sottolinea anche che se Hegazy non avesse reso noto il suo cambiamento di religione non sarebbe stato passibile di pena di morte…

     
    R. - Il punto è che questa istituzione di Al Azhar è insieme pubblica e religiosa in Egitto, nel senso che questo dipartimento di studi religiosi ha un’autorità effettiva, non è una fatwa lanciata da un gruppo islamico qualsiasi, i suoi decreti religiosi sono molto ascoltati.

     
    D. - Qual è la situazione in Egitto, i cristiani sono effettivamente liberi?

     
    R. - Allora, sono liberi di praticare il culto, di andare in chiesa, di celebrare i matrimoni, i funerali, però hanno varie difficoltà nella costruzione, nell’edificazione di nuovi luoghi di culto, nel restauro delle loro chiese. D’altra parte i copti subiscono una discriminazione nell’assegnazione delle cariche istituzionali.

     
    D. - Nel caso di Hegazy come mai i copti non hanno preso posizione pubblicamente?

     
    R. - Io personalmente ho avuto modo qualche tempo fa di chiedere a uno dei capi della Chiesa copta come mai non accolgono richieste di battesimo da parte di musulmani desiderosi di abbracciare la fede cristiana e mi diceva che temono ci sia il tranello dei servizi segreti per metterli alla prova e vedere se loro accoglievano o meno queste richieste.

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    La Terra Santa al centro della terza giornata del Meeting di Rimini

    ◊   Terzo giorno di lavori alla 28.ma edizione del Meeting per l’Amicizia tra i Popoli promosso a Rimini da Comunione e Liberazione. Proseguono gli incontri ed i dibattiti sul tema di quest’anno: “La verità è il destino per il quale siamo stati fatti”. Oggi si è parlato, in particolare, del Medio Oriente dove la situazione resta difficile soprattutto nella Striscia di Gaza. Nella regione palestinese, controllata dal movimento fondamentalista Hamas, manca l’elettricità da 5 giorni e la crisi umanitaria è sempre più grave. Diversi osservatori sostengono che nei Territori Palestinesi e in Terra Santa mancano ancora politiche di sostegno adeguate da parte della comunità internazionale e dei governi europei. Di questo parere è anche il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, intervistato dal nostro inviato a Rimini, Luca Collodi:

     
    R. – La situazione è disarmante! L’Europa è l’unica realtà, politica e culturale soprattutto, che ha tutti gli strumenti per comprendere il Medio Oriente, perché il rapporto tra Medio Oriente ed Europa è antico, plurisecolare, quindi l’Europa più che tutte le altre realtà del mondo è in grado di comprendere questa situazione e aiutare anche a trovare delle vie. Purtroppo, questo non accade. Innanzitutto, perché l’Europa è molto divisa: ci sono tante politiche diverse! E poi, forse, perché – non so – si ha forse una certa paura ad entrare in una sorta di ginepraio ... se si entra in quel ginepraio politico-religioso non se n’esce più ... C’è anche un altro elemento che dev’essere preso in considerazione, cioè una sorta di astenersi, da parte dei leader politici, soprattutto europei, da tutto ciò che può avere qualche elemento religioso o valenza religiosa. Chi viene in Terra Santa e viene a Gerusalemme, non può non incontrare la realtà religiosa: perchè Gerusalemme è solo fede, è solo religione, per cui in nome di una certa laicità si vuole chiamarsi fuori da tutto questo.

     
    D. – Lei in particolare, personalmente, padre Pizzaballa, dal 2004 – se non vado errato – è Custode di Terra Santa. Che cosa si aspetta dai governi europei per la Terra Santa?

     
    R. – Più presenza, più incisività, più unione, innanzitutto; più uniti e non soltanto nel dare soldi. Perché veramente l’Europa – bisogna riconoscerlo – l’Europa dà molti finanziamenti alle realtà della Terra Santa. Ma più attenzione anche politica e culturale per quanto avviene in Terra Santa, e soprattutto più coraggio.

     
    D. – I cristiani di Terra Santa sono, oltre ad altri cristiani in Asia, ma in particolare i cristiani di Terra Santa, sono la preoccupazione particolare del Papa. Qual è la situazione, al momento, dei cristiani?

     
    R. – Per tutti gli abitanti, non solo per i cristiani, è difficile, per i cristiani in modo particolare perché sono una piccolissima minoranza, un numero sempre più esiguo, soprattutto nelle zone più classiche – penso a Gerusalemme, a Betlemme: la presenza dei cristiani ormai è ridotta al lumicino. Questa è una preoccupazione bruciante per tutti noi.

     
    D. – Padre Pizzaballa ci dice che la presenza cristiana è a rischio nelle zone della nascita della fede cristiana ...

     
    R. – Sì: è a rischio perché purtroppo a causa della situazione politica, delle incertezze politiche, soprattutto qua la situazione economica è molto difficile e la mancanza di prospettive chiare per il futuro crea in molti la tentazione di andarsene. Ripeto, non solo per i cristiani, ma essendo i cristiani già un numero ridotto, la conseguenza è che la maggior parte dei cristiani palestinesi è più all’estero che in Palestina.

     
    D. – Padre Pizzaballa, però stanno tornando i pellegrinaggi in Terra Santa ...

     
    R. – Questo sì, è vero! L’anno scorso fu un anno terribile a causa della guerra israelo-libanese; quest’anno possiamo dire che la crisi è superata: tutti i luoghi santi, tutte le strade sono piene di pellegrini ... se c’è un problema, è quello delle strutture che non sono adeguate al numero elevato di pellegrini: sono problemi benedetti, sia ben chiaro!

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    Le famiglie di Loreto pronte ad accogliere migliaia di giovani l'1 e 2 settembre per l'incontro col Papa

    ◊   “Un grande evento richiede un’enorme preparazione che ricade in particolare sulle spalle di alcuni”. Così il presidente della Conferenza episcopale italiana (CEI), arcivescovo Angelo Bagnasco, ha salutato ieri a Loreto i volontari impegnati nell’accoglienza dei partecipanti all’Agorà dei giovani, i prossimi 1 e 2 settembre. “I giovani – ha detto l’arcivescovo Bagnasco – sono un talento e non un problema da affrontare”. Poi l’auspicio che le parole del Papa segnino in profondità la loro vita. Il presidente della CEI ha incontrato il capo dipartimento della Protezione Civile Bertolaso e le autorità locali, quindi ha visitato la spianata di Montorso dove si svolgerà la veglia con Benedetto XVI. Intanto Loreto è pronta ad aprire le porte ai circa 350 mila giovani attesi da tutta Italia. Lo conferma al microfono di Paolo Ondarza il responsabile delle giornate di accoglienza Giorgio Minella:


    R. - Alle famiglie non potevamo chiedere più generosità di quella che hanno dimostrato. Tutti, senza esclusione, hanno aperto la propria casa senza neanche chiedere il sesso o la provenienza dei giovani, dando anche una disponibilità alla parrocchia nell’organizzare la festa dell’accoglienza, il 29; anche la disponibilità, in alcuni casi, ad accompagnare i giovani negli incontri comuni. Sia le famiglie che le parrocchie hanno dimostrato veramente uno spirito di accoglienza che è difficile trovare, soprattutto in questi tempi in cui siamo intimoriti dal pericolo della delinquenza.

     
    D. - Ci sono state delle difficoltà particolari che forse vi hanno anche spaventato e poi siete riusciti a superare nell’organizzazione?

     
    R. - Le paure iniziali, il sentirsi un po’ inadeguati a questi grandi numeri… E’ spettacolare come in questi casi la fede non sia solo uno stato dell’anima o uno stato personalistico ma sia anche un elemento di unione nei momenti di difficoltà. Il sapere che ci troviamo in fondo tutti qui per vivere un’esperienza di Chiesa appianava le difficoltà.

     
    D. - C’è qualcosa che le persone che lavorano con lei stanno imparando da questa esperienza?

     
    R. - Quest’esperienza sta insegnando un po’ a tutti noi che la Chiesa è veramente una grande famiglia che riconosce in Dio il Padre. Una ulteriore richiesta da parte del Signore di testimoniare la fede attraverso anche un’ospitalità, un’accoglienza gratuita.

     
    D. - Di fronte a questa gratuità spesso ci si chiede che cosa anima in questo impegno anche faticoso?

     
    R. - Il porsi a servizio degli altri, sapere che il proprio operare rende migliore l’evento, o la partecipazione o garantisce una sicurezza: è questo che anima un po’ di più.

     
    D. - Ieri avete ricevuto a Loreto la visita dell’arcivescovo Bagnasco, il presidente della CEI: che cosa ha significato per voi?

     
    R. - La Chiesa non ci lascia soli. Anche nella figura del presidente Bagnasco ci ricorda che non c’è solo il lavoro nell’Agorà ma che questa è un’esperienza di fede e la Chiesa italiana ci è vicina.

     
    D.- C’è un auspicio che vuole esprimere e condividere con noi?

     R. - Ogni giovane trovi in questa esperienza la propria dimensione e anche motivo di crescita nel proprio cammino di fede, consapevoli che il Signore guarda i cuori degli uomini e che il nostro ruolo è quello di metterci al servizio della volontà di Dio.

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    All’insegna della riscoperta delle proprie radici cristiane, i fedeli di Ostia si apprestano a celebrare il loro patrono Sant’Agostino

    ◊   La comunità di Ostia si appresta a festeggiare, dal 23 al 28 agosto prossimi, il proprio patrono Sant’Agostino legato, come la madre Monica, al territorio ostiense. Culmine dell’evento sarà la Messa celebrata dal cardinale decano Angelo Sodano, nella Chiesa Regina Pacis di Ostia, il 28 agosto, memoria di Sant’Agostino. Il vescovo di Ippona è patrono di Ostia da soli tre anni, grazie ad un’iniziativa fortemente voluta dai fedeli e dalla comunità cittadina, guidata dall’associazione culturale Sant’Agostino. Per una riflessione sui frutti di questo patronato dell’autore delle Confessioni, Alessandro Gisotti ha intervistato don Salvatore Tanzillo, viceparroco della parrocchia Santa Monica di Ostia:


    R. – Io credo che la gente l’abbia accolto molto bene. Certamente, è un’opera che deve continuare nel tempo: ci vogliono degli sforzi per far conoscere bene il patrono alle persone, costruire e ricostruire questa cultura cattolica. Adesso ci stiamo adoperando con l’associazione culturale Sant’Agostino, e naturalmente con le parrocchie di Ostia, per riportare all’attenzione questo Santo ricco di valori, ricco di pensieri forti molto attuali.

     
    D. – Il territorio di Ostia ha una popolazione molto giovane: cosa può dire alla gioventù di oggi una figura come Sant’Agostino?

     
    R. – I giovani hanno, secondo me, una possibilità enorme di attingere da Sant’Agostino dei punti di riferimento e dei valori che sono eterni. Forse la prima proposta forte che Sant’Agostino può fare ai giovani è quella dell’esperienza della maturazione e della trasformazione della vita. I giovani sono in un processo di crescita e soprattutto subiscono delle fasi di distorsione, di dispersione, di disordine che Sant’Agostino ha vissuto in prima persona. Le “Confessioni” sono proprio il manifesto di questa ricerca di affettività e di amore in tanti modi, arrivato poi a maturazione. L’altro elemento che può essere importante per i giovani è l’amicizia, che è una costante in Sant’Agostino. Quell’amicizia, certamente, che tutti i giovani cercano. Collegata a questo tema è la ricerca della verità e della felicità: lui si è messo in questa ricerca della verità e della felicità, a cui credo aspirino un po’ tutti i giovani.

     
    D. – A pochi mesi dalla proclamazione di Sant’Agostino patrono di Ostia, la comunità dei fedeli ostiensi ha avuto un testimone d’eccezione, l’allora cardinale Joseph Ratzinger...

     
    R. – Sì, prima di essere eletto al Soglio Pontificio, il cardinale Ratzinger venne pochi mesi prima proprio ad Ostia ad inaugurare una statua in ricordo di questa elezione a patrono di Sant’Agostino per la città di Ostia. Venne in quanto decano del Sacro Collegio, titolare della Chiesa di Sant’Aurea di Ostia Antica che, appunto, è la sede del decano del Collegio dei Cardinali; e lui venne proprio a Sant’Aurea, dove tenne anche una bellissima omelia...

     
    D. – Quindi, in un certo senso, Ostia si lega a Sant’Agostino e naturalmente anche a Benedetto XVI?

     
    R. – Certamente! Noi abbiamo questo onore di vedere il cardinale Ratzinger prima e adesso Papa Benedetto che continuamente fa riferimento alla figura di Sant’Agostino. Come sappiamo, il nostro Papa è un grande teologo ma è anche un grande conoscitore della filosofia, e quindi trova in Sant’Agostino una grande esperienza di spiritualità per gli uomini di oggi.

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    Chiesa e Società



    La CEI stanzia un milione di euro per le popolazioni del Perù colpite dal sisma

    ◊   La Conferenza episcopale italiana (CEI) ha stanziato un milione di euro, dai fondi derivanti dall'otto per mille, per far fronte all'emergenza e ai bisogni della popolazione del Perù meridionale, colpita dal sisma dello scorso 15 agosto. “La Chiesa italiana – dichiara la CEI in una nota - esprime vicinanza e solidarietà alle popolazioni del Perù, che nei giorni scorsi sono state colpite dal drammatico terremoto”. Intanto, l’Ambasciata del Perù presso la Santa Sede ha annunciato per giovedì alle ore 19.00, nella Basilica romana di San Camillo de Lellis, in via Sallustiana, una Messa in memoria delle vittime del terremoto. La celebrazione sarà presieduta dal cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione dei Vescovi e presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina. L’ultimo bilancio del sisma, dell’ottavo grado della scala Richter, è di oltre 540 morti, 34 mila case distrutte e circa 1.600 feriti. Le fattorie dell’area colpita sono devastate, le imbarcazioni dei pescatori sono andate perdute e l’interruzione della distribuzione di acqua minaccia allevamenti e raccolti. (V.F.)

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    Alluvioni nell’Africa orientale: centinaia di migliaia gli sfollati

    ◊   Violente piogge continuano ad abbattersi da settimane su gran parte dell'Africa orientale e, in particolare, in Uganda, Sudan, Kenya, Etiopia ed Eritrea, provocando alluvioni, centinaia di migliaia di sfollati, carenza di scorte alimentari e timore di epidemie. Secondo il ministro ugandese per i Soccorsi, Musa Ecweru, citato dall’agenzia MISNA, nell'Uganda orientale le piogge persistenti da oltre due mesi hanno allagato interi villaggi e distrutto i terreni agricoli, lasciando senza tetto e mezzi di sostentamento circa 150 mila persone. “Molte persone hanno cercato rifugio nelle chiese, mentre altri hanno abbandonato le aree colpite per vivere altrove con i loro parenti”, ha detto Ecweru, aggiungendo che sono già “stati segnalati casi di colera”. Nei vicini altopiani occidentali keniani, sono oltre mille le famiglie sfollate a causa dello straripamento del fiume Nzoia, che rischia di rompere un altro argine e di allagare altri villaggi. In Sudan, sei settimane di persistenti piogge hanno provocato 87 morti e quasi 400 mila sfollati, mentre un’epidemia di colera ha ucciso altre 49 persone e ne ha colpite altre 700. Secondo il centro d'allerta, “le acque del fiume Nilo e dei suoi affluenti hanno superato i livelli critici” e circa un milione di persone è a rischio. Sia l’Unione Europea che le Nazioni Unite hanno stanziato nelle ultime ore fondi (in totale, circa 10 milioni di euro) da destinare all’assistenza delle popolazioni colpite. Le piogge hanno distrutto terreni agricoli e allagato città e ponti anche nei bassipiani occidentali eritrei e nell'Etiopia occidentale, dove sono morte oltre 600 persone. (R.M.)

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    L’uragano Dean si indebolisce, dopo aver raggiunto le coste del Messico

    ◊   Dopo aver colpito stamani la costa caraibica del Messico, l'uragano Dean si è indebolito ed è stato declassato da categoria 5 a categoria 3 sulla scala Saffir-Simpson. Lo ha riferito il Centro nazionale uragani statunitense. Da sabato, Dean ha colpito Haiti, la Repubblica Dominicana e le isole di Santa Lucia, la Martinica e Dominica, prima di colpire la Giamaica. I morti sono almeno 12, mentre le Nazioni Unite hanno inviato nel territorio dei team di soccorso. Il contatto dell'uragano con la terra ferma messicana è avvenuto all'altezza di Puerto Bravo, nello Stato del Quintana Roo, 300 chilometri a sud di Cancun e vicino al confine con il Belize. La località è stata investita inizialmente da venti della velocità di 230 chilometri orari, regrediti progressivamente a 205. Evacuati migliaia di residenti e turisti, anche se, secondo i meteorologi, la stessa Cancun, Playa del Carmen e altre località turistiche della Riviera Maya non dovrebbero essere colpite direttamente da Dean, che si sposta verso ovest a 32 chilometri l’ora. La compagnia petrolifera di Stato, Petroleos de Mexico, ha inoltre evacuato 18 mila lavoratori dalle piattaforme di estrazione nel Golfo del Messico, tagliando così la maggior parte della produzione del Paese. In pericolo, fra l'altro, decine di siti archeologici della cultura Maya, fra cui le imponenti rovine di Tulum, in riva al mare. Le autorità locali, intanto, hanno stabilito lo stato di emergenza e attivato circa mille poliziotti per impedire episodi di sciacallaggio. Il presidente messicano, Felipe Calderon, ha deciso di abbreviare il suo viaggio in Canada, dove si era recato per il summit nordamericano con il presidente USA, George Bush, e il primo ministro canadese, Stephen Harper, ed è atteso in patria in giornata. Secondo i meteorologi, Dean potrebbe comunque riprendere vigore passando sopra le acque calde del Golfo del Messico per poi colpire il nord del Paese. Nel Texas, che potrebbe essere raggiunto dopo il Messico, il governatore Rick Perry ha richiamato la guardia nazionale e approntato tremila autobus nel caso fosse necessario evacuare le aree più esposte. L'arrivo dell'uragano ha provocato il rientro anticipato dello Shuttle Endeavour, che atterrerà oggi intorno alle 18.30 (ora italiana) a Cape Canaveral, in Florida. (A cura di Roberta Moretti)

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    Nello Stato indiano del Karnataka, manifesti indù incitano al massacro dei cristiani

    ◊   I cristiani dello Stato meridionale del Karnataka “devono abbandonare immediatamente il territorio indiano, oppure tornare alla religione madre dell’induismo”. Se non lo faranno, “dovranno essere uccisi da tutti i bravi indiani, che in questo modo dimostreranno la loro virilità ed il loro amore per la Patria”. Queste, le minacce contenute in un volantino distribuito ieri in migliaia di copie nel distretto di Chitradurga. Scritto nel dialetto locale, il kanada – riferisce l’agenzia del PIME, AsiaNews – il foglio elenca “i crimini dei cristiani: trattare tutti allo stesso modo; educare gli orfani con lo scopo di convertirli; organizzare sanitari per chi non se lo può permettere; ignorare il sistema delle caste, consentendo liberi matrimoni e scambi commerciali anche fra chi non si dovrebbe neanche frequentare”. Il testo è firmato dal Bajrang Dal e dall’Hindu Jagrutika Samiti, gruppi di estremisti nazionalisti indù che da tempo si scagliano contro l’attività sociale dei cristiani del Karnataka. Sajan K. George, presidente del Consiglio dei cristiani indiani, denuncia: “La circolazione di questi volantini è endemica, ma questo è solo l’ultimo atto di una campagna anti-cristiana da tempo in corso nello Stato”. Infatti - continua l’attivista – “sono oramai mesi che, in piena libertà, i nazionalisti attaccano gli incontri di preghiera, picchiano selvaggiamente i pastori cristiani e bruciano i nostri libri sacri. Certo, quest’ultimo atto fa ancora più paura, perché invita ad ucciderci”. Proprio per questo – conclude – “tutti i nostri fratelli indiani, i media ed il governo devono intervenire: la nostra comunità ha paura, e gli estremisti sono capaci di tutto. Deve terminare al più presto questa battaglia odiosa, scatenata dalla politica con il falso pretesto della religione”. (R.M.)

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    Espulsa dagli USA una madre-simbolo messicana immigrata illegalmente: il figlio resterà a Chicago

    ◊   Saul Arellano, cittadino statunitense, ha otto anni e resterà a Chicago per andare a scuola. Sua madre, Elvira Arellano, invece, da domenica si trova a Tijuana, in Messico, dopo essere stata espulsa dagli Stati Uniti perché immigrata illegalmente nel 1997. Il suo arresto è avvenuto a Los Angeles, sul sagrato della chiesa di Nostra Signora Regina degli Angeli, dove si trovava per parlare di immigrazione. Elvira, che da un anno si era rifugiata all’interno della chiesa metodista di Adalberto, a Chicago, è da anni un’icona per milioni di immigrati sprovvisti di documenti, che si oppongono strenuamente alla separazione dai figli, nati negli Stati Uniti. Saul, all’età di soli sette anni, si era recato davanti alla Camera dei Deputati messicana per chiedere che la madre restasse negli USA. A Chicago si susseguono le manifestazioni a favore del ritorno di Elvira: l’altra notte in 30 hanno cantato e pregato alla luce delle candele, di fronte agli uffici cittadini del Servizio Immigrazione e Frontiere. “Questo è un altro colpo alla comunità ispanica”, ha dichiarato all’agenzia EFE il sacerdote cattolico Luis Ángel Nieto, uno dei dirigenti del Movimento del Nuovo Santuario, a Los Angeles, che ha annunciato che il movimento rafforzerà il suo appello. Secondo le cifre del Pew Hispanic Center sono oltre 3 milioni i bambini che si trovano nelle stesse condizioni di Saul. Da ottobre, il Servizio Immigrazione statunitense ha deportato oltre 220 mila stranieri. (A cura di Valentina Fizzotti)

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    Migranti verso l'Europa: dal 1998, quasi 10 mila morti “nell'indifferenza generale”

    ◊   Sarebbero quasi diecimila, un terzo dei quali dispersi, i migranti deceduti nel viaggio verso l'Europa dal 1998 ad oggi: lo rivela uno studio di “Fortress Europe”, osservatorio sulle vittime dell'immigrazione clandestina, secondo cui si tratta in gran parte di naufraghi, ma anche di vittime di stenti nel deserto e di incidenti stradali. Dall'inizio dell'anno – riferisce l’agenzia MISNA – solo nei pressi di Lampedusa, sono state 300 le vittime dei viaggi della speranza. Nel canale di Sicilia, tra Libia, Egitto, Tunisia, Malta e Italia, sono 2260 i migranti morti: di 1365 non sono stati recuperati i corpi. Altri 553, la metà dei quali dispersi, sono morti nel mare Adriatico e 64 navigando dall'Africa verso la Sardegna. Sulle tratte verso la Spagna da Marocco e Algeria, passando dalle Canarie o attraverso lo stretto di Gibilterra, i migranti che hanno perso la vita sono 3196; nel mare Egeo, tra Turchia e Grecia si contano 696 vittime, per metà ritenuti dispersi. Ma certamente, molti più di mille sono i migranti deceduti nel tentativo di attraversare il Sahara (spesso queste vittime sfuggono a qualsiasi conteggio) e non meno di 140 i morti accertati da “Fortress Europe” per soffocamento nelle stive di mercantili. “Esprimiamo rammarico e cordoglio per questa ennesima tragedia”, ha detto Laura Boldrini, portavoce dell’Alto commissariato ONU per i rifugiati (ACNUR), aggiungendo: “Troppe morti di immigrati avvengono nell'indifferenza generale”. (R.M.)

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    In Guatemala, diritti negati alle bambine indigene

    ◊   Discriminazione, maltrattamenti e lavoro minorile frenano la crescita delle bambine indigene guatemalteche: è quanto emerge da uno studio condotto dalla Defensoría de la Mujer Indígena (DEMI), a tre settimane dalle elezioni presidenziali e legislative del 9 settembre. “Dalla discriminazione in classe da parte dei compagni e dei docenti, che non insegnano nelle lingue native, fino all'assenza di una politica di Stato che promuova uno sviluppo integrale – si legge nel rapporto, stilato in collaborazione con l'UNICEF – la società guatemalteca, ancora patriarcale e maschilista, tende a considerare che le bambine indigene non siano fatte per studiare o diventare professioniste”. Nel documento, intitolato “Mírame. Situación de la niña indígena en Guatemala”, si sostiene che “la povertà che colpisce la maggioranza della popolazione indigena (pari al 41% dei 13 milioni di guatemaltechi) spinge i genitori a far lavorare le bambine, facendo perdere loro altre opportunità e finendo per perpetuare il circolo della miseria”. Secondo Manuel Manrique, rappresentante dell'UNICEF in Guatemala, “dare priorità alla promozione delle bambine indigene è il migliore investimento che il Paese può fare per garantire il loro diritto alla vita e applicare gli accordi di pace” che nel 1996 misero fine a 36 anni di guerra civile, costata oltre 200 mila vittime, in larga maggioranza nativi Maya. (R.M.)

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    24 Ore nel Mondo



    Prosegue la visita in Siria del premier iracheno, Al Maliki - Medio Oriente: attacco israeliano nella Striscia di Gaza. Tre vittime palestinesi

    ◊   Attesa negli Stati Uniti per l’apertura del processo nei confronti dell’unico ufficiale americano, imputato per le torture nel carcere iracheno di Abu Ghraib. A Baghdad, invece, ha preso il via la prima udienza contro i 15 gerarchi del deposto regime di Saddam, accusati di crimini contro l’umanità per la repressione della rivolta sciita nel 1991. Tra gli imputati, anche "Alì il chimico" già condannato alla pena di morte nel processo per la strage dei curdi alla fine degli anni ottanta nell’ambito dell’operazione “Anfal”. Sul terreno, tre marine sono rimasti uccisi per l’esplosione di un ordigno al passaggio del loro convoglio, in una località a sud di Baghdad. Sempre nella capitale irachena, due persone sono morte e altre 14 sono rimaste ferite per una deflagrazione che ha distrutto un minibus. Intanto, sul piano diplomatico prosegue la visita del premier Al Maliki, in Siria. Stamani, l’incontro con il presidente siriano, Bashar Al Assad. Una visita ritenuta importante da Baghdad, nonostante la forte opposizione statunitense, che accusa Damasco di soffiare sul vento dell’insurrezione irachena. Eugenio Bonanata ne ha parlato con il prof. Alessandro Colombo, docente di relazioni internazionali alla Statale di Milano:


    R. – Questi agenti insistono su una politica di esclusione degli attori che ritengono pericolosi. Quindi, la Siria e l’Iran, su un versante, ed Hezbollah e Hamas, sull’altro. Una serie di altri protagonisti, nel caso specifico il governo iracheno, ritengono al contrario che questi soggetti debbano essere a tutti i costi coinvolti perchè si giunga a qualche forma di stabilizzazione. Non credo che questo conflitto possa essere risolto presto, perchè quasi tutti gli attori della regione concordano sulla posizione irachena, cioè sulla necessità di coinvolgere in qualche modo anche Damasco e Teheran.

    D. – Un coinvolgimento che può essere importante sia per la questione dei profughi, ma anche per ragioni economiche …

     
    R. – Sì, può essere importante sotto tanti profili. Innanzitutto, c’è questa questione che non viene sottolineata a sufficienza e cioè il numero esorbitante di profughi che dall’Iraq si spostano nei Paesi limitrofi. E poi, sotto il profilo politico-strategico, perchè Siria e Iran - vista l’apertura di Baghdad su tutti e due i fronti - forse possono contribuire anche a chiudere i cordoni della borsa di certi gruppi di insurrezione, o comunque possono aumentare il grado di legittimazione del governo iracheno, che oggi è bassissimo. Insomma, la politica degli Stati Uniti in Iraq si rivela fallimentare e, a questo punto, Washington deve probabilmente cedere su certe posizioni perché la loro politica di esclusione, che viene perseguita da tre o quattro anni, non ha funzionato.

    - Tensione in Medio Oriente: l’aviazione israeliana ha sferrato un attacco nel sud della Striscia di Gaza provocando, secondo fonti mediche, tre vittime palestinesi. Secondo una prima ricostruzione, un razzo ha colpito un mezzo guidato da esponenti di Hamas in un villaggio vicino alla città di Khan Yunis. A pochi mesi dalla sua elezione, il presidente israeliano Shimon Peres ha avviato una serie di incontri con esponenti dell’Autorità Nazionale Palestinese. In forma riservata, ha visto, con l'assenso del primo ministro Ehud Olmert, il premier palestinese Salam Fayad ed è in programma un prossimo colloquio con il presidente Abu Mazen.

    - Saranno presto evacuati i circa 100 familiari dei membri del gruppo integralista Fatah al-Islam, impegnato dal 20 maggio scorso in scontri con l'esercito libanese nel campo profughi di Nahar El Bared, nel nord del Libano. A riferirlo il portavoce del Consiglio degli ulema, da settimane impegnato nelle mediazioni tra autorità di Beirut ed i vertici del gruppo ispirato ad Al-Qaeda. Intanto, nell’area, continuano gli scontri e ieri un soldato libanese è morto. Con questo ultimo decesso, sale a 141 il numero dei militari uccisi dall’inizio dei combattimenti. Ancora sconosciuta, invece, la stima delle vittime tra i miliziani.

    - Non sono gravi le condizioni di tre militari italiani rimasti feriti nell’atterraggio d’emergenza del loro elicottero, avvenuto a 12 km da Kabul, in Afghanistan. Per motivi tecnici ancora da chiarire, il velivolo è stato costretto a scendere di quota e al momento dell’impatto con il suolo si è rovesciato su un fianco. I tre feriti sono ricoverati presso l'ospedale francese del Regional Capital Command a Kabul, gli altri quattro passeggeri sono sottoposti ad accertamenti ma le loro condizioni di salute sono buone.

    - Continua a crescere il bilancio delle vittime del tifone Sepat che, nei giorni scorsi, ha colpito le coste sud-orientali della Cina. Si contano 29 i morti e 14 dispersi. Particolarmente devastata la provincia del Jiangxi, i danni ammontano a 134 milioni di yuan. Il tifone, il nono dall’inizio dell’anno ed il più forte d’intensità, si sta ora spostando verso nord-ovest.

    - Circa 2000 soldati sudanesi hanno attaccato il campo profughi di Kalma, in Darfur, nel tentativo di stanare ribelli responsabili di alcuni attentati alla polizia. Lo rendono noto fonti militari. Ieri, a Khartoum, è stato sventato un piano di attacchi contro diverse sedi diplomatiche occidentali. Due persone sono state arrestate, mentre proseguono le ricerche per catturare il resto di quella che il governo del Paese africano ha definito una “cellula estremista”.

    - Bisognerà attendere ancora per conoscere il nuovo presidente della Sierra Leone. Nelle elezioni dello scorso 11 agosto, infatti, nessuno dei candidati ha raggiunto la maggioranza assoluta. A contendersi la carica saranno Ernest Koroma che ha ottenuto il 44% dei voti ed il vice-presidente uscente Solomon Berewa che ha raggiunto il 38% delle preferenze. La Commissione elettorale, nello spoglio dei voti per le elezioni legislative svoltesi in concomitanza con quelle presidenziali, ha reso noto l’assegnazione di solo 35 seggi di cui 21 andati al Partito del popolo della Sierra Leone, la formazione politica di Berewa.

    - Un appello per lo svolgimento di elezioni libere e trasparenti è arrivato ieri dal re del Marocco, Mohamed VI. In un messaggio televisivo, giunto alla vigilia dell’apertura della campagna elettorale, il sovrano ha definito le consultazioni del prossimo 7 settembre come “un salto qualitativo nella dinamica democratica del Paese”. Le elezioni per il rinnovo della camera bassa del Parlamento sono le seconde dall’ascesa al trono di Mohamed VI, avvenuta nel 1999. Per gli analisti, è favorito nella corsa il Partito della Giustizia e lo Sviluppo, formazione di ispirazione islamica.

    - A distanza di un anno, torneranno ad incontrarsi il leader greco-cipriota Tassos Papadopoulos e quello turco-cipriota Mehmet Ali Talat. Sul tavolo di discussione la questione della riunificazione di Cipro, che è al momento in una fase di stallo. Fonti delle Nazioni Unite hanno reso noto che il colloquio tra i due avverrà il 5 settembre presso la residenza ufficiale dell'inviato speciale dell’ONU sull'isola.

    -Il presidente venezuelano, Hugo Chavez, ieri sera, ha chiesto al suo omologo colombiano Alvaro Uribe e al leader storico delle Forze Armate Rivoluzionare della Colombia (FARC) la liberazione dei 45 ostaggi tenuti prigionieri dai guerriglieri. Il rilascio di 500 guerriglieri e la smilitarizzazione di due municipi nel sud del Paese sono le condizioni poste delle FARC per il rilascio dei prigionieri. Nel pomeriggio di ieri, un gruppo di familiari era arrivato a Caracas per incontrare il presidente venezuelano e cercare una soluzione. Della delegazione faceva parte anche la madre della ex candidata presidenziale, Ingrid Betancourt, prigioniera da oltre 2000 giorni.

    - Castrazione chimica per i pedofili in ospedali specializzati e nessuno sconto di pena: è il piano proposto dal presidente francese, Nicolas Sarkozy, per combattere i crimini sessuali nel Paese. L’ultimo caso è avvenuto la scorsa settimana a Roubaix, dove si è consumato il rapimento e la violenza ai danni di un bambino di 5 anni da parte di un pedofilo uscito di prigione appena un mese fa. L’uomo era stato condannato nel 1989 per aggressioni sessuali nei confronti di minori. Intanto, ieri il presidente francese ha prima incontrato il padre del bambino e poi ha riunito i ministri di Giustizia, di Sanità e dell’Interno. Tra i temi in discussione: le nuove misure di lotta contro la pedofilia in particolare l’apertura di ospedali nei quali effettuare la castrazione chimica. Il primo nosocomio dovrebbe nascere a Lione entro il 2009.

    - Nuovi risvolti nell’inchiesta australiana sui falliti attentati in Gran Bretagna del giugno scorso. Il medico indiano Mohammed Haneef, incriminato per terrorismo e poi scagionato, ha vinto l’appello presso la Corte federale australiana per riavere il visto lavorativo che gli era stato tolto. Il ministro dell’Immigrazione ha, però, già preannunciato che farà ricorso. Haneef era stato arrestato il 2 luglio scorso all'aeroporto di Brisbane, mentre stava per partire per l'India. Gli inquirenti lo avevano bloccato, perchè la sua scheda telefonica era stata trovata tra le cose sequestrate ad un cugino. L'uomo era alla guida dell’auto che si è schiantata allo scalo di Glasgow. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli e Beatrice Bossi)

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 233

     

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