RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 313 - Testo della trasmissione di giovedì 9 novembre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

L’umanità attinga la speranza da Gesù-Eucaristia: così il Papa al Pontificio Comitato per i Congressi eucaristici internazionali. Ce ne parla mons. Francesco Cacucci

 

Nel pomeriggio la conclusione della visita ad Limina dei vescovi svizzeri

 

L’intervento di mons. Celestino Migliore all’ONU  sul problema dei rifugiati

 

Amarezza e disapprovazione della Santa Sede per la convocazione a Gerusalemme di una manifestazione dell’orgoglio omosessuale

 

Alla sede dell’UNESCO, a Parigi, un Convegno  sull’ “Educazione cammino verso l’amore”. Con noi mons. Francesco Follo

 

Rappresentanti di oltre 150 atenei cattolici di tutto il mondo parteciperanno ad un Conferenza internazionale, il 17 e 18 novembre a Roma, sul tema: “Università e dottrina sociale della Chiesa”

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Le elezioni negli Stati Uniti: i democratici conquistano dopo la Camera anche il Senato. Bush accetta le dimissioni di Rumsfeld. Intervista con  Massimo Teodori

 

Aumentano in Italia divorzi e separazioni: il commento di mons. Giuseppe Anfossi

 

In corso in Kenya il Convegno dei sacerdoti Fidei donum italiani in Africa: con noi don Sergio Marcasani

 

CHIESA E SOCIETA’:

La benedizione del Papa per Chiara Lubich, ricoverata da una settimana a Roma al Policlinico Gemelli

 

I vescovi messicani preoccupati per la violenta irruzione di un gruppo di radicali, domenica scorsa, nella cattedrale di Città del Messico, durante la Messa

 

Giornata della gioventù a Davao, nelle Filippine

 

“L’acqua tra potere e povertà”: presentato a Roma il rapporto ONU  sullo sviluppo umano 2006

 

Prosegue a Nairobi, in Kenya, la Conferenza ONU sui cambiamenti climatici

 

I beati degli anni 2001-2004 nel quinto volume che chiude la collana delle beatificazioni volute da Giovanni Paolo II

24 ORE NEL MONDO:

Stato di massima allerta in Israele dopo la strage di civili palestinesi ieri nella Striscia di Gaza

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

9 novembre 2006

 

L’UMANITA’ ATTINGA LA SPERANZA DA GESU’-EUCARISTIA:

COSI’ IL PAPA AL PONTIFICIO COMITATO

PER I CONGRESSI EUCARISTICI INTERNAZIONALI

- Intervista con mons. Francesco Cacucci -

 

Far conoscere e amare sempre meglio Gesù “nel suo Mistero eucaristico, centro della vita della Chiesa e della sua missione per la salvezza del mondo”. E’ l’esortazione rivolta stamane da Benedetto XVI durante l’incontro con i partecipanti alla plenaria del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali, che ha concluso ieri a Roma i suoi lavori in vista del 49° Congresso Eucaristico Internazionale, in programma a Québec, in Canada, nel giugno del 2008. Il servizio di Sergio Centofanti.

 

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L’Eucaristia deve diventare il centro della nostra vita. Benedetto XVI ribadisce quanto ha affermato sin dall’inizio del suo pontificato che è cominciato proprio nell’Anno dell’Eucaristia. E rileva che i Congressi eucaristici sono “una provvidenziale opportunità per mostrare all’umanità in modo solenne “l’Eucaristia, dono di Dio per la vita del mondo”:

 

“E’ vero! I Congressi Eucaristici, che si tengono volta a volta in luoghi e continenti diversi, sono sempre sorgente di rinnovamento spirituale, occasione per meglio far conoscere la Santissima Eucaristia, che è il tesoro più prezioso lasciatoci da Gesù; essi sono pure un incoraggiamento per la Chiesa a diffondere in ogni ambito della società ed a testimoniare, senza esitazione, l’amore di Cristo”.

 

Il Papa sottolinea ancora una volta “quanto proficua sia la riscoperta da parte di molti cristiani dell’adorazione eucaristica”:

 

“Quanto bisogno ha l’odierna umanità di riscoprire nel Sacramento eucaristico la fonte della propria speranza! Ringrazio il Signore perché molte parrocchie, accanto alla devota celebrazione della Santa Messa, vanno educando i fedeli all’Adorazione eucaristica ed auspico, anche in vista del prossimo Congresso Eucaristico Internazionale, che questa pratica si diffonda sempre più”.

 

Il Pontefice ricorda quindi la prossima pubblicazione della sua Esortazione post-sinodale che raccoglierà le indicazioni emerse dall’ultimo Sinodo dei Vescovi dedicato proprio al Mistero eucaristico. Un mistero – aveva detto l’anno scorso durante la Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia – in cui facciamo “l’incontro sconvolgente con l’inconcepibile grandezza di un Dio che si è abbassato fino al punto … di darsi come cibo sull’altare”. “Non è il potere che redime ma l’amore!” -  ha affermato Benedetto XVI nell’omelia d’inizio Pontificato – Questo è il segno di Dio”: questa è l’Eucaristia: “Il Dio che è divenuto agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori”.

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All’Assemblea plenaria del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali, presieduto dal cardinale Jozef Tomko, ha preso parte anche mons. Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari, città dove si è svolto l’anno scorso il Congresso eucaristico nazionale, che ha visto la presenza del Papa. Al presule, Giovanni Peduto ha chiesto uno sguardo d’insieme su quanto è emerso dalla plenaria:

 

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R. – Innanzitutto, una riflessione sul magistero eucaristico di Benedetto XVI: è la sintesi – per così dire – tra l’Eucaristia, Cena del Signore, e il Sacrificio, un tema caro a Benedetto XVI, che ha ripreso durante il Sinodo dei Vescovi sull’Eucaristia dell’ottobre 2005, e poi anche una riflessione sul tema eucaristico così come si svolgerà nel prossimo Congresso eucaristico internazionale di Québec, in Canada, nel 2008. Il cardinale Ouellet ha presentato il testo base, sottolineando come il tema eucaristico diventa dono di Dio per la vita del mondo. Quindi, due aspetti: l’Eucaristia come dono di Dio e l’Eucaristia vita del mondo, con una sottolineatura per quanto concerne l’Adorazione, a mio parere molto originale. L’Adorazione che non è soltanto, da parte degli uomini nei confronti di Gesù, presente nelle specie eucaristiche, ma anche Adorazione che Gesù rivolge al Padre assumendo, accogliendo, raccogliendo – per così dire – tutta l’umanità in lui.

 

D. – Eccellenza, dopo il Sinodo dei Vescovi sull’Eucaristia penso che sia viva l’attesa sul relativo documento postsinodale

 

R. – L’Esortazione apostolica post-sinodale che raccoglie tutto quanto nel Sinodo dei vescovi 2005 è stato proposto, certamente aiuterà la Chiesa universale, in particolare la Chiesa italiana, a considerare l’Eucaristia come mistero annunciato, celebrato e vissuto. A mio parere, è un elemento centrale del tema eucaristico e dell’impegno per la liturgia in Italia, quello di poter cogliere la sintesi tra la Parola di Dio, la Liturgia e la carità, la vita. Noi viviamo queste tre dimensioni ancora separate l’una dall’altra. Ecco perché mi permetto di richiamare quanto già nel Sinodo era stato espresso: il cammino mistagogico, cioè l’ingresso nel mistero. I Padri prendevano per mano coloro che avevano vissuto una celebrazione perché entrassero sempre più nel mistero, si introducessero in modo sempre più vivo nel mistero. Allora, il cammino mistagogico è un cammino caro alla visione di Benedetto XVI, basti considerare le sue omelie.

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ALTRE UDIENZE

 

Il Papa ha ricevuto stamane alcuni presuli della Conferenza Episcopale della Repubblica Federale di Germania, in visita "ad Limina", guidati dal cardinale Karl Lehmann, vescovo di Magonza.

 

 

IN UN’EPOCA DI SPAVENTOSA IGNORANZA RELIGIOSA, URGE RISCOPRIRE

LA FEDE GENUINA IN DIO, GRAZIE AD UNA RINNOVATA PASTORALE DEI SACRAMENTI, DELLA CATECHESI E DELLA LITURGIA: LO HA DETTO IL PAPA AI VESCOVI SVIZZERI

CHE OGGI CONCLUDONO LA VISITA AD LIMINA

 

Riscoperta della “fede in Dio” attraverso una catechesi che impari nuovamente “a trasmettere i contenuti centrali del Credo” in un’epoca in cui l’gnoranza religiosa ha raggiunto livelli spaventosi. Ai vescovi della Svizzera che oggi poemeriggio concludono la loro visita ad Limina in Vaticano, Benedetto XVI ha ribadito l’urgenza pastorale di riconferire il giusto ruolo, nella forma e nella sostanza, ai Sacramenti, alla liturgia, al momento dell’omelia della Messa, alla formazione della comunità ecclesiale. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis.

 

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La frontiera dell’evangelizzazione in questo inizio di secolo è la stessa per cui si spesero gli Apostoli della prima ora della Chiesa: la diffusione della fede. Ciò che sembrerebbe un paradosso dopo duemila anni di storia del Vangelo è stato posto da Benedetto XVI tra i punti centrali della riflessione rivolta ai vescovi svizzeri in visita ad Limina. Nel discorso pronunciato in tedesco e a braccio martedì scorso – la cui traduzione è stata pubblicata oggi – il Papa ha affermato con chiarezza che, “forse due generazioni fa”, la fede “poteva essere presupposta in modo abbastanza naturale: si cresceva in essa, che era in qualche modo una dimensione della vita evidente e che non aveva bisogno di essere ricercata in modo naturale”. La secolarizzazione, ha osservato Benedetto XVI, ha ribaltato i piani: oggi “appare il contrario, che cioè in fondo non è possibile credere, che di fatto Dio è assente”.

 

I cristiani non sono immuni dalle derive di questo contesto culturale. Si privilegia il “fare”, l’impegno, come se – ha detto il Papa – la fede fosse giustificata dalle opere. La fede invece, ha ripetuto il Pontefice, “è soprattutto fede in Dio”, fede in Cristo, il cristiano ha fede perché guarda a lui, non alle cose. Questa “centralità  - ha proseguito Benedetto XVI – deve, secondo me, apparire in modo completamente nuovo in tutto il nostro pensare e operare”. Perché la fede è “l’anima di tutto”, è quella che “anima le attività” e le preserva dal “decadere in attivismo”. Inoltre, ha spiegato con incisività il Papa, la fede non è qualcosa che “possiamo inventare noi stessi”, componendola “di pezzi ‘sostenibili’”. La fede è tale perché “la crediamo insieme con la Chiesa”. Fede è ciò che rende “presente” il “passato delle parole della Scrittura”, che “lascia entrare nel tempo” l’eternità di Dio. E’ questa la “forma di fede” che “dovremmo cercare di mettere veramente al centro delle nostre attività”, ha esortato il Papa, che ha toccato un punto a lui caro: il “bisogno” di avere “buone Facoltà teologiche” in grado di “formare ad una fede intelligente, così che fede diventi intelligenza ed intelligenza diventi fede”. Benedetto XVI si è compiaciuto dei “grandi progressi” compiuti dall’esegesi. Tuttavia, ha sottolineato, riferendosi a quanto detto poco prima, la Sacra Scrittura, che pure “deve essere letta secondo i metodi storici, va letta anche come unità e deve essere letta nella comunità vivente della Chiesa”, nella quale può avvenire l’incontro efficace con la Scrittura.

 

Accanto al buon livello accademico, “dobbiamo, come sempre, impegnarci molto” anche “per un rinnovamento della catechesi, nella quale – ha asserito il Pontefice - sia fondamentale il coraggio di testimoniare la propria fede e di trovare i modi affinché essa sia compresa ed accolta”. “L'ignoranza religiosa – ha riconosciuto schiettamente Benedetto XVI - ha raggiunto oggi un livello spaventoso” e richiede quindi di “trovare vie per comunicare, anche se in modo semplice, le conoscenze, affinché la cultura della fede sia presente”. Importante, tra gli altri, il passaggio dedicato al Sacramento della Penitenza. Il suo dono, ha detto il Papa “consiste quindi non soltanto nel fatto che riceviamo il perdono, ma anche nel fatto che ci rendiamo conto, innanzitutto, del nostro bisogno di perdono; già con ciò veniamo purificati, ci trasformiamo interiormente e possiamo poi comprendere anche meglio gli altri e perdonarli”.

 

Un punto dell’ampia riflessione di Benedetto XVI ha riguardato la questione dell’omelia. Per illustrarlo, il Papa si è calato nella quotidianità di una parrocchia nella quale, ha immaginato, può esservi un parroco stanco o anziano e magari, di contro, un assistente pastorale molto versato “nell’interpretare la Parola di Dio in modo convincente”. In questo caso, ha proseguito, “vien spontaneo dire: perché non dovrebbe parlare l'assistente per la pastorale; lui riesce meglio, e così la gente ne trae maggior profitto”. Questo modo di pensare, però, è “puramente funzionale”, ha obiettato Benedetto XVI. “Bisogna invece tener conto del fatto che l'omelia non è un'interruzione della Liturgia per una parte discorsiva, ma che essa appartiene all'evento sacramentale, portando la Parola di Dio nel presente di questa comunità”. Ciò significa “che l'omelia stessa fa parte del mistero” e, dunque, “ritengo anche importante – ha ripetuto il Papa - che il sacerdote non sia ridotto al Sacramento e alla giurisdizione (…) ma che si conservi l'integrità del suo incarico”.

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LAVORARE AD UNA SOLUZIONE DURATURA PER I RIFUGIATI E GLI SFOLLATI INTERNI:

 E’ L’ESORTAZIONE DELL’ARCIVESCOVO CELESTINO MIGLIORE, OSSERVATORE

 PERMANENTE DELLA SANTA SEDE ALL’ONU DI NEW YORK, INTERVENUTO

 AL PALAZZO DI VETRO SUL RAPPORTO DELL’ALTO COMMISSARIATO PER I RIFUGIATI

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

“Una duratura soluzione ai problemi dei rifugiati e degli sfollati non avrà effetti solo su di loro, ma su tutta la famiglia umana”. E’ quanto sottolineato dall’arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, intervenuto in questi giorni al Palazzo di Vetro sul rapporto dell’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati. L’arcivescovo Celestino Migliore ha rilevato che negli ultimi anni è stato sviluppato un sistema legale che risponde alla complessità del fenomeno. La protezione dei rifugiati, ha proseguito, richiede però più di un buon sistema legale, serve infatti anche “cooperazione e volontà politica” per trovare soluzioni durature.

 

Il presule non ha mancato di esprimere apprezzamento per l’impegno che l’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati sta mostrando anche nei confronti degli sfollati interni, ai quali fornisce rifugio e protezione. Fortunatamente, ha proseguito l’osservatore vaticano, “alcuni conflitti sono finiti e questo permette alla gente di tornare nei propri Paesi di origine”. Per questo, quando ciò avviene, è necessaria “una stretta cooperazione tra le agenzie che si dedicano all’assistenza e alla ricostruzione post conflitto”. Ancora, ha auspicato, un rientro dei rifugiati “sostenibile in sicurezza e dignità” assieme ad una “ricostruzione delle infrastrutture locali sociali ed economiche”.

 

Al tempo stesso, mons. Migliore ha espresso rammarico per un “certo deterioramento del concetto legale di asilo, che sembra prendere piede in alcuni Stati i quali preferiscono la legislazione nazionale o gli accordi bilaterali al diritto internazionale”. Inoltre, ha detto ancora, alcuni Stati non riconoscono nella propria legislazione alcuni diritti internazionali come “la libertà di movimento e il diritto al lavoro”. D’altra parte, “molti programmi sono ampiamente sotto finanziati” con conseguenti mancanze nell’assistenza ai rifugiati. “I diritti e la dignità dei nostri fratelli che soffrono – ha concluso mons. Migliore – richiedono il massimo della nostra considerazione e dei nostri sforzi”.

 

 

AMAREZZA E DISAPPROVAZIONE DELLA SANTA SEDE PER LA CONVOCAZIONE

A GERUSALEMME DI UNA MANIFESTAZIONE DELL’ORGOGLIO OMOSESSUALE.

LA NUNZIATURA APOSTOLICA HA CHIESTO AL GOVERNO ISRAELIANO IL RISPETTO

 DEI SENTIMENTI RELIGIOSI DEI CREDENTI, EBREI, MUSULMANI E CRISTIANI

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

La Santa Sede esprime “amarezza” e “disapprovazione” per la convocazione domani a Gerusalemme di una delle cosiddette “manifestazioni dell’orgoglio omosessuale”. L’annuncio della marcia gay ha provocato vibranti proteste da parte delle diverse comunità religiose. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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In una nota della Sala Stampa vaticana, diffusa ieri, la Santa Sede “esprime la sua viva disapprovazione per tale iniziativa perché essa costituisce un grave affronto ai sentimenti di milioni di credenti ebrei, musulmani e cristiani, i quali riconoscono il particolare carattere sacro della città di Gerusalemme e chiedono che la loro convinzione sia rispettata”. “Alla luce di tali elementi e considerando che in precedenti occasioni sono stati sistematicamente offesi i valori religiosi – prosegue la Sala Stampa – la Santa Sede nutre la speranza che la questione possa venire sottoposta a doverosa riconsiderazione”.

 

Una nota di uguale tenore è stata presentata dalla nunziatura apostolica in Israele al ministero degli Affari Esteri israeliano. “La Santa Sede – si legge in questo documento - ha ripetuto in molteplici occasioni che il diritto alla libertà di espressione, sancito dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo, è soggetto a giusti limiti, in particolare quando l'esercizio di tale diritto offende i sentimenti religiosi dei credenti”. Risulta chiaro, si legge ancora, che “la manifestazione gay a Gerusalemme recherebbe offesa alla grande maggioranza degli ebrei, dei musulmani e dei cristiani, dato il carattere sacro della città di Gerusalemme”.

 

La marcia gay potrebbe comunque essere rinviata alla prossima settimana. Questa è la richiesta avanzata dal capo della polizia di Gerusalemme, Ilan Franco, secondo cui la sorveglianza di una manifestazione così folta in un contesto ad alto allarme terroristico richiederebbe la presenza di migliaia di agenti.

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ALLA SEDE DELL’UNESCO, A PARIGI,

UN CONVEGNO SULL’ “EDUCAZIONE CAMMINO VERSO L’AMORE”,

ALLA LUCE DELL’ENCICLICA DI BENEDETTO XVI, DEUS CARITAS EST.

CON NOI, IL PROMOTORE DELL’EVENTO, MONS. FRANCESCO FOLLO,

OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO L’UNESCO

 

“L’educazione, cammino verso l’amore”: è il suggestivo titolo di un simposio internazionale promosso, oggi a Parigi, da mons. Francesco Follo, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO e dalla Fordham University dei padri gesuiti, di New York, che prende spunto dall’Enciclica di Benedetto XVI, “Deus Caritas Est”. L’incontro  si è aperto stamani con l’intervento di mons. Follo che ha messo l’accento sul contributo che la Chiesa cattolica ha sempre dato all’azione educativa nel mondo. Dal canto suo, il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica ha sottolineato che l’educazione deve essere uno strumento non solo di conoscenza, ma che faccia crescere l’uomo nella sua integralità. Sul significato di questo incontro, Helene Destombes ha intervistato mons. Francesco Follo:

 

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R. – Il messaggio è che l’educazione, per educare veramente, unisce la fede, la ragione e il cuore. Normalmente queste tre realtà sono pensate come una contro l’altra, ma se l’amore è educato bene apre all’intelligenza e l’intelligenza se ben formata apre al cuore e non è contro. Sant’Agostino diceva, infatti, che “con l’amore si capisce la fede”, perché la fede non è una rinuncia a pensare, ma è il vertice della ragione, perché uno accetta che il Messia esiste.

 

D. – Siamo nel pieno dell’Enciclica Deus caritas est?

 

R. – Esattamente. La cosa poi che mi ha colpito nell’Enciclica è quando, già all’inizio, il Papa dice che l’amore non è solo un sentimento, ma nasce da un incontro e così l’educazione non è un trasmettere solo dei pensieri, dei concetti o delle nozioni, ma è caratterizzata da un rapporto personale in cui il maestro - viene dal latino “magis quam alter/più grande dell’altro” – non è che sa più cose, ma ha una esperienza di vita da comunicare.

 

D. – La Chiesa cattolica ha sempre avuto un ruolo molto importante nell’educazione?

 

R. – Secondo me l’educazione per la Chiesa cattolica non è un’azione di sostituzione agli altri. La Chiesa è maestra, la Chiesa è maestra di vita e quindi educare fa parte della sua stessa missione, dove educare non vuol dire solo dare delle nozioni, ma introdurre alla realtà totale, alla verità.

 

D. – Mons. Follo, questa mattina c’è stata una grande riflessione antropologica…

 

R. – Certo. Come soprattutto Giovanni Paolo II ha evidenziato, noi partiamo dall’uomo, laddove quando noi diciamo uomo non ci riferiamo ad un concetto astratto di uomo, noi ci riferiamo a Cristo: Gesù Cristo è un uomo, non è un uomo in astratto, è un uomo che ha un nome. Noi educhiamo a questo uomo.

 

D. – In tutte le sue dimensioni?

 

R. – Certamente, come era Cristo. Cristo per noi è un uomo compiuto e quindi il modello per noi è Cristo. Questo è certamente proponibile a tutti gli esseri umani e non solo ai cristiani, perché Cristo è venuto per tutti.

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RAPPRESENTANTI DI OLTRE 150 ATENEI CATTOLICI DI TUTTO IL MONDO

PARTECIPERANNO AD UN CONFERENZA INTERNAZIONALE, IL 17 E 18 NOVEMBRE

A ROMA SUL TEMA: “UNIVERSITA’ E DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA”

 

La realizzazione di un nuovo umanesimo integrale e solidale, aperto alla trascendenza, che costituisce una finalità essenziale della dottrina sociale della Chiesa, non è estranea anzi è connaturale anche agli obiettivi delle Università  cattoliche.  Su questo comune impegno rifletteranno e discuteranno, sul piano teorico e pratico, insieme ad esperti e studiosi di vari Paesi,  i rappresentanti di oltre 150 atenei cattolici di tutto il mondo, in una Conferenza internazionale convocata a Roma, il 17 e 18 novembre, su iniziativa del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e della Congregazione per l’Educazione Cattolica. A tutt’oggi hanno confermato la loro presenza 65 Università Cattoliche europee, 31 africane, 28 sudamericane, 15 nordamericane, 10 asiatiche e 5 oceaniche.

 

Introdotta dal presidente del Pontificio Consiglio, cardinale Renato Raffatel Martino, e dal prefetto della Congregazione, cardinale Zenon Grocholewski, sulla scorta e nello spirito dei recenti discorsi del Papa alla Lateranense e alla Gregoriana, la Conferenza – che si svolgerà all’Hotel Ergife in via Aurelia 619 - approfondirà il contributo che la dottrina sociale della Chiesa può dare alle Università Cattoliche per il migliore espletamento delle finalità scientifiche ed educative.

 

La relazione d’apertura, venerdì 17 novembre, sarà tenuta dal cardinale vicario Camillo Ruini, su: Questione antropologica e questione sociale oggi, cui seguirà quella dell’arcivescovo polacco di Lublino, monsignor Jozef Zycinsky, su: Dottrina sociale della Chiesa e dimensione interdisciplinare. Nel pomeriggio dello stesso giorno, con il contributo di rettori e docenti di vari atenei, economisti, giuristi ed esperti di altre discipline, saranno posti in rilievo i rapporti tra l’insegnamento sociale della Chiesa e la filosofia e la teologia, mentre sabato 18 mattina si approfondiranno quelli con la ricerca scientifica e la formazione. Una tavola rotonda per puntualizzare varie esperienze continentali di feconde relazioni tra Dottrina sociale e Università si svolgerà sabato pomeriggio, con infine due interventi conclusivi sull’utilizzazione del Compendio della Dottrina sociale della Chiesa negli Atenei cattolici.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Servizio vaticano - Riscoprire nel Sacramento eucaristico la fonte della propria speranza: Benedetto XVI alla Plenaria del Pontificio Comitato, che prepara il quarantanovesimo Congresso Eucaristico Internazionale in programma a Quebec nel giugno del 2008.

 

Servizio estero - Per la rubrica dell’“Atlante geopolitica” un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo “Accelera l'espansione commerciale cinese”.

 

Servizio culturale - Un articolo di Armando Rigobello dal titolo “Un contributo significativo alla valorizzazione della filosofia della religione”: ricordo di Marco Maria Olivetti.

 

Servizio italiano - In rilievo il tema della finanziaria.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

9 novembre 2006

 

I DEMOCRATICI CONQUISTANO LA MAGGIORANZA ANCHE AL SENATO. L’ESITO DEL VOTO HA SCOSSO L’AMMINISTRAZIONE DEL PRESIDENTE BUSH CHE IERI HA ACCETTATO LE DIMMISSIONI DEL SEGRETARIO ALLA DIFESA, DONALD RUMSFELD

- Intervista con Massimo Teodori -

 

 “Possiamo lavorare insieme nei prossimi due anni”. Lo ha detto il presidente americano, George Bush, commentando ieri le elezioni di medio termine e la netta sconfitta dei repubblicani che hanno perso la maggioranza nei due rami del Congresso. Dopo la chiara vittoria alla Camera, i democratici sono vicini, infatti, a conquistare la maggioranza anche al Senato. Manca ancora il risultato ufficiale della consultazione nello Stato della Virginia, ma secondo le ultime proiezioni il candidato democratico avrebbe superato di misura il suo rivale. Al tracollo dei repubblicani, provocato secondo diversi analisti dalla politica della amministrazione Bush sulla guerra in Iraq, sono poi seguite ieri le dimissioni del segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld, uno degli strateghi del conflitto del Golfo. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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Il terremoto della vittoria democratica, nelle elezioni americane di metà mandato, ha già fatto una vittima illustre. Ieri, il capo del Pentagono, Rumsfeld, ha presentato le dimissioni e il presidente Bush le ha accettate. Come successore ha nominato l’ex capo della CIA, Robert Gate, considerato vicino alla corrente realista del partito repubblicano, che sempre ha avuto dubbi sulla guerra e favorisce il dialogo con Siria e Iran. Nancy Pelosi, leader dei democratici, che diventerà presidente della Camera, aveva chiesto proprio il cambio del segretario alla Difesa come primo segnale della disponibilità della Casa Bianca a mutare direzione in Iraq. Bush stesso ha fatto l’annuncio durante una Conferenza stampa, in cui però ha ribadito che la sconfitta a Baghdad non è accettabile. Quindi, ha escluso il ritiro delle truppe, prima che il Paese non sarà stabilizzato. La sostituzione di Rumsfeld, però, resta una svolta, perchè solo la settimana scorsa il capo della Casa Bianca aveva detto che sarebbe rimasto in carica fino alla fine del secondo mandato. L’insoddisfazione per la guerra in Iraq è stata una delle ragioni principali che hanno spinto gli americani a votare contro i repubblicani. Il risultato è stato una vittoria netta dei democratici alla Camera, dove hanno riconquistato la maggioranza dopo dodici anni. Al Senato resta in discussione il seggio della Virginia, ma secondo i media il candidato dell’opposizione, Jim Webb, ha battuto l’avversario repubblicano, George Allen. Il voto era stato presentato come un referendum nazionale su Bush e l’Iraq. Le dimissioni di Rumsfeld dimostrano che il governo ne è uscito sconfitto. Il presidente ha promesso di collaborare con i democratici e già oggi ospiterà a pranzo la Pelosi, che ha chiesto di tenere un vertice by-partisan per riesaminare la politica in Iraq.

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Ma come influirà il risultato di queste elezioni di medio termine sulla linea dell’Amministrazione Bush? Giada Aquilino lo ha chiesto a Massimo Teodori, docente di Storia americana all’Università di Perugia:

 

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R. – Di certo questo spingerà ulteriormente a trovare una via d’uscita onorevole che permetta all’Amministrazione Bush di venir fuori dalla palude dell’Iraq. Del resto, ci sono già alcuni segni, come il gruppo di studio formato da James Baker, che era il segretario di Stato di Bush padre, e dal deputato democratico Lee Hamilton che sta studiando proprio la via d’uscita dall’Iraq.

 

D. – Si è detto che Bush ed i repubblicani hanno perso per la questione della guerra in Iraq. Ci sono anche altre ragioni?

 

R. – Dalle analisi - che gli americani fanno sempre molto attentamente - sembra che il problema della corruzione sia stato particolarmente influente nel comportamento di voto. In particolare, tale fattore ha pesato nell’Ovest e nel Nordovest degli Stati Uniti.

 

D. – Dopo le dimissioni di Rumsfeld, ci saranno altri cambiamenti all’interno dell’Amministrazione Bush?

 

R. – E’ improbabile, perché Rumsfeld era il responsabile della conduzione sul campo della guerra in Iraq. Aveva contro anche le alte sfere militari del Pentagono. L’altro personaggio che potrebbe essere sotto accusa è il vice-presidente Cheney, ma ritengo improbabile che a questo punto Bush voglia mettere mano al suo governo.

 

D. – Lo stesso presidente ha detto che lavorerà con i democratici. Come?

 

R. – Questa è una consuetudine abbastanza regolare nella storia degli Stati Uniti, nel senso che la presidenza e il Congresso non sono legati da fiducia, ma da un rapporto di controllo reciproco. Molte volte – è già accaduto in passato – che presidenti di un colore abbiano poi avuto il Congresso di un altro colore. In quel caso, soprattutto sulla politica estera, si è verificata una grande collaborazione, in particolare con il Senato. Quindi è probabile che, nel trovare la via d’uscita dall’Iraq, Bush collabori con la leadership democratica, specialmente del Senato.

 

D. – Ma quale potrà essere la via d’uscita dal Paese del Golfo?

 

R. – Gli americani dovranno conciliare una via d’uscita che sia onorevole, con i minori danni possibili, ma al tempo stesso sentono la responsabilità di non abbandonare sia il terreno dell’Iraq sia, in generale, le posizioni anti-terroristiche in tutto il Medio Oriente.

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AIUTARE LE GIOVANI COPPIE ITALIANE AD AFFRONTARE LE DIFFICOLTA’ NON SOLO MATERIALI: COSI’, AI NOSTRI MICROFONI, IL VESCOVO DI AOSTA, GIUSEPPE ANFOSSI,

COMMENTA I DATI DELL’EURES CHE RILEVANO UN MARCATO AUMENTO

DI DIVORZI E SEPARAZIONI NEGLI ULTIMI ANNI

- Ai nostri microfoni mons. Giuseppe Anfossi -

 

In Italia, ogni 4 minuti avviene una separazione e, mentre cento coppie si sposano, altre 51 si lasciano. Sono alcuni dei dati non certo incoraggianti pubblicati ieri nel rapporto Eures. Negli ultimi 30 anni, i matrimoni sono scesi di un terzo. D’altro canto, nell’ultimo decennio si registra in Italia un + 59 per cento di separazioni e un + 67 per cento di divorzi. “L’allarme non è nuovo e non trova impreparata la Chiesa italiana”, è stato il commento di mons. Sergio Nicolli direttore dell’ufficio CEI per la pastorale famigliare, che ha aggiunto: “Gli sposi in crisi, specie nei primi anni di nozze non vanno lasciati soli”. Per una riflessione sui dati emersi dal rapporto Eures, Fabio Colagrande ha intervistato il vescovo di Aosta, mons. Giuseppe Anfossi, presidente della Commissione Episcopale per la famiglia e la vita:

 

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R. – Preoccupante è che diminuisca il numero degli sposati in generale, cioè che il desiderio di uomini e donne di mettersi insieme per mettere al mondo dei figli subisca una caduta. Preoccupante è anche il fatto che si rischi che siano sempre più anziani coloro che si decidono per il matrimonio. Questo rimanda a qualcosa che ha a che fare con la perdita di fiducia nella vita, in se stessi ed anche nelle condizioni di politica familiare, che non sono certo favorevoli. Il punto su cui varrebbe la pena di porre l’attenzione è questo: che significato ha per un uomo e una donna sposarsi?

 

D. – La pastorale familiare cosa può fare? La Chiesa è pronta in qualche modo a fronteggiare questa situazione?

 

R. – Credo che stia tentando di rendersi capace di sostenere gli sposi nei primi anni del loro matrimonio. Tutte le diocesi si stanno interrogando sulla preparazione dei fidanzati al matrimonio, che dovrebbe essere fatta meglio. Bisogna lavorare di più con i giovani in coppia, mettendoli in condizioni di assumersi delle responsabilità riguardo al loro futuro. 

 

D. – A volte le giovani coppie di sposi in crisi vengono abbandonate, vengono lasciate sole?

 

R. – Sono, in realtà, lasciate sole ancor prima che entrano in crisi: non hanno l’aiuto per mantenere vivo il dialogo fra di loro, trovare dei tempi per fare degli incontri che possano servire ad entrambi per ritrovarsi, per parlarsi. I giovani sposi sembrerebbero molto aiutati dai rispettivi genitori per la soluzione dei problemi pratici, dalla casa all’organizzazione della gestione dei figli. In realtà la condizione dei giovani sposi oggi non è certo semplice.

 

D. – Mons. Anfossi, di fronte a questo panorama che sembra così negativo, ci sono segnali che lasciano ben sperare per il futuro?

 

R. – Il primo segnale è dato dalla qualità di molte coppie, di molte coppie giovani di oggi. Sono, infatti, molto più consapevoli che non le coppie che appartengono alla mia generazione del dono che hanno ricevuto e si mettono a disposizione anche di altre coppie, creando anche dei piccoli gruppi famiglia. Sono in grado, tra l’altro, di esprimere e di dare ragione della loro scelta sia come sposi nella linea della indissolubilità, sia come sposi cristiani nella linea della grazia che Dio fa loro della Parola di Dio che gioca in aiuto agli sposi. Questa consapevolezza è in crescita.

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IN CORSO IN KENYA IL CONVEGNO DEI SACERDOTI FIDEI DONUM ITALIANI IN AFRICA

- Intervista con don Sergio Marcasani -

 

Il convegno dei Fidei Donum italiani in Africa, apertosi lunedì, in Kenya, sul tema “Dalle feconde memorie alle coraggiose prospettive, è giunto al penultimo giorno di lavori e prima delle conclusioni finali  vede i convegnisti riuniti per le riflessioni di gruppo. Il padre Joseph Ballong, responsabile del programma francese Africa della nostra emittente, ha seguito i lavori e a don Sergio Marcasani, sacerdote Fidei Donum di Verona, ha chiesto che senso può avere per l’Italia mandare i sacerdoti Fidei Donum missionari nei vari Paesi del mondo

  

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R. – Mandare dei Fidei Donum è un investimento, proprio per le occasioni di riflusso di valori, di stile, che possiamo avere dalle comunità con le quali stiamo vivendo qui in Africa, anche nei confronti delle nostre comunità italiane, che hanno bisogno di essere rivitalizzante per alcuni aspetti. Abbiamo sottolineato, in particolare, la stretta collaborazione con i laici, perché è il battesimo che li abilita a determinati servizi, a determinati ministeri all’interno della Chiesa. Non è che devono essere impegnati per la scarsità del clero, ma possono essere valorizzati, proprio perchè il battesimo li abilita a questo. In questo senso abbiamo visto importante qui – e lo vedremo importante anche per l’Italia – la partecipazione laicale dalla a alla z: dallo studio dei preprogrammi, alla progettazione, alla ripartizione delle responsabilità particolari che ci sono nella conduzione dei progetti. Questo è uno degli aspetti. Un altro aspetto, che abbiamo ritenuto molto importante, è quello degli itinerari catecumenali, cioè delle esperienze di accostamento alla Parola, con la quale verificare la propria vita, che qui hanno segnato un passo decisivo verso la responsabilità dei battezzati nei confronti del Vangelo e nei confronti dell’annuncio del Vangelo a tutte le genti. Recuperare questo stile di itinerari catecumenali lo riterremmo non tanto stile di rievangelizzazione, ma stile di approfondimento dell’evangelizzazione ricevuta. Questi due punti principali sono un valore da far rifluire all’interno della Chiesa italiana, all’interno delle nostre comunità.

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CHIESA E SOCIETA’

9 novembre 2006

 

 

LA BENEDIZIONE DEL PAPA PER CHIARA LUBICH RICOVERATA DA UNA SETTIMANA

A ROMA AL POLICLINICO GEMELLI. MOVIMENTI E COMUNITA’ CATTOLICHE DI VARIE CHIESE UNITI NELLA PREGHIERA PER LA FONDATRICE DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI

- A cura di Carla Cotignoli -

 

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ROMA.= Benedetto XVI ha fatto pervenire la sua benedizione a Chiara Lubich, ricoverata da giovedì scorso al Policlinico Gemelli di Roma. Il Santo Padre era stato informato personalmente dello stato di salute della fondatrice del Movimento dei Focolari dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone. Il Santo Padre ha assicurato la sua preghiera e la sua vicinanza “umana e spirituale”. In questo momento le condizioni cliniche di Chiara, attualmente in cura nel reparto di rianimazione del Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” per una insufficienza respiratoria causata da un episodio infettivo polmonare, si stanno progressivamente stabilizzando. Si uniscono alla preghiera dei membri del Movimento nel mondo fondatori e responsabili di vari movimenti e comunità ecclesiali, come Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio e Kiko Arguello, iniziatore del Cammino neocatecumenale, ma anche rappresentanti di movimenti, comunità e gruppi evangelici e ortodossi. Sono i promotori dell’evento “Insieme per l’Europa”, giunti da vari Paesi europei, riuniti dai ieri al Centro internazionale dei Focolari a Castel Gandolfo per preparare una manifestazione che avrà luogo a maggio del prossimo anno a Stoccarda, in Germania. All’incontro di questi giorni avrebbe dovuto partecipare pure Chiara. L’ha rappresentata Eli Folonari, la sua più stretta collaboratrice, che ha evidenziato l’urgenza di testimoniare la comunione, innanzitutto tra movimenti e comunità cristiani, “nati da un dono dello Spirito per rispondere alle varie notti dell’Europa, perché nel continente brilli il Vangelo incarnato, oggi”.

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I VESCOVI MESSICANI PREOCCUPATI PER LA VIOLENTA IRRUZIONE DI UN GRUPPO

DI ESTREMISTI, DOMENICA SCORSA, NELLA CATTEDRALE DI CITTÀ DEL MESSICO, DURANTE LA MESSA. IN UN COMUNICATO L’INVITO DEI PRESULI

A RISPETTARE I LUOGHI DI CULTO

 

CITTÀ DEL MESSICO. = La Conferenza episcopale messicana ha espresso, in un comunicato, preoccupazione ed indignazione per i fatti di violenza verificatisi domenica scorsa nella cattedrale di Città del Messico, mentre l’arcivescovo, il cardinale Norberto Rivera Carrera, celebrava la Santa Messa. Il testo nomina specificamente gruppi estremisti, tra i quali membri della Assemblea popolare dei popoli di Oaxaca (APPO)”. “In una democrazia tutti abbiamo il diritto ad esprimere i nostri punti di vista differenti - si legge nel documento - ma parlare di tolleranza e inclusione, oltre ad accettare le opinioni differenti, significa rispettare le convinzioni altrui e, a maggior ragione, quando si annunciano in un luogo destinato all’incontro dei fedeli che hanno diritto a ricevere gli orientamenti dei loro legittimi pastori”. Il comunicato rammenta che il Messico è “un Paese ove la diversità culturale fa parte dell’idiosincrasia nazionale”, perciò, i presuli si rammaricano “di coloro che, con comportamenti intolleranti, hanno scelto la strada dell’imposizione delle proprie idee e dei propri criteri”. L’episcopato messicano ha lanciato anche un appello “ai responsabili delle diverse organizzazioni politiche e sociali affinché questi deplorevoli fatti di violenza non si ripetano, soprattutto nei luoghi destinati alla proclamazione della fede del popolo cattolico del Messico”. Ed indignazione e dolore hanno manifestato nello Stato di Oaxaca mons. José Luis Chavez Botello, arcivescovo di Antequera-Oaxaca, e mons. Oscar Campos Contreras, vescovo ausiliare, in seguito all’escalation di violenze verificatesi negli ultimi giorni nello Stato meridionale messicano. L’Oaxaca, da cinque mesi, è teatro di disordini cominciati con una protesta di insegnanti ai quali si sono poi unite 200 organizzazioni civili. Gravi incidenti si sono verificati il 27 ottobre, quando quattro persone sono morte negli scontri in seguito allo sciopero di 70 mila insegnanti. Il presidente Vicente Fox ha disposto in questi giorni lo spiegamento di 4.600 poliziotti. I vescovi ritengono che le forme di violenza che turbano lo Stato di Oaxaca stanno creando “un muro che ostacola il cammino verso una società più giusta e solidale”. I presuli hanno lanciato un appello a tutti i cittadini a collaborare per ristabilire l’ordine. “Chiudiamo le porte alla tentazione della vendetta. Nessuno potrà aiutare veramente a ricostruire la società con il cuore inquinato dall’egoismo o dall’odio”, si legge in un comunicato dei vescovi. I presuli esortano a facilitare la riapertura delle scuole e ad intensificare la preghiera, il digiuno e la carità, perché ciascuno possa disporre il proprio cuore per riconoscere che solo nell’unità, nella responsabilità sociale e nella pace, può esserci un futuro migliore”. (L.B. – T.C.)

 

 

FILIPPINE: ALLA GIORNATA DELLA GIOVENTÙ CHE SI STA SVOLGENDO A DAVAO,

10 MILA GIOVANI RIFLETTONO SULLA PAROLA COME GUIDA PER LA PROPRIA VITA

 

DAVAO. = Oltre 10 mila giovani sono riuniti da ieri a Davao, nelle Filippine, per la Giornata nazionale della gioventù. L’evento, informa l’agenzia AsiaNews, è stato organizzato dalla Commissione giovani della Conferenza episcopale filippina (CBCP) insieme all’arcidiocesi di Davao. Fino a domenica il tema sul quale i partecipanti rifletteranno e si confronteranno è “Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino”. L’incontro è articolato in momenti di preghiera, celebrazioni eucaristiche e conferenze. I vescovi hanno dato il via alla Giornata della gioventù nel 1986, per concretizzare la propria particolare attenzione all’apostolato per i giovani e i bambini. Dal 1987 al 1990 l’appuntamento annuale si è svolto a Manila. Dal 1991, invece la Giornata si è iniziata a celebrare in diverse diocesi del Paese. (T.C.)

 

 

“L’ACQUA TRA POTERE E POVERTÀ”: È IL RAPPORTO SULLO SVILUPPO UMANO 2006,

 PRESENTATO OGGI A ROMA, DAL QUALE EMERGE COME LA PRIVAZIONE DEL DIRITTO

 DI ACCEDERE ALL’ACQUA SIA UN DRAMMA CHE TOCCA PARTICOLARMENTE I POVERI

- A cura di Roberta Gisotti -

 

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ROMA. = Un lucchetto a forma di rubinetto: questa l’immagine simbolo del Rapporto, a significare che se 1 persona su 6 nel mondo non dispone di acqua potabile non è perché questa risorsa - l’acqua - scarseggi, ma perché oltre 1 miliardo di persone sono intrappolate in una spirale di povertà, disuguaglianza e fallimenti delle politiche governative, come denuncia l’UNDP, il Programma dell’ONU per lo sviluppo, che a partire da domani lancerà in tutto il Pianeta una Campagna internazionale intitolata “Allarme acqua”. “Le fonti d’acqua sicure ed i servizi igienico sanitari sono sempre stati due aspetti fondamentali dello sviluppo umano”, ha sottolineato Stefano Pettinato dell’UNDP, presentando il Rapporto che documenta la sistematica violazione del diritto all’acqua, tollerata da chi ha le risorse, la tecnologia e il potere politico di porvi fine. L’UNDP chiede che 20 litri di acqua al giorno per tutti siano considerati come un diritto umano a fermare la strage di 2 milioni di bambini, che ogni anno muoiono per carenze idriche ed igienico sanitarie. Da qui l’appello per un piano d’azione globale, che, al di là dell’acceso dibattito sulla privatizzazione o meno dell’acqua, sappia, da parte degli Stati, garantire a tutti il diritto a questo bene prezioso dell’intera umanità. Il Rapporto ricorda l’obiettivo fissato dall’ONU di dimezzare, entro il 2015, il numero di persone oggi private dell’acqua potabile. Servirebbero investimenti per 10 miliardi di dollari, che potrebbero fruttare benefici per 38 miliardi di dollari. Aiutare i più poveri, dunque, conviene a tutti.

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L’EFFETTO SERRA POTREBBE CAUSARE UN INNALZAMENTO DEL LIVELLO DEGLI OCEANI TALE DA FAR SCOMPARIRE ALCUNI PAESI: È L’ALLARME LANCIATO ALLA CONFERENZA ONU SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI CHE SI STA SVOLGENDO A NAIROBI, IN KENYA

- A cura di Andrea Cocco -

 

NAIROBI. = Crescono le pressioni sui governi per accelerare i tempi e ridurre drasticamente le emissioni di gas generate da industrie, traffico e consumo di petrolio. Ieri nella sede ONU di Nairobi è stato il turno della società civile. “Il tempo è oro – ha detto il delegato delle organizzazioni ambientaliste – e non possiamo permetterci ulteriori ritardi, perché se non agiamo ora il cambiamento climatico, molto probabilmente, si tradurrà in una catastrofe”. In queste ore il fulcro delle trattative riguarda gli impegni che i governi sono disposti a prendere nel lungo periodo. Secondo quanto previsto dal protocollo di Kyoto, le economie industrializzate devono ridurre del 5 per cento le emissioni entro il 2012. Ma non è che un primo piccolo passo verso l’adozione di obiettivi ben più sostanziosi per il futuro. E’ quanto richiesto dai Paesi insulari a rischio di essere sommersi per l’innalzamento del livello degli oceani. Tra i tanti appelli quello dell’Indonesia, che teme la scomparsa, di qui al 2070, di 2000 isole dai suoi mari e il conseguente sfollamento di 200 mila persone. “Le misure per rendere più eco-compatibili e convenienti i nostri sistemi economici ci sono tutte”, ha spiegato un funzionario del ministero dell’ambiente tedesco; investimenti massicci per le energie rinnovabili, riduzione del consumo di elettricità, miglioramento dei sistemi pubblici di trasporto nelle città. In Germania si prevede che le emissioni potrebbero essere ridotte dell’80 per cento entro il 2050. Ma a preoccupare oggi sono in particolare le economie a rapida crescita, potenze energivore come l’India o la Cina, che nel giro di dieci anni si calcola sarà il Paese più inquinante al mondo. Intanto, dal fondo dell’aula dove hanno luogo i negoziati ufficiali a Nairobi, si sono levate ieri anche le voci delle popolazioni indigene. “Ribadiamo i diritti sulle nostre terre e sulle nostre risorse”, ha detto Teobaldo Hernandez, del popolo panamense dei Kuna, che ha chiesto di considerare gli impatti del surriscaldamento del clima come violazioni dei diritti dell’uomo.

 

 

I BEATI DEGLI ANNI 2001-2004 NEL QUINTO VOLUME CHE CHIUDE

LA COLLANA SULLE BEATIFICAZIONI DEL PONTIFICATO DI GIOVANNI PAOLO II

 

ROMA. = È in libreria, pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana, il quinto ed ultimo volume della collana “I Beati di Giovanni Paolo II”. Si tratta di quei servi di Dio elevati agli onori degli altari tra il 2001 e il 2004. Il libro offre le biografie dei diversi Beati arricchite da informazioni, tabelle, indici. Corredato di fotografie, vecchie stampe e disegni, il testo, oltre ad essere un ricordo del lungo e fecondo Pontificato di Karol Wojtyla, è un utile e valido strumento per quanti vogliono conoscere quelle figure che la Chiesa addita come esempi. (T.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

9 novembre 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Ada Serra -

 

All’indomani della strage di Beit Hanoun, causata ieri da un bombardamento dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza e costata la vita a 18 persone, una grande folla ha accompagnato stamani i feretri delle vittime. Il nostro servizio:

 

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Decine di migliaia di persone hanno partecipato a Gaza ai funerali delle diciotto vittime della strage di ieri a Beit Hanun. Dalla folla si sono levate grida di dolore ma anche di rabbia e proclami di vendetta nei confronti di Israele per il massacro avvenuto ieri nel nord della Striscia di Gaza. La strage ha provocato indignazione in tutto il mondo ed il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha fissato per oggi una riunione incentrata sulla questione palestinese. Il Qatar ha predisposto una risoluzione in cui si condanna “il massacro” compiuto dagli israeliani e si chiede “un cessate il fuoco immediato” tra le parti. Nel timore di ritorsioni, le autorità israeliane hanno messo la polizia in stato di massima allerta. A Gerusalemme est gli agenti ha anche usato lacrimogeni per disperdere la folla che protestava contro il raid sferrato a Beit Hanun. Ieri, subito dopo la strage, Hamas aveva annunciato la rottura della tregua con Israele e minacciato nuovi attentati. Successivamente, anche l’ala militare dell’altra formazione palestinese, Fatah, aveva annunciato attacchi anti israeliani. Nella Striscia di Gaza, continuano intanto le incursioni dell’aviazione dello Stato ebraico: ieri sera, due militanti di Hamas sono stati uccisi da un missile sparato da un aereo israeliano contro la loro auto. Per uscire da questa crisi, è necessario secondo il consigliere politico del presidente palestinese, l’immediato invio di osservatori internazionali che prendano posizione lungo il confine fra Gaza e  Israele. Ma prima di tutto è fondamentale – fa notare Caritas Gerusalemme - fornire assistenza medica per far fronte all’emergenza sanitaria di Beit Hanun. Diverse organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno chiesto, infine, all’Alta corte di giustizia israeliana di estendere la fascia di sicurezza delle aree abitate da civili palestinesi.

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E’ iniziata oggi in Libano la terza tornata di colloqui tra forze politiche filosiriane e antisiriane per la formazione di un governo di unità nazionale. Dopo la crisi scoppiata tra Israele e milizie hezbollah, attualmente nel sud del Paese è dislocata la forza di pace internazionale, a guida francese, stabilita dalla risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Il Ministero degli esteri francese ha convocato, intanto, l’ambasciatore israeliano a Parigi per chiedere spiegazioni su quanto accaduto lo scorso 31 ottobre, quando caschi blu francesi sono stati sul punto di aprire il fuoco contro aerei militari israeliani che avevano puntato le loro postazioni nel sud del Libano.

 

In Afghanistan, è di almeno 37 morti il bilancio di una nuova ondata di scontri, nel sud del Paese, tra guerriglieri e soldati afghani appoggiati da truppe della NATO. Le vittime sono 34 miliziani e tre membri delle unità speciali della polizia afghana. Lo hanno reso noto fonti della polizia locale, aggiungendo che i combattimenti sono avvenuti in distretti delle province meridionali, dove avrebbero trovato rifugio gruppi di guerriglieri talebani.

 

Sono almeno 14 i morti causati da diversi attentati compiuti oggi a Baghdad: secondo fonti ospedaliere, altre 66 persone sono rimaste ferite in cinque diversi attacchi compiuti da ribelli. Dopo un breve periodo di calma dovuto al coprifuoco imposto nella capitale per la sentenza al processo a Saddam Hussein, Baghdad è stata scossa in questi giorni da una serie di attentati, che hanno causato complessivamente 29 morti.

 

Il referendum per l’indipendenza dell’Ossezia del Sud dalla Georgia contribuirebbe solo ad esacerbare il conflitto con lo Stato centrale: è quanto ha fatto sapere ieri il Dipartimento di Stato americano, a proposito della votazione referendaria prevista per domenica prossima. Gli Stati Uniti insistono, invece, sulla necessità di una pacifica soluzione delle controversie tra governo georgiano e separatisti.

 

Stato di massima allerta negli aeroporti indiani, in particolare quelli del sud, per il timore di possibili attentati da parte di Al Qaeda. Fonti governative hanno rivelato che sono stati trovati una lettera e un volantino nei quali si annunciano attacchi da parte dell’organizzazione terroristica. Nei principali scali dell’India sono quindi stati aumentati i controlli e attivate tutte le misure antiterrorismo.

 

La Commissione Europea prende tempo e dà alla Turchia fino a metà dicembre per risolvere l’intricata questione di Cipro. E’ quanto emerge dal “documento di strategia” sull’allargamento diffuso ieri a Bruxelles insieme con il rapporto sui progressi dei Paesi candidati all’ingresso nell’Unione Europea. Il servizio di Giovanni Del Re:

 

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Il rapporto della Commissione Europea sulla Turchia è davvero piuttosto negativo, con molte critiche e anche l’osservazione che le riforme sono rallentate. Così vi sono gravi carenze, secondo Bruxelles su moltissimi punti cruciali. I militari continuano a immischiarsi nelle questioni politiche interne, si legge nel rapporto. Vi è ancora limitazione alla libertà di espressione. Le minoranze religiose non musulmane, sempre secondo il rapporto, incontrano ancora ostacoli. Non basta: dure le critiche anche sul fronte della corruzione, non sufficientemente combattuta, secondo Bruxelles, e sulla mancanza di indipendenza dei magistrati. Restano casi di tortura e maltrattamenti. Infine, punto cruciale, si contesta il fatto che la Turchia si ostini a non aprire i porti alle navi greco-cipriote, come invece sarebbe tenuta a fare secondo il protocollo di Ankara. Insomma, un rapporto quanto meno problematico. Tuttavia, per ora, la Commissione ha rinunciato ad emettere una raccomandazione sul possibile congelamento dei negoziati in corso. “Abbiamo bisogno di una Turchia stabile, prospera e in pace con i vicini” ha detto il presidente della Commissione, Josè Manuel Barroso, “per questo – ha proseguito – abbiamo dato spazio alla diplomazia”. Tuttavia, un avvertimento c’è, Bruxelles lo mette nero su bianco: se nell’imminenza del Consiglio europeo di dicembre, non si sarà sbloccata la questione cipriota, la Commissione adotterà una raccomandazione adeguata in tal senso. Saranno poi i leader dei 25, al Vertice di dicembre, a decidere il da farsi sui negoziati.

 

Da Bruxelles, per la Radio Vaticana, Giovanni Del Re, AKI.

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Il presidente del Kirghizistan, Kurmanbek Bakiev, ha firmato la nuova Costituzione, risultato dell’accordo raggiunto tra le varie componenti della società. Si conclude così una settimana caratterizzata da proteste di piazza da parte dell’opposizione. La Costituzione prevede un ridimensionamento dei poteri del presidente a favore del Parlamento, chiamato adesso a nominare il nuovo governo.

 

In Bangladesh, due militanti islamici sono stati condannati a morte questa mattina da una Corte della capitale Dacca. I due imputati sono stati processati per aver ucciso un islamico convertito al cristianesimo, nel nord del Paese.

 

La pena di morte sia un’eccezione. E’ l’esortazione rivolta ai tribunali della Cina da parte del presidente della Corte suprema, Xiao Yang. “Nei casi in cui il giudice abbia legalmente un margine di discrezionalità - spiega il magistrato - deve sempre scegliere di non infliggere la condanna a morte”. Xiao Yang ha anche ammesso, tuttavia, che non ci sono ancora le condizioni “mature” per un’abolizione della pena capitale in Cina.

 

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha votato a favore di una risoluzione che chiede la fine dell’embargo economico imposto dagli Stati Uniti a Cuba 45 anni fa. E’ la quindicesima volta, a partire dal 1992, che l’Assemblea dell’ONU chiede di porre fine alle misure restrittive nei confronti del Paese caraibico. La risoluzione è stata proposta dal Sud Africa ed ha ottenuto 183 voti a favore, quattro contrari e un solo astenuto. I Paesi che hanno votato contro sono: Stati Uniti, Israele, Isole Palau e Isole Marshall.

 

Il governo sudanese si è detto pronto a intavolare trattative con i ribelli del Darfur del National Redemption Front per porre fine alle violenze. Il presidente del Sudan, Omar al Bashir, ha ribadito intanto che non accetterà la presenza di truppe delle Nazioni Unite nella martoriata regione sudanese.

 

 

 

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