RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 313 - Testo
della trasmissione di giovedì 9 novembre
2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Nel pomeriggio la
conclusione della visita ad Limina dei vescovi
svizzeri
L’intervento
di mons. Celestino Migliore all’ONU sul problema dei rifugiati
OGGI IN PRIMO PIANO:
Aumentano
in Italia divorzi e separazioni: il commento di mons. Giuseppe Anfossi
CHIESA E SOCIETA’:
La benedizione del Papa per Chiara Lubich,
ricoverata da una settimana a Roma al Policlinico Gemelli
Giornata della gioventù a Davao, nelle Filippine
“L’acqua tra potere e povertà”: presentato a Roma il
rapporto ONU sullo
sviluppo umano 2006
Prosegue a Nairobi, in Kenya, la Conferenza ONU sui cambiamenti
climatici
Stato di massima allerta in Israele dopo la strage
di civili palestinesi ieri nella Striscia di Gaza
9 novembre 2006
L’UMANITA’
ATTINGA
COSI’
IL PAPA AL PONTIFICIO COMITATO
PER I
CONGRESSI EUCARISTICI INTERNAZIONALI
-
Intervista con mons. Francesco Cacucci -
Far conoscere e amare sempre meglio Gesù “nel suo Mistero
eucaristico, centro della vita della Chiesa e della sua missione per la
salvezza del mondo”. E’ l’esortazione rivolta stamane
da Benedetto XVI durante l’incontro con i partecipanti alla plenaria del
Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali, che ha concluso
ieri a Roma i suoi lavori in vista del 49° Congresso Eucaristico
Internazionale, in programma a Québec, in Canada, nel
giugno del 2008. Il servizio di Sergio Centofanti.
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L’Eucaristia deve diventare il centro della nostra vita.
Benedetto XVI ribadisce quanto ha affermato sin dall’inizio del suo pontificato
che è cominciato proprio nell’Anno dell’Eucaristia. E rileva che i Congressi
eucaristici sono “una provvidenziale opportunità per mostrare all’umanità in
modo solenne “l’Eucaristia, dono di Dio per la vita del mondo”:
“E’ vero! I
Congressi Eucaristici, che si tengono volta a volta in luoghi e continenti
diversi, sono sempre sorgente di rinnovamento spirituale, occasione per meglio
far conoscere
Il Papa sottolinea ancora una volta “quanto proficua sia
la riscoperta da parte di molti cristiani dell’adorazione eucaristica”:
“Quanto bisogno ha
l’odierna umanità di riscoprire nel Sacramento eucaristico la fonte della
propria speranza! Ringrazio il Signore perché molte parrocchie, accanto alla
devota celebrazione della Santa Messa, vanno educando i fedeli all’Adorazione
eucaristica ed auspico, anche in vista del prossimo Congresso Eucaristico
Internazionale, che questa pratica si diffonda sempre più”.
Il Pontefice ricorda quindi la prossima pubblicazione
della sua Esortazione post-sinodale che raccoglierà le indicazioni emerse
dall’ultimo Sinodo dei Vescovi dedicato proprio al Mistero eucaristico. Un
mistero – aveva detto l’anno scorso durante
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All’Assemblea plenaria del Pontificio Comitato per i
Congressi Eucaristici Internazionali,
presieduto dal cardinale Jozef Tomko,
ha preso parte anche mons. Francesco Cacucci, arcivescovo
di Bari, città dove si è svolto l’anno scorso il Congresso eucaristico nazionale,
che ha visto la presenza del Papa. Al presule, Giovanni Peduto ha chiesto uno
sguardo d’insieme su quanto è emerso dalla plenaria:
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R. – Innanzitutto, una riflessione sul magistero
eucaristico di Benedetto XVI: è la sintesi – per così dire – tra l’Eucaristia,
Cena del Signore, e il Sacrificio, un tema caro a Benedetto XVI, che ha ripreso
durante il Sinodo dei Vescovi sull’Eucaristia dell’ottobre 2005, e poi anche
una riflessione sul tema eucaristico così come si svolgerà nel prossimo Congresso
eucaristico internazionale di Québec, in Canada, nel
2008. Il cardinale Ouellet ha presentato il testo
base, sottolineando come il tema eucaristico diventa dono di Dio per la vita
del mondo. Quindi, due aspetti: l’Eucaristia come dono di Dio e l’Eucaristia
vita del mondo, con una sottolineatura per quanto concerne l’Adorazione, a mio
parere molto originale. L’Adorazione che non è soltanto, da parte degli uomini
nei confronti di Gesù, presente nelle specie eucaristiche, ma anche Adorazione
che Gesù rivolge al Padre assumendo, accogliendo, raccogliendo – per così dire
– tutta l’umanità in lui.
D. – Eccellenza, dopo il Sinodo dei Vescovi
sull’Eucaristia penso che sia viva l’attesa sul relativo documento postsinodale …
R. – L’Esortazione apostolica post-sinodale che raccoglie
tutto quanto nel Sinodo dei vescovi 2005 è stato proposto, certamente aiuterà
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ALTRE
UDIENZE
Il Papa ha ricevuto stamane
alcuni presuli della Conferenza Episcopale della Repubblica Federale di
Germania, in visita "ad Limina", guidati dal
cardinale Karl Lehmann,
vescovo di Magonza.
IN
UN’EPOCA DI SPAVENTOSA IGNORANZA RELIGIOSA, URGE RISCOPRIRE
LA
FEDE GENUINA IN DIO, GRAZIE AD UNA RINNOVATA PASTORALE DEI SACRAMENTI, DELLA
CATECHESI E DELLA LITURGIA: LO HA DETTO IL PAPA AI
VESCOVI SVIZZERI
CHE
OGGI CONCLUDONO LA VISITA AD LIMINA
Riscoperta della “fede in Dio” attraverso una catechesi
che impari nuovamente “a trasmettere i contenuti centrali del Credo” in
un’epoca in cui l’gnoranza
religiosa ha raggiunto livelli spaventosi. Ai vescovi della Svizzera che oggi poemeriggio concludono la loro visita ad
Limina in Vaticano, Benedetto XVI ha ribadito l’urgenza pastorale di riconferire il giusto ruolo, nella forma e nella sostanza,
ai Sacramenti, alla liturgia, al momento dell’omelia della Messa, alla
formazione della comunità ecclesiale. I particolari nel servizio di Alessandro
De Carolis.
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La frontiera dell’evangelizzazione in questo inizio di
secolo è la stessa per cui si spesero gli Apostoli
della prima ora della Chiesa: la diffusione della fede. Ciò che sembrerebbe un
paradosso dopo duemila anni di storia del Vangelo è stato posto da Benedetto
XVI tra i punti centrali della riflessione rivolta ai vescovi svizzeri in
visita ad Limina. Nel discorso pronunciato in
tedesco e a braccio martedì scorso – la cui traduzione è stata pubblicata oggi
– il Papa ha affermato con chiarezza che,
“forse due generazioni fa”, la fede “poteva essere presupposta in modo
abbastanza naturale: si cresceva in essa, che era in
qualche modo una dimensione della vita evidente e che non aveva bisogno di essere
ricercata in modo naturale”. La secolarizzazione, ha osservato Benedetto XVI,
ha ribaltato i piani: oggi “appare il contrario, che cioè in fondo non è
possibile credere, che di fatto Dio è assente”.
I cristiani non sono immuni dalle derive di questo
contesto culturale. Si privilegia il “fare”, l’impegno, come se – ha detto il Papa – la fede fosse giustificata dalle opere.
La fede invece, ha ripetuto il Pontefice, “è soprattutto fede in Dio”, fede in
Cristo, il cristiano ha fede perché guarda a lui, non alle cose. Questa
“centralità -
ha proseguito Benedetto XVI – deve, secondo me, apparire in modo completamente
nuovo in tutto il nostro pensare e operare”. Perché la fede è “l’anima di
tutto”, è quella che “anima le attività” e le preserva dal “decadere in
attivismo”. Inoltre, ha spiegato con incisività il Papa, la fede non è qualcosa
che “possiamo inventare noi stessi”, componendola “di pezzi ‘sostenibili’”. La
fede è tale perché “la crediamo insieme con la Chiesa”. Fede è ciò che rende
“presente” il “passato delle parole della Scrittura”, che “lascia entrare nel
tempo” l’eternità di Dio. E’ questa la “forma di fede” che “dovremmo cercare di
mettere veramente al centro delle nostre attività”, ha esortato il Papa, che ha
toccato un punto a lui caro: il “bisogno” di avere “buone Facoltà teologiche”
in grado di “formare ad una fede intelligente, così che fede diventi
intelligenza ed intelligenza diventi fede”. Benedetto XVI si è compiaciuto dei
“grandi progressi” compiuti dall’esegesi. Tuttavia, ha sottolineato,
riferendosi a quanto detto poco prima, la Sacra Scrittura, che pure “deve
essere letta secondo i metodi storici, va letta anche come unità e deve essere
letta nella comunità vivente della Chiesa”, nella quale può avvenire l’incontro
efficace con la Scrittura.
Accanto al buon livello accademico, “dobbiamo, come
sempre, impegnarci molto” anche “per un rinnovamento della catechesi, nella
quale – ha asserito il Pontefice - sia fondamentale il coraggio di testimoniare
la propria fede e di trovare i modi affinché essa sia compresa ed accolta”.
“L'ignoranza religiosa – ha riconosciuto schiettamente Benedetto XVI - ha
raggiunto oggi un livello spaventoso” e richiede quindi di “trovare vie per comunicare,
anche se in modo semplice, le conoscenze, affinché la cultura della fede sia presente”.
Importante, tra gli altri, il passaggio dedicato al Sacramento della Penitenza.
Il suo dono, ha detto il Papa “consiste quindi non soltanto nel fatto che
riceviamo il perdono, ma anche nel fatto che ci rendiamo conto, innanzitutto,
del nostro bisogno di perdono; già con ciò veniamo purificati, ci trasformiamo
interiormente e possiamo poi comprendere anche meglio gli altri e perdonarli”.
Un punto dell’ampia riflessione di Benedetto XVI ha
riguardato la questione dell’omelia. Per illustrarlo, il Papa si è calato nella
quotidianità di una parrocchia nella quale, ha immaginato, può esservi un
parroco stanco o anziano e magari, di contro, un assistente pastorale molto
versato “nell’interpretare la Parola di Dio in modo convincente”. In questo caso,
ha proseguito, “vien spontaneo dire: perché non
dovrebbe parlare l'assistente per la pastorale; lui riesce meglio, e così la
gente ne trae maggior profitto”. Questo modo di pensare, però, è “puramente
funzionale”, ha obiettato Benedetto XVI. “Bisogna invece tener conto del fatto
che l'omelia non è un'interruzione della Liturgia per una parte discorsiva, ma
che essa appartiene all'evento sacramentale, portando
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LAVORARE
AD UNA SOLUZIONE DURATURA PER I RIFUGIATI E GLI SFOLLATI INTERNI:
E’ L’ESORTAZIONE DELL’ARCIVESCOVO CELESTINO MIGLIORE, OSSERVATORE
PERMANENTE DELLA SANTA SEDE ALL’ONU DI NEW
YORK, INTERVENUTO
AL PALAZZO DI VETRO SUL RAPPORTO DELL’ALTO
COMMISSARIATO PER I RIFUGIATI
- A
cura di Alessandro Gisotti -
“Una duratura soluzione ai problemi dei rifugiati e degli
sfollati non avrà effetti solo su di loro, ma su tutta la famiglia umana”. E’
quanto sottolineato dall’arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore permanente
della Santa Sede presso le Nazioni Unite, intervenuto in questi giorni al
Palazzo di Vetro sul rapporto dell’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati.
L’arcivescovo Celestino Migliore ha rilevato che negli ultimi anni è stato sviluppato
un sistema legale che risponde alla complessità del fenomeno. La protezione dei
rifugiati, ha proseguito, richiede però più di un buon
sistema legale, serve infatti anche “cooperazione e volontà politica” per
trovare soluzioni durature.
Il presule non ha mancato di esprimere apprezzamento per
l’impegno che l’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati sta mostrando anche
nei confronti degli sfollati interni, ai quali fornisce rifugio e protezione.
Fortunatamente, ha proseguito l’osservatore vaticano, “alcuni conflitti sono
finiti e questo permette alla gente di tornare nei propri Paesi di origine”.
Per questo, quando ciò avviene, è necessaria “una stretta cooperazione tra le agenzie
che si dedicano all’assistenza e alla ricostruzione post conflitto”. Ancora, ha
auspicato, un rientro dei rifugiati “sostenibile in sicurezza e dignità”
assieme ad una “ricostruzione delle infrastrutture locali sociali ed
economiche”.
Al tempo stesso, mons. Migliore ha espresso rammarico per
un “certo deterioramento del concetto legale di asilo, che sembra prendere
piede in alcuni Stati i quali preferiscono la legislazione nazionale o gli
accordi bilaterali al diritto internazionale”. Inoltre, ha detto ancora, alcuni
Stati non riconoscono nella propria legislazione alcuni diritti internazionali
come “la libertà di movimento e il diritto al lavoro”. D’altra parte, “molti programmi
sono ampiamente sotto finanziati” con conseguenti mancanze nell’assistenza ai
rifugiati. “I diritti e la dignità dei nostri fratelli che soffrono – ha
concluso mons. Migliore – richiedono il massimo della nostra considerazione e
dei nostri sforzi”.
AMAREZZA
E DISAPPROVAZIONE DELLA SANTA SEDE PER LA CONVOCAZIONE
A
GERUSALEMME DI UNA MANIFESTAZIONE DELL’ORGOGLIO OMOSESSUALE.
LA
NUNZIATURA APOSTOLICA HA CHIESTO AL GOVERNO ISRAELIANO IL RISPETTO
DEI SENTIMENTI RELIGIOSI DEI CREDENTI, EBREI,
MUSULMANI E CRISTIANI
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
La Santa Sede esprime “amarezza” e “disapprovazione” per
la convocazione domani a Gerusalemme di una delle cosiddette “manifestazioni
dell’orgoglio omosessuale”. L’annuncio della marcia
gay ha provocato vibranti proteste da parte delle diverse comunità religiose. Il
servizio di Alessandro Gisotti:
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In una nota della Sala Stampa vaticana,
diffusa ieri, la Santa Sede “esprime la sua viva disapprovazione per
tale iniziativa perché essa costituisce un grave affronto ai sentimenti di
milioni di credenti ebrei, musulmani e cristiani, i quali riconoscono il
particolare carattere sacro della città di Gerusalemme e chiedono che la loro
convinzione sia rispettata”. “Alla luce di tali elementi e considerando che in
precedenti occasioni sono stati sistematicamente offesi i valori religiosi –
prosegue la Sala Stampa – la Santa Sede nutre la speranza che la questione possa
venire sottoposta a doverosa riconsiderazione”.
Una nota di uguale tenore è stata presentata dalla
nunziatura apostolica in Israele al ministero degli Affari Esteri israeliano.
“La Santa Sede – si legge in questo documento - ha ripetuto in molteplici
occasioni che il diritto alla libertà di espressione,
sancito dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo, è soggetto a giusti limiti,
in particolare quando l'esercizio di tale diritto
offende i sentimenti religiosi dei credenti”. Risulta chiaro, si legge ancora,
che “la manifestazione gay a Gerusalemme recherebbe
offesa alla grande maggioranza degli ebrei, dei musulmani e dei cristiani, dato
il carattere sacro della città di Gerusalemme”.
La marcia gay potrebbe comunque
essere rinviata alla prossima settimana. Questa è la richiesta avanzata dal
capo della polizia di Gerusalemme, Ilan Franco,
secondo cui la sorveglianza di una manifestazione così folta in un contesto ad
alto allarme terroristico richiederebbe la presenza di migliaia di agenti.
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ALLA
SEDE DELL’UNESCO, A PARIGI,
UN
CONVEGNO SULL’ “EDUCAZIONE CAMMINO VERSO L’AMORE”,
ALLA
LUCE DELL’ENCICLICA DI BENEDETTO XVI, DEUS CARITAS EST.
CON
NOI, IL PROMOTORE DELL’EVENTO, MONS.
FRANCESCO FOLLO,
OSSERVATORE
PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO L’UNESCO
“L’educazione, cammino verso l’amore”: è il suggestivo
titolo di un simposio internazionale promosso, oggi a Parigi, da mons.
Francesco Follo, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO e
dalla Fordham University dei padri gesuiti, di New
York, che prende spunto dall’Enciclica di Benedetto XVI, “Deus Caritas Est”. L’incontro si è aperto stamani con l’intervento
di mons. Follo che ha messo l’accento sul contributo che la Chiesa cattolica ha
sempre dato all’azione educativa nel mondo. Dal canto suo, il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto
della Congregazione per l’educazione cattolica ha sottolineato che l’educazione
deve essere uno strumento non solo di conoscenza, ma che faccia crescere l’uomo
nella sua integralità. Sul significato di questo incontro, Helene
Destombes ha intervistato mons. Francesco Follo:
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R. – Il messaggio è che l’educazione, per educare
veramente, unisce la fede, la ragione e il cuore. Normalmente queste tre realtà
sono pensate come una contro l’altra, ma se l’amore è educato bene apre
all’intelligenza e l’intelligenza se ben formata apre al cuore e non è contro.
Sant’Agostino diceva, infatti, che “con l’amore si capisce la fede”, perché la
fede non è una rinuncia a pensare, ma è il vertice
della ragione, perché uno accetta che il Messia esiste.
D. – Siamo nel pieno dell’Enciclica Deus caritas est?
R. – Esattamente. La cosa poi che mi ha colpito
nell’Enciclica è quando, già all’inizio, il Papa dice
che l’amore non è solo un sentimento, ma nasce da un incontro e così
l’educazione non è un trasmettere solo dei pensieri, dei concetti o delle
nozioni, ma è caratterizzata da un rapporto personale in cui il maestro - viene
dal latino “magis quam alter/più
grande dell’altro” – non è che sa più cose, ma ha una esperienza di vita da comunicare.
D. – La Chiesa cattolica ha sempre avuto un ruolo molto
importante nell’educazione?
R. – Secondo me l’educazione per la Chiesa cattolica non è
un’azione di sostituzione agli altri. La Chiesa è maestra, la Chiesa è maestra
di vita e quindi educare fa parte della sua stessa missione, dove educare non
vuol dire solo dare delle nozioni, ma introdurre alla realtà totale, alla
verità.
D. – Mons. Follo, questa mattina
c’è stata una grande riflessione antropologica…
R. – Certo. Come soprattutto Giovanni Paolo II ha evidenziato,
noi partiamo dall’uomo, laddove quando noi diciamo
uomo non ci riferiamo ad un concetto astratto di uomo, noi ci riferiamo a
Cristo: Gesù Cristo è un uomo, non è un uomo in astratto, è un uomo che ha un
nome. Noi educhiamo a questo uomo.
D. – In tutte le sue dimensioni?
R. – Certamente, come era Cristo. Cristo per noi è un uomo
compiuto e quindi il modello per noi è Cristo. Questo è certamente proponibile
a tutti gli esseri umani e non solo ai cristiani, perché Cristo è venuto per
tutti.
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RAPPRESENTANTI
DI OLTRE 150 ATENEI CATTOLICI DI TUTTO IL MONDO
PARTECIPERANNO
AD UN CONFERENZA INTERNAZIONALE, IL 17 E 18 NOVEMBRE
A ROMA
SUL TEMA: “UNIVERSITA’ E DOTTRINA SOCIALE
DELLA CHIESA”
La realizzazione di un nuovo umanesimo integrale e solidale,
aperto alla trascendenza, che costituisce una finalità essenziale della
dottrina sociale della Chiesa, non è estranea anzi è
connaturale anche agli obiettivi delle Università cattoliche.
Su questo comune impegno rifletteranno e discuteranno, sul piano teorico
e pratico, insieme ad esperti e studiosi di vari
Paesi, i rappresentanti di oltre 150
atenei cattolici di tutto il mondo, in una Conferenza internazionale convocata
a Roma, il 17 e 18 novembre, su iniziativa del Pontificio Consiglio della Giustizia
e della Pace e della Congregazione per l’Educazione Cattolica. A tutt’oggi
hanno confermato la loro presenza 65 Università Cattoliche europee, 31
africane, 28 sudamericane, 15 nordamericane, 10 asiatiche e 5 oceaniche.
Introdotta dal presidente del Pontificio Consiglio,
cardinale Renato Raffatel Martino, e dal prefetto
della Congregazione, cardinale Zenon Grocholewski, sulla scorta e nello spirito dei recenti
discorsi del Papa alla Lateranense e alla Gregoriana,
La relazione d’apertura, venerdì
17 novembre, sarà tenuta dal cardinale vicario Camillo Ruini,
su: Questione antropologica e questione
sociale oggi, cui seguirà quella dell’arcivescovo polacco di Lublino,
monsignor Jozef Zycinsky,
su: Dottrina sociale della Chiesa e
dimensione interdisciplinare. Nel pomeriggio dello stesso giorno, con il contributo di
rettori e docenti di vari atenei, economisti, giuristi ed esperti di altre
discipline, saranno posti in rilievo i rapporti tra l’insegnamento sociale
della Chiesa e la filosofia e la teologia, mentre sabato 18 mattina si approfondiranno
quelli con la ricerca scientifica e la formazione. Una tavola rotonda per
puntualizzare varie esperienze continentali di feconde relazioni tra Dottrina
sociale e Università si svolgerà sabato pomeriggio, con infine due interventi
conclusivi sull’utilizzazione del
Compendio della Dottrina sociale della Chiesa negli Atenei cattolici.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Riscoprire nel Sacramento
eucaristico la fonte della propria speranza: Benedetto XVI alla Plenaria del
Pontificio Comitato, che prepara il quarantanovesimo Congresso Eucaristico
Internazionale in programma a Quebec nel giugno del 2008.
Servizio estero - Per la rubrica
dell’“Atlante geopolitica” un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo
“Accelera l'espansione commerciale cinese”.
Servizio culturale - Un articolo di Armando Rigobello dal titolo “Un contributo significativo alla
valorizzazione della filosofia della religione”: ricordo di Marco Maria Olivetti.
Servizio italiano - In rilievo il tema della
finanziaria.
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9 novembre 2006
I DEMOCRATICI CONQUISTANO LA MAGGIORANZA
ANCHE AL SENATO. L’ESITO DEL VOTO HA SCOSSO L’AMMINISTRAZIONE DEL PRESIDENTE
BUSH CHE IERI HA ACCETTATO LE DIMMISSIONI DEL SEGRETARIO ALLA DIFESA, DONALD RUMSFELD
- Intervista
con Massimo Teodori -
“Possiamo lavorare insieme nei prossimi due
anni”. Lo ha detto il presidente americano, George Bush,
commentando ieri le elezioni di medio termine e la netta sconfitta dei repubblicani
che hanno perso la maggioranza nei due rami del Congresso. Dopo la chiara vittoria alla Camera, i democratici sono vicini,
infatti, a conquistare la maggioranza anche al Senato. Manca ancora il
risultato ufficiale della consultazione nello Stato della Virginia, ma secondo
le ultime proiezioni il candidato democratico avrebbe superato di misura il suo
rivale. Al tracollo dei repubblicani, provocato secondo diversi analisti dalla
politica della amministrazione Bush sulla guerra in
Iraq, sono poi seguite ieri le dimissioni del segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld, uno degli
strateghi del conflitto del Golfo. Il servizio di Paolo Mastrolilli:
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Il terremoto della vittoria democratica, nelle elezioni americane di metà mandato, ha già fatto una
vittima illustre. Ieri, il capo del Pentagono, Rumsfeld,
ha presentato le dimissioni e il presidente Bush le
ha accettate. Come successore ha nominato l’ex capo della CIA, Robert Gate, considerato vicino alla corrente realista del
partito repubblicano, che sempre ha avuto dubbi sulla guerra e favorisce il
dialogo con Siria e Iran. Nancy Pelosi, leader dei democratici, che diventerà presidente della Camera, aveva chiesto proprio il
cambio del segretario alla Difesa come primo segnale della disponibilità della
Casa Bianca a mutare direzione in Iraq. Bush stesso
ha fatto l’annuncio durante una Conferenza stampa, in cui
però ha ribadito che la sconfitta a Baghdad non è accettabile. Quindi,
ha escluso il ritiro delle truppe, prima che il Paese non sarà stabilizzato. La
sostituzione di Rumsfeld, però, resta una svolta,
perchè solo la settimana scorsa il capo della Casa Bianca aveva detto che
sarebbe rimasto in carica fino alla fine del secondo mandato. L’insoddisfazione
per la guerra in Iraq è stata una delle ragioni principali che hanno spinto gli
americani a votare contro i repubblicani. Il risultato è stato una vittoria
netta dei democratici alla Camera, dove hanno riconquistato la maggioranza dopo
dodici anni. Al Senato resta in discussione il seggio della Virginia, ma
secondo i media il candidato dell’opposizione, Jim Webb, ha battuto l’avversario
repubblicano, George Allen. Il voto era stato
presentato come un referendum nazionale su Bush e
l’Iraq. Le dimissioni di Rumsfeld dimostrano che il
governo ne è uscito sconfitto. Il presidente ha promesso di collaborare con i
democratici e già oggi ospiterà a pranzo la Pelosi,
che ha chiesto di tenere un vertice by-partisan per riesaminare la politica in Iraq.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Ma come influirà il risultato di queste elezioni di medio
termine sulla linea dell’Amministrazione Bush? Giada
Aquilino lo ha chiesto a Massimo Teodori, docente di
Storia americana all’Università di Perugia:
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R. – Di certo questo spingerà ulteriormente a trovare una
via d’uscita onorevole che permetta
all’Amministrazione Bush di venir fuori dalla palude
dell’Iraq. Del resto, ci sono già alcuni segni, come il gruppo di studio
formato da James Baker, che
era il segretario di Stato di Bush padre, e dal
deputato democratico Lee Hamilton
che sta studiando proprio la via d’uscita dall’Iraq.
D. – Si è detto che Bush ed i
repubblicani hanno perso per la questione della guerra in Iraq. Ci sono anche
altre ragioni?
R. – Dalle analisi - che gli americani fanno sempre molto
attentamente - sembra che il problema della corruzione sia stato
particolarmente influente nel comportamento di voto. In particolare, tale
fattore ha pesato nell’Ovest e nel Nordovest degli Stati Uniti.
D. – Dopo le dimissioni di Rumsfeld,
ci saranno altri cambiamenti all’interno dell’Amministrazione Bush?
R. – E’ improbabile, perché Rumsfeld
era il responsabile della conduzione sul campo della guerra in Iraq. Aveva
contro anche le alte sfere militari del Pentagono. L’altro personaggio che
potrebbe essere sotto accusa è il vice-presidente Cheney,
ma ritengo improbabile che a questo punto Bush voglia
mettere mano al suo governo.
D. – Lo stesso presidente ha detto che lavorerà con i
democratici. Come?
R. – Questa è una consuetudine abbastanza regolare nella
storia degli Stati Uniti, nel senso che la presidenza e il Congresso non sono
legati da fiducia, ma da un rapporto di controllo reciproco. Molte volte – è
già accaduto in passato – che presidenti di un colore abbiano poi avuto il
Congresso di un altro colore. In quel caso, soprattutto sulla politica estera,
si è verificata una grande collaborazione, in particolare con il Senato. Quindi
è probabile che, nel trovare la via d’uscita dall’Iraq, Bush
collabori con la leadership democratica, specialmente del Senato.
D. – Ma quale potrà essere la via d’uscita dal Paese del
Golfo?
R. – Gli americani dovranno conciliare una via d’uscita
che sia onorevole, con i minori danni possibili, ma al
tempo stesso sentono la responsabilità di non abbandonare sia il terreno
dell’Iraq sia, in generale, le posizioni anti-terroristiche in tutto il Medio
Oriente.
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AIUTARE
LE GIOVANI COPPIE ITALIANE AD AFFRONTARE LE DIFFICOLTA’ NON
SOLO MATERIALI: COSI’, AI NOSTRI MICROFONI, IL VESCOVO DI AOSTA, GIUSEPPE
ANFOSSI,
COMMENTA
I DATI DELL’EURES CHE RILEVANO UN MARCATO AUMENTO
DI
DIVORZI E SEPARAZIONI NEGLI ULTIMI ANNI
- Ai
nostri microfoni mons. Giuseppe Anfossi -
In Italia, ogni 4 minuti avviene una separazione e, mentre
cento coppie si sposano, altre 51 si lasciano. Sono alcuni dei dati non certo
incoraggianti pubblicati ieri nel rapporto Eures.
Negli ultimi 30 anni, i matrimoni sono scesi di un terzo. D’altro canto,
nell’ultimo decennio si registra in Italia un + 59 per cento di separazioni e
un + 67 per cento di divorzi. “L’allarme non è nuovo e non trova impreparata la
Chiesa italiana”, è stato il commento di mons. Sergio Nicolli direttore
dell’ufficio CEI per la pastorale famigliare, che ha aggiunto: “Gli sposi in
crisi, specie nei primi anni di nozze non vanno lasciati soli”. Per una riflessione
sui dati emersi dal rapporto Eures, Fabio Colagrande ha intervistato il vescovo di Aosta, mons.
Giuseppe Anfossi, presidente della Commissione
Episcopale per la famiglia e la vita:
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R. – Preoccupante è che diminuisca il numero degli sposati
in generale, cioè che il desiderio di uomini e donne di mettersi insieme per
mettere al mondo dei figli subisca una caduta. Preoccupante è anche il fatto
che si rischi che siano sempre più anziani coloro che si decidono per il
matrimonio. Questo rimanda a qualcosa che ha a che fare con la perdita di
fiducia nella vita, in se stessi ed anche nelle condizioni di politica
familiare, che non sono certo favorevoli. Il punto su cui varrebbe la pena di
porre l’attenzione è questo: che significato ha per un uomo e una donna
sposarsi?
D. – La pastorale familiare cosa può fare? La Chiesa è
pronta in qualche modo a fronteggiare questa situazione?
R. – Credo che stia tentando di rendersi capace di sostenere
gli sposi nei primi anni del loro matrimonio. Tutte le diocesi si stanno
interrogando sulla preparazione dei fidanzati al matrimonio, che dovrebbe
essere fatta meglio. Bisogna lavorare di più con i giovani in coppia,
mettendoli in condizioni di assumersi delle responsabilità riguardo al loro
futuro.
D. – A volte le giovani coppie di sposi in crisi vengono abbandonate, vengono lasciate sole?
R. – Sono, in realtà, lasciate sole ancor prima che
entrano in crisi: non hanno l’aiuto per mantenere vivo il dialogo fra di loro, trovare dei tempi per fare degli incontri che
possano servire ad entrambi per ritrovarsi, per parlarsi. I giovani sposi
sembrerebbero molto aiutati dai rispettivi genitori per la soluzione dei problemi
pratici, dalla casa all’organizzazione della gestione dei figli. In realtà la
condizione dei giovani sposi oggi non è certo semplice.
D. – Mons. Anfossi,
di fronte a questo panorama che sembra così negativo, ci sono segnali che
lasciano ben sperare per il futuro?
R. – Il primo segnale è dato dalla qualità di molte
coppie, di molte coppie giovani di oggi. Sono, infatti, molto più consapevoli
che non le coppie che appartengono alla mia generazione del dono che hanno
ricevuto e si mettono a disposizione anche di altre coppie, creando anche dei
piccoli gruppi famiglia. Sono in grado, tra l’altro, di esprimere e di dare
ragione della loro scelta sia come sposi nella linea della indissolubilità, sia
come sposi cristiani nella linea della grazia che Dio fa loro della Parola di
Dio che gioca in aiuto agli sposi. Questa consapevolezza è in crescita.
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IN
CORSO IN KENYA IL CONVEGNO DEI SACERDOTI FIDEI DONUM ITALIANI IN AFRICA
-
Intervista con don Sergio Marcasani -
Il convegno dei Fidei Donum italiani in Africa, apertosi lunedì, in Kenya,
sul tema “Dalle feconde memorie alle coraggiose prospettive, è giunto al
penultimo giorno di lavori e prima delle conclusioni finali vede i convegnisti riuniti per le
riflessioni di gruppo. Il padre Joseph Ballong, responsabile del programma francese Africa della
nostra emittente, ha seguito i lavori e a don Sergio Marcasani,
sacerdote Fidei Donum di
Verona, ha chiesto che senso può avere per l’Italia mandare
i sacerdoti Fidei Donum
missionari nei vari Paesi del mondo
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R. – Mandare dei Fidei Donum è un investimento, proprio per le occasioni di
riflusso di valori, di stile, che possiamo avere dalle comunità con le quali
stiamo vivendo qui in Africa, anche nei confronti delle nostre comunità
italiane, che hanno bisogno di essere rivitalizzante per alcuni aspetti.
Abbiamo sottolineato, in particolare, la stretta collaborazione con i laici,
perché è il battesimo che li abilita a determinati servizi, a determinati
ministeri all’interno della Chiesa. Non è che devono essere impegnati per la
scarsità del clero, ma possono essere valorizzati, proprio perchè il battesimo
li abilita a questo. In questo senso abbiamo visto importante qui – e lo
vedremo importante anche per l’Italia – la partecipazione laicale dalla a alla z: dallo studio dei preprogrammi,
alla progettazione, alla ripartizione delle responsabilità particolari che ci
sono nella conduzione dei progetti. Questo è uno degli aspetti. Un altro
aspetto, che abbiamo ritenuto molto importante, è quello degli itinerari catecumenali, cioè delle esperienze di accostamento alla
Parola, con la quale verificare la propria vita, che qui hanno segnato un passo
decisivo verso la responsabilità dei battezzati nei confronti del Vangelo e nei
confronti dell’annuncio del Vangelo a tutte le genti. Recuperare questo stile
di itinerari catecumenali lo riterremmo non tanto
stile di rievangelizzazione, ma stile di approfondimento dell’evangelizzazione
ricevuta. Questi due punti principali sono un valore da far rifluire
all’interno della Chiesa italiana, all’interno delle nostre comunità.
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9 novembre 2006
LA BENEDIZIONE DEL PAPA PER CHIARA LUBICH RICOVERATA DA UNA SETTIMANA
A ROMA AL POLICLINICO GEMELLI.
MOVIMENTI E COMUNITA’ CATTOLICHE DI VARIE CHIESE UNITI
NELLA PREGHIERA PER LA FONDATRICE DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI
- A cura di Carla Cotignoli -
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ROMA.=
Benedetto XVI ha fatto pervenire la sua benedizione a Chiara Lubich, ricoverata da giovedì scorso al
Policlinico Gemelli di Roma. Il Santo Padre era stato informato personalmente
dello stato di salute della fondatrice del Movimento dei Focolari dal cardinale
segretario di Stato Tarcisio Bertone. Il Santo Padre ha assicurato la sua
preghiera e la sua vicinanza “umana e spirituale”. In questo momento le
condizioni cliniche di Chiara, attualmente in cura nel reparto di rianimazione del Policlinico Universitario
“Agostino Gemelli” per una insufficienza respiratoria
causata da un episodio infettivo polmonare, si stanno
progressivamente stabilizzando. Si uniscono alla preghiera dei
membri del Movimento nel mondo fondatori e responsabili di vari movimenti e
comunità ecclesiali, come Andrea Riccardi, fondatore
della Comunità di Sant’Egidio e Kiko Arguello, iniziatore del Cammino neocatecumenale,
ma anche rappresentanti di movimenti, comunità e gruppi evangelici e ortodossi.
Sono i promotori dell’evento “Insieme per l’Europa”, giunti da vari Paesi
europei, riuniti dai ieri al Centro internazionale dei Focolari a Castel
Gandolfo per preparare una manifestazione che avrà luogo a maggio del prossimo
anno a Stoccarda, in Germania. All’incontro di questi giorni avrebbe dovuto
partecipare pure Chiara. L’ha rappresentata Eli Folonari, la sua più stretta collaboratrice, che ha
evidenziato l’urgenza di testimoniare la comunione, innanzitutto tra movimenti
e comunità cristiani, “nati da un dono dello Spirito per rispondere alle varie
notti dell’Europa, perché nel continente brilli il Vangelo incarnato, oggi”.
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I VESCOVI MESSICANI PREOCCUPATI PER LA VIOLENTA
IRRUZIONE DI UN GRUPPO
DI
ESTREMISTI, DOMENICA SCORSA, NELLA CATTEDRALE DI CITTÀ DEL MESSICO, DURANTE LA
MESSA. IN UN COMUNICATO L’INVITO DEI PRESULI
A
RISPETTARE I LUOGHI DI CULTO
CITTÀ
DEL MESSICO. = La Conferenza episcopale messicana ha espresso, in un comunicato,
preoccupazione ed indignazione per i fatti di violenza verificatisi domenica
scorsa nella cattedrale di Città del Messico, mentre l’arcivescovo, il
cardinale Norberto Rivera Carrera,
celebrava la Santa Messa. Il testo nomina specificamente gruppi estremisti, tra
i quali membri della Assemblea popolare dei popoli di Oaxaca
(APPO)”. “In una democrazia tutti abbiamo il diritto ad esprimere i nostri
punti di vista differenti - si legge nel documento - ma parlare di tolleranza e
inclusione, oltre ad accettare le opinioni differenti, significa rispettare le
convinzioni altrui e, a maggior ragione, quando si annunciano in un luogo destinato
all’incontro dei fedeli che hanno diritto a ricevere gli orientamenti dei loro
legittimi pastori”. Il comunicato rammenta che il Messico è “un Paese ove la
diversità culturale fa parte dell’idiosincrasia nazionale”, perciò, i presuli
si rammaricano “di coloro che, con comportamenti intolleranti, hanno scelto la
strada dell’imposizione delle proprie idee e dei propri criteri”. L’episcopato
messicano ha lanciato anche un appello “ai responsabili delle diverse
organizzazioni politiche e sociali affinché questi deplorevoli fatti di violenza
non si ripetano, soprattutto nei luoghi destinati alla proclamazione della fede
del popolo cattolico del Messico”. Ed indignazione e dolore hanno manifestato
nello Stato di Oaxaca mons. José Luis
Chavez Botello, arcivescovo
di Antequera-Oaxaca, e mons. Oscar Campos Contreras, vescovo
ausiliare, in seguito all’escalation di violenze verificatesi negli ultimi
giorni nello Stato meridionale messicano. L’Oaxaca,
da cinque mesi, è teatro di disordini cominciati con una protesta di insegnanti
ai quali si sono poi unite 200 organizzazioni civili. Gravi incidenti si sono
verificati il 27 ottobre, quando quattro persone sono morte negli scontri in
seguito allo sciopero di 70 mila insegnanti. Il presidente Vicente
Fox ha disposto in questi giorni lo spiegamento di
4.600 poliziotti. I vescovi ritengono che le forme di violenza che turbano lo Stato
di Oaxaca stanno creando “un muro che ostacola il
cammino verso una società più giusta e solidale”. I presuli hanno lanciato un
appello a tutti i cittadini a collaborare per ristabilire l’ordine. “Chiudiamo
le porte alla tentazione della vendetta. Nessuno potrà aiutare veramente a
ricostruire la società con il cuore inquinato dall’egoismo o dall’odio”, si
legge in un comunicato dei vescovi. I presuli esortano a facilitare la
riapertura delle scuole e ad intensificare la preghiera, il digiuno e la carità,
perché ciascuno possa disporre il proprio cuore per riconoscere che solo
nell’unità, nella responsabilità sociale e nella pace, può esserci un futuro
migliore”. (L.B. – T.C.)
FILIPPINE: ALLA GIORNATA DELLA GIOVENTÙ CHE SI STA
SVOLGENDO A DAVAO,
10 MILA GIOVANI RIFLETTONO SULLA PAROLA COME GUIDA PER LA
PROPRIA VITA
DAVAO.
= Oltre 10 mila giovani sono riuniti da ieri a Davao,
nelle Filippine, per la Giornata nazionale della gioventù. L’evento, informa
l’agenzia AsiaNews, è stato organizzato dalla Commissione
giovani della Conferenza episcopale filippina (CBCP) insieme
all’arcidiocesi di Davao. Fino a domenica il tema sul
quale i partecipanti rifletteranno e si confronteranno è “Lampada per i miei
passi è la tua parola, luce sul mio cammino”. L’incontro è articolato in
momenti di preghiera, celebrazioni eucaristiche e conferenze. I vescovi hanno
dato il via alla Giornata della gioventù nel 1986, per concretizzare la propria
particolare attenzione all’apostolato per i giovani e i bambini. Dal 1987 al
1990 l’appuntamento annuale si è svolto a Manila. Dal 1991, invece la Giornata
si è iniziata a celebrare in diverse diocesi del Paese. (T.C.)
“L’ACQUA TRA POTERE E POVERTÀ”:
È IL RAPPORTO SULLO SVILUPPO UMANO 2006,
PRESENTATO OGGI A
ROMA, DAL QUALE EMERGE COME LA PRIVAZIONE DEL DIRITTO
DI ACCEDERE
ALL’ACQUA SIA UN DRAMMA CHE TOCCA PARTICOLARMENTE I POVERI
- A
cura di Roberta Gisotti -
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ROMA. = Un lucchetto a forma di rubinetto: questa
l’immagine simbolo del Rapporto, a significare che se 1 persona su 6 nel mondo
non dispone di acqua potabile non è perché questa risorsa - l’acqua -
scarseggi, ma perché oltre 1 miliardo di persone sono intrappolate in una
spirale di povertà, disuguaglianza e fallimenti delle politiche governative, come
denuncia l’UNDP, il Programma dell’ONU per lo sviluppo, che a partire da domani
lancerà in tutto il Pianeta una Campagna internazionale intitolata “Allarme
acqua”. “Le fonti d’acqua sicure ed i servizi igienico sanitari sono sempre
stati due aspetti fondamentali dello sviluppo umano”, ha sottolineato Stefano
Pettinato dell’UNDP, presentando il Rapporto che documenta la sistematica
violazione del diritto all’acqua, tollerata da chi ha le risorse, la tecnologia
e il potere politico di porvi fine. L’UNDP chiede che 20 litri di acqua al giorno per tutti siano considerati come un diritto umano
a fermare la strage di 2 milioni di bambini, che ogni anno muoiono per carenze
idriche ed igienico sanitarie. Da qui l’appello per un piano d’azione globale,
che, al di là dell’acceso dibattito sulla privatizzazione o meno dell’acqua,
sappia, da parte degli Stati, garantire a tutti il diritto
a questo bene prezioso dell’intera umanità. Il Rapporto ricorda l’obiettivo
fissato dall’ONU di dimezzare, entro il 2015, il numero di persone oggi private
dell’acqua potabile. Servirebbero investimenti per 10 miliardi di dollari, che
potrebbero fruttare benefici per 38 miliardi di dollari. Aiutare i più poveri,
dunque, conviene a tutti.
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L’EFFETTO SERRA POTREBBE CAUSARE UN INNALZAMENTO DEL LIVELLO DEGLI
OCEANI TALE DA FAR SCOMPARIRE ALCUNI PAESI: È L’ALLARME LANCIATO ALLA
CONFERENZA ONU SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI CHE SI STA SVOLGENDO A NAIROBI, IN
KENYA
- A cura di Andrea Cocco -
NAIROBI. = Crescono le pressioni
sui governi per accelerare i tempi e ridurre drasticamente le emissioni di gas
generate da industrie, traffico e consumo di petrolio. Ieri nella sede ONU di
Nairobi è stato il turno della società civile. “Il tempo è oro – ha detto il
delegato delle organizzazioni ambientaliste – e non possiamo permetterci
ulteriori ritardi, perché se non agiamo ora il cambiamento climatico, molto
probabilmente, si tradurrà in una catastrofe”. In queste ore il fulcro delle
trattative riguarda gli impegni che i governi sono disposti a prendere nel lungo
periodo. Secondo quanto previsto dal protocollo di Kyoto,
le economie industrializzate devono ridurre del 5 per cento le emissioni entro
il 2012. Ma non è che un primo piccolo passo verso l’adozione di obiettivi ben
più sostanziosi per il futuro. E’ quanto richiesto dai Paesi insulari a rischio
di essere sommersi per l’innalzamento del livello degli oceani. Tra i tanti
appelli quello dell’Indonesia, che teme la scomparsa, di qui al 2070, di 2000
isole dai suoi mari e il conseguente sfollamento di 200 mila persone. “Le
misure per rendere più eco-compatibili e convenienti i
nostri sistemi economici ci sono tutte”, ha spiegato un funzionario del
ministero dell’ambiente tedesco; investimenti massicci per le energie
rinnovabili, riduzione del consumo di elettricità, miglioramento dei sistemi
pubblici di trasporto nelle città. In Germania si prevede che le emissioni
potrebbero essere ridotte dell’80 per cento entro il 2050. Ma a preoccupare
oggi sono in particolare le economie a rapida crescita, potenze energivore come l’India o la Cina,
che nel giro di dieci anni si calcola sarà il Paese più inquinante al mondo.
Intanto, dal fondo dell’aula dove hanno luogo i negoziati ufficiali a Nairobi,
si sono levate ieri anche le voci delle popolazioni indigene. “Ribadiamo i
diritti sulle nostre terre e sulle nostre risorse”, ha detto Teobaldo Hernandez, del popolo panamense dei Kuna,
che ha chiesto di considerare gli impatti del surriscaldamento del clima come
violazioni dei diritti dell’uomo.
I
BEATI DEGLI ANNI 2001-2004 NEL QUINTO VOLUME CHE CHIUDE
LA COLLANA
SULLE BEATIFICAZIONI DEL PONTIFICATO DI GIOVANNI PAOLO II
ROMA. =
È in libreria, pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana, il quinto ed ultimo
volume della collana “I Beati di Giovanni Paolo II”. Si tratta di quei servi di
Dio elevati agli onori degli altari tra il 2001 e il 2004. Il libro offre le
biografie dei diversi Beati arricchite da
informazioni, tabelle, indici. Corredato di fotografie, vecchie stampe e
disegni, il testo, oltre ad essere un ricordo del lungo e fecondo Pontificato
di Karol Wojtyla, è un utile e valido strumento per quanti vogliono conoscere
quelle figure che la Chiesa addita come esempi. (T.C.)
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9 novembre 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco e Ada Serra -
All’indomani della strage di Beit Hanoun, causata ieri da un
bombardamento dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza e costata la vita
a 18 persone, una
grande folla ha accompagnato stamani i feretri delle vittime. Il nostro servizio:
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Decine di migliaia di persone
hanno partecipato a Gaza ai funerali delle diciotto vittime della strage di
ieri a Beit Hanun. Dalla
folla si sono levate grida di dolore ma anche di rabbia e proclami di vendetta
nei confronti di Israele per il massacro avvenuto ieri nel nord della Striscia
di Gaza. La strage ha provocato indignazione in tutto il mondo ed il Consiglio
di Sicurezza delle Nazioni Unite ha fissato per oggi una riunione incentrata
sulla questione palestinese. Il Qatar ha predisposto una risoluzione in cui si
condanna “il massacro” compiuto dagli israeliani e si chiede “un cessate il
fuoco immediato” tra le parti. Nel timore di ritorsioni, le autorità israeliane
hanno messo la polizia in stato di massima allerta. A Gerusalemme est gli agenti
ha anche usato lacrimogeni per disperdere la folla che protestava contro il
raid sferrato a Beit Hanun.
Ieri, subito dopo la
strage, Hamas aveva annunciato la rottura della tregua con Israele e minacciato
nuovi attentati. Successivamente, anche l’ala militare dell’altra formazione
palestinese, Fatah, aveva annunciato attacchi anti israeliani. Nella Striscia di Gaza, continuano intanto
le incursioni dell’aviazione dello Stato ebraico: ieri sera, due militanti di
Hamas sono stati uccisi da un missile sparato da un aereo israeliano contro la
loro auto. Per uscire da questa crisi, è necessario secondo il consigliere
politico del presidente palestinese, l’immediato invio di
osservatori internazionali che prendano posizione lungo il confine fra Gaza e Israele. Ma prima di
tutto è fondamentale – fa notare Caritas Gerusalemme - fornire assistenza medica
per far fronte all’emergenza sanitaria di Beit Hanun. Diverse organizzazioni per la difesa dei diritti
umani hanno chiesto, infine, all’Alta corte di giustizia israeliana di estendere
la fascia di sicurezza delle aree abitate da civili palestinesi.
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E’ iniziata oggi in Libano la terza tornata di colloqui
tra forze politiche filosiriane e antisiriane per la
formazione di un governo di unità nazionale. Dopo la crisi scoppiata tra Israele
e milizie hezbollah, attualmente nel sud del Paese è dislocata la forza di pace
internazionale, a guida francese, stabilita dalla risoluzione
1701 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Il Ministero degli esteri francese ha convocato, intanto, l’ambasciatore
israeliano a Parigi per chiedere spiegazioni su quanto accaduto lo scorso 31
ottobre, quando caschi blu francesi sono stati sul punto di aprire il fuoco
contro aerei militari israeliani che avevano puntato le loro postazioni nel sud
del Libano.
In Afghanistan, è di almeno 37 morti il
bilancio di una nuova ondata di scontri, nel sud del Paese, tra guerriglieri e
soldati afghani appoggiati da truppe della NATO. Le
vittime sono 34 miliziani e tre membri delle unità speciali della polizia
afghana. Lo hanno reso noto fonti della polizia
locale, aggiungendo che i combattimenti sono avvenuti in distretti delle
province meridionali, dove avrebbero trovato rifugio gruppi di guerriglieri talebani.
Sono almeno 14 i morti causati da diversi
attentati compiuti oggi a Baghdad: secondo fonti ospedaliere,
altre 66 persone sono rimaste ferite in cinque diversi attacchi compiuti
da ribelli. Dopo un breve periodo di calma dovuto al coprifuoco imposto nella
capitale per la sentenza al processo a Saddam Hussein, Baghdad è stata scossa
in questi giorni da una serie di attentati, che hanno causato complessivamente
29 morti.
Il referendum per l’indipendenza dell’Ossezia del Sud dalla Georgia contribuirebbe solo ad
esacerbare il conflitto con lo Stato centrale: è quanto ha fatto sapere ieri il
Dipartimento di Stato americano, a proposito della votazione referendaria
prevista per domenica prossima. Gli Stati Uniti insistono, invece, sulla
necessità di una pacifica soluzione delle controversie tra
governo georgiano e separatisti.
Stato di
massima allerta negli aeroporti indiani, in particolare quelli del sud, per il
timore di possibili attentati da parte di Al Qaeda.
Fonti governative hanno rivelato che sono stati trovati una lettera e un
volantino nei quali si annunciano attacchi da parte dell’organizzazione
terroristica. Nei principali scali dell’India sono quindi stati aumentati i
controlli e attivate tutte le misure antiterrorismo.
La Commissione
Europea prende tempo e dà alla Turchia fino a metà dicembre per risolvere
l’intricata questione di Cipro. E’ quanto emerge dal “documento di strategia”
sull’allargamento diffuso ieri a Bruxelles insieme con il rapporto sui
progressi dei Paesi candidati all’ingresso nell’Unione Europea. Il servizio di
Giovanni Del Re:
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Il rapporto della Commissione Europea sulla Turchia è
davvero piuttosto negativo, con molte critiche e anche l’osservazione che le
riforme sono rallentate. Così vi sono gravi carenze, secondo
Bruxelles su moltissimi punti cruciali. I militari continuano a immischiarsi
nelle questioni politiche interne, si legge nel rapporto. Vi è ancora
limitazione alla libertà di espressione. Le minoranze religiose non musulmane,
sempre secondo il rapporto, incontrano ancora ostacoli. Non basta: dure le
critiche anche sul fronte della corruzione, non sufficientemente combattuta, secondo Bruxelles, e sulla mancanza di indipendenza dei
magistrati. Restano casi di tortura e maltrattamenti. Infine, punto cruciale,
si contesta il fatto che la Turchia si ostini a non aprire i
porti alle navi greco-cipriote, come invece
sarebbe tenuta a fare secondo il protocollo di Ankara. Insomma, un rapporto
quanto meno problematico. Tuttavia, per ora, la Commissione ha rinunciato ad
emettere una raccomandazione sul possibile congelamento dei negoziati in corso.
“Abbiamo bisogno di una Turchia stabile, prospera e in pace con i vicini” ha
detto il presidente della Commissione, Josè Manuel Barroso, “per questo – ha proseguito – abbiamo dato spazio
alla diplomazia”. Tuttavia, un avvertimento c’è, Bruxelles lo mette nero su
bianco: se nell’imminenza del Consiglio europeo di dicembre, non si sarà
sbloccata la questione cipriota, la Commissione adotterà una raccomandazione
adeguata in tal senso. Saranno poi i leader dei 25, al Vertice di dicembre, a
decidere il da farsi sui negoziati.
Da Bruxelles, per la Radio Vaticana, Giovanni Del Re, AKI.
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Il presidente del Kirghizistan,
Kurmanbek Bakiev, ha
firmato la nuova Costituzione, risultato dell’accordo raggiunto tra le varie
componenti della società. Si conclude così una settimana caratterizzata da
proteste di piazza da parte dell’opposizione. La Costituzione prevede un
ridimensionamento dei poteri del presidente a favore del Parlamento, chiamato
adesso a nominare il nuovo governo.
In Bangladesh, due militanti
islamici sono stati condannati a morte questa mattina da una Corte della
capitale Dacca. I due imputati sono stati processati
per aver ucciso un islamico convertito al cristianesimo, nel nord del Paese.
La pena di morte sia un’eccezione. E’
l’esortazione rivolta ai tribunali della Cina da parte
del presidente della Corte suprema, Xiao Yang. “Nei casi in cui il giudice abbia legalmente un margine di
discrezionalità - spiega il magistrato - deve sempre scegliere di non infliggere
la condanna a morte”. Xiao Yang
ha anche ammesso, tuttavia, che non ci sono ancora le
condizioni “mature” per un’abolizione della pena capitale in Cina.
L’Assemblea generale delle
Nazioni Unite ha votato a favore di una risoluzione che chiede la fine
dell’embargo economico imposto dagli Stati Uniti a Cuba 45 anni fa. E’ la quindicesima volta, a partire dal 1992, che
l’Assemblea dell’ONU chiede di porre fine alle misure restrittive nei confronti
del Paese caraibico. La risoluzione è stata proposta
dal Sud Africa ed ha ottenuto 183 voti a favore, quattro contrari e un solo
astenuto. I Paesi che hanno votato contro sono: Stati Uniti, Israele, Isole Palau e Isole Marshall.
Il governo sudanese si è detto
pronto a intavolare trattative con i ribelli del Darfur
del National Redemption Front per
porre fine alle violenze. Il presidente del Sudan, Omar al Bashir,
ha ribadito intanto che non accetterà la presenza di truppe delle Nazioni Unite
nella martoriata regione sudanese.
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