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SOMMARIO del 20/08/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • L'aiuto del Papa per le popolazioni peruviane colpite dal terremoto
  • Benedetto XVI ci invita a vivere in comunione con i cristiani che soffrono per testimoniare la verità: la riflessione del prof. Baggio sulle parole del Papa, ieri all’Angelus
  • Il cardinale Bertone sulla svolta di Amnesty, che ha inserito tra i diritti umani l'aborto in caso di stupro: "Bisogna salvare la vita anche se è frutto di una violenza"
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Olimpia Tarzia su Amnesty e l'aborto: non si può aggiungere un crimine ad un altro crimine
  • I cattolici dello Sri Lanka pregano per padre Jimbrown e il suo assistente scomparsi un anno fa. Ai nostri microfoni, le speranze del nunzio, mons. Mario Zenari
  • Il futuro dell’Unione Europea in primo piano al Meeting di Rimini, con l’intervento del presidente del Parlamento di Strasburgo, Poettering
  • Chiesa e Società

  • L’uragano Dean si abbatte sulla Giamaica e si sposta verso il Messico: finora, ha causato almeno 9 morti
  • Puntare sul dialogo per pacificare il sud delle Filippine: è quanto chiedono i leader cattolici del Paese al governo di Manila
  • In Egitto, giovane convertito al cristianesimo rischia la morte
  • Uno spazio dove mettere in pratica "i valori della sincerità, del coraggio e della lealtà nell’edificazione della pace": così i vescovi colombiani presentando la Settimana della Pace per il Paese
  • In Europa sono sempre più diffusi l'antisemitismo e l'intolleranza: è quanto emerge da un rapporto della ONG "Human Rights First"
  • 24 Ore nel Mondo

  • Attesa in Turchia per l'elezione del capo dello Stato - Iraq: diplomazia al lavoro per la sicurezza del Paese. Il premier al Maliki a Damasco
  • Il Papa e la Santa Sede



    L'aiuto del Papa per le popolazioni peruviane colpite dal terremoto

    ◊   In Perù, dopo il devastante terremoto che ha colpito il Paese il 15 agosto scorso, si teme l’esplosione di epidemie. I soccorritori lottano contro il tempo per cercare persone ancora in vita. Finora sono circa 540 i morti accertati. Migliaia gli sfollati che hanno bisogno di aiuti immediati. Il Papa, ieri all’Angelus, ha assicurato la solidarietà spirituale e materiale della Chiesa al popolo peruviano. E per i soccorsi urgenti ha inviato, tramite il Pontificio Consiglio “COR UNUM”, un contributo di 200 mila dollari. Il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, partirà alla volta del Perù la prossima settimana, per un viaggio da tempo programmato, per portare l’espressione della vicinanza spirituale del Papa alle popolazioni terremotate. Ma sulla situazione in Perù ascoltiamo la testimonianza di don Guillermo Colautti, rettore del Seminario “Redemptoris Mater” a La Punta di Callao. L'intervista è di Paolo Ondarza:


    R. – Rimane l’apprensione per la situazione che stanno vivendo le popolazioni di queste città: oltre alle vittime del terremoto, vi sono poi tutte quelle che sono le conseguenze della mancata organizzazione per intervenire con immediatezza. Si è scoperta un grandissimo vuoto nell’organizzazione. L’esercito ha ripristinato le strade e sta garantendo anche la sicurezza, perché un altro degli aspetti purtroppo negativi è che in queste situazioni ci sono sempre delle persone poco scrupolose che se ne approfittano. I primi aiuti umanitari sono in arrivo proprio in questi momenti ...

     
    D. – Tra l’altro, ci giungono notizie della disperazione della gente che prende d’assalto i camion che portano aiuti: evidentemente, la fame ed anche la sete incominciano a farsi sentire ...

     
    R. – Sì. Ma sembra che presto la situazione possa normalizzarsi e che le forze dell’ordine riescano a tenere sotto controllo la situazione e gestire un pochino questa distribuzione e tutti gli aiuti che stanno arrivando.

     
    D. – Chi sono le persone colpite? Una popolazione già povera che giace adesso in condizioni di ulteriore prova...

     
    R. – Nella città di Pisco, 50 mila abitanti circa ... sì, effettivamente la gente viveva in condizioni di povertà, soprattutto le case erano costruite con quello che qua chiamano “la tinta”, cioè praticamente fango e canne, per cui l’80 per cento delle case sono andate distrutte ...

     
    D. – Le scosse stanno continuando a susseguirsi ...

     
    R. – Quelle che si percepiscono come più forti, capitano almeno un paio di volte al giorno, rinnovano un po’ la paura e mettono apprensione nelle popolazioni, anche se veniamo rassicurati che non ci saranno scosse forti come quella che è avvenuta ...

     
    D. – E ha potuto constatare manifestazioni di solidarietà tra la gente?

     
    R. – Sì, sì: davvero tantissime. Speriamo che questa volta si possa vedere una continuità negli aiuti, quindi non soltanto per quella che è l’immediatezza dei bisogni di queste persone, ma in ordine anche ad un contributo che possa aiutare anche un po’ tutto il Paese ad essere pronto in futuro ed in condizioni di affrontare situazioni come questa.

     
    D. – C’è un appello o una preghiera particolare che vuole condividere con noi?

     
    R. – Continuare ad essere vicini a questa gente nella misura del possibile, attraverso questi aiuti, perché i familiari delle vittime possano non perdere la speranza e vivere nella fede sapendo che il Cielo è aperto e che anche dal frutto di tutta questa esperienza, Dio ne saprà trarre cose buone.
     
    E sulle parole del Papa all’Angelus, ascoltiamo l’ambasciatore del Perù presso la Santa Sede, Alfonso Rivero, al microfono di Alberto Goroni:

     
    R. – El mensaje de Su Santidad…
    Il messaggio del Papa ha commosso profondamente l’animo religioso del popolo peruviano. Abbiamo sentito nelle parole del Santo Padre la comprensione per la tragedia che vive il Paese. Il Papa ci accompagna in tutti i momenti con le sue preghiere. Per noi è motivo di conforto in questo tragico momento. E’ anche molto importante l’annuncio che il viaggio già programmato dal segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, porterà ai peruviani la testimonianza dei sentimenti del Santo Padre ed anche un aiuto concreto della Santa Sede. Bisogna ricordare che molte vittime del terremoto si trovavano nelle chiese per festeggiare la Solennità dell’Assunta. Molte chiese sono crollate. Adesso possiamo pensare anche ad un aiuto che ci porti a ricostruire le nostre chiese. E’ commovente sapere che in mezzo alle macerie delle chiese si è sempre trovata intatta l’immagine del Signore crocifisso. Questo c’impressiona molto e richiama i più intimi sentimenti del nostro cuore.

      

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    Benedetto XVI ci invita a vivere in comunione con i cristiani che soffrono per testimoniare la verità: la riflessione del prof. Baggio sulle parole del Papa, ieri all’Angelus

    ◊   Quanti “intendono seguire Gesù e impegnarsi senza compromessi per la verità devono sapere che incontreranno opposizioni e diventeranno, loro malgrado, segno di divisione tra le persone”. All’Angelus di ieri, Benedetto XVI ha messo l’accento sulle asperità che la testimonianza del Vangelo comporta per ogni cristiano. Ed ha esortato i fedeli ad impegnarsi quotidianamente “a vincere il male con il bene”, anche “pagando di persona il prezzo che questo comporta”. Per una riflessione su queste parole del Pontefice, Alessandro Gisotti ha intervistato il prof. Antonio Maria Baggio, docente di Etica sociale alla Pontificia Università Gregoriana:


    R. - Il male ha le sue logiche e ha la sua consistenza, per cui anche senza volerlo cercare, soltanto proponendosi di vivere il bene, si entra in contrasto col male. E non che il male abbia una qualche necessità o utilità per produrre il bene, questo assolutamente no, però a volte è inevitabile, nel senso che non si riesce ad impedire che altri lo facciano. E allora sono molti i luoghi nella terra dove i cristiani sono perseguitati per queste loro scelte verso il bene o semplicemente gli uomini di buona volontà vedono negati i loro diritti. Quello che il Papa mi sembra inviti a fare è cercare di avere una comunione profonda, in particolare con questi luoghi dove ci sono sofferenze acute, perché questo ci fa anche misurare meglio le nostre, dei Paesi dove ci sono maggiori comodità.

     
    D. - Il Papa ancora una volta ci invita a non essere tiepidi nella testimonianza del Vangelo, come ci invita a dare ragione della nostra speranza. Come contemperare, dunque, le esigenze della verità con quelle della carità?

     
    R. - Credo non si debba demonizzare l’altro, perché tutti siamo potenzialmente capaci di male. Bisogna sapersi perdonare avere misericordia verso se stessi e verso gli altri.

     
    D. - Per essere fedeli a Dio, a Cristo, ha avvertito il Papa, dobbiamo necessariamente affrontare incomprensioni, perfino persecuzioni: qualcosa che può spaventarci, ma in fondo, come il Papa ha ricordato nella Messa dell’Assunta, è la storia della Chiesa dalle origini alla fine dei tempi…

     
    R. - Sì, è vero. Abbiamo distinto tra Paesi in cui ci sono grandi difficoltà e persecuzioni esplicite e Paesi invece in cui la vita cristiana sembra potersi condurre in maniera più semplice e più facile. Ma forse sembra più facile perché non andiamo fino in fondo, con la coerenza che il cristianesimo invece esigerebbe. Pensiamo a cosa significhi essere onesti fino in fondo nei nostri Paesi: non approfittare delle situazioni, di potere essere coerenti sia nella morale sessuale che in quella della giustizia. Allora c’è la possibilità di andare contro corrente e, dunque, di esporsi a incomprensioni e persecuzioni anche nelle nostre civilissime società occidentali, che in maniera subdola spingono a fare un male che non è eclatante, non è magari molto visibile, ma è ben reale, esattamente come quello che si vede da lontano.

     
    D. - Si può dire che questa chiarezza di Benedetto XVI porta anche a quella divisione che la verità esige?

     
    R. - Sì, porta una divisione, perché la verità fa riconoscere il vero che poi deve diventare anche una cosa buona. La verità mi indica un bene che poi io devo scegliere, devo privilegiare, rispetto ad altri beni minori o al male. Credo che si possa ricavare da tutto questo insieme di considerazioni però anche l’altra faccia della medaglia: è vero che la verità divide, è vero che c’è la spada, che c’è la divisione, ma tutto questo, paradossalmente, crea nuove comunità. Dobbiamo essere capaci di metterci insieme tra coloro che vogliono il bene, perché da soli è difficile resistere alla persecuzione, all’incomprensione, alla calunnia. Se invece noi cerchiamo coloro che proprio per aver fatto scelte verso il bene vengono emarginati dagli altri, possiamo costruire nuove comunità.

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    Il cardinale Bertone sulla svolta di Amnesty, che ha inserito tra i diritti umani l'aborto in caso di stupro: "Bisogna salvare la vita anche se è frutto di una violenza"

    ◊   “Bisogna salvare la vita anche se è frutto di violenza”: così ha detto il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, in una intervista rilasciata in esclusiva alla nostra emittente, a margine del Meeting di Rimini, commentando la svolta di Amnesty International che ha inserito tra i diritti umani l’aborto in caso di stupro. Il porporato ha affrontato questo e altri temi, come la verità, argomento al centro del meeting, l'azione di satana nel mondo e l'immagine della Chiesa, a volte deformata dai mass media. L'intervista è stata realizzata da Luca Collodi:


    D. – Cardinale Bertone, è la prima volta che, come Segretario di Stato, inaugura il Meeting di Rimini, ma non è la prima volta che lei partecipa al Meeting...

     
    R. – Sì, conoscevo il Meeting, lo conoscevo anche da vicino. Sono venuto due volte a partecipare ai dibattiti, una volta anche ad un dibattito importante su Pio XII. Ho sempre visto il popolo del Meeting numeroso, attento, curioso, come dicevo nell’omelia, curioso di sapere, di sapere di più e di confrontarsi. Questa è la caratteristica soprattutto delle migliaia e migliaia di giovani che frequentano ogni anno il Meeting. Quest’anno sono venuto come segretario di Stato. Non sono stato invitato come Tarcisio Bertone, ma in quanto segretario di Stato. D’accordo con il Santo Padre, naturalmente, con un mandato del Santo Padre, sono venuto volentieri, anche perchè sappiamo bene quanto il Santo Padre Benedetto XVI, il cardinale Ratzinger, abbia seguito da vicino il Meeting. Ha mandato dei messaggi molto belli, il messaggio famoso sulla bellezza, la pace e la verità. Quindi, ho portato il suo saluto, la sua vicinanza e il suo augurio per il tema di quest’anno, che è un tema molto forte, un tema vincente, un tema che è nel dna della natura dell’uomo: la ricerca della verità.

     
    D. – Come confrontarsi proprio nel ricercare la verità? Penso ad esempio a uomini di fedi diverse...

     
    R. – Intanto, ho citato anche nell’omelia un’espressione molto bella di Giovanni Paolo II nell’enciclica “Fede e ragione”, dove ha definito l’uomo “colui che cerca la verità”. E Sant’Agostino pone quella famosa domanda: “Che cosa cerca più ardentemente l’uomo, se non la verità?” E’ nella natura e nella vocazione profonda dell’uomo, di ogni uomo, di qualunque fede, di qualunque razza, di qualunque estrazione piccola o grande, intellettuale o uomo popolare o contadino, è nella sua natura la ricerca di una verità che lo arricchisca sempre di più e che lo porti alle soglie dell’assoluto. Quindi, la ricerca non di una verità parziale, fattuale, nemmeno solo di una verità scientifica. I grandi scienziati hanno superato se stessi, i risultati delle loro grandi ricerche, e si sono aperti all’infinito. Tanti grandi scienziati. Allora, il confronto è proprio su questa assolutezza della verità, sul mettere insieme verità parziali che formino un mosaico sulla visione dell’uomo, sulla visione della società e sulla visione del trascendente, dell’al di là. Quindi, è possibile confrontarsi nella ricerca della verità e arrivare ad un assoluto. Ho letto in questi giorni – faccio una piccola digressione – il diario di Celine, la sorella di Santa Teresina di Gesù Bambino, che nel suo diario esalta la piccola via dell’infanzia di Santa Teresina di Gesù Bambino. Celine ha trovato delle espressioni, delle intuizioni di grandi filosofi cinesi di 3000 anni fa, che giungono al medesimo risultato, che esaltano la piccola via dell’infanzia, che dicono che l’uomo più grande è quello che ha un cuore di fanciullo. Allora, c’è una convergenza verso una verità comune, condivisa, anche provenendo da estrazioni, da fedi, da esperienze, da civiltà molto diverse.

     
    D. – Prima il Papa all’Angelus durante la festa della Madonna dell’Assunta, poi lei nell’omelia della Messa d’apertura del Meeting, toccate il tema della lotta tra il bene e il male. Secondo lei, l’uomo di oggi, la Chiesa, sono sotto attacco di Satana?

     
    R. – Il Maligno, colui che è chiamato Satana, che “seduce tutta la Terra abitata”, dice la Sacra Scrittura, è all’opera incessantemente, purtroppo. L’uomo è sotto attacco e deve difendersi. Sa che se vuole non soccombe all’attacco del Maligno, che la vittoria viene da colui che è “il Vittorioso”, il “Risorto”. Abbiamo fatto il paragone tra Geremia buttato nella cisterna e Gesù apparentemente sconfitto nel buio della tomba, ma che è risorto vittorioso e che quindi ha vinto. Siamo sotto questo attacco continuo. Non si può pensare che cessi in un momento della storia dell’umanità, fino alla fine dei tempi, questo attacco del Maligno. E Gesù e la Madonna, l’Immacolata, sono il segno di questa lotta, ma di questa vittoria possibile a tutti.

     
    D. – In questo periodo storico si può dire che l’attacco del Maligno sia più forte?

     
    R. – Certamente ci sono segni molto visibili, diffusi di questo attacco. Pensiamo alla violenza che è così diffusa e che scoppia quasi improvvisamente e scoppia magari in quelli che dovrebbero essere i santuari dell’amore: dentro la famiglia stessa, dentro i forum della condivisione, della riconciliazione, dell’amicizia; la violenza che esplode da parte delle religioni. Le religioni sono costitutivamente create per la pace, perché guardano verso il medesimo Dio di tutti. Questi sono segni di attacchi furiosi del Maligno in questo nostro tempo, cui dobbiamo contrapporre una fede forte, la fede di colui che segue Cristo, autore e perfezionatore della fede, come ci ha detto la Lettera agli Ebrei nella XX domenica dell’anno.

     
    D. – Qualuno vorrebbe ridurre la Chiesa ad un’Organizzazione non Governativa...

     
    R. – E’ assurdo. Basta vedere la storia della Chiesa, l’identità originale della Chiesa, lo spessore istituzionale della Chiesa come soggetto di diritto internazionale e basta vedere gli studi anche dei grandi internazionalisti. Ricordo uno studio molto bello di Balladore Pallieri, un grande professore dell’Università Cattolica di Milano, degli anni ’50. La Chiesa ha una consistenza giuridica tale che non può essere declassata ad una semplice organizzazione non governativa.

     
    D. – Amnesty International, dall’altra parte, apre all’aborto come diritto umano per quelle donne che abbiano subito uno stupro ...

     
    R. – Abbiamo sentito ripresentare in questi giorni questa posizione e abbiamo già ascoltato il netto rifiuto da parte di uomini e donne di Chiesa e da parte anche di altri pensatori. Non si può aggiungere ad omicidi altri omicidi, l’uccisione di altre persone. Anche se sono persone all’inizio del cammino della vita, sono persone, sono soggetti umani, con tutta la loro dignità di esseri umani. Bisogna certamente lottare contro la violenza sulle donne, contro questa forma disumana di violenza che è lo stupro e lottare tutti, e difendere la dignità delle donne, di qualsiasi donna. Ricordo le grandi encicliche, i grandi messaggi, i documenti della Chiesa sulla dignità della donna. Vorrei citare un bel documento che è passato sotto silenzio, il documento della Congregazione per la Dottrina della fede, firmato dal cardinale Ratzinger e dal sottoscritto: “La collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nella società”. Bisogna salvare la vita, anche se è frutto di una violenza. Non si può eliminare la vita come tale, anche se è frutto di una violenza.

     
    D. – La Chiesa fa del bene, lo abbiamo appena detto. Molti missionari lo testimoniano anche con il sacrificio della vita. Ma se noi sfogliamo qualsiasi giornale, italiano ed europeo, abbiamo un’immagine dubbia della Chiesa, spesso legata a fatti di cronaca. Sono i giornalisti che non capiscono la Chiesa o che altro?

     
    R. – Certamente, questo è un modo falsificante di presentare la Chiesa, come se si presentasse un frammento oscurato nella grande Cappella Sistina restaurata, che è uno splendore e che ha riacquistato i colori originali di Michelangelo, specialmente il grande affresco del Giudizio Universale. Ci sono dei ritagli di affresco che hanno mantenuto il colore rovinato, viziato dalle candele di secoli, dalle celebrazioni. Quindi, ci sono dei ritagli, dei rettangoli oscuri. Se uno puntasse la telecamera per riprendere la Cappella Sistina su questo angolo oscuro e non lo puntasse sullo splendore della Cappella Sistina, sarebbe una falsificazione. Anche quella è Cappella Sistina, certamente, ma non è il grande capolavoro. La Chiesa è un grande capolavoro di Dio e degli uomini e delle donne di Chiesa, dei giovani, di milioni di uomini e donne di Chiesa, nel passato della sua storia gloriosa e nell’attualità di un volume immenso di bene che la Chiesa produce in ogni parte del mondo. Ed io devo dire che nella esperienza che ho come segretario di Stato, ricevo presidenti, capi di governo di tutti gli Stati, anche non a maggioranza cristiana, Stati musulmani che riconoscono il bene che fa la Chiesa, il volume di carità sociale che svolge la Chiesa in ogni nazione. Allora, dico che questo modo di presentare la Chiesa, di chiunque sia, o qualunque sia l’intenzione o la colpa, è un modo mistificatore, non presenta la vera Chiesa, la vera Chiesa cattolica, la vera Chiesa di Cristo.

     
    D. – Secondo lei questo comportamento è casuale o forse c’è un disegno preciso ?

     
    R. – In qualche momento sembra ci sia un disegno, perché ad esempio, mentre ero negli Stati Uniti, mi hanno informato che per una settimana sui giornali italiani è comparso un istituto educativo, che ha una grande tradizione, per un fatto che è tutto da accertare, che è in mano alla magistratura, e appariva come un istituto dove si commettono chissà quali nefandezze. Questa è una falsificazione. Per una settimana, sui giornali o al telegiornale, vedere sempre la facciata di questo istituto è veramente vergognoso e mistificante. E’ da condannare assolutamente.

     
    D. – Tra qualche giorno si recherà in Perù, colpito da un fortissimo terremoto. Porterà la testimonianza del Papa e l’aiuto concreto della Santa Sede?

     
    R. – Esatto. Avevo già previsto e programmato questo viaggio per incontrare il popolo cattolico peruviano, la Conferenza episcopale, le autorità politiche e civili, per inaugurare il Congresso eucaristico nazionale e concludere con la solennità di Santa Rosa da Lima, proprio il 30 agosto. Adesso andrò, naturalmente modificando il programma, a portare la vicinanza spirituale, la solidarietà e la carità del Papa e della Chiesa per queste popolazioni colpite e andrò a portare anche il senso di amicizia tra due popoli, il popolo italiano e il popolo peruviano. Ma è importante che, come ha detto il Papa, nel telegramma subito inviato, tutte le istituzioni internazionali, le Chiese locali si siano mobilitate per venire incontro a queste popolazioni colpite per la ricostruzione e per dare a questo bel Paese, storico Paese, Paese dell’America Latina, dei segnali di solidarietà e di sostegno.

     
    D. – Eminenza, un anno fa la guerra in Libano: resta per la Chiesa la preoccupazione per i cristiani di Terra Santa?

     
    R. – Una delle preoccupazioni brucianti della Chiesa, del Santo Padre, quest’anno e adesso, è proprio il problema delle comunità cristiane del Medio Oriente. Il problema del Libano è un problema centrale, ma pensiamo anche al problema della Terra Santa come tale, in Israele e nella Striscia di Gaza tra i palestinesi. Pensiamo anche alla situazione dei cristiani in Iraq, alle minacce che subiscono i cristiani. Dobbiamo tutti impegnarci perché sia data a tutti una patria sicura e un luogo sicuro di convivenza, di sussistenza, un luogo dove si possa vivere nell’amicizia e nella condivisione, come si è fatto per secoli e secoli, per esempio in Iraq.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano: All'Angelus recitato a Castel Gandolfo Benedetto XVI rivolge il suo pensiero e la sua preghiera alle popolazioni del Perù colpite dal devastante terremoto.

    Servizio estero - Ancora panico nel Sud del Perù per un'altra forte scossa di terremoto; giungono a Pisco gli aiuti internazionali.

    Servizio culturale - Un articolo di Stefania Zuliani dal titolo: "Inquietudini , interrogativi, tensioni irrisolte e una assoluta necessità di reinterpretare lo spazio: Omaggio ad Emilio Vedova alla Torre Massimiliana dell'isola di Sant'Erasmo e nei Giardini della Biennale di Venezia".

    Servizio italiano - In primo piano l'economia e la "crisi dei mutui".

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    Oggi in Primo Piano



    Olimpia Tarzia su Amnesty e l'aborto: non si può aggiungere un crimine ad un altro crimine

    ◊   “Siamo in presenza di una strategia di fondo contro la vita, bisogna smascherare le posizioni ideologiche di chi considera l’aborto una soluzione”. Così Olimpia Tarzia, vicepresidente nazionale della Conferenza Italiana dei consultori familiari commenta la decisione di Amnesty International di considerare un diritto umano l’aborto in caso di stupro. L’intervista è di Massimiliano Menichetti:


    R. – E’ una decisione gravissima, c’è un diritto alla vita che va messo al primo posto. Ma anche tutelare la donna, perché il problema di fondo è che il diritto all’aborto non esiste; esiste il diritto alla vita di un nuovo essere umano, esiste il diritto della donna ad essere tutelata dall’aborto, ad essere protetta, ad evitarle l’aborto, perché il dramma vero dell’aborto riguarda non solo il bambino che ovviamente non nascerà, ma riguarda anche la donna. Chi oggi ancora, nonostante tutta la letteratura internazionale sulle conseguenze che l’aborto ha sulla donna a livello psichico, a livello di progetto di vita, chi le nega ancora o è in malafede, quindi ideologicamente guidato, oppure non conosce nulla dell’essenza della donna.

     
    D. – Amnesty sostiene di non essere per l’aborto come diritto, ma per i diritti umani delle donne: un po’ l’opposto di quello che sta dicendo lei ...

     
    R. – La situazione di uno stupro è sicuramente drammatica, è sicuramente per una donna sconvolgente, non va minimizzato, questo. Ma la soluzione a questo non può essere un ulteriore violenza. Perché l’aborto è un crimine, è un omicidio, perché si uccide una vita umana, ma è anche una violenza estrema nei confronti della donna. Non è mai una soluzione! Noi l’abbiamo visto anche nelle nostre realtà in Italia, nei Centri di aiuto alla vita: di fronte ad una violenza, le situazioni che si sono risolte con l’aborto non hanno fatto che aggravare la situazione della donna, diminuendo in lei ancora di più la stima di sé, il senso della vita, la speranza ... mentre nelle situazioni in cui si è riusciti ad accompagnarla – naturalmente, aiutandola in tutti i modi: psicologicamente, concretamente – a superare questo momento, facendole capire che comunque il bambino aveva diritto a nascere perché non aveva nessuna colpa, quando la mamma è riuscita a superare questo, quel bambino è stato motivo di vita, è stato motivo di speranza, è stato il motivo che l’ha aiutata a superare il trauma della violenza.

     
    D. – Per tutelare la donna, dunque, bisogna andare alla radice della violenza e lavorare sulla prevenzione...

     
    R. – Esattamente, perché si cerca la via più semplice! In fondo, dare alla donna la possibilità di abortire è anche un modo di deresponsabilizzarsi: come istituzioni, come governi ... ma è un modo per lasciare la donna sola e dire: “Risolviti il problema da sola”. Invece, qui il problema è a monte, è un problema di prevenzione alla violenza ... E naturalmente, è molto più impegnativo, molto più gravoso e che si cerca di evitare. Perché poi, tra l’altro, questo tipo di violenza resta lo stesso: non è che abortendo diminuiscono le possibilità di incesto o di violenza. Resteranno! E si aggiungerà un crimine ad un altro crimine. Quindi, questa non può assolutamente essere una soluzione. Io credo che noi dobbiamo porre una reazione forte; vanno smascherate le posizioni ideologiche di chi continua a considerare l’aborto una soluzione. Non conosce veramente la profonda alleanza della donna con la vita, il vissuto della donna nei confronti di una nuova vita che sta nascendo.

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    I cattolici dello Sri Lanka pregano per padre Jimbrown e il suo assistente scomparsi un anno fa. Ai nostri microfoni, le speranze del nunzio, mons. Mario Zenari

    ◊   Nello Sri Lanka, si è pregato oggi per il sacerdote cattolico Thiruchelvam Nihal Jimbrown e il suo assistente Wenceslaus Vimalathas, scomparsi un anno fa a Jaffna, mentre nel Paese infuriavano gli scontri tra forze di sicurezza e i separatisti delle Tigri Tamil (LTTE). Padre Jimbrown, 34 anni, e Vimalathas, padre di 5 figli, sono scomparsi il 20 agosto del 2006. L’ultima volta erano stati visti su una motocicletta al check point di Allaipiddy, zona sotto il controllo dell’esercito. Dopo un anno, non c’è ancora alcuna notizia sulla sorte del sacerdote e del suo assistente, ma la speranza resta viva, come sottolinea il nunzio apostolico nello Sri Lanka, Mario Zenari, raggiunto telefonicamente a Colombo da Christopher Altieri:


    R. - Non abbiamo nessun segno ancora concreto, nessuna testimonianza. Ho incontrato più volte il ministro per i Diritti Umani e parliamo sempre di questo caso, oltre che della situazione dei diritti umani. Devo dire che le autorità sono molto attente e mi hanno detto che la scomparsa di padre Jimbrown e del suo assistente è l’unico caso di scomparse che sarà esaminato dalla speciale commissione di inchiesta istituita dal presidente della Repubblica e assistita da un gruppo di esperti internazionali. La situazione è molto delicata per quanto riguarda i diritti umani. Anzi, è andata peggiorando: purtroppo il dialogo sembra in questi ultimi mesi aver lasciato spazio alle armi. Non c’è nessun segno finora di buona volontà da parte delle due parti a sedersi al tavolo delle trattative. Devo dire che non bisogna neanche del tutto disperare: leggevo in questi ultimi giorni sui giornali che sembrano finalmente pronte le cosiddette proposte di devoluzione del potere, che sono state elaborate da tutti i partiti, con qualche difficoltà e qualche eccezione, nei passati mesi, e questa potrebbe essere una base per la discussione. Chiamare al tavolo delle trattative i vari gruppi etnici, cercare una soluzione politica al conflitto, questa è finora l’unica base di speranza. Ci sono ancora delle difficoltà, qualche partito ha ancora qualche problema, ma si spera che possa essere un’alternativa a quello che, purtroppo, finora è solo il linguaggio delle armi.

     
    D. - La Chiesa nella società dello Sri Lanka ha un ruolo importante grazie all’eterogeneità della sua composizione?

     
    R. - E’ l’unica istituzione nell’isola che raggruppa fedeli delle due principali etnie: questo è anche molto apprezzato, sottolineato anche dalle autorità, perché è un’istituzione che può contribuire molto al dialogo e alla rappacificazione. Questo è il contributo che la Chiesa cattolica può dare. Il nunzio, come è suo dovere, cerca di viaggiare il più possibile; per fortuna non ha restrizioni anche in quei territori che di per sé sono inaccessibili magari ad altri, perché abbiamo dei fedeli: le autorità magari danno il permesso con certe norme prudenziali. Questo è il contributo che può dare la nunziatura visitando queste zone che sono state colpite sia dalla guerra che dallo tsunami. Quindi, fronteggiamo queste tristi realtà della violenza della natura e della violenza umana.

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    Il futuro dell’Unione Europea in primo piano al Meeting di Rimini, con l’intervento del presidente del Parlamento di Strasburgo, Poettering

    ◊   “La Costituzione europea è stata un ottimo esempio di collaborazione tra il Parlamento europeo ed i governi nazionali. Il recente Trattato che sarà sottoposto all'approvazione degli Stati ne riprende gli aspetti migliori”. Sono le parole del presidente del Parlamento europeo, Hans-Gert Poettering, che ieri ha aperto i lavori del Meeting di Rimini con una tavola rotonda sull'Identità europea. Sempre incentrato sul futuro del Trattato costituzionale europeo, il messaggio inviato al Meeting dal presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano. Da Rimini, il nostro inviato Luca Collodi:


    Per Poettering, in vista della auspicata approvazione del Trattato, serve "la compattezza psicologica e culturale dei 27 Paesi membri dell'Unione":

     
    "L'Europa deve molto all'Italia. Infatti non solo l'Italia è uno dei Paesi fondatori ma a tutt'oggi contribuisce con forza e convinzione al progresso dell'Unione verso una maggiore integrazione politica. Quell'integrazione politica per la quale Alcide De Gasperi - di cui oggi ricorre il 53.mo anniversario della morte - si è battuto con grande passione e lungimiranza".
     
    Incalzato dalle domande del giornalista John Waters, editorialista del quotidiano The Irish Times, sul tema dei valori comuni europei che per il rispetto al "politicamente corretto" rischiano di diventare "così generici da non significare più nulla per nessuno", Poettering torna sulla questione delle "radici cristiane", ricordando come la maggioranza del Parlamento europeo fosse contraria. "Alcuni contenuti del Trattato – ricorda - sono però espressione della Dottrina sociale della Chiesa". L'appello del presidente Poettering è quello di guardare all'Europa in modo positivo. "Le critiche sono legittime - ha detto - a volte giustificate, ma non bisogna dimenticare che il nostro Continente non ha mai vissuto un periodo di prosperità, pace e benessere come oggi. Da qui bisogna ripartire per migliorare l'Europa".

     
    In un messaggio di auguri al “popolo” del Meeting del presidente della Repubblica italiana, definito un'occasione consolidata per rispondere alle domande e alle attese dei cittadini più giovani, anche Giorgio Napolitano torna a parlare di Europa. Per il capo dello Stato c'è il rischio che "la complessità dei negoziati e la rinuncia a significative ambizioni del Trattato costituzionale sottoscritto nel 2004 facciano regredire il processo d'integrazione ad una semplice rete di cooperazione intergovernativa". (Da Rimini, Luca Collodi, Radio Vaticana)

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    Chiesa e Società



    L’uragano Dean si abbatte sulla Giamaica e si sposta verso il Messico: finora, ha causato almeno 9 morti

    ◊   La scorsa notte l’uragano Dean ha colpito duramente la Giamaica e ora si sta spostando verso il Messico con una potenza sempre maggiore. Con venti alla velocità di 230 chilometri orari, l’uragano Dean si è abbattuto nella notte sul sud della Giamaica, sradicando alberi, allagando case e scoperchiando tetti. A Kingston, la capitale, l’acqua è arrivata all’altezza di mezzo metro. Dean, che ha flagellato nei giorni scorsi anche Haiti, la Repubblica Domenicana e alcune isole caraibiche, ha sinora causato almeno 9 morti e danni stimabili fino a 3 miliardi di dollari. L’occhio del ciclone, passato ieri a soli 80 chilometri a sud-est di Kingston, si sta spostando verso ovest e l’uragano potrebbe raggiungere la massima categoria di pericolosità. Il primo ministro giamaicano ha proclamato lo stato di emergenza per un mese. L’allarme, intanto, si sposta in Messico, dove le autorità hanno ordinato l’evacuazione di 90 mila turisti e dichiarato lo stato di emergenza in 106 località della penisola dello Yucatan. Nel timore che mercoledì l’uragano possa raggiungere il Texas, sede del centro di controllo della NASA, è stato inoltre anticipato a domani l’atterraggio della navicella spaziale Endeavour. (V.F. )

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    Puntare sul dialogo per pacificare il sud delle Filippine: è quanto chiedono i leader cattolici del Paese al governo di Manila

    ◊   L’Associazione dei Superiori delle congregazioni religiose, gruppo che riunisce tutti gli ordini del Paese, maschili e femminili, hanno condannato gli ultimi scontri avvenuti nel sud del Paese fra soldati dell’esercito regolare ed alcuni presunti membri del gruppo terrorista Abu Sayyaf, legato ad Al Qaeda. Si stima che, a causa delle violenze, oltre 80 mila famiglie stiano cercando di fuggire dalla zona. I leader cattolici delle Filippine puntano il dito contro le operazioni condotte dalle truppe governative per contrastare presunti gruppi di fondamentalisti. L’esecutivo di Manila – denuncia l’Associazione cattolica - “applica la mentalità dell’occhio per occhio e dente per dente, provocando morti insensate e danni irreparabili alla zona”. I rastrellamenti dei soldati e gli scontri a fuoco “avvengono senza alcun controllo preventivo, sulla base di semplici indicazioni e rancori personali”. I leader cattolici – riferisce l’Agenzia AsiaNews – chiedono inoltre di “cambiare rotta, dando la precedenza al dialogo, unica strada verso un vero negoziato di pace. Il vescovo di Basilian, mons. Martin Jumoad, si è unito all’appello dell’Associazione: “Mi sento frustrato – ha detto il presule - perché lavoriamo per la pace ma vediamo solo violenza. Sono molto triste per questi crimini, che distruggono la nostra società. L’unica vera risposta – ha concluso - è quella di educare la popolazione alla pace”. Gli scontri tra ribelli e militari, negli ultimi tempi, si sono intensificati: nella zona di Basilan, almeno 15 militari sono rimasti uccisi lo scorso fine settimana. (A.L.)

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    In Egitto, giovane convertito al cristianesimo rischia la morte

    ◊   Mohamed Hegazi è egiziano e ha 25 anni. Da quando ne aveva 16 si è convertito al cristianesimo. Ora lui e sua moglie, anche lei convertita, desiderano ufficializzare la loro fede sulla carta di identità perché loro figlio in arrivo nasca cristiano. Ma una fatwa, ovvero un responso giuridico su una questione dottrinale, pronunciata dall’Università Islamica di Al Alzahr, lo condanna a morte. “Chi rinuncia all’Islam – ha dichiarato all’ANSA il rettore della facoltà di ricerche islamiche dell’Università, Soad Saleh – è un’apostata e merita di essere ucciso, tanto più se se ne vanta e si felicita di aver lasciato l’Islam”. Dalla prima pagina del Corriere della Sera Magdi Allam, vice direttore della testata, lancia un forte appello all’Italia perché si mobiliti per salvarlo. “La logica è la seguente – scrive il giornalista – se ti converti e ti nascondi nelle catacombe potresti aver salva la vita, ma se hai la ‘sfrontatezza’ di annunciarlo pubblicamente e magari con il sorriso in bocca, a testimonianza della profondità della tua fede e della gioia con cui la vivi, allora devi essere ucciso”. Hegazi, in passato rappresentante del movimento di opposizione “Kifaya”, “Basta!”, ha lanciato un suo blog, “Arrivano i convertiti al Cristianesimo”, attraverso il quale desidera difendersi dagli attacchi. Lui e la moglie hanno perso il sostegno delle loro famiglie, vivono in clandestinità e ricevono quotidianamente minacce telefoniche. Ma non intendono lasciare il Paese. (V.F.)

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    Uno spazio dove mettere in pratica "i valori della sincerità, del coraggio e della lealtà nell’edificazione della pace": così i vescovi colombiani presentando la Settimana della Pace per il Paese

    ◊   “La verità, forza della pace”: è il motto della Settimana per la pace in Colombia che sarà lanciata durante una conferenza stampa dell’Episcopato locale dal 9 al 16 settembre. Si tratta di un appuntamento di grande rilievo in tutto il Paese, così gravemente colpito e lacerato da violenze di ogni tipo. La nazione colombiana - si legge nel comunicato della Conferenza episcopale della Colombia - ha bisogno di “rafforzare la concezione della verità in tutti gli scenari della vita quotidiana dove le persone svolgono la loro vita, passando attraverso i luoghi dei rapporti sociali, della scuola e degli affari pubblici”. Per raggiungere la pace e la riconciliazione in Colombia, si legge ancora nel comunicato, occorre assumere pienamente una precisa responsabilità: il recupero della verità come principio etico della convivenza nazionale. In questo senso, la Settimana si propone come uno spazio dove le molteplici iniziative di tutti gli uomini e donne della Colombia possano mettere in pratica, con la loro esperienza, “i valori della sincerità, del coraggio e della lealtà nell’edificazione della pace per raggiungere così tramite la giustizia sociale la vera riconciliazione”. Da molti decenni, la Colombia è colpita da violenze sia di natura delinquenziale sia di natura politica; negli ultimi anni, queste violenze si sono intrecciate anche con il fenomeno della crescita vertiginosa del narcotraffico. Sono, poi, oltre 3.000 le persone ancora sotto sequestro in Colombia. Tra il 1830 e il 1903, il Paese è stato infine sconvolto da vari conflitti armati la cui caratteristica principale sono stati gli omicidi a sfondo politico. (L.B.)

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    In Europa sono sempre più diffusi l'antisemitismo e l'intolleranza: è quanto emerge da un rapporto della ONG "Human Rights First"

    ◊   In molti Paesi europei, ma anche nel Nord America, c’è un preoccupante aumento degli episodi di antisemitismo, e altre forme di intolleranza: l'allarme arriva dall'ultimo rapporto, relativo al 2006, dell'organizzazione non governativa “Human Rights First”. “Solo i governi di alcuni Paesi quali Francia, Germania e Regno Unito - sottolinea il rapporto - hanno implementato un monitoraggio sistematico di questo tipo di delitti"; molti governi, invece, non raccolgono neppure le statistiche sul problema, fatto che riflette "un atteggiamento di indifferenza da parte delle autorità". Nel rapporto vengono presentati molti esempi: “Nella Federazione russa, alcuni gruppi di nazionalisti utilizzano un linguaggio antisemita ", spiega Human Right First, ricordando gli attacchi avvenuti recentemente a Mosca contro "le minoranze etniche e religiose". Ma in Europa occidentale l'antisemitismo prolifera anche via Internet. Secondo l'ONG, in Francia i dati evidenziano "un aumento del 6,6 per cento nel 2006 nelle minacce e negli atti antisemiti". Nel Regno Unito, poi, "c'è stato un drastico aumento" di questo tipo di episodi, che hanno raggiunto il livello più alto dal 1984. Nel rapporto si parla anche delle violenze contro gli omosessuali: solo nel Regno Unito e in Svezia, secondo il documento, esiste un monitoraggio ufficiale di questo tipo di violenze. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Attesa in Turchia per l'elezione del capo dello Stato - Iraq: diplomazia al lavoro per la sicurezza del Paese. Il premier al Maliki a Damasco

    ◊   Il Parlamento turco si appresta ad affrontare, nel pomeriggio di oggi, la prima votazione per l’elezione del presidente della Repubblica. Tra i candidati: l'attuale ministro degli Esteri, Abdullah Gul, appoggiato dal partito filo-islamico AKP al governo e favorito nella corsa; l'ex ministro della Difesa, Sabahattin Cakmakoglu, sostenuto dal partito nazionalista MHP; e Tayfun Icli, ex ministro di Stato appoggiato dalla piccola formazione di sinistra DSP. Appare tuttavia molto probabile che le votazioni non riusicranno a concludersi nelle prime due tornate per le quali è fissato il quorum dei 2/3, mentre il presidente potrebbe venire eletto nella terza seduta, quella del 28 agosto, dove sarà richiesta la maggioranza assoluta. Ma in cosa si differenziano queste elezioni da quelle che in primavera innescarono la crisi di governo? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a Lucio Leante, corrispondente dell’ANSA da Istanbul:  

     R. - Mentre in aprile la candidatura di Abdullah Gul fu bocciata per mancanza del numero legale cioè di 367 voti dei 2/3, oggi il numero legale ci sarà sicuramente perché il partito nazionalista e le altre piccole formazioni politiche hanno assicurato la loro presenza. La votazione sarà dunque legale, ciò però non significa che sarà eletto Gul. Anzi, con ogni probabilità bisognerà fare una seconda votazione in cui ancora sarà richiesta la maggioranza dei 2/3. Se ci sarà, come probabile, un’altra fumata nera dovremo aspettare il 28 agosto, giorno in cui Gul potrebbe essere eletto come nuovo capo dello Stato in virtù della maggioranza assoluta, richiesta a partire dal terzo scrutino.

     
    D. - Tutti danno per favorito Gul, ma è corretto fare i conti senza i militari?

     
    R. - I militari sembrano aver scelto, al momento, una linea attendista. Per loro il presidente deve essere un capo dello Stato laico nei fatti e pertanto aspetteranno per vedere che cosa farà Gul.

     
    D. - La Turchia, qualora i militari assumessero delle posizioni forti, è uno stato a rischio golpe?

     
    R. - Questo è difficile dirlo. Già nel ’97 quando i militari intervennero per far cadere il governo islamico radicale di Erbakan non fecero un colpo di Stato, emisero solo un comunicato. Nel testo si diceva che l’esecutivo stava lavorando per portare la Turchia verso un orientamento, anche internazionale, filo-musulmano. Così, il governo cadde ma da quella lezione nacque poi il partito di Erdogan e di Gul. Ci sono ragioni fondate per sospettare l’esistenza di una strategia islamizzatrice ma la Turchia laica ha scelto di attendere e vedere se questa previsione corrisponde ai fatti o meno.

     
    - C’è un nuovo candidato nella corsa alla presidenza della Corea del Sud. Il partito conservatore di opposizione, "Grande Partito Nazionale", ha scelto il sindaco di Seul e uomo d’affari, Lee Myung-bak. Le consultazioni, in programma il prossimo dicembre, designeranno il successore dell'attuale capo di Stato, Roh Moo-hyun, il cui mandato di cinque anni non rinnovabile scadrà il prossimo febbraio. Lee Myung-bak, nelle primarie, ha battuto sul filo di lana l’altra candidata Park Geun-hee, figlia dell'ex dittatore Park Chung-hee, la cui aspirazione era quella di diventare la prima donna presidente del Paese asiatico.
     - In questi giorni, l’Iraq è al centro di un’intensa attività diplomatica. Prosegue, infatti, la visita a sorpresa del ministro degli Esteri francese, Kouchner, mentre il premier iracheno al Maliki è giunto stamani a Damasco per colloqui con le autorità siriane sulla sicurezza dei confini del Paese. Passi importanti anche nei rapporti con l’Iran: secondo la tv di Stato di Teheran, il presidente Ahmadinejad sarà presto in visita a Baghdad. Il nostro servizio:


    Il futuro dell’Iraq e la sua sicurezza è il tema intorno al quale sta lavorando la diplomazia internazionale. A Baghdad, prosegue la visita a sorpresa del ministro degli Esteri francese Kouchner, che è destinata ad aprire nuovi scenari nella regione, e testimonia il clima di riconciliazione tra Parigi e Washington. Secondo diverse fonti, oggi il titolare degli Esteri francese vedrà il presidente iracheno, Talabani, e il presidente della regione autonoma curda. Ieri, invece, ha avuto un incontro con il primo ministro iracheno, al Maliki, al termine del quale Kouchner ha auspicato il ritorno di un ruolo importante dell’ONU nel teatro iracheno. E proprio al Maliki è arrivato oggi a Damasco, dove si intratterrà fino a mercoledì per colloqui con le autorità siriane riguardanti le questioni della sicurezza dei confini e della riconciliazione nazionale interna. Sul terreno, intanto, non si fermano le violenze: il governatore di una provincia meridionale irachena è rimasto ucciso nell'esplosione di un ordigno nascosto lungo la strada, mentre almeno tre persone sono morte e 11 sono rimaste ferite in seguito alla deflagrazione di una moto-bomba nel centro di Baghdad. E sono 10 le vittime a Baquba dopo un raid aereo statunitense.

    - Sta bene Christina Maeier, la cooperante di 31 anni, liberata ieri in Afghanistan dopo un blitz della polizia e dei servizi di sicurezza afgani. Era stata rapita a Kabul, mentre si trovava con il marito in un ristorante. Fortunatamente è rimasta nelle mani dei sequestratori soltanto un giorno. I quattro responsabili sono stati arrestati, pretendevano un riscatto di un milione di dollari in cambio del rilascio della donna, incinta di 5 mesi. Resta invece ancora incerto il destino del 19 sud coreani da un mese nelle mani dei talebani. Due giorni fa, un nuovo fallimento nei negoziati tra Seul ed una delle delegazioni di ribelli, tre degli ostaggi hanno intrapreso uno sciopero della fame perché separati dai loro compagni. Sul terreno ancora violenza: dieci insorti sono rimasti uccisi in un attacco condotto contro una base militare dell'esercito afghano nella turbolenta provincia meridionale di Helmand.

    - Un nuovo faccia a faccia tra il premier israeliano, Ehud Olmert, e il presidente palestinese, Abu Mazen, sarebbe in programma la prossima settimana. E’ quanto rivela il quotidiano israeliano ''Maariv''. Si tratterebbe del quarto colloquio da quando Hamas ha preso con la forza il controllo della Striscia di Gaza. Del rilancio del processo di pace in Medio Oriente hanno parlato in una conversazione telefonica, ieri sera, Olmert ed il presidente egiziano Mubarak. Entrambi, hanno raggiunto un accordo in base al quale lo Stato ebraico farà rientrare in Egitto chi passa il confine in modo illegale.

    - In Iran, sono state liberate le 12 persone rapite ieri nella provincia di Sistan-Baluchistan, nel sud est del Paese, e poi trasferite nel vicino Pakistan. Secondo la polizia, i responsabili apparterrebbero ad un gruppo di ribelli sunniti, gli Joundallah, cioè i soldati di Allah.

    - Ancora violenza in Pakistan dove un kamikaze si è fatto saltare in aria andandosi a schiantare contro un posto di blocco dell'esercito di Islamabad. Nell’agguato, avvenuto nella provincia della Frontiera del Nord Ovest, vicino Peshawar, sono rimasti uccisi due soldati mentre altri 16 sono rimasti feriti.

    - Sventato stamani un attentato dinamitardo nella capitale della Cecenia, Grozny. Le forze dell’ordine governative hanno individuato un ordigno nel mercato centrale della città, grazie ad una soffiata. Il ministro dell'Interno del governo della Repubblica caucasica fedele a Mosca, Magomed Deniyev, ha spiegato che la bomba conteneva una carica di tritolo compresa tra i 200 e i 400 grammi. Al momento non sono emerse indiscrezioni sulla matrice del fallito attentato. Nella Repubblica cecena è in corso, dal 1991, un conflitto che vede contrapposte le forze governative e i militari federali russi da un parte e le milizie indipendentiste islamiche dall’altra.

    - Rinviato al 7 gennaio 2008 il processo contro l'ex presidente della Liberia, Charles Taylor. Lo hanno deciso i giudici del tribunale internazionale per la Sierra Leone che si occupa dei crimini di guerra. In questo modo la difesa potrà preparare il caso. Taylor, 59 anni, è il primo capo di Stato africano incriminato dal Tribunale dell’Aja per crimini contro l'umanità, omicidio, stupro e l'impiego di bambini-soldato durante la guerra civile, che dal 1991 al 2001 causò circa 120 mila morti.

    - Una vasta area dell’Africa orientale è stata colpita da una forte scossa sismica, avvertita in particolare in Tanzania. L'epicentro è stato localizzato nel nord del Paese, circa 85 chilometri a ovest della capitale Arusha. Lo ha reso noto il Centro di Controllo Geologico degli Stati Uniti, secondo cui il fenomeno, preceduto mezz'ora prima da una scossa inferiore, ha avuto un’intensità pari a 5,2 gradi sulla scala aperta Richter. Il movimento tellurico e' stato avvertito anche a Nairobi, in Kenya, dove gli edifici più alti hanno tremato per diversi minuti. Al momento non si registrano vittime nè danni materiali di particolare entità. Kenya e Tanzania sono attraversati dalla Rift Valley, una delle faglie tettoniche più instabili del pianeta.

    - Grave il bilancio del passaggio in Cina del tifone Sepat, che sta comunque perdendo di intensità ed è stato infatti degradato al rango di tempesta tropicale. Quindici le persone rimaste uccise e notevoli i danni materiali, in particolare nella provincia del Fujian. Secondo l’Osservatorio Meteorologico di Pechino, Sepat è il più forte tifone tra i nove che hanno toccato le coste cinesi nel 2007.

    - Speranze ridotte al lumicino per i 187 operai cinesi rimasti intrappolati, da venerdì scorso, nella miniera di Xintai, nella provincia orientale dello Shandong, allagatasi in seguito alle forti piogge che hanno colpito la zona. I soccorritori stanno cercando di tappare la falla che si era creata nella diga sul fiume Wen e che ha causato l’inondazione della miniera. E sempre nella provincia dello Shandong, si è verificato un altro grave incidente in una fonderia di una fabbrica a Zouping: 14 le vittime e 59 i feriti accertati.

    - Appena tre feriti lievi su 157 passeggeri e 8 membri dell’equipaggio: è il bilancio dell'incidente avvenuto sulla pista dell’aeroporto di Naha, nel Giappone meridionale, dove un Boeing 737 della China Airlines, compagnia di bandiera di Taiwan, si è incendiato subito dopo l’atterraggio. Il tutto si è concluso senza gravi conseguenze, poiché la torre di controllo si è accorta dell’emergenza in tempo, dando l'ordine di immediata evacuazione del velivolo. L’esplosione ha avuto luogo durante le operazioni di sgombero, tuttavia le squadre di soccorso hanno creato una sorta di “corridoio sicuro”, che ha consentito ai passeggeri di scendere sulla pista grazie agli appositi scivoli. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Benedetta Capelli)


     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 232

     

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