RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 320 - Testo della trasmissione di giovedì 16 novembre 2006

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Papa ha presieduto oggi la riunione dei Capi Dicastero della Curia Romana per esaminare la vicenda di mons. Milingo

 

Mons. Silvano Maria Tomasi lancia un accorato appello per la fine del conflitto israelo-palestinese, nel suo intervento al Consiglio per i diritti umani

 

Dichiarata “venerabile”Mamma Margherita’, madre di San Giovanni Bosco: con noi don Teresio Bosco

 

Con l’intervento del cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, si inaugura stasera ai Musei Vaticani la mostra sul Laocoonte: ce ne parla Francesco Buranelli

 

Ieri sera nella Basilica di San Pietro la liturgia dei Vespri cantati in gregoriano ha aperto il V Festival internazionale di musica e arte sacra: ai nostri microfoni mons. Pablo Colino

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Inizia oggi a Roma il Convegno promosso dai Salesiani sul tema “L’Europa terra di missione”: il commento di mons. Aldo Giordano

 

Joseph Kabila vince le elezioni presidenziali nella Repubblica Democratica del Congo: intervista con Raffaello Zordan

 

Il Parlamento europeo adotta la direttiva sulla libera circolazione dei servizi: ce ne parla Luciana Sbarbati

 

Si celebra oggi la Giornata internazionale della tolleranza. Con noi, il prof. Carlo Augusto Viano

 

CHIESA E SOCIETA’:

Si è aperta in Messico l’Assemblea episcopale dei vescovi del Paese

 

In Indonesia, riaperto il processo per le uccisioni, nel 2005 a Poso, di tre giovani cristiane

 

In Pakistan, approvati emendamenti alle ordinanze Hudood: reati come la violenza sessuale e l’adulterio, verranno giudicati da tribunali civili e non più da corti islamiche

 

In corso in Burkina Faso il primo Congresso missionario dell’Africa occidentale

 

La comunità di laici buddisti Rissho Kosei-kai ieri ha celebrato a Tokyo il centenario della nascita del suo fondatore, Nikkio Nivano

 

Mons. Stanislaw Rylko, in Brasile, ha visitato le missioni della comunità missionaria di Villaregia presenti a San Paolo e a Belo Horizonte

 

24 ORE NEL MONDO:

Iraq: altri 9 morti oggi a Baghdad in un probabile scontro tra sunniti e sciiti

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

16 novembre 2006

 

 

IN VATICANO LA RIUNIONE DEI CAPI DICASTERO DELLA CURIA ROMANA

PRESIEDUTA DAL PAPA SULLA VICENDA DI MONS. MILINGO

 

Il Papa ha presieduto stamane in Vaticano una riunione dei Capi Dicastero della Curia Romana per esaminare la vicenda di mons. Emmanuel Milingo, arcivescovo emerito di Lusaka, che è incorso nella scomunica latae sententiae, cioè automatica, per aver conferito, il 24 settembre scorso a Washington, l’ordinazione episcopale a quattro sacerdoti senza mandato pontificio. Al centro dell’incontro – secondo quanto ha reso noto la Sala Stampa vaticana il 14 novembre scorso - anche “una riflessione sulle domande di dispensa dall’obbligo del celibato e sulle domande di riammissione al ministero sacerdotale presentate da parte di sacerdoti sposati nel corso degli anni più recenti”.

                                                       

In un altro comunicato, pubblicato il 26 settembre scorso, la Sala Stampa vaticana sottolineava come la Santa Sede avesse seguito “con viva apprensione” l’attività posta in essere da mons. Milingo “con una nuova Associazione di sacerdoti coniugati, seminando divisione e sconcerto fra i fedeli”. “Tenuto conto della comprensione manifestata, anche di recente, dal Successore di Pietro verso questo anziano Pastore della Chiesa - proseguiva la nota - la Santa Sede ha atteso con vigilante pazienza l’evolversi degli eventi, i quali, purtroppo, hanno condotto l’arcivescovo Milingo a una condizione di irregolarità e di progressiva aperta rottura della comunione con la Chiesa, prima con l’attentato matrimonio e poi con l’ordinazione di quattro vescovi”. “In momenti di sofferenza ecclesiale come questo – concludeva la dichiarazione della Sala Stampa vaticana - si intensifichi la preghiera di tutta la comunità dei fedeli”.

 

 

UDIENZE

Il Santo Padre riceverà questo pomeriggio il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

 

 

L’OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO LE NAZIONI UNITE

DI GINEVRA, MONS. SILVANO MARIA TOMASI, LANCIA UN ACCORATO APPELLO

PER LA FINE DEL CONFLITTO ISRAELO-PALESTINESE,

NEL SUO INTERVENTO AL CONSIGLIO PER I DIRITTI UMANI

 

“Il conflitto israelo-palestinese si è avvitato in una spirale di violenza” e sofferenze che “non porta da nessuna parte” e che perciò va spezzata al più presto. E’ l’accorato appello dell’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU di Ginevra, che ieri è intervenuto alla terza sessione speciale del Consiglio per i Diritti umani. Il presule ha auspicato un maggiore impegno della comunità internazionale per la soluzione della crisi in Medio Oriente, a partire dagli Stati chiave della regione. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Per risolvere la crisi israelo-palestinese, mons. Tomasi ha indicato due passi necessari. Innanzitutto, ha affermato, “i due popoli coinvolti devono riconoscere reciprocamente la propria umanità ed eguaglianza e di qui iniziare un mutuo processo di riconoscimento sulla base della giustizia e del rispetto dei diritti umani fondamentali internazionali e del diritto umanitario”. Secondo, la comunità internazionale ha “la responsabilità morale di promuovere una mentalità di pace, collaborando attraverso misure pratiche all’eliminazione delle profonde radici culturali, sociali ed economiche della violenza”. Le parti in conflitto, è stato il suo richiamo, devono essere aiutate a “perseguire una fruttuosa collaborazione”. Una responsabilità, ha detto, che è dovuta in primo luogo ai civili, donne e bambini, vittime della violenza e “ai giovani militari le cui vite sono state spezzate con i loro sogni ancora incompiuti”.

 

“La violenza – ha ribadito – non paga mai e genera nuove sofferenze”. Il rispetto dei diritti umani, a partire dalla vita, ha rilevato, “non è una considerazione astratta, ma un approccio che paga un ricco dividendo nelle sue conseguenze politiche e rende possibile il godimento dei frutti della pace”. La Santa Sede, ha spiegato il presule, ritiene il conflitto israelo-palestinese la “maggiore fonte di instabilità nel Medio Oriente”. D’altro canto, questa instabilità “aggrava la condizione della popolazione della Palestina e di Israele e rende ancora più difficile il raggiungimento” dell’obiettivo della pace. Per questo, è stata la sua esortazione, gli Stati della regione devono impegnarsi a trovare una soluzione “onorevole al conflitto, rendendo così un importante servizio a tutta l’umanità”. Così facendo, si dimostrerà “ancora una volta che il rispetto dei diritti umani favorisce la pace e la pace sostiene” i diritti umani.

 

Il presule si è anche soffermato sulle sfide che il Consiglio per i Diritti umani dell’ONU deve affrontare. “Le persistenti violazioni dei diritti umani in molte aree del mondo” non “sono sempre state affrontate con onestà e coerenza” a causa di “miopi interessi politici ed economici”. Mons. Tomasi ha dunque sottolineato che un Consiglio che “non contribuisce a cambiare la qualità della vita delle persone”, rischia “di perdere la sua credibilità”. Per la Santa Sede, ha affermato, è allora necessaria l’adozione di “un coraggioso metodo di vero dialogo che metta sul tavolo i veri problemi, lavorando per una reale soluzione, a prescindere dai punti di vista”.

 

Mons. Tomasi ha concluso il suo discorso citando le parole di Benedetto XVI, pronunciate all’Angelus di domenica 5 novembre: “Dio onnipotente e misericordioso illumini le Autorità israeliane e palestinesi, come pure quelle delle Nazioni che hanno una particolare responsabilità nella Regione, affinché si adoperino per far cessare lo spargimento di sangue, moltiplicare le iniziative di soccorso umanitario e favorire la ripresa immediata di un negoziato diretto, serio e concreto”.

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LE PICCOLE COSE DI OGNI GIORNO SONO LA VIA DELLA SANTITÀ:

QUESTO CI INSEGNA LA VENERABILE ‘MAMMA MARGHERITA’,

 MADRE DI SAN GIOVANNI BOSCO

- Intervista con don Teresio Bosco -

 

Salesiani di tutto il mondo in festa per “Mamma Margherita”, la madre di San Giovanni Bosco, dichiarata venerabile, 150 anni dopo la sua morte. Il Decreto, che ne riconosce l’eroicità della vita e delle virtù e la fama di santità, è stato letto ieri alla presenza del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e del cardinale José Saraiva Martins, prefetto dalla Congregazione per le Cause dei Santi. Il felice evento è stato suggellato da un momento di preghiera nella Cappella della Comunità salesiana in Vaticano. Il servizio di Roberta Gisotti.

 

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Mamma Margherita: “era una santa!” Tra i primi a dirlo, alla sua morte,  fu proprio il figlio Giovanni Bosco, che negli ultimi 10 anni di vita l’aveva chiamata accanto a sé a Torino per aiutarlo agli inizi della sua opera. E’ lei la vera coofondatrice della Famiglia salesiana. Nata nel 1788, in provincia di Asti, Margherita Occhiena sposa il vedovo Francesco Bosco, che presto morirà lasciandola sola a prendersi cura della suocera paralizzata, di Antonio il figlio di prime nozze del marito e dei suoi figli Giuseppe e Giovanni. Illetterata ma piena di sapienza, muore a 68 anni, il 25 novembre del 1856, a piangerla come la loro mamma anche i tanti poveri ragazzi, che aveva cresciuto negli anni torinesi. Don Teresio Bosco, autore della biografia “Vita di Mamma Margherita” edita da Elledici, ci racconta del suo “eroismo spicciolo” quello delle mamme “che dura 365 giorni all’anno”:

 

R. – Nessuno dà loro medaglie o batte loro le mani alla fine di quell’anno, ma si ricomincia sempre da capo. Mamma Margherita fu una santa che non ebbe mai estasi, che non ebbe visioni ma ebbe tante pentole da pulire, tanti piatti da riempire, tanti ragazzi da accudire, ragazzini poveri, sbandati, della periferia torinese. Ogni sera quei ragazzi lasciavano in fondo al letto la giacca o i pantaloni o le calze bucate e mentre loro dormivano lei insieme a Don Bosco, cuciva le calze, rattoppava i pantaloni, Don Bosco aggiustava le scarpe. Questa fu la santità di Mamma Margherita e credo sia una santità estremamente vera. Ora se nella Chiesa c’è la santità delle estasi e delle visioni, c’è, io direi, soprattutto, quella del giorno per giorno, grigio o chiaro, che spinge le mamme a sacrificarsi per i loro figli a tirarli su a educarli e mettere tutto il loro bene nella vita dei loro figli: è la banca dove depositano tutti i loro risparmi che poi è la loro vita. Mamma Margherita fu una santa così.

 

D. – Don Teresio possiamo dire che la santità di mamma Margherita è in qualche modo alla portata di tutti anche delle mamme di oggi…

 

R. - Non solo è alla portata ma è la vita normale tranquilla, difficile o facile, di    ogni cristiano. E’ la spiritualità semplicissima di Don Bosco e dei salesiani che consiste nel voler bene e fare il bene. Don Bosco diceva ‘del male mai a nessuno del bene a tutte le persone a cui possiamo farlo’: è la spiritualità di Don Bosco e di sua madre.

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CON L’INTERVENTO DEL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO, TARCISIO BERTONE,

 SI INAUGURA STASERA AI MUSEI VATICANI LA MOSTRA LAOCOONTE, CULMINE DELLE CELEBRAZIONI PER IL V CENTENARIO DEL MUSEO VOLUTO DA PAPA GIULIO II

- Con noi, il direttore Francesco Buranelli -

 

Con l’inaugurazione, stasera, della mostra sul Laocoonte, uno dei gruppi scultorei più celebri al mondo, culminano le celebrazioni per i 500 anni dei Musei Vaticani, il cui atto di nascita è segnato proprio dal ritrovamento del Laocoonte a Roma e dalla sua acquisizione da parte di Papa Giulio II. La mostra – aperta al pubblico fino al 28 febbraio prossimo – verrà inaugurata solennemente dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e dal presidente del Governatorato della Città del Vaticano, mons. Giovanni Lajolo. Per rivivere l’emozione e lo stupore che accompagnò il ritrovamento del Laocoonte, il 14 gennaio di 5 secoli fa, Tracey McLure ha intervistato Francesco Buranelli, direttore dei Musei Vaticani:


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R. - Tutto accadde il 14 gennaio del 1506, in una fredda mattina d’inverno. Casualmente, sul Colle Oppio, venne trovato questo gruppo scultoreo e subito tutte le persone di una certa cultura si recarono sul posto. La cronaca del tempo diceva:  ‘Pare un Giubileo, tutti i cardinali saliti a vedere’, proprio con questa enfasi! L’eco arrivò subito al Pontefice Giulio II che chiamò immediatamente Giuliano da Sangallo per andare a vedere di che cosa si trattava. Giuliano andò con il figlio Francesco e con Michelangelo che stava in casa sua all’epoca. Appena arrivati sul Colle Oppio si accorsero che si trattava del Laocoonte di cui fa menzione Plinio il Vecchio nel Naturalis Historiae. Plinio descriveva esattamente questa opera che era presente nella casa dell’Imperatore Tito sul Colle Oppio, per cui era una scoperta quasi preannunciata. Esattamente un mese dopo entrò in Vaticano.

 

D. – Però, il Laocoonte non è sempre rimasto qui …è stato rubato ad un certo punto…

 

R. – La storia del Laocoonte è lunga, travagliata. Durante l’occupazione napoleonica non solo il Laocoonte ma tutti i più importanti capolavori di scultura, di pittura, oggetti d’arte in genere, vennero presi da Napoleone e dalle sue truppe e portati al novello Musée Napoléon de Paris. Con il Congresso di Vienna, Antonio Canova andò con le credenziali diplomatiche a Parigi per riportare in Vaticano, e soprattutto in Italia, le principali opere prese come bottino di guerra. Durante il viaggio di ritorno purtroppo la statua cadde, si rovinò e poi venne restaurato nuovamente all’arrivo in Vaticano. Oggi la vediamo così, nel suo splendore, fuori dalla nicchia del cortile ottagono. L’abbiamo voluta riproporre in un tessuto museale nuovo, legata  a tante copie, tante opere ad essa connesse.

 

D. – Questo Museo è peraltro ricco di bellissime immagini del Laocoonte..

 

R. – Assolutamente sì! Il Laocoonte è stato una scintilla non solo per la conoscenza dell’antico ma anche per la produzione dell’arte dei secoli a venire. La sua espressione di dolore, il forte pathos che gli artisti di Rodi sono riusciti a fissare nel marmo, ha subito emozionato non solo la persona che incrociava gli occhi col Laocoonte ma anche tutti gli artisti che lo hanno preso come canone artistico soprattutto per la sofferenza e il dolore. Laooconte vive il dramma dell’uccisione non solo della sua persona ma anche dei suoi figli innocenti. Lui è un sacerdote, per cui vede pure fallita la sua missione sacerdotale in quanto i suoi fedeli, il suo popolo non gli crede più e nello stesso tempo lui è un troiano, per cui sa e vede la morte di Troia e tutti questi motivi rivivono nello sguardo che ancora oggi si coglie nel volto di Laocoonte.

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IERI SERA NELLA BASILICA DI SAN PIETRO

LA LITURGIA DEI VESPRI CANTATI IN GREGORIANO

HA APERTO IL V FESTIVAL INTERNAZIONALE DI MUSICA E ARTE SACRA

- Con noi mons. Pablo Colino -

 

Con una liturgia cantata dei Vespri si è aperto ieri pomeriggio in San Pietro il V Festival Internazionale di Musica e Arte Sacra, in programma fino al 19 novembre nelle Basiliche patriarcali romane. “La musica sarà tanto più bella quanto più renderà buoni coloro che la ascoltano”, ha spiegato nella sua introduzione mons. Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano e presidente onorario del Festival, indicando nel connubio tra Fede e Bellezza la strada verso il Bene supremo. Inni dedicati al Santo Spirito Creatore, dalla polifonia palestriniana al canto monodico gregoriano, quelli intonati dal Coro dell’Accademia Filarmonica diretto da mons. Pablo Colino, che ascoltiamo ai nostri microfoni:

 

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(musica Veni Creator)

 

R. – Sono le sei strofe che compongono questo inno stupendo. Abbiamo pensato di fare i Vespri dello Spirito Santo, che è lo Spirito di Dio, che ci deve sempre animare e infondere la grazia, la vitalità, il coraggio per tutta la vita. Sono contento di sentire adesso il Veni Creator proprio nell’anno mozartiano. Sapete cosa diceva Mozart? Che avrebbe dato tutta la sua musica per una sola strofa. Sentite questo capolavoro…

 

(musica)

 

In realtà, la Chiesa non ha mai lasciato il canto gregoriano, solo che dopo il Concilio, con i documenti sulla liturgia, si doveva giustamente sottolineare l’aspetto pastorale-educativo. Siccome oggi, purtroppo, la gente non ha tanto tempo per venire in Chiesa, durante la Messa si lascia spesso da parte la bellezza della musica. Quindi, si sente una necessità di cultura, altrimenti si abbassa non solo la liturgia, ma si abbassa la cultura e il livello del popolo di Dio.

 

(musica)

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Dopo la liturgia musicale in San Pietro, che ha celebrato anche i 500 anni della Basilica Vaticana, questa sera il concerto a Santa Maria Maggiore, con la Camerata Salzburg e il Coro del Duomo di Colonia diretti da Eberhard Metternich, in un programma interamente dedicato a Mozart, nel 250esimo anniversario della nascita. Pagine di devozione mariana, dalle Litaniae Lauretane, dono del diciottenne compositore alla Madonna di Loreto, al Regina Coeli; dopo il festoso mottetto Exsultate Jubilate, chiudono i cinque Salmi e il Magnificat del Vesperae Solemnes de Confessore.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Italia.

 

Servizio estero - Intervento della Santa Sede sul tema: “E' imperativo mettere lo sradicamento della povertà al centro dell'agenda sociale dei governi e dei loro programma legislativi”.

 

Servizio culturale - Un articolo di Piero Viotto dal titolo “Una riflessione filosofica alla luce del Concilio”: i quarant'anni de “Il contadino della Garonna” di Maritain.  

 

Servizio italiano - In rilievo sempre il tema della finanziaria.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

16 novembre 2006

 

 

IL PLURALISMO RELIGIOSO NECESSITA OGGI IN EUROPA DI UNA MISSIONE

CHE FORTIFICHI IL DIALOGO, CHE RICONOSCA LE DIVERSITÀ E LE RISPETTI.

SE NE PARLA DA OGGI A ROMA AL CONVEGNO VOLUTO

DAI SALESIANI “L’EUROPA TERRA DI MISSIONE”

- Intervista con mons. Aldo Giordano -

 

Più di 150 religiosi e laici provenienti da varie nazioni da oggi a Roma al Convegno internazionale organizzato dai salesiani sulla convivenza tra le diverse religioni in Europa, dove oggi si contano 560 milioni di cristiani, 35 milioni di musulmani, 2 milioni e mezzo di ebrei e altrettanti buddisti. “L’Europa terra di missione”: questo il tema dell’incontro che terminerà il 30 novembre. Oggetto di dibattiti sarà la realtà variegata del vecchio continente, dove si avverte sempre più l’urgenza di rispondere alle domande del secolarismo, dell’ateismo e del nichilismo. Tiziana Campisi ha chiesto a mons. Aldo Giordano, segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, tra i relatori del convegno, che cosa vuol dire oggi parlare di missione:

 

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R. – La missione è la testimonianza della buona notizia del Vangelo, dal punto di vista cristiano. I cristiani sono convinti di aver ricevuto un dono immenso, il dono di un Dio che si è incarnato, che ha fatto proprie le ferite e le lacrime della nostra storia, un Dio che per questa umanità ha dato la vita, e poi risorgendo ha vinto la stessa morte. Quindi, ci ha dato una luce per il dolore, ci ha dato una luce per la convivenza. Siamo convinti di avere un dono immenso e ci sentiamo responsabili di diffondere, di partecipare questo dono.

 

D. – In una realtà variegata come quella europea, in che modo evitare il rischio di confondere proselitismo e testimonianza del messaggio cristiano?

 

R. – Per evitare questo si tratta di restare fedeli al Vangelo. Crediamo in un Dio che è per l’altro, un Dio che per il musulmano, per il buddista, per il non credente, ha dato la vita nella Croce. Questo ci trasmette il Vangelo, questo vi leggiamo: dare la vita per il prossimo. Se noi annunciassimo l’amore di Dio per gli uomini donando la vita, non credo che ciò apparirebbe come proselitismo.

 

D. – In un’Europa in cui emerge sempre più il pluralismo religioso, lei come vede il futuro?

 

R. – Da una parte, il pluralismo religioso sarà sempre più grande, perché il nostro mondo è caratterizzato, attualmente, da un notevole flusso di spostamenti da parte di popoli. In questo pluralismo riemerge sempre più forte la domanda di un’identità, la domanda di una verità, la domanda anche di un amore. Io credo che dobbiamo collegarci a questa ricerca e testimoniare che c’è una risposta a questa ricerca, che c’è un’identità, che c’è una verità, che c’è una bellezza, che c’è un bene, un amore, che ci rende capaci di vivere insieme, ci rende capaci di pace. Questa capacità non distrugge i nostri volti, non distrugge le nostre differenze culturali, piuttosto le mette insieme, così che le differenze possano diventare delle ricchezze che ci offriamo gli uni con gli altri.

 

D. – Accanto al pluralismo religioso, ci sono anche gli specifici rapporti tra cristianesimo ed ebraismo o cristianesimo ed islam da affrontare…

 

R. – A causa dei fatti storici, quando si parla di ebraismo pensiamo all’Olocausto o all’attuale realtà di Israele e alle problematiche del confronto con i palestinesi o con il Libano. Invece, è necessario tornare seriamente ad un dialogo teologico. I cristiani e gli ebrei sentono di venire da una stessa radice. E’ questo dialogo sulla Bibbia che, secondo me, sarebbe importante riuscire a fare; sul concetto di Dio, sul concetto di umanità che c’è nella Bibbia. Riguardo al confronto con l’islam, un nodo particolarmente difficile è il fatto che il confronto è diventato politico, soprattutto dopo l’11 settembre, dopo diversi episodi terroristici e le questioni che riguardano il Medio Oriente. Dovremmo riuscire a spezzare questa unilateralità di un dialogo a livello politico e tornare, da una parte, ad un dialogo con le persone, e dall’altra, dovremmo essere capaci di fare un dialogo sulla nostra fede.

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JOSEPH KABILA VINCE LE ELEZIONI PRESIDENZIALI

NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO

- Intervista con Raffaello Zordan -

 

Il presidente uscente della Repubblica Democratica del Congo, Joseph Kabila, è stato dichiarato vincitore delle elezioni presidenziali, le prime democratiche nella storia del Paese. La Commissione elettorale indipendente ha proclamato la vittoria di Kabila con il 58% delle preferenze, contro il 41% del suo rivale Jean Pierre Bemba, affrontato nel ballottaggio svoltosi il 29 ottobre. Ma per i seguaci di Bemba si tratta di una frode, ed hanno già annunciato che non accetteranno questo risultato. La tensione, dunque, è fortissima, e Kabila ha lanciato un appello alla calma. Stefano Leszczynski ha intervistato Raffaello Zordan della rivista dei missionari comboniani Nigrizia:

 

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R. – Era largamente scontata la rielezione di Kabila, per tanti motivi. Intanto, perché questo presidente, che è stato presidente ad interim dal 2003 ad oggi, ha tentato di gestire la transizione. E’ un po’ presto per dire se l’ha fatto nel miglior modo possibile; sicuramente, però, è riuscito a raccogliere l’attenzione di tanti congolesi e della comunità internazionale, che ha finanziato le elezioni con 500 milioni di dollari.

 

D. – Questa volta ci vuole un impegno internazionale, anche da parte di alcuni Stati africani, forse nello specifico il Sudafrica, per cercare di sostenere questo processo democratico che è in corso…

 

R. – Il ruolo del Sudafrica è importante, anche in questa fase, perché il Sudafrica ha tutto l’interesse ad avere sopra di sé, essendo più a sud, un Paese stabile che è grande otto volte l’Italia ed è ricco di risorse naturali di ogni sorta, compresa l’acqua e l’energia elettrica potenziale, che può esprimere con questa acqua, di cui il Sudafrica è ghiotto. Tabo Mbeki, il presidente sudafricano, ha sempre lavorato in questi anni per creare una situazione di stabilità da quelle parti e per poter fare affari con quel Paese o comunque tenerlo nella propria orbita.

 

D. – Il Congo è un Paese ricchissimo nel cuore dell’Africa, una sua stabilizzazione che vantaggio porterebbe per l’intera regione?

 

R. – Una stabilizzazione di questo tipo e la creazione di un Parlamento dove si mettono dei paletti sul problema delle concessioni minerarie, sul problema del legno, il problema dell’acqua, un Paese così, oltre ad essere potenzialmente una potenza economica per quell’area, credo possa solo far del bene all’area dei Grandi Laghi e all’Africa subsahariana in generale.

 

D. – Domani si riunirà l’esecutivo di Bemba, quale potrebbe essere la contropartita valida per non rendere vano tutto il lavoro che è stato fatto fino ad oggi?

 

R. – Io credo che Bemba, che è un uomo politico piuttosto versatile, abbia capito che aver realizzato nel primo turno il 20 per cento dei consensi e averlo raddoppiato nel secondo turno è già una cosa importante, vuol dire che lui ha un piede dentro le istituzioni e questo piede è ben saldo e chiunque voglia governare il Paese dovrà fare i conti con lui. Bemba non può rischiare un salto indietro, che sarebbe un salto nel buio, dopo che ha ottenuto questi risultati.

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IL PARLAMENTO EUROPEO ADOTTA LA DIRETTIVA

SULLA LIBERA CIRCOLAZIONE DEI SERVIZI

- Ai nostri microfoni Luciana Sbarbati -

 

Il Parlamento europeo ha adottato ieri la direttiva sulla libera circolazione dei servizi. Ora la direttiva ritornerà al Consiglio e sarà probabilmente approvata entro la fine dell'anno. Si tratta della cosiddetta direttiva Bolkenstein, che aveva sollevato proteste in vari Stati membri e che aveva pesato tra le ragioni del fallimento dei referendum francese e olandese sulla Costituzione europea. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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La direttiva è stata profondamente riformulata rispetto al testo proposto due anni fa dall'economista olandese Frits Bolkestein, allora Commissario europeo per il Mercato Interno. L'obiettivo è facilitare la circolazione di servizi all’interno dell’Unione Europea per far crescere competitività e dinamismo, assicurando un "elevato livello di qualità". Secondo vari economisti potrà far aumentare l’occupazione e il PIL dell’Unione Europea. L'idea di poter attuare la libera circolazione dei servizi nell'UE risale già al Trattato di Roma del 1957, quando per la prima volta i Paesi membri espressero il desiderio di realizzare un grande mercato in cui avrebbero potuto circolare liberamente le persone, i beni, i capitali e i servizi. In sostanza la critica alla versione originale, appunto modificata, era che potesse causare dumping sociale, incoraggiando una corsa al ribasso della tutela sociale, dei diritti dei lavoratori e del livello delle retribuzioni.

 

Il tutto veniva sintetizzato con lo slogan famoso dell’idraulico polacco che avrebbe sottratto lavoro ad altri, spostandosi in Paesi dove la tutela del lavoro era alta, perché si sarebbe portato dietro le regole del suo Paese d’origine. Ora, nel testo votato ieri, numerose eccezioni e protezioni evitano la riduzione delle tutele sociali. I servizi di cui parliamo sono servizi alle imprese (servizi di consulenza, servizi di certificazione, di collaudo, servizi di gestione delle strutture, ivi compresi i servizi di manutenzione, etc.), ma anche ai consumatori, come i servizi di consulenza legale o fiscale, i servizi collegati al settore immobiliare, l'edilizia, l'organizzazione di fiere, il noleggio di auto, le agenzie di viaggi. Fra i settori esclusi dal campo di applicazione della direttiva  ci sono i servizi finanziari; i servizi nel settore dei trasporti; le agenzie di lavoro interinale; i servizi sanitari. Per un’opinione sulla direttiva nel suo testo attuale, ascoltiamo l’europarlamentare Luciana Sbarbati:

 

 R. - Diciamo che esce comunque una direttiva mitigata per quelli che erano gli aspetti più preoccupanti. Devo dire che anche io all’inizio ho avuto qualche perplessità forte rispetto ad alcune questioni che poi in corso d’opera sono state risolte, almeno in larga parte, in larga misura. E’ chiaro che questo è il frutto di una grande mediazione. Una direttiva del genere, secondo me, va anche sperimentata per un periodo. Perché non si può passare da un mercato dei servizi, che è comunque per molti aspetti sotto il controllo diretto al 100% del pubblico a una liberalizzazione tout court che come si prevedeva nella prima direttiva non aveva confini di un certo tipo. Per esempio quella del Paese d’origine era una questione sulla quale abbiamo dibattuto a lungo che poteva portare anche a numerosi squilibri. Quindi credo che la direttiva sia in larga misura accettabile ma che abbia bisogno di un periodo di sperimentazione perché “niente Stato e tutto mercato”, credo che non possa essere assunto come binario che non ha nessun tipo di contropartita. I correttivi all’eccessivo liberismo ci devono essere, come ci deve essere il correttivo all’eccesso di statalismo. Ma credo che oggi, nella moderna concezione dell’economia e anche della politica, le due posizioni, statalismo e liberismo, non possono essere viste o continuare ad essere viste come fronti opposti da sposare o l’uno o l’altro, ma ci devono essere delle vie mediane nelle quali appunto la politica può trovare un senso per dare risposte vere ai cittadini.

 

D. - Onorevole Sbarbati, ci spiega questa direttiva cosa cambia in tema di servizi?

 

 R. - Sta cambiando, perchè chiunque può partecipare a queste gare che si possono fare, che si possono mettere in campo per l’attribuzione dei servizi tra i quali ci sono anche dei servizi di tipo essenziale che all’inizio abbiamo contestato in parecchi, per esempio ciò che riguardava l’assistenza, la parte sanitaria, la parte educativa; settori in cui, per esempio, in l’Italia non dico che il pubblico la faccia da padrone ma chiaramente ha un forte peso. A questo punto si apre un mercato diverso, un mercato in cui non ci sono confini nazionali o barriere nazionali, ma naturalmente ci devono essere delle regole che vanno rispettate dentro una logica di mercato che non è avulsa dalle regole stesse. Quindi dobbiamo prepararci ad una concorrenza dei Paesi dell’Est, dei Paesi del Nord, una concorrenza a tutto campo all’interno dell’Europa, che speriamo porti quei risultati di qualità anche nei servizi che è quello che tutti i cittadini auspicano.

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LA RICCHEZZA DELLE DIVERSITA’ CONTRO LA SEDUZIONE DELL’ODIO

E DELL’ESTREMISMO: COSI’, KOFI ANNAN, NEL MESSAGGIO PER L’ODIERNA GIORNATA

 INTERNAZIONALE DELLA TOLLERANZA, SOTTO L’EGIDA DELL’UNESCO

- Con noi, il prof. Carlo Augusto Viano -

 

“La diversità costituisce un dono prezioso, non una minaccia”: è quanto afferma il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, nel messaggio per l’odierna Giornata internazionale della tolleranza. Scopo dell’iniziativa, sotto l’egida dell’UNESCO, combattere i pregiudizi, le discriminazioni e le polarizzazioni, che possono mettere in pericolo la pace globale. Il servizio di Roberta Moretti:

 

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“Considerare le differenze in termini di identità etnica, religiosa e nazionale, piuttosto che di opinioni e di interessi”: è questa, secondo Annan, la “fastidiosa tendenza” che ha generato negli ultimi anni “un brusco aumento dell’intolleranza, dell’estremismo e della violenza in tutto il mondo”. Ma in che modo la tolleranza può rappresentare un elemento chiave per la convivenza pacifica tra i popoli? Carlo Augusto Viano, professore di Storia della Filosofia all’Università di Torino:

 

“La tolleranza è, prima di tutto, libertà. Probabilmente un atteggiamento di tolleranza può favorire anche la soluzione dei conflitti, se da entrambe le parti più che rivendicazione della propria superiorità, ci sono i riconoscimenti dei propri limiti”.

 

Le cronache italiane di questi giorni ci parlano di tristi episodi di bullismo tra giovani, come quello del disabile picchiato e filmato dai compagni di scuola. Ma quanto c’entra l’intolleranza? Ancora Carlo Augusto Viano:

 

“Io non so se portandoli a livello di discussione d’intolleranza, non sia in realtà nobilitarli. Mi pare che qui si evidenziano questi istinti di branco: perseguitare non solo il diverso, ma il più debole. Anche qui ci sono problemi di educazione alla cittadinanza: si può essere cittadini con uguali diritti, pur avendo condizioni fisiche molto diverse, capacità molto diverse e modi di vita e credenze molto diverse”.

 

“Combattere l’intolleranza – sottolinea Annan – è in parte una questione di tutela legale, (…) ma qualsiasi strategia che intenda costruire comprensione – aggiunge – deve dipendere dall’educazione”, offrendo alle giovani generazioni “un’alternativa credibile alla seduzione dell’odio e dell’estremismo”.

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CHIESA E SOCIETA’

16 novembre 2006

 

 

“PROMUOVERE UNO SPIRITO CORDIALE AL SERVIZIO DELLA CRESCITA SPIRITUALE

E MORALE DELLA NAZIONE”. E’ L’OBIETTIVO INDICATO DAI VESCOVI MESSICANI

IN OCCASIONE DELL’APERTURA DELLA LORO ASSEMBLEA EPISCOPALE

- A cura di Luis Badilla -

 

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CITTA’ DEL MESSICO. = L’Assemblea episcopale del Messico si è aperta sotto il patrocinio di San Rafael Guízar y Valencia, patrono dei vescovi messicani, recentemente beatificato da Benedetto XVI. “Il suo esempio, dicono i presuli, ci sostenga nel nostro proposito di fare il bene a tutti, in particolare ai più bisognosi”. I presuli hanno anche ricevuto la visita di Vicente Fox, presidente uscente del Messico, cui succederà il nuovo presidente Felipe Calderon. I vescovi esprimono, poi, il desiderio di “promuovere uno spirito cordiale di collaborazione nonché di comprensione, al servizio della crescita spirituale e morale della nazione”. Ribadiscono, inoltre, la necessità di rispettare la vita e la famiglia e, al riguardo, chiedono leggi più giuste che siano in grado di rinforzare l'unità familiare, poiché questa è la via maestra per garantire giustizia e pace. Noi presuli – ha detto il vescovo di Texcoco, Mons. Carlos Aguiar Retes - siamo tutti parte integrante del grande Collegio episcopale che presiede il Santo Padre Benedetto XVI”. “Come abbiamo cercato di insegnare in questi anni – ha spiegato mons. Carlos Aguiar Retes - la Conferenza episcopale è un organismo che lavora per aiutare i vescovi nella loro missione e, in particolare, in quei compiti che sono propri della collegialità”.

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IN INDONESIA, RIAPERTO IL PROCESSO PER LE UCCISIONI, NEL 2005 A POSO,

 DI TRE GIOVANI CRISTIANI. GLI IMPUTATI SONO ACCUSATI DI TERRORISMO

E RISCHIANO LA PENA DI MORTE

 

JAKARTA. = I due imputati non sono stati gli esecutori materiali degli efferati crimini, ma si sono occupati di reperire le armi. Lo ha dichiarato ieri il pubblico ministero in occasione della riapertura del processo per il triplice omicidio di tre ragazze cristiane, avvenuto nel 2005 a Poso, in Indonesia. L’accusa è “di aver collaborato intenzionalmente ad un atto terroristico usando la violenza per seminare terrore e paura tra la gente”. I due fondamentalisti rischiano la pena di morte. Il drammatico episodio – riferisce l’Agenzia Asia News - risale al 29 ottobre 2005, quando tre ragazze sono state prima aggredite e poi decapitate con un machete. Il Papa aveva subito espresso profondo cordoglio per la “barbara uccisione” e il presidente indonesiano, Susilo Bambang Yudhoyono, aveva immediatamente condannato il triplice omicidio. Intanto, in un processo separato, un altro estremista islamico ha ammesso le proprie responsabilità di organizzatore, ma non di ideatore, del triplice omicidio. L’uomo ha confessato che le tre giovani sono state aggredite per vendicare i musulmani morti negli scontri tra fedeli islamici e cristiani, avvenuti a Poso tra il 1998 e 2001 e costati la vita ad almeno due persone. (A.L.)

 

 

IN PAKISTAN, APPROVATI EMENDAMENTI ALLE ORDINANZE HUDOOD:

REATI COME LA VIOLENZA SESSUALE E L’ADULTERIO, VERRANNO GIUDICATI

DA TRIBUNALI CIVILI E NON PIÙ DA CORTI ISLAMICHE

 

ISLAMABAD. = In Pakistan, il Parlamento ha approvato il nuovo disegno di legge che pone l’adulterio e lo stupro nella sfera del Codice penale e non più della Legge islamica. Rimangono, però, ancora valide le punizioni previste dalle ‘ordinanze Hudood’, come lapidazioni e amputazioni. Queste ordinanze sono state approvate, nel 1979, sotto la giunta militare del generale Zia-ul-Haq. Il nuovo Disegno di legge apporta vari cambiamenti: il più significativo riguarda il reato di violenza sessuale sulle donne. Le ordinanze Hudood, infatti, non discriminavano fra adulterio e stupro: una donna, vittima di violenza carnale, doveva presentare davanti ad una Corte islamica le testimonianze di quattro uomini, adulti e musulmani. Ma se la vittima non era in grado di produrre queste testimonianze, poteva essere accusata di adulterio. (A.L.)

 

 

“MI SARETE TESTIMONI FINO AI CONFINI DELLA TERRA PER PORTARE LA MIA PAROLA

E RADUNARE I FIGLI DI DIO DISPERSI”: E’ QUESTO IL TEMA DEL PRIMO CONGRESSO

MISSIONARIO DELL’AFRICA OCCIDENTALE, IN CORSO IN BURKINA FASO.

IL MESSAGGIO DEL CARDINAL DIAS, PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE

PER L’EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI

 

OUAGADOUGOU. = “La formazione missionaria del personale apostolico costituisce la priorità delle priorità”: è quanto afferma il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, nel messaggio inviato al primo Congresso missionario dell’Africa Occidentale, in corso in Burkina Faso fino al 19 novembre. Durante l’incontro, che si svolge poche settimane prima del Congresso missionario continentale, viene affrontata la questione della vocazione missionaria delle Chiese particolari di questa regione africana. Si tenta poi di compiere una panoramica storica sulla missione e di prendere in considerazione elementi fondamentali che la costituiscono, quali la preghiera personale e comunitaria, la formazione, l’animazione e la cooperazione missionaria. “Non vi riunite per inventare programmi e piani pastorali, ma per rinnovarvi e rinnovare il vostro modo di essere, di vivere e di testimoniare il Vangelo”, è l’invito del cardinal Dias ad organizzatori e partecipanti al Congresso. “Lo spirito missionario – aggiunge il porporato – non può progredire se i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i laici non prendono una più viva coscienza che l’annuncio del messaggio evangelico è profondamente iscritto nella loro vocazione di consacrati”. Riprendendo il messaggio del Santo Padre per la Giornata missionaria mondiale di quest’anno, il cardinale Dias ricorda infine agli operatori pastorali africani la centralità della carità evangelica nella loro attività missionaria: “L'amore che Dio nutre per ogni persona costituisce il cuore dell’esperienza e dell’annunzio del Vangelo, e quanti l’accolgono ne diventano a loro volta testimoni”. (A.S.)

 

 

IL DIALOGO INTERRELIGIOSO E L’IMPEGNO PER LA PACE SONO I VALORI

DELLA COMUNITA’ DI LAICI BUDDISTI RISSHO KOSEI-KAI, CHE IERI HA CELEBRATO

A TOKYO IL CENTENARIO DELLA NASCITA DEL SUO FONDATORE, NIKKIO NIVANO

- A cura di Luca Collodi -

 

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TOKYO. = Il presidente Michiko Nivano, figlio maggiore del fondatore, sottolinea come in dispute e scontri tra gruppi religiosi, qualunque parte vinca, la verità ne subisca sempre vergogna, facendo perdere il valore della religione alla gente comune. Nel mondo attuale, sempre più collegato ai mezzi della comunicazione sociale - afferma ancora il presidente della Rissho Kosei-kai alla Radio Vaticana - è necessario trovare gli strumenti del dialogo, parole di comune comprensione e conoscere la cultura e le tradizioni che stanno dietro i termini che poi vengono usati. Queste esortazioni sono valse nel 1965 al fondatore, Nikkio Nivano, l’invito come esperto al Concilio Vaticano II. Da allora, la comunità buddista ha avuto attività di incontro e di dialogo con la Chiesa cattolica, in particolare con i padri gesuiti a Tokyo, per lo studio e la formazione dei propri membri presso l’Università Sofia; con il movimento dei focolari e, più recentemente, con la comunità di Sant’Egidio. Per il padre gesuita Giuseppe Pittau, tra i buddisti, la Rissho Kosei-kai è la più aperta alla collaborazione, in particolare sul tema della famiglia e dell’educazione, in una società tecnologica come quella giapponese, dove si registra la cifra record di 30.000 suicidi all’anno, non solo tra i giovani. Nel rapporto con la Chiesa cattolica, da registrare anche il rapporto tra i buddisti e il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. In un contributo scritto inviato alla Rissho Kosei-kai, l’arcivescovo Fitzgerald, già presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, sottolinea come il reciproco e amichevole rapporto tra il Vaticano e i membri della comunità, abbiano favorito il consolidamento tra le due organizzazioni, nella promozione del dialogo interreligioso in generale, ma anche tra buddisti e cristiani in particolare.

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L’ARCIVESCOVO STANISLAW RYLKO, PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO

PER I LAICI, IN BRASILE DAL 5 AL 10 NOVEMBRE PER INCONTRARE LE NUOVE COMUNITA’, HA VISITATO LE MISSIONI DELLA COMUNITA’ MISSIONARIA DI VILLAREGIA
PRESENTI A SAN PAOLO E A BELO HORIZONTE

- A cura di Giovanni Peduto -

 

SAN PAOLO. = Il presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, l’arcivescovo Stanislaw Rylko, ha incontrato, dal 30 ottobre al primo novembre a Lavrinhas (San Paolo), i vescovi che accolgono nelle loro diocesi le Nuove Comunità. Nel convegno, che ha preceduto di due giorni il 12.mo Congresso mondiale delle Nuove Comunità del Rinnovamento carismatico, il presule ha indicato ai vescovi come relazionarsi sempre meglio con le nuove associazioni di fedeli suscitate dallo Spirito Santo. Sia la gerarchia, sia i movimenti “sbocciano dallo Spirito Santo” e non sono opposti, ha detto mons. Rylko, ricordando gli orientamenti di Giovanni Paolo II. Mons. Rylko, presso la sede della Comunità Canção Nova, ha anche manifestato ai congressisti la vicinanza di Benedetto XVI alle Nuove Comunità: “Dopo Giovanni Paolo II anche questo pontefice, Benedetto XVI, ha un cuore largamente aperto alle Nuove Comunità, ai nuovi Movimenti ecclesiali”. Mons. Rylko, dal 5 al 10 novembre, ha visitato anche la Comunità Missionaria di Villaregia nelle due missioni di San Paolo e di Belo Horizonte. A scandire la sua permanenza, un intenso programma d’incontro con le realtà di promozione umana nate attorno alla Comunità Missionaria e con le famiglie più povere toccate dall’annuncio dei missionari. Carico di cordiale accoglienza è stato l’incontro con i vescovi delle due missioni: mons. Emilio Pignoli, vescovo di Campo Limpo e mons. Walmor Oliveira De Azevedeo, arcivescovo di Belo Horizonte, nonché il cardinale Serafim Fernandes sempre di Belo Horizonte. Significativo a San Paolo anche l’incontro con i 600 bambini evangelizzatori, che il 27 agosto, sono stati piccoli “araldi” del Vangelo presso i loro coetanei, meritando la compiacenza del Santo Padre che, da Castel Gandolfo, nell’Angelus di quello stesso giorno, li ha additati ai pellegrini brasiliani come “scuole di fede per le famiglie brasiliane”. A San Paolo mons. Rylko, davanti alle 3.000 persone convenute nonostante la pioggia torrenziale, ha espresso sentimenti di riconoscenza ai missionari per la loro testimonianza di fede. E a Belo Horizonte, mentre osservava le numerosissime persone riunite, si è così espresso a proposito della famiglia di Villaregia: “Oggi vogliamo dire grazie allo Spirito Santo per il sì che, 25 anni fa, in Sardegna, padre Luigi Prandin e Maria Luigia Corona hanno offerto, perché proprio da quel sì è nata questa Comunità. Che Dio benedica il presente e il futuro della Comunità Missionaria di Villaregia”.

 

 

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24 ORE NEL MONDO

16 novembre 2006

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

Un gruppo di uomini armati ha aperto il fuoco stamane su una panetteria nella parte orientale di Baghdad, uccidendo 9 persone e ferendone altre due.  Lo hanno riferito fonti della polizia, aggiungendo che si tratta probabilmente di uno scontro tra sunniti e sciiti, senza però precisare altri dettagli. Ieri tre soldati statunitensi sono stati uccisi a nord di Baghdad, portando così a dieci il numero dei militari statunitensi che hanno perso la vita nelle ultime 48 ore in Iraq.

 

Il presidente congolese uscente Joseph Kabila è stato dichiarato vincitore delle elezioni presidenziali, le prime democratiche nella storia della Repubblica Democratica del Congo, l’ex Zaire. Secondo i dati forniti dalla commissione elettorale indipendente - riferisce la BBC online - nel ballottaggio svoltosi lo scorso 28 ottobre, a lui sarebbe andato poco più del 58 per cento dei voti, e quasi il 42 al suo rivale Jean-Pierre Bemba, già capo di uno dei più potenti movimenti di ribelli, attualmente uno dei quattro vicepresidenti. Ma per i seguaci di Bemba si tratta di una frode, ed hanno già annunciato che non accetteranno questo risultato. La tensione, dunque, è fortissima, e Kabila ha già lanciato un appello alla calma. Per gli osservatori, comunque, la vittoria di Kabila, anche se fosse corretta, sarebbe quantomeno ‘zoppa’. A lui, infatti, sarebbero andati relativamente pochi voti sia nella capitale Kinshasa, che nel nord del Paese.

 

Un attivista palestinese è stato ucciso da colpi di artiglieria dell’esercito israeliano, mentre si trovava alla finestra della sua casa, in un campo profughi di Nablus in Cisgiordania. L’uomo militava nel Fronte Popolare di Liberazione della Palestina. Intanto, il presidente Abu Mazen è atteso a Gaza dove proseguirà i contatti per la costituzione di un governo di unità nazionale. Abu Mazen (al Fatah) prevede fra l’altro di incontrare il premier Ismail Haniyeh (Hamas) per discutere la composizione del nuovo governo e la suddivisione degli incarichi fra le diverse fazioni. Haniyeh ha già annunciato di essere disposto a farsi da parte se ciò servirà a rimuovere l’isolamento internazionale dell’ANP. Il suo successore, secondo la stampa, dovrebbe essere l’ex presidente della Università islamica di Gaza, il dottor Muhammed Shubeir. Durante un discorso alla Nazione, Abu Mazen ha affermato la scorsa notte che è giunto il momento di mettere fine agli spargimenti di sangue e ha fatto appello ad Israele affinché “non si lasci sfuggire l’occasione di pace”.

 

E sul conflitto in Medio Oriente, Spagna, Francia e Italia intraprenderanno una iniziativa congiunta. Lo ha annunciato il presidente francese Jacques Chirac durante il vertice ispano-francese a Girona (Catalogna). “Abbiamo la stessa visione sul Medio Oriente e quindi dobbiamo prendere iniziative in comune”, fa sapere Chirac aggiungendo: “Zapatero ha chiesto a Prodi di intraprendere insieme queste iniziative. Dovremo ricercare delle soluzioni al problema mediorientale”. 

 

L’esercito turco ha sospeso ogni rapporto con la Francia, come reazione  all’approvazione da  parte del Parlamento di Parigi di una legge che criminalizza chi  neghi che i massacri degli armeni del 1915-16  in Anatolia abbiano costituito “un genocidio”. Lo ha reso noto il capo di Stato maggiore delle forze terrestri turche, generale Ilker Basbug. La legge francese sui massacri degli armeni in epoca ottomana, che prevede fino ad un anno di reclusione ed una multa fino a 45.000 euro, “per chi neghi il genocidio degli armeni” deve ancora essere confermata dal Senato e riapprovata in seconda lettura dall’Assemblea nazionale, prima di entrare in vigore. Ciononostante, diverse organizzazioni economiche turche hanno annunciato un boicottaggio delle imprese e prodotti francesi e alcuni negoziati per contratti turco-francesi, di natura sia militare sia civile, risultano congelati, pur in assenza di un’esplicita decisione del governo di Ankara. 

 

L’ONU non rinuncia all’idea di inviare un importante contingente di peacekeeper (circa 20.000 uomini), in Darfur, la martoriata regione dell’Ovest del Sudan. Lo ha dichiarato il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, a margine della conferenza mondiale sui cambiamenti climatici in corso nella capitale kenyota.   Ma il Sudan, il cui appoggio è indispensabile all’operazione, continua a rifiutare l’intervento (definito “neocolonialista”), dell’ONU. Mentre sembra spianarsi la possibilità di un arrivo in tempi brevi di ‘caschi blu’ da dispiegare ai confini tra Darfur e Ciad, ed anche quelli della Repubblica Centrafricana, nazione i cui equilibri sono sconvolti alle radici dal conflitto del Darfur, con conseguenze come insurrezioni militari e scontri etnici. “Una situazione - ha detto Annan - molto fragile e volatile”. Tale ipotesi è fortemente appoggiata dall’Unione Africana, e non rifiutata da Khartoum. Ma sul problema del Darfur e del quadro regionale ci sarà oggi ad Addis Abeba una sorta di vertice a cui Annan ha invitato a partecipare rappresentanti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, EU, UA (che a sua volta ha invitato Libia, Nigeria, Ruanda, Senegal e Sudafrica), Lega Araba, Egitto e Gabon. Sul tavolo, probabilmente, anche l’ipotesi di un contingente militare misto composto sia da militari ONU, che da quelli dell’UA, presenti in circa 7.000 in Darfur da anni, ma senza aver inciso in alcun modo efficace sulla situazione.

 

Diventa realtà il progetto di un nuovo gasdotto che unirà, l’Algeria all’Italia passando attraverso la Sardegna, “l’ultima regione italiana a non avere gas naturale”. Con questo risultato concreto Romano Prodi ha chiuso una visita di lavoro di due giorni in Algeria nella quale il premier ha molto lavorato per fare pressioni sulle autorità algerine affinché aprano il loro mercato all'Italia e permettano, soprattutto alle piccole e medie imprese, di partecipare al grande piano di ricostruzione nazionale delle infrastrutture (60 milioni di dollari) recentemente avviato.  La visita è stata anche l’occasione per un esame delle principali crisi internazionali, con particolare attenzione al Medio Oriente ed al Mediterraneo che, ha ricordato Prodi, “deve essere e rimanere un mare di pace dove islam e cristianesimo si incontrano”. Prodi ha confermato che si è discusso molto della crisi mediorientale e sul ruolo che l'Italia “può giocare per un riavvicinamento delle posizioni”. E ha detto di aver parlato nei giorni scorsi sia con il premier libanese Fuad Siniora che con il leader siriano Bashar al-Assad. Oggi intanto è atteso a Roma “un emissario iraniano” che porterà al presidente del Consiglio un messaggio del presidente  Ahmadinejad.

 

Sarà annunciata domenica l’intesa tra Washington e Mosca per l’adesione della Russia all’Organizzazione per il commercio mondiale, la WTO, quando i presidenti USA, Bush, e russo, Putin, s’incontreranno ad Hanoi, al termine del Vertice dell’APEC,  l’organizzazione per la cooperazione economica Asia/Pacifico. L’indicazione è scaturita dal colloquio informale che Bush e Putin hanno avuto ieri sull’aeroporto di Vnukovo, a Mosca, dove l’AirForceOne, sulla via di Singapore, aveva fatto sosta tecnica per rifornirsi. 

 

A proposito di Paesi dell’APEC e di Giappone e Cina, va detto che i rispettivi ministri degli Esteri si sono pronunciati per una sollecita ripresa dei negoziati internazionali di Pechino sul nucleare nord-coreano. Ne dà notizia l’agenzia giapponese ‘Kyodo’ da Hanoi, dove è in corso un forum economico Asia Pacifico che culminerà con un vertice cui parteciperanno il presidente americano Bush, quello russo Putin, quello cinese Hu Jintao e il premier nipponico Abe. E, sempre oggi, Bush ha appoggiato il progetto di una zona di libero scambio dell’area APEC e ha invitato a rinnovare l’impegno a contrastare i disegni nucleari della Corea del Nord. Lo ha fatto in un discorso all’Università di Singapore alle 18.00 locali, le 11.00 italiane. Bush ha detto no ai “vecchi fantasmi” dell’isolazionismo e del protezionismo, rinnovando l’impegno degli USA in Asia per la prosperità e la sicurezza. Il discorso è l’unico previsto nella missione di Bush in Asia, avviata a Singapore, isola Stato con cui gli Stati Uniti - ha oggi ricordato il presidente - non hanno contenziosi. D'intesa con le autorità di Singapore, Bush chiede un rilancio dei negoziati per la liberalizzazione degli scambi, il Doha Round.

 

In tema di nucleare, guardiamo all’Iran, dove il presidente Ahmadinejad ha affermato che il Paese è pronto “a fare l’ultimo passo” nel suo programma nucleare, senza precisare esattamente che cosa ciò implichi.  “Spero – ha aggiunto – che di qui alla fine dell'anno (che secondo il calendario iraniano termina nel marzo 2007) saremo in grado di organizzare la grande festa per confermare il diritto nucleare dell’Iran”. L’Iran ha attualmente in attività due impianti, ciascuno di 164 centrifughe, per l’arricchimento dell’uranio, secondo quanto confermato anche da un rapporto dell’AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica). I dirigenti iraniani hanno preannunciato, nelle scorse settimane, che contano di mettere in attività 3 mila centrifughe nella centrale di Natanz entro il marzo 2007. L’uranio di Natanz è arricchito per un grado che non supera il 5%, fatto che lo destina all’uso civile.  Per ottenere materia per una bomba nucleare, bisogna spingere l’arricchimento fino al 90%.

 

Il terrorismo e la ricerca di strategie comuni per combatterlo sono stati al centro di due giorni di colloqui fra i più alti diplomatici in carica di India e Pakistan. Ripresi, dunque, così i negoziati di pace interrotti da oltre 4 mesi. Da New Delhi, il servizio di Maria Grazia Coggiola:

 

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India e Pakistan hanno ora una nuova struttura cui rivolgersi per lo scambio di informazioni sui gruppi integralisti islamici. Durante il round di negoziati, che si è concluso ieri a New Delhi, è stata creata una commissione congiunta per l’antiterrorismo. Il primo compito sarà di esaminare alcuni documenti che il governo indiano ha già presentato, e relativi alle inchieste sugli attentati ai mercati di New Delhi, alla città sacra di Varanasi, e anche alla strage sui treni di Bombay dell’11 luglio scorso. Non ci sono invece stati passi in avanti sulla demilitarizzazione del ghiacciaio di Siachen. Certo rimane da affrontare il problema della disputa territoriale sul Kashmir, che è la via obbligata per arrivare ad una pace duratura tra le due potenze nucleari.

 

Da New Delhi, per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.

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Folle di giovani infuriati, appartenenti a gruppi pro-indipendenza, si sono scatenati nella capitale del piccolo Stato-arcipelago di Tonga, unica monarchia nel Pacifico governata da un regime semifeudale, a due mesi dalla morte dell’anziano e venerato monarca Taufa’ahau  Tupou IV.  I manifestanti, riferisce Radio New Zealand International, hanno attaccato l’ufficio del primo ministro e il tribunale, e appiccato il fuoco ad altri edifici. Hanno ribaltato auto e saccheggiato il principale supermercato, di proprietà della figlia del primo ministro. Secondo l’emittente, i disordini sono iniziati quando il  governo ha rinviato la seduta di oggi, causando le proteste dei  manifestanti pro-democrazia che avevano chiesto un voto sulle  riforme democratiche prima che il parlamento chiudesse le sedute  per il resto dell’anno. La polizia non sembra in grado di riprendere il controllo, ma aiuta le persone intrappolate negli uffici a lasciare la città. Nel maggio dello scorso anno, circa 10 mila persone, un decimo della popolazione, scesero in piazza per chiedere la democrazia e la nazionalizzazione dei beni di utilità pubblica. In agosto i dipendenti dello Stato hanno scioperato per sei settimane per aumenti salariali, bloccando i servizi negli ospedali e nelle scuole. Un mese dopo il nuovo re George Tupou  V, figlio del monarca defunto, aveva promesso riforme  democratiche, ma senza dare dettagli. La costituzione di Tonga, un gruppo di 170 isole a circa 4000 km a nord della Nuova Zelanda, è una delle più antiche al mondo e  assicura al monarca poteri assoluti sul patrimonio e sulle  istituzioni dello Stato, compreso il potere di nominare i  ministri di gabinetto e 23 dei 32 parlamentari.

 

 

 

 

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