RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 24  - Testo della trasmissione di martedì 24  gennaio 2006

 

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La comunicazione autentica esige coraggio e onestà. I mass media difendano la famiglia: così Benedetto XVI nel messaggio  per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali

 

Il cordoglio del Papa per la scomparsa del presidente del Kosovo, Rugova,

 

e per la sciagura ferroviaria in Montenegro

 

Domani alle 12 in Sala Stampa vaticana la presentazione della prima Enciclica di Benedetto XVI “Deus Caritas est”: ce ne parla mons. Diarmuid Martin

 

Oggi le conclusioni del Convegno di Cor Unum sulla Carità: ai nostri microfoni mons. Paul Josef Cordes, Joaquín Navarro-Valls e Liliana Cavani

 

Vigilia di conclusione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Domani pomeriggio, la cerimonia di Benedetto XVI a San Paolo fuori le Mura: intervista con l’arcivescovo Brian Farrell

 

All’assemblea della Roaco, in primo piano la relazione di mons. Pietro Sambi sulla situazione dei cristiani in Israele

 

OGGI IN PRIMO PIANO:  

Palestinesi domani alle urne: elezioni cruciali per la pace

 

Le Chiese cristiane d’Europa verso la terza Assemblea ecumenica che si terrà nel settembre 2007 in Romania: con noi mons. Amédeé Grab

 

CHIESA E SOCIETA’:

La Chiesa italiana non si schiera politicamente, ma chiede una maggiore attenzione alla famiglia e alla vita: così il cardinale Camillo Ruini, nella prolusione del Consiglio permanente della CEI

 

Occorrono 212 milioni di dollari l’anno per combattere la povertà nell’Honduras: è quanto ha affermato la Conferenza episcopale del Paese

La Chiesa indiana respinge le accuse di conversioni forzate  nelle proprie scuole

Continua in Europa la forte ondata di gelo: numerose le vittime

 

Sotto accusa il dipartimento ONU di Peacekeeping per irregolarità negli appalti

 

Da oggi l’Unione Europea ha i suoi Caschi blu

 

24 ORE NEL MONDO:

Duplice attentato in Iran ad Ahwaz, città dove il presidente Ahmadjnejad avrebbe dovuto tenere un comizio



 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

24 gennaio 2006

 

 

UN APPELLO AI MASS MEDIA PERCHÉ SIANO CORAGGIOSI E

ONESTI, PROMOTORI DI PACE E DIALOGO E PERCHÉ DIFENDANO LA FAMIGLIA,

FONDAMENTO DI OGNI CULTURA: È IL CUORE DEL MESSAGGIO DI BENEDETTO XVI

PER LA GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

 

Un “appello ai media”, “che comporta grandi sfide” per “essere “responsabili”, “protagonisti della verità” e “promotori della pace”: a rivolgerlo è Benedetto XVI nel Messaggio per la 40.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali, che verrà celebrata il prossimo 28 maggio sul tema “I media: rete di comunicazione, comunione e cooperazione”. Come ogni anno il Messaggio del Papa viene reso noto nella Festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti cattolici, che cade appunto il 24 gennaio. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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         “Illuminare le coscienze degli individui e aiutarli a sviluppare il proprio pensiero non è mai un impegno neutrale”, scrive Benedetto XVI, nel suo primo Messaggio in tema di mass media. “La comunicazione autentica esige coraggio e risolutezza – sottolinea subito - Esige la determinazione di quanti operano nei media per non indebolirsi sotto il peso di tanta informazione e per non adeguarsi a verità parziali o provvisorie. Esige piuttosto la ricerca e la diffusione di quello che è il senso e il fondamento ultimo dell’esistenza umana, personale e sociale . In questo modo – indica il Papa - i media possono contribuire costruttivamente alla diffusione di tutto quanto è buono e vero”.

 

         Ma ci sono “grandi sfide” da affrontare, nella “grande tavola rotonda per il dialogo dell’umanità”, usa questa espressione figurata il Papa per definire “i mezzi della comunicazione sociale”. Attenzione infatti alle degenerazioni che si verificano quando l’industria dei media diventa fine a se stessa, rivolta unicamente al guadagno, perdendo di vista il senso di responsabilità nel servizio al bene comune”. “Pertanto, occorre sempre – raccomanda Benedetto XVI - garantire un’accurata cronaca degli eventi, un’esauriente spiegazione degli argomenti di interesse pubblico, un’onesta presentazione dei diversi punti di vista”.

 

Raccomanda quindi il Papa “di sostenere ed incoraggiare” la famiglia, “fondamento di ogni cultura e società”, e chiede ai mass media e alle industrie dello spettacolo di collaborare con i genitori per educare i bambini, “presentando modelli edificanti di vita e di amore umano”. E quanto “tutti noi”– ci confida Benedetto XVI -  “ci sentiamo scoraggiati e avviliti” “quando si verifica il contrario”, “quando i giovani vengono soggiogati da espressioni di amore degradanti o false, che ridicolizzano la dignità donata da Dio a ogni persona umana e minacciano gli interessi della famiglia?”

 

In chiusura Benedetto XVI torna su tre aspetti già individuati da Giovanni Paolo II, indispensabili ai media per servire il bene comune: la formazione per  uso “intelligente ed appropriato”; la partecipazione anche all’uso di risorse pubbliche e all’adempimento di cariche pubbliche, ed il ricorso a norme, provvedimenti strutture o regolazione; e infine la promozione del dialogo, della solidarietà, della pace.

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IL CORDOGLIO DEL PAPA PER LA SCOMPARSA DEL PRESIDENTE DEL KOSOVO, RUGOVA.

DOMANI, A PRISTINA, LE ESEQUIE DELLO STATISTA

- A cura di Alessandro De Carolis -

        

Un uomo dalle “solide virtù civili”, messe a disposizione dei suoi conterranei in anni di “generoso servizio”. Con queste parole Benedetto XVI si è unito al cordoglio internazionale per la scomparsa del presidente del Kosovo, Ibrahim Rugova, alla vigila dei funerali che si svolgeranno domani, a Pristina. Nel telegramma a firma del cardinale segretario di Stato Angelo Sodano, il Papa ricorda la figura dello statista, assicurando benedizioni da Dio e la propria vicinanza spirituale agli “amati abitanti del Kosovo”.

 

         Rugova si era spento sabato scorso, a Pristina, all’età di 61 anni, per una grave malattia ai polmoni. Migliaia di albanesi hanno reso l’ultimo omaggio al loro presidente, formando lunghe file fino al Parlamento, nel centro di Pristina, dove è stata allestita la camera ardente. In sua memoria, sono stati proclamati cinque giorni di lutto.

 

 

BENEDETTO XVI INVIA UN TELEGRAMMA DI SOLIDARIETA’ AL PRESIDENTE

DEL MONTENEGRO, DOPO LA SCIAGURA FERROVIARIA DI IERI A BIOCE

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

La solidarietà spirituale e umana di Benedetto XVI ha raggiunto le vittime e i superstiti della sciagura ferroviaria, avvenuta ieri in Montenegro, nei pressi di Bioce, dove un convoglio è precipitato lungo una gola rocciosa uccidendo almeno 47 persone e ferendone 200, un quindicina in modo grave. In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano - indirizzato al presidente montenegrino, Vujanovi - il Papa si dice “profondamente rattristato” per il grave lutto che ha colpito il Paese, invocando consolazione per le famiglie delle vittime e formulando auguri di pronta guarigione per i feriti.

 

Sulle cause della tragedia, prende sempre più consistenza l’ipotesi di un guasto ai freni. Mentre il bilancio dei morti sembra purtroppo destinato ad aumentare, si è avuta notizia anche di un piccolo “miracolo”: una donna incinta, coinvolta nella drammatica caduta del treno, ha partorito la notte scorsa senza complicazioni.

 

 

NOMINE

 

Il Santo Padre ha nominato ausiliare dell'arcidiocesi di Medellín, in Colombia, mons. Víctor Manuel Ochoa Cadavid, del clero della stessa arcidiocesi, finora aiutante di studio della Pontificia Commissione per l’America Latina, assegnandogli la sede titolare vescovile di San Leone. Mons. Víctor Manuel Ochoa Cadavid è nato a Bello, arcidiocesi di Medellín, il 18 ottobre 1962. Ha ottenuto il Dottorato in Filosofia presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino (“Angelicum”)  di Roma. E’ stato ordinato sacerdote da  Giovanni Paolo II a Medellín il 5 luglio 1986.

        

Il Papa ha quindi nominato nunzio apostolico in Zambia e in Malawi mons. Nicola Girasoli, finora consigliere della nunziatura apostolica in Argentina, elevandolo in pari tempo alla sede titolare di Egnazia Appula, con dignità di arcivescovo. Mons. Nicola Giraso è nato a Ruvo di Puglia (Bari) il 21 luglio 1957. Ordinato Sacerdote il 15 giugno 1980 e laureato in Diritto Canonico, è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede nel maggio del 1985, prestando la propria opera nelle Rappresentanze Pontificie in Indonesia e in Australia e presso la Sezione per gli Affari Generali della Segreteria di Stato; successivamente nelle nunziature apostoliche in Ungheria, Belgio, Stati Uniti d'America e Argentina. Parla correntemente  l’inglese, il francese e lo spagnolo

 

Infine il Pontefice ha nominato vice presidente della Pontificia Accademia per la Vita mons. Jean Laffitte, finora sotto‑segretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia.

 

 

DOMANI ALLE 12 NELLA SALA STAMPA VATICANA LA PRESENTAZIONE

DELLA PRIMA ENCICLICA DI BENEDETTO XVI “DEUS CARITAS EST”, “DIO E’ AMORE”

- Intervista con mons. Diarmuid Martin -

 

Domani è il giorno della prima Enciclica di Benedetto XVI “Deus Caritas Est”, “Dio è Amore”. Il documento sarà presentato alle ore 12, nella Sala Stampa della Santa Sede, dai responsabili di tre dicasteri vaticani: il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, l’arcivescovo  William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e l’arcivescovo Paul Josef Cordes, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum. Proprio quest’organismo conclude oggi in Vaticano il suo convegno internazionale sulla Carità, promosso alla vigilia della pubblicazione dell’Enciclica. Parlando ieri ai convegnisti Benedetto XVI ha affermato di aver voluto illustrare nell’Enciclica la novità sconvolgente dell’amore di Dio per l’uomo. Ascoltiamo in proposito l’arcivescovo di Dublino Diarmuid Martin, presente ai lavori di Cor Unum, intervistato da Giovanni Peduto:

 

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R. – C’è grande attesa in tutta la Chiesa per questa Enciclica anche perché è la prima lettera Enciclica del nuova Papa. Molti aspettano questa Enciclica sul fatto centrale della nostra fede: che Gesù ha rivelato l’amore di Dio e che tutta la Chiesa è costruita su questo Amore divino che è presente in noi. E’ un amore che viene a salvarci, a liberarci dal male. Purtroppo molte persone hanno cambiato questo messaggio di amore in una rete di norme, di leggi; allora bisogna soprattutto andare verso quello che è centrale cioè che Dio è amore, che la legge che dovrebbe governare non solo i rapporti umani, ma l’intero universo, deve essere quella dell’amore.

 

D. – Il Papa ha detto che occorre riportare al suo splendore originario la parola amore, così sciupata, così consumata ed abusata…

 

R. – L’amore è una cosa molto profonda: è riconoscere nell’altra persona il fratello e la sorella a cui io devo dare tutto quello che ho. Le due parole che io uso quando parlo dell’amore di Dio, sono la gratuità – cioè che Dio ci ama senza chiedere prima niente – e la sovrabbondanza – cioè l’amore di Dio va al di sopra di qualsiasi attesa che possiamo avere. E queste sono veramente i due correttivi importanti in un mondo in cui regna il consumismo e il mercato dove tutto ha un prezzo e dove si comprano esattamente quei 200 grammi che uno ha pagato. L’amore di Dio e l’amore del cristiano sarà invece sempre sovrabbondante, andrà sempre a sorprendere l’altro con la forza di questo amore. Purtroppo molte volte le persone si stancano e vivono una forma di religiosità che è una forma di routine devozionale. Perciò questa dimensione dell’amore deve essere quella che guida: l’ amore deve essere la forza con cui si annuncia e si predica il Vangelo.

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CON UNA MESSA PRESIEDUTA DAL CARDINALE ETCHEGARAY SI CONCLUDE

NEL POMERIGGIO IL CONVEGNO DI COR UNUM SULLA CARITA’

 

Oggi pomeriggio alle 17.00 il cardinale Roger Etchegaray presiede nella Basilica Vaticana la Messa di chiusura del convegno internazionale di Cor Unum “…Ma di tutte più grande è la carità”, promosso nel contesto della pubblicazione della prima Enciclica di Benedetto XVI.  E proprio sull’Enciclica “Deus Caritas est” e sul suo messaggio, il convegno ha proposto stamane una giornata di dibattito culturale con la regista italiana Liliana Cavani, a cui sono seguite alcune riflessioni teologiche dell’arcivescovo di Chicago, il cardinale Francis George. A seguire i lavori per noi c’era Francesca Fialdini.

 

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Si è da poco conclusa con una lezione teologica sull’amore, secondo l’unità del concetto riaffermata nella prima Enciclica del Papa, la seconda mattinata dei lavori del Convegno internazionale promosso dal Pontificio Consiglio Cor Unum. A riaffermare il significato dell’amore cristiano, il cardinale Francis George, arcivescovo di Chicago in una riflessione che ha posto solide basi al confronto culturale che l’ha preceduta, circa un’ora e mezza di colloquio con la regista italiana Liliana Cavani, che nella sua lunga carriera si è confrontata per ben due volte con la figura di Francesco di Assisi e la sua relazione di amore con Dio, rispetto alla quale, commenta:

 

“Si parla veramente del tipo di amore che, secondo me, ha espresso il Papa: l’amore che è proprio amare. Amare Dio significa inevitabilmente amare gli uomini, proprio perché ogni uomo è persona, è persona-Cristo. Francesco, per arrivare a questo ci impiega tempo, non lo fa lì per lì. E’ quasi uno scherzo che gli combina il Padreterno, quando gli mette vicino un lebbroso. Prima si spaventa e poi dice: “Ma come, questo è Cristo! Ed io lo abbraccio”. Quindi, l’amore rende capaci di gesti straordinari”.

 

In un tempo segnato dal materialismo, dall’edonismo, dal possesso fine a se stesso che ha snaturato l’amore, continua la Cavani, questa Enciclica può apparire come una bizzarria, ma smentisce coloro che non si fermano ad ascoltare se stessi:

 

“Io penso che il bisogno d’amore sia fondamentale. Se noi lo ascoltiamo penso che diventiamo anche un po’ più equilibrati, perché capiamo cosa ci turba dentro. Abbiamo voglia di essere amati e di dare amore, di amare. Penso sia una forma di lucidità”.

 

Nel ricordare l’importanza di un dialogo franco fra Chiesa e società, la Cavani individua nel cinema lo strumento di comunicazione privilegiato per favorire un processo di conoscenza reciproca, aiutando gli uomini di Chiesa a rientrare in relazione con ciò che riguarda coloro che vivono nel mondo e sfatando preconcetti sulle realtà ecclesiali che spesso caratterizzano il pensare comune, allontanando così dal messaggio più rivoluzionario di tutti i tempi, l’amore incondizionato che nel mistero della Risurrezione ha saputo vincere anche la morte.

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E ieri pomeriggio il convegno è stato dedicato a sei testimonianze di carità. Alla presenza dell’arcivescovo Paul Josef Cordes, presidente di Cor Unum, l’incontro è stato moderato dal direttore della Sala Stampa vaticana, Joaquín Navarro-Valls. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

 

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Un esempio concreto della carità, dell’amare l’altro come Dio lo ama. È questo lo spirito dei racconti, che ieri hanno emozionato e soprattutto commosso i partecipanti. Sono esperienze di chi ha avuto coraggio e forza di dedicare la propria vita al fianco dei tanti volti della povertà, del disagio e dell’abbandono. Un’affermazione forte, questa, in contraddizione con una società pragmatica, come la nostra. Ascoltiamo il commento dell’arcivescovo Paul Josef Cordes:

 

“Finalmente la forza delle fede si è mostrata nelle testimonianze. Una consolazione, mi sembra, per tutti i pastori e per tutti quelli che vogliono portare avanti la missione ecclesiale”.

 

E se oggi si è quasi perso di vista l’essere solidale, lo stare vicino magari ai propri amici in difficoltà, sentire qualcuno che ha ricevuto tanto dall’esperienza della carità, fa davvero un certo effetto. Navarro-Valls sintetizza così il significato di queste esperienze:

 

“Nell’ambito della carità, quello che la gente apprezza di più è questa scoperta:non sono solo, Dio mi ama’. Cosa che naturalmente apre le porte per capire quale è la dignità di ogni uomo”. 

 

Queste storie arrivano dai quattro angoli del pianeta. Così padre Hans Stapel  parla del suo impegno a favore degli orfani e del recupero dei drogati in Brasile. E sottolinea che i centri di accoglienza, soprattutto grazie all’aiuto degli ex tossicodipendenti, si sono moltiplicati in Brasile e anche in altri Paesi. Questo significa che “l’amore genera amore”, puntualizza Navarro-Valls. L’infermiera Rose Businye, invece, ci porta in Africa dove offre assistenza a più di 1000 malati di AIDS e 900 orfani delle baraccopoli di Kampala. Tra le altre, è significativa la testimonianza di Antonio Calzavara, neocatecumenale, in missione da oltre 10 anni in Kazakhstan al fianco di tanti uomini e donne con problemi di alcool. Grazie al sostegno morale offerto, un numero sempre maggiore di persone partecipa alla catechesi e ha trovato la volontà di cambiare. Tutto questo conferma, dunque, che la carità può unire concretamente fede e sviluppo.

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VIGILIA DI CONCLUSIONE DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI.

DOMANI POMERIGGIO, LA CERIMONIA DI BENEDETTO XVI A S. PAOLO FUORI LE MURA

- Intervista con l’arcivescovo Brian Farrell -

        

Ancora una volta, come accaduto molte volte nella sua storia, la Basilica di San Paolo Fuori le Mura, che custodisce le spoglie dell’Apostolo delle genti, vedrà il Papa e i rappresentanti di altre Chiese cristiane incontrarsi e pregare insieme. Alle 17.30 di domani, Benedetto XVI presiederà nella Basilica romana la celebrazione dei secondi Vespri della solennità della Conversione di San Paolo: ultimo capitolo della Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani, quest’anno sul tema: “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. Giovanni Peduto ne ha parlato con il segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani, il vescovo Brian Farrell:

 

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R. – E’ un’idea importante. Anche il Santo Padre domenica scorsa all’Angelus ha detto che il movimento ecumenico e l’interesse e l’impegno per la restaurazione dell’unità tra tutti i cristiani progredisce in tutto il mondo. E’ importante che ricordiamo che la preghiera è il cuore di questo movimento e ogni volta di più si celebra nelle Chiese locali, nelle parrocchie, nei gruppi. Questa Settimana di preghiera è un grande passo avanti in questo processo che, senza dubbio, richiede tempo, ma che sentiamo tutti sia veramente sotto l’impulso dello Spirito Santo.

 

D. – Quali sono le sue speranze per l’ecumenismo, sotto il Pontificato di Benedetto XVI?

 

R. – Ho sempre pensato che Giovanni Paolo II avesse fatto da seminatore in tanti modi, con gesti, parole, e con tanti eventi che lui stesso ha promosso. Adesso siamo al momento, a 40 anni dal decreto conciliare Unitatis Redintegratio, dell’impegno ufficiale della Chiesa nel Movimento ecumenico, di affrontare sempre di più i temi più difficili tra i cristiani, ma anche di raccogliere i frutti di tanti passi fatti in questi anni.

 

D. – Il Papa ha definito provvidenziale che la sua prima enciclica Deus Caritas est sia pubblicata proprio durante la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani…

 

R. – Sì, è vero, le divisioni sono state sempre mancanza di amore oltre che divisione di idee. L’amore, però, sappiamo bene che è il cuore del messaggio di Gesù, non il nostro amore, ma l’amore di Dio stesso, infuso nei nostri cuori dallo Spirito Santo. Questo è il cemento della Chiesa e la virtù, la realtà, l’esperienza che porterà eventualmente all’unità dei cristiani.

 

D. – La chiusura della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani avviene tradizionalmente in occasione della festa della Conversione di San Paolo. Quali i motivi?

 

R. – Dietro c’è sempre una storia. Quasi 100 anni fa padre Watson, quando cominciò a promuovere questa Settimana di preghiera, la volle finire proprio per la festa di San Paolo Apostolo delle genti, perché l’ecumenismo è al servizio della missione: proclamare il Vangelo non in modo diviso tra cristiani, ma nel modo che tutti i cristiani uniti proclamino sempre lo stesso Vangelo di Gesù, con le stesse verità di fondo. Questo è il motivo: Apostolo delle genti, missione universale, ecumenismo come condizione.

 

D. – Nella Basilica di San Paolo fuori le Mura sono conservati i resti dell’Apostolo delle genti. Cosa indica oggi San Paolo a tutti i cristiani per una nuova evangelizzazione del mondo?

 

R. – Diverse cose. Anzitutto San Paolo fa subito venire in mente la centralità di Cristo. Tutto in Paolo è centrato su Cristo. Quando noi saremo più vicini, tutti i cristiani, a Cristo, saremo più vicini gli uni con gli altri. Poi potremo pensare all’inno dell’amore di San Paolo. Egli ha parlato tanto profondamente dell’amore cristiano. E questo, come abbiamo detto, è il cemento che ci porterà a stare tutti insieme: Cristo amore. Questa è l’essenza, è il cuore della predicazione del Vangelo e per questo l’ecumenismo lavora, perché tutti i cristiani possano farlo insieme.

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ALL’ASSEMBLEA DELLA ROACO, IN PRIMO PIANO LA RELAZIONE DI MONS. SAMBI

SULLA SITUAZIONE DEI CRISTIANI IN MEDIO ORIENTE

 

La Chiesa in Terra Santa, con le sue luci e le sue difficoltà in rapporto alle vicende attuali del Medio Oriente, ha occupato la relazione principale del- l’arcivescovo Pietro Sambi, da poco nominato nunzio apostolico negli Stati Uniti, dopo essere stato per 7 anni nunzio in Israele. Il presule ha parlato all’Assemblea semestrale della ROACO, la Riunione delle Opere di assistenza alle Chiese orientali, in corso in Vaticano fino a venerdì prossimo. A mons. Sambi, Giovanni Peduto ha domandato quale sia il rapporto tra Roma e i cristiani di Terra Santa:

 

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R. – La Santa Sede prima di tutto chiede ai cristiani in Terra Santa di essere uniti, di dare testimonianza a Gesù Cristo e al Vangelo, di collaborare nel trovare essi stessi come cristiani maturi le proprie soluzioni. Allo stesso tempo assicura ai cristiani il suo incoraggiamento e il suo appoggio. Alle autorità israeliane direi che i cristiani di Galilea oggi sentono il bisogno di essere protetti. Ci sono stati degli avvenimenti, come a Nazareth, in cui i cristiani hanno subito delle violenze e hanno l’impressione di non essere stati sufficientemente protetti dalle autorità. Come cittadini d’Israele chiedono di essere protetti nei loro diritti religiosi, ma anche nei loro beni personali e nella loro dignità personale.

 

D. – Domani ci sono le elezioni palestinesi. Cosa auspica?

 

R. – Il voto popolare è sovrano. Quindi, saranno i palestinesi a decidere cos’è il meglio per loro attraverso il voto. Quello che auspico è che quando si devono raggiungere mete importanti, come l’indipendenza, non la si può raggiungere divisi. Ed è un’illusione pensare che la si possa raggiungere con la violenza, specialmente con il terrorismo.

 

D. – Quali prospettive in Medio Oriente, vista anche la gravità delle condizioni di Sharon?

 

R. – Quello che mi pare evidente è che i due popoli, israeliano e palestinese, siano estremamente stanchi di questa situazione di conflitto, di questo vivere quotidiano nella paura, dell’incertezza del futuro e della miseria, che sta bussando a tutte le porte, sia in Israele che in Palestina. E’ mia impressione, dai contatti numerosissimi che ho avuto, sia con il popolo palestinese che con il popolo israeliano, che la volontà popolare sia che finalmente il passo sia celere e si arrivi alla pace.

 

D. – Eccellenza, lei ha concluso la sua attività di nunzio in Terra Santa. Quale ricordo ne conserverà?

 

R. – Ma vede, Gerusalemme è una città, per quanto lei possa fare per Gerusalemme, che le darà sempre molto di più di quanto lei potrà dare. Il ricordo è stato quello di essere vissuto anche con i problemi di ogni giorno, alla sorgente della nostra identità cristiana, alla fonte della nostra fede, della nostra speranza e della nostra carità. Non sono ricordi quelli che porto, sono modi di vivere la propria fede, la propria speranza e la propria carità, che nella preghiera quasi quotidiana al Santo Sepolcro, al Calvario, al Getsemani, all’Ascensione, diventano parte integrante del proprio modo di essere, di pensare, di pregare e di parlare.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina - "I media: rete di comunicazione, comunione e cooperazione": il Messaggio di Benedetto XVI in occasione della celebrazione della quarantesima Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali, che ricorre il 25 maggio 2006.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata alla Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani.

 

Servizio estero - Una pagina - a cura di Marcello Filotei - sulle elezioni politiche palestinesi di domani.  

 

Servizio culturale - Un articolo di Maria Maggi dal titolo "Quaranta milligrammi di 'polvere di stelle' e un microscopio virtuale per scoprire i segreti del Sistema Solare": nuovi orizzonti nello studio del cosmo; si è positivamente concluso il viaggio della sonda "Stardust" ed è cominciata la missione "New Horizon" verso Plutone.

Per l' "Osservatore libri" un articolo di Vittorino Grossi sul "Dizionario critico di teologia".  

 

Servizio italiano - In primo piano il tema delle elezioni. Fine legislatura: permangono le tensioni. Ciampi riceve il parere dei capigruppo.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

24 gennaio 2006

 

 

 

PALESTINESI DOMANI ALLE URNE: ELEZIONI CRUCIALI PER LA PACE

 

I palestinesi saranno chiamati, domani, a rinnovare il Parlamento. Più di un milione e mezzo di elettori sono attesi all’appuntamento con le urne per scegliere, per i prossimi 4 anni, i 132 deputati dell’Assemblea nazionale. Potranno votare solo i palestinesi residenti in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza e a Gerusalemme Est. Non parteciperanno invece alla consultazione circa 4 milioni di profughi. In vista della consultazione, diversi gruppi estremisti palestinesi si sono impegnati, inoltre, a rispettare la tregua. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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I partiti in lizza sono molti ma per la vittoria sembrano poter concorrere solo due formazioni: lo schieramento fondato da Yasser Arafat, “Al Fatah”, dato per favorito dai sondaggi, e il gruppo fondamentalistaHamas”, riconosciuto come organizzazione terroristica da Israele, Stati Uniti ed Unione Europea. Sul piano regionale, il confronto politico si concentra sulla guerra in Iraq, sui rapporti tra Siria e Libano e tra Iran e Occidente. Sul fronte interno, lo scontro sembra ruotare, invece, intorno alle accuse di corruzione che coinvolgerebbero l’attuale classe dirigente palestinese. Ma tra queste divisioni emergono anche alcune aperture. Al Fatah sottolinea, ad esempio, l’alto valore democratico della consultazione e la piena libertà della popolazione palestinese nel decidere sul futuro dei Territori e sul processo di pace. Hamas, per la prima volta in corsa per le legislative, cerca di definire, invece, la sua nuova dimensione politica e avanza, perfino, l’ipotesi di un negoziato con Israele attraverso mediatori. Osservatori particolarmente interessati a questa contesa sono, ovviamente, la comunità internazionale e lo Stato ebraico, in attesa delle parlamentari del 28 marzo.  Israele e Stati Uniti sperano in una vittoria di Al Fatah e bocciano l’ipotesi di un riconoscimento di un governo con all’interno i ministri di Hamas.

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 Nei Territori, intanto, un funzionario di Al Fatah è stato assassinato a Nablus e otto presunti esponenti di Hamas e Jihad sono stati arrestati in Cisgiordania dai soldati israeliani. Ma la situazione, nelle strade delle cittadine palestinesi, appare tranquilla e caratterizzata da una grande attesa. Il servizio, da Hebron, di Andrea Cocco:

 

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Torna la calma nelle strade palestinesi. Ieri, a mezzanotte, si è conclusa ufficialmente la campagna elettorale per le legislative e le pattuglie della polizia sono per strada a verificare che comizi e distribuzione di volantini siano effettivamente terminati. A Ramallah, nella sede centrale della Commissione elettorale, il personale addetto all’organizzazione del voto dà le ultime istruzioni ai numerosi osservatori internazionali giunti nei giorni scorsi. L’attesa per queste legislative è palpabile. “Non è come per le elezioni del 1996 - mi assicura un professore di Diritto all’Università di Gerusalemme - il risultato è incerto e bisognerà aspettare lo spoglio delle schede”. La principale incognita riguarda Hamas. Il movimento islamico che si presenta con la lista Riforma e cambiamento supererà, come dicono i suoi sostenitori, il 30 per cento? E soprattutto è disposto ad entrare al governo? Ieri Al Fatah, partito del presidente Abu Mazen, ha reso nota la sua disponibilità a creare una coalizione di governo con Hamas, ma secondo diversi osservatori locali, il movimento islamico non ha il sostegno che dice di avere e soprattutto non è interessato a superare una certa soglia in Parlamento. “Vogliono evitare di trovarsi in situazioni spigolose, di dover trattare con Israele”, afferma un ricercatore dell’Università di Betlemme. Opteranno, invece, per una strategia di basso profilo, in cambio di posti chiave nell’amministrazione.

 

Da Hebron, per la Radio Vaticana, Andrea Cocco.

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LE CHIESE CRISTIANE D’EUROPA VERSO LA TERZA ASSEMBLEA

ECUMENICA CHE SI TERRA’ A SETTEMBRE DEL 2007 IN ROMANIA

- Intervista con mons. Amédeé Grab -

 

Un cammino comune per scoprire la ricchezza delle diverse tradizioni e le radici cristiane d’Europa. E’ l’obiettivo che si prefiggono le Chiese e le Conferenze episcopali europee. 144 i delegati che da questo pomeriggio a Roma, e fino al 27 gennaio, discuteranno della terza Assemblea Ecumenica Europea, fissata nel settembre del 2007 a Sibiu, in Romania, per una speranza di rinnovamento ed unità in Europa. Stamani l’incontro di Roma è stato presentato nella Sala Marconi della Radio Vaticana. “Viviamo in un Europa in cui c’è crisi di fede, c’è povertà ed esistono ancora differenze - ha detto il metropolita di Sassima Gennadios nel suo intervento – l’Europa ha bisogno di una terapia spirituale e di dialogo e la luce di Cristo può illuminare tutti”. Ma in che modo le diverse confessioni cristiane possono impegnarsi concretamente per promuovere i valori cristiani in Europa? Tiziana Campisi lo ha chiesto a mons. Amédeé Grab, presidente delle Chiese e Conferenze episcopali europee:

 

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R. – Il cristianesimo non è un sistema astratto. La Chiesa è il Corpo di Cristo, nella quale ognuno ha la sua funzione e responsabilità. Nella misura in cui ogni cristiano e ogni cristiana vivono veramente quello che Gesù Cristo è venuto a portare, si avvicina moltissimo lo scopo dell’ecumenismo. Arriviamo alla meta camminando insieme e la meta è proprio questa: camminare assieme.

 

D. – Questi incontri ecumenici quali nuovi impulsi possono dare?

 

R. – Per esempio, la Carta ecumenica è un contributo molto concreto, che è stato recepito con grande interesse e che ha dato origine a diversi Convegni. Sicuramente ha avvicinato molti cristiani in Europa, che hanno scoperto in modo più concreto e in modo abbordabile. La possibilità di testimoniare la fede con il vicino di casa, che non è della mia stessa confessione o di entrare in un dialogo interreligioso con delle persone di tutt’altra cultura – per esempio con dei musulmani – questo significa effettivamente aver recepito la portata della Carta ecumenica e quindi progredire.

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CHIESA E SOCIETA’

24 gennaio 2004

 

 

CONTINUA, IN EUROPA, LA FORTE ONDATA DI GELO PROVENIENTE DAL POLO NORD:

MENTRE CRESCE LA TENSIONE SULLA QUESTIONE DEI RIFORNIMENTI ENERGETICI,

SI AGGRAVA IL BILANCIO DELLE VITTIME

- A cura di Roberta Moretti -

 

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MOSCA. = L’eccezionale ondata di gelo proveniente dal Polo Nord, dopo aver stretto nella sua morsa la Russia, l’Ucraina e la Turchia, si sta spostando anche sull’Europa centro-settentrionale. A Mosca, dove i termometri si sono fermati attorno ai 20 gradi sotto lo zero, 10 in più dalla scorsa settimana, 12 persone sono morte assiderate negli ultimi giorni, portando a quasi 150 i decessi da congelamento. E continua il braccio di ferro con l’Ucraina, dove le temperature si aggirano ancora attorno ai -30 gradi, per la questione dei rifornimenti energetici. Ieri, il colosso russo Gazprom ha accusato Kiev di consumare gas in quantità superiore a quanto stabilito dagli accordi firmati con la Russia, con gravi ripercussioni sulle forniture all’Europa. In Bosnia, per esempio, da 6 giorni l’importazione del gas da Mosca è ridotta del 25 per cento. Mentre la Georgia non rimarrà al freddo dopo le misteriose esplosioni in un gasdotto nel Caucaso russo: da ieri mattina, infatti, ha cominciato a ricevere metano Gazprom dall’Azerbaigian. Intanto, le forniture iraniane di gas sono state ridotte drasticamente anche in Turchia, dove, a causa delle abbondanti nevicate, rimangono isolati e privi di energia elettrica più di 3700 villaggi soprattutto nel nord e nell’est del Paese. Ad Ankara il ghiaccio ha provocato un incidente tra due autobus con almeno 9 morti e 12 feriti. Si contano poi 41 decessi nelle Repubbliche Baltiche, 18 nella Repubblica Ceca, 5 in Germania, 1 in Serbia e 13 in Romania, dove, per far fronte all’aumento dei consumi, la compagnia nazionale Romgaz ha deciso di aumentare del 10 per cento le forniture di gas. E tra i Paesi più colpiti dal gelo c’è anche la Polonia, dove 150 persone hanno perso la vita dall’inizio dell’inverno. Anche qui, lo ricordiamo, la compagnia nazionale Pgnig è stata costretta a tagliare le erogazioni alle industrie. E mentre l’Europa è sotto questa morsa di gelo, continua l’ondata di caldo e di incendi che ha colpito quattro Stati dell’Australia sudorientale, provocando 3 morti e riducendo in cenere oltre 200 mila ettari di foreste.

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LA CHIESA ITALIANA NON SI SCHIERA POLITICAMENTE, MA CHIEDE UNA MAGGIORE

ATTENZIONE ALLA FAMIGLIA E ALLA VITA: E’ QUANTO HA AFFERMATO IERI

IL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, CARDINALE CAMILLO RUINI, NELLA PROLUSIONE AL CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CEI.

LA DICHIARAZIONE, A DUE MESI DALLE POLITICHE IN ITALIA

- A cura di Francesca Sabatinelli -

 

ROMA. = Una maggiore attenzione alla famiglia e alla vita: l’ha chiesta ieri agli italiani il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Camillo Ruini, nella prolusione al Consiglio permanente della CEI. Nessuna scelta di schieramento politico o partitico da parte della Chiesa italiana. A due mesi e mezzo dalle politiche in Italia, il porporato non dà indicazioni di voto agli elettori per contribuire a rasserenare il clima politico, ma agli italiani sottolinea come famiglia e vita, contenuti irrinunciabili del patrimonio della dottrina sociale della Chiesa, riguardino ogni ambito dell’esistenza umana. In molti Paesi e in Italia, spiega il cardinale Ruini, si tende sempre più ad introdurre normative che rischiano di compromettere il valore della famiglia legittima fondata sul matrimonio e il rispetto della vita umana dal concepimento sino alla morte. Forte il richiamo ad elettori e parlamentari, si chiede loro “un supplemento di attenzione”, ai primi nelle loro scelte, ai secondi nell’esercizio delle loro responsabilità. E’ forte un richiamo al Parlamento Europeo dopo la risoluzione del 18 scorso che, pur giustamente respingendo atteggiamenti discriminatori contro gli omosessuali, al tempo stesso però, sottolinea il cardinale, sollecita ad equiparare i diritti delle coppie omosessuali con quelli delle legittime famiglie, una spinta quindi ad allontanarsi dai cardini stessi della società. Con un riferimento al caso Bankitalia, chiede, partendo dalle vicende giudiziarie che hanno coinvolto il mondo bancario e cooperativo, che si ponga un freno a comportamenti censurabili e discutibili, che si vada oltre la difesa di interessi corporativi, che ci si concentri sui reali problemi dell’Italia: sviluppo del mezzogiorno, miglioramento della giustizia, riduzione della grave dipendenza energetica. Il discorso si allarga poi al panorama internazionale, alla necessità di proseguire, nonostante la malattia del premier Sharon, nel tentativo di giungere a una pacifica convivenza in Terra Santa, alla necessità di isolare i fanatici del terrorismo in Iraq, alla richiesta alla comunità internazionale di un intervento nella crisi del Darfur e di aiuto ai Paesi del Corno d’Africa a rischio di catastrofe umanitaria per la siccità.

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OCCORRONO 212 MILIONI DI DOLLARI L’ANNO PER COMBATTERE LA POVERTÀ NELL’HONDURAS: È QUANTO HA AFFERMATO LA CONFERENZA EPISCOPALE DEL PAESE,

IN UN DOCUMENTO RIVOLTO AL NEO-PRESIDENTE, ZELAYA

 

TEGUCIGALPA.= Con un documento diffuso in questi giorni, la Chiesa cattolica hondureña ha chiesto al neo-presidente, Manuel Zelaya, che assumerà l’incarico venerdì prossimo, di investire 212 milioni di dollari l’anno per combattere la povertà nel Paese. Come riferisce l’agenzia MISNA, la cifra corrisponde agli interessi che lo Stato hondureño non dovrà più pagare nei prossimi anni, grazie al taglio di circa 3 miliardi di dollari del debito estero bilaterale, di cui ha potuto beneficiare nel 2005. Per fare in modo che l’indice di povertà scenda nei prossimi 15 anni del 24 per cento, è necessario investire in progetti che prevedano la depurazione dell’acqua, il risanamento ambientale, la creazione di mense scolastiche, l’istruzione, la salute, i farmaci e altri consumi di base. Negli anni novanta, il modello neoliberale adottato e sviluppato nell’Honduras, avrebbe privilegiato solo alcune minoranze, impoverendo, al contrario, oltre l’80 per cento della popolazione. Come spiegano i vescovi, sono 2,9 milioni i cittadini attivi del Paese, di cui però, circa la metà sono oppressi da una disoccupazione quasi endemica che porta a un circolo vizioso di povertà e violenza. Nel documento è ribadita più volte la necessità di un’azione immediata a favore dei poveri e, in particolare, dei bambini. Nel Paese, infatti, almeno 130 mila minori tra 6 e 12 anni non sono scolarizzati e vengono impiegati nel mercato del lavoro. (A.E.)

 

 

LA CHIESA INDIANA RESPINGE LE ACCUSE DI CONVERSIONI FORZATE E ISTRUZIONE D’ÉLITE NEGLI ISTITUTI SCOLASTICI CATTOLICI DEL PAESE: “LE NOSTRE SCUOLE

SI TROVANO SOPRATTUTTO IN ZONE RURALI E SONO APERTE A RAGAZZI

DI OGNI CONFESSIONE RELIGIOSA”

 

NEW DELHI. = Più di 20 mila istituti scolastici, il 66 per cento dei quali in zone rurali, con 6 milioni di alunni tra ragazzi e ragazze di ogni confessione religiosa: sono le cifre dell’impegno della Chiesa cattolica in India nel campo dell’educazione, rese note nei giorni scorsi a New Delhi dal cardinale Telesphore Placidus Toppo, presidente della Conferenza episcopale del Paese (CBCI). In questo modo, la Chiesa indiana ha voluto anticipare ai media i contenuti del prossimo incontro del corpo generale della CBCI, previsto a Bangalore dall’8 al 15 febbraio prossimo. Il tema sarà infatti: “L’educazione cattolica e l’attenzione della Chiesa per gli emarginati”. “Crediamo che attraverso l’educazione si possa contribuire alla sviluppo della popolazione e a costruire la nazione”, ha dichiarato il cardinale Toppo. Secondo il segretario esecutivo delle Comunicazioni sociali della CBCI, padre D’Souza, analizzare l’impegno della Chiesa nel campo educativo può “sfatare alcuni falsi miti che circolano nella maggioranza della popolazione”. Il riferimento è alle accuse mosse dagli estremisti indù di convertire gli alunni e all’idea che le scuole cattoliche siano dirette ad una ricca elíte del Paese a causa delle tasse d’iscrizione. Al primo punto il cardinale Toppo ha risposto: “Se convertissimo davvero gli studenti, anche  L. K. Ad vani, il leader del partito nazionalista indù, BJP, che ha studiato alla scuola di St. Patrick, dovrebbe essere cattolico!”. Alla seconda accusa hanno risposto invece in modo chiaro i dati riferiti da padre D’Souza in un’intervista all’agenzia AsiaNews. Da essi emerge che le scuole cattoliche si rivolgono soprattutto alle categorie sociali più emarginate e discriminate, nel tentativo di sostenere il loro sviluppo culturale. (R.M.)

 

 

SOTTO ACCUSA IL DIPARTIMENTO DELLE NAZIONI UNITE DI PEACEKEEPING:

CONFERMATE IERI, DAL SEGRETARIO ONU AGGIUNTO PER L’AMMINISTRAZIONE,

IRREGOLARITA' NEGLI APPALTI

 

NEW YORK. = Sotto accusa gli appalti del Dipartimento ONU per il mantenimento della pace: la conferma di brogli amministrativi è giunta ieri da un alto funzionario dell’ONU. “Ci sono prove di sostanziali irregolarità nelle pratiche di acquisto del Dipartimento di Peacekeeping, che hanno condotto a perdite finanziarie e ad errori nella pianificazione delle missioni future”, ha denunciato Christopher Burnham, segretario aggiunto delle Nazioni Unite per l’Amministrazione. Burnham è stato nominato l’anno scorso con l’incarico di riformare i metodi amministrativi dell’ONU. Le sue conclusioni sono basate su un’inchiesta i cui risultati sono contenuti in rapporto consegnato la scorsa settimana ai Servizi di controllo interno dell’Amministrazione ONU.  (R.G.)

 

 

DA OGGI, L’UNIONE EUROPEA HA I SUOI CASCHI BLU.

INAUGURATO IERI A VICENZA, IN ITALIA, ALL’INAUGURAZIONE

IL QUARTIER GENERALE DELLA FORZA DI GENDARMERIA EUROPEA, PRESENTI

I MINISTRI DEGLI INTERNI E DIFESA DEI PAESI ADERENTI AL PROGETTO

 

VICENZA.= Dopo i Caschi Blu delle Nazioni Unite, arrivano quelli dell’Unione Europea.Ieri, a Vicenza, si è tenuta l’inaugurazione del quartier generale di “Eurogendorf”, la Forza di Gendarmeria Europea. Alla manifestazione hanno preso parte i ministri degli Interni e della Difesa di tutti i Paesi aderenti. Sono oltre 800 i militari che compongono il gruppo, provenienti da Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Paesi Bassi. I gendarmi assolvono ai compiti tipici delle forze di polizia, dall’antiterrorismo al contrasto della criminalità organizzata, allo scopo di ristabilire la pace. Sul fregio del basco, azzurro come la bandiera dell’Unione, si legge il motto latino “Lex Paciferat”. Da ieri la caserma “Chinotto” ospita il comandante attuale di “Eurogendorf”, il generale francese, Gerard Deananz. Il suo staff è composto da una trentina di persone, in grado di mobilitare ad hoc le truppe sulla base delle richieste provenienti dalla stessa Unione Europea, dall’ONU, dalla NATO, dall’OSCE e da altri organismi e coalizioni internazionali. La Gendarmeria Europea è un’idea francese, condivisa poi dagli altri Paesi, durante un vertice tenutosi a Roma nel 2003. La sua caratteristica peculiare è quella di essere composta soltanto da forze di polizia a statuto militare. In essa figurano: la Gendarmeria francese, l’Arma dei Carabinieri, la Guardia Civile spagnola, la Guardia Nazionale Repubblicana portoghese, la Marechaussee reale olandese. (A.E.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

24 gennaio 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

Grave attentato in Iran. Due bombe hanno scosso stamani la città di Ahwaz, importante centro petrolifero nella parte meridionale del Paese islamico. Nella città era prevista una visita del presidente Ahmadinejad, poi cancellata. Il nostro servizio:

 

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Sono almeno otto le persone rimaste uccise per l’esplosione di due ordigni nella città di Ahwaz, nel sud del Paese, dove il capo di Stato iraniano, Mahmud Ahmadjnejad, avrebbe dovuto tenere un comizio. Gli attentati hanno preso di mira una banca e un edificio governativo. Forse lo stesso Ahmadjnejad era l’obiettivo degli attacchi: le bombe sono scoppiate, infatti, proprio quando il presidente avrebbe dovuto prendere la parola. La visita di Ahmadjnejad è stata invece annullata all’ultimo momento per le avverse condizioni meteorologiche. Ahvaz e la provincia del Khuzestan sono teatro di frequenti scontri tra le autorità iraniane e la minoranza araba. Il governo è particolarmente sensibile alle proteste e allo scontento nel Khuzestan perché nel suo sottosuolo si trovano le maggiori riserve di petrolio del Paese, le seconde al mondo. La regione è scossa da forti tensioni recentemente alimentate dalla notizia, non confermata dal governo, del piano per un trasferimento di cittadini non arabi nella provincia per diminuire l’influenza della comunità araba. Intanto, per cercare di superare un’altra grave frattura, quella tra Teheran e Occidente sul dossier nucleare iraniano, è arrivato a Mosca  il capo negoziatore del programma atomico della Repubblica islamica, Ali Larijani.

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Ma quali possono essere i motivi dietro questo duplice attacco nella città di Ahwaz? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Caren Davidkhanian, giornalista iraniana del quotidiano “Il Riformista”:

 

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R. - Sono diversi mesi che la città di Ahwaz è teatro di manifestazioni di protesta e di episodi di violenza.  Questi stessi fatti avvengono, del resto, anche nel Baluchistan iraniano, dall’altra parte del Paese, cioè nel sud est. La zona di Ahwaz è molto calda; qui gli arabi spesso vengono accusati dal Governo di volersi separare da Teheran, cosa che invece loro rifiutano. Dicono che vogliono una specie di federalismo. Comunque, chiedono più autonomia per la regione.

 

D. – C’è, secondo te, un qualche collegamento tra questo episodio destabilizzante e la crisi nucleare su cui l’Iran sta dibattendo con l’Occidente?

 

R. – E’ molto difficile dire quale sia il motivo vero di questo attentato. L’attentato potrebbe essere organizzato dal regime stesso per cercare di creare un clima di paura e cercare di portare la popolazione dalla sua parte. L’altra tesi è che potrebbe essere un attentato legato al gruppo di Mujahedin e quindi da una parte dell’opposizione. Una parte che però è un gruppo riconosciuto come terrorista da Washington e da Bruxelles. Un’altra ipotesi è quella di un’infiltrazione di gruppi di opposizione dall’Iraq.

 

D. – Quindi, secondo te, è una situazione questa che favorisce o danneggia il regime di Ahmadinejad?

 

R. – No, non credo. Chi sta con Ahmadinejad sarà con Ahmadinejad, che ci siano attentati o meno. Chi non sta con Ahmadinejad, invece vede questi attentati come un tentativo di regime, di cercare di vincere la simpatia della popolazione o, comunque, di mettere paura e di far vedere che è meglio la stabilità con il Mullah che la destabilizzazione senza il Mullah.

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In Iraq, due ingegneri tedeschi sono stati rapiti da uomini armati nella città petrolifera di Baiji. Secondo quanto comunicato dalla Polizia, i due erano addetti ad uno degli impianti del complesso industriale petrolifero che circonda la più grande raffineria del Paese. Intanto, è stata rinviata a domenica prossima l’ottava udienza del processo all’ex presidente iracheno Saddam Hussein, inizialmente prevista per oggi.

 

Dopo 13 anni di potere liberale, il Canada svolta a destra: i conservatori di Stephen Harper hanno vinto le elezioni politiche, superando i liberali del premier uscente Paul Martin. L’affermazione non è però schiacciante e i conservatori, che hanno conquistato 124 seggi su 308, dovranno governare con l’appoggio del centro sinistra. Sul piano internazionale, si profila un riavvicinamento del Canada agli Stati Uniti. Il partito di centrodestra appoggia, infatti, la guerra in Iraq, si oppone al protocollo di Kyoto sulle emissioni di gas inquinanti e sostiene il progetto dello scudo spaziale per il Nord America avanzato dal Pentagono.

 

Il presidente del Congo  Brazzaville, Denis Sassou Nguesso, è stato designato presidente dell’Unione Africana. Il Sudan assumerà invece la presidenza nel 2007. Lo hanno deciso capi di Stato e di governo che hanno partecipato al vertice dell’Unione Africana, apertosi ieri a Khartoum.

 

 

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