RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 25
- Testo della trasmissione di mercoledì
25 gennaio 2006
IL PAPA E
“Dio è Amore”:
pubblicata la prima Enciclica di Benedetto XVI. Abbiamo creduto “all’amore
appassionato di Dio” per l’uomo, scrive il Papa. Stamane la presentazione nella Sala Stampa
vaticana
OGGI IN PRIMO PIANO:
Palestinesi
oggi alle urne: alta
finora l’affluenza. Ce ne parla Janiki Cingoli
CHIESA E SOCIETA’:
Al via da oggi pomeriggio, a Davos, il 36.mo Forum
economico mondiale
Un giornalista verso gli altari: presentata ieri
a Roma la biografia di Manuel Lozano
Concluso a Lima, in Perù, il Congresso internazionale
sul Concilio Vaticano II
“Sì” dei ribelli Tamil
ad un nuovo negoziato per la pace in Sri Lanka
25
gennaio 2006
“DEUS CARITAS EST”, "DIO È AMORE":
PUBBLICATA
LA PRIMA ENCICLICA DI BENEDETTO XVI.
ABBIAMO
CREDUTO ALL'AMORE APPASSIONATO DI DIO PER L'UOMO, SCRIVE IL PAPA.
STAMANE
LA PRESENTAZIONE NELLA SALA STAMPA VATICANA
“Dio è Amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio
dimora in Lui”. Con queste parole, tratte dalla Lettera di San Giovanni, inizia
la prima Enciclica di Benedetto XVI “Deus Caritas est”, pubblicata oggi e
firmata nella solennità del Natale, il 25 dicembre dell’anno scorso. Stamane la
presentazione nella Sala Stampa vaticana. Ma ascoltiamo la sintesi
dell’Enciclica in questo servizio di Sergio Centofanti.
**********
Benedetto XVI spiega lui stesso lo scopo della sua prima
Enciclica. Mostrare all’umanità la novità sconvolgente dell’amore di Dio, la
sua passione per l’uomo, “centro della fede cristiana”. Dio “ama personalmente”
la sua creatura – scrive il Papa: “si commuove … freme di compassione”, è amore
che non abbandona mai anche quando è tradito, “è amore che perdona” ed “è talmente
grande da rivolgere Dio contro se stesso, il suo amore contro la giustizia”. È
“il mistero della Croce: Dio ama tanto l’uomo che facendosi uomo Egli stesso lo
segue fin nella morte e in questo modo riconcilia giustizia e amore”. Noi abbiamo creduto “all’amore appassionato
di Dio” – scrive il Papa. E questo vuol
dire che “all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una
grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla
vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”. Ma ascoltiamo quanto
ha detto lo stesso Benedetto XVI lunedì scorso illustrando l’Enciclica ai partecipanti al convegno di Cor Unum sulla
Carità:
“La fede non è una
teoria che si può far propria o anche accantonare. È una cosa molto concreta: è
il criterio che decide del nostro stile di vita. In un'epoca nella quale
l'ostilità e l'avidità sono diventate superpotenze, un'epoca nella quale
assistiamo all'abuso della religione fino all'apoteosi dell'odio, la sola
razionalità neutra non è in grado di proteggerci. Abbiamo bisogno del Dio
vivente, che ci ha amati fino alla morte”.
Dunque al centro c’è l’amore, parola spesso abusata – nota
il Pontefice – che fa la distinzione tra eros,
amore “mondano”, fondamentalmente amore fra l’uomo e la donna, e agape, amore fondato sulla fede. Ma l’agape non è contro l’eros – sottolinea il Papa – non è contro
la corporeità: anzi queste due dimensioni vanno armonizzate. Ascoltiamo ancora
le parole del Papa:
“Volevo mostrare
l'umanità della fede, di cui fa parte l'eros – il ‘sì’ dell'uomo alla sua corporeità
creata da Dio, un ‘sì’ che nel matrimonio indissolubile tra uomo e donna trova
la sua forma radicata nella creazione. E lì avviene anche che l'eros si
trasforma in agape – che l'amore per l'altro non cerca più se stesso, ma
diventa preoccupazione per l'altro, disposizione al sacrificio per lui e
apertura anche al dono di una nuova vita umana”.
D’altra parte l’uomo “non può sempre soltanto donare, deve
anche ricevere”: deve attingere “sempre di nuovo” a quella sorgente da cui sgorgano fiumi di acqua viva,
cioè “Gesù Cristo, dal cui cuore trafitto scaturisce l’amore di Dio”. “La vera
novità del Nuovo Testamento – scrive Benedetto XVI – non sta in nuove idee ma
nella figura stessa di Cristo che dà carne e sangue ai concetti – un realismo
inaudito”. “In Gesù Cristo, Dio stesso insegue la pecorella smarrita, l’umanità
sofferente e perduta”. E nell’Eucaristia siamo attirati nell’amore di Gesù che
diventa amore per il prossimo. “L’unione con Cristo infatti è allo stesso tempo
unione con tutti gli altri ai quali Egli si dona. Io non posso avere Cristo
solo per me – afferma il Pontefice – posso appartenergli solo in unione con
tutti quelli che sono diventati o diventeranno suoi”. “Così chiunque ha bisogno
di me e io posso aiutarlo quello è il mio prossimo”. E il giudizio finale –
ricorda il Papa – verterà proprio sull’amore: Gesù si identifica con gli
affamati, gli assetati, i forestieri, i nudi, i malati, i carcerati. In questi
piccoli “incontriamo Gesù stesso e in Gesù incontriamo Dio”.
Ma il comandamento dell’amore – prosegue il Papa –
riguarda non solo i singoli cristiani ma anche i cristiani come comunità: cioè
la carità è parte integrante della missione
della Chiesa, così come la celebrazione dei Sacramenti e l’annuncio della
Parola. La Chiesa volge così il suo amore in modo concreto verso tutti gli
uomini che sono sofferenti e nel bisogno. Un’azione umanitaria che non va
confusa con una pura forma di assistenza sociale e che deve essere “indipendente
da partiti e ideologie”. Ascoltiamo Benedetto XVI:
“Lo spettacolo
dell'uomo sofferente tocca il nostro cuore. Ma l'impegno caritativo ha un senso
che va ben oltre la semplice filantropia. È Dio stesso che ci spinge nel nostro
intimo ad alleviare la miseria. Così, in definitiva, è Lui stesso che noi portiamo
nel mondo sofferente. Quanto più consapevolmente e chiaramente lo portiamo come
dono, tanto più efficacemente il nostro amore cambierà il mondo e risveglierà
la speranza – una speranza che va al di là della morte”.
L’attività caritativa deve essere spinta dall’amore di
Cristo e va nutrita con la preghiera costante in un contatto vivo con Dio: “E’
venuto il momento – scrive il Papa – di riaffermare l’importanza della
preghiera di fronte all’attivi-smo e all’incombente secolarismo di molti
cristiani impegnati nel lavoro caritativo”.
L’Enciclica si conclude con una invocazione alla Vergine
Maria, modello di “quell’amore puro che non cerca se stesso ma semplicemente
vuole il bene” secondo i pensieri di Dio. “A Lei – ha detto il Papa – affidiamo
la Chiesa, la sua missione a servizio dell’amore”. A lei chiediamo di
insegnarci a conoscere e ad amare Gesù perché possiamo “diventare capaci di
vero amore ed essere sorgenti di acqua viva in mezzo a un mondo assetato”.
**********
Stamane,
dunque, nella Sala Stampa della Santa Sede, ha avuto luogo la conferenza stampa
di presentazione della prima Enciclica di Benedetto XVI. Alla presentazione
della Deus Caritas est sono intervenuti il cardinale Renato Raffaele
Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace,
l’arcivescovo William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la
Dottrina della Fede, e l’arcivescovo Paul Josef Cordes, presidente del
Pontificio Consiglio “Cor Unum”. L’evento è stato seguito per noi da Alessandro
Gisotti:
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“Una profonda e illuminante riflessione sull’amore
cristiano”: il cardinale Martino ha definito così la prima Enciclica di
Benedetto XVI. Enciclica che si può “indubbiamente” definire programmatica, nel
senso più alto del termine, perché, ha avvertito il porporato, con la Deus
Caritas est, il Papa invita tutti ad “andare al centro della fede
cristiana”. D’altro canto, il presidente di “Giustizia e Pace”, ha sottolineato
che si tratta di un’Enciclica “pervasa, soprattutto nella prima parte, da un grande
afflato spirituale, che, di fronte al rischio di un attivismo sociale e
caritativo senza anima, richiama tutti alla coltivazione delle ragioni e
motivazioni spirituali dell’essere Chiesa e dell’essere cristiani, che danno
senso e valore al fare e all’agire”.
Benedetto XVI, ha detto ancora, richiama spesso la
dottrina sociale della Chiesa, specie oggi che il sogno marxista è “svanito”,
ma la globalizzazione pone nuove sfide all’umanità. Il Papa radica “la dottrina
sociale nella fede e nella sua azione purificatrice della ragione”. Un
passaggio fondamentale dell’Enciclica, ha aggiunto, è laddove afferma che
“compito della Chiesa con la sua dottrina sociale, nella costruzione di un
giusto ordine sociale” sta nel “risvegliare le forze spirituali e morali”. E
qui, il cardinale Martino ha ripreso l’esortazione ai cristiani contenuta nella
Deus Caritas est:
“Come cittadini dello Stato, essi sono
chiamati a partecipare in prima persona alla vita pubblica. Non possono
pertanto abdicare alla molteplice e svariata azione economica, sociale,
legislativa, amministrativa e culturale, destinata a promuovere organicamente e
istituzionalmente il bene comune”.
La carità, è stata dunque la riflessione del cardinale
Martino, “deve animare l’intera esistenza dei fedeli laici e quindi anche la
loro attività politica, vissuta come carità sociale”. Il Papa, ha
proseguito il presidente di “Giustizia e Pace”, sollecita perciò una
“spiritualità che rifiuta sia lo spiritualismo intimista sia l’attivismo
sociale e sappia esprimersi in una sintesi vitale che conferisca unità,
significato e speranza dell’esistenza”. Il cardinale ha concluso il suo
intervento citando la parte dell’Enciclica dove si parla del rapporto tra caritas
e società:
“L’amore - caritas - sarà sempre necessario, anche nella società più
giusta. Non c'è nessun ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo
il servizio dell’amore ¼ Lo Stato che vuole provvedere a tutto, che assorbe tutto in sé, diventa
in definitiva un’istanza burocratica che non può assicurare l’essenziale di cui
l’uomo sofferente - ogni uomo - ha bisogno: l’amorevole dedizione personale”.
Dal canto suo, l’arcivescovo Levada ha ribadito che la Deus
Caritas est è un testo forte che “vuole opporsi all’uso sbagliato del nome
di Dio e all’ambiguità della nozione di “amore” che è così evidente nel mondo
odierno”. Il Santo Padre, ha aggiunto il prefetto della Congregazione per la
Dottrina della Fede, “vuole dimostrare come i due concetti non si oppongano, ma
si armonizzino tra di loro per offrire una concezione realista dell’amore
umano, un amore che corrisponde alla totalità – corpo e anima – dell’essere
umano”. Amore di Dio e amore del prossimo, ha sottolineato il presule, sono
“inseparabili e si condizionano reciprocamente. Sono un unico comandamento”. Ma
l’amore del prossimo, ha evidenziato, “è un compito non solo per ogni fedele”,
ma anche per la “comunità dei credenti, cioè per la Chiesa”. Mons. Levada ha
così provato a riassumere quale sia il dono che il Papa offre al mondo con
questa Enciclica:
“L’Enciclica ci offre una visione dell’amore per il
prossimo e del compito ecclesiale di operare la carità come compimento del
comandamento dell’amore, che trova le sue radici nell’essenza stessa di Dio, che
è Amore. L’Enciclica invita la Chiesa ad un rinnovato impegno nel servizio
della carità (diakonia), come parte essenziale della sua esistenza e missione”.
L’ultimo intervento è stato
riservato all’arcivescovo Cordes, presidente di “Cor Unum”, che ha sottolineato
l’importanza di questa Enciclica per il dicastero da lui presieduto. Il presule
ha rivelato inoltre che Giovanni Paolo II aveva intenzione di scrivere
un’Enciclica sulla carità, “ma non poté portarla a termine”. Mons. Cordes ha
sottolineato che Deus Caritas est è in assoluto la prima Enciclica sulla
carità. Benedetto XVI, ha spiegato, “ci avverte di badare allo spirito che ci
guida nel dare le nostre risposte ai sofferenti. E’ convinto che la fede ha
delle conseguenze sulla persona stessa che agisce e quindi anche sul modo e
l’intensità della sua azione di aiuto”:
“Oggi molti sono pronti ad aiutare
chi soffre – e lo registriamo con gratitudine e soddisfazione; ma ciò può
insinuare presso i fedeli l’idea che la carità non rientra in maniera essenziale
nella missione ecclesiale”.
L’esercizio della carità, ha
ribadito, fa invece “parte integrante dell’eredità del Salvatore”. Le agenzie
ecclesiali non possono identificarsi con le ONG, deve perciò evitarsi il rischio
di secolarismo in questo campo. Il presidente di “Cor Unum” si è così
soffermato su quella parte della Deus Caritas est, nella quale Benedetto XVI
critica il marxismo. Il Papa respinge espressamente la teoria marxista della
miseria e la definisce una “filosofia disumanizzante”.
“Il documento esprime – e non solo
una volta - che la fede dà una dinamica singolare all’impegno per l’altro.
Quando ad esempio mi muovo a dare una mano al mio vicino, solo per un buon
sentimento: cosa succede quando il mio prossimo mi ripugna, come posso
resistere senza la grazia di Dio?”
Infine, rammentando come Benedetto
XVI citi Madre Teresa nell’Enciclica, quale esempio di dinamismo nella carità,
ha affermato che questo conferma la volontà del Papa di esprimere “un messaggio
di grande attualità” con la Deus Caritas est. E proprio nell’Enciclica si legge
che “i santi sono i veri portatori di luce all’interno della storia perché sono
uomini e donne di fede, di speranza e di amo
re”. Da ultimo, una nota tecnica
sull’Enciclica: il direttore della Sala Stampa vaticana, Navarro-Valls ha
dichiarato che la Deus Caritas est è stata “cominciata a Castel Gandolfo
l'estate scorsa, dopo le vacanze del Papa in Valle d'Aosta”. Dal canto suo,
mons. Levada ha detto che l’Enciclica è stata firmata il 25 dicembre scorso, a
cui è seguito un mese necessario per le traduzioni.
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GLI UOMINI E LE NAZIONI POSSONO CAMBIARE IL MONDO
CON LA
GIUSTIZIA E LA PACE DI DIO, CHE NASCONO DAL COMANDAMENTO
DELLA
CARITA’: L’ESORTAZIONE DI BENEDETTO XVI
ALL’UDIENZA
GENERALE IN AULA PAOLO VI
Il tema
della carità, sviluppato da Benedetto XVI nella sua prima Enciclica, è riecheggiato
anche nell’udienza generale che il Papa ha tenuto questa mattina in Aula Paolo
VI, davanti a circa 7.500 persone. Un’udienza dedicata al Salmo 143, con un
pensiero alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che termina
oggi. I particolari della catechesi del Papa nel servizio di Alessandro De Carolis:
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(Canto salmo)
Per radicare nel mondo la pace e la giustizia, gli uomini
ma anche chi li governa devono scegliere Dio che di quei valori è il Signore.
Nel giorno in cui i credenti e non solo si accingono a conoscere nei dettagli
la prima Enciclica di Benedetto XVI, il Papa stesso – ispirato dalla catechesi
dell’udienza generale sul Salmo 143 – ha ribadito la forte valenza sociale che
la carità tradotta in azioni porta con sé:
“Tutti insieme
possiamo attuare questo progetto di armonia e di pace, cessando l’azione
distruttrice dell’odio, della violenza, della guerra. Bisogna, però, fare una
scelta schierandosi dalla parte del Dio dell’amore e della giustizia”.
Un messaggio chiaro, universale nella sua applicazione,
che si contrappone a quella che nel Salmo viene chiamata “la voce del male”,
nella quale – ha spiegato Benedetto XVI - vibrano la menzogna e le falsità dei “malvagi”, ovvero gli
“oppressori del popolo di Dio e della sua fede”:
“Ma a questo aspetto
negativo subentra, con uno spazio ben maggiore, la dimensione positiva, quella
del nuovo mondo gioioso che sta per affermarsi. È questo il vero shalom, ossia
la ‘pace’ messianica, un orizzonte luminoso che è articolato in una successione
di quadretti di vita sociale: essi possono diventare anche per noi un auspicio
per la nascita di una società più giusta”.
Dei “quadretti di vita sociale”, ha affermato il Pontefice
traducendo la simbologia del Salmo, fanno parte le famiglie aperte al dono dei
figli, “speranza del futuro”. Fanno parte anche i frutti e gli animali al
pascolo e dunque la vita economica vissuta alla luce di Dio, che dona “benessere”,
“prosperità” e soprattutto la “pace” agli uomini e alle loro città. Città non
più devastate – e qui l’immagine antica del Salmo diventa icona di drammi attualissimi
– dal “gemito dei disperati, dei feriti, delle vittime, degli orfani, triste
retaggio delle guerre”. Un mondo trasformato dalla carità di Dio e dalla
fedeltà dell’uomo alle “leggi” della carità - i Dieci comandamenti - sui quali
Benedetto XVI si è soffermato a braccio alla fine della catechesi, commentando
un pensiero di Sant’Agostino:
“La carità
è la pienezza della legge che vive i comandamenti come dimensione della unica
carità: canta realmente il canto nuovo. La carità che ci unisce ai sentimenti
di Cristo è il vero canto nuovo dell’uomo nuovo, idoneo a creare anche un mondo
nuovo. E così questo Salmo ci invita a cantare sull’‘arpa a dieci corde’ con un
nuovo coro. Cantare con i sentimenti di Cristo, vivere i dieci comandamenti a
dimensione dell’amore e così contribuire al mondo della pace e dell’armonia”.
All’inizio dell’udienza, il Papa aveva ricordato anche la
conclusione odierna della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
Preghiera, ha osservato, che “contribuisce in modo sostanziale a rendere più
sincero e ricco di frutti il comune impegno ecumenico delle Chiese e comunità
ecclesiali”. Prima di congedarsi dagli oltre settemila fedeli dell’Aula Paolo
VI, Benedetto XVI ha voluto rivolgere, tra gli altri, un saluto particolare ad
un gruppo di allevatori “Margari” di Cuneo, incoraggiati a perseverare nel loro
“lavoro a contatto con la natura, che – ha detto - può facilitare l’incontro
con il Creatore”. E un incoraggiamento il Papa lo ha indirizzato anche agli
arbitri di calcio della Serie D italiana, invitati a coltivare “un’adeguata
formazione umana e spirituale”, per essere sempre più “persone mature e responsabili”.
(applausi)
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OGGI
POMERIGGIO, I VESPRI PRESIEDUTI DA BENEDETTO XVI A SAN PAOLO
FUORI
LE MURA, A CONCLUSIONE DELLA “SETTIMANA
DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI”
- Ai
nostri microfoni, l’abate Edmund Power -
Benedetto
XVI si recherà, oggi pomeriggio, nella Basilica di S. Paolo fuori le Mura per
presiedere i secondi Vespri della Solennità della Conversione di San Paolo
Apostolo, a conclusione della “Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani”.
La comunità monastica benedettina di San Paolo fuori le Mura e l’arciprete,
mons. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo accoglieranno il Papa al termine di
una intensa settimana dedicata alla preghiera per l’unità con celebrazioni
ecumeniche nella Basilica dove riposa l’Apostolo delle Genti. La nostra
emittente trasmetterà la radiocronaca diretta della celebrazione con commento
in italiano a partire dalle 17.20 sull’onda media di 585 Khz e in modulazione
di frequenza di 105 Mhz. Marco Cardinali ha parlato della celebrazione col
padre abate benedettino Edmund Power, a cui ha chiesto quali sono, oltre la
preghiera, le basi per la costruzione dell’unità:
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R. – La
preghiera è senz’altro un passo essenziale, ma c’è anche la condivisione, cioè
l’amicizia. Questa è pure una cosa importante, perché l’unità non è soltanto
attività formale una volta all’anno, una settimana di preghiera organizzata, e
poi si continua con la solita vita, così come prima. Dobbiamo veramente
condividere la nostra vita e ci sono tanti modi: per esempio, c’è il servizio
ai poveri, alla gente che non conosce Cristo. La sfida è molto grande e non
possiamo essere soddisfatti solo con la preghiera, benché la preghiera sia
molto importante.
D. – Talvolta si guarda a
quelle cose che sono difficili da superare, dunque, a tutto ciò che ci divide.
Ma ci sono tante cose che ci uniscono. Lei adesso ha detto già due cose importantissime:
il servizio ai poveri, dunque un lavoro di solidarietà, e far conoscere il volto
di Cristo a chi non lo conosce, l’evangelizzazione. Si può partire, quindi, da
questi punti per poi approfondire il dialogo…
R. – Sì, dobbiamo cercare dei
modi concreti per mostrare il volto di Cristo al mondo. La prima cosa è
conoscere il volto di Cristo dentro di noi. Ovviamente, non soltanto i cattolici
conoscono il volto di Dio, anche altri seguono il Cristo. Dobbiamo, poi,
insieme mostrare che conoscere Cristo in realtà è lo scopo della vita, perché
conoscere Cristo è il modo di vivere la gioia, la gioia che è un dono di Dio.
E’ questa gioia che vogliamo condividere con coloro che non conoscono il
Signore. Se non lo facciamo insieme, non possiamo farlo in modo efficace.
D. – E’ molto bello e anche
molto significativo che il Papa venga qui. Cosa vi attendete come comunità per questa
prima volta che Papa Benedetto XVI celebra questi Vespri solennemente?
R. – La visita del Papa è
sempre un grande onore per tutti quelli della Basilica, non solo i monaci, ma
anche i fedeli che vengono in Basilica per la liturgia e per pregare. Ma è importante
che se Paolo è l’Apostolo delle Genti, l’apostolo in un certo modo molto
coinvolto nel processo dell’unità, si vede che il Papa, il vescovo di Roma, ha
un’importanza in questo processo di unità, perché noi cattolici crediamo che
lui sia il punto visibile dell’unità della Chiesa. Ma non lo pensano soltanto i
cattolici. Rimango sempre colpito dal fatto che tanti altri cristiani vedono la
necessità, l’importanza di un punto concreto di unità. E ovviamente la persona
per fare questo è il Papa, il Successore di Pietro, il vescovo di Roma, per la
sua posizione tradizionale nel mondo cristiano. Il fatto che lui, proprio lui,
venga in questa Basilica dedicata all’ecumenismo, nell’ultimo giorno che è il
culmine della settimana di preghiera, sottolinea fortissimamente l’importanza
di questa unità.
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NOMINA
Il Santo Padre ha nominato oggi vicario apostolico di
Isiolo in Kenya mons. Anthony Ireri Mukobo, vescovo titolare di Rusgunie,
finora ausiliare dell’arcidio-cesi di Nairobi. Mons. Mukobo sostituisce
nell’incarico mons. Luigi Locati, rimasto ucciso a seguito di un agguato di sei
uomini armati, il 14 luglio scorso, nelle vicinanze della sua residenza, per
ragioni rimaste ignote. Il presule italiano, che aveva 77 anni ed aveva già rassegnato le dimissioni, era stato in
precedenza oggetto di altre due aggressioni, ed era in attesa di essere
sostituito nell’incarico alla guida di Isiolo
IL PAPA INVIA UNA DELEGAZIONE UFFICIALE VATICANA A
PRISTINA
PER I FUNERALI DEL PRESIDENTE KOSOVARO, RUGOVA
- A cura di Alessandro De Carolis -
Sarà l’arcivescovo Pier Luigi Celata,
segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, a guidare la
delegazione della Santa Sede che domani prenderà parte ai funerali di Ibrahim
Rugova, il presidente del Kosovo deceduto sabato scorso. La decisione di
Benedetto XVI di inviare una rappresentanza pontificia a Pristina segue il
telegramma di cordoglio, nel quale il Papa ha definito lo statista scomparso un
uomo dalle “solide virtù civili”.
Dopo la solenne cerimonia delle esequie, Rugova verrà sepolto
nella “tomba dei martiri” a Velanija, un sobborgo di Pristina, dove sono stati
inumati alcuni esponenti dell'esercito dei ribelli UCK, caduti durante la
guerra civile alla fine degli Anni Novanta. La notizia è stata diffusa dalle
autorità kosovare.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina – “Deus Caritas
est”: Lettera Enciclica di Benedetto XVI ai vescovi, ai presbiteri, ai diaconi,
alle persone consacrate e a tutti i fedeli laici sull’amore cristiano.
Allegato al giornale la
versione italiana del Documento.
Servizio vaticano - Una pagina
dedicata alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
Servizio estero - Nucleare:
l’Iran manifesta la disponibilità ad arricchire l’uranio in Russia.
Servizio culturale - Un
articolo di Armando Rigobello sul “Dio dei mistici”.
Servizio italiano - Elezioni.
Fine legislatura: verso l’accordo.
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25 gennaio 2006
PALESTINESI OGGI ALLE URNE: ALTA L’AFFLUENZA
-
Intervista con Janiki Cingoli -
Aperti i seggi a Gaza, in Cisgiordania e a Gerusalemme Est
dove oggi oltre un milione di persone sono chiamate al voto
per il rinnovo dell’Assemblea legislativa palestinese. Si prevede un testa a
testa fra il partito del presidente Abu Mazen, “Al Fatah”, e il movimento
integralista “Hamas”. I primi risultati saranno resi noti questa sera. Sulle elezioni
palestinesi, che si sono aperte senza incidenti, ascoltiamo da Hebron il
servizio di Andrea Cocco:
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Questa
mattina i seggi sono stati aperti alle 7.00 in punto, ma sin dall’alba le principali
città della Striscia di Gaza e della Cisgiordania erano in movimento. Matite,
urne e schede elettorali sono arrivate all’ultimo, trasportate da Ramallah su
camion scortati dalla polizia. Poi è stata la volta dei commissari elettorali,
degli osservatori internazionali, dei delegati di partito. Nonostante il
periodo di campagna elettorale, che è ufficialmente scaduto, decine di
militanti all’entrata di ogni seggio distribuiscono ancora materiale propagandistico.
Nella Striscia di Gaza la polizia è intervenuta sequestrando volantini con le indicazioni
di voto. “Sono elezioni troppo importanti per permettersi di trascurare i dettagli”,
mi spiega un militante di Al Fatah. Stando agli ultimi sondaggi, ci si aspetta
una partecipazione altissima, oltre il 70 per cento. Ma girando per le strade,
si incontrano tante persone che hanno deciso di non andare a votare.
“Siamo asfissiati dalla presenza militare
israeliana e i politici non possono fare nulla per noi”, dice un commerciante
della città vecchia di Hebron. “Perché dovrei dargli il mio voto?”. Proprio da
Israele è giunto ieri il commento del premier ad interim Ehud Olmert, che ha
manifestato il suo augurio per la creazione di un moderno Stato palestinese,
lontano dagli estremismi. “Sollecitiamo il governo di Tel Aviv ad abbandonare
la strategia delle decisioni unilaterali”, è stata la risposta di Saeb Erekat,
negoziatore palestinese. Ma per qualsiasi pronostico sull’andamento del
processo di pace bisognerà attendere i risultati del voto e le sue conseguenze
politiche.
Da Hebron, per la Radio Vaticana, Andrea Cocco.
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A queste elezioni sono legati,
dunque, non solo il futuro e le speranze della società palestinese ma, soprattutto,
i negoziati per il processo di pace. E’ quanto sostiene, al microfono di Eliana
Astorri, anche il direttore del centro italiano per la
pace in Medio Oriente, Janiki Cingoli:
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R. – E’ chiaro che l’esito delle elezioni influirà sugli
sviluppi del processo negoziale. Una forte affermazione di Hamas è un fatto
positivo perché se è vero che non sancisce la rinuncia alla lotta armata da
parte del movimento radicale, tuttavia costituisce un’opzione più decisamente
politica. Comunque, le posizioni saranno più intransigenti e questo renderà più
difficile il processo di pace con Israele. Devo dire che, complessivamente,
Israele ha avuto un atteggiamento realistico, permettendo la partecipazione al
voto a Gerusalemme Est. Ci sono diversi settori all’interno della società
israeliana che considerano l’allargamento del fronte palestinese di interlocuzione
il mezzo per trattative più credibili.
L’alternativa al negoziato è la continuazione di ritiri unilaterali, da
parte di Israele. Un piano che il premier ad interim Olmert sembra voler proseguire.
D. – Ma non è strano che proprio sotto le elezioni, Hamas
si moderi tanto da manifestare l’intenzione, addirittura, di negoziare con
Israele? Ricordiamo che nel suo statuto figura, come obiettivo, la distruzione
dello Stato ebraico…
R. – C’è un
dibattito tra i militanti di Hamas, che vivono nei Territori, e gli estremisti
di Hamas che vivono all’estero. Questi ultimi sostengono posizioni più dure e
intransigenti. Tuttavia, è sicuramente importante questa componente che tende a
prendere in esame la possibilità di trattare sulla base dei confini tracciati
nel ‘67. Il problema è sempre se questo atteggiamento possa diventare una tappa
intermedia in vista del progetto della “grande Palestina” o se, invece, possa
essere definitivo. Altra questione cruciale è: cos’è oggi Al Fatah? Il partito
fondato da Arafat è oggi in profonda crisi. E’ stato il partito più largamente
rappresentativo del movimento nazionale palestinese in questi decenni. Ma è
finito per diventare un partito-Stato, perdendo larga parte dei propri contatti
sociali. Quindi, è un processo complesso e Hamas è un elemento di questo
processo di ricomposizione della società palestinese. In una situazione come
questa, può essere forte dentro Israele la tentazione di considerare il
processo palestinese non compiuto e di voler proseguire con una politica di
ritiro unilaterale, mantenendo avamposti strategici in Cisgiordania.
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25 gennaio 2004
AL VIA
DA OGGI POMERIGGIO, A DAVOS, IL 36.MO FORUM ECONOMICO MONDIALE.
LEADER
DELLE POLITICA E DEL MONDO AFFARISTICO SI CONFRONTERANNO
FINO A
DOMENICA INTORNO AL TEMA “L’IMPERATIVO CREATIVO”
PER
AFFRONTRARE LE GRANDI SFIDE CHE SONO DI FRONTE ALL’UMANITA’
- A
cura di Roberta Gisotti -
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DAVOS. = Davos torna accogliere la leadership del mondo
politico ed economico. Ad inaugurare i lavori nel pomeriggio sarà il
cancelliere tedesco Merkel e subito parlerà il presidente della Confederazione
elvetica Leuenberger. Sono 2340 i partecipanti di 89 Paesi, oltre la metà
esponenti del mondo affaristico, 735 presidenti o amministratori di multinazionali,
un record per il Forum. Fra i grandi nomi, il presidente della Banca mondiale,
Wolfowitz, il presidente della Banca centrale europea, Trichet, e il
proprietario di Microsoft Gates. Sul fronte politico, attesi 15 capi di Stato o
di governo e 60 ministri. Fra i leader, la neopresidente liberiana
Johnson-Sirleaf, il presidente pachistano Musharraf e quello afghano Karzai, i
premier iracheno Jaafari, libanese Siniora, turco Erdogan e polacco Marcinkiewicz,
il segretario generale dell’ONU Annan, e dagli Stati Uniti il segretario di Stato,
Rice, e l’ex presidente Clinton. Ospiti del Forum anche 23 leader religiosi, 13
leader sindacali ed oltre 30 responsabili di organizzazioni non governative.
Per cinque giorni, si dibatterà a Davos intorno al tema “L’imperativo
creativo”, necessario ai leader mondiali per far fronte alle grandi sfide del
futuro. Tra queste, in primo piano la crisi energetica mondiale, con le
difficoltà di approvvigionamento, e l’aumento dei prezzi del greggio. Poi
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SI E’
APERTO UFFICIALMENTE, CON UNA GRANDE MARCIA NEL CENTRO DI CARACAS,
SOTTO
LO SLOGAN “UN ALTRO MONDO E’ POSSIBILE”,
IL VI
FORUM SOCIALE MONDIALE, OSPITATO IN VENEZUELA FINO AL 29 GENNAIO
- A
cura di Maurizio Salvi -
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CARACAS.
= Grazie alla presenza di Sidney Shean, la battagliera madre statunitense che
ha perso un figlio in Iraq ed ha fatto della fine della guerra la sua unica
missione, la sesta edizione del Forum sociale mondiale è entrata nel vivo con
una marcia antimilitarista che ha attraversato il centro di Caracas. Fedeli
allo slogan “Un altro mondo è possibile”, lanciato a Porto Alegre nel 2001 e
riproposto anche qui in Venezuela, molte decine di giovani e non hanno gridato
slogan contro tutte le guerre ed in particolare contro quella intrapresa da Washington in territorio iracheno. E ad
essi si è rivolta la Shean,
ricordando che suo “figlio Casey, come molti altri soldati morti in Iraq, era
un giovane bravo ed onorato. Combattere una guerra per il petrolio – ha
aggiunto – non è una cosa nobile. Dobbiamo fermarla – ha proseguito fra gli
applausi – dobbiamo riportare subito i nostri figli a casa, e quando avremo
ottenuto questo, dobbiamo fare in modo che qualcuno – e qui ha pronunciato
chiaramente il nome dello stesso Bush - si assuma le responsabilità per tutte
le morti avvenute in Iraq”. Oggi il Forum entra nel vivo, avviando le prime fra
le duemila iniziative previste dal programma e che ad un certo punto porteranno
i partecipanti ad interrogarsi sul significato per il Movimento dei molteplici
cambiamenti in corso in America Latina.
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UN
GIORNALISTA VERSO GLI ALTARI:
PRESENTATA
IERI A ROMA LA BIOGRAFIA DI MANUEL LOZANO
- A
cura di padre Ignacio Arregui -
ROMA . = Manuel Lozano Garrido, detto “Lolo”, si è
incamminato sulla strada che porta agli altari. E’ un cammino lungo, difficile,
e la conferma è venuta dalla presentazione, ieri a Roma, presso la sede della
Stampa estera, dell’edizione in italiano di un libro contenente la biografia e
l’opera del giornalista “Lolo”, morto a Linares, sua città d’origine, nel 1971.
Proprio nel giorno della festa di San Francesco di Sales, patrono dei
giornalisti, si è parlato della vita eroica di Manuel Lozano, giornalista,
scrittore e apostolo laico. Tra i presenti all’incontro, mons. John Foley,
presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, il quale ha
espresso la sua ammirazione di fronte alla personalità di “Lolo”, affermando
che “è stato un giornalista impegnato e di gran talento, che ha vissuto un
periodo difficile e che si è dimostrato eroico nella sua costante fedeltà alla
verità, conformemente alle sue convinzioni”. “Nell’ultima metà della sua vita –
ha continuato il presule – ha sofferto di una paralisi progressiva ed alla fine
è diventato cieco. Eppure è rimasto sempre allegro e sereno”. “Personalmente –
ha concluso mons. Foley – non ho dubbi che debba essere considerato un santo”.
Antonio Pelayo, presidente dell’Associazione della Stampa estera in Italia, ha
affermato che Lolo è stato prima di tutto un grande professionista del
giornalismo, esigente con se stesso, senza mai pretendere un trattamento particolare
per le sue limitazioni fisiche. Ha ricordato che è stato un uomo di dialogo,
capace di richiamare attorno a sé persone appartenenti ai più vari ambienti
politici e sociali in un periodo critico della storia recente della Spagna.
Pelayo ha poi aggiunto che la classe giornalistica conta pochi modelli e Lolo
potrebbe colmare questa lacuna. Manuel Lozano nacque a Linares nel 1920. Mentre
prestava servizio militare a Madrid, cominciarono a manifestarsi i sintomi di
una malattia incurabile che lo porterà ad una totale invalidità. Aveva circa 22
anni. Giovane di profonda fede cristiana e apostolo laico, trascorse 28 anni
della sua vita su una sedia a rotelle. Ha lavorato come giornalista, ha scritto
libri e ha svolto un’intensa attività di apostolato come membro dell’Azione
cattolica. Don Rafael Higueras Alamo, decano della cattedrale di Jaen, autore
del libro presentato a Roma e postulatore della Causa di beatificazione di
Lolo, ha dichiarato: “Gli sono stato accanto per sette anni. Quando è morto
pesava 27 chili. Non si è mai lamentato della sua infermità”. Il sacerdote ha
aggiunto che ora la Commissione teologica inizia lo studio dei suoi scritti,
nella speranza di poter dimostrare l’autenticità di un miracolo attribuito
all’interces-sione del grande giornalista.
LA
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA HA STANZIATO 1 MILIONE DI EURO
DAI
FONDI DELL’OTTO PER MILLE PER LE POPOLAZIONI DEL CORNO D’AFRICA,
DURAMENTE
COLPITE DA SICCITA’ E CARESTIA
ROMA. = Attraverso il Comitato per gli interventi
caritativi a favore del Terzo Mondo, la presidenza della Conferenza episcopale
italiana, a nome di tutta la Chiesa italiana, ha stanziato 1 milione di euro
dai fondi derivanti dall’otto per mille, per aiutare i Paesi del Corno d’Africa
colpiti dalla siccità. Lunedì, il presidente della CEI, cardinale Camillo
Ruini, nella prolusione al Consiglio episcopale permanente aveva espresso forti
preoccupazioni, parlando di “una catastrofe umanitaria che richiede con urgenza
massicci aiuti alimentari”. Il contributo della Chiesa italiana si inserisce
nell’insieme di interventi che da anni viene destinato a quest’area geografica.
Come da prassi, la CEI sta prendendo contatto con le Nunziature dei Paesi
colpiti, “affinché – si legge in una nota diffusa ieri – segnalino le località
precise dove i vescovi del luogo, direttamente o attraverso organismi
caritativi da anni operanti sul territorio, potranno attivarsi per alleviare i
disagi della popolazione”. La siccità e la carestia, lo ricordiamo, stanno
devastando da mesi soprattutto le mandrie delle popolazioni nomadi dei Paesi
dell’Africa sud-orientale, che proprio dalla pastorizia traggono la maggiore
fonte di sussistenza. Oltre alla mancanza di pascoli e alla sempre maggiore
scarsità d’acqua, si teme anche il diffondersi di malattie come malaria, meningite
e morbillo che, unite alla debolezza fisica causata dalla scarsa alimentazione,
rischiano di avere un impatto ancora più devastante. (R.M.)
LE CONCLUSIONI A LIMA DEL
CONGRESSO INTERNAZIONALE SU
“IL CONCILIO VATICANO II: PROSPETTIVE
PER IL TERZO MILLENNIO”.
L’AUSPICIO DEL PAPA AI PARTECIPANTI
PERCHE’ L’APPROFONDIMENTO
DEL MESSAGGIO CONCILIARE PRODUCA FRUTTI
ABBONDANTI
DI RINNOVAMENTO E SANTITÀ NELLA CHIESA”
LIMA. = “Il Concilio
Vaticano II: Prospettive per il Terzo Millennio”: su questo tema, si è svolto
in questi giorni a Lima il Congresso internazionale organizzato
dall’Associazione Vita e Spiritualità, in collaborazione con il Centro di Studi
Cattolico-Perú (CEC). Come riporta l’agenzia vaticana, Fides, l’arcivescovo di
Lima, cardinale Juan Luis Cipriani Thorne, ha affermato che il Concilio “è
stato una profezia del futuro”, che “ha lanciato al mondo intero la chiamata
universale alla santità in maniera molto chiara”. Mons. Alcides Mendoza Castro,
arcivescovo emerito di Cuzco, che all’età di 34 anni fu il vescovo più giovane
durante il Concilio, ha passato in rassegna i momenti più importanti delle
sessioni conciliari. Quindi, mons. Adriano Travaglia Tomasi, ausiliare di Lima,
ha messo in risalto la validità delle intuizioni dei Padri Conciliari sulla
formazione cristiana nelle scuole, università ed altri centri di studio.
L’altro ausiliare di Lima, mons. José Antonio Eguren Anselmi, ha parlato invece
degli abusi che si sono verificati e continuano ancora oggi a causa di una
lettura errata del rinnovamento liturgico conciliare ed ha incoraggiato ad
andare ai testi del Concilio e ad applicare il suo spirito con totale fedeltà.
Di grande interesse è stato anche l’intervento di mons. Amaury Castanho,
vescovo emerito di Jundiaí, in Brasile, che assistette al Concilio in qualità
di giornalista. Commentando la Costituzione dogmatica Lumen Gentium, il presule ha segnalato che “quaranta anni dopo, la
Chiesa Cattolica è più evangelica e generosa nel seguire i passi, gli esempi e
la vita del suo divino Fondatore”. Nel corso del Congresso, è stato anche letto
il messaggio che, a nome di Benedetto XVI, è stato inviato ai partecipanti dal
segretario di Stato vaticano, cardinale Angelo Sodano, in cui il Santo Padre
esprime la sua gioia per l’occasione, affinché si diffondano e meditino gli
insegnamenti del Concilio Vaticano II. “Che i lavori dell’incontro – si legge –
aiutino ad approfondire il messaggio conciliare, affinché produca frutti abbondanti
di rinnovamento e santità nella Chiesa”. (R.M.)
“IL
DARFUR VA VERSO LA CATASTROFE”: È QUANTO HA DENUNCIATO IERI,
AL
CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU, L’ALTO COMMISSARIO PER I RIFUGIATI
DELLE
NAZIONI UNITE (UNHCR), ANTONIO GUTERRES
NEW YORK. = “La Comunità
internazionale potrebbe trovarsi davanti ad una catastrofe nel Darfur”: è
quanto ha affermato ieri, al Palazzo di Vetro di New York, l’Alto commissario
per i rifugiati dell’ONU (UNHCR), Antonio Guterres. Il Darfur, regione a ovest
del Sudan, è teatro da oltre due anni di scontri interetnici che hanno
provocato circa 2 milioni di sfollati. Questo disastro dalle proporzioni
smisurate, ha spiegato il commissario ONU, potrà essere evitato solo se saranno
prese adeguate misure e ci sarà il pieno coinvolgimento, non soltanto delle Nazioni
Unite, ma anche dell’Unione Africana. E’ necessario inoltre un forte sostegno
economico e politico da applicare in tempi brevi, se si vuole scongiurare il
rischio di una “grande catastrofe”. Guterres ha espresso preoccupazione per il
continuo esodo di civili verso il vicino Ciad e per il peggioramento delle
condizioni di sicurezza nel Sudan orientale, che ha risentito delle tensioni
esistenti tra Etiopia ed Eritrea, dove si rischia un nuovo sanguinoso
conflitto. L’Alto commissario dell’UNHCR ha fornito poi delle notizie su altri
Paesi sedi di scontri e tensioni. Tra questi figurano: la Repubblica democratica
del Congo, dove la scorsa settimana, circa 20 mila persone sono fuggite per raggiungere
le frontiere ugandesi; la Costa d’Avorio, dove gli uffici dell’UNHCR e di molte
altre agenzie internazionali sono stati attaccati e distrutti; la Repubblica
Centrafricana, dove vige un sistema di anarchia, in cui proliferano le bande
armate, che hanno costretto migliaia di persone a scappare verso il Ciad e il
Camerun. Guterres ha richiamato infine l’attenzione della Comunità
internazionale sull’atteggiamento adottato dai Paesi di asilo, dove albergano
sempre più sentimenti di intolleranza verso i rifugiati. (A.E.)
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25
gennaio 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco -
L’Iran è
favorevole al progetto di arricchire l’uranio in territorio russo. Lo ha detto
a Mosca Ali Larijani, il negoziatore iraniano per il dossier nucleare precisando,
però, che il governo di Teheran avvierà in proprio l’arricchimento dell’uranio
se saranno imposte alla Repubblica islamica sanzioni da parte dell’ONU. L’Iran
ha accusato, intanto, il governo britannico di essere coinvolto negli attentati
di ieri ad Ahwaz costati la vita ad almeno 9 persone. Secondo l’esecutivo
iraniano, Londra fomenterebbe tensioni etniche tra arabi e iraniani.
Ennesima esplosione
nel centro di Baghdad, vicino ad un centro commerciale. La deflagrazione è
stata causata da una motobomba, esplosa al passaggio di un convoglio della
polizia irachena. Almeno due agenti e un passante sono rimasti gravemente
feriti. Un cameraman iracheno è rimasto inoltre ucciso in scontri scoppiati
ieri, a Ramadi, tra ribelli e soldati americani. Lo hanno riferito, stamani,
testimoni oculari.
Spiragli di pace nello Sri Lanka: i ribelli Tamil, che
combattono per l’indi-pendenza del nord est del Paese, hanno accettato di
partecipare ad una nuova tornata negoziale con il governo di Colombo. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:
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Si dovrebbero tenere a Ginevra, a febbraio, i colloqui tra
governo di Colombo e i ribelli delle Tigri Tamil. Il negoziatore norvegese,
Eric Solheim, in missione in Sri Lanka per salvare in extremis il fragile
accordo di pace, è riuscito a convincere le due parti a ritornare sulla via del
dialogo. E’ sicuramente un segnale di speranza, soprattutto dopo la recente
esplosione della violenza nel nord-nord est dell’isola. Nel mese di dicembre,
in diversi attentati attribuiti alle Tigri Tamil hanno perso la vita una
sessantina di militari della Marina cingalese. La paura di una rottura della
tregua, siglata nel 2002 dal governo e i ribelli, ha fatto precipitare la borsa
di Colombo. C’è preoccupazione anche tra le organizzazioni non governative
impegnate nella massiccia ricostruzione del dopo-tsunami. In queste settimane, nelle coste indiane sono sbarcati
inoltre centinaia di profughi in fuga, per paura di una ripresa della guerra.
La comunità internazionale, compreso il sottosegretario americano agli Affari
politici, aveva fatto pressione nei giorni scorsi per un ritorno alla diplomazia.
Da New Delhi, per la Radio Vaticana Maria Grazia Coggiola.
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Sale in Ucraina il numero di
morti a causa del freddo: il ministero della Sanità di Kiev ha reso noto che,
nelle ultime 24 ore, ci sono stati almeno 53 decessi per congelamento. Il
bilancio di questi giorni è sempre più pesante. In seguito all’eccezionale
ondata di freddo, sono morte, finora, più di 160 persone in Polonia, almeno 130
in Ucraina, 120 in Russia e 13 in Romania.
La
data delle elezioni politiche in Italia “sarà il 9 aprile”. Lo ha confermato
stamani il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Nei giorni scorsi, il
capo dell’esecutivo italiano aveva ventilato l’ipotesi di uno slittamento del
voto a maggio.
Un
impegno affinché l’Africa “conquisti la pace”. Lo ha preso ieri a Karthoum, in
Sudan, il nuovo presidente dell’Unione africana, Denis Sassou Nguesso, capo di
Stato del Congo Brazzaville. Commentando la designazione di Nguesso, il Commissario
europeo per lo Sviluppo e l’Aiuto umanitario, Louis Michel, ha sottolineato
come l’Unione Africana “sia diventata in poco tempo un soggetto indispensabile
nell'integrazione e lo sviluppo del continente”.
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