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SOMMARIO del 17/08/2007
La Chiesa risponde all’appello del Papa per portare soccorso alle popolazioni peruviane colpite dal terremoto. Oltre 500 i morti, migliaia i senzatetto. La testimonianza del nunzio apostolico a Lima, mons. Rino Passigato
◊ Dopo l’appello del Papa, la Chiesa del Perù e la Caritas del Paese andino sostenuta dalle Caritas di tutto il mondo stanno intensificando gli sforzi per portare soccorso alle popolazioni colpite dal terremoto, che due giorni fa ha devastato la zona costiera meridionale peruviana. L’ultimo bilancio, purtroppo destinato ad aggravarsi, parla di 510 morti e almeno 1.150 feriti, secondo il vice-comandante del Corpo dei vigili del fuoco del Perù, Roberto Ognio. Intanto, la Conferenza episcopale peruviana esprime, attraverso un comunicato della presidenza, cordoglio e solidarietà ai famigliari delle vittime. Il servizio di Alessandro Gisotti:
In questa ora di dolore, si legge in una nota, i vescovi peruviani sono vicini a tutte le persone provate da tale tragedia, che ha provocato centinaia di morti. “Questo terremoto – scrivono i presuli – deve essere motivo speciale di preghiera rivolta a Dio per tutte le famiglie che stanno soffrendo”. E ancora, sottolineano che la “solidarietà umana e cristiana deve spingerci a stare vicini” a quanti sono stati colpiti da questo terremoto. Per il Perù, si legge ancora, questo è un momento di prova, ma anche “di speranza, unità e amore”. La Chiesa peruviana lancia, quindi, un’azione urgente di solidarietà, attraverso l’impegno fattivo della Caritas e l’apertura di un conto corrente per l’emergenza. Viene, inoltre, annunciato che domenica prossima e domenica 26 agosto, in tutte le parrocchie peruviane, si terrà una colletta per le vittime del sisma. Riecheggiando il messaggio del Santo Padre, i vescovi del Perù chiedono alle istituzioni di prestare soccorso in modo generoso a quanti soffrono. Sul terreno, intanto, la situazione permane drammatica, mentre si tenta un primo bilancio degli ingenti danni alle infrastrutture. L'Istituto nazionale di Difesa civile ha reso noto che sono circa 17 mila le case distrutte e dunque sono decine di migliaia i senzatetto, in particolare ad Ica, la provincia maggiormente colpita dal sisma. Per quanto riguarda gli altri danni materiali, è stata segnalata la distruzione di nove strade statali, otto ospedali, quattro chiese, due scuole e due hotel. Il governo peruviano ha disposto tre giorni di lutto nazionale. Dal canto suo, il segretario generale dell'ONU, Ban Ki-moon, ha espresso il proprio cordoglio ai familiari delle vittime.
Dunque, la Chiesa manifesta in queste ore tutta la sua vicinanza, spirituale e materiale, alla popolazione sofferente del Perù. Ecco la testimonianza dell’arcivescovo Rino Passigato, nunzio apostolico a Lima, raggiunto telefonicamente nella capitale peruviana da Alessandro Gisotti:
R. – Posso dire che la Chiesa è stata presente fin dai primissimi momenti in cui si è scatenata questa catastrofe, mercoledì sera. Molti cristiani si trovavano in chiesa. Alcuni, i primi di cui si è avuta notizia nella tragedia, si trovavano in chiesa. Due chiese importanti sono cadute, sono crollate, e ci sono state le prime vittime sotto il Santuario del Señor de Luren, nella diocesi di Ica, dove sono morte 20 persone e 200 sono rimaste ferite. Nella parrocchia di Pisco, quella più colpita, sono morte 30 persone.
D. – Come sta reagendo la popolazione a questa tragedia?
R. – Non c’è stata disperazione, c’è stato molto dolore e la vicinanza dei sacerdoti, dei vescovi, delle comunità religiose è stata grandissima. Si fa tutto ciò che si può. Caritas è attiva con tutte le sue organizzazioni parrocchiali e si stanno mandando gli aiuti di primo soccorso: molte coperte, perché in Perù adesso è inverno e quindi la notte è fredda. Si stanno organizzando ospedali di campo, acqua, medicine e soprattutto il personale si sta muovendo, per dare quel conforto cristiano, quella solidarietà che è tanto importante.
D. – Come è stato accolto il messaggio di vicinanza del Papa?
R. – Sono ancora interrotte le comunicazioni telefoniche con le zone più colpite. Dunque, lo stesso messaggio del Papa è arrivato attraverso la radio. La realtà di un terremoto è una realtà che ci fa vedere la fragilità umana. E’ stato tremendo: in un primo momento si pensava che nonostante la forza, l’intensità, che ha quasi toccato gli 8 gradi della scala Richter, i morti fossero di meno, perché non arrivavano notizie di perdite, ma le notizie non arrivavano immediatamente perché si sono subito interrotte le comunicazioni telefoniche. E’ stato necessaria tutta la notte, tra mercoledì e giovedì, per poter sapere da chi si era recato sul posto quante erano le vittime.
D. – La macchina della solidarietà si muove in mezzo a mille difficoltà...
R. – In questo momento è scattata una molla di solidarietà da parte della Chiesa, da parte della società civile, da parte delle autorità governative e ho visto nella televisione nazionale anche altre catene televisive che danno in continuazione immagini, testimonianze di famiglie che hanno perso i loro cari, i bambini. Persone che si raccomandano al Signore: “Non possiamo fare nulla, il nostro bambino è stato portato in cielo. E’ un angelo per noi”. Purtroppo quelli più colpiti sono sempre i più poveri. Il Perù deve rivivere, deve rimettersi in piedi e questa è la volontà non soltanto delle autorità, ma anche nostra.
D. – Vuole rivolgere un appello dai microfoni della Radio Vaticana?
R. – Faccio un appello ai cattolici che ci stanno ascoltando, perchè mettano in opera quella che è la cosa più caratteristica, il distintivo del cristiano: la solidarietà, la carità, la sensibilità. Faccio appello, perchè condividano questo momento con queste nostre popolazioni provate anche attraverso un gesto di fraternità concreto.
Come sottolineato, tra le prime organizzazioni umanitarie a muoversi per i terremotati del Perù c’è la Caritas italiana, costantemente in contatto con la Caritas e la Chiesa peruviana. Al microfono di Alessandro Gisotti, il responsabile Area Internazionale di Caritas Italia, Paolo Beccegato, si sofferma sulle ultime notizie dalle zone colpite dal sisma:
R. – I contatti che abbiamo avuto anche questa mattina con la Caritas del posto ci dicono che le zone più colpite sono ancora del tutto senza corrente e senza acqua potabile. E’ necessario, allora, ripristinare i servizi minimi, le infrastrutture minime che permettano poi anche di distribuire i beni che la Caritas e le altre organizzazioni mettono a disposizione.
D. – Quali sono le difficoltà maggiori? Come si sta muovendo la Caritas nelle zone colpite?
R. – Il primo bisogno che sorge, escluso quello di pronto soccorso, è quello dell’ospitalità delle persone che hanno perso la casa o hanno avuto gravi danni alle proprie abitazioni; per cui bisogna rilocare migliaia di persone e trovare loro praticamente tutto: dal cibo ai viveri agli indumenti... Quindi, c’è un bisogno iniziale che è molto forte, vuol dire anche un bisogno sanitario per le persone che hanno subito dei traumi, non solo da un punto di vista fisico ma anche psicologico, oppure che stanno ancora cercando i propri cari, cercando di capire se sono vivi o no. E’ una fase ancora confusa dove però ci sono immensi bisogni e dove la rete Caritas sul posto, con la sua rete di parrocchie e di Caritas locali, cerca di dare il massimo contributo alle autorità del posto.
D. – Il terremoto ha colpito un Paese che ancora lotta con difficoltà contro la povertà; dunque, non basterà far fronte solo all’emergenza, ma pensare anche alla ricostruzione, allo sviluppo ...
R. – Certamente! Siamo anche in una zona di grandi disuguaglianze sociali, per cui queste emergenze nella loro tragica essenza diventano anche uno specchio di quella che è la realtà precedente e che possono diventare per il futuro un momento di una ricostruzione più equa delle abitazioni, delle prospettive di lavoro e di sviluppo. Speriamo che non si perpetui quella che era la situazione precedente, di grandi disuguaglianze.
Raccogliendo anche l’appello del nunzio a Lima, vi informiamo che per sostenere gli interventi in corso in favore dei terremotati del Perù, si possono inviare offerte a Caritas Italiana, tramite il conto corrente postale N. 347013 (causale “TERREMOTO PERU’ 2007”)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Servizio vaticano – All’Angelus recitato a Castel Gandolfo nella solennità mariana del 15 agosto Benedetto XVI esorta i fedeli a ricorrere con fiducia a Colei che dall’alto ci guarda e ci protegge come “Madre” e “Sorella”.
Servizio estero - Terremoto in Perù: oltre 500 morti e 2.500 feriti. Il cordoglio del Papa per le vittime.
Servizio culturale - Un articolo di Giovanni Marchi dal titolo “Un’Iliade in miniatura”: cento anni dalla pubblicazione de “I ragazzi della via Pal”.
Servizio italiano - In primo piano il tema dell’immigrazione: il naufragio avvenuto martedì 14 a Sud di Lampedusa.
Corea del Nord: le alluvioni fanno scattare la solidarietà tra le due Coree
◊ È di 221 morti, 82 dispersi e 300mila senza tetto l’ultimo bilancio delle violente alluvioni che in questi giorni hanno colpito la Corea del Nord. Lo ha reso noto la Federazione internazionale della Croce Rossa e delle società della Mezzaluna Rossa. Intanto, la Caritas locale si è attivata per programmare interventi a favore degli alluvionati. Sulla situazione attuale nella regione, Valentina Fizzotti ha intervistato mons. Lazzaro You Heung-sik, vescovo di Daejon e presidente della Caritas Corea:
R. – Fino ad adesso più di 30 mila case e circa 540 ponti sono stati distrutti, 70 tratte ferroviarie sono state rovinate e più di 300 mila persone si trovano in difficoltà, senza casa, in seguito a questa alluvione. Circa 450 mila tonnellate di riso e tanti prodotti agricoli diminuiranno. Questa alluvione è stata, quindi, un colpo veramente forte.
D. – Quali sono i bisogni più concreti della popolazione, al momento?
R. – Soprattutto il mangiare, ma anche il vestiario ed i medicinali. Ma non si possono mandare aiuti direttamente in Corea del Nord, un Paese così chiuso. Quindi, anche la Caritas Corea ha già inviato un telegramma alla Corea del Nord che chiede: “Quanto è stato colpito? Cosa volete? Cosa possiamo fare?” Noi, quindi, stiamo aspettando la risposta.
D. – Come avete pensato di intervenire?
R. – Io, come presidente della Caritas, ho scritto una lettera a tutte le diocesi della Corea del Sud per raccogliere le offerte della domenica e altro. La Caritas diocesana si recherà ad aiutare concretamente. Ho ricevuto anche e-mail, telegrammi e telefonate, al di fuori della Corea, dalla Germania, dall’Olanda e dall’America. Loro sono pronti ad aiutare gli alluvionati della Corea del Nord.
D. – Ma ci sono gesti di solidarietà tra la popolazione coreana?
R. – Certamente, già nella Corea del Sud il governo stesso ha deciso di mandare 7 milioni di dollari per gli aiuti e manderanno anche la Croce Rossa. In questo senso, c’è grande solidarietà nel Paese del sud, anche perché alla fine di questo mese, dal 28 al 30 agosto, ci sarà un importante meeting fra la Corea del Sud e del Nord. Quindi, stanno curando questo clima di aiuto reciproco. Penso che il cristianesimo aiuti le persone in difficoltà. In questo senso, non è solo aiuto materiale. Anche loro possono capire quanto è importante vivere insieme. E questo nostro dialogo, questo nostro pregare può portare ad una convivenza, ad un sentire questa fratellanza tra le due Coree.
Mons. Giordano: il grande nemico dell'ecumenismo è l'ignoranza del cristianesimo
◊ Fervono i preparativi a Sibiu, in Romania, in vista della III Assemblea ecumenica europea che si svolgerà dal 4 al 9 settembre sul tema "La Luce di Cristo illumina tutti. Speranza di rinnovamento e di unità in Europa". Nella città della Transilvania, capitale europea della cultura 2007, sono attesi oltre 2 mila delegati cattolici, evangelici ed ortodossi. L’incontro si svolge a 10 anni dall’Assemblea di Graz, in Austria, tenutasi sul tema della “Riconciliazione, dono di Dio e sorgente di vita nuova”, e a 18 anni dalla prima Assemblea ecumenica organizzata a Basilea, in Svizzera, nel 1989, sul tema della " Pace nella giustizia". Ma quali sono le attese dell’incontro di Sibiu? Fabio Colagrande lo ha chiesto a mons. Aldo Giordano, segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa:
R. - Che questa Assemblea sia veramente un rimettersi in cammino per ritrovare una luce per fare un passo avanti nella riconciliazione tra i cristiani. Una seconda attesa è quella di voler domandarci qual è il contributo che, come cristiani, possiamo dare alle grandi sfide dell’Europa attuale e alle grandi sfide del mondo. Pensiamo alle nuove domande che sono legate al terrorismo, all’emergere delle grandi nazioni asiatiche, ai problemi etici creati dalla biotecnologia...
D. - Quali strade cercherà Sibiu per dare un nuovo slancio al dinamismo ecumenico?
R. - Noi abbiamo scelto un tema chiaramente cristologico: la luce di Cristo illumina tutti, per dire che questa è la speranza. Quindi, andiamo a Sibiu con lo spirito dei pellegrini per riconvertirci a Cristo. Oggi abbiamo questa consapevolezza che dobbiamo ripartire con serietà dal Vangelo, dal cristianesimo, e solo persone che conoscono il cristianesimo e vivono il cristianesimo possono dare un contributo all’ecumenismo. Siamo coscienti che il primo grande ostacolo all’ecumenismo è l’ignoranza del cristianesimo o la superficialità della vita cristiana. Un secondo passo è quello di diventare più coscienti della nostra appartenenza ecclesiale, della nostra identità, perché persone che non vivono in profondità o non conoscono in profondità la propria Chiesa o la propria comunità difficilmente sono in grado di contribuire a un dialogo con appartenenti ad altre comunità. Inoltre, approfondire la collaborazione concreta che rispecchia l’unità di fondo tra le comunità e le Chiese che già abbiamo e che vorremmo esprimere più concretamente in un impegno a livello di giustizia, di pace, di solidarietà.
D. - Sarà dunque, Sibiu, un’opportunità per cercare nuove vie anche a una testimonianza comune dei cristiani in Europa. Secondo lei, monsignor Giordano, è una sfida particolarmente urgente in questo contesto storico e culturale, quello che sta vivendo il vecchio continente...
R. - Siamo dentro un'Europa che ha difficoltà a trovare degli ideali, dei valori, ma sentiamo, d’altra parte, che in Europa c’è una nuova grande domanda di senso e quindi diventa urgentissimo in un’Europa che, anche incoscientemente, cerca una luce, testimoniare che esiste questa luce; solo in questa maniera l’Europa, ritrovando una luce che secondo noi è una luce che nasce e si inserisce nelle radici del cristianesimo, affronterà le grandi sfide del mondo. Il mondo è un mondo diverso da quello delle assemblee ecumeniche fatte in precedenza: nell’89, quando ci siamo trovati a Basilea, l’Europa era divisa da un muro; nel ’97 quando ci siamo trovati a Graz, l’Europa era un’Europa che cercava la via della libertà e dell’unificazione. Quest’Europa non immaginava di doversi confrontare molto velocemente con il terrorismo, con la crescita del divario tra il nord e il sud del mondo, con un confronto tra le culture e tra le religioni, con una mobilitazione di popoli così grande; non si immaginava che lo sviluppo scientifico e tecnico avrebbe creato delle domande etiche così forti, che toccano la stessa visione dell’uomo. Queste sono le sfide che il mondo e l’Europa hanno: non possiamo più accontentarci di una luce che viene dal secolo dei Lumi, dall’Illuminismo, una luce di una certa ragione meramente tecnico-scientifica, da certi poteri mondani; abbiamo bisogno di una nuova luce e noi ci mettiamo in cammino verso Sibiu per ritestimoniare questa luce, per cercare questa luce nuova.
Da domenica a Rimini la mostra sull'antica Basilica di Santa Sofia a Istanbul
◊ Domenica prossima a Rimini, in occasione dell’apertura del Meeting per l’Amicizia fra i Popoli promosso da Comunione e Liberazione, viene inaugurata a Castel Sismondo una mostra sull’antica Basilica imperiale di Costantinopoli, Santa Sofìa. Resterà aperta fino all’11 novembre. Ce ne parla Sergio Centofanti.
“Lo spazio della Sapienza. Santa Sofia a Istanbul” questo il titolo della mostra che vuole essere un omaggio alla Basilica imperiale di Costantinopoli, eretta da Giustiniano nel VI secolo su una chiesa fatta costruire da Costantino duecento anni prima e già dedicata alla Divina Sapienza. La Basilica è stata trasformata in moschea nel 1453 con l’occupazione ottomana ed è infine diventata museo statale nel 1934 con l’avvento della Turchia laica. La mostra, che richiama la storica visita di Benedetto XVI a Santa Sofia nel novembre scorso, accompagna il visitatore alla scoperta dello splendore della Basilica e dei suoi mosaici, attraverso uno speciale percorso storico-didattico impostato sull’interazione di immagini, luci e suoni; dopo la conquista ottomana è rimasto ben poco degli antichi mosaici cristiani: sotto la coltre di uno spesso intonaco è riemerso dal buio dei secoli il volto del Cristo Benedicente, che mantiene intatta tutta la sua bellezza e il suo splendore. Così è avvenuto per l'immagine della Vergine con il Bambino che, nella penombra della chiesa, appare nell'abside come una luce improvvisa nel cielo d'oro del mosaico. A corredo del percorso sono esposti preziosi oggetti liturgici di fattura costantinopolitana, provenienti dai Musei Vaticani, dal Tesoro di San Marco a Venezia e da altri enti museali. Ma perché una mostra su Santa Sofia? Marta Vertse lo ha chiesto a Marina Ricci, vaticanista del TG5 e una delle curatrici dell’evento:
R. – La scelta è nata dal viaggio che è stato fatto con il Papa a novembre. In quell’occasione, Benedetto XVI riuscì a visitare anche se brevemente quello che oggi è un museo, la Basilica imperiale dei tempi di Giustiniano ed eretta da Costantino. E’ uno spazio splendido, meraviglioso, ed è uno spazio purtroppo sconosciuto al grande pubblico. E’ talmente bella, è talmente piena di storia, è talmente piena di attualità, per quello che riguarda il nostro tempo, che l’idea che mi è venuta è che valeva la pena di farla conoscere di nuovo.
D. – Quale messaggio può venire dalla complessa storia di questa antica Basiica bizantina?
R. – Io credo che ci sia, intanto, un problema di base: per poter dialogare bisogna conoscersi. Ma conoscersi non significa semplicemente incontrarsi: significa tentare di capire, di conoscere la propria storia: i popoli, le persone non vengono dal nulla, hanno alle spalle un padre e una madre, hanno alle spalle generazioni intere, secoli di cultura, anche di guerre, di violenze e di odio ma anche di cose splendide e meravigliose. Conoscersi, come prima cosa, significa sapere qualcosa della propria storia e della storia degli altri. E in questo senso io spero che la mostra sia un po’ un contributo a questo.
D. – E in questa splendida Basilica, i mosaici hanno conservato, tra l'altro, la memoria dell’Imperatore Giovanni Comneno e della sua sposa, Sant’Irene d’Ungheria. Questi personaggi, possono essere considerati simboli dell’unità del nostro continente? Nel senso che è la religione che collega i due polmoni d’Europa, immagine così cara a Giovanni Paolo II?
R. – Io credo proprio di sì! E’ uno dei motivi per cui siamo andati a fotografare queste immagini: per dare la possibilità a tutti di poterle anche rivedere. La religione, che in questi ultimi anni è stata spesso accusata di essere fonte di odio e di violenza, in realtà è stata fonte di grande cultura e di grande civiltà soprattutto nel continente europeo, ma anche dall’altra parte del Bosforo. Le religioni sono grandi fonti di cultura, di civiltà e di amicizia.
Padre Lombardi: una tipica notizia estiva l'accusa che il Vaticano avrebbe modificato una voce su Wikipedia
◊ Sono "prive di ogni serietà e di ogni logica" le accuse rivolte alla Santa Sede di aver manipolato una "voce" di Wikipedia, l'enciclopedia di libera consultazione su Internet. Lo afferma il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. "E' assurdo - spiega il portavoce vaticano - anche solo immaginare che una simile iniziativa possa essere stata presa in considerazione". Per padre Lombardi "sarebbe bastata una semplice verifica giornalistica per capire che la modifica della voce su Wikipedia non ha nulla a che vedere con la Santa Sede". Secondo la BBC, da un computer del Vaticano qualcuno avrebbe modificato la scheda di Gerry Adams, guida del partito nord-irlandese dello Sinn Fein. Per padre Lombardi si tratta della "tipica notizia da 16 agosto", ripresa con enfasi estiva da molte testate giornalistiche. Il direttore della Sala Stampa ha detto che, qualora fosse confermata la notizia della BBC, bisogna tener conto che in Vaticano, ovviamente, ci sono molti computer ed è ovviamente possibile che qualcuno, come persona privata, possa aver avuto accesso a Wikipedia: "la Santa Sede - ha detto padre Lombardi - altrettanto ovviamente non c'entra nulla".
Presentate a Buenos Aires le iniziative per la Beatificazione dell’indio Ceferino Namuncurà
◊ “Ceferino figlio di Dio e fratello di tutti”. Questo il titolo della conferenza stampa con cui sono state presentate ieri a Buenos Aires le iniziative in vista della Beatificazione dell’indio mapuche, Ceferino Namuncurà, che si terrà l’11 novembre a Chimpay, in Argentina. Un avvenimento considerato di grande importanza per il popolo e la Chiesa argentina. Un giovane indio mapuche che volle studiare per aiutare la sua gente e che poi sentì il desiderio di essere missionario fra il suo popolo. E’ la vita di Ceferino Namuncurà, figlio del re della pampa patagonica, la cui breve vita si consumò a cavallo fra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900. Ceferino venne battezzato a due anni, a 11 anni chiese a suo padre di farlo studiare per essere utile al suo popolo. Andò quindi a Buenos Aires, dove fece i suoi studi nel Collegio salesiano Pio IX e chiese di essere mandato come missionario fra la sua gente. Per problemi di salute, venne portato prima nuovamente nel Sud del Paese, quindi in Italia, dove proseguì gli studi ecclesiastici e incontrò Papa Pio X. La sua salute però continuerà a peggiorare. Morirà a Roma a soli 18 anni. “Un invito per tutti a scoprire che nel Vangelo di Gesù c’è un cammino di vita”, ha detto il vescovo di Viedma, mons. Esteban Laxague, parlando del messaggio dei vescovi della Patagonia per la Beatificazione. Ma anche un invito “seguendo Gesù a forgiare questa patria che tanto sogniamo”, ha proseguito il presule. Tante le attività in vista della beatificazione: dall’annuale pellegrinaggio alla fine di agosto ad un concorso fotografico che avrà come tema: “La fede popolare e Ceferino”. Ad illustrarle, padre Riccardo Noceti, parroco del Santuario di Ceferino Namuncurà a Chimpay, che ha raccontato il miracolo compiuto dal futuro Beato: la guarigione di una donna con un cancro all’utero, che ha anche poi potuto dare alla luce. L’esempio di Ceferino – ha sottolineato ancora il vescovo di Viedma – è dunque quello di un uomo, che senza disconoscere le sue radici, si è consegnato al Vangelo e ha vissuto la sua vita per gli altri. (A cura di Debora Donnini)
I mille anni dell’Abbazia di San Liberatore a Maiella, in Abruzzo
◊ Con un ricco cartellone di iniziative e celebrazioni, l’Abbazia di San Liberatore a Maiella, splendido esempio di architettura romanica in provincia di Pescara, festeggia il primo millennio di vita. Le celebrazioni per l’importante ricorrenza culmineranno il 15 e il 16 settembre prossimi, con la visita di una delegazione di benedettini di Montecassino, in memoria di una “figliolanza” spirituale che, nei secoli, ha reso questo fiorente monastero l’avamposto in Abruzzo del monachesimo cenobita cassinate. Il significato di questa esperienza – riferisce il quotidiano Avvenire – è stato rievocato nei giorni scorsi da mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, che ha concelebrato la Messa di apertura dei festeggiamenti, insieme al parroco e a numerosi giovani benedettini giunti dai monasteri di tutta Italia. Parlando del monachesimo come “passaggio di Dio”, alla luce delle letture della liturgia, incentrate sul passaggio del Mar Rosso e su quello “sanante” di Gesù tra gli uomini, mons. Forte ha osservato che “il monaco è colui che vive alla presenza del Dio che passa e proprio così santifica ogni istante, accogliendolo come dono di Dio da offrigli nella lode, nella custodia del creato e nella carità fraterna”. Riferendosi poi all’Abbazia di San Liberatore, il presule ha sottolineato che “la celebrazione del millenario ci fa leggere questo meraviglioso monumento come una traccia del passaggio di Dio nella vita monastica, da riscoprire oggi per la vita di tutti noi, nelle tensioni e nei dinamismi del nostro villaggio globale e del post-moderno, così bisognosi di essere verificati sulla Verità del Dio vicino e sanati nella forza del suo amore che viene a toccarci”. Oltre agli eventi di carattere prettamente religioso, il programma di festeggiamenti prevede anche spettacoli, serate a tema e dibattiti. (R.M.)
Rientrato in Egitto il medico cristiano trattenuto dalle autorità saudite per la sua fede
◊ È tornato a casa il medico cristiano, di origini egiziane, trattenuto per due anni in Arabia Saudita a causa della sua fede. A dare la notizia, l’organizzazione per i diritti umani, International Christian Concern (ICC), che aveva denunciato il caso, organizzando una campagna per il suo ritorno in patria. “Abbiamo avuto conferma – dicono da Washington i responsabili dell’ICC, citati da AsiaNews – che il dott. Mamdooh Fahmy è atterrato al Cairo e ora è con la sua famiglia”. Mamdooh Fahmy lavorava dal 2004 come chirurgo presso l’Albyaan Menfhoh Medical Center di Riyadh. Da subito, i colleghi musulmani hanno iniziato a denigrarlo perché cristiano, finché nel 2005 ha ricevuto una “visita” della muttawa, la polizia religiosa del Regno. Dopo aver perquisito la sua casa, gli agenti lo hanno accusato di essere un missionario cristiano e di consumare bevande alcoliche. Tenuto in isolamento per cinque giorni, è stato poi rilasciato. Ormai senza lavoro, il dottore voleva rientrare in Egitto, ma per due anni le autorità saudite hanno negato di restituirgli il passaporto e concedergli i documenti necessari a lasciare il Paese. Legata alla Commissione per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio, la muttawa si occupa soprattutto di perseguire chi beve alcolici, non veste secondo le regole islamiche o tiene comportamenti “immorali”. (R.M.)
Amnesty International denuncia le “spaventose” condizioni delle carceri nigeriane
◊ “Le condizioni in cui le autorità nigeriane mantengono i loro detenuti sono spaventose”: lo sostiene Amnesty International, in un documento basato sulle informazioni raccolte da una delegazione dell’organizzazione per i diritti umani, che recentemente si è recata in Nigeria, visitando una decina di luoghi di detenzione in varie zone del Paese. In un comunicato ripreso dall’agenzia MISNA, Amnesty International precisa che “molti prigionieri in attesa di essere processati vengono abbandonati per anni in celle sovraffollate, dove adulti e bambini sono a volte detenuti insieme”. L’organizzazione riporta il caso della prigione di Kuje, nello Stato della capitale federale, Abuja, nella quale una trentina di ragazzi di 11-12 anni sono detenuti insieme a un gruppo di 175 prigionieri adulti. “Alcuni prigionieri sono soprannominati ‘prigionieri dimenticati’, perché non compaiono mai davanti alla giustizia e non si sa quanto tempo durerà la loro detenzione, semplicemente perché il loro dossier è stato smarrito”, aggiunge l’organizzazione. (R.M.)
Kenya: in calo il tasso di diffusione dell’AIDS e il tasso di mortalità infantile per malaria
◊ Buone notizie dal Kenya. Il tasso di diffusione dell’AIDS nel Paese è calato dal 5,9% del 2005 al 5,1% registrato lo scorso anno. Lo ha riferito il Consiglio nazionale per il controllo dell’AIDS (NACC), precisando che il tasso di diffusione nelle città è stimato intorno al 8,3%, contro il 4% delle zone rurali. Secondo Alloys Orago, direttore del NACC, citato dall’agenzia MISNA, la diffusione dei programmi basati sui medicinali antiretrovirali (ARV) “ha permesso di risparmiare 57 mila vite umane nel 2006” e che lo scorso anno i decessi per AIDS sono stati “solo” 85 mila. Nel 1999 – lo ricordiamo – il tasso di diffusione del virus in Kenya aveva raggiunto il 10% della popolazione, portando il governo a creare la NACC e a dichiarare l’AIDS un “disastro nazionale”. Intanto, il ministero della Sanità keniota ha reso noto che il tasso di mortalità per malaria tra i bambini di età inferiore ai cinque anni è diminuito del 44% negli ultimi cinque anni. “Il successo – si legge in un comunicato, ripreso dalla MISNA – è dovuto a un migliore accesso alle zanzariere impregnate (o trattate) con repellenti per insetti”. Dal 2002 al 2006, infatti, 13,5 milioni di zanzariere sono state vendute o distribuite gratuitamente nel Paese. Secondo un bilancio delle autorità locali, in Kenya circa 34 mila bambini in età prescolastica muoiono ogni anno di malaria e ogni famiglia spende l’equivalente di 15 euro l’anno per curarsi dalla malattia, in un Paese dove 60% dei 33 milioni di abitanti vive con meno di un dollaro al giorno. (R.M.)
Africa australe: prevista una crescita economica del 7%
◊ Potranno contare su una crescita del 7% i 14 Stati membri della Comunità di sviluppo dell'Africa australe (SADC), che l’anno scorso hanno conseguito un aumento dei rendimenti economici in termini di produzione e reddito pro capite e un tasso di crescita del 5%. Lo ha dichiarato Tomaz Augusto Salomao, segretario esecutivo della SADC, al termine del vertice di due giorni del Consiglio dei ministri dell'organizzazione nella capitale della Zambia, Lusaka. Nel 2006 - riferisce l’agenzia MISNA - la SADC ha registrato una crescita media del 4,1% del reddito pro capite: un tasso superiore al 3,4% conseguito nello stesso periodo nell'Africa sub-sahariana. Salomao ha però segnalato la persistenza di disparità tra i Paesi membri: se l'Angola, esportatore di petrolio, vanta il Prodotto interno lordo (PIL) più alto (18,6%), seguito da Mozambico e Malawi, rispettivamente con 7,9% e 7,4%, quattro Paesi del blocco non raggiungono neppure il 3% e lo Zimbabwe ha persino accusato una crescita negativa del 4,4%. Con una popolazione di 230 milioni di abitanti e un PIL di oltre 200 miliardi di euro, la SADC è una delle principali organizzazioni subregionali del continente africano. Fondata nel 1980 dai governi di nove paesi dell'Africa australe per rafforzare le condizioni economiche della regione, la Comunità di sviluppo attualmente annovera 14 Paesi membri: Angola, Botswana, Repubblica democratica del Congo, Lesotho, Madagascar, le Malawi, Mauritius, Mozambico, Namibia, Sudafrica, Swaziland, Tanzania, Zambia e Zimbabwe. (R.M.)
Spagna: Saragozza si prepara all’Expo Internazionale sull’acqua
◊ Mentre a Stoccolma, in Svezia, si arriva alla conclusione della Settimana mondiale sull’acqua, a Saragozza, in Spagna, è iniziato il conto alla rovescia per l’Expo internazionale sull’acqua, in programma dal 14 giugno al 14 settembre 2008. L’argomento centrale è stato formulato in questi termini: l’acqua e lo sviluppo sostenibile. Con questo titolo, saranno affrontate diverse questioni fondamentali: la crisi dell’acqua oggi; le risorse idriche e le nuove tecnologie; l’acqua e la salute umana; politiche generali di utilizzo ragionevole dell’acqua; accordi tra i Paesi per l’uso di risorse comuni; l’acqua fonte di collaborazione e di iniziative di cultura e di pace; una nuova educazione cittadina sull’uso dell’acqua. L’Expo Internazionale di Saragozza è stata approvata il 16 dicembre del 2004 dal Bureau International des Expositions con sede a Parigi, dopo una difficile gara con Salonicco (Grecia) e Trieste (Italia). Finora, sono 95 i Paesi che hanno confermato la loro presenza. Ma in contrasto con l’alto numero di partecipanti, va notata l’assenza di alcune importanti nazioni, come Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada e i Paesi scandinavi. Su una superficie di 25 ettari, circondata come in un abbraccio dal fiume Ebro, sono previste nel recinto fieristico innumerevoli attività di studio o di animazione festiva e ludica, per un pubblico che, secondo gli organizzatori, dovrebbe raggiungere i sette milioni di visitatori. Conclusa l’Expo, Saragozza sarà la sede di una delle agenzie dell’ONU per il decennio dell’acqua fino al 2015. (A cura di padre Ignacio Arregui)
Ad Albano Laziale, in Italia, il capitolo nazionale della Gioventù Francescana
◊ La Gioventù Francescana di tutta Italia è riunita in questi giorni ad Albano Laziale, in provincia di Roma, per il “Capitolo delle Stuoie”. Il raduno prende il nome dalla prima assemblea francescana, quando San Francesco desiderò riunire ad Assisi tutti i suoi frati, che, giunti troppo numerosi, dovettero accamparsi sulle stuoie nel bosco di Santa Maria degli Angeli. Al termine dell’evento, in corso fino al 22 agosto, verrà eletto il nuovo Consiglio Nazionale. I lavori si sono aperti ufficialmente ieri con la preghiera presieduta da mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina, cui è seguita una tavola rotonda dal titolo “Focus sui giovani”, con la partecipazione di esponenti del mondo della cultura, della politica e del lavoro. Domenica mattina, i partecipanti si recheranno a Castel Gandolfo, per assistere alla recita dell’Angelus di Benedetto XVI. (V.F.)
Una conferenza internazionale su Iraq e Medio Oriente: la proposta dell'ONU dopo le ultime stragi - Almeno 9 morti in Afghanistan per attentati e scontri in varie aree del Paese
◊ In Iraq, dopo la drammatica catena di attentati dei giorni scorsi, il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, ha annunciato una conferenza internazionale sul futuro del Paese per fine settembre. Sul fronte politico, il premier al Maliki tenta di ricomporre la crisi di governo promuovendo una nuova alleanza tra curdi e moderati sciiti. Il nostro servizio:
Sono diverse le reazioni suscitate dalla più sanguinosa catena di attentatati dalla caduta del regime di Saddam Hussein, che ha devastato un villaggio curdo del Nord, abitato dalla comunità degli yazidi, provocando la morte di almeno 400 persone. Il segretario generale dell'ONU, Ban Ki-moon, dopo un colloquio telefonico con il primo ministro iracheno, Nouri al Maliki, ha deciso di convocare una conferenza internazionale sul futuro del Paese, che si terrà al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite entro fine settembre. Sul fronte interno, invece, il premier iracheno tenta di rilanciare l’azione politica, annunciando la formazione di una nuova alleanza composta da moderati sciiti e curdi, alla quale però non hanno voluto aderire i membri della rappresentanza sunnita moderata. Al Maliki ha spiegato che la nuova alleanza rappresenta il primo passo per sbloccare la stagnazione politica che ha paralizzato il governo. Sul terreno poi si continuano a registrare attacchi contro le truppe statunitensi: nelle ultime 24 ore, sono 3 i soldati morti a Baghdad. Intanto, il Pentagono ha annunciato che, a causa della sovrapposizione di truppe in partenza e dei rinforzi in arrivo, in autunno il contingente USA raggiungerà le 171.000 unità, il picco più alto dall’inizio delle operazioni In Iraq.
- Ennesima giornata di violenze in Afghanistan, dove un attentatore suicida si è fatto saltare in aria davanti alla casa del governatore del distretto di Kandahar, nel sud del Paese, uccidendo lo stesso governatore e i suoi tre figli. Altri 5 morti e tre feriti si registrano poi nell’est del Paese a seguito di una sparatoria tra le forze della coalizione internazionale e le milizie talebane. Secondo una nota diffusa dal comando NATO, i soldati hanno aperto il fuoco dopo essere stati colpiti dall'esplosione di un ordigno in strada.
- Nella Striscia di Gaza, soldati israeliani hanno fatto esplodere un tunnel sotterraneo, scoperto a 700 metri dal confine con Israele. Secondo fonti israeliane, era usato da Hamas per il passaggio di propri uomini nello Stato ebraico. Sul versante politico, il presidente palestinese, Abu Mazen, ha messo fuori legge le milizie legate ad Hamas. A Gerusalemme, intanto, gli Stati Uniti hanno firmato ieri un memorandum di intesa che prevede lo stanziamento, nei prossimi 10 anni, di circa 30 miliardi di dollari per aiuti militari ad Israele. Il sottosegretario di Stato americano, Nicholas Burns, ha affermato che l’obiettivo degli Stati Uniti è di aiutare Israele a mantenere la superiorità militare in Medio Oriente.
- In Belgio, rischia di arenarsi nelle sabbie mobili del bilinguismo il nascituro governo di centro-destra. Le trattative sono state sospese, e dopo 68 giorni oggi il premier incaricato Leterme riferirà a re Alberto II. Dopo le elezioni, i due partiti cristiano-sociali e i due liberali, rappresentanti le due maggiori etnie, si erano accordati per governare insieme. Ma le richieste fiamminghe di maggiore autonomia linguistica, inaccettabili per i francofoni, hanno finora vanificato ogni sforzo.
- In Grecia, il portavoce del governo ha annunciato che a settembre, sei mesi prima della conclusione dell’attuale legislatura, si terranno elezioni legislative anticipate. Il portavoce ha aggiunto che il primo ministro, Costas Karamanlis, sarà ricevuto dal presidente della Repubblica, Karolos Papoulias, al quale proporrà lo scioglimento del Parlamento e la convocazione delle elezioni per il 16 settembre.
- Entro la fine del mese tutti i giocattoli dell’azienda americana Mattel, prodotti in Cina e ritenuti pericolosi a causa di magneti e vernici tossiche, saranno ritirati dagli scaffali dei negozi italiani. E’ quanto ha dichiarato questa mattina Emilio Petrone, amministratore delegato di Mattel Italia, precisando che “la decisione di ritirare dal commercio alcuni prodotti non in regola con le norme di sicurezza è del tutto volontaria e soprattutto preventiva”. Negli Stati Uniti, intanto, milioni di prodotti sono già stati ritirati,. mentre in Cina si teme una considerevole perdita di posti di lavoro. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
In gioco non c'è solo la reputazione della nota azienda americana ma, soprattutto, la credibilità del governo cinese che adesso teme l’adozione di misure e leggi protezioniste. Intanto, è già arrivato l’avvertimento dell’Unione Europea: senza miglioramenti sul fronte della sicurezza dei prodotti – ha detto una portavoce della Commissione Europea – “è possibile una messa al bando all’importazione di giocattoli dalla Cina”. Nel Paese asiatico, gli standard di sicurezza non sempre vengono rispettati. Lo scorso 2 agosto erano già stati ritirati circa un milione e mezzo di giocattoli, distribuiti in gran parte negli Stati Uniti, dopo che alcuni bambini avevano accusato problemi di salute, tra cui danni cerebrali. Il governo cinese ha subito stilato una lista di 400 aziende produttrici che non rispettano gli standard di sicurezza richiesti e ha annunciato nuove norme di controllo sulla qualità dei prodotti. Ma secondo varie agenzie internazionali, l’esecutivo di Pechino non ha preso, finora, iniziative adeguate per garantire la sicurezza dei prodotti ed era a conoscenza della pericolosità dei giocattoli fin da marzo. In questi giorni, per cercare di fare chiarezza è stata anche aperta un’indagine. Ma non sono solo i giocattoli ad essere sotto inchiesta: un rapporto, diffuso oggi dall’Ufficio informazioni del Consiglio di Stato cinese, ha rivelato che quasi il 15 per cento dei prodotti cinesi non ha superato i controlli di qualità nella prima metà di quest’anno. In vari Stati, sono inoltre risultati contaminati e potenzialmente in grado di creare danni irreparabili anche dentifrici, cibi per cani, bigiotteria, e vari prodotti alimentari cinesi. Molte grandi società, non solo statunitensi, che hanno affidato gran parte della loro produzione alle aziende cinesi per il basso costo del lavoro, adesso cominciano a ripensare le proprie strategie di mercato.
- Primi segnali di schiarita dopo la crisi finanziaria legata ai mutui statunitensi. Le principali Borse europee che, dopo un avvio incerto, hanno cominciato a muoversi in territorio positivo. In caduta libera, invece, la Borsa di Tokyo che ha influenzato negativamente anche le altre piazze asiatiche.
- Non dà tregua la morsa di caldo che attanaglia il Giappone dall’inizio della settimana. Ieri, si è registrato un nuovo record delle temperature, con il termometro che ha toccato per la prima volta i 40,9 gradi, dato rilevato in due città dell’entroterra. Anche sul monte Fuji, montagna sacra del popolo nipponico, è stata raggiunta la temperatura più elevata degli ultimi 65 anni. Un clima rovente che ha causato finora almeno 5 morti e il ricovero in ospedale di 140 persone.
- Negli Stati Uniti, tre persone sono morte e sei sono rimaste ferite a seguito di una frana in una miniera dello Utah. Si tratta della squadra di soccorritori che cercava di raggiungere i sei minatori che da 11 giorni sono intrappolati in un tunnel della miniera. L’incidente è stato provocato da uno smottamento del terreno avvenuto mentre i soccorritori stavano scavando una galleria per raggiungere i dispersi. Dopo la frana sotterranea non è più stato stabilito alcun contatto con i minatori e non è stato reso noto quando le operazioni di soccorso riprenderanno. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 229
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