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SOMMARIO del 04/08/2007
Messaggio del Papa ai Buddisti Tendai: la ragione della pace sconfigge l'irrazionalità della violenza
◊ “La pace è sia un dono di Dio che un impegno per ogni individuo”: è quanto afferma Benedetto XVI in un Messaggio inviato al Venerabile Kahjun Handa, leader del Buddismo Tendai, in occasione del XX anniversario del primo incontro interreligioso di preghiera organizzato sul sacro Monte Hiei, nei pressi di Kyoto, in Giappone. Con questo evento, organizzato ogni anno nei primi giorni di agosto a ridosso dell’anniversario del bombardamento atomico su Hiroshima, i buddisti giapponesi della corrente Tendai vogliono tenere vivo lo spirito della Giornata di preghiera per la pace promossa ad Assisi da Giovanni Paolo II il 27 ottobre 1986. All’incontro, che si è svolto ieri e oggi, hanno partecipato anche il cardinale Paul Poupard e mons. Felix Machado, rispettivamente presidente e sottosegretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso.
Nel suo Messaggio il Papa, esprimendo la sua “vicinanza spirituale” a quanti hanno preso parte all’incontro, sottolinea che “il grido del mondo per la pace, riecheggiato dalle famiglie e dalle comunità attraverso il mondo” diventa “sia una preghiera a Dio che un appello ad ogni fratello e sorella della famiglia umana”. “Possano le vostre preghiere e la vostra cooperazione – conclude Benedetto XVI - colmarvi della pace di Dio e rafforzare la vostra risoluzione a testimoniare la ragione della pace che sconfigge l’irrazionalità della violenza!”
Nel giorno della festa del Curato d’Ars, patrono dei parroci, riecheggiano le parole di Benedetto XVI sul ruolo del sacerdote, pronunciate nell’incontro con il clero del Cadore
◊ La Chiesa celebra oggi la memoria di San Giovanni Maria Vianney, patrono dei parroci, conosciuto e amato dai fedeli di tutto il mondo come il Curato d’Ars dal nome del villaggio francese dove questa grande figura di sacerdote visse tra la fine del XVII e la metà del XVIII secolo. Fin dall’inizio del suo Pontificato - ricordiamo l’incontro con il clero della diocesi di Roma il 13 maggio 2005 - Benedetto XVI ha riservato un’attenzione particolare alle esigenze dei sacerdoti. La settimana scorsa, incontrando ad Auronzo il clero del Veneto - durante il suo periodo di riposo a Lorenzago - il Papa ha messo l’accento sulle priorità per il ministero sacerdotale. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Chi è il sacerdote oggi? Quali sono le sfide più urgenti per il suo servizio alla Chiesa e ai fedeli? Benedetto XVI ha colto l’occasione dell’incontro con il clero del Cadore, del 24 luglio scorso, per riprendere e approfondire una riflessione intrapresa fin dai primi giorni del suo Pontificato. Rispondendo ad un parroco cadorino, il Papa ha messo l’accento sulle tre priorità, anzi i tre imperativi che il Signore stesso dà ai suoi discepoli:
"Il Signore dà tre imperativi, che mi sembrano esprimere anche oggi sostanzialmente le grandi priorità del lavoro di un discepolo di Cristo, di un sacerdote. I tre imperativi sono: pregate, curate e annunciate. Penso che dobbiamo trovare l’equilibrio tra questi tre imperativi essenziali, tenerli sempre presenti come cuore del nostro lavoro. Pregate: cioè senza una relazione personale con Dio, tutto il resto non può funzionare, perché non possiamo realmente portare Dio e la realtà divina e la vera vita umana alle persone, se noi stessi non viviamo in una relazione profonda, vera, di amicizia con Dio, in Cristo Gesù".
C’è poi il secondo compito indicato da Gesù: curare gli ammalati, quanti hanno bisogno. E’ questo, ha sottolineato Papa Benedetto, “l’amore della Chiesa per chi soffre” ed ha avvertito che “anche le persone ricche possono essere interiormente emarginate e soffrire”.
“'Curare' si riferisce a tutti i bisogni umani, che sono sempre bisogni che vanno in profondità verso Dio. E’ quindi necessario, come si dice, conoscere le pecorelle, avere relazioni umane con le persone affidateci, avere un contatto umano e non perdere l’umanità, perchè Dio si è fatto uomo e ha così confermato tutte le dimensioni del nostro essere umano".
Quindi, il terzo imperativo: annunciare il Regno di Dio, rendere presente la Parola di Dio in mezzo agli uomini:
"Che cosa annunciamo noi? Annunciamo il Regno di Dio. Ma il Regno di Dio non è una lontana utopia di un mondo migliore, che forse si realizzerà tra 50 anni o chissà quando. Il Regno di Dio è Dio stesso, Dio avvicinatosi e divenuto vicinissimo in Cristo. Questo è il Regno di Dio: Dio stesso è vicino e dobbiamo noi avvicinarci a questo Dio che è vicino, perché si è fatto uomo, rimane uomo ed è sempre con noi nella sua Parola, nella Santissima Eucaristia e in tutti i credenti".
Nell’intreccio di queste tre priorità, è l’esortazione del Pontefice, bisogna tener conto di tutti gli aspetti umani, riconoscendo i propri limiti:
"E’ importante anche questa umiltà, che riconosce i limiti delle nostre forze. Quanto non possiamo fare, deve fare il Signore. Ed anche la capacità di delegare, di collaborare. Tutto questo sempre con gli imperativi fondamentali del pregare, curare e annunciare".
Nel dialogo con i sacerdoti del Cadore, improntato alla spontaneità, il Papa ha anche ribadito che il cattolicesimo è una religione di sintesi, non di esclusivismi. E ad un parroco che gli chiedeva se fosse sconveniente per un prete giocare a pallone, ha risposto così:
"Cattolico vuole dire proprio 'sintesi'. Perciò sarei contro una alternativa o giocare al pallone o studiare la Sacra Scrittura o il Diritto Canonico. Facciamo ambedue le cose. E’ bello fare lo sport, io non sono un grande sportivo, ma magari andare in montagna mi piaceva quando ero ancora più giovane, adesso faccio solo camminate molto facili, ma sempre trovo molto bello camminare qui in questa bella terra che il Signore ci ha dato. Quindi non possiamo sempre vivere nella meditazione alta, forse un Santo nell’ultimo gradino del suo cammino terrestre può arrivare a questo punto, ma normalmente viviamo con i piedi per terra e gli occhi verso il cielo. Ambedue le cose ci sono date dal Signore e quindi amare le cose umane, amare le bellezze della sua terra non solo è molto umano, ma è anche molto cristiano e proprio cattolico”.
Nomine
◊ Nelle Filippine, Benedetto XVI ha nominato vescovo di Borongan mons. Crispin Barrete Varquez, del clero della diocesi di Tagbilaran, finora vicario generale e parroco della Cattedrale di Tagbilaran.
Ha quindi nominato nunzio apostolico negli Emirati Arabi Uniti mons. Mounged El-Hachem, arcivescovo titolare di Darni, nunzio apostolico in Kuwait, Yemen, Bahrein e Qatar e delegato apostolico nella Penisola Arabica.
Il Papa ha poi elevato alla dignità episcopale padre Sergio Pagano, prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano, assegnandogli la sede titolare di Celene.
Infine, Benedetto XVI ha nominato il cardinale Godfried Danneels, arcivescovo di Mechelen-Brussel, Malines-Bruxelles, Suo Inviato Speciale a Reims, in Francia, per le solenni celebrazioni del millennio della costruzione della Basilica di Saint-Remi, in programma il 7 ottobre 2007.
Il cardinale Martino ha aperto in Uganda il Consiglio mondiale del Movimento cattolico studentesco internazionale
◊ Il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace, ha aperto ieri a Kampala, in Uganda, il Consiglio Mondiale del Movimento cattolico studentesco internazionale. Oltre 300 i partecipanti. Il porporato stamani ha partecipato a un incontro promosso dalla Conferenza episcopale ugandese. Il servizio, da Kampala, di padre Giulio Albanese:
La Dottrina sociale della Chiesa è parte integrante del Magistero e va studiata da tutti, piccoli e grandi, giovani e anziani, ma soprattutto dai politici perché altrimenti succede, come è avvenuto recentemente in Italia, che si afferma erroneamente la latitanza della Chiesa sui temi legati al rispetto della "res publica", del bene comune. Lo ha affermato stamane qui a Kampala, in Uganda, il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, intervenendo a un incontro promosso dalla Conferenza episcopale ugandese sul Compendio della Dottrina sociale della Chiesa. L’incontro si è svolto nella cattedrale cattolica di Rubaga, a Kampala, alla presenza di una significativa rappresentanza di vescovi, sacerdoti, religiosi e laici ugandesi. Il porporato ha ricordato ai presenti che il Compendio è una sorta di manuale dell’evangelizzazione, per rendere attuativo il messaggio salvifico di Cristo nel mondo “villaggio globale”. Si tratta di un testo che rappresenta un punto di riferimento per la promozione di una cittadinanza davvero responsabile, ha concluso il cardinale, portando l’accorato saluto del Santo Padre. (Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese, Kampala, Uganda)
Domani sera, nella Memoria della Dedicazione della Basilica di Santa Maria Maggiore, Roma rivivrà il tradizionale "miracolo della neve"
◊ Domani la Chiesa fa memoria della Dedicazione della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore. L’arciprete della Basilica, il cardinale Bernard Francis Law, celebrerà la Messa Pontificale alle 10.00 e i Secondi Vespri della Solennità alle 17.00, mentre la Messa di chiusura delle annuali celebrazioni sarà presieduta, alle 18.00, dal vescovo Renato Boccardo, segretario generale del Governatorato della Città del Vaticano. Santa Maria Maggiore rivivrà in serata il tradizionale “miracolo delle neve”: candidi fiocchi cadranno sulla Piazza con l’ausilio di appositi cannoni collocati in diversi punti, per evocare l’apparizione mariana e la straordinaria nevicata estiva del 358. Secondo un’antica tradizione, proprio nella notte tra il 4 e il 5 agosto di quell’anno la Vergine apparve in sogno a Papa Liberio e chiese che venisse costruita una chiesa nel luogo in cui in quella stessa notte sarebbe caduta la neve. Ma qual è l'attendibilità di questa tradizione? Giovanni Peduto lo ha chiesto a mons. Granito Cavanti, camerlengo della Basilica, intervistato da Giovanni Peduto:
R. – E’ una graziosa e ben nota tradizione che noi romani teniamo veramente nel cuore e crediamo realmente questo, ma non possiamo dire che si sia trattato di un miracolo vero e proprio. Noi lo riteniamo come una grazia della Madonna Santissima, che ha voluto rivelarsi al popolo romano e che, apparendo in sogno al Papa Liberio, chiese la costruzione di una chiesa in suo onore, in un luogo che Ella avrebbe miracolosamente indicato. La mattina del 5 agosto, il colle Esquilino apparve ammantato di neve. Purtroppo della primitiva costruzione non rimase nulla e la basilica attuale è quella ricostruita 80 anni dopo dal Pontefice Sisto III, che regnò dal 432 al 440.
D. – Quale significato teologico acquista il titolo di Madonna della Neve e cosa dice all’uomo di oggi?
R. – Noi dobbiamo considerare la neve come un qualcosa di spirituale, anche perché la vediamo raramente e quando scende ci sentiamo più buoni, più raccolti. All’uomo d’oggi la Madonna parla ugualmente, anche se il mondo di oggi si è materializzato e sembra che si sia distaccato proprio da quello che è il significato religioso della parola; io credo, vedo ed anche noto che ci sia una fede profonda nell’uomo di oggi.
D. – Monsignore, torniamo alla Basilica e riprendiamo la parte storica, ma con un cenno anche alla parte artistica …
R. – Questa grandiosa basilica di stile paleocristiano è architettata in tante colonne ed ornata da splendidi mosaici. Doveva rappresentare nella mente di Sisto III, che fu l’autore della Basilica, un monumento di fede e di amore da innalzarsi a nome del popolo di Dio, a seguito del Concilio di Efeso, dell’anno 431, che proclamò Maria Madre di Dio. Dal VII secolo la Basilica custodisce anche alcune reliquie della culla di Gesù a Betlemme ed io credo che questi pezzi di legno che noi abbiamo e custodiamo gelosamente siano effettivamente – e non lo crediamo soltanto con il cuore, ma io lo credo profondamente – originali. Noi li apprezziamo e li onoriamo. La Basilica è rimasta inalterata nella sua struttura centrale, ma ha subito diversi ingrandimenti e modificazioni. Alla fine del XVI secolo, Sisto V e Paolo V aggiunsero alla Basilica le due magnifiche cappelle, la Sistina e la Paolina. Successivamente Benedetto XIV fece anche eseguire gli ultimi restauri che conferiscono alla Basilica l’attuale aspetto. L’immagine che si venera nella Cappella Paolina, “Salus Populi Romani”, fu ritenuta opera di San Luca che avrebbe ritratta Maria – ancora vivente – raffigurandola a colori sulla tavola, per lasciarla impressa nei secoli. Io ho parlato una volta con un professore tedesco proprio sull’epoca di questa nostra Madonna. Lui mi disse che assolutamente non è del I secolo, e quindi della prima era cristiana, ma si tratta comunque di un’icona antichissima che si potrebbe collocare tra il V-VI-VII secolo.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Servizio vaticano - Il Messaggio di Benedetto XVI in occasione del XX anniversario del Primo Incontro di preghiera sul monte Hiei, in Giappone.
Servizio estero - Per la rubrica dell' "Atlante geopolitico" un articolo di Luca Possati dal titolo: "Sudan, l'Onu approva l'invio di truppe di pace in Darfur".
Servizio culturale - Un articolo di Armando Rigobello da titolo "Un'attenzione particolare al vissuto etico-politico contemporaneo": gli studi filosofici all'Università di Lecce.
Servizio italiano - In rilievo il tema degli incidenti sul lavoro.
La tragedia ferroviaria in Congo: aiuti insufficienti per centinaia di feriti
◊ Una tragedia annunciata quella del deragliamento di un treno avvenuto mercoledì notte nei pressi di Benaleka, vicino Kananga, nella regione del Kasai della Repubblica Democratica del Congo. La rete ferroviaria risale infatti al periodo coloniale belga e da 100 anni non ha subito costanti interventi di manutenzione. Almeno 100 morti e decine di feriti, ma il bilancio è, purtroppo, ancora provvisorio. Sulla situazione Paolo Ondarza ha raggiunto telefonicamente a Kananga padre Lambert Museka, rettore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose nell’arcidiocesi:
R. - Ci sono e ci sarebbero centinaia di morti, anche feriti gravi. E’ difficile essere più precisi perché sembra che ci siano ancora dei feriti sotto le vetture. Gli aiuti non sono ancora arrivati a sufficienza, l’ospedale statale non ha medicinali per aiutare convenientemente gli ammalati e i feriti. Una sorella da noi ha perso una sua ragazza di 11 anni, lei stessa ha un braccio rotto e io sto cercando di trovare una macchina per andare a riprenderla.
D. - Si tratta di una linea ferroviaria che risale addirittura a 100 anni fa, non ha avuto interventi di manutenzione negli anni…
R. - Viviamo degli incidenti simili quasi ogni settimana, questo è il problema maggiore che rischia di continuare a provocare morti fra la popolazione che però è obbligata a prendere quel mezzo.
D. - Chi sono i passeggeri che giornalmente prendono questo treno?
R. - Sono soprattutto dei piccoli commercianti che vanno per comprare i prodotti dei campi, perchè altrimenti è difficile nutrire una città come Kananga, che ha quasi un milione di abitanti.
D. - Padre Museka, lei sottolineava il ritardo con cui gli aiuti stanno arrivando…
R. - Non c’è l’aeroporto, non so con quali mezzi possano arrivare lì. Non ci sono abbastanza macchine e la strada è molto rovinata.
D. - Qual è l’appello che in queste ore si leva da parte della popolazione?
R. - Un appello drammatico ma talmente silenzioso che bisogna avere un orecchio e un cuore molto attento per sentirlo: piangono, gridano, quasi nel deserto.
Tanta solidarietà a don Pierino Gelmini, dopo le accuse su presunti abusi sessuali. Il sacerdote ai nostri microfoni: ho perdonato chi mi ha falsamente accusato
◊ Continuano a susseguirsi messaggi di solidarietà nei confronti del fondatore della Comunità Incontro, don Pierino Gelmini, indagato per presunti abusi sessuali. La notizia è stata riportata ieri dal quotidiano italiano “La Stampa” che ha riferito di “accuse da parte di alcuni ragazzi della comunità, ora al vaglio della Procura di Terni”. Ricordiamo che la Comunità Incontro svolge attività di recupero nei confronti di tossicodipendenti dal 1963 e conta ormai 160 strutture in Italia e 74 nel resto del mondo. Attualmente don Gelmini si trova nella sede in Aspromonte a Zervò. Paolo Ondarza lo ha intervistato:
R. - Queste notizie mi hanno fatto dispiacere però non hanno turbato il mio spirito. Porto avanti ogni giorno il mio lavoro come se nulla fosse successo. Io ho uno slogan nella mia vita: credere nell’uomo nonostante tutto, anche quando questo significa sopportare delle insinuazioni. Dio vede. Sai qual è il tribunale più sicuro? La tua coscienza. Se anche uno venisse assolto e la coscienza fosse sporca a che servirebbe? Se invece venisse anche accusato ma con la coscienza pulita, allora saprebbe sopportare tutto per amore di Dio.
D. - Si è sentito più arrabbiato o più deluso verso questi ragazzi?
R. – No, arrabbiato no. Io li ho anche perdonati. Sono persone che nella vita hanno sofferto e molte volte addebitano la loro sofferenza agli altri. Uno di questi, in una lettera che mi scriveva uscendo dal carcere, dopo dieci anni, mi diceva ‘la miglior vendetta è il perdono’, come per dire: 'don Pierino perdonami!'. Però forse il suo perdono era finalizzato a una forma di estorsione: dopo aver ritrattato le accuse che mi aveva fatto, sperava da me chissà che cosa. Io gli ho trovato il lavoro - non è che io ti debba dare qualcosa perché tu ritratti, perchè dici la verità – e dopo però ha riconfermato, visto che forse non aveva avuto i vantaggi che voleva. Allora è evidente che io devo accettare la mia croce.
D. - Teme che dietro ci sia un disegno di qualche tipo?
R. - Credo di sì. Non è chiusa l’indagine, come è possibile che queste notizie siano uscite?
D. - Ha fiducia nei giudici?
R. – Io ho conosciuto giudici splendidi, però ho conosciuto anche persone che hanno fatto soffrire ingiustamente molta gente. Qualche volta, per avere notorietà, non esitano a creare situazioni come questa, che è una gogna mediatica. Non dico che ho fiducia sconfinata perchè questo gesto da chi è venuto? Queste dichiarazioni da chi sono state date? Non possono che essere state date da chi le conosceva. Ma la cosa che mi ha stupito è la solidarietà che ho ricevuto dai miei ragazzi residenti; mi hanno mandato biglietti, lettere bellissime e ne ho ricevute anche da tanta gente che non mi conosce nemmeno. Queste cose ti toccano.
D. - Oltre alle manifestazioni d’affetto che cosa le dà forza in questi momenti?
R. - La fede in Dio. Non mi fermerò di fronte a questo e sull’esempio di don Orione, don Zeno e anche padre Pio, devo accettare questo momento. Come dice, mi pare, san Francesco, non sempre chi ti copre di lordure ti fa del male.
D. - La sua comunità è una realtà molto diffusa in Italia e all’estero. Le persone che la chiamano affettuosamente “don” o “papà”: che cosa si sente di dire ai ragazzi che non ha potuto incontrare fisicamente?
R. - Sono passate dalla comunità in tutto il mondo circa 300.000 persone. Se Cristo tra i Dodici ha trovato chi lo ha rinnegato e chi lo ha tradito, noi che abbiamo gli occhi fissi a Colui che è il punto di riferimento della nostra vita, Cristo, dobbiamo saper accettare tutto per amor suo.
Sugli schermi, in Italia, il film di Manoel de Oliveira "Lo specchio magico"
◊ Il quasi centenario maestro del cinema portoghese Manoel de Oliveira sorprende ancora per intensità ed eleganza: mentre si appresta a portare alla prossima Mostra del Cinema di Venezia il suo nuovo film, "Cristoforo Colombo-L'enigma", è uscito in questi giorni sugli schermi italiani "Lo specchio magico", indagine di forte spessore sui rimpianti, dubbi e desideri che costellano gli ultimi, inquieti anni di vita di una anziana signora. Il servizio di Luca Pellegrini:
L’attacco del violino è deciso e nervoso, e ben lo sapeva Camille Saint-Saëns che la sua Danse Macabre sarebbe stata capace di penetrare l’animo degli inquieti, con quel suo gusto romantico per le ombre, i notturni, la luna piena che sovrasta le case dei vivi e quelle dei morti. La casa di Alfreda, ricca portoghese, le racchiude entrambe, queste presenze: sono ricordi appena accennati, tentazioni fugaci, autobiografie consunte e misteriose. La casa di Alfreda suona perché il marito è un appassionato di musica e spende il suo denaro per istruire i giovani in quelle vecchie stanze. La casa di Alfreda è costruita attorno ad una monumentale scala lignea che cambia funzione a seconda della prospettiva: chi sale può credere di raggiungere il Paradiso e assecondare così le proprie visioni mentre chi scende raggiunge la terra, l’acqua, l’umanità e, forse, potrebbe cadere nel buio dell’Inferno. In questa splendida magione, Manoel de Oliveira, col suo nobile procedere, la sua magica arte della parola e il suo sapiente e scarno senso dell’immagine, dipana una storia molto femminile, percorsa da leggeri fremiti, riflessa in molti specchi “magici” che evocano passati, spiriti e desideri. Una storia folta di dialoghi che soprattutto si concentrano sulla Signora dalle candide vesti, quella che proprio in Portogallo apparve ai tre pastorelli di Fatima. Alfreda non si dà pace: è ricca, sente il peso, la responsabilità del denaro ed è ossessionata dal desiderio di vedere Maria, la Madre, per avere forse conferma della sua fede e della sua salvezza messe costantemente in dubbio. Il film è un difficile diario sul sacro e il profano nella vita: senza deridere mai il primo, senza accanirsi sul secondo. Un contorno di magnifici, superbi attori, ciascuno a rappresentare una risposta inattesa o inutile, fa da corona a questa “magica” riflessione sull’umanità e Alfreda, la grande attrice Leonor Silveira. Ciascuno di loro offre ad Alfreda una soluzione al suo male di vivere, una risposta ai suoi dubbi: sono il Coro delle voci di questa casa dei vivi e dei morti, sono la voce del mondo, sono il cuore e la carne, lo spirito e l’anima, la grazia e il peccato, la terra e il cielo.
Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
◊ Domani, 5 agosto, 18.ma Domenica del Tempo Ordinario, la Liturgia ci presenta il brano del Vangelo in cui Gesù esorta a non essere attaccati alla ricchezza e a tenersi “lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell'abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni”. Quindi racconta la parabola dell’uomo ricco che pensa di aver trovato nei molti beni accumulati la sua realizzazione. Ma Dio gli dice:
“Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio”.
Sul significato di questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia alla Pontificia Università Lateranense:
L’insegnamento di questa domenica è sulla verità del possedere e della proprietà. Naturalmente l’uomo è legato e si lega a quel che possiede. Il riconoscimento della dignità di persona e il diritto a possedere vanno insieme. L’uomo libero ha una proprietà. Lo schiavo non possiede nulla, neppure se stesso. La libertà, però, non ha il suo fine in se stessa e neppure la proprietà è finalizzata al possesso e nemmeno al possessore, a colui che la possiede. E’ questo che Gesù insegna. Chi si lega al possesso, prendendolo come se fosse un fine in se stesso o finalizzandolo a sé, dimentica che la sua vita, che è presupposto di ogni possesso, non è sua proprietà, ma di Dio. E qui si inserisce la proposta: non tesaurizzare, non accumulare per te, ma diventa ricco davanti a Dio. Solo chi arricchisce davanti a Dio, quando gli sarà richiesta la sua vita, non si sentirà dire da lui: “Stolto”. Impariamo, quindi, la sapienza di questa diversa ricchezza, che il mondo ricco per sé non conosce.
L'ACNUR denuncia il dramma di migliaia di profughi bloccati in Iraq
◊ Quattro rifugiati palestinesi provenienti dal campo di Al Waleed, in Iraq, potranno recarsi in Siria per ricevere le cure mediche di cui hanno urgentemente bisogno. La decisione è stata presa mercoledì scorso dalle autorità di Damasco. Ad annunciarlo, con grande soddisfazione, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR) che nelle scorse settimane aveva lanciato numerosi appelli per le difficili condizioni di vita dei profughi palestinesi. I quattro pazienti, di età compresa fra i 2 e i 21 anni, soffrono di forme gravi di diabete, di paralisi, di morbo di Hodgkins e di disturbi cardiaci. Sono bloccati da mesi nel campo rifugiati di Al Waleed, dalla parte irachena del confine con la Siria, che accoglie oltre 1550 palestinesi di cui almeno altri 16 in gravi condizioni di salute. L’ACNUR ha sottolineato le gravissime condizioni di vita nei campi di Al Waeed e di Al Tanf, dove nelle ultime settimane le temperature hanno raggiunto i cinquanta gradi. Per far fronte a questa situazione l’agenzia dell’ONU ha distribuito alcuni condizionatori e 90 piccoli frigoriferi, uno per tenda familiare. L’Agenzia continua ad appellarsi alla comunità internazionale ricordando che queste persone, si stima che siano 15 mila in tutto, non possono lasciare l’Iraq in quanto nessun Paese è disposto ad accoglierli. (E. B.)
Nella Repubblica Ceca, l’abbazia cistercense di Vissy Brod ritrova il suo originario splendore
◊ Dopo un impegnativo lavoro di ristrutturazione, nella Repubblica Ceca è tornata all’originario splendore l’abbazia cistercense di Vissy Brod, presso il confine con l’Austria. Come riferisce il quotidiano Avvenire, l’abbazia fu fondata nel 1259, venne requisita dai nazionalsocialisti e chiusa dai comunisti. L’opera di restauro, iniziata da due monaci, è stata portata avanti dal priore, padre Justin, e da sette confratelli. Sono stati restaurati la facciata e il portone e sono stati aperti un centro per visitatori, una boutique e un caffé. L’abbazia è ricca di tesori artistici e rappresenta una tappa interessante per i turisti che visitano la Boemia Meridionale. Particolarmente significativa è la biblioteca, che custodisce circa 70 mila volumi, alcuni dei quali risalgono addirittura all’VIII secolo. Nel 2013, l’abbazia cistercense ospiterà anche una mostra: in quell’occasione, verrà presentata al pubblico la cosiddetta “Zawisch-Kreuz”, una preziosa croce in oro del XIII secolo. (R.M.)
Vietnam: a Dalat, una scuola cattolica per i bambini più poveri
◊ La diocesi di Dalat, nel sud del Vietnam, ha avviato un programma di studi dedicato ai figli delle minoranze povere. Il programma – riferisce l’agenzia del PIME, AsiaNews –che va dall’asilo alla scuola elementare, si inserisce in un quadro più ampio di iniziative messe in campo dalla Chiesa cattolica vietnamita a favore delle popolazioni più disagiate delle aree rurali e montane, e trae origine dagli “insegnamenti della Bibbia”, che invitano “ad amare e a prendersi cura delle persone più povere e bisognose”. Una maestra della scuola elementare diocesana ricorda che le famiglie della zona “sopravvivono con meno di un dollaro al giorno”. Per questo - commenta - è importante che “i figli possano ricevere un’istruzione, in modo da aumentare il grado di conoscenze e le possibilità di una vita migliore”. Un sacerdote locale racconta che il “programma di sostegno agli studi è nato 14 anni fa e ha visto il contributo di parrocchiani e volontari, che hanno dedicato tempo e risorse per contribuire all’educazione dei bambini. Fondamentale – continua il religioso – l’apporto dei laici, che hanno preso parte ad attività sociali, collaborando in maniera attiva con i preti delle parrocchie e le congregazioni diocesane”. Attualmente, il programma di studi diocesano è portato avanti da 24 parrocchiani, che seguono 872 alunni. (R.M.)
Sri Lanka: attesa, tra i cattolici, per l’apertura della strada che conduce al Santuario di Madhu
◊ I fedeli e la Chiesa dello Sri Lanka aspettano di vedere se il governo manterrà la promessa di aprire la principale strada che porta al famoso Santuario di Nostra Signora di Madhu, per permettere l’arrivo dei pellegrini in occasione dell’imminente festività dell’Assunzione. Come riferisce l’agenzia AsiaNews, la situazione nella diocesi di Mannar, dove sorge il famoso Santuario, non fa ben sperare. A metà luglio, il governo di Colombo ha avvertito che i ribelli Tamil, che controllano il territorio, hanno piazzato armi da fuoco nei dintorni della chiesa e hanno ucciso 14 militari nella stessa area, di recente dichiarata “No war zone”, come richiesto dal vescovo locale, mons. Rayappu Joseph. Proprio mons. Joseph si appella ora al governo, perché apra la strada che conduce al Santuario, dove domani inizierà la preparazione per le celebrazioni del 15 agosto. Il 4 luglio scorso, circa 3 mila fedeli sono riusciti a raggiungere Madhu dal sud del Paese, per una delle tre maggiori celebrazioni mariane che ogni anno si svolgono al Santuario. Per la sicurezza garantita in quell’occasione dall’esercito, la Chiesa ha già espresso “sentiti ringraziamenti” al ministero della Difesa. (R.M.)
In Colombia entra nel vivo l’organizzazione del Congresso latinoamericano sull’etica della comunicazione, promosso dal CELAM
◊ Oltre 300 persone fra professionisti, esperti e pastori si riuniranno dal 10 al 12 settembre, a Bogotá, in Colombia, per dare vita all’importante Congresso latinoamericano sull’etica della comunicazione, che mira ad analizzare il complesso mondo delle comunicazioni sociali e del ruolo degli operatori dei media proprio dal punto di vista dell’etica. L’evento, che in questi giorni entra nella tappa finale della sua preparazione, è stato organizzato dal CELAM il Consiglio episcopale latinoamericano. Padre Jorge Luis Rodríguez, segretario esecutivo del dipartimento per le comunicazioni del CELAM, ha spiegato che ai lavori prenderanno parte i membri della pastorale per le comunicazioni di tutte le Conferenze episcopali latinoamericane e caraibiche, oltre a numerosi esperti, come Javier Darío Restrepo e Germán Rey, professionisti di grande prestigio e membri della “Fundación Nuevo Periodismo Iberoamericano”, diretta dal Premio Nobel per la Letteratura Gabriel García Márquez. Tre gli ambiti tematici affrontati: ‘costruire umanità con la comunicazione e l’etica’, ‘giornalismo, scelta e sfida’ e ‘sfide etiche per l’esercizio della comunicazione’. Per gli organizzatori dell’evento solo l’etica può consentire di prendere sul serio l’affascinante mestiere del comunicatore conferendo senso autentico al processo comunicativo e superando i limiti di un giornalismo troppo spesso pressappochista, autoreferente e sensazionalista. In questo quadro, una considerazione specifica riguarda l’inserimento della comunicazione nel solo ambito del consumo, meccanismo che lascia fuori tutte le implicazioni umane e sociali che pure, a dire di tutti, sono intrinseche a tale processo. Il congresso si soffermerà sulla formazione offerta da università o scuole specializzate dal punto di vista dell’etica non solo deontologica ma generale. Si rifletterà infine sulla missione del comunicatore non solo in quanto professionista ma anche in quanto persona, titolare, dunque di responsabilità sociali precedenti al suo essere giornalista. (E. B.)
Una nube di sostanze tossiche minaccia lo scioglimento dell’Himalaya e rischia di mettere a repentaglio l’esistenza di oltre 2 miliardi di persone
◊ La chiamano “Asian brown colud” ed è un’immensa nube di smog che copre i cieli di intere aree dell’Asia meridionale. Secondo uno studio pubblicato dalla rivista britannica ‘Nature’, la nube sta provocando un’accelerazione considerevole dello scioglimento dei ghiacciai dell’Himalaya. Composto da sostanze tossiche, la cui formazione è strettamente legata all’industrializzazione selvaggia della regione, questo cumulo di gas imprigiona il calore prodotto dal sole e contribuisce ad aumentare la temperatura dell’atmosfera. Tutto questo rappresenta quindi una minaccia per la sopravvivenza di oltre 2 miliardi di persone, dall’India al Bangladesh, fino alla Cina. (E. B.)
La Fondazione Sorella Natura propone a Cortina una due giorni sulla salvaguardia del Creato
◊ “In cammino verso le vette. Itinerario reale e virtuale per la tutela del Creato”: è questo il titolo dell’iniziativa che la Fondazione Sorella Natura propone a Cortina il 7 e l’8 agosto prossimi. Nella convinzione che la tutela del Creato vada perseguita sulla base di serie riflessioni spirituali, etiche e scientifiche – riferisce il quotidiano Avvenire – Sorella Natura propone un cammino di riflessione ispirato al Cantico delle Creature di San Francesco d’Assisi. Due i momenti previsti: martedì 7 alle 17.00, presso l’Aula Magna dell’Istituto statale d’arte, si terrà l’incontro di riflessione “Dall’ambientalismo alla saggia ecologia”, durante il quale verrà presentato il premio “Comunicare bene, comunicare il bene”. Mercoledì 8 agosto, a partire dalle 9.30, dalla Chiesa di San Francesco partirà invece un “Cammino verso le vette”, scandito dalle riflessioni del presidente di Sorella Natura, Roberto Leoni, e dall’assistente nazionale, mons. Massimo Magagnin. (R.M.)
Al confine tra Afghanistan e Pakistan continuano le violenze: almeno 24 morti nelle ultime ore
◊ Pakistan e Afghanistan e diverse zone di confine tra i due Paesi continuano ad essere teatro di scontri tra milizie integraliste e forze governative. Negli ultimi episodi di violenza sono morte almeno 24 persone. Le vittime sono militari pakistani, talebani, civili e agenti afghani. Il nostro servizio:
Il Waziristan, regione tribale nel nord ovest del Pakistan al confine con l’Afghanistan, si conferma un campo di battaglia. Almeno 14 persone sono morte a causa di nuovi scontri scoppiati tra forze governative pakistane e milizie alleate dei talebani. La zona è considerata una roccaforte dei guerriglieri di Al Qaeda e dei talebani. A luglio, inoltre, le tribù ostili al governo hanno revocato il patto di non aggressione contro le truppe regolari e la situazione si è ulteriormente aggravata. Sempre nel nord ovest del Paese, almeno 4 persone sono rimaste uccise in seguito ad un attentato compiuto con un’autobomba. Nel vicino Afghanistan, intanto, almeno 4 agenti sono morti per la deflagrazione di un ordigno, piazzato da talebani lungo una strada della provincia orientale di Kunar ed esploso al passaggio del loro veicolo. Un altro attentato nella provincia meridionale di Kandahar, contro le forze della NATO, ha provocato la morte di due civili. Proprio nel sud dell’Afghanistan, nella turbolenta provincia di Helmand, la NATO ha lanciato ieri una nuova offensiva: secondo fonti locali sono morte decine di talebani e sono rimasti feriti una trentina di civili.
- Si fa dunque sempre più complicata la strategia seguita dai militari statunitensi e della NATO per contrastare le continue offensive dei talebani nel Paese. Le operazioni per contrastare gli insorti sono sempre più concentrate nelle aree vicine al confine pakistano ma il governo di Islamabad appare sempre più in affanno nella lotta contro l’estremismo islamico. Sentiamo Alberto Negri, inviato de "Il Sole 24 Ore", intervistato da Stefano Leszczynski:
R. – In Afghanistan, soprattutto il sud-est del Paese, è uno scenario di guerra. Da una parte, abbiamo la guerriglia dei talebani, gruppi di banditi, "signori della guerra" e dall’altra, abbiamo le truppe dell’esercito afghano, peraltro scarse, e, soprattutto, quelle della NATO. Quanti sono? Circa 8 mila uomini dell’Alleanza Atlantica, che combattono una guerriglia che non riescono naturalmente a stanare. Quindi, l’Alleanza Atlantica ricorre all’unico mezzo letale che ha veramente a disposizione, cioè ai bombardamenti aerei, che, purtroppo, fanno molte vittime anche tra i civili.
D. – I talebani per cosa combattono in Afghanistan?
R. – Qual è l’obiettivo di una guerriglia che non ha oggettivamente la possibilità forse di conquistare un governo centrale e di battere la NATO? E’ quella di creare delle zone “liberate”, cioè delle aree in cui è la guerriglia a comandare. E poi saldare queste aree liberate in Afghanistan con altre, che stanno dall’altra parte del confine, cioè in Pakistan.
D. – Il governo pakistano ha perso l’immagine di pilastro per la guerra contro i talebani...
R. – In realtà, il Pakistan è sempre stato, lo è da molti anni, il ventre molle del sistema strategico nel subcontinente indiano, che si salda con l’Asia centrale. E Musharraf, soprattutto dopo la vicenda della Moschea Rossa, si è messo in rotta di collisione quasi completa con l’establishment religioso, radicale, ma anche con una parte degli apparati e dei servizi che continuano a sostenere i radicali islamici. Quindi, una situazione potenzialmente esplosiva, in cui in realtà oggi la partita in gioco è proprio la sopravvivenza di Musharraf al potere.
- Dall’Afghanistan arrivano, intanto, anche buone notizie: fonti di stampa hanno rivelato che è stato liberato l’ingegnere tedesco rapito dai talebani. Dal Ministero degli esteri tedesco non è ancora arrivata, però, alcuna conferma. Sembrano poi imminenti colloqui tra rappresentanti del governo di Seul ed esponenti talebani per cercare di arrivare ad una soluzione della vicenda dei sudcoreani rapiti lo scorso 19 luglio nel sud dell’Afghanistan. I rapitori hanno già ucciso due ostaggi.
- In Iraq, i soldati statunitensi continuano ad essere vittime di attacchi da parte dei ribelli: fonti militari americane hanno reso noto che un militare è rimasto ucciso durante combattimenti avvenuti nei giorni scorsi ad ovest di Baghdad. Negli Stati Uniti, intanto, è stata inflitta la pena di 15 anni di carcere a un sergente dei marine ritenuto colpevole dell’omicidio di un civile iracheno. Secondo la Corte marziale di Camp Pendleton in California, il militare ha rapito e ucciso un uomo iracheno, durante le ricerche di un presunto terrorista.
- In Tanzania, si sono aperti ieri ad Arusha i negoziati per la pace in Darfur. Ai colloqui partecipano delegazioni di movimenti ribelli che non hanno ancora firmato accordi di pace. La speranza è che, anche con la mediazione di ONU e Unione Africana, si possa chiudere un’era segnata da atrocità e violenze. Si tratta di orrori, realisticamente rappresentati in disegni realizzati da 500 bambini della martoriata regione sudanese, che mostrano predoni a cavallo e villaggi in fiamme. Sulla drammatica situazione in Darfur, ascoltiamo al microfono di Beatrice Bossi, la direttrice dei programmi ‘Save the Children Italia’, Carlotta Sami:
R. – In Darfur, succede esattamente quello che i bambini rappresentano nei loro disegni. I bambini, nei contrasti di guerra, disegnano molto spesso. E’ una delle attività che viene loro proposta più facilmente e i bambini disegnano in maniera molto precisa esattamente quello che accade, andando anche molto nei particolari ad esempio delle divise dei soldati o comunque del modo in cui vanno vestiti o appaiono coloro che commettono violenze. Quindi, non fa altro che riflettere quello che succede da anni, ossia una situazione di totale impunità e illegalità, in cui avvengono violenze continue, stupri e abusi gravissimi, subiti prevalentemente da donne e da bambine.
D. – Potranno essere questi disegni un richiamo all’indifferenza che finora l’Occidente ha mostrato sulla questione del Darfur?
R. – Per contrastare l’indifferenza sarebbe necessario che l’attenzione venisse richiamata costantemente, giorno per giorno, e non che ci fossero degli allarmi che avvengono un giorno e poi non se ne sente più parlare, non ci sono più approfondimenti, non si cerca più di far capire effettivamente alle persone e poi ai diretti responsabili quello che davvero accade in un posto.
D. – Questi disegni sono stati acquisiti come prova dalla Corte penale internazionale dell’Aja. Cosa significa?
R. – Significa dare valore alle esperienze che i bambini raccontano. Quindi, ad esempio, come fa Save the Children, creare, in situazioni estremamente pericolose e disagevoli, degli spazi dove possano giocare, imparare, esprimersi anche attraverso il disegno, la scrittura quando la conoscono e quando gliela si fa conoscere. Ciò dà la possibilità di comunicare con loro e salva loro la vita.
- In Somalia, oltre 27 mila persone hanno lasciato Mogadiscio dall’inizio di giugno, secondo i dati dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, a causa di una nuova ondata di violenze. Proseguono, infatti, nella capitale somala i combattimenti tra forze del governo federale transitorio, appoggiato dall’Etiopia, e milizie dei ribelli. Due terzi delle famiglie fuggite negli ultimi mesi si sono stabilite in un’area nel sud ovest del Paese. 2600 persone hanno raggiunto la città di Galkayo, a 700 chilometri a nord di Mogadiscio, percorrendo una strada molto pericolosa, lungo la quale miliziani armati e banditi hanno allestito posti di blocco. Tra febbraio e maggio oltre 400 mila persone avevano abbandonato la capitale, ma solo 125 mila sono rientrate in città.
- I partecipanti al summit dell’Associazione delle Nazioni del Sud Est Asiatico (ASEAN) conclusosi a Manila, hanno chiesto maggiore rispetto dei diritti umani e hanno analizzato l’attuale situazione politica del Myanmar. I dettagli nel servizio di Chiaretta Zucconi:
Il summit di Manila verrà ricordato soprattutto per la grande attenzione riservata ai diritti umani e per la condanna della giunta militare di Myanmar, sollecitata a restituire la democrazia al Paese e la libertà al premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi, ancora agli arresti domiciliari. I ministri degli Esteri dei dieci Paesi membri si sono accordati sulla necessità di costituire un organismo che avrà il compito di vigilare sulla tutela dei diritti umani e la cui ufficialità verrà ratificata nel corso del prossimo vertice in novembre, a Singapore. Un grande passo avanti verso una politica unitaria e in questo l’ASEAN prende come modello l’Unione Europea che prevede non solo la tutela dei diritti umani, ma anche la lotta comune contro il terrorismo, contro la proliferazione del nucleare nella regione e interventi solidali in caso di emergenze ambientali. Sarà un processo lungo e faticoso. Obiettivo primario dell’ASEAN, fin dalla sua fondazione, è stato il raggiungimento dell’integrazione economica tra i dieci Paesi, integrazione tutt’oggi ancora lontana. Grandi sono le differenze economiche - non solo quelle - che dovranno essere colmate nel sud-est asiatico. (Per Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi)
- Nell’Asia meridionale questa mattina ha smesso di piovere, ma si prevede nuovamente maltempo per l’inizio della prossima settimana. I monsoni che hanno martoriato India, Bangladesh e Nepal negli ultimi 11 giorni hanno causato oltre 230 morti e lasciato 17 milioni di sfollati, senza acqua o cibo. Si tratta della peggiore alluvione subita dagli abitanti della zona. Nello Stato dell’Assam, nell’India nord-orientale, gli ospedali sono pieni oltre ogni limite e gli operatori sanitari sono al lavoro 24 ore su 24 per portare medicinali e cibo agli oltre 3 milioni di persone senza tetto o intrappolate dalle acque. In Bangladesh le alluvioni hanno investito 41 dei 64 distretti. In Nepal la maggior parte delle oltre 80 vittime è stata provocata dalle frane.
- Il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, è atteso oggi a Minneapolis, sul luogo del crollo del ponte sul fiume Mississippi. Il tragico cedimento strutturale, avvenuto due giorni fa, poteva in realtà avere esiti ben più gravi. Il capo dei vigili del fuoco della città, commentando il bilancio di 5 morti accettati e 8 dispersi, ha parlato di “una specie di miracolo”. Ma sono oltre 70 mila, il 12 per cento del totale, i ponti statunitensi classificati come “strutturalmente carenti”. La Società americana degli ingegneri civili (ASCE) ha stimato che la loro riparazione durerebbe almeno 20 anni e costerebbe oltre 188 miliardi di dollari. Non è però ancora chiaro quanti dei ponti presentino reali rischi per la sicurezza. Gli ufficiali federali hanno ordinato l’ispezione di tutti i 756 ponti, sparsi in tutto il Paese, costruiti con la stessa struttura di quello crollato nel Minnesota. (A cura di Amedeo Lomonaco e Valentina Fizzotti)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 216
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