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SOMMARIO del 12/08/2007
All’Angelus, il Papa esorta i cristiani ad una vita orientata verso il cielo e lancia un appello per le popolazioni del sudest asiatico, colpite dalle inondazioni
◊ I cristiani compiano fedelmente il proprio dovere “con una costante tensione verso il cielo”: è l’esortazione di Benedetto XVI che, all’Angelus domenicale a Castel Gandolfo, ha ribadito l’importanza di spendere la propria esistenza “in modo saggio e previdente”. Dopo la recita della preghiera mariana, il Santo Padre ha lanciato un accorato appello alla comunità internazionale, affinché intervenga in sostegno delle popolazioni del sudest asiatico colpite dalle inondazioni dei giorni scorsi. Il servizio di Alessandro Gisotti:
La solennità dell’Assunzione di Maria, ormai prossima, ha detto il Papa, ci invita a vivere un’esistenza “tutta orientata verso il futuro, verso il cielo, dove la Vergine Santa ci ha preceduti nella gioia del paradiso”. Parole corredate da una profonda riflessione sulla liturgia della XIX domenica del tempo ordinario:
In particolare, la pagina evangelica, proseguendo il messaggio di domenica scorsa, invita i cristiani a distaccarsi dai beni materiali in gran parte illusori, e a compiere fedelmente il proprio dovere con una costante tensione verso l’alto. Il credente resta desto e vigilante per essere pronto ad accogliere Gesù quando verrà nella sua gloria.
“Attraverso esempi tratti dalla vita quotidiana – ha detto ancora - il Signore esorta i suoi discepoli a vivere in questa disposizione interiore, come quei servi della parabola che sono in attesa del ritorno del loro padrone”. Dobbiamo dunque “vegliare, pregando e operando il bene”. Si è così soffermato sulla seconda lettura, tratta dalla Lettera agli Ebrei, in cui si presenta Abramo come pellegrino, nomade, guidato dalla fede, che vive in una tenda, sostando in una regione straniera. La sua meta, ha sottolineato, “non è in questo mondo, ma è il paradiso”. Allo stesso modo, i primi cristiani si consideravano “forestieri” quaggiù, esprimendo così la caratteristica più importante della Chiesa che è appunto “la tensione verso il cielo”:
L’odierna liturgia della Parola vuole pertanto invitarci a pensare “alla vita del mondo che verrà”, come ripetiamo ogni volta che con il Credo facciamo la nostra professione di fede. Un invito a spendere la nostra esistenza in modo saggio e previdente, a considerare attentamente il nostro destino, e cioè quelle realtà che noi chiamiamo ultime: la morte, il giudizio finale, l’eternità, l’inferno e il paradiso.
La Vergine Maria, “che dal cielo veglia su di noi”, è stata l’invocazione di Benedetto XVI, “ci aiuti a non dimenticare che qui, sulla terra, siamo solo di passaggio, e ci insegni a prepararci ad incontrare Gesù”. Dopo la recita dell’Angelus, il Santo Padre ha rivolto il pensiero alle popolazioni del sudest asiatico devastato, in questi giorni, da terribili inondazioni:
Nell’esprimere la mia profonda partecipazione al dolore delle popolazioni colpite, esorto le comunità ecclesiali a pregare per le vittime e a sostenere quelle iniziative di solidarietà promosse per alleviare le sofferenze di tante persone duramente provate. Non manchi a questi nostri fratelli e sorelle l’aiuto tempestivo e generoso della Comunità Internazionale!
Al momento dei saluti, particolarmente festoso, il Papa ha rivolto in lingua polacca un pensiero a quanti, in questi giorni, si recano in pellegrinaggio nei Santuari mariani e, in tedesco, alla Blaskapelle di Neukirchen am Inn. Rivolgendosi ai fedeli italiani, ha salutato il coro giovani “Gli Alunni del Cielo” ed ha infine rinnovato la preghiera a Maria, affinché ci aiuti “a rispondere sempre fedelmente alla vocazione alla santità che Cristo rivolge ad ogni cristiano”.
In attesa dell’arrivo del Papa in Austria, il prossimo 7 settembre, al via oggi un pellegrinaggio al Santuario di Mariazell. Con noi, il cardinale Christoph Schönborn
◊ All’insegna del tema “Risveglio”, è iniziato oggi, in Austria, il grande pellegrinaggio dei giovani europei al Santuario di Mariazell, in preparazione della visita del Papa in terra austriaca - ad inizio settembre - e della GMG di Sydney del prossimo anno. L’iniziativa si concluderà il giorno dell’Assunta e, in tale occasione, il Santo Padre rivolgerà un saluto ai giovani pellegrini di Mariazell, in collegamento da Castel Gandolfo, durante la preghiera dell’Angelus. Ma come nasce l’idea di questo pellegrinaggio di giovani europei? Luis Badilla lo ha chiesto al cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna:
R. – Questo incontro dei giovani è un po’ il frutto del Katholikentag Mitteleuropeo del 2004, quando abbiamo avuto il primo grande incontro dei giovani di tutta l’Europa centrale e ci siamo detti – già allora – che per il Giubileo di Mariazell si sarebbe dovuto riprendere, rinnovare questo incontro. Con la prospettiva della visita del Santo Padre, questo pellegrinaggio ha assunto una maggiore importanza. Siamo molto contenti di trovare qui giovani provenienti da tutta l’Europa centrale.
D. – Questa testimonianza per il futuro dell’Europa cosa può rappresentare?
R. – Ci sono vari livelli e il primo certamente è quello di conoscerci, di ritrovarci insieme, di far ritrovare insieme giovani che parlano lingue diverse, anche se oggi parlano tutti inglese e quindi si capiscono parlando l’inglese. Dall’incontro può nascere e crescere l’amicizia tra di loro, un’amicizia che è, tra l’altro, così importante per il loro futuro e per il futuro dell’Europa. E’ così importante comprendere che non siamo nemici. Basti pensare che l’Ungheria e la Slovacchia hanno vissuto per molti anni grandi tensioni, così come l’Austria con la Repubblica Ceca od ancora ungheresi e croati. Tutti questi popoli, che hanno avuto una storia un po’ difficile tra di loro, ora si incontrano e grazie ai giovani si ritrovano insieme per un momento di preghiera e di riflessione. La testimonianza comune alla quale siamo inviatati e alla quale sono invitati i giovani è una testimonianza comune della fede. Questo è ancor di più motivo per vedere un segno di speranza in questo incontro.
Nuovo appello di Medici Senza Frontiere in favore dei profughi del Darfur
◊ “Intervenire anche fuori dei campi profughi in Darfur”. Lo torna a chiedere l’organizzazione umanitaria Medici Senza Frontiere, che a Berlino, in questi giorni, ha presentato un bilancio degli interventi effettuati nella regione sudanese. Dal 2003, anno d’inizio della guerra, due milioni di profughi sono fuggiti in zone montuose o nella vicina Repubblica del Ciad e alcuni di essi vivono ammassati, in enormi campi, oltre i confini dei quali però c’è solo morte e stenti. Lo spiega al microfono di Gabriella Ceraso, il direttore della Comunicazione di Medici Senza Frontiere, Sergio Cecchini:
R. – I campi profughi possono essere definiti come delle grandi prigioni a cielo aperto: sono garantiti tutti i servizi di assistenza primaria, dall’assistenza medica all’assistenza scolastica e psicologica. Il problema insorge quando le persone cercano di uscire dai campi per procurarsi la legna, ad esempio, per cucinare o per andare a fare piccoli commerci e guadagnarsi qualcosa da vivere. Una volta che le persone escono dai campi sono spesso vittime di violenza sessuale o di attacchi da parte delle varie milizie locali.
D. – C’è stato un peggioramento ultimamente? Com’è l’andamento della situazione?
R. – L’insicurezza e la violenza vanno a fasi che spesso seguono quelle meteorologiche. Con l’arrivo della stagione della pioggia, essendo le operazioni di spostamento a terra più difficili, è anche più difficile per le varie milizie muoversi ed attaccare villaggi o arrecare danni alle organizzazioni umanitarie. Sicuramente il problema della sicurezza è il più grosso limite, con il rischio di portare alla sospensione dell’aiuto delle Ong.
D. – Siete riusciti a raggiungere qualche comunità esterna? Che situazione avete trovato?
R. – Fortunatamente, negli ultimi mesi, siamo riusciti a raggiungere diverse comunità isolate e soprattutto gruppi di popolazioni nomadi, che vivono spesso nei letti prosciugati dei fiumi. E lì ovviamente parliamo di centinaia di persone che non hanno nessun tipo di assistenza umanitaria. Due milioni di sfollati, oggi, in Darfur sopravvivono solo grazie agli aiuti delle organizzazioni internazionali.
D. – Dalla fine dell’anno in Darfur sarà operativa la forza internazionale che ha deciso di inviare l’ONU. Si possono immaginare le conseguenze di questa presenza per voi e per la popolazione?
R. – Sicuramente la più grossa emergenza umanitaria in questo momento in Darfur è raggiungere le comunità isolate, ad esempio, nella zona di Jabelmar e in altre regioni del Darfur. Quanto l’invio di questo contingente delle Nazioni Unite possa permettere alle organizzazioni umanitarie di recarsi in questi luoghi in sicurezza e, soprattutto, alle organizzazioni umanitarie di non essere confuse con quello che sarà l’apparato militare che verrà messo in campo, è difficile valutarlo oggi.
Nell’odierna Giornata internazionale della Gioventù, promossa dall’ONU, la riflessione del portavoce della CEI, don Domenico Pompili, sulla Chiesa e i giovani
◊ L’energia e l’idealismo dei giovani possono aiutarci a promuovere lo sviluppo dei Paesi più poveri: è quanto sottolinea il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, nel messaggio per l’odierna Giornata Internazionale della Gioventù, promossa dalle Nazioni Unite. Nella ricorrenza, Ban Ki-moon chiede anche che i governi tengano in considerazione le esigenze dei giovani, i loro bisogni. Piuttosto che considerare la gioventù come parte del problema, avverte il segretario generale dell’ONU, bisogna incoraggiare il loro potenziale. Per una riflessione sull’importanza che la Chiesa riserva da sempre alla gioventù, Luis Badilla ha intervistato Domenico Pompili, direttore dell’ufficio per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana:
R. – Credo che “investire” sui giovani significhi “investire sul domani” essendo i giovani coloro che tradurranno in concreto le aspirazioni, i progetti, gli ideali di oggi dando così una continuità all’esperienza umana. Perciò, per la Chiesa, che vive della tradizione, ovvero della capacità di trasmettere i contenuti essenziali della fede intorno all’esperienza dell’uomo, è necessario che ci siano altre generazioni che si facciano interpreti di queste medesime tradizioni. Effettivamente i connotati dei giovani cambiano a seconda delle epoche storiche. Quindi, l’analisi di una giovinezza prolungata, che sembra non arrivare mai a delle scelte definitive corrisponde un po’ a questo nostro mondo occidentale nel quale, per una serie di circostanze, e non è esclusa quella di tipo economico-sociale, c’è un permanente rinvio delle scelte definitive. E tuttavia, la Chiesa da questo punto di vista, mi pare, voglia accompagnare questa difficoltà generazionale ad assumere il rischio della scelta attraverso, anzitutto, di una prossimità, e cioè stare accanto ad un giovane mettendosi in ascolto prima ancora di assumere l’atteggiamento di colui che vuole giudicare. E poi avendo anche l’audacia, mi riferisco alla Chiesa, di proporre ai giovani delle mete impegnative, non attardandosi in quello che già si è, bensì cercando di fare intendere loro che è possibile qualche meta ulteriore rispetto a se stessi. In fondo, il Vangelo, direi più estesamente l’esperienza della fede, è un’esperienza connotata dall’esodo; dalla capacità di saper uscire dalla situazione data e andare verso qualcosa di nuovo e di inedito. I giovani, da questo punto di vista, sono quelli maggiormente capaci di recepire quest’istanza.
D. - Dal punto di vista della missione della Chiesa è fondamentale l’evangelizzazione dei giovani. Secondo lei, costituiscono anche una forza trainante di questo compito evangelizzatore?
R. - Certamente i giovani possono e sono, effettivamente, capaci di trasmettere il Vangelo con la loro esperienza. E sicuramente i giovani sono i migliori missionari presso gli altri giovani nel senso che nessuno più di loro può avere credibilità presso i propri coetanei. Da questo punto di vista la Chiesa investe sui giovani perché ritiene che senza avere dei cristiani giovani sia difficile fare intendere che il Vangelo è giovane. La capacità di saper rendere contemporaneo il Vangelo è legata alla capacità di persone, in carne e ossa, che lo interpretino nella loro vita quotidiana. I giovani da questo punto di vista, quindi, hanno una valore aggiunto rispetto ai loro coetanei se si fanno anche loro portatori del Vangelo.
In Italia, nuove regole per rendere le adozioni internazionali più agevoli e trasparenti
◊ Nuove regole, in Italia, per la Commissione che si occupa delle adozioni internazionali. Da settembre, sarà presieduta dal ministro della Famiglia ed eserciterà un controllo maggiore nei confronti dei 66 enti impegnati su questo fronte. Il numero di bambini stranieri adottati dalle coppie italiane è in aumento, quasi 1700 nel primo semestre dell’anno. Dal canto suo, la riforma varata dal governo dovrebbe agevolare le procedure e renderle più trasparenti. Ma concretamente cosa dovrebbe cambiare? Silvia Gusmano ha girato la domanda a Graziella Teti, responsabile adozioni del Centro Italiano Aiuti all’infanzia:
R. – E’ auspicabile una maggiore forza della Commissione Adozioni, sia dal punto di vista della sua funzione politica e di promozione dell’adozione internazionale, anche dall’estero, e quindi in collaborazione con le altre autorità straniere. D’altro canto, dovrebbe migliorare anche l’aspetto legato alla verifica dell’operatività degli enti, essenzialmente la funzione ispettiva.
D. – Quindi, maggiori controlli sulle procedure. Ma concretamente come agirà la nuova Commissione?
R. – Questo è un regolamento al quale seguiranno delle linee guida, che entreranno nello specifico dell’operatività. Quindi, sarà opportuno aspettare di vedere chi operativamente poi si troverà a dover lavorare quotidianamente nelle adozioni internazionali e che tipo di chiarimenti verranno dati.
D. – Costi troppo elevati e tempi di attesa troppo lunghi sono i principali problemi che affrontano oggi le famiglie interessate all’adozione internazionale. La nuova Commissione ridurrà questi problemi?
R. – Sarà un compito difficile, sul quale bisognerà lavorare in maniera integrata anche con gli enti autorizzati e con le autorità straniere. Ci auguriamo che la Commissione riesca a lavorare in modo da arrivare ad un proficuo accordo anche da questo punto di vista.
D. – Quindi, c’è da sperare che verrà incentivata la politica estera delle adozioni internazionali, che già oggi registrano un notevole aumento in Italia...
R. – Sicuramente, è da auspicare. Riteniamo, però, importante sottolineare che l’aspetto dei numeri è sicuramente molto importante, perché ci sono molte famiglie che attendono, sperano di poter adottare un bambino. Tuttavia, altrettanto importante, forse anche di più, è la necessità che le adozioni si svolgano nel pieno rispetto delle regole e in piena trasparenza.
Il problema del nascondimento di Dio al centro dell'ultimo libro del giornalista Sergio Zavoli intitolato "La questione"
◊ “Se l’uomo fallisse, il fallimento sarebbe di Dio o della storia?”. Se ne parla nell’ultimo libro di Sergio Zavoli, appena pubblicato: “La questione”, edito da Mondadori. Una meditazione colta, piena di suggestioni, con la quale il maestro di giornalismo italiano, attraverso il suo inconfondibile stile di scrittura, riflette sull’ultimo mezzo secolo della nostra storia alla luce della tragedia dell’11 settembre 2001, ponendo al centro il ruolo delle religioni. Il "problema" di Dio è tornato di moda, osserva Sergio Zavoli, in un'epoca in cui l'imperversare del male sembra nascondere l'esistenza dell'Onnipotente ma provoca nuove impellenti domande. Ascoltiamo lo stesso Zavoli nell'intervista di padre Vito Magno:
R. – C’è una diffusa sensazione che Dio se ne stia absconditus nei suoi cieli ad osservare le azioni dell’uomo e, quindi, l’umanità è un po' privata di questo rapporto e di questo giudizio, anche. Io credo che l’uomo abbia bisogno persino di temerlo il giudizio di Dio. Quando, ad esempio, Papa Ratzinger dice, all’incirca queste parole: Dio non si rivela più, sembra nascondersi nel suo cielo, quasi disgustato dalle azioni dell’umanità. Ecco, a quel punto l’umanità si chiede quanta parte di colpa essa abbia dal momento che è stata messa dentro una storia che fatalmente doveva portare l’uomo all’interno delle sue contraddizioni, segnato da questo stigma, che è lo stigma del male e del peccato, che lo perseguita e che lo accompagna per tutta la vita. Questo è un ritorno di Dio che, però, non fa più miracoli, che diventa un Dio lontano e nasce allora perfino l’idea che si possa vivere anche senza Dio e ci fa osservare che se noi dovessimo accettare questa straordinaria indicibile supplenza, dovremmo essere capaci anche di assumerci le responsabilità morali di Dio. Anche perché senza Dio, io penso che cadrebbero tutti gli istituti civili, culturali, filosofici, giuridici: c’è un mondo che si ispira a Dio e al suo senso dell’ordine e che in qualche modo regola le azioni degli uomini.
D. – Ma la nostra epoca è proprio peggiore delle altre? La questione di cui parla non si pone anche per altri periodi storici?
R. – Io penso a questo: si sono succedute prima di noi 50 mila generazioni e se ce ne fosse stata una tragicamente votata al male, l’umanità sarebbe già finita. Invece l’umanità, che pure in ogni generazione ha incontrato il male, lo ha interpretato, lo ha scelto perfino, nondimeno è riuscita a sottrarsi da questa condizione e a ricominciare da capo. Ma da che cosa dobbiamo dedurre tutto questo? Dall’ostinato ottimismo della natura umana: se l’uomo fosse pessimista circa la propria natura, io credo che come prima cosa – forse sarà una banalità – smetterebbe di mettere al mondo dei figli. Come potrebbe ardire di consegnare ad una fine catastrofica il frutto dell’amore tra l’uomo e la donna, la continuazione del mondo, l’idea di continuare negli altri! Io credo, quindi, che si cresca in virtù dei problemi che siamo costretti a risolvere e che questo implichi anche la questione di Dio.
D. – La persuade, dottor Zavoli, l’affermazione di San Bernardo che Dio è l’unico che, anche se non trovato, non è mai cercato invano....
R. – Ce ne è una che mi persuade più di tutte e secondo la quale chi cerca ha già trovato.
D. – Oggi, a suo avviso, cosa ostacola questa ricerca? Cosa più oscura l’immagine di Dio?
R. – Il ritorno di un diffuso edonismo che trova le sue radici culturali in filosofie antiche, che hanno permeato la vita ed anche lo spirito dell’uomo. C’è poi questo positivismo portato alle forme estreme, anche volgarizzate, come ad esempio il pragmatismo, il consumismo. Tutto questo mi sembra che sia per l’uomo di oggi un attardare il proprio modo di vivere e quindi non dico tanto da doverlo demonizzare o condannare, ma da doversene tenere al largo il più possibile, privilegiando un’idea lieta, frivola, appagante dell’esistenza che non corrisponde quasi mai con l’esistenza stessa e il suo valore, e il suo senso, presente ed ultimo.
Rientrato in Italia padre Giancarlo Bossi. Grande la gioia dei familiari del missionario che lo hanno riabbracciato a Fiumicino
◊ Padre Giancarlo Bossi, il sacerdote del Pontificio Istituto Missioni Estere sequestrato il 10 giugno scorso nell’isola di Mindanao, nel sud delle Filippine, è rientrato stamattina in Italia. "Sto bene, tutto bene. Sono contentissimo, tornerò a casa appena possibile", ha detto ai numerosi giornalisti che lo attendevano. Appena arrivato in aerostazione, scortato dai carabinieri dei ROS, il missionario è stato condotto in una saletta del cerimoniale di Stato, dove ad attenderlo c'erano i familiari, il fratello Marcello e la sorella Pinuccia, con i quali si è intrattenuto circa mezz'ora. Alla sua vista, è esploso un fragoroso urlo di gioia accompagnato da un applauso. "Il suo desiderio è quello di tornare nelle Filippine, sempre nel villaggio di Payao - ha detto ai cronisti la sorella del sacerdote - ma si vedrà poi se sarà possibile o meno. Non stavo in me dalla gioia quando ci siamo rivisti. Ci siamo abbracciati e baciati: niente parole, è bastato questo gesto". Su come lo hanno trattato i guerriglieri la donna ha detto: "Di questo non abbiamo parlato, non era il momento. Abbiamo parlato dei nostri cari, di mamma, di come stava lui e di come stiamo noi. Di tutto il resto avremo tempo di parlare, anche se non so se oggi riusciremo a vederlo più tardi". Sul ritorno a casa, ad Abbiategrasso la donna ha detto invece: "Chiedo scusa a voi giornalisti, ma vi dico subito che appena arriveremo a casa, spariremo per una decina di giorni. Poi ci vedremo dopo Loreto, dopo l'incontro con il Papa". Rapito da un gruppo di ribelli e poi liberato dopo 39 giorni di prigionia, il missionario è giunto a Fiumicino alle 11.26 con un volo proveniente da Dubai, a bordo di un aereo della compagnia degli Emirati Arabi. Ad accompagnarlo c'era il superiore generale del PIME, padre Gian Battista Zanchi. Padre Bossi dovrebbe prendere parte al raduno giovanile, che si svolgerà a Loreto l’1 e 2 settembre, per vedere e ringraziare personalmente il Papa per la sua solidarietà, ma anche per testimoniare quanto gli è accaduto ai giovani e per invitarli ad una riflessione. Intanto, domani mattina, padre Giancarlo Bossi sarà ascoltato dal procuratore aggiunto di Roma, Franco Ionta, capo del pool antiterrorismo, che aveva aperto un fascicolo sul suo sequestro. Ressa di fotografi e operatori all'uscita dell'aeroporto, quando il religioso si è avviato verso l'auto scortata dai carabinieri per lasciare lo scalo romano. Ora il sacerdote dovrebbe essere ospitato nella sede del PIME. (A cura di Tiziana Campisi)
“Il lavoro non sia più una fabbrica di morte, ma luogo di vita e di speranza”: così, mons. Vincenzo Paglia sugli incidenti nei luoghi di lavoro
◊ “Il luogo di lavoro non può essere trasformato in una sorta di fabbrica di morti, di vedove e di orfani”: è quanto ha affermato il vescovo della diocesi di Terni-Narni-Amelia, mons. Vincenzo Paglia, ieri pomeriggio durante la celebrazione delle esequie di Mauro Zannori, l’operaio dell’azienda AST morto nei giorni scorsi in un incidente. “Basta con queste morti! Basta con i lutti sul luogo di lavoro!”, ha invocato più volte il presule che ha chiesto un “rinnovato impegno a spezzare questa catena di morte, perché la violenza del male non ci trovi suoi complici. Certo – ha detto ancora mons. Paglia – può esserci talora qualche tragedia che avviene casualmente. Ma se abbiamo, come abbiamo, una catena ininterrotta di vittime, tutto ciò non avviene certo per caso. Essa è il frutto amaro di una cultura di morte che continua a sacrificare vittime sull'altare del profitto, sul primato assoluto del guadagno e dell’interesse a qualsiasi costo anche a scapito della vita umana e della dignità delle persone”. “La morte di Mauro non sia vana per tutti coloro che lavorano", ha ribadito il presule, sottolineando “l’urgenza di una cultura nuova anche sul lavoro che deve coinvolgere tutti, l'intera società”. Per mons. Paglia, oltre allo “sdegno per quanto continua ad accadere”, serve “un "rinnovato impegno perché il lavoro non sia più una fabbrica di morte, ma luogo di vita e di speranza”. (T.C.)
Appello dell’ACNUR per consentire il rimpatrio di 400 mila rifugiati in Afghanistan: servono 10 milioni di dollari aggiuntivi
◊ L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR) chiede ulteriori 10 milioni di dollari in aggiunta ai 15 milioni già richiesti lo scorso aprile per sostenere il ritorno ed il reinserimento di 400 mila afghani nel corso di quest’anno. Rivisto alla luce del nuovo appello, il budget per l’intera operazione afgana ammonta a 108.373.526 dollari. L’intensità dei rimpatri dei rifugiati afgani dal Pakistan sta mettendo sempre di più alla prova la capacità dell’organismo dell’ONU nell’identificare nuove risorse per sostenere coloro che decidono di fare ritorno nel loro Paese. Grazie al generoso sostegno dei donatori, l’ACNUR quest’anno ha potuto assistere oltre 300 mila rifugiati a ritornare in Afghanistan. Tuttavia, i fondi disponibili si stanno esaurendo. In un centro di transito nei pressi di Jalalabad, in Afghanistan, i rifugiati che fanno ritorno nel proprio Paese ricevono una somma di denaro per coprire le spese per il trasporto ed il reinserimento. Possono, inoltre, usufruire di controlli medici e di vaccinazioni antipolio e contro il morbillo per i bambini e seguire un corso di formazione sulle mine. Da quando l’operazione di rimpatrio volontario è stata avviata nel 2002, oltre 5 milioni di afgani hanno fatto ritorno nel loro Paese, 3,2 milioni dal Pakistan e 1,8 milioni dall’Iran. Lo scorso anno il programma di rimpatrio ha contato solo 139 mila ritorni assistiti volontari, il numero più basso dal 2002. Circa 4.200 rifugiati hanno fatto ritorno dall’Iran quest’anno. Il deteriorarsi delle condizioni di sicurezza e le condizioni economiche e sociali in Afghanistan stanno contribuendo al declino del numero dei rimpatri. Tuttavia, è necessario anche ricordare che la metà dei 3 milioni di afgani registrati che si trovano nella regione sono nati al di fuori dell’Afghanistan. La maggior parte degli afgani che sono ritornati dal 2002 a questa parte, invece, sono rimasti fuori dal Paese per periodi relativamente brevi. Attualmente i principali motivi che inducono i rifugiati a tornare in Afghanistan sono le condizioni di vita nei Paesi d’asilo e le politiche dei governi di questi Stati nei confronti della popolazione afgana. L'ACNUR continua a monitorare gli sviluppi sia nei Paesi d’asilo che nel Paese di origine per valutare se i rimpatri avvengono in maniera volontaria e graduale, come previsto dagli accordi tripartiti tra l’ACNUR, l’Afghanistan e ciascuno dei due Paesi d'asilo, che stabiliscono il quadro legale per il rimpatrio volontario. A lungo termine, la chiave per assicurare un flusso costante di rimpatri e per assicurare il reinserimento dei rifugiati ritornati in Afghanistan risiederà nel miglioramento delle condizioni di sicurezza e di vita in Afghanistan e nell'aumento delle opportunità di lavoro attraverso programmi di ricostruzione e sviluppo. (T.C.)
Inizia oggi a Stoccolma, in Svezia, la “Settimana Mondiale dell’Acqua” promossa dall'ONU
◊ “Progresso e prospettive sull’acqua: impegnarsi per la sostenibilità in un mondo che cambia”: su questo tema si apre, oggi a Stoccolma, in Svezia, la 17.ma edizione della “Settimana Mondiale dell’Acqua”. Organizzata dallo "Stockholm International Water Institute" (SIWI), si articolerà fra dibattiti ed eventi ai quali parteciperanno rappresentanti di governo e dell’industria, specialisti nel settore dell’acqua, organizzazioni non governative e responsabili delle Nazioni Unite. Tra gli argomenti che saranno affrontati nel corso delle giornate, il “ruolo dell’acqua” in settori quali la sanitizzazione, l’ambiente, lo sviluppo, i cambiamenti climatici, la gestione equa delle risorse idriche, l’utilizzazione dell’acqua in agricoltura. Oggi, secondo i dati diffusi dall’ONU, ad affrontare problemi di carenza d’acqua, è il 20 per cento della popolazione mondiale in 30 Paesi, una percentuale che - entro il 2025 - si prevede possa salire al 30 per cento in 50 Paesi. Sono invece 2,6 miliardi le persone nel mondo a non avere accesso a servizi sanitari adeguati, con malattie che ne derivano, come la diarrea, che uccide 2 milioni di bambini ogni anno. Il vertice, che vedrà sul palcoscenico della capitale svedese 2.500 esperti provenienti da 130 Paesi fino al 18 agosto, avrà come filo rosso i cambiamenti climatici. Nel corso del decennio 1996-2005, circa l’80 per cento delle catastrofi naturali sono state di origine meteorologica e le inondazioni, che hanno interessato 66 milioni di persone ogni anno fra il ‘73 e il ‘97, sono state quelle che hanno generato i danni maggiori. “I governi devono investire di più in misure per contrastare la scarsità d’acqua”: questo l’appello ai governi lanciato dal SIWI. Ad inaugurare ufficialmente la manifestazione il primo ministro svedese, Fredrik Reinfeldt. L’istituto internazionale di Stoccolma ricorda che “l’oro blu” gioca un ruolo di primo piano nel fenomeno del riscaldamento del pianeta e legato a questo tema verrà affrontata anche la questione dei biocarburanti. La prospettiva infatti, denunciano gli esperti, è che la risorsa acqua possa essere sempre più impiegata in futuro per produrre i cereali necessari alle bioenergie, invece di essere destinata alle colture necessarie a sfamare le popolazioni. Una domanda, quella mondiale di cereali per il cibo, che secondo le previsioni già nel 2020 sarà aumentata del 40 per cento rispetto al 1990. Il punto è che questo aumento è avvenuto utilizzando metodi di produzione idrovori, che riducono di gran lunga la disponibilità di "oro blu" in futuro. La chiave per affrontare un migliore impiego della risorsa acqua è dunque l’utilizzo di metodi più sostenibili, che non costituiscano una minaccia per la biodiversità e gli ecosistemi acquatici del Pianeta. (T.C.)
Incendio in un convento a Roma, i vigili del fuoco salvano una suora ottantenne
◊ Un incendio è divampato, questa mattina a Roma, poco prima delle 8, nel convento delle suore Clarisse di San Cosimato, nel quartiere Eur. I vigili del fuoco sono riusciti a domare il fuoco ed hanno salvato una suora di 80 anni, affetta dal morbo di Parkinson e ora ricoverata al CTO per intossicazione da fumo. Le fiamme sono divampate nelle cucine del convento, ed il fumo ha invaso la stanza superiore, dove si trovava l’anziana religiosa, impossibilitata a muoversi. Portata fuori dall’edificio è stata poi trasportata in ospedale. L’incendio, hanno riferito i pompieri, non ha causato gravi danni anche se, all’inizio, il fuoco minacciava di propagarsi ai piani superiori. Le fiamme sarebbero state provocate da un corto circuito, causato da un ferro da stiro lasciato acceso nella sala adibita a cucina, dispensa, e stireria. Grazie all’intervento tempestivo dei vigili del fuoco sono state danneggiate parzialmente solo le apparecchiature della stanza dove si è verificato il corto circuito. (T.C.)
Polonia verso il voto in autunno - A Kabul, Karzai e Musharraf ribadiscono l'impegno contro il terrorismo
◊ - Dopo le inondazioni dei giorni scorsi, che hanno colpito decine di milioni di persone, dilagano le epidemie di colera e di dissenteria nel Sudest asiatico. Le piogge monsoniche sono ormai cessate, tuttavia, le operazioni di soccorso devono affrontare decine di migliaia di casi di infezioni virali e batteriche dovute alle acque stagnanti e alle precarie condizioni igieniche. In India, Cina, Bangladesh e Nepal, sono oltre 2 mila le vittime dallo scorso mese di giugno. Ingenti anche i danni materiali, milioni gli sfollati.
- Ancora perdite nelle file della coalizione internazionale in Afghanistan, dove oggi si è conclusa la ‘Jirga per la pace’, l’incontro che da giovedì ha riunito a Kabul centinaia di leader pakistani e afgani in nome della lotta al terrorismo. All’incontro era presente il presidente pakistano Musharraf. Il nostro servizio:
Il Pakistan e l’Afghanistan devono fare fronte comune nella lotta ai talebani e Kabul deve fidarsi di Islamabad. E’ quanto dichiarato dal presidente Musharraf nel suo atteso intervento in cui ha chiarito che il suo Paese “sta prendendo i provvedimenti necessari contro i terroristi nelle zone di confine”. Gli afgani, con l’appoggio di Washington, hanno sempre accusato i pakistani di non fare abbastanza contro i talebani e i combattenti di al Qaeda, ma per Musharraf non serve accusarsi reciprocamente. Serve invece fiducia per avere successo contro il terrorismo. Fiducia che è stata garantita dal suo collega Karzai, che ha sottolineato la necessità della cooperazione definendo il Pakistan “Paese amico e fraterno”. L’assemblea, che dovrebbe essere seguita da un analogo incontro in Pakistan, si è infatti conclusa con una dichiarazione congiunta in cui si afferma che la lotta al terrorismo deve continuare ad essere parte integrante delle strategie dei due Paesi. Intanto, le notizie che arrivano dal terreno ricordano l'intensità dell'attività della guerriglia in Afghanistan. Tre i soldati della coalizione internazionale morti oggi assieme ad un civile nell’est del Paese, mentre ieri nella turbolenta provincia meridionale di Helmand a perdere la vita è stato un militare britannico. Il tutto mentre si aspettano nuovi sviluppi sulla liberazione, data ieri per imminente, di 2 dei 21 ostaggi sud coreani ancora in mano ai ribelli.
- Nel suo tradizionale discorso radiofonico del sabato il presidente statunitense, George W. Bush, ha difeso la strategia americana che, in Iraq e Afghanistan, “sta dando buoni risultati”. La guerriglia, però, continua a colpire a Baghdad dove 5 soldati statunitensi sono rimasti uccisi in combattimenti. Si stima che siano in tutto oltre 3.680 i militari americani morti nel Paese arabo dall’inizio della guerra nel marzo del 2003.
- Nuova impiccagione pubblica in Iran, dove, in una piazza nel nord del Paese, un uomo è stato giustiziato perché ritenuto colpevole dell’omicidio della suocera. Secondo la stampa, sono almeno 150 le persone finite sotto la mano del boia nella Repubblica islamica dall’inizio dell’anno. Intanto, i due giornalisti curdi condannati a morte nei giorni scorsi, hanno incontrato per la prima volta un familiare ciascuno. I legali hanno espresso “preoccupazione” per le condizioni carcerarie dei condannati, che attendono la sentenza d’appello.
- Medici e infermieri dell’ospedale di Gaza hanno iniziato oggi uno sciopero di due ore, che si ripeterà per i prossimi tre giorni, per protestare contro i licenziamenti decisi dalle autorità sanitarie di Hamas. Il gruppo islamico ha anche annunciato di aver completato la creazione di una forza navale per pattugliare le coste della Striscia di Gaza. Intanto, secondo fonti palestinesi, il primo ministro dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) Salam Fayad e il ministro degli Esteri israeliano, Tzipi Livni, si incontreranno mercoledì prossimo a Gerico per discutere di un nuovo progetto industriale tra Israele, Giordania e ANP.
- Il leader palestinese Yasser Arafat morì per avvelenamento, anche se prima del decesso qualcuno gli infettò il virus dell’HIV. E’ quanto rivelato dal medico personale del rais, Asharf al-Kurdi, in un’intervista alla stampa giordana. L’uomo chiede alle autorità francesi di aprire un’inchiesta per stabilire la verità sulla morte di Arafat, avvenuta in circostanze poco chiare in una clinica parigina nel 2004.
- Massiccia partecipazione alle elezioni di ieri in Sierra Leone, dove 26 milioni di elettori sono stati chiamati alle urne per eleggere un nuovo presidente ed un nuovo parlamento. Secondo gli osservatori europei, le operazioni di voto si sono svolte normalmente. Sette i candidati in lizza per la carica di presidente, al posto dell’uscente Ahmad Tejan Kabbah, ineleggibile perchè già al suo secondo mandato. Per i risultati si dovrà attendere almeno la fine della prossima settimana. La tornata rappresenta un test importante per il Paese, perché avviene a 5 anni dalla fine della sanguinosa guerra civile, che dal 1991 al 2001 ha provocato almeno 120 mila vittime.
- Proseguono i disordini in Somalia. Dopo gli scontri fra gruppi di ribelli dei giorni scorsi, ieri a Mogadiscio due giornalisti sono stati uccisi a poche ore uno dall’altro. Sempre nella capitale, in precedenza, a finire nel mirino di bande armate quattro funzionari governativi, che operavano un piccolo villaggio a nord della città.
- La Polonia verso le elezioni anticipate in ottobre. Si aggrava la crisi di governo con il premier, Jaroslaw Kaczinski, pronto a licenziare i ministri dei due partiti minori della coalizione, la Lega delle Famiglie polacche e il partito "Autodifesa". L’ipotesi di elezioni anticipate si è ulteriormente concretizzata dopo il colloquio tra il leader del maggiore partito di opposizione, Donald Tusk, e il capo dello Stato, Lech Kaczynski. La crisi covata da tempo nell’esecutivo polacco si è concretizzata in seguito alle accuse di corruzione mosse dal primo ministro nei confronti del populista Andrzej Lepper, leader di "Autodifesa". La riflessione di Adam Boniecki, direttore del quotidiano "Tygodnik Powszechny", intervistato da Stefano Leszczynski:
R. – Credo che la coalizione fosse una necessità per questo governo, con partiti molto differenti. Regnava sempre un clima di sospetto, di mancanza di fiducia. Credo che lo stile del primo ministro e del fratello presidente fosse quello di cercare sempre dei nemici. Ovviamente, questo clima intacca la possibilità di creare una democrazia basata sulla fiducia e la tensione cresce.
D. – Questa politica da parte del premier Kaczinsky è una politica, secondo lei, che in caso di elezioni potrebbe essere premiata dagli elettori? C’è bisogno di pulizia, di limpidezza nella politica polacca?
R. – Hanno cominciato in questo clima di grande nostalgia di limpidezza, di ordine e adesso credo si trovino in una situazione peggiore. Dai sondaggi si vede che la popolarità del partito sta scendendo pian piano. Il partito post-comunista non ha la fiducia della società e non ha popolarità. Tutto sommato, credo che i polacchi siano stanchi di questa battaglia incessante della classe governativa.
D. – Quindi, il pericolo maggiore per delle elezioni anticipate potrebbe essere, ad esempio, il fatto che la gente non vada a votare...
R. – Certo, tragicamente, sì. La gente ha veramente una grande nostalgia di un governo efficace.
D. – Quindi, c’è, insomma, la sensazione che i contrasti all’interno del governo si siano spinti forse un po’ troppo in là...
R. – Sì, questa impressione è molto forte, sempre più forte.
- Tra Stati Uniti e Francia ci sono buoni rapporti anche se non mancano differenze di vedute. E’ quanto ribadito dal capo della Casa Bianca, George W. Bush, e dal presidente francese, Nicolas Sarkozy, che ieri si sono incontrati nella residenza dei Bush nel Maine. Il presidente statunitense ha definito il suo collega “un alleato” e ha parlato di un colloquio sincero. Il capo dell’Eliseo ha ricambiato affermando: al di là dei disaccordi “facciamo parte della stessa famiglia”.
-Il movimento islmaco Hizbut Tahrir ha riunito oggi più di 70 mila simpatizzanti e membri del movimento per le vie di Giacarta, in Indonesia, per chiedere la creazione di un califfato, uno Stato musulmano universale. Il gruppo in questione è interdetto in diversi Paesi mediorientali, dove è nato, e in Asia centrale. Tuttavia è legale in Indonesia.
- Sono stati trasferiti nel nuovo centro di accoglienza di Lampedusa i 263 clandestini, tra i quali 71 donne e 15 bambini, sbarcati nella notte sull’isola. Intanto, una motovedetta della Capitaneria di Porto di Palermo ha recuperato il corpo di un uomo durante operazioni di pattugliamento. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 224
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