RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 331 - Testo della trasmissione di lunedì 27 novembre 2006

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il dialogo tra religioni sia accompagnato da apertura e rispetto: così, il Papa nel messaggio per l’incontro panasiatico di Bali, in Indonesia, promosso dal Pontificio Consiglio della cultura

 

Il Papa riceve i vescovi della Basilicata in visita ad Limina. La realtà della Chiesa lucana raccontata, ai nostri microfoni, dall’arcivescovo di Potenza, mons. Agostino Superbo

 

Vigilia della partenza del Papa per la Turchia: all’aeroporto di Ankara incontrerà domani il premier Erdogan. Ai nostri microfoni il nunzio apostolico nel Paese, mons. Antonio Lucibello

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Ulteriori elementi di crisi nei rapporti tra Francia e Rwanda: alla radice c’è la questione del genocidio del 1994 nel Paese africano. Ce ne parla Daniele Scaglione

 

Nell’Aula Paolo VI la proiezione, ieri, in anteprima mondiale del film Nativity di Catherine Hardwicke

         

CHIESA E SOCIETA’:

Prosegue in Messico la protesta degli insegnanti. Negli scontri fra manifestanti e polizia sono morte sei persone. I vescovi: basta con la violenza

 

Condannati a 10 anni di reclusione i due cattolici pakistani arrestati ad ottobre per presunte offese al Corano

 

I vescovi dell’Asia si impegnano ad utilizzare i media per far crescere la comunicazione nella Chiesa e per far conoscere meglio il messaggio evangelico

 

Inizia a Madrid una campagna promossa dal Consiglio d’Europa sotto il titolo: “Stop alla violenza domestica sulle donne”

 

Corea del Sud: accertata la presenza del virus dell’influenza aviaria in un allevamento ad Iksan. Soppressi circa centomila volatili

 

24 ORE NEL MONDO:

Revocato il coprifuoco imposto tre giorni fa a Baghdad, mentre c’è attesa per la missione del presidente Talabani a Teheran

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

27 novembre 2006

 

 

IL DIALOGO TRA LE RELIGIONI SIA ACCOMPAGNATO DALL’APERTURA E

 DAL RISPETTO RECIPROCO: COSI’, BENEDETTO XVI NEL MESSAGGIO INVIATO

 PER L’INCONTRO PANASIATICO DI BALI, IN INDONESIA, PROMOSSO

DAL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA. IL PAPA ESORTA LA CHIESA

 A RISCOPRIRE LA GIOIA DELL’EVANGELIZZAZIONE

 

La Chiesa riscopra la gioia dell’evangelizzazione: è la viva esortazione di Benedetto XVI nel messaggio inviato al cardinale Paul Poupard in occasione dell’incontro panasiatico dei membri e consultori del Pontificio Consiglio della Cultura e dei presidenti delle Commissioni nazionali per la cultura, in corso a Bali in Indonesia, sul tema “La pienezza di Gesù Cristo vivo nelle culture asiatiche”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“L'evangelizzazione deve essere accompagnata dall’impegno ad un sincero e autentico dialogo tra le culture e le religioni”, un dialogo “basato sul rispetto, la reciprocità, l'apertura e la carità”. E’ quanto sottolinea Benedetto XVI nel messaggio inviato al summit pan-asiatico in corso a Bali, promosso dal pontificio Consiglio per la Cultura. L’Asia, prosegue il Papa, è un continente “di profonda spiritualità e misticismo” ed è perciò un “terreno fertile” per testimoniare la parola di Dio. Il Pontefice esprime la convinzione che la Chiesa debba riscoprire la “gioia dell'evangelizzazione per divenire una comunità ispirata da zelo missionario affinché Gesù sia sempre più conosciuto ed amato”. Invita così a “ricercare nuovi modi di evangelizzazione” e di “inculturazione della fede cristiana” in Asia.

 

 I missionari, si legge ancora, “devono compiere quei passi necessari ad inculturare il messaggio del Vangelo in modo che sia vissuto nel linguaggio delle tradizioni e pratiche locali”. Tuttavia, Benedetto XVI ribadisce che “deve essere evitato ogni accenno di relativismo e sincretismo”. Nel messaggio si afferma infine che “l’evangelizzazione e l’inculturazione rappresentano un binomio inseparabile”. Questi, spiega il Papa, sono gli elementi che devono essere tenuti presenti affinché il Vangelo sia “veramente incarnato nella vita dei popoli di ogni razza, nazione, tribù e lingua”.

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IL PAPA RICEVE I VESCOVI DELLA BASILICATA IN VISITA AD LIMINA.

LA REALTA’ DELLA CHIESA LUCANA RACCONTATA, AI NOSTRI MICROFONI,

 DALL’ARCIVESCOVO DI POTENZA, MONS. AGOSTINO SUPERBO

 

Benedetto XVI ha ricevuto, stamani, un gruppo di vescovi italiani, della regione ecclesiastica Basilicata, in visita ad Limina. L’incontro di oggi segue l’udienza del Papa con i vescovi abruzzesi e molisani, avvenuta la settimana scorsa. La Basilicata, regione dell’Italia meridionale, ha una popolazione di 614 mila abitanti affidati alle cure pastorali di sei vescovi, 333 sacerdoti secolari e 85 regolari. Le parrocchie, distribuite su un territorio di quasi 10 mila kmq, sono 268. Per un approfondimento sulla chiesa lucana, Paolo Ondarza ha intervistato mons. Agostino Superbo, arcivescovo di Potenza e presidente della Conferenza episcopale della Basilicata:

 

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R. – La prima caratteristica, che salta subito agli occhi, è che la fede ha veramente una dimensione popolare. Lo si nota sia dalla partecipazione alla Messa e alla richiesta dei Sacramenti, sia dal fatto che ancora sono una grandissima maggioranza i matrimoni religiosi. Naturalmente, è una Chiesa che deve fare i conti anche con la secolarizzazione. La problematicità del territorio è data innanzitutto da una forte immigrazione giovanile, per cui si ha l’impressione, soprattutto nell’interno, di uno spopolamento progressivo, che crea un senso di scoraggiamento. L’altro aspetto che pesa molto è la mancanza di lavoro. Abbiamo un laicato cattolico veramente attivo e ritengo che questo sia un fatto molto positivo.

 

D. – La Basilicata è una delle regioni a più bassa densità demografica e tra le regioni con più alto indice di vecchiaia…

 

R. – La Chiesa tiene vivo un dialogo con le autorità responsabili, perchè ritiene che lo spopolamento della Basilicata, l’invecchiamento, sia una sorta di perdita grave per l’Italia. Purtroppo, non possiamo essere soddisfatti dei risultati. Una realtà positiva che ci conforta è la presenza dei sacerdoti in Basilicata. Noi abbiamo un rapporto, che riteniamo buono, di 1 a 2000. Il prete, però, molte volte non può fare molto, perché sono dimensioni che non si possono risolvere con la carità, devono avere una carità politica.

 

D. – Una riflessione sul tema attuale dell’immigrazione…

 

R. – Ci sono alcune zone, a nord-est e a sud della Basilicata, che vedono l’immigrazione stagionale, in relazione all’agricoltura. Poi le città, soprattutto, vedono la presenza di badanti, che vengono soprattutto dall’Europa dell’est. Alcune situazioni più tragiche di povertà vengono affrontate dalle Caritas di Melfi e di Matera.

 

D. – Chi sono i poveri della Basilicata?

 

R. – I poveri sono membri di famiglie in cui non c’è lavoro costante. Giovani disoccupati, che vivono grazie alla pensione dei nonni. Poi ci sono le nuove povertà, quelle di alcuni giovani che non riescono a vivere con gioia. Non mancano episodi gravi di distacco dalla vita.

 

D. – Cosa rappresenta la visita ad Limina e l’incontro con il Papa…

 

R. – Per noi è un grande evento. Il Santo Padre certamente ci incoraggerà nel nostro lavoro, un lavoro per una Chiesa più viva, che faccia risplendere sempre di più il Volto del Signore. In questa maniera la Basilicata ritroverà il suo autentico volto, il volto di una regione credente.

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RINUNCIA E NOMINA

 

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Berhampur (India), presentata da mons. Joseph Das, in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.   Al suo posto il Santo padre ha nominato il reverendo Sarat Chandra Nayak, Cancelliere dell’Arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneshwar.

 

La Diocesi di Berhampur, suffraganea dell'Arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneshwar, è stata eretta nel 1974. Ha una superficie di 51.289 kmq e una popolazione di 7.761.600 abitanti, di cui 103.800 sono cattolici. Si contano 48 parrocchie, 119 sacerdoti (63 diocesani, 56 religiosi), 19 fratelli religiosi, 47 seminaristi maggiori, 188 religiose.

 

 

VIGILIA DEL VIAGGIO APOSTOLICO DI BENEDETTO XVI IN TURCHIA.

IL PREMIER TURCO ERDOGAN ACCOGLIERA’ ALL’AEROPORTO DI ANKARA IL PAPA,

ATTESO CON GRANDE EMOZIONE DALLA COMUNITA’ CATTOLICA LOCALE

- Intervista con l’arcivescovo Antonio Lucibello -

 

Per Benedetto XVI, quella di oggi, è anche la giornata di vigilia dell’atteso viaggio apostolico in Turchia: viaggio al quale ieri il Papa stesso ha detto di guardare con “viva emozione”. Al suo arrivo domani all’aeroporto Ensemboğa di Ankara, previsto per le 13.00 ora locale, Benedetto XVI troverà ad attenderlo il premier turco, Tayyip Erdogan. L’incontro è stato confermato stamani dal direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Subito dopo, il Pontefice sosterà in visita nel Mausoleo del Padre della Repubblica turca, Kemal Atatürk, per poi recarsi nel palazzo presidenziale di Ankara per la cerimonia di benvenuto col capo di Stato, Ahmet Necdet Sezer. Sul clima di attesa che si respira nel Paese islamico, il servizio di uno dei nostri inviati, Pietro Cocco:

 

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Una Turchia sempre più attenta attende ormai l’arrivo di Benedetto XVI. Ieri sera, i telegiornali locali hanno riferito delle parole cordiali del Papa all’Angelus, in cui il Pontefice ha fatto riferimento alla sua imminente visita, rivolgendo al popolo turco ed ai suoi rappresentanti “sentimenti di stima e di sincera amicizia”. La televisione di Stato ha fatto un ampio uso delle immagini da Piazza San Pietro mentre il Papa parlava dal balcone. Immagini non usuali, qui, a cui sono seguite quelle sulla manifestazione indetta dal piccolo Partito estremista islamico “Saadet” contro la visita. Manifestazione rivelatasi un flop, rispetto ai proclami della vigilia ed allo slogan un po’ roboante: “Papa non ti vogliamo”. In realtà, la tradizionale accoglienza turca, condivisa da larga parte della popolazione, è ormai pronta per vedere quali siano le reali intenzioni di questo viaggio. E proprio per questo sembra di poter dire che la spinta proveniente da gruppi ultranazionalisti e integralisti abbia perso forza. Anche grazie alla volontà umile ma decisa di Benedetto XVI di venire, di voler dialogare con tutti. Una disponibilità che è stata compresa anche dal primo ministro Erdogan che - ormai è ufficiale - incontrerà il Papa al suo arrivo all’aeroporto di Ankara, domani alle ore tredici, ora della Turchia, prima di partire per il vertice NATO di Riga.

 

Certo, al cuore di questo viaggio, c’è l’invito del Patriarca ecumenico Bartolomeo I a celebrare insieme la festa di Sant’Andrea, il 30 novembre, e testimoniare insieme al mondo che il dialogo della carità tra le due Chiese ha come propria finalità la riconciliazione e il ristabilimento della piena comunione tra le Chiese sorelle, come ci ha sottolineato oggi l’arcivescovo Demetrios di America, portavoce del Patriarcato Ecumenico per questa visita. E anche nella sfera pubblica non si nutrono secondi fini, ma solo il desiderio di poter servire insieme, sempre meglio, le rispettive società segnate da profondi, e non sempre pacifici, mutamenti sociali e culturali.

 

Ma in questo senso, sarà importante anche il ritrovarsi insieme, ad Istanbul, del Papa con le piccole comunità cattoliche dei diversi riti: latino, armeno, siriano, caldeo. L’auspicio è che possa essere riconosciuto il loro ruolo nella costruzione e nella crescita della Turchia del domani.

 

Venendo al programma di domani, ad Ankara, dopo l’incontro con il primo ministro Erdogan, Benedetto XVI si recherà al Mausoleo di Atatürk, fondatore e primo presidente della Repubblica turca. Lì il Papa apporrà la firma nel libro d’oro dei visitatori, accompagnandola con una frase che sarà così il suo primo saluto al Paese. Seguirà la visita nel palazzo presidenziale al presidente attuale della Turchia, Ahmet Necdet Sezer, e l’incontro con uno dei vice-primo ministro. E subito dopo, ci sarà l’incontro con il presidente per gli Affari religiosi, Ali Bardakoglu, insieme ai Gran Mufti di Ankara e di Istanbul, nella sede del “Diyanet”, organismo che gestisce e coordina l’attività di tutte le moschee della Turchia. Nel segno di quell’attenzione e stima per i credenti dell’Islam, che porterà giovedì pomeriggio il Papa a visitare la storica Moschea Blu di Istanbul, dopo la visita a Santa Sofia, antica basilica bizantina, poi trasformata in moschea ed oggi Museo, dedicata alla Divina Sapienza.

 

Da Istanbul, Pietro Cocco, Radio Vaticana.

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Ma quali sono le principali sfide di questo viaggio, il primo di Benedetto XVI in uno Stato a maggioranza musulmana? Sergio Centofanti lo ha chiesto al nunzio apostolico in Turchia, l’arcivescovo Antonio Lucibello:

 

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R. – Le attese sono concentrate su due fronti, secondo quelle che sono le due grandi sfide che si ritrova la Chiesa e anche la società in generale: la sfida del dialogo ecumenico e la sfida del dialogo interreligioso. Il Santo Padre, cercando di portare ancora in avanti questo sforzo del dialogo, sulle tracce di Paolo VI, che nel 1967 visitò per la prima volta questo Paese e poi successivamente di Giovanni Paolo II, nel 1979, cercherà di collocare la Chiesa universale e la Chiesa in Turchia su questi due fronti.

 

D. – Qual è la situazione della piccola comunità cristiana in Turchia?

 

R. – E’ una comunità in diaspora che continua a mantenere viva la speranza cristiana e il messaggio del Vangelo. Agli inizi dell’era cristiana i primi discepoli, che venivano dalla Palestina, si erano insediati in questa terra. Allora, come oggi, non siamo una Chiesa dalle proporzioni, dalle statistiche ampie, ma non è questione di numeri, quanto di impegno, per mantenere viva la testimonianza cristiana in questa terra.

 

D. – Quali sono le principali difficoltà che i cristiani incontrano in questa terra?

 

R. – Le difficoltà sono tipiche di una minoranza, che poi non è semplicemente prerogativa della piccola Chiesa cattolica, ma anche di altre minoranze che sono presenti qui nel Paese. Ci si augura che con il tempo queste difficoltà possano essere sormontate. La Turchia, come lei sa, è uno Stato laico, dove tutte le religioni sono praticamente rispettate. Si tratta solo di  sviluppare questa laicità dello Stato, per poter avere una maggiore incidenza nella nostra realtà.

 

D. – Come sono i rapporti tra cristiani e musulmani?

 

R. – Localmente c’è un grande sforzo e un grande impegno per mantenere e accrescere, sviluppare, questi rapporti. Quindi, in linea generale, potremmo dire bene. Poi, ci sono sempre delle piccole frange che sono chiuse a questo dialogo.

 

D. – Questo viaggio servirà a rilanciare il dialogo con l’islam?

 

R. – Io penso di sì, perché è uno dei grandi impegni che ha assunto il Concilio Vaticano II, soprattutto sulla base di quella indicazione di Paolo VI, quando nella sua prima Enciclica parlò della Chiesa che si fa dialogo. Quindi, noi crediamo profondamente in questa visione del dialogo  e non saranno i piccoli incidenti di percorso che possono mortificare o limitare questo impegno.

 

D. – Quale parola del Papa attendono in particolare i cattolici in Turchia?

 

R. – Giustificare la speranza che c’è in noi. Rendere visibile questa speranza che alimenta la vocazione cristiana e l’essere cristiano.

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Ieri all’Angelus, Benedetto XVI aveva invitato la Chiesa ad accompagnare con preghiere il suo viaggio apostolico in Turchia. In risposta alla sua richiesta, questa sera - riferisce l’agenzia AsiaNews - in tutte le comunità cattoliche turche vi saranno veglie di preghiera che, ad Antiochia, saranno condivise da cattolici e ortodossi. Un segno evidente di quel carattere ecumenico che riveste la visita papale nel Paese musulmano, ricco – ha ricordato ieri Benedetto XVI - “di storia e di cultura”. Su questo retaggio vecchio di secoli, ascoltiamo il servizio di Sergio Centofanti:

 

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In questa terra si sono susseguite grandi civiltà: ittiti, greci, persiani, romani, bizantini, ottomani. Qui, poesia e filosofia hanno iniziato a muovere i primi passi. A Smirne sarebbe nato Omero, uno dei più grandi poeti di tutti i tempi, cantore di ogni sentimento umano, dall’amore all’odio, dalla vendetta al perdono. Qui i primi uomini hanno cominciato a cercare con la ragione il perché delle cose, il principio che potesse spiegare il tutto: Talete di Mileto lo vedeva nell’acqua, che dà vita, Anassimene nell’aria, lo spirito che vivifica, Eraclito di Efeso individuava questo principio nel fuoco che chiamava anche Logos, ragione di ogni cosa, armonia dei contrari. E questa terra è sempre stata un luogo di incontro-scontro di dimensioni diverse, a volte opposte: cerniera tra oriente e occidente, ponte tra Europa ed Asia. L’ottomana Istanbul, ovvero l’ex Costantinopoli romana e cristiana ed ex Bisanzio greca, è l’unica città del mondo posta tra due continenti, divisa da una sottile striscia di mare.

 

In questa terra è nato Diogene, il filosofo che in pieno giorno girava con una lampada accesa: cercava un uomo vero. Prima di lui Abramo da qui è partito per cercare il Dio vero. E qui San Paolo ha iniziato ad annunciare il vero Dio e vero Uomo. Nella lettera agli Efesini scrive che Cristo è il principio di ogni cosa,  l’unico che ha abbattuto “il muro di separazione” facendo “dei due un popolo solo”. Gesù ricapitola la diversità nell’unità senza confusione, permettendo di vivere  “la verità nella carità”. E San Giovanni, che vive ad Efeso con Maria, spiega che è Cristo il Logos, la Ragione di tutte le cose: Ragione che coincide con l’Amore. E proprio ad Efeso, secondo un’antica tradizione, Maria è assunta in cielo, prima creatura umana a vivere la pienezza di questo Amore.

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Avvertiamo i nostri ascoltatori che domani, in occasione dell’inizio della visita di Benedetto XVI in Turchia, il Radiogiornale delle 14 andrà in onda sulla modulazione di frequenza di 93.3 kHz – con esclusione dei 105 kHz - e sulle onde corte di 7.250, 9.645, 11.740, 15.595 e 21.850 MHz.

 

 

I MARTIRI DEI PRIMI SECOLI HANNO RESO GLORIA CON LA LORO ESISTENZA

ALLA DIVINA REGALITA’ DI CRISTO: LO SOTTOLINEA IL PAPA NEL MESSAGGIO ALL’ARCIPRETE DELLA BASILICA DI SAN PAOLO FUORI LE MURA, IL CARDINALE ANDREA CORDERO LANZA DI MONTEZEMOLO, IN OCCASIONE DELLA CELEBRAZIONE

DELLA SOLENNITÀ DI CRISTO RE

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

I nostri “antenati nella fede hanno reso gloria con la loro esistenza e specialmente con il martirio alla divina regalità di Cristo”: è la riflessione di Benedetto XVI contenuta in una lettera inviata all’arciprete della Basilica di San Paolo fuori le Mura, il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, alla Vigilia della celebrazione della Solennità di Cristo Re, avvenuta sabato scorso in Basilica. “Ripercorrendo con il pensiero gli elementi delle antiche basiliche romane, che hanno trovato nuova espressione in quelle cristiane”, scrive il Papa, “non possiamo non far memoria con devota ammirazione dei martiri dei primi secoli del Cristianesimo”.

 

Questi martiri, sottolinea, hanno celebrato Cristo “che si è dichiarato Re, ma non di questo mondo”. La sua logica, si legge nel messaggio pontificio, “non si ispira, infatti, ai criteri di efficienza e di potenza umana, il suo dominio non s’impone con la forza”. Al contrario, afferma Benedetto XVI, Cristo “vince il male con il bene, l’odio e la violenza con il perdono e l’amore. Il trono di questo Re, che noi oggi adoriamo, è la Croce ed il suo trionfo è la vittoria dell’Amore, di un amore onnipotente che effonde dalla Croce i suoi doni sull’umanità di tutti i tempi e di tutti i luoghi”.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - Con sentimenti di stima e di sincera amicizia Benedetto XVI si appresta ad incontrare il caro popolo turco: all'Angelus della solennità di Cristo Re dell'Universo il Papa chiede ai fedeli di accompagnarlo con la preghiera perché il pellegrinaggio "possa portare tutti i frutti che Dio desidera".

 

Servizio estero - In evidenza l'Iraq, dove persistono i sanguinosi atti di violenza.

 

Servizio culturale - Un articolo di Andrea Riccardi dal titolo "Una grande biografia che interpella l'odierna cultura politica": l'opera di Piero Craveri "De Gasperi" è scritta con sapiente architettura da storico ed arricchita da nuove fonti archivistiche.  

 

Servizio italiano - In primo piano il tema degli incidenti sul lavoro.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

27 novembre 2006

 

ULTERIORI ELEMENTI DI CRISI NEI RAPPORTI TRA FRANCIA E RWANDA:

ALLA RADICE C’È LA QUESTIONE DEL GENOCIDIO DEL 1994 NEL PAESE AFRICANO

- Intervista con Daniele Scaglione -

 

Un nuovo passo avanti nella crisi che oppone il Rwanda e la Francia; dopo la rottura delle relazioni diplomatiche con l’espulsione dell’ambasciatore francese a Kigali e dei funzionari di Parigi, oggi anche la chiusura da parte del governo rwandese della scuola internazionale francese. Una crisi che preoccupa fortemente la comunità internazionale per le ripercussioni che potrebbe avere sui delicati equilibri della regione. All’origine della controversia ci sono i fatti avvenuti a ridosso del terribile genocidio che sconvolse il Paese africano nel 1994 e che causò oltre 800mila morti in poco meno di tre mesi. Sulle origini di questa crisi diplomatica Stefano Leszczynski ha intervistato Daniele Scaglione, autore di un libro sulla storia del genocidio rwandese e attualmente responsabile comunicazione dell’ONG Action Aid International:

 

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R. – Questa volta si è trattato dell’accusa, formalizzata con la richiesta di comparire davanti ad un tribunale francese, da parte del giudice francese, Jean-Louis Bruguiere, accusando l’attuale presidente del Rwanda, Paul Kagame, di essere il mandante, l’esecutore dell’attentato, che il 6 aprile 1994 causò la morte dell’allora presidente rwandese, Habyarimana, e di conseguenza questa fu la scintilla che scatenò il genocidio, che avrebbe causato la morte di almeno 800 mila persone nei tre mesi seguenti.

 

D. – I dissapori tra Francia e Rwanda si possono ricondurre al periodo del genocidio. Tra l’altro, il Rwanda sta rivolgendo accuse durissime alla Francia per come si comportò in quel periodo …

 

R. – Il governo rwandese ha sempre accusato la Francia di alcune cose che sono state provate, e cioè l’appoggio politico e militare che l’allora governo rwandese, guidato dall’hutu Habyarimana, ricevette da Parigi, e anche del sostegno politico, nonché in termini di fornitura di armi, a coloro che poi organizzarono le milizie per il genocidio. C’è, però, un’accusa che va ancora oltre, che sta rilanciando molto fortemente in questo periodo il governo rwandese, vale a dire l’accusa ai soldati francesi di essere stati presenti durante il genocidio, di aver fiancheggiato proprio coloro che stavano compiendo i massacri.

 

D. – Come mai la competenza del tribunale di Parigi, per quanto riguarda l’assas-sinio di un capo di Stato estero, avvenuto in Rwanda?

 

R. – La spiegazione è molto semplice, perché questo aereo su cui viaggiava il presidente Habyarimana era un dono del presidente Mitterrand, che aveva “donato” anche l’equipaggio. Quindi, fra le persone uccise nell’attentato c’erano dei cittadini francesi e su questa base il giudice ha istituito l’inchiesta.

 

D. – Una considerazione su quelle che potrebbero essere le conseguenze internazionali di questo atto…

 

R. – Credo che da un punto di vista di equilibri politici, nella regione non cambierà molto, perché queste scaramucce è da parecchio tempo che accadono. Bisogna capire, a livello di rapporti fra i popoli, che cosa cambierà. Non penso moltissimo, francamente.

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NELL’AULA PAOLO VI LA PROIEZIONE, IERI, IN ANTEPRIMA MONDIALE

DEL FILM NATIVITY DI CATHERINE HARDWICKE

 

Un caloroso applauso ha accolto in Aula Paolo VI la proiezione in anteprima mondiale del film Nativity di Catherine Hardwicke. Organizzata dal Pontificio Consiglio della Cultura, dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, dal Pontificio Consiglio “Cor Unum”, dalla Filmoteca Vaticana, dal Vicariato della Città del Vaticano con la collaborazione della Fondazione Pro Musica e Arte Sacra, l’anteprima è stata anche l’occasione di una raccolta di fondi per la costruzione di una scuola in Galilea. Il servizio di Rosario Tronnolone:

 

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“Un momento privilegiato di riflessione in preparazione al Natale”. Così mons. John Foley, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, ha definito l’anteprima del film Nativity di Catherine Hardwicke, che si è tenuta in Aula Paolo VI nel pomeriggio di domenica 26 novembre, Solennità di Cristo Re. Presenti, tra gli altri, il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone; il cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura; mons. Melchor Sanchez e mons. Angelo Comastri. Nel suo discorso d’apertura mons. Foley ha così illustrato il senso del film:

 

Nativity è un film che riflette il contenuto essenziale della fede cristiana sul Mistero dell’Incarnazione di Cristo e si pone nella grande tradizione iconografica degli artisti di tutti i tempi che hanno ritratto la maternità di Maria. Ancora una volta il cinema, potente strumento di comunicazione, saprà farsi portatore di un messaggio universale, destinato a tutti gli uomini di buona volontà, contribuendo con il potere delle immagini alla nuova evangelizzazione e ad un più fruttuoso dialogo tra fede e cultura, per costruire un mondo di pace e di cooperazione tra i popoli”.

 

Prima della proiezione, cui hanno assistito anche la regista Catherine Hardwicke, lo sceneggiatore Mike Rich e due degli interpreti, Gigi Proietti ha letto i brani relativi alla Natività tratti dai Vangeli di Luca e di Matteo.

 

“Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: “Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. Andarono dunque senza indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore”.

 

L’anteprima cinematografica è stata anche l’occasione per un gesto di carità. Durante la serata sono stati infatti raccolti i fondi per la costruzione di una scuola nel villaggio di Mughar in Galilea, dove convivono cristiani, drusi e musulmani. Al “Povero di Betlemme” era dedicata anche la preghiera scritta per questa speciale occasione da mons. Angelo Comastri, letta ancora da Gigi Proietti.

 

“Signore, nato a Betlemme,

la città della nostra povertà e della nostra piccolezza,

noi ci accostiamo a Maria per guardarti

con il suo sguardo e amarti con il suo amore

ed essere finalmente felici con Te,

povero di Betlemme, unico capace di farci sorridere ancora!

Amen”. 

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CHIESA E SOCIETA’

27 novembre 2006

 

 

PROSEGUE IN MESSICO LA PROTESTA DEGLI INSEGNANTI. NEGLI SCONTRI FRA

 MANIFESTANTI E POLIZIA SONO MORTE SEI PERSONE.

I VESCOVI: BASTA CON LA VIOLENZA

- A cura di Tiziana Campisi -

 

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OAXACA. = Sei morti, un centinaio di feriti e 160 arresti: è il bilancio dei disordini fra manifestanti e forze di polizia, avvenuti tra sabato e domenica nella città di Oaxaca, capitale dell’omonimo Stato messicano. Si tratta del bilancio più preoccupante da quando - oltre sette mesi fa - sono scoppiate tensioni fra l’Assemblea popolare dei popoli di Oaxaca (Appo) e il governatore dello Stato Ulises Ruiz. Di fronte a questa escalation di scontri già nei giorni scorsi i vescovi avevano lanciato un appello ai cittadini a collaborare per ristabilire l’ordine. “Chiudiamo le porte alla tentazione della vendetta. Nessuno potrà aiutare veramente a ricostruire la società con il cuore inquinato dall’egoismo o dall’odio”: con queste parole la conferenza episcopale messicana ha invitato tutti i cittadini a mettere al bando la violenza. Sta costruendo “un muro che ostacola il cammino verso una società più giusta e solidale”, hanno detto i presuli. “Oaxaca non ha bisogno di polarizzazioni né di confronti; non ha bisogno di questo tipo di risposte per costruire il suo futuro, bensì della partecipazione ragionata di tutti affinché ognuno apporti il meglio che ha”. Addolorati per tutte le vittime del conflitto, i vescovi hanno ribadito che la vita umana è sacra e che vale più di qualunque vantaggio economico, di qualunque carica politica o leadership sociale. Nel contesto della lunga protesta che gli insegnanti stanno sostenendo da diversi mesi, l’episcopato auspica la riapertura delle scuole perché i docenti possano portare avanti la loro missione. “Gli insegnanti, che devono adempiere dei doveri verso i bambini, i genitori e la società - ricordano i vescovi – devono rispondere ad una duplice sfida: completare l’anno scolastico e recuperare il proprio prestigio e l’autorità morale”. Lottare dalle aule per una società migliore, affermano i presuli, è per i docenti un’opportunità privilegiata per mostrare con i fatti la volontà di operare per un’educazione di qualità. Da mesi gli insegnanti stanno scioperando per ottenere un migliore trattamento economico. La risposta delle istituzioni, statali e federali, è stata molto dura e poco conciliante. Secondo gli osservatori, il conflitto sindacale, soprattutto dopo il 2 luglio, con l’elezione contestata di Felipe Calderón, del Partito di Azione Nazionale, a presidente della Repubblica, si è trasformato in un laboratorio politico che mette in discussione le istituzioni stesse. Ciò anche per il fatto che centinaia di organizzazioni politiche e sindacali oggi si ritrovano sotto le bandiere dell’Assemblea Popolare dei Popoli di Oaxaca. Contro il movimento dei maestri, la polizia federale, inviata dal presidente uscente Vicente Fox, alla fine di ottobre ha reagito duramente. Intanto il governatore Ulises Ruiz ha rifiutato un appello del parlamento - votato da una maggioranza trasversale - che gli chiedeva di dimettersi. Ieri, nel corso di una conferenza stampa, Ruiz ha accusato l’Appo delle violenze che si sono verificate e ha respinto ancora una volta le accuse di corruzione rivoltegli.

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CONDANNATI A 10 ANNI DI RECLUSIONE I DUE CATTOLICI PAKISTANI ARRESTATI

AD OTTOBRE PER PRESUNTE OFFESE AL CORANO. PER LA DIFESA LA DECISIONE

DEL TRIBUNALE SAREBBE FRUTTO DI PRESSIONI DA PARTE DI ESTREMISTI

 

FAISALABAD. = James Masih, 70 anni e Buta Masih, 65, residenti a Munir Park, Faisalabad, in Pakistan, i due cattolici arrestati dalla polizia il mese scorso per presunte offese al Corano, sono stati condannati a 10 anni di detenzione. A stabilire la pena, scrive l’agenzia AsiaNews, è stato sabato scorso il giudice Muhammad Islam, della Corte anti-terrorismo di Faisalabad, che li ha giudicati colpevoli di aver bruciato pagine del Corano applicando la sezione 295 B del Codice penale pakistano, nota come legge sulla blasfemia. Il tribunale ha anche comminato ad  ognuno il pagamento di una multa di 25 mila rupie; se non riusciranno a pagare la somma stabilita i due rimarranno in carcere un anno in più. Khalil Tahir, avvocato difensore, si dice “interdetto” dalla sentenza del giudice, poiché “non ci sono prove evidenti contro i due che sembrano vittime di una resa dei conti privata”. “Crediamo – denuncia il legale ad AsiaNews – che il verdetto sia il risultato di pressioni degli estremisti, per questo la Corte ha impiegato 4 giorni per prendere una decisione”. L’avvocato nota inoltre che la legge sulla blasfemia prevede l’ergastolo e la condanna a 10 anni e la decisione presa sarebbe un chiaro segno che il giudice ritiene i due innocenti, ma che ha dovuto emettere un verdetto di colpevolezza per accontentare gli estremisti islamici”. La difesa ha ora intenzione di fare appello all’Alta Corte di Lahore entro questa settimana. (T.C.)

 

 

I VESCOVI DELL’ASIA SI IMPEGNANO AD UTILIZZARE I MEDIA PER FAR CRESCERE

LA COMUNICAZIONE NELLA CHIESA E PER FAR CONOSCERE MEGLIO

IL MESSAGGIO EVANGELICO

 

TATAY. = L’Associazione delle conferenze episcopali d’Asia (Fabc) ha discusso nei giorni scorsi a Tatay, nelle Filippine, dell’impegno e del ruolo dei vescovi nella comunicazione. Jenifer Arul, editrice televisiva a New Delhi, ha detto che i presuli hanno bisogno di essere preparati alla comunicazione. “Le rare occasioni in cui i vescovi appaiono in televisione - ha sottolineato – sono come perse, perché non appaiono formati a trasmettere televisivamente il loro messaggio”. Una osservazione generale emersa nel dibattito è che l’episcopato ha bisogno di propri portavoce e consiglieri per la comunicazione. Il presidente dell’Associazione della stampa cattolica indiana (Icpa), Michael Gonsalves, e caporedattore del giornale “South Asia Religious News”, ha osservato che le tecnologie oggi hanno aumentato l’urgenza delle notizie. L’arcivescovo di Cotabato, mons. Orlando Quevedo, segretario della Fabc, di fronte alle problematiche emerse è apparso rassicurante nei confronti dei rappresentanti dei media: come dire, i vescovi si impegneranno ad essere buoni comunicatori. I presuli, inoltre, hanno voluto indicare alcune condizioni ineliminabili per una buona comunicazione. Mons. John Tong Hon ha, ad esempio, posto come condizioni la democrazia e la libertà religiosa ed è stata largamente condivisa l’osservazione di mons. Quevedo, che ha ribadito la necessità di “comunicare la verità”, la quale richiede, ha detto – onestà – esattezza ed obiettività. (T.C.)

 

 

INIZIA A MADRID UNA CAMPAGNA PROMOSSA DAL CONSIGLIO D’EUROPA

 SOTTO IL TITOLO: “STOP ALLA VIOLENZA DOMESTICA SULLE DONNE”

- A cura di Ignacio Arregui -

 

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MADRID. “La violenza domestica deve essere condannata, le vittime protette e gli aggressori puniti in tutta Europa”. Questo appello del Consiglio d’Europa è al centro di una campagna che inizia oggi a Madrid con una Conferenza internazionale alla quale partecipano i rappresentanti dei 46 Paesi del Consiglio d’Europa. La Conferenza si sviluppa fondamentalmente intorno a tre temi: sostegno e protezione delle vittime, politiche e misure giuridiche per combattere la violenza e approcci nei confronti della violenza. Secondo il Consiglio d’Europa i dati raccolti mostrano la presenza di questa forma di violenza in tutti i Paesi europei. Si può affermare che la maggior parte delle violenze nei confronti delle donne avviene per opera di persone che appartengono all’ambiente familiare e che dal 12 al 15 per cento delle donne ha subito abusi familiari dopo i sedici anni. La Conferenza è presieduta dal segretario generale del Consiglio d’Europa, Terry Davis, e dal primo ministro spagnolo Jose Luis Rodriguez Zapatero. Oltre a rappresentanti dei governi e di organismi umanitari, è prevista la partecipazione di circa 300 esperti. Per questa prima conferenza è stata scelta la Spagna per le opinioni favorevoli che ha raccolto in tutta l’Europa una legge speciale, approvata all’unanimità dal parlamento spagnolo il 28 dicembre del 2004, in difesa dei diritti della donna. Tuttavia, i risultati non sono molto incoraggianti tenuto conto che quest’anno, fino ad oggi, le donne uccise in Spagna sono state 62 e che sono oltre 100 mila quelle che nello stesso periodo hanno presentato denuncia per maltrattamenti.

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COREA DEL SUD: ACCERTATA LA PRESENZA DEL VIRUS DELL’INFLUENZA AVIARIA

IN UN ALLEVAMENTO AD IKSAN. SOPPRESSI CIRCA CENTOMILA VOLATILI

 

SEOUL. = Il ministero sudcoreano dell’Agricoltura ha comunicato oggi la soppressione ad Iksan di circa 100 mila polli ed anatre dopo l’individuazione del virus H5N1 dell’influenza aviaria in un allevamento. Entro il prossimo 30 novembre, scrive l’agenzia AsiaNews, Seoul prevede di uccidere un totale di 236 mila volatili e un numero non precisato di altri animali come maiali, cani e gatti nel raggio di 500 metri dalla fattoria colpita dal virus. Nel piano è compresa anche la distruzione di circa 6 milioni di uova. Si tratta della prima comparsa della malattia nel Paese dopo tre anni, gli ultimi casi di influenza dei polli in Corea del sud risalgono infatti al 2003, quando sono stati soppressi 5,3 milioni di volatili. Ora sono ai massimi livelli le misure di quarantena per contenere una possibile epidemia mentre il Giappone ha sospeso le importazioni di pollame dalla Corea del sud. Da quando in Asia si è manifestato per la prima volta tre anni fa, l’H5N1 ha ucciso 153 persone in tutto il mondo. (T.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

27 novembre 2006

 

- A cura di Roberta Gisotti -

 

 

In Medio Oriente si spera nella tenuta della tregua tra l’Autorità nazionale palestinese ed Israele, in vigore dalle sei di ieri mattina, nonostante le iniziali violazioni da parte palestinese e dopo la morte questa mattina di due palestinesi in Cisgiordania. Israele propone uno scambio di prigionieri a patto che vengano rispettate le condizioni poste dal Quartetto formato da Stati Uniti, Unione Europea, Russia e Nazioni Unite. Servizio di Ada Serra:

 

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Nuove possibilità di intesa tra Israele e Autorità nazionale palestinese, dopo le dichiarazioni del premier israeliano Ehud Olmert sulla disponibilità a effettuare uno scambio di prigionieri e a incontrare il presidente palestinese Abu Mazen, per discutere sulle prospettive di uno sgombero degli insediamenti in Cisgiordania. Israele pone però come condizione che il governo palestinese accetti le condizioni poste dalla comunità internazionale: rinunciare alla violenza, riconoscere l’esistenza di Israele e accettare gli accordi siglati in passato con lo Stato ebraico. Le dichiarazioni di Olmert arrivano dopo che il cessate-il-fuoco, in vigore da ieri, sembrava essere stato messo a rischio dalla morte di due palestinesi, avvenuta questa mattina nel corso di un raid israeliano nel nord della Cisgiordania. I miliziani palestinesi accusano Israele di aver infranto la tregua. Tregua che però, già ieri, Olmert aveva chiarito essere estesa alla sola zona di Gaza e non anche alla Cisgiordania. Intanto, fonti di stampa parlano di un possibile incontro, mercoledì prossimo, tra Abu Mazen e il presidente americano George Bush, ad Aqaba, in Giordania.

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È stato revocato stamane il coprifuoco imposto tre giorni fa a Baghdad, dopo la strage di sciiti a Sadr City e la controffensiva sunnita e già si registrano 16 morti, 9 poliziotti e 7 civili, oltre a 35 feriti. Intanto è ripreso il processo a Saddam Hussein e altri sei gerarchi del passato regime accusati per il genocidio dei curdi che, alla fine degli anni '80, aveva provocato più di 180 mila morti nel Kurdistan iracheno. E c’è attesa nel Paese per la missione del presidente Talabani, che in giornata arriverà a Teheran per colloqui con il capo di Stato iraniano Ahmadinejad nel tentativo di stringere alleanze strategiche. Durante la visita, prevista sabato e poi rinviata per la chiusura dell’aeroporto di Baghdad, Talabani incontrerà anche l’Ayatollah Ali Khamenei.

 

Restiamo a Teheran, dove oggi all'aeroporto si è verificato un incidente aereo. Tra le vittime 30 Guardiani della rivoluzione e 6 membri dell’equipaggio. Il velivolo,  diretto a Shiraz nel sud del Paese, si è schiantato alle 7.10 ora locale subito dopo il decollo. I Guardiani della Rivoluzione hanno annunciato l'apertura di un'inchiesta. E, sempre in Iran si è concluso con la resa del sequestratore l’assalto questa mattina nella scuola superiore 'Falaq' di Teheran. L’uomo reduce della guerra Iran-Iraq, tra il 1980 e il 1988, rivendicava un sostegno da parte del Governo.

 

Nuove vittime fra militari e civili in Afghanistan: soldati dell'Isaf, la Forza  internazionale della Nato hanno aperto ieri il fuoco contro un'auto che non aveva osservato le disposizioni di sicurezza, uccidendo un civile. Ed altri due soldati sono rimasti uccisi in un attentato suicida vicino Kandahar. E ancora ieri un kamikaze si è fatto esplodere nei pressi di un ristorante nel sud est del Paese, provocando 15 morti. Un altro soldato ed una cinquantina di ribelli sono morti in diversi altri scontri.

 

La Commissione elettorale del Bangladesh ha annunciato che le elezioni parlamentari si terranno il 21 gennaio prossimo. Da diverse settimane nel Paese asiatico si sono susseguiti disordini e violenze e scioperi generali dei trasporti indetti dai partiti di opposizione, che alla fine sono riusciti a far destituire il capo della Commissione elettorale, accusato di parzialità.

        

La giunta militare al potere in Myanmar (ex Birmania) ha ordinato alla Croce Rossa di chiudere i suoi cinque uffici nelle zone di frontiera toccate da conflitti etnici, dopo avere già impedito all’organizzazione umanitaria di riprendere le visite ai prigionieri politici. Secondo l’Onu, in Birmania si trovano oltre 1.100 prigionieri politici, tra cui il premio Nobel per la pace e leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi, costretta agli arresti domiciliari.

 

Il candidato di sinistra, Rafael Correa, è ampiamente in testa nel ballottaggio presidenziale in Ecuador, davanti all'imprenditore di destra, Alvaro Noboa. Il sito web del Tribunale elettorale, col 38% dei voti scrutinati, attribuisce a Correa addirittura il 66% dei voti, mentre gli exit-poll assegnano all’economista tra il 56 e il 58 per cento delle preferenze. Il servizio di Louis Badilla:

 

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Rafael Correa, con un breve curriculum dal punto di vista politico, ma con un carisma indubbio, è la vera sorpresa di questo ballottaggio presidenziale. All'avvio della campagna elettorale veniva segnalato nelle retrovie fra i 13 candidati in lizza, ma con il passare del tempo la sua posizione è cresciuta, fino a cogliere l'obiettivo di potersi misurare con Alvaro Noboa. Messosi in evidenza nei moti di Quito del 2005, che terminarono con la destituzione dell'allora presidente Lucio Gutierrez, Correa è stato per 106 giorni ministro dell'Economia di Alfredo Palacio, da cui si distanziò per profonde divergenze sulla gestione del Paese. Poi fondò il movimento Alleanza Paese, con cui si è presentato alle elezioni in alleanza con il Partito socialista Fronte Ampio, e con cui ha fustigato i partiti politici tradizionali ed ‘i parlamentari corrotti’. Alle accuse di Noboa che lo bolla come «comunista», Correa ha sempre risposto di essere di sinistra, ma «di non essere marxista, ma cristiano». Per quanto riguarda poi i suoi legami con il presidente venezuelano Hugo Chavez, che gli rinfaccia il suo avversario, Correa non li nega: “quando l'ho conosciuto è nata una simpatia reciproca naturale”, ha detto. Ma assicura di operare in totale indipendenza. Nella sua proposta di ‘rivoluzione civica’ include anche l'ipotesi di convocare un’Assemblea costituente per riscrivere la Costituzione, un po’ come sta avvenendo con Evo Morales in Bolivia. Cauta anche la sua più recente analisi sulla ‘dollarizzazione’ (la moneta nazionale, il sucre, è stata sostituita dal dollaro) che ora non vuole più revocare, e sul pagamento del debito   estero (10mila milioni di dollari), che non dice più di voler sospendere, ma di rinegoziare.

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E’ fallito il tentativo di accordo in extremis tra Unione europea e Turchia sulla questione di Cipro. Si è concluso con un nulla di fatto l'incontro stamane a Tampere, in Finlandia, tra il ministro degli Esteri finlandese, presidente di turno dell'Unione europea,  Tuomioja, ed il ministro degli Esteri turco, Gul. Lo ha riferito la stessa Presidenza di turno dell'UE annotando che avvierà “immediatamente” un confronto con la Commissione europea per valutare l’opportunità di sospendere il negoziato di adesione con la Turchia.

 

Hanna Gronkiewicz Waltz, ex presidente della Banca centrale e ex vice presidente della Banca europea della ricostruzione e sviluppo (Bers), è il nuovo Sindaco di Varsavia. La candidata del partito di centro Piattaforma civica ha vinto le elezioni con il 53,18 per cento, confermando il dato del primo turno. Sconfitto l’ex premier Kazimierz Marcinkiewicz, del partito di Governo Diritto e Giustizia. Secondo il premier Kaczynski, la vittoria di Waltz è dovuta  anche al sostegno dell'ex presidente della Repubblica Kwasniewski. Risultato analogo anche a Cracovia, dove ha vinto un candidato indipendente, sostenuto dall’opposizione del Po.

 

Proseguono gli accertamenti nell’ospedale San Raffaele di Milano sullo stato di salute dell’ex premier Silvio Berlusconi, dopo il malore accusato ieri a Montecatini nel corso di un intervento pubblico. Gli esiti saranno noti solo nel pomeriggio. Sul fronte politico sorpresa e dibattito hanno suscitato stamane in Italia le dimissioni da senatore del presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga, formalmente per ragioni di età avanzata e di salute, così come si legge nel testo della lettera inviata al presidente del Senato Marini. Nella lunga lettera l’ex capo di Stato motiva però la sua decisione nel mancato riconoscimento di autorevolezza da parte del Governo alla sua persona nell’incarico istituzionale attribuitogli dalla Costituzione.

               

Resta alta la tensione in Ciad, dove alcune armate ribelli, dopo aver attaccato importanti centri abitati, si stanno muovendo in direzione della capitale, N'Djamena. Il governo, presieduto da Idriss Debby, ha accusato il Sudan e per la prima volta l'Arabia saudita di sostenere i rivoltosi. Il servizio di Giulio Albanese:

 

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La situazione nel Paese africano è comunque molto confusa, con voci su operazioni militari che si rincorrono tra smentite e conferme. Un portavoce del coordinamento militare, che riunisce alcune organizzazioni ribelli, ha negato che sia in corso un’operazione per conquistare la capitale del Ciad, anche se la sua dichiarazione, a detta degli osservatori, va presa col beneficio di inventario. Potrebbe infatti trattarsi di un tentativo per sviare le forze governative. Da notare che il governo di N’Djamena avrebbe prove che confermerebbero una presenza consistente, all’interno dei ribelli dell’unione delle forze per la democrazia, di giovani tra i 13 e i 17 anni, reclutati nelle Madras di Gedda, la Mecca e Riad.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese

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