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SOMMARIO del 13/08/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Il cristiano non è possessivo, né del mondo né della storia: così, il teologo padre Rupnik commenta l’Angelus di Benedetto XVI, ieri a Castel Gandolfo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Alluvioni in Asia: si lotta contro epidemie e fame
  • Rogo di Livorno: l'UE risponde a Prodi sull'integrazione dei Rom. Il commento di mons. Razzauti
  • Allarme UNICEF: nel mondo, due milioni di bambini vittime del turismo sessuale
  • Inaugurato a Timor ovest il primo monastero claustrale benedettino
  • Pubblicato il volume fotografico sull'ultimo viaggio pastorale di Giovanni Paolo II, avvenuto a Loreto il 5 settembre 2004. Ce ne parla mons. Gianni Danzi
  • Chiesa e Società

  • Il cardinale Schönborn, arcivescovo di Vienna, benedice il Memoriale dedicato al cardinale Franz König, scomparso nel 2004
  • Pakistan. Lettere minatorie alla comunità cristiana di Peshawar: “O la conversione all’Islam o i kamikaze”
  • A Timor Est, stuprate diverse alunne del convento salesiano di Baucau
  • Le Pallottine eleggono madre Serena Cambiaghi nuova superiora generale
  • Presidenziali in Guatemala: campagna elettorale con oltre 40 morti
  • Amnesty International denuncia l’aumento del divario tra i ricchi e i poveri del mondo
  • Sparatoria un una chiesa protestante del Missouri: tre morti e cinque feriti
  • Spazio: la NASA fotografa una ‘famiglia di stelle’ appena nate
  • 24 Ore nel Mondo

  • Afghanistan: liberate due donne sudcoreane, ostaggio dei talebani – In Polonia, destituiti 4 ministri. Si fa più concreta l’ipotesi del voto anticipato
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il cristiano non è possessivo, né del mondo né della storia: così, il teologo padre Rupnik commenta l’Angelus di Benedetto XVI, ieri a Castel Gandolfo

    ◊   Vivere con lo sguardo verso l’alto, spendere la propria esistenza in modo saggio e previdente, considerando attentamente il nostro destino: è l’esortazione rivolta dal Papa ai fedeli, ieri all’Angelus a Castel Gandolfo. Benedetto XVI ha così ricordato che sulla terra “siamo solo di passaggio” e dobbiamo dunque prepararci ad incontrare Gesù, con una costante tensione verso il cielo. Sulle parole del Papa, Alessandro Gisotti ha intervistato il teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:


    R. – Mi sembra che il punto di partenza sia la verità del cristiano, cioè la sua identità. Noi riceviamo la vita nel Battesimo. Noi non abbiamo nessun’altra vita se non quella ricevuta dal Battesimo. E nel Battesimo, noi riceviamo la vita che è di Dio. Dunque, la vocazione del cristiano è la comunione con Dio e questa vita ricevuta da Dio, che è appunto la comunione. Anche questa vita, infatti, noi non la riceviamo individualmente, ma la riceviamo nel grembo della Chiesa. Penso che semplicemente considerare seriamente l’identità del cristiano, la sua verità, significa sapere che noi abbiamo la patria nella comunione misteriosa di un amore che non si esaurisce mai, che non si scruta mai fino in fondo e che noi o viviamo da quella fonte, o non viviamo.

     
    D. – La gioia vera non deriva dai beni materiali che sono beni illusori: ecco, l’avvertimento del Pontefice è particolarmente urgente oggi, in una società – lo sappiamo – così permeata da tendenze materialiste e che a volte tende ad elevare a stile di vita il consumismo ...

     
    R. – Noi non arriveremo mai a vivere la pienezza di questa comunione che Dio ci riserva e custodisce per l’escatologia, per i tempi compiuti e la fine del mondo ... noi non ci arriveremo mai se non la viviamo già oggi, nella nostra dimensione storica. Io penso che le cose possedute, questo prendere le cose e tenerle per se stessi, questo significa proprio far morire le cose. Le cose diventano immediatamente morte, mute, non parlano più, non comunicano più niente. Basta pensare di nuovo al Battesimo e a tutti i Sacramenti. Come dicono tanti Padri della Chiesa, soprattutto i Padri siriaci, orientali, è nei Sacramenti che la materia diventa veramente così come è nella volontà del Creatore.

     
    D. – Il Papa ha rammentato all’Angelus che i primi cristiani vivevano e si consideravano forestieri quaggiù, sulla Terra, e viene alla mente la Lettera a Diogneto in cui dei cristiani si dice che “abitano il mondo ma non sono del mondo”. Eppure, questo non è un invito a voltare le spalle alle sofferenze del mondo ... Anche ieri il Santo Padre, dopo l’Angelus, ha lanciato un accorato appello per le popolazioni del Sudest asiatico colpite dalle terribili inondazioni di questi giorni ...

     
    R. – E proprio questo è veramente l’atteggiamento del cristiano. Questo disinteresse, in un certo senso, che il cristiano ha per il mondo, ha a che fare con la questione del possesso del mondo. Il cristiano non è possessivo, né del mondo né della storia perché la storia non va secondo ciò che pensa il cristiano, perché Cristo stesso si è manifestato all’interno del travaglio della storia. Il cristiano non possiede, non è possessivo neanche nelle relazioni. La vocazione del cristiano è – come dice San Paolo – “vivere le cose come se non”, il che non vuol dire lasciar perdere le cose ma vuol dire comunque sapere che l’ultima parola è del Signore. Non bisogna avere un atteggiamento aggressivo anche verso la storia, come se noi sapessimo come sarebbe bello se la storia andasse in un senso che noi vogliamo e così ci sforziamo che deve andare così: questo non è cristiano! Perché Cristo stesso non ha fatto così! Tuttavia, all’interno di qualsiasi scenario storico, il cristiano trova la situazione ideale per rivelare ciò che lui è: comunione con Dio e con gli uomini.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano – “Non manchi a questi nostri fratelli e sorelle l’aiuto tempestivo e generoso della comunità internazionale”: all’Angelus recitato a Castel Gandolfo, Benedetto XVI esprime la sua profonda partecipazione al dolore delle popolazioni colpite dalle recenti inondazioni nel Sud-Est asiatico.

    Servizio estero - Iraq: il premier Al Maliki convoca un vertice tra i leader politici per superare la crisi in atto nell’Esecutivo.

    Servizio culturale - Un articolo di Maria Maggi dal titolo “Marte al setaccio per scovare la vita”.

    Servizio italiano - In primo piano la vicenda legata al rogo in un campo nomadi a Livorno.

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    Oggi in Primo Piano



    Alluvioni in Asia: si lotta contro epidemie e fame

    ◊   “Un aiuto tempestivo e generoso della Comunità internazionale” alle popolazioni del Sud Est asiatico colpite dalle inondazioni. È quanto ha invocato ieri il Papa all’Angelus, ricordando la drammatica situazione di India, Bangladesh e Nepal, dove dallo scorso giugno le vittime sono state oltre 2000 e dove adesso, placate le piogge, avanza l’emergenza epidemie. Centinaia di migliaia sono inoltre le persone senza cibo, acqua potabile, alloggio. Sulla situazione in queste ore, ascoltiamo Marzio Babille, responsabile sanitario in India, raggiunto telefonicamente in Bihar da Silvia Gusmano.


    R. – Si sono riaperti dei canali di comunicazione in alcuni distretti, che due giorni fa erano in grave difficoltà. Quindi, sicuramente, da una parte c’è il deflusso dell’acqua e, dall’altra, alcune vie di comunicazione sono state ristabilite.

     
    D. – Quali sono quindi ancora le zone critiche in India?

     
    R. – Sono sei distretti in Bihar e quattro nella parte orientale dell’Uttar Pradesh. In Assam la situazione sta andando molto meglio.

     
    D. – L’emergenza adesso è quella delle epidemie…

     
    R. – Sì, esatto. Noi abbiamo motivi di preoccupazione, proprio per il fatto che una situazione di inondazione piena sta calando. Le malattie - la malaria e una serie di altre malattie importanti – sono sicuramente dietro l’angolo. Noi abbiamo anzi anche dei dati di aumento importante della morbosità, però non ancora a livello epidemico. Il sistema in questo momento regge. Cerchiamo di avere una sorveglianza epidemiologica efficace.

     
    D. – Come sta intervenendo l’UNICEF?

     
    R. – In questo momento noi abbiamo 43 team medici che cooperano con 116 medici governativi, che servono esattamente 738 campi, prevalentemente collocati nello Stato di Bihar. Un dato positivo che le do è che abbiamo in questo momento in corso le vaccinazioni contro il morbillo. Il numero totale di bambini, da 6 mesi a 14 anni di età, che verranno immunizzati sono 450 mila. Continuiamo ad avere una parte primaria, insieme alle Ong, nella distribuzione dei materiali: fra le 25 e le 30 tonnellate di cibo.

     
    D. – In prima linea, sul fronte dei soccorsi, appunto l’UNICEF e altre organizzazioni umanitarie. C’è una collaborazione da parte del governo?

     
    R. – Il governo fa quello che può. Sicuramente, il governo di questo Stato, ma anche dell’Uttar Pradesh, non ha una storica capacità in tutta la catena della gestione dei soccorsi e della grande logistica, che vuol dire far arrivare materiale di soccorso da altre parti, gestirlo, stoccarlo…

     
    D. – Qual è la situazione degli altri Paesi alluvionati dell’area?

     
    R. – Per quanto è dato sapere dai nostri uffici UNICEF in Nepal e in Bangladesh, particolarmente quest’ultimo appare in grave difficoltà. Credo che il livello di gravità dell’inondazione in Bangladesh e quello dello Stato di Bihar siano simili.

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    Rogo di Livorno: l'UE risponde a Prodi sull'integrazione dei Rom. Il commento di mons. Razzauti

    ◊   Ancora sconcerto e polemiche a due giorni dalla morte di 4 bambini Rom nel rogo della baracca in cui dormivano a Livorno. Oggi potrebbe essere assegnato l’incarico per eseguire l’autopsia mentre i genitori dei piccoli sono in carcere con l’accusa di concorso in incendio colposo, abbandono di minore e di incapace. E la discussione politica si allarga. “Le regole per l’integrazione dei Rom e delle altre minoranze etniche in Europa ci sono, sta agli Stati membri rispettarle”. Così la Commissione dell'Unione Europea risponde al premier Romano Prodi che ieri aveva sottolineato come quello dei Rom è un problema politico complesso e irrisolto anche in Europa. Intanto come sta vivendo questo momento la comunità cristiana livornese? Luca Collodi lo ha chiesto a mons. Paolo Razzauti, amministratore diocesano di Livorno:


    R. – Con stupore e tristezza, ma nello stesso tempo anche con una sana inquietudine per chiederci che cosa la comunità cristiana possa fare ancora di più di quello che sta facendo, per queste persone. Non solo per queste famiglie e in questo momento, ma per i Rom e per tante altre persone che stanno giungendo a Livorno e che non hanno dove abitare.

     
    D. – Cosa può fare la Chiesa locale, ma anche la Chiesa nazionale per aiutare i Rom?

     
    R. – Io ritengo, come è stato detto anche da altre parti, che ormai è un problema che va affrontato a fondo. Finora, forse, l’abbiamo sfiorato, ce lo siamo posti ma non l’abbiamo affrontato a fondo. Va studiata l’integrazione di queste persone. A volte è difficile farle integrare, a volte è difficile integrarle da parte nostra; però io credo che soltanto attraverso un tavolo di lavoro e di studio, a cui si siedano le diverse realtà, a cominciare dalle città per andare anche a livelli più alti, noi dobbiamo capire: dobbiamo capire come poter integrare nel nostro territorio, nelle nostre tradizioni, nella nostra cultura, queste persone. Io credo che uno dei primi impegni sia quello della scolarizzazione di questi ragazzi: impegnandosi con borse di studio, impegnandosi anche come Chiesa, impegnandosi come società, a far sì che questi ragazzi non siano più lungo le strade ma siano seduti ai tavoli di una scuola. Allora, forse incominceremo a cambiare anche non tanto una loro cultura, una loro mentalità, ma un loro modo di vivere.

     
    D. – Mons. Razzauti, di fatto molte persone, molti cittadini italiani non vedono di buon occhio la vicinanza dei campi nomadi, quindi non vedono di buon occhio comunque la convivenza con i Rom ...

     
    R. – Sì: purtroppo, quello della povertà è un rifiuto che c’è, perché io credo che non ci sia solo un rifiuto verso i Rom, con le vecchie e le attuali paure di furti e roba del genere; ma io credo che sia un rifiuto della povertà, il rifiuto di voler vedere la povertà, di aver paura che la povertà tocchi qualcosa delle nostre ricchezze. Io invece credo che la povertà debba essere affrontata perché sta inserendosi sempre più nella nostra realtà di vita di ogni giorno. I nuovi poveri stanno arrivando, le nuove povertà stanno arrivando. Allora, o ci mettiamo in testa tutti insieme di affrontarle, di viverle, di dare non tanto delle soluzioni, ma di dare degli appoggi a queste povertà in modo che tutti possano risalire un po’, oppure siamo tutti degli sconfitti. Io credo che la cultura della solidarietà, oggi, non debba essere sconfitta ma debba essere affrontata ogni giorno di più. E quindi voglio sperare veramente che i gesti che in questi giorni a Livorno vengono fatti, non tanto con un mazzo di fiori depositato lì o meno, ma gesti di vera solidarietà, di vera attenzione, io credo che attraverso questi gesti si possa dare un senso di accoglienza a queste persone e farle sentire meno sole, meno rifiutate dalla società. E aiutare loro a rifiutare meno la società, a combattere meno una società, invece, della quale hanno bisogno.

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    Allarme UNICEF: nel mondo, due milioni di bambini vittime del turismo sessuale

    ◊   Nel mondo, sono circa due milioni i bambini sottoposti a sfruttamento sessuale, 500 mila dei quali solo in Asia del sud: è il drammatico dato diffuso nei giorni scorsi dall’UNICEF, secondo cui i Paesi maggiormente colpiti sono la Thailandia, lo Sri Lanka, il Brasile, Cuba e Santo Domingo. Ma il fenomeno del turismo sessuale si sta espandendo anche altrove? Marina Tomarro lo ha chiesto a Marco Scarpati, presidente dell’ECPAT Italia, Associazione Onlus contro la pedo-pornografia e lo sfruttamento sessuale dei minori:


    R. – In questi ultimi anni, il turismo sessuale con minori si è espanso in ogni angolo della Terra, per cui ultimamente stiamo vedendo che non si può dire che esistano Paesi nei quali non siano già iniziate vere e proprie campagne di reclutamento di bambini nel turismo sessuale.

     
    D. – In che modo sono avvicinati questi ragazzini?

     
    R. – Di norma, vengono avvicinati attraverso altri bambini che vivono nelle zone turistiche, attraverso, per esempio, i beach-boys o attraverso ragazze che vanno nelle case dove stanno i turisti per fare pulizie. Altri modi per giungere ai minori è attraverso gli adulti, per esempio tassisti, a volte persino albergatori!

     
    D. – Chi è oggi questo turista del sesso e cosa lo spinge ad andare alla ricerca di questo tipo di esperienze?

     
    R. – Gli studi che stiamo conducendo ci fanno notare che il turista del sesso non è più il signore di mezza età, ricco, ma è una persona di qualsiasi ceto sociale che va dai 20 ai 30 anni e che supera i 30 anni solo nel caso del turismo sessuale femminile. Che cosa lo spinge? Ci sono una girandola di spiegazioni, non ultima delle quali il fatto che in questi Paesi con pochi soldi si ottiene molto.

     
    D. – C’è un modo concreto per fermare questi “orchi” che vanno lì a cercare un determinato tipo di vacanze?

     
    R. – Beh, io credo che ci sia da sempre una complicità nell’ambito familiare rispetto a certe stranezze e follie. Non riesco mai a credere che nessuno, in una famiglia, non riesca a capire che cosa succede in un giovane uomo che, da solo, si porta dall’altra parte del mondo, va in vacanza due-tre volte l’anno, sempre solo, mentre poi per tutto il resto dell’anno vive una vita in gruppo assieme a tutti i suoi coetanei. Ci dev’essere qualcosa anche all’interno della famiglia che non riesce a creare l’osservazione.

     
    D. – Ma in che modo si possono proteggere i bambini di questi Paesi per aiutarli a vivere un’infanzia dignitosa?

     
    R. – La risposta è sempre il ridurre le povertà. Il 100 per cento dei bambini sfruttati nei Paesi del Sud del mondo sono bambini che provengono da famiglie povere, bambini che non hanno accesso alla scuola ... Il modo migliore per evitare che queste cose succedano è certamente dare una mano a chi, in questo momento, si occupa di elevare il livello economico e culturale delle popolazioni del Sud del mondo.

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    Inaugurato a Timor ovest il primo monastero claustrale benedettino

    ◊   Un ponte spirituale tra l’Italia e l’Indonesia realizzato grazie alla regola benedettina: a Timor ovest, nella città di Kupang, è stato inaugurato recentemente il primo monastero claustrale benedettino. Un progetto avviato più di 10 anni fa e che ha visto la luce grazie alla volontà di giovani suore indonesiane e italiane, provenienti dal monastero ‘Santa Maria delle Grazie’ di Orte, in provincia di Viterbo. Al microfono di Isabella Piro, ce ne parla don Mauro Pace, parroco di ‘Santa Maria Assunta’ ad Orte, che ha collaborato alla realizzazione del progetto:


    R. – Qui ad Orte c’è la presenza di un monastero benedettino da oltre 300 anni. Una monaca di questo monastero ha visitato l’Indonesia e ha trovato molta attenzione da parte della Chiesa indonesiana perchè ci fosse qui una presenza. C’erano molte ragazze che chiedevano di poter intraprendere un’esperienza di vita religiosa. Pertanto è iniziato questo tipo di collaborazione tra il monastero di Santa Maria delle Grazie di Orte e l’Indonesia. Sono venute, in questi 12, 13 anni, circa 30 ragazze e il vescovo di Kupang ha prospettato la possibilità di avere una presenza benedettina in Indonesia, dove non c’è questo tipo di spiritualità.

     
    D. – Qual è la realtà ecclesiastica che hanno trovato le suore a Kupang?

     
    R. – Una Chiesa viva, una Chiesa desiderosa di conoscere l’esperienza cristiana. Una terra dove sono presenti altre forme religiose e soprattutto i musulmani. Il cristianesimo, però, ha un’attrattiva e una credibilità veramente grande. Hanno trovato anche tanta disponibilità da parte dei cristiani e quindi questo progetto è nato in rispondenza di un desiderio grande che c’era laggiù.

     
    D. – Qual è stato il momento più bello della realizzazione di questo progetto?

     
    R. – Il momento clou è stata proprio l’inaugurazione del monastero. C’è stato un concorso grandioso di gente, di ogni ceto sociale, anche poverissimi, che hanno visto nella realizzazione di questo monastero la possibilità di un approfondimento della vita cristiana, perché è questo che il monastero intende realizzare: mettersi a disposizione per corsi di liturgia, per corsi di catechesi, di preparazione ai sacramenti, perché il mistero cristiano sia sempre più conosciuto e accolto.

     
    D. – Don Mauro, lei ha avuto modo di incontrare alcune suore che sono tornate dall’Indonesia: cosa le hanno raccontato?

     
    R. – Sono felicissime, anche se l’inizio del monastero è un po’ difficile, da un punto di vista dei sussidi materiali. E’ un punto di estrema povertà e quindi anche la vita del monastero ha bisogno di essere sostenuta. Trovano, però, tanta corrispondenza da parte delle popolazioni, anche dei più poveri, che sono disponibili a disfarsi di alcune delle loro povere cose per far sì che possa sussistere questo monastero e continuare ad ingrandirsi.

     
    D. – Si tratta del primo monastero benedettino della zona: si può pensare ad altri progetti per il futuro?

     
    R. – Naturalmente, questa esperienza dovrà essere adattata alle caratteristiche culturali e alle tradizioni del posto. Poi, dopo, si vedrà se questo centro di spiritualità potrà generare altri centri o altri monasteri. Questo è l’augurio.

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    Pubblicato il volume fotografico sull'ultimo viaggio pastorale di Giovanni Paolo II, avvenuto a Loreto il 5 settembre 2004. Ce ne parla mons. Gianni Danzi

    ◊   E’ stato pubblicato in questi giorni un prezioso volume fotografico sull’ultimo viaggio pastorale di Giovanni Paolo II avvenuto a Loreto il 5 settembre del 2004. Hanno curato i testi dell’opera l’arcivescovo-prelato di Loreto Gianni Danzi, delegato pontificio per il Santuario della Santa Casa, e suor Myriam Castelli, giornalista di RAI International. Il fotoreporter Guido Picchio è l’autore delle foto che ritraggono i momenti intensi dell’incontro di un Papa Wojtyla già sofferente con i giovani dell’Azione Cattolica nel grande raduno sulla spianata di Montorso. Il volume esce a pochi giorni dalla prima visita di Benedetto XVI a Loreto, l’1 e 2 settembre prossimi. Ma quale ricordo ha lasciato Giovanni Paolo II in questo suo ultimo viaggio? Tiziana Campisi lo ha chiesto allo stesso mons. Gianni Danzi:


    R. – Certamente, la testimonianza più grande del senso e del significato del dolore. Lui, quasi Cristo che va al Calvario, è spogliato di tutta la sua umanità e con la sua fragilità ormai si trova di fronte al Signore faccia a faccia. E’ così vero questo che dopo non molto ritornò al Padre. Questo mi pare un ricordo, un segno effettivo di quella presenza.

     
    D. – Come conservare e far fruttificare le parole di Papa Wojtyla pronunciate nel 2004 a Loreto?

     
    R. – Io credo che sia importante che ognuno di noi faccia memoria di quell’avvenimento, perchè le parole sono molto importanti, ma solo quando la persona, attraverso dei disegni particolari del Padre, si incontra con il Cristo vivo e vero presente nella sua Chiesa, da quell’incontro determina la vita. E proprio all’interno di questa dinamica, ciò che lascia come messaggio a tutta la realtà ecclesiale, sono due o tre elementi, che io evidenzierei, attraverso ciò che lui stesso ha detto. Innanzitutto, qual è la via per arrivare alla verità. Giovanni Paolo II dice: “Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo”. Perché portare la croce è una esperienza che, voglia o non voglia, l’uomo fa quotidianamente.

     
    D. – Come si sta preparando Loreto alla visita di Benedetto XVI?

     
    R. – E’ un cammino questo, segnato innanzitutto dalla preghiera. Quindi, dà un aiuto a diventare sempre più attenti e capaci di accogliere gli altri, di accogliere il diverso da noi. Questo mi pare sia il nucleo centrale della preparazione. Poi, è chiaro, un avvenimento così ha bisogno di strutture, di sicurezze, di certezze per i giovani e per il Papa stesso, per cui accanto a quella preparazione di cui accennavo prima, c’è in atto tutta la preparazione per un’accoglienza di Papa Benedetto e un’accoglienza che si fa luogo di incontro con tutte quelle persone giovani e meno giovani che verranno l’1 e il 2 settembre.

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    Chiesa e Società



    Il cardinale Schönborn, arcivescovo di Vienna, benedice il Memoriale dedicato al cardinale Franz König, scomparso nel 2004

    ◊   Nel contesto del Pellegrinaggio dei giovani europei, il cardinale arcivescovo di Vienna, Christoph Schönborn, ha benedetto stamani, nella Basilica del Santuario di Mariazell, il Memoriale dedicato al cardinale Franz König (3 agosto 1905 – 13 marzo 2004), dopo aver celebrato una liturgia eucaristica di suffragio. Il cardinale König – lo ricordiamo – è stato presidente dell’allora Pontificio Consiglio per il dialogo con i non credenti e, prima ancora, arcivescovo di Vienna. Accanto al ministero pastorale, ha giocato un ruolo da protagonista durante il Concilio Vaticano II. Altrettanto intensa e attiva la sua presenza discreta e continua nel dialogo con i non credenti; dalle numerose missioni e viaggi compiuti in diversi Paesi dell'Est europeo, alla linea d'apertura portata avanti nella sua diocesi con il rinnovamento dei metodi pastorali e l'impulso dato alla posizione privilegiata di Vienna per il dialogo con l'Est, fino al ruolo svolto sin dai suoi inizi nell'ambito del Segretariato per i non credenti. Il Memoriale, collocato nella Cappella di Sant’Egidio, è opera dell’architetto Wolfgang Feyferlik e si compone di cinque cubi di vetro contenenti altrettanti oggetti appartenuti al cardinale König: un rosario; l’anello del Concilio Vaticano II; la croce pettorale dono di Giovanni XXIII; l’”Enkolpion”, pettorale vescovile in uso nelle Chiese Orientali, donato al cardinale König per il centesimo compleanno dal metropolita Michael Staikos; l’annuario pontificio che il porporato aveva con sé al momento dell’incidente automobilistico riportato nel 1960 in Croazia, mentre si recava alle esequie del cardinale Stepinac. Ciascun oggetto reca una frase del cardinale e uno scritto che spiega la presenza dell’oggetto stesso nel memoriale. I vescovi austriaci, nella Plenaria del 15 marzo, avevano già ricordato con una celebrazione eucaristica nel Duomo di Santo Stefano il terzo anniversario della morte del cardinale König. Successivamente era stato consegnato il Premio intitolato al porporato, assegnato quest’anno al Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I. La figura del cardinale König è fortemente legata all’impegno ecumenico e, in particolare, al dialogo con le Chiese ortodosse. La visita del Patriarca Bartolomeo I per ricevere il "Premio Cardinale König" è stata presentata a Vienna dal metropolita Michael Staikos, che ha ricordato lo "stretto legame" tra il cardinale König e il Patriarcato ecumenico e, in particolare, l'incontro avvenuto nel 1961 con il Patriarca ecumenico di allora, Atenagora I, così come il rapporto d'amicizia tra il defunto arcivescovo di Vienna e Bartolomeo I. (L.B.)

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    Pakistan. Lettere minatorie alla comunità cristiana di Peshawar: “O la conversione all’Islam o i kamikaze”

    ◊   In Pakistan, lettere minatorie che esigono la conversione all’Islam, pena attentati suicidi, sono state recapitate a famiglie cristiane in diverse zone di Peshawar. Ora la comunità locale vive “in una grande paura e insicurezza”. A riferirlo è Pervez Masih, deputato rappresentante per le minoranze, che ha denunciato l’accaduto lo scorso 10 agosto, davanti all’Assemblea nazionale, la Camera del Parlamento pakistano. Il politico – riferisce l’agenzia del PIME, AsiaNews – ha raccontato che i messaggi, titolati “La morte bussa alla porta”, sono tutti scritti a mano e presentano in alto slogan contro gli Stati Uniti e gli infedeli, come pure inviti alla jihad. L’Assemblea nazionale ha poi letto il contenuto delle lettere: “A tutti voi chiediamo di abbandonare il Cristianesimo e diventare musulmani – si legge – per assicurarvi un posto in paradiso. Altrimenti, a breve, la vostra colonia sarà distrutta e voi sarete responsabili per la perdita di vite e di proprietà che ne conseguirà. Siate pronti, perché non è una semplice minaccia. I nostri kamikaze vi uccideranno. Consideratelo un ultimatum”. Secondo Pervez Masih, il governo prenderà in seria considerazione l’incidente, che ha generato un senso di insicurezza tra tutti i cristiani di Peshawar. Le lettere minatorie sono arrivate in diverse zone della città; soprattutto nell’area di Kohati, dove si trovano alcuni dei luoghi di culto cristiani più antichi. Il 10 agosto, i responsabili della comunità si sono incontrati con il capo della polizia locale, Majeed Marwat, che ha garantito loro di aumentare le misure di sicurezza e il controllo intorno agli obiettivi sensibili. (R.M.)

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    A Timor Est, stuprate diverse alunne del convento salesiano di Baucau

    ◊   Alcune giovani alunne del convegno salesiano di Baucau, a Timor Est, sono state violentate nel corso dei disordini scoppiati in seguito alla nomina del premier, Xanana Gusmao. Bande di giovani facinorosi hanno assaltato il convento cattolico, saccheggiando gli edifici e violentando “diverse alunne”, come riferito dall’agenzia Ansa. La più piccola delle vittime ha appena otto anni. “È una tragedia, perché è accaduto a delle bambine – ha dichiarato padre Basilio Maria Ximenes, superiore del convento – e perché è accaduto in un luogo sacro”. Sempre durante i disordini seguiti alla nomina, un convoglio dell’ONU è stato attaccato a sassate da centinaia di manifestanti. I gravi incidenti, che stanno interessando da giorni diversi centri del Paese, sono opera dei sostenitori del Freitlin, la forza politica che ha raggiunto la maggioranza relativa in Parlamento alle scorse elezioni e afferma il suo diritto a governare. Oltre una settimana fa, il presidente Jose Ramos Horta ha invece affidato l’incarico a Gusmao, eroe dell’indipendenza dall’Indonesia, il cui partito si è alleato a forze politiche minori e ha conquistato la maggioranza assoluta. (V.F.)

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    Le Pallottine eleggono madre Serena Cambiaghi nuova superiora generale

    ◊   Madre Serena Cambiaghi è la nuova superiora generale della Congregazione delle Suore dell'Apostolato Cattolico, conosciute anche come Pallottine. La religiosa è stata eletta ieri, durante il XXIV Capitolo generale, in corso nel Centro di Spiritualità “San Vincenzo Pallotti” a Grottaferrata, sul tema: “Testimoni di Dio, Amore Infinito, seguiamo Cristo Apostolo, cantando insieme un canto nuovo”. Madre Cambiaghi, 62 anni, è nata a Vimodrone, in provincia di Milano, e subentra alla Madre Ivete Garlet, brasiliana, che ha guidato la Congregazione negli ultimi dodici anni. Le Suore dell'Apostolato Cattolico sono parte integrante dell'Unione dell'Apostolato Cattolico e sono state fondate da San Vincenzo Pallotti, sacerdote romano, vissuto nella prima metà dell'Ottocento e canonizzato dal Papa Giovanni XXIII. Sono circa 500 e sono presenti in Italia, Stati Uniti, Brasile, Argentina, India e Mozambico, dove svolgono attività prevalentemente educativa, assistenziale e pastorale. Madre Cambiaghi, cresciuta nelle file dell'Azione Cattolica, nella sua vita di consacrata nella Famiglia delle Pallottine ha sempre svolto attività educativa e pastorale. Negli ultimi dieci anni ha offerto il suo servizio di animazione presso il Centro di Spiritualità “San Vincenzo Pallotti”. Le sue consorelle le augurano di continuare ad essere piena di entusiasmo per il carisma del Fondatore e di dare grande impulso al servizio al Regno di Cristo Gesù. (R.M.)

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    Presidenziali in Guatemala: campagna elettorale con oltre 40 morti

    ◊   La campagna elettorale in corso per le elezioni presidenziali e comunali del 9 settembre è la più violenta della storia del Guatemala. Lo hanno denunciato organizzazioni per i diritti umani, secondo cui negli ultimi mesi ci sarebbero già stati oltre 60 attentati contro candidati, attivisti o familiari, con un bilancio di 41 morti. L’ultimo attentato in ordine di tempo – riferisce l’agenzia ANSA – si è svolto tre giorni fa, ai danni di Hector Rosales, candidato del partito Desarrollo Integral Autentico (DIA), che non supera il 2% nei sondaggi, la cui auto è stata inseguita e mitragliata dopo un comizio nella cittadina di Zacualpa. Rosales, un colonnello in pensione, e la moglie sono rimasti indenni, così come Edwin Antonio Rodas, candidato nella città di Tecpan per il partito al governo, la Gran Alianza Nacional, sfuggito per poco ad alcuni colpi di arma da fuoco a lui indirizzati. Il partito del Premio Nobel Rigoberta Menchu è stato bersaglio di tre attentati, mentre 18 militanti del partito di Alvaro Colon, attuale favorito nei sondaggi, sono stati uccisi negli ultimi mesi. Secondo l'organizzazione Mirador Electoral, dietro gli attentati ci sarebbero i narcotrafficanti e i vari movimenti paramilitari (oggi fuorilegge), che cercano di influenzare i candidati e gli elettori per mantenere il loro potere sulla società guatemalteca. (R.M.)

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    Amnesty International denuncia l’aumento del divario tra i ricchi e i poveri del mondo

    ◊   Circa un terzo dell’umanità vive con meno di un dollaro al giorno. L’allarme povertà nel mondo è stato al centro della 28.ma riunione del Consiglio internazionale di Amnesty International, svoltasi nel fine settimana a Yautepec, a qualche decina di chilometri da Città del Messico. Nel corso dell’incontro, cui hanno partecipato 400 persone provenienti da 70 Paesi, è stata denunciata la crescita preoccupante del divario tra ricchi e poveri. Se dieci anni fa, infatti, i benestanti erano 30 volte più ricchi degli indigenti, oggi lo sono ben 130 volte. “Con le attuali regole del mondo globalizzato – ha commentato Hernando de Soto, presidente peruviano dell’Istituto Libertad y Democrazia, intervenuto alla riunione – i poveri non hanno alcuna possibilità di migliorare la loro condizione”. “Altro che diminuire – ha dichiarato Jan Pronk, ex capo della missione ONU in Sudan – la povertà è in aumento”. Sempre secondo Pronk, gli Obiettivi del millennio stabiliti dalle Nazioni Unite per il 2015 non potranno essere raggiunti. Ma a conclusione dell’assemblea, Amnesty ha espresso tre grandi speranze, indispensabili per colmare questo divario: un rafforzamento e una riforma dell’ONU, il fiorire di una società civile globale e l’abilità della gioventù attuale di identificarsi con un mondo senza confini. (V.F.)

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    Sparatoria un una chiesa protestante del Missouri: tre morti e cinque feriti

    ◊   Tre persone sono morte e almeno cinque sono rimaste ferite in una sparatoria durante una funzione religiosa in una chiesa protestante della città di Neosho, nello Stato USA del Missouri. Un uomo, la cui identità non è stata rivelata, è stato subito arrestato, come afferma lo sceriffo locale al “Neosho Daily News”. La sparatoria - precisa il quotidiano nella sua versione online - è avvenuta ieri pomeriggio, durante la funzione religiosa alla quale partecipavano una cinquantina di persone. Il capo della polizia ha precisato che l'uomo che ha sparato sulla folla avrebbe avuto un diverbio con una famiglia che assisteva alla Messa il giorno prima. Nella chiesa, poi, sono state ritrovate anche tre pistole. (R.M.)

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    Spazio: la NASA fotografa una ‘famiglia di stelle’ appena nate

    ◊   E’ un vero e proprio ‘asilo spaziale’ quello scoperto e fotografato dal telescopio a infrarossi Spitzer della NASA: alcune centinaia di stelle appena formate a 848 anni luce dalla Terra, che potrebbero finalmente far risolvere agli astronomi il mistero della formazione di questi corpi celesti. Il raggruppamento di stelle si trova nella parte sud della costellazione del Serpente, immerso in una nuvola di gas. “E’ la prima volta che qualcuno riesce a vederle - spiega Robert Gutermuth, dello Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, che ha elaborato i dati - perché alla lunghezza d'onda della luce visibile sono coperte da una nuvola di polvere e detriti”. Il nuovo ammasso stellare, definito ‘cluster’, è stato chiamato ‘Serpente del Sud’. Quello che gli scienziati stanno cercando di capire è se le stelle sono tutte ‘sorelle’, cioè nate nello stesso momento da una sola nuvola ‘genitore’ di gas, oppure sono un ‘clan’, in cui le prime che si sono formate dalla nuvola hanno ‘adottato’ poi le altre. Per scoprirlo gli astronomi hanno confrontato le velocità delle baby-stelle con quella del gas che le circonda, scoprendo che sono uguali. “Il cluster e la nuvola hanno la stessa velocità - spiega Tyler Bourke, un altro dei ricercatori che lavorano al progetto - e questo sembrerebbe indicare che le stelle sono una ‘famiglia’ e non un ‘clan’”. La foto mostra le ‘nuove nate’ come puntini di diversi colori, disposte sopra a una linea scura, che in realtà è una lunga striscia di polvere e gas da cui potrebbero ancora nascere nuove stelle. Al centro del cluster c’è una nuvola verde di idrogeno gassoso, espulso a grande velocità dalle stelle appena formate. Si vede anche una nuvola rossa, che è invece formata da idrocarburi policilici aromatici, composti del carbonio che sulla Terra si trovano ad esempio come residuo della combustione di motori. (R.M.)

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    24 Ore nel Mondo



    Afghanistan: liberate due donne sudcoreane, ostaggio dei talebani – In Polonia, destituiti 4 ministri. Si fa più concreta l’ipotesi del voto anticipato

    ◊   In Afghanistan, almeno 14 le persone rimaste uccise in seguito all’attacco sferrato dai talebani contro un quartier generale della polizia. Sempre dal Paese asiatico, arrivano importanti e attese notizie sul sequestro del gruppo di sudcoreani rapiti dai talebani lo scorso 19 luglio. Il nostro servizio:


    La notizia è stata battuta poco fa da varie agenzie di stampa: sono state liberate due sudcoreane rapite dai talebani nella provincia meridionale di Ghazni. Gli stessi talebani avevano annunciato che nel pomeriggio avrebbero consegnato alla Croce Rossa le due ragazze sudcoreane in precarie condizioni di salute. La liberazione sarebbe avvenuta in una zona compresa tra le province meridionali di Ghazni e Zabul. Finora, i rapitori hanno ucciso due ostaggi e restano altri 21 sudcoreani nelle loro mani. Si tratta di un gruppo di giovani missionari cristiani evangelici. I talebani hanno sempre chiesto, in cambio della loro liberazione, la scarcerazione di diversi guerriglieri detenuti nelle prigioni afghane. Le speranze per gli altri cittadini sudcoreani tenuti in ostaggio adesso sono affidate, soprattutto, ai negoziati: nei giorni scorsi sono ripresi, infatti, colloqui tra rappresentanti talebani ed una delegazione inviata da Seul per arrivare alla liberazione di tutti i sequestrati. Nelle mani di un gruppo di rapitori talebani rimane anche un ostaggio tedesco che ha riferito ad alcuni mezzi di informazione “di essere molto malato e di sentirsi in pericolo”. A Kabul, intanto, è previsto per domani un incontro tra il presidente afghano, Hamid Karzai, ed il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad. Sarà l’occasione – si legge in una nota del ministero degli Esteri afghano – per discutere di temi di cooperazione bilaterale e di “questioni di reciproco interesse e di reciproca preoccupazione”.

    Si tratta della prima visita di Ahmadinejad in Afghanistan. Nelle scorse settimane, Stati Uniti e Gran Bretagna avevano accusato Teheran di armare la guerriglia talebana. Sul significato della missione di Ahmadinejad a Kabul, la riflessione il giornalista iraniano Ahmad Rafat, già presidente della stampa estera in Italia, intervistato da Giada Aquilino:


    R. – Ahmadinejad cerca di mantenere delle buone relazioni con i Paesi vicini. Il che significa, specialmente per l’Afghanistan e per l’Iraq, cercare di tirare fuori questi Paesi dall’area di influenza americana e di far sì che siano sempre più Stati satelliti della Repubblica islamica. Il viaggio a Kabul è, dunque, un tentativo in questa direzione, soprattutto dopo che alcune fonti della NATO e del comando britannico in Afghanistan hanno accusato l’Iran di armare i talebani. C’è da ricordare, poi, che il presidente afghano Karzai, nel suo recente incontro con Bush, ha difeso in qualche modo l’Iran, per evitare uno scontro diretto con la Repubblica islamica.

     
    D. – Non è un controsenso che da un lato ci siano le accuse a Teheran, da parte di Stati Uniti e Gran Bretagna, di armare la guerriglia talebana e dall’altro ci sia Karzai che difende Ahmadinejad?

     
    R. – I vicini dell’Iran, l’afghano Karzai come l’iracheno Al Maliki, temono seriamente Teheran. L’Iran ha le possibilità, i mezzi e i contatti necessari per utilizzare le crisi in questi Paesi e le formazioni armate di queste zone e per mettere in difficoltà i governi locali più o meno democraticamente eletti.

     
    D. – Al confine tra Afghanistan e Pakistan sono in corso scontri tra talebani ed esercito pakistano. L’Iran, confinando con entrambi i Paesi, quanto è strategico per questa crisi?

     
    R. – Moltissimo, anche perché - come è successo dopo l’11 settembre - l’azione militare della comunità internazionale in Afghanistan ha fatto sì che una parte dei talebani si sia rifugiata in Pakistan e una buona parte in Iran. Alcuni, come un figlio di Bin Laden, risiedono a Teheran.

    - Rimpasto nel governo iraniano: dopo le dimissioni del ministro del Petrolio, Kazem Vaziri Mahaneh, e del ministro dell’Industria, Ali Reza Thamasebi, sono stati designati i titolari ad interim dei due dicasteri. Il presidente Mahmoud Ahmedinejad ha nominato come ministro del Petrolio il responsabile dell'ente petrolifero di Stato, Gholam Hossein Nozari, e come ministro dell’Industria il direttore di una catena di negozi di Teheran, Ali Akbar Mehrabian.

    - Ancora uno scossone per l’amministrazione del presidente statunitense, George W. Bush: Karl Rove, uno dei principali consiglieri politici del capo di Stato americano, ha annunciato le sue dimissioni per la fine del mese. “Penso semplicemente – ha detto Karl Rove in un’intervista rilasciata Wall Street Journal che è arrivato il momento di farlo”, senza dare ulteriori spiegazioni. Karl Rove, considerato l’artefice della vittoria elettorale di George W. Bush nel voto del 2004, era stato ascoltato nell’ambito delle indagini sul CIA-Gate, lo scandalo che ha portato alle dimissioni di Lewis Libby, braccio destro del vice presidente Dick Cheney.

    - Ha fatto il giro del mondo la notizia della violazione del sito Internet delle Nazioni Unite da parte di pirati informatici. Gli hacker sono infatti riusciti ad entrare nel sito ufficiale e a inserire un messaggio di protesta contro la politica statunitense e israeliana in Medio Oriente. Sugli attacchi pirata e sulla loro frequenza, Antonella Palermo ha intervistato il ricercatore presso il Politecnico di Milano ed esperto di informatica, Stefano Zanero.
     
    R. – Per le Nazioni Unite, che io mi ricordi, è la prima volta che succede una cosa così clamorosa. E’ successo con siti e con reti molto famose ...

     
    D. – Per esempio?

     
    R. – Le reti dei militari americani, per esempio, sono state spesso bersaglio. Più un’istituzione è grande e rappresentativa, più fa gola a chi vuole fare una azione dimostrativa ...

     
    D. – Ci sono diversi tipo di “attentatori” della rete, con diversi fini ...

     
    R. – Ci sono, in generale, moltissimi ragazzi o comunque persone che fanno questo tipo di azioni per puro diletto mentre invece ci sono molte persone che fanno questo tipo di azioni come forma di protesta o come manifestazione di disagio: sono quelle che si autodefiniscono in generale “hacktivist”, da una miscela della parola “activist” e della parola “hacker”.

    D. – Invece, i cyber-dissidenti ...

     
    R. - Sono più spesso tipicamente persone giovani che non hanno nessun tipo di mira economica ed, effettivamente, se guardiamo quello che hanno fatto, si tratta fondamentalmente di aver violato un sito-vetrina.

     
    D. – Ma esistono delle norme che, appunto, prevedono delle sanzioni ben precise?

    R. – Assolutamente! In Italia, per esempio, il Codice penale prevede svariati tipi di sanzioni; quella che in questo caso si applicherebbe è quella prevista dall’articolo 615/ter che è la violazione del domicilio telematico.

     
    D. – La rete dovrà convivere con questi attacchi?

     
    R. – Ci abbiamo convissuto e ci dovremo convivere. Resta il fatto che attacchi di questa entità o di questa natura non possono crearci dei veri e propri problemi!

    - La Banca Centrale Europea (BCE) ha provveduto, come annunciato, ad una terza iniezione di liquidità per aiutare i mercati a fronteggiare la crisi dei mutui negli Stati Uniti. Oggi sono stati immessi oltre 47 miliardi di euro. Negli ultimi giorni, la BCE ha immesso sul mercato quasi 200 miliardi di euro. E’ stata inoltre una seduta complessivamente positiva per le principali borse di Asia e Pacifico, che sono apparse in ripresa rispetto al tonfo di venerdì scorso, quando hanno accusato la perdita più consistente degli ultimi 5 mesi a seguito della crisi dei mutui negli Stati Uniti.

    - Inflazione record in Cina, salita del 5,6 per cento a luglio: si tratta del massimo incremento dal febbraio 1997, anno della crisi finanziaria nel sudest asiatico. Sono aumentati, in particolare, i prezzi dei generi alimentari. Hanno subito, invece, solo un lieve aumento i generi non alimentari e i prodotti esportati. Secondo gli analisti, questo trend dimostra una precisa scelta di tenere bassi i prezzi di questi prodotti, soprattutto con una politica di esenzioni fiscali e di finanziamenti agevolati per le industrie. Tra gli effetti negativi, gli esperti sottolineano poi che l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari provoca una rapida perdita di valore del reddito dei contadini e un minore potere d’acquisto per i lavoratori dipendenti.

    - Il premier polacco, Jaroslaz Kaczinsky, ha destituito i ministri che nel governo rappresentavano la componente ultraconservatrice e quella populista, mettendo così fine alla coalizione formata il 5 maggio 2006 dal suo partito conservatore Diritto e Giustizia (PIS) con queste altre due formazioni. Il governo è, così, diventato minoritario e, secondo diversi analisti, diventa più reale la prospettiva delle elezioni politiche anticipate nell'autunno prossimo, gia prospettate nei giorni scorsi.

    - “I Paesi africani hanno fornito un numero sufficiente di soldati per il nuovo contingente di pace per il Darfur. Per questa ragione i baschi verdi dell’Unione Africana possono fare da soli e non c’è quindi alcun bisogno dei caschi blu dell'ONU”. Lo ha dichiarato, il segretariato dell’Unione Africana, Alpha Oumar Konare, al termine di un incontro a Khartoum con il presidente sudanese, Omar al-Beshir. La dichiarazione ha subito innescato polemiche: lo scorso 31 luglio scorso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato all’unanimità la risoluzione 1769 che prevede l’invio di una forza ibrida ONU-UA di 26.000 uomini nella tormentata regione occidentale del Sudan.

    - Tre morti e otto feriti: è il bilancio di una bomba scoppiata a Mogadiscio al passaggio di un autobus, nel quartiere K4. L’obiettivo dell’ordigno, secondo i testimoni, era un veicolo della polizia transitato poco prima dell’esplosione. La Somalia sta vivendo una recrudescenza delle violenze che la dilaniano dal 1991. Domenica notte un uomo è stato ucciso nel quartiere di Wadigley, nel sud della capitale, e durante l’attacco di un gruppo di insorti al commissariato di polizia di Holwadag, a sud di Mogadiscio, un ragazzo è morto dopo essere stato accidentalmente colpito da una pallottola. Sabato, nel corso di differenti attacchi, due direttori di radio locali somale sono stati assassinati.

    - In Sierra Leone, è terminata senza incidenti e con un’alta partecipazione la tornata elettorale per eleggere il nuovo presidente e rinnovare il parlamento. Soddisfazione da parte degli osservatori internazionale che hanno giudicato regolari queste votazioni così importanti per un Paese che vuole chiudere con il suo doloroso passato di guerra civile. Favorito dai sondaggi è il vice presidente e leader del partito di governo il 69.enne Solomon Berewa.

    - Si è concluso a New York il secondo round di negoziati sul futuro del Sahara Occidentale, tra rappresentanti del Marocco e del Movimento indipendentista Fronte Polisario, che rappresenta il popolo sahrawi. Si è deciso di organizzare un nuovo incontro entro la fine dell’anno. Al centro del dibattito, resta la proposta del Fronte Polisario sull’eventualità di far esprimere la popolazione sahrawi tramite un referendum sullo status definitivo del Sahara Occidentale. La regione è oggetto di una disputa che dura da 31 anni, da quando la Spagna si è ritirata dal Nord Africa, ed il Marocco ne ha annesso i due terzi settentrionali e il resto del territorio nel 1979, a seguito del ritiro della Mauritania.

    - “Non ho mai avuto paura e non speravo in una liberazione così veloce. E' nelle mie intenzioni tornare nelle Filippine”. E’ quanto affermato da padre Giancarlo Bossi all’uscita dalla procura di Roma, dove stamani è stato ascoltato, per circa due ore, dal procuratore Franco Ionta, che conduce le indagini sul sequestro del sacerdote. Domani, il missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME) raggiungerà la sua famiglia ad Abbiategrasso, in provincia di Milano. Padre Bossi è stato liberato il 19 luglio dopo un sequestro di 39 giorni nel sud del Paese asiatico. Al momento, non è ancora chiaro chi abbia sequestrato il missionario.

    - Almeno 17 persone sono morte e 19 risultano disperse a seguito de naufragio di un'imbarcazione che tentava di raggiungere l’isola di Mayotte, che fa parte dei Territori francesi d'oltremare. Secondo quanto riferito dalla gendarmeria francese, l’imbarcazione trasportava immigrati clandestini partiti dalle Isole Comore. L’isola di Mayotte è situata nell'estremità nord del Canale di Mozambico nell’Oceano Indiano, tra la parte settentrionale del Madagascar e quella del Mozambico.

    - Collisione nel mare di Marmara, davanti a Istanbul, tra un traghetto passeggeri ed una nave russa. Il bilancio provvisorio è di 30 feriti, tre sarebbero in gravi condizioni. Ancora sconosciute le cause dell’impatto.

    - Nuovi decessi a causa dell’influenza aviaria. A Bali, in Indonesia, sono morte madre e una figlia di 5 anni. Lo ha confermato il Ministero della sanità. Con queste ultime due vittime, salgono a 85 i casi registrati sull’isola, oltre la metà dei decessi in tutto il mondo a causa dell’H5N1. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco, Marco Guerra e Valentina Fizzotti) 

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 225

     
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