RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L n. 67 - Testo della trasmissione di mercoledì 8 marzo 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Anche nella difficoltà dell’annuncio evangelico e nell’ora della prova la Chiesa ha sempre sulla sua barca la guida di Cristo risorto. Così il cardinale Marco nella terza giornata di esercizi spirituali in Vaticano alla presenza del Papa

 

La Libreria Editrice Vaticana pubblicherà nei prossimi giorni il testo del dialogo del Papa con il clero romano, il 2 marzo scorso. Tra i temi trattati, c’è l’appello per l’Africa dove – ha detto il Papa -  “gli abusi coloniali continuano”: ce ne parla il prof. Angelo Turco

 

Inizia domani a Bogotà il primo incontro dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità in America Latina: intervista con l’arcivescovo Stanislao Rylko

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Oggi, 8 marzo, si celebra la Giornata internazionale della donna: intervista con Luca Lo Presti

 

Iniziano oggi nella Chiesa romana di Santa Maria della Vittoria una serie di incontri dedicati ai Santi: interviste con Damiano La Manna e Teresa Gentiloni

 

CHIESA E SOCIETA’:

Più di 2000 fedeli della diocesi di Linfen, nella Cina continentale, hanno partecipato ai funerali del loro vescovo Giuseppe Sun Yuanmo, morto il 23 febbraio scorso all’età di 86 anni

 

Oggi la Chiesa ricorda la figura di San Giovanni di Dio, fondatore dei Fate Bene Fratelli

 

Le Conferenze episcopali del sud-est Europa chiedono un maggiore impegno per favorire l’integrazione dei migranti

 

Rischia di fallire l’impegno di ridurre la povertà nel mondo entro il 2015 di almeno la metà. A lanciare l’allarme il segretario generale della FAO, Jacques Diouf

 

A cinquant’anni dalla fondazione si incontrano oggi a Roma i “Volontari di Dio”, laici del Movimento dei Focolari

 

24 ORE NEL MONDO:

L’Unione Europea chiede all’Iran l’immediata sospensione dell’arricchimento dell’uranio. Ma Teheran minaccia di usare il petrolio come arma riducendo l’export del greggio

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

8 marzo 2006

 

 

ANCHE NELLA DIFFICOLTA’ DELL’ANNUNCIO EVANGELICO E NELL’ORA

DELLA PROVA LA CHIESA HA SEMPRE SULLA SUA BARCA LA GUIDA DI CRISTO RISORTO.

COSI’ IL CARDINALE MARCO CÉ NELLA TERZA GIORNATA

DI ESERCIZI SPIRITUALI IN VATICANO

 

Le difficoltà che comporta la predicazione del Vangelo e il coraggio della fede in Dio anche nelle prove che la Chiesa e i suoi ministri si trovino ad attraversare. Sono, nella sostanza, i temi che hanno orientato questa mattina le due meditazioni del cardinale Marco , da tre giorni impegnato nella predicazione degli esercizi spirituali della Quaresima al Papa e alla Curia Romana. Per una sintesi dei due interventi, il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Pregiudizi, malanimo, indifferenza. Per tre anni la predicazione di Gesù, pur nei ripetuti bagni di folla che spesso lo osannavano, ha dovuto farsi largo tra queste difficoltà. Dai suoi concittadini, per i quali non era altro che “il figlio del carpentiere”, agli scribi e farisei che chiedevano “segni” nonostante i miracoli, il Vangelo di Marco annota e “non tace per nulla che Gesù dopo un primo momento di entusiasmo e di successo in Galilea ha dovuto far fronte ad una diffidenza crescente con il distacco e l’allontanamento di parecchi, sempre più numerosi”. Così il cardinale Marco ha introdotto la prima riflessione della mattinata dedicata alle “tre parabole del seme”. “Più volte – ha detto il Patriarca emerito di Venezia - si coglie sulle labbra di Gesù il lamento per la fatica che incontra nel far capire il suo messaggio”. La scelta di parlare per parabole, ha osservato, risponde “proprio a questa situazione di crisi” e contiene un segno di ciò che la Chiesa è chiamata a fare con la nuova evangelizzazione:

 

“L’invito ad intraprendere con fiducia e coraggio l’impegno di una nuova evangelizzazione, credendo alla forza della Parola. Il nostro ministero è in qualche modo sacramento, è l’oggi del gesto di Gesù che esce a seminare la Parola, la nostra fatica. Gli stessi insuccessi sono partecipazione della sua fatica e della sua fedeltà al Padre anche nell’insuccesso, sicuri che nella Parola c’è una potenza che è al di là dei nostri sforzi, per cui essa cresce e porta frutto spontaneamente. Quindi, non lasciamoci turbare dalla piccolezza della nostra iniziativa. E’ da Dio la forza che supera l’abisso fra la nostra attività e l’efficacia soprannaturale del nostro ministero”.

 

Il cardinale ha preso singolarmente in esame le tre parabole: quella del seme che germoglia spontaneamente – simbolo della grazia di Dio che opera al di là dell’impegno umano – quindi la parabole del granellino di senapa che ancora una volta, ha spiegato il porporato, mostra nella “sproporzione tra gli inizi e l’esito” della predicazione la generosità dell’intervento divino. Infine, la parabola del seminatore nella quale i diversi terreni in cui cade il seme mostrano via via la “totale estraneità” alla Parola di Dio di alcune persone, o una Parola accolta debolmente, “per estetismo o convenzione sociale”, o ancora soffocata dalle preoccupazioni del quotidiano. C’è però anche il seme che cade e fiorisce nella terra buona, che racconta dell’iniziativa di Dio e insieme della perseveranza dell’uomo:

 

“Ricordiamoci che nel nostro ministero ha senso anche la croce della fatica, anche quella fisica del servitore del Vangelo, che spesso non ha orari. Ha senso anche il fallimento. Maria era convinta della sua piccolezza. Era solo la serva del Signore, ma Colui che è potente si è servito proprio di lei, del suo silenzio e della sua preghiera, per compiere nella storia degli uomini le cose più grandi”.

 

Il predicatore degli esercizi è quindi passato, nella seconda meditazione, alla spiegazione del miracolo della “tempesta sedata”, narrato nel Vangelo di Marco. Contro la paura umanamente comprensibile degli apostoli che stanno affondando spicca per contrasto la quasi esagerata riprovazione di Gesù. Ma ciò che il brano evangelico vuole metter in risalto, ha proseguito il cardinale , è il desiderio di Gesù per una fede che, nel cuore degli apostoli, resti salda anche nella tempesta:

 

“Questo episodio, per Marco e per noi, è anche una parabola della vita della Chiesa. Essa vive nella storia, è segnata anche della nostra debolezza, talora conosce la tempesta. Nel secolo appena chiuso la Chiesa è passata attraverso terribili tempeste e il secolo appena aperto è pure molto minaccioso. Nei momenti di fatica, la Chiesa deve soprattutto credere nel suo Signore, ma non si sta sotto la croce se non con la forza della grazia”.

 

Un’esperienza di fede pura, “nuda”, come l’ha definita il Patriarca emerito di Venezia, trovando accenti di grande partecipazione per tradurre in parole ciò che è, e dovrebbe essere, specialmente attraverso l’Eucaristia, l’esperienza quotidiana di ogni cristiano, a partire dai pastori:

 

“La fede è una consegna totale di noi stessi a Dio. Essa è dono. Mai noi amiamo Dio, come quando nella nuda fede crediamo, cioè ci consegniamo a Lui: Non vedo nulla, non sento nulla. Tu però l’hai detto. La Chiesa me lo insegna: io credo. Questo è il fondamento della nostra fiducia. Questa è tutta la nostra sicurezza”.

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LA LIBRERIA VATICANA PUBBLICHERA’ NEI PROSSIMI GIORNI il testo del dialogo

 del Papa con il clero romano, il 2 marzo scorso. TRA I TEMI TRATTATI,

C’è L’APPELLO PER L’AFRICA DOVE – HA DETTO IL PAPA –

“GLI ABUSI COLONIALI CONTINUANO

- Intervista con il prof. Angelo Turco -

 

La Libreria Editrice Vaticana pubblicherà nei prossimi giorni, nell’ambito della collana “Il Magistero di Benedetto XVI”, il testo del dialogo del Papa con il clero romano, che si è svolto in Vaticano il 2 marzo scorso. Nello stesso volumetto sono allegati i colloqui che il Papa ha avuto sempre con il clero romano il 13 maggio 2005 in San Giovanni in Laterano e con il clero della Valle d’Aosta, a Introd, il 25 luglio 2005. Dall’incontro più recente dei giorni scorsi si possono trarre diversi spunti di riflessione. Oggi scegliamo di soffermarci su quanto Benedetto XVI ha affermato in merito al continente africano. Il servizio è di Fausta Speranza:

 

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Il Papa ha verificato, incontrando recentemente molti vescovi africani in visita ad Limina, il loro “alto livello teologico e culturale” e la gioia della loro fede. Lo racconta, sottolineando che però purtroppo non si può dimenticare che la Chiesa in Africa “soffre perché le Nazioni ancora non si sono formate”. E il Papa ricorda che “il potere coloniale ha imposto frontiere nelle quali adesso devono formarsi le Nazioni” e che permangono situazioni di etnie dominanti. E il Papa è chiaro: “gli abusi coloniali continuano”. A questo proposito ascoltiamo la riflessione dell’africanista Angelo Turco, docente di geografia politica all’Università dell’Aquila:

 

R. – Il Papa ha mostrato grande sensibilità nel richiamare questo grande problema dell’Africa. Il colonialismo non solo ha lasciato eredità molto pesanti, che l’Africa naturalmente adesso si trova a gestire, riguardanti la politica, l’economia, la cultura, ma è ancora attivamente presente, in forme naturalmente che non sono più quelle del passato, nel continente africano. Sono varie forme di imperialismo, di neo-colonialismo o semplicemente di associazioni, di comitati d’affari che, in certi casi, rischiano di stravolgere completamente la vita normale delle popolazioni e degli Stati africani. Se vogliamo pensare a qualche cosa di molto concreto a questo riguardo, pensiamo alla vicenda del petrolio in Africa …

 

D. – Professore, il Papa dice proprio: “Abusi e conflitti non avrebbero assunto la forma che conosciamo se non ci fossero dietro gli interessi delle grandi potenze”. E’ una denuncia precisa …

 

R. – E’ una denuncia precisa e una denuncia quanto mai opportuna, specialmente in questa fase storica e in questo momento di ricomposizione degli interessi globalizzati, quando si vanno ridisegnando le strategie relative alle risorse dell’Africa, non soltanto le risorse economiche, ma anche quelle strategiche. Vecchi attori della presenza africana, come la Francia, come gli Stati Uniti, come la Gran Bretagna, quindi potenze occidentali, ex-coloniali e non, vanno ridisegnando la loro strategia perché in Africa si affacciano altri interessi ed altre potenze che in questo momento fanno sentire la loro “concorrenza” su tutti i piani, non soltanto sul piano economico. Basterà pensare, per tutte queste nuove potenze, alla Cina che attualmente svolge un ruolo molto, molto attivo in Africa.

 

D. – In definitiva, secondo lei, cosa fare per contrastare tutto ciò?

 

R. – Non ci sono ricette, tanto meno ricette unilaterali. Certo, una cosa importante da fare è mantenere desta l’attenzione sull’Africa. Non è possibile continuare a parlare di Africa soltanto quando ci sono le tragedie “dai mille morti in su”, o quando ci sono le carestie o quando ci sono le grandi epidemie. L’Africa vive una sua quotidianità, una sua normalità difficile e tanto più difficile in quanto ci sono interferenze internazionali che rendono le cose molto, molto, molto più dure. E allora, mantenere l’attenzione, i riflettori accesi su ciò che accade in Africa è un elemento essenziale per dare corpo ad una strategia di aiuto e di risoluzione dei problemi sulla scena africana.

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INIZIA DOMANI A BOGOTÀ IL PRIMO INCONTRO DEI MOVIMENTI ECCLESIALI

E DELLE NUOVE COMUNITA’ IN AMERICA LATINA

- Intervista con l’arcivescovo Stanislao Rylko -

 

Inizia domani a Bogotà, in Colombia,  il Primo Incontro dei Movimenti Ecclesiali e delle Nuove Comunità in America Latina. Organizzato dal Pontificio Consiglio per i Laici e dal Consiglio Episcopale Latinoamericano si svolge sul tema ‘Discepoli e Missionari  di Gesù Cristo oggi’. Vi partecipano i rappresentanti di circa 50 movimenti e comunità presenti in America Latina insieme a 40 vescovi. Di questo incontro ci parla il presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, l’arcivescovo Stanislao Rylko, al microfono di Giovanni Peduto:

 

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R. – Il Congresso si presenta come un importante avvenimento ecclesiale, soprattutto in vista della V Conferenza dell’episcopato latino-americano, prevista per il mese di maggio del 2007, a cui i movimenti vogliono dare il loro contributo fattivo. Infatti, il tema del Congresso coincide con quello della V Conferenza:Discepoli e missionari di Cristo oggi’. Durante questo Congresso vogliamo riflettere insieme su cosa voglia dire essere discepoli di Cristo in America Latina oggi. Per un cristiano vivere questo rapporto maestro-discepolo è fondamentale. E’ fondamentale per la sua identità. E’ fondamentale per la sua missione. Oggi ci sono tanti falsi maestri che illudono con le promesse di felicità a basso prezzo. Ecco, dunque, i movimenti ecclesiali e le nuove comunità come una risposta tempestiva dello Spirito Santo a questa grande sfida dei nostri giorni, come itinerari pedagogici di formazione dei cristiani adulti nella fede e come itinerari di scoperta di Cristo come unico Maestro e Signore.

 

D. – Eccellenza, qual è la realtà dei movimenti ecclesiali in America Latina?

 

R. – La presenza dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità in America Latina è molto forte. Oltre ai grandi movimenti internazionali come il Rinnovamento nello Spirito, Focolarini, Cammino Neocatecumenale, ci sono delle realtà nate proprio in America Latina, come ad esempio il Movimento di vita cristiana, nato in Perù, la comunità Shalom, nata in Brasile, tutte e due ormai di carattere internazionale. E’ un segno di forte vitalità missionaria della Chiesa latino-americana. Il Congresso sarà una buona occasione per un rendimento di grazie per i frutti preziosi di santità e di slancio missionario che i movimenti e le nuove comunità generano in quel grande continente.  

 

D. – Questi movimenti cosa possono dare specificatamente alla Chiesa latino-americana?

 

R. – I movimenti e le nuove comunità, come ci ha insegnato Giovanni Paolo II, e oggi ci insegna Benedetto XVI, portano nella Chiesa uno slancio missionario molto forte. Hanno una incredibile fantasia missionaria e il coraggio missionario. Offrono anche degli ambienti educativi di grande forza persuasiva in cui si formano veri discepoli di Cristo. Formazione e annuncio sono due grandi sfide che deve affrontare la Chiesa nei nostri giorni.

 

D. – Eccellenza, un argomento delicato è come armonizzare il carisma dei movimenti con l’istituzione per il bene di tutta la Chiesa …

 

R. – Papa Giovanni Paolo II ci ha insegnato che l’istituzione e il carisma non sono contrapposti, ma sono co-essenziali nella vita della Chiesa. Papa Benedetto XVI ha ribadito che il rapporto tra il carisma e l’istituzione non si risolve mediante una semplice dialettica dei principi, perché il carisma ha bisogno dell’istituzione per essere confermato, per durare nel tempo. Dall’altra parte l’istituzione ha bisogno del carisma per non perdere l’anima. Non c’è, dunque, una contrapposizione, ma una organica complementarità. Come armonizzare queste due dimensioni della Chiesa? Giovanni Paolo II ha indicato una strada maestra: che i movimenti sappiano inserirsi con umiltà, diceva il Papa, nel vivo tessuto delle Chiese locali, con lo spirito di servizio, di collaborazione, e che i pastori li sappiano accogliere con cordialità e accompagnarli con amore paterno.

 

D. – Eccellenza, in America Latina c’è purtroppo il fenomeno delle sette …

 

R. – Infatti, il fenomeno della diffusione delle sette costituisce una delle grandi sfide della Chiesa in America Latina. La forza delle sette sta nelle piccole comunità e in un calore umano molto forte che sanno generare. Ecco, dunque, i movimenti e le nuove comunità sono proprio risposta provvidenziale ad una tale sfida. Una volta il cardinale Ratzinger, futuro Papa, ha detto che i movimenti, grazie a quella rete di piccole comunità che creano, permettono ai fedeli di sentirsi nella Chiesa come a casa propria, senza formare però un ghetto chiuso, al contrario, coltivando un’apertura universale, fino ai confini della terra. Ecco, dunque, la risposta dei movimenti alla sfida delle sette: le piccole comunità.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l'India: strage nella città di Benares; 23 morti nel triplice attentato dinamitardo nella località meta del pellegrinaggio di molti hindu.

 

Servizio vaticano - Una pagina con le Lettere dei Vescovi italiani.

 

Servizio estero - Nucleare: il Presidente iraniano sfida anche l'"Aiea".

 

Servizio culturale - Un articolo di Fernando Salsano dal titolo "La fama nella Divina Commedia".

Una monografica dal titolo "Globalizzazione ed Educazione": il Messaggio della Pontificia Accademia delle Scienze e della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali".

 

Servizio italiano - In primo piano le elezioni: nuove polemiche sul confronto in tv; Prodi intende rinunciare.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

8 marzo 2006

 

 

OGGI, 8 MARZO, SI CELEBRA LA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA
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Intervista con Luca Lo Presti -

 

Oggi, 8 marzo, si celebra la Giornata internazionale della donna. “Il progresso per le donne è progresso per tutti”, ha affermato in questi giorni al Palazzo di Vetro di New York Marilyn Ann Martone, rappresentante della delegazione vaticana all’ONU. “Il grande processo di liberazione delle donne – ha detto – è stato difficile e complicato e, a volte, non privo di errori, ma è stato sostanzialmente positivo, anche se non è ancora finito, e tutte le persone di buona volontà si sforzano di far sì che le donne vengano riconosciute, rispettate ed apprezzate nella loro particolare dignità”. Da parte sua, il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan ha sottolineato la necessità che “le donne prendano parte ai processi decisionali in tutte le aree”. E oggi il presidente italiano Carlo Azeglio Ciampi ha detto che “il diritto alle pari opportunità tra donne e uomini è conclamato, ma è ancora ben lontano dall’essere tradotto in azioni concrete”.  Per promuovere il rispetto dei diritti e della dignità della donna, la Fondazione Pangea Onlus ha lanciato una campagna dal titolo “La vita riparte da una donna”. Ce ne parla Luca Lo Presti, presidente di Pangea, al microfono di Francesca Smacchia:

 

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R. – E’ una campagna che serve a far riflettere, a far ragionare le persone in tutto il mondo sul fatto che ancora, nonostante quanto si dica, malgrado 165 Stati abbiano ratificato la Convenzione per l’eliminazione di ogni discriminazione, ancora oggi nel mondo le donne sono decisamente discriminate. Un dato su tutti: quello che dice le Nazioni Unite, che ci sono più donne che muoiono per violenza che per cause naturali. Detto questo, la Fondazione Pangea decide di ricominciare da una donna e basandosi sull’esperienza che ha potuto realizzare in questi quattro anni di progetti che riguardano proprio le donne, decide che la donna, oltre ad essere tutelata, è il punto focale della rinascita e il punto centrale per far ripartire la vita.

 

D. – Qual è la differenza della condizione femminile nei vari Stati dove voi avete attivato dei progetti?

 

R. – La differenza è sottile. Malgrado gli Stati siano i più diversi dall’Asia all’Afri-ca, quasi sempre la condizione che noi possiamo osservare è quella della disconoscenza. Un paio di esempi: parlando di Afghanistan, a tutti vengono in mente le donne che spesso abbiamo potuto vedere purtroppo nei video dei telegiornali, dove la figura della donna addirittura è negata da un punto di vista fisico; ma ben più importante è la negazione della donna in quel Paese proprio per quello che riguarda la vita sociale. Possiamo osservare come  per esempio la donna in Nepal non venga addirittura neanche censita al momento della nascita, o come in India, il 50 per cento delle donne sia vittima di violenza fisica commessa da familiari o mariti.

 

D. – Quali sono i campi nei quali maggiormente vi attivate?

 

R. – Noi creiamo tutte quelle condizioni necessarie perché la donna riprenda fiducia in sé; ad esempio, la scolarizzazione di base, l’educazione sanitaria e poi, siccome tutto questo non deve rimanere pura teoria, noi applichiamo le regole del microcredito, dando un prestito ad una donna che magari prima era per bisogno prostituta, questa stessa donna può diventare un’impren-ditrice.

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INIZIANO OGGI NELLA CHIESA ROMANA DI SANTA MARIA DELLA VITTORIA

UNA SERIE DI INCONTRI DEDICATI AI SANTI

 

Da oggi a Roma “I ritratti di Santi”, una serie di incontri nella chiesa barocca di santa Maria della Vittoria in via Venti Settembre, dedicati alla lettura di altissime figure della Chiesa. Noti attori presteranno la loro voce a Maria, Madre di Dio, Teresa D’Avila e ai Servi di Dio: Giovanni Paolo II e Vladimir Ghika. Il servizio è di Paolo Ondarza:

 

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(musica)

        

La Santità, una vocazione per ogni uomo. E’ questa la riflessione suggerita da “I ritratti di Santi”, racconti suggestivi scaturiti dalla penna del teologo carmelitano padre Antonio Maria Sicari e offerti alla meditazione di tutti coloro che ogni mercoledì vorranno partecipare alle serate di Santa Maria della Vittoria a Roma. Gli attori Claudia Koll, Giulio Base, Vincenzo Bocciarelli e Valeria Fabrizi presteranno gratuitamente per l’occasione la voce a grandi figure di Santi e Servi di Dio: Maria, Teresa d’Avila, Giovanni Paolo II e il rumeno Vladimir Ghika. Padre Damiano La Manna, animatore del MEC, il Movimento ecclesiale carmelitano che ha promosso l’iniziativa:

 

“Questi incontri vogliono testimoniare attraverso il racconto della vita dei santi che la vita di un santo non è straordinaria, ma è straordinario quello che Dio comunica attraverso di loro. Come ha detto Benedetto XVI nella Deus caritas est, nei santi diventa ovvio: chi va verso Dio, non si allontana dagli uomini, ma si rende invece ad essi veramente vicino”.

 

La serie di incontri nella capitale parte con il ritratto, letto dall’attore Giulio Base, di una grande figura femminile della Chiesa, Teresa D’Avila, proprio nel giorno dell’8 marzo, festa della donna. Teresa Gentiloni, responsabile del MEC:

 

“Intanto, abbiamo scelto Teresa d’Avila perché oltretutto è stata la prima donna ad essere proclamata Dottore della Chiesa insieme a Caterina da Siena. Da sempre, l’Ordine carmelitano ha al suo interno delle donne molto importanti nella Chiesa: non solo Teresa d’Avila, abbiamo Teresina del Bambin Gesù, Edith Stein, che per noi è una forma di orgoglio …”.

 

A rendere ancora più suggestivo questo primo appuntamento sarà il riscontro visivo e scenografico dell’estasi di Santa Teresa, celebre gruppo marmoreo, capolavoro di Gian Lorenzo Bernini, conservato nella chiesa romana di Santa Maria della Vittoria.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

8 marzo 2006

 

 

L’ESTREMO SALUTO DI OLTRE 2000 FEDELI DELLA DIOCESI DI LINFEN, NELLA CINA CONTINENTALE ALLE ESEQUIE DEL LORO VESCOVO, GIUSEPPE SUN YUANMO.

INFATICABILE LAVORATORE, ESORTAVA SPESSO A PREGARE GESÙ EUCARISTIA

 

PECHINO. = Più di 2.000 fedeli della Cina continentale, sacerdoti della diocesi di Linfen, e tre vescovi delle diocesi limitrofe, nonostante la temperatura polare per un’abbondante nevicata, hanno preso parte ai funerali del 28 febbraio di mons. Giuseppe Sun Yuanmo, vescovo di Linfen morto il 23 febbraio. Le esequie sono state precedute da sei giorni di preghiera durante i quali in tanti hanno partecipato alla Messa vespertina. Il presule aveva 86 anni, era nato il 7 novembre del 1920 a Zhangyuan. Entrato nel seminario all’età di 15 anni, è stato ordinato sacerdote nel 1948. Dopo alcuni anni trascorsi all’università Fu Jen di Beijing, ha svolto il suo apostolato nella provincia del Guanxi, nel sud della Cina. Durante il difficile periodo della Rivoluzione culturale (1966-1976), era ritornato al paese natale dove, per rieducazione, è stato condannato, per 13 anni, ai lavori agricoli. In seguito, nella sua diocesi è stato rettore del seminario minore. Consacrato vescovo, è stato alla guida della diocesi, prima come ausiliare, poi, dal 1991, come ordinario. Un sacerdote, che lo ha assistito fino agli ultimi giorni della sua vita ricorda: “La sua gentilezza e spiritualità certamente hanno influito sulla mia vocazione. Ci incoraggiava sempre a pregare e a fare l’adorazione davanti al Santissimo Sacramento”. Altre persone che lo hanno conosciuto lo definiscono un accanito lavoratore, molto gentile, severo con se stesso ma generoso verso gli altri. La diocesi di Linfen (Hongdong) conta oggi 36 sacerdoti, 60 suore e 30.000 cattolici. (T.C.)

 

 

 

 

 

 

OGGI LA CHIESA RICORDA LA FIGURA DI SAN GIOVANNI DI DIO. FONDATORE DELL’ORDINE OSPEDALIERO OMONIMO, I  FATE BENE FRATELLI. HA INSEGNATO

AI SUOI RELIGIOSI A RISPETTARE LA DIGNITÀ DEL MALATO

- A cura di Tiziana Campisi -

 

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ROMA. = La Chiesa ricorda oggi San Giovanni di Dio, patrono degli infermi e ospedalieri e fondatore, 500 anni fa, dell’Ordine che porta il suo nome, più conosciuto come Fate Bene Fratelli. Stamattina una Messa è stata celebrata a Roma, all’isola Tiberina, dal Priore Generale dell’Ordine ospedaliero di san Giovanni di Dio frà Pascual Piles Ferrando. Nato l’8 marzo del 1495 a Montemor-o-Novo, in Portogallo, Giovanni ancora fanciullo scappa di casa e inizia una vita disordinata. Si ferma ad Oropesa, dove chi lo conobbe, ignorando il suo cognome, iniziò a chiamarlo Giovanni di Dio. Vive di espedienti, poi intraprende la carriera militare e dopo varie traversie raggiunge l’Africa. Tornato in Europa, si stabilisce a Granada. Qui comincia il suo cammino di conversione. Ricoverato in un ospedale, incontra la drammatica realtà dei malati, abbandonati a se stessi ed emarginati. Decide così di consacrare la sua vita al servizio degli infermi e nel 1539 fonda il suo primo ospedale grazie anche alle elemosine raccolte dicendo: “Fate bene, fratelli, a voi stessi”. Voleva in questo modo far capire che chi aiuta il prossimo fa anzitutto il proprio interesse spirituale. Muore all’età di 55 anni. Era l’8 marzo del 1550. L’attenzione al malato nel rispetto della sua dignità ed umanità è il principio ispiratore dell’opera di San Giovanni di Dio. Oggi, sulle orme del loro fondatore i Fate Bene Fratelli offrono cure e assistenza a malati e bisognosi impegnati in 300 opere sparse in 49 nazioni di tutto il mondo. Quaranta mila i collaboratori, tra religiosi, medici, infermieri e volontari, che assistono in media 35 mila pazienti, avvalendosi anche del sostegno di circa 300 mila benefattori. San Giovanni di Dio soleva dire ai suoi compagni: “Guardate a Dio tutti i giorni della vostra vita… non dormite una sola notte in peccato mortale… amate Gesù sopra tutte le cose del mondo… abbiate sempre carità, perché dove non c’è carità non c’è Dio”.

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I VESCOVI DEL SUD-EST EUROPA CHIEDONO UN MAGGIORE IMPEGNO PER FAVORIRE L’INTEGRAZIONE DEI MIGRANTI: ATTRAVERSO IL VANGELO È POSSIBILE CREARE

 LA FAMIGLIA DI DIO FRA POPOLI DIVERSI

 

CORFÙ. = Dare un volto umano al fenomeno delle migrazioni: è quanto si propongono i presidenti delle Conferenze episcopali di Albania, Bulgaria, Bosnia ed Erzegovina, Grecia, Romania e della Conferenza episcopale Santi Cirillo e Metodio di Serbia, Montenegro e Macedonia, che domenica scorsa, a Corfù, hanno concluso il loro sesto incontro. Per far fronte alla “sfida delle migrazioni” - questo il tema sul quale si sono confrontati i presuli – gli obiettivi che emergono nel documento finale dei vescovi sono: la priorità alla pastorale per i migranti, l’impegno per la  loro formazione e integrazione, la cura dei contatti tra Paesi d’origine e Paesi di accoglienza, la programmazione di un lavoro ecumenico e la collaborazione fra le diverse Chiese e comunità. In totale, nei cinque continenti, sono circa 190 milioni le persone che non vivono nel loro Paese d’origine. Nel sud-est Europa, e in particolare in Albania, Bulgaria e Romania, sono molte le persone che, in cerca di lavoro, hanno lasciato le loro città. La guerra nei Balcani poi, specie nella Bosnia Erzegovina, ha dato vita alla piaga dei profughi. Tra le conseguenze del fenomeno migratorio il traffico di donne e bambini e il commercio di organi. I membri delle conferenze episcopali hanno sottolineato però che le migrazioni spingono ad una nuova scoperta della universalità della Chiesa e che la capacità del Vangelo di creare la famiglia di Dio fra popoli diversi è la vera risposta alle domande della globalizzazione. (T.C.)

 

 

 

 

RISCHIA DI FALLIRE L’IMPEGNO DELLE NAZIONI CHE SI SONO PROPOSTE DI RIDURRE

LA POVERTÀ NEL MONDO ENTRO IL 2015 DI ALMENO LA METÀ. A LANCIARE L’ALLARME

IL SEGRETARIO GENERALE DELLA FAO, JACQUES DIOUF, NEL CORSO DELLA CONFERENZA INTERNAZIONALE SULLA RIFORMA AGRARIA E LO SVILUPPO RURALE A PORTO ALEGRE

- A cura di Maurizio Salvi -

 

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PORTO ALEGRE. = I partecipanti alla Conferenza hanno ascoltato in silenzio parole pesanti come pietre dal segretario generale della FAO, il senegalese Jacques Diouf, secondo cui c’è un forte rischio che il cammino intrapreso nel 1996, per cercare di ridurre la fame nel mondo, si traduca in un grande fallimento. Sinteticamente, Diouf ha pronosticato che all’orizzonte 2015 – anno entro il quale le nazioni del mondo si sono impegnate a ridurre la povertà alla metà, la fascia dell’indigenza si sarà addirittura arricchita di 100 milioni di persone. Se non si prenderanno le opportune misure per correggere ciò che non va – ha assicurato – l’obiettivo del 2015 dovrà essere definitivamente archiviato e sostituito con un lontanissimo anno 2150. A Porto Alegre è stato anche diffuso un rapporto denominato “Politiche e pratiche per garantire e migliorare l’accesso alla terra”. Nel documento la FAO avverte che la globalizzazione ha creato una forte pressione sulle fasce più povere impegnate nell’agricoltura nei Paesi in via di sviluppo, che rischiano di perdere la proprietà della terra e quindi ogni risorsa diretta di sostegno alimentare e finanziario. Diouf ha sottolineato, in particolare, che sono crollati gli investimenti nell’agricoltura familiare che dà sostegno al 75 per cento dei poveri del mondo e che in generale, tra il 1990 e il 2000, l’aiuto dei Paesi ricchi allo sviluppo si è ridotto del 50 per cento.

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A CINQUANT’ANNI DALLA FONDAZIONE SI INCONTRANO OGGI A ROMA

I “VOLONTARI DI DIO”, LAICI DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI IMPEGNATI

NELLA COSTRUZIONE DI UNA NUOVA UMANITÀ FONDATA SULLA FRATERNITÀ

 

ROMA. = “Da Roma a Budapest. In viaggio verso la fraternità universale”. E’il titolo dell’evento artistico-culturale che si terrà oggi, alle 18, a Roma, nella sala della Protomoteca in Campidoglio, primo momento delle celebrazioni per i 50 anni dalla nascita dei “Volontari di Dio”, uno dei rami in cui si articola il Movimento dei Focolari. Nel 1956, di fronte all’invasione dell’Ungheria, Papa Pio XII lanciava al mondo un accorato appello: “Dio! Questo nome, fonte del diritto, di ogni giustizia, di ogni libertà, risuoni nei Parlamenti, sulle piazze, nelle abitazioni e nelle officine…”. In risposta a questo appello, su ispirazione di Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, sorgeva il desiderio di dare inizio ad un’altra invasione con una determinazione analoga ma di segno contrario: quello di  portare una rivoluzione d’amore nella vita di ogni giorno, nella famiglia, nei luoghi di lavoro e di impegno culturale, sociale e politico. Da allora si è diffuso in tutto il mondo un movimento di laici, uomini e donne di tutte le età, nazionalità e condizioni sociali che scelgono liberamente di seguire Dio per costruire una nuova umanità fondata sulla fraternità. Sono appunto i “Volontari di Dio”, oggi in circa 24 mila. Dei 50 anni di storia fin qui vissuta dai volontari e in particolare della loro presenza e azione nella città di Roma, si parlerà nell’incontro in Campidoglio di stasera in vista del grande appuntamento internazionale promosso dal 14 al 16 settembre prossimo proprio a Budapest, dove sono attese circa 10 mila persone coinvolte nella stessa straordinaria avventura. (A. M.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

8 marzo 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

L’Unione Europea chiede un’immediata sospensione del processo di arricchimento dell’uranio mentre l’Iran minaccia di utilizzare “l’arma” del petrolio. Sono le contrastanti posizioni emerse durante l’odierna riunione dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica sul programma nucleare di Teheran. Il nostro servizio:

 

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L’Iran deve fermare completamente l’arricchimento di uranio e cooperare pienamente con le ispezioni, se vuole evitare pressioni da parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. E’ la richiesta rivolta dall’Unione Europea all’Iran durante la riunione di questa mattina, a Vienna, dei governatori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) sul dossier iraniano. Subito dopo, il delegato iraniano ha parlato di possibili ritorsioni contro gli Stati Uniti se il suo Paese sarà deferito al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il rappresentante iraniano, che comunque considera aperte le porte dei negoziati, ha spiegato che l’Iran, quarto produttore al mondo di petrolio, potrebbe decidere di tagliare le esportazioni di greggio. Alle minacce iraniane si contrappongono, poi, i moniti dell’ambasciatore statunitense presso l’AIEA: il diplomatico americano ha avvertito che lo Stato iraniano ha a disposizione una quantità d’uranio utile per costruire 10 bombe atomiche. Ma la posizione dell’Iran, che conferma gli scopi pacifici del suo programma, appare irremovibile. La Repubblica islamica – ha ribadito il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad - non si piegherà alla forza, proseguirà nelle attività di ricerca e continuerà su questa strada fino alla fine. A rendere ancora più difficili le trattative è stato anche il mancato accordo sul compromesso russo. Incontrando ieri a Washington il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, ha detto che il governo di Mosca non ha lanciato nuove proposte agli iraniani sull’arricchimento dell’uranio.

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In Iraq, almeno 4 civili sono rimasti uccisi per l’esplosione di un ordigno vicino ad una scuola di Falluja. A Baghdad, la deflagrazione di una bomba contro il convoglio del ministro dell’Interno, non presente al momento dell’attacco, ha provocato poi la morte di almeno una persona. Sempre nella capitale, le forze di sicurezza hanno trovato, ieri sera, almeno 18 corpi senza vita all’interno di un minibus. La polizia non ha rivelato l’identità delle vittime, trovate con mani legate e occhi bendati, probabilmente per non alimentare ulteriori rappresaglie tra sciiti e sunniti. Il vice ministro iracheno della Giustizia ha reso noto, intanto, che oltre mille persone detenute nelle prigioni gestite dalle forze multinazionali, verranno rilasciate entro marzo.

 

Il presidente palestinese Mahmoud Abbas, detto Abu Mazen, incontrerà oggi il premier designato Ismail Haneya, esponente di Hamas, per discutere sulla formazione del nuovo governo. A darne notizia sono state fonti ufficiali palestinesi, precisando che l’incontro si svolgerà nella sede dell’Autorità nazionale palestinese (ANP) a Gaza.

 

È tornata la calma nella città santa indiana di Varanasi, dove ieri almeno 23 persone sono rimaste uccise per una serie di attentati che hanno colpito prima un tempio indù affollato da centinaia di fedeli, poi la locale stazione ferroviaria. Dopo le esplosioni, tutto il Paese è stato posto in stato di massima allerta per il timore di nuove tensioni tra induisti e musulmani. La serie di attacchi è stata condannata, con un documento, dai vescovi indiani. Il servizio di Roberto Piermarini:

 

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“Un ignobile crimine contro l'umanità”. Con queste parole i presuli condannano gli attentati che “hanno ucciso e ferito persone innocenti”. Di fronte a questi atti, la Conferenza episcopale indiana chiede alle autorità di New Delhi di adottare severe misure contro chi ha commesso queste violenze per interessi di parte, in modo che siano ripristinate legge e ordine al più presto e venga mantenuta un’atmosfera di pace e sicurezza in tutto il Paese. “Rifiutiamo ogni forma di violenza per risolvere i conflitti”, ha affermato padre Joseph Babu, portavoce dei vescovi indiani, in un’intervista rilasciata all’agenzia “Asianews”. “La violenza – ha spiegato padre Babu - ha l’unico effetto di indebolire il delicato equilibrio tra le comunità della nostra società, in particolare nelle zone più sensibili del Paese”. “Per questo – ha osservato – nessuno sforzo deve rimanere intentato al fine di arginare le tendenze alla divisione e alla violenza, affinché la popolazione possa vivere senza paura e incertezza”. Secondo padre Nitilal, parroco di Varanasi, le bombe potrebbero addirittura mettere in crisi la convivenza delle diverse comunità religiose.

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La Camera degli Stati Uniti ha definitivamente approvato la nuova e definitiva versione del Patriot Act, il pacchetto di leggi antiterrorismo varato dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre. I “sì” sono stati 280 e i “no” 138.

 

In Australia, la Camera Alta del Parlamento della regione di Sydney è la prima istituzione ad abolire il giuramento di fedeltà alla corona britannica. A pochi giorni dalla visita ufficiale di Elisabetta II, è stato approvato il disegno di legge che sostituisce la tradizionale formula con cui parlamentari e ministri giuravano obbedienza alla regina e ai suoi successori. Critici i conservatori, che considerano il gesto una mancanza di rispetto proprio alla vigilia della prossima visita di Elisabetta in Australia.

 

Tutti trepidiamo per la sorte del piccolo Tommaso. Rivalersi su un piccolo innocente, è la crudeltà peggiore che ci possa essere. Lo ha detto la moglie del presidente della Repubblica italiana, Franca Ciampi, riferendosi al caso di Tommaso Onofri, il bimbo di 17 mesi rapito giovedì scorso nei pressi di Parma. Su questa vicenda, gli inquirenti hanno chiesto un periodo di silenzio stampa. Oltre ad aderire a questa richiesta, che riguarda le indagini e le attività della polizia, ci uniamo anche ai numerosi appelli per il rilascio del bimbo. A questi appelli, tra i quali quello rivolto ieri dal Papa per la “liberazione immediata e senza condizioni del piccolo Tommaso”, si aggiunge il parroco della chiesa di Sant’Andrea in Antoniano, a Parma, che chiede ai sequestratori di pentirsi e di restituire il bimbo all’affetto dei suoi genitori. Ascoltiamo, al microfono di Antonella Palermo, proprio il sacerdote, don Giacomo Spini:

 

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R. – Tutti siamo sgomenti, siamo turbati di fronte a questa tragedia. Tutti condannano il rapimento. Oltre a questa condanna, scaturisce una preghiera, che viene innalzata in modo costante e continuo, con fiducia, a Dio. La preghiera che mi sembra forse più significativa è quella che un bambino, coetaneo del fratello di 8 anni di Tommaso, ha rivolto domenica scorsa. La preghiera è stata rivolta nella comunità parrocchiale di Sant’Andrea, dove Tommaso è stato battezzato il 2 aprile dello scorso anno. Diceva così: “Pentitevi e non indurite i vostri cuori”. Che queste parole arrivino ai rapitori, perché restituiscano presto il piccolo Tommaso ai genitori.

 

D. – Un’esortazione assolutamente evangelica. Tra l’altro fatta in un tempo forte, come questo quaresimale, che invita proprio da un lato al perdono e dall’altra alla conversione del cuore…

 

R. – Proprio nella liturgia di uno dei giorni scorsi si era proposto come brano del Vangelo il testo di Matteo, laddove Gesù ci dice: “Ogni volta che avete fatto queste cose ad uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Il male che è stato compiuto è già immane. Che ci possa essere un ripensamento. L’auspicio è che questo ripensamento possa dare spazio a comportamenti umani, alla pietà verso un piccolo innocente. Credo che questo sia anche l’augurio di tutti. 

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Dal dramma del sequestro di Tommaso alla storia, fortunatamente a lieto fine, di un altro piccolo nello Sri Lanka: la polizia ha reso noto che un ragazzino di 15 anni, arruolato con la forza dai guerriglieri Tamil, è riuscito a fuggire da una base dei ribelli. Dopo essere scappato da un campo di addestramento, il bambino soldato ha poi raccontato agli agenti la sua terribile esperienza e quella di altri ragazzi, costretti a combattere per i ribelli.

 

In Cina, una bambina di nove anni è morta a causa dell’influenza aviaria. Salgono così a dieci le vittime nel Paese. Lo ha reso noto l’agenzia Nuova Cina citando il ministero della Sanità di Pechino. In Albania è stato accertato, inoltre, il primo caso di influenza aviaria in un pollo. In Germania, intanto, altri due gatti, trovati morti in un’isola nel mar Baltico, sono risultati positivi al virus H5N1. Il ministro dell’Agricoltura tedesco ha dichiarato che esiste un “pericolo potenziale” per gli essere umani, aggiungendo però che non c'è motivo di cedere al panico.

 

In Ecuador, il presidente Alfredo Palacio ha proclamato lo stato d’emergenza in tre province del Paese in seguito ad una lunga serie di scioperi indetti da circa 4.000 lavoratori dalla società Petroecuador. I dimostranti chiedono un contratto di lavoro a tempo pieno. Lo stato di emergenza limita alcuni diritti costituzionali come la libertà di associazione.  La produzione della Petroecuador è calata del 34 per cento, circa 132.000 barili in meno al giorno, da quando è iniziata la protesta.

 

 

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