RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 23 - Testo della trasmissione di lunedì 23 gennaio 2006
IL
PAPA E
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Ondata di gelo proveniente dalla Siberia
in tutta l’Europa
Al
via oggi in Sudan, a Khartoum, il sesto vertice dell’Unione Africana
In
assemblea a Roma da questo pomeriggio il Consiglio episcopale permanente della
CEI
Ultime battute della campagna elettorale nei
Territori palestinesi
23
gennaio 2006
DIO E’
AMORE, LA FORZA CHE CAMBIA IL MONDO E RISVEGLIA
LA
SPERANZA: BENEDETTO XVI ILLUSTRA I TEMI FORTI DELLA SUA PRIMA
ENCICLICA
DEUS CARITAS EST, NEL DISCORSO AI
PARTECIPANTI
AL CONVEGNO SULLA CARITA’, PROMOSSO DA “COR
UNUM”
L’amore di Dio che cambia il mondo e risveglia la speranza
è il cuore della fede cristiana: Benedetto XVI sceglie l’occasione dell’incontro
con i partecipanti al convegno sulla carità, promosso dal Pontificio Consiglio “Cor Unum”, per parlare
della sua prima Enciclica. Stamani, dunque, il Papa ha anticipato i temi forti della Deus Caritas est,
che verrà pubblicata mercoledì prossimo. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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“L’amor che move il sole e l’altre stelle”: cita la Divina Commedia di Dante, Benedetto XVI per
illustrare la sua prima Enciclica, Deus Caritas
est. Il poeta fiorentino, spiega il Papa, mostra come luce e amore sono
“una cosa sola”. Dio è luce infinita, ma questo Dio,
aggiunge, “ha un volto umano, un cuore umano”. Per questo, sottolinea il
Pontefice, l’eros di Dio, “non è soltanto una forza cosmica primordiale”, ma “amore che ha creato l’uomo e si china verso
di lui, come si è chinato il buon Samaritano verso l’uomo ferito e derubato”.
Il Papa si sofferma quindi sulla parola amore oggi, “così sciupata, così consumata
e abusata – si rammarica il Papa – che quasi si teme di lasciarla affiorare
sulle proprie labbra”. Pensiero corredato da una viva esortazione:
“Noi non possiamo
semplicemente abbandonarla, ma dobbiamo riprenderla, purificarla e riportarla
al suo splendore originario, perché possa illuminare la nostra vita e portarla
sulla retta via. È stata questa consapevolezza che mi ha indotto a scegliere
l'amore come tema della mia prima Enciclica”.
“Era mio desiderio – afferma ancora – di dare risalto alla centralità
della fede in Dio, in quel Dio che ha assunto un volto umano e un cuore umano”:
“La fede non è una teoria che si può far propria o anche accantonare. È
una cosa molto concreta: è il criterio che decide del nostro stile di vita. In
un'epoca nella quale l'ostilità e l'avidità sono diventate superpotenze,
un'epoca nella quale assistiamo all'abuso della religione fino all'apoteosi
dell'odio, la sola razionalità neutra non è in grado di proteggerci. Abbiamo
bisogno del Dio vivente, che ci ha amati fino alla morte”.
Benedetto XVI indica così i tre temi forti della sua Enciclica: Dio,
Cristo e Amore, che, nella Deus Caritas
est “sono fusi insieme come guida centrale della fede cristiana”:
“Volevo mostrare l'umanità della fede, di cui fa parte l'eros – il ‘sì’ dell'uomo alla sua corporeità creata da Dio, un ‘sì’
che nel matrimonio indissolubile tra uomo e donna trova la sua forma radicata
nella creazione”.
Proprio nel matrimonio, prosegue, “avviene anche che l’eros
si trasforma in agape, che l'amore per l'altro non cerca più se stesso,
ma diventa preoccupazione per l'altro, disposizione al sacrificio per lui e
apertura anche al dono di una nuova vita umana”. Il Papa evidenzia dunque come l’amore per il
prossimo nella sequela di Cristo non sia qualcosa di “estraneo, posto accanto o
addirittura contro l’eros”. Anzi, aggiunge, “nel sacrificio che Cristo
ha fatto di sé per l'uomo ha trovato una nuova dimensione che, nella storia
della dedizione caritatevole dei cristiani ai poveri e ai sofferenti, si è
sviluppata sempre di più”. Il Pontefice rivolge così il pensiero alla struttura
della Deus Caritas
est:
“Una prima lettura
dell'Enciclica potrebbe forse suscitare l'impressione che essa si spezzi in due parti tra loro poco collegate: una prima parte
teorica, che parla dell'essenza dell'amore, e una seconda che tratta della
carità ecclesiale, delle organizzazioni caritative. A me però interessava
proprio l'unità dei due temi che, solo se visti come un'unica cosa, sono
compresi bene”.
Il Papa spiega, quindi, che occorreva innanzitutto
trattare l’essenza dell’amore alla “luce della testimonianza biblica”. Mostrare
che “l’uomo è creato per amare come questo amore, che inizialmente appare
soprattutto come eros tra uomo e
donna, deve poi interiormente trasformarsi in agape, in dono di sé all'altro – e ciò proprio per rispondere alla
vera natura dell'eros”. Questa
“essenza dell’amore di Dio”, rileva il Papa, è proprio “il centro
dell’esistenza cristiana, è il frutto della fede”. Ma questo amore non può mai
restare “una cosa solamente individuale”. Deve, afferma il
Pontefice, “diventare anche un atto essenziale della Chiesa come comunità:
abbisogna cioè anche della forma istituzionale che s’esprime nell’agire
comunitario della Chiesa”:
“L'organizzazione
ecclesiale della carità non è una forma di assistenza sociale che s'aggiunge
casualmente alla realtà della Chiesa, un'iniziativa che si potrebbe lasciare anche
ad altri. Essa fa parte invece della natura della Chiesa”.
Il Papa mette dunque l’accento su questa attività, che “oltre al primo
significato molto concreto dell'aiutare il prossimo, possiede essenzialmente anche
quello del comunicare agli altri l'amore di Dio, che noi stessi abbiamo
ricevuto”. Essa, è la sua esortazione “deve rendere in qualche modo visibile il
Dio vivente”. Ancora, è stato l’avvertimento di Benedetto XVI, “Dio e Cristo
nell’organizzazione caritativa non devono essere parole estranee”, la forza
della Caritas, infatti, “dipende dalla forza della
fede di tutti i membri e collaboratori”:
“Lo spettacolo dell'uomo
sofferente tocca il nostro cuore. Ma l'impegno caritativo ha un senso che va
ben oltre la semplice filantropia. È Dio stesso che ci spinge nel nostro intimo
ad alleviare la miseria. Così, in definitiva, è Lui stesso che noi portiamo nel
mondo sofferente”.
“Il nostro amore cambierà il mondo”: conclude Benedetto XVI, il nostro
amore “risveglierà la speranza, una speranza che va al di là della morte”.
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“…. Ma di tutte più grande è la carità”: diceva San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi,
frase da cui Cor Unum ha tratto il
tema della Conferenza, aperta stamane nell’Aula Nuova
del Sinodo, in Vaticano. Ascoltiamo la cronaca di questa mattina, nel servizio
di Roberta Gisotti
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“Deus Caritas est”, la prima enciclica di
Benedetto XVI, al centro dell’interesse di questa Conferenza, cui partecipano,
oggi e domani, oltre 200 tra cardinali, arcivescovi e delegati delle Conferenze
episcopali di tutto il mondo insieme ad ambasciatori,
responsabili di Caritas, di enti internazionali di
assistenza, di organismi non governativi e del mondo accademico. Ad introdurre
i lavori è stato l’arcivescovo Paul Josef Cordes, presidente del Pontificio
Consiglio Cor Unum, che si è subito
riferito all’Enciclica del Papa osservando - appunto – che Benedetto XVI ha
scelto una tematica l’Amore “inaspettata e stupefacente” per l’ex presidente
della Congregazione per la Dottrina della Fede, Joseph
Ratzinger, da cui ci poteva aspettare altri
approfondimenti teologici; “una scelta – ha detto - dove il Papa dà prova di sé
come pastore, consapevole dei sentimenti, dei desideri degli esseri umani”. E
compito di questa Conferenza sarà proprio di attirare l’attenzione di tutti su
questa Enciclica, perché la sua verità centrale abbia buon fine anche al di
fuori della Chiesa: “l’amore motore invisibile e
nascosto che anima tutti noi e le nostre attività” E “chi percepisce con le
orecchie e gli occhi aperti quello che rivela Dio, non può fare a meno di
guardare il suo vicino”.
Dopo l’arcivescovo Cordes hanno preso la parola James
Wolfensohn, ex presidente della Banca Mondiale e
Denis Vienot, presidente della Caritas
Internationalis, in un confronto – moderato
dall’arcivescovo di Dublino Diarmuid Martin - sui temi della fede e dello sviluppo uniti dallo
spirito di carità. In particolare Wolfensohn, alla
luce dei suoi viaggi in 140 Paesi, ha lanciato un appello perché nella lotta
alla povertà la Chiesa, forte della sua continuità millenaria nell’opera caritatevole,
possa collaborare e dialogare - insieme anche alle altre religioni - con gli
Stati e le istituzioni che hanno un fondamento politico contingente. Bisogna uscire
fuori da una mentalità di scontro e dare prova di
apertura mentale, ha detto. In linea con l’ex dirigente della Banca Mondiale,
il presidente della Caritas, Vienot
ha posto l’urgenza di globalizzare la carità, quando
un quarto dell’intera popolazione mondiale ancora oggi vive in stato di estrema
povertà. Dopo l’udienza concessa loro dal Papa i partecipanti alla Conferenza
torneranno nel pomeriggio a riunirsi per ascoltare il racconto di sei testimoni
della carità nel mondo di oggi. E domani mattina, in programma, la
testimonianza della regista italiana, Liliana Cavani,
su come da laica ha avvertito il richiamo alla carità nella sua opera cinematografica.
A chiudere i lavori sarà una lezione teologica sulla carità del cardinale
Francis George, arcivescovo di
Chicago, cui seguirà alle ore 17 una Santa Messa nella Basilica di San Pietro,
presieduta dal cardinale Roger Etchegaray.
Dall’Aula Nuova del Sinodo, Roberta Gisotti.
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ALTRE
UDIENZE E NOMINE
Stamane il Papa ha ricevuto in successive
udienze il cardinale Ignace Moussa
I Daoud, prefetto della Congregazione per le Chiese
Orientali, e due presuli della Repubblica Democratica del
Congo in visita ad limina, mons. Gérard Mulumba Kalemba, vescovo di Mweka,
e mons. Nicolas Djomo Lola, vescovo di Tshumbe.
Il Santo Padre ha quindi accettato la rinuncia al governo
pastorale dell’arcidiocesi di Bamenda, in Cameroun, presentata da mons. Paul
Verdzekov, per raggiunti limiti di età. Gli succede
mons. Cornelius Fontem Esua, coadiutore della medesima arcidiocesi.
INIZIA OGGI A ROMA L’ASSEMBLEA DELLA ROACO, CHE
RIUNISCE LE OPERE
DI ASSISTENZA ALLE CHIESE ORIENTALI CATTOLICHE. AL
CENTRO DEI LAVORI,
IL FUTURO DELLA COMUNITA’ CATTOLICA IN ISRAELE
E IL PROBLEMA DELLA FORMAZIONE NELLE CHIESE ORIENTALI
IN ROMANIA ED ERITREA
- Intervista con don Leon Lemmens -
Inizia nel pomeriggio a Roma
l’Assemblea della ROACO, l’organismo
che riunisce le Opere di assistenza alle Chiese Orientali cattoliche. Due i temi al centro dei lavori (che
si concluderanno il 27 gennaio): il primo argomento tocca il futuro della
Chiesa Cattolica all’interno dello Stato di Israele; il secondo riguarda la
formazione di presbiteri, seminaristi e laici delle varie Chiese Orientali, con particolare
riferimento alla Romania e all'Eritrea. Grandi sono le necessità di queste
Chiese che richiedono un supplemento di solidarietà a tutta la comunità
cristiana. Ascoltiamo in proposito il direttore della ROACO, don Leon Lemmens, intervistato da
Giovanni Peduto:
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R. – L’importante è che ci sia una solidarietà tra tutti i
cristiani, un senso di appartenere ad una stessa famiglia. Questo vuole dire
che una Chiesa in Europa o negli Stati Uniti è chiamata ad interessarsi anche
ad una Chiesa in Medio Oriente o nell’Est europeo, non soltanto finanziariamente:
è chiamata cioè ad avere un legame di amore, di interesse profondo, cosicché ci
sia veramente una circolazione di vita tra tutte le Chiese e questo non
soltanto nel senso del nostro dare a loro, ma anche nel senso del nostro
ricevere da loro. Penso ad esempio alla tradizione ricchissima di queste Chiese
orientali: pensiamo alla liturgia, alla spiritualità, alla patristica. Ecco
promuovere questa circolazione di vita tra tutti, dove tutti hanno da ricevere
e da dare: questo mi
pare sia lo scopo principale di quello che noi vogliamo fare.
D. – Lo scorso giugno il Papa incontrandovi ha detto che
di fronte all’individualismo del nostro tempo i cristiani sono chiamati ad
essere sempre di più testimoni di una solidarietà senza frontiere per costruire
un mondo dove tutti sono accolti e rispettati …
R. – Certo noi viviamo in un tempo in cui c’è la
tentazione di rinchiuderci dentro le proprie frontiere, che possono essere le
frontiere nazionali o le frontiere della propria Chiesa nazionale o le frontiere
di un continente, come l’Unione Europea. Si potrebbero dare tanti esempi di
questa chiusura, mentre il Vangelo spinge proprio all’apertura, ad interessarsi
al mondo, a tutti, a diffondere un amore universale. Questo,
certamente, tocca prima di tutto i cristiani stessi. Non si può essere
cristiani interessandosi soltanto alle proprie cose, ma bisogna interessarsi a
tutti i cristiani, cioè entrare in questa grande famiglia per essere una
famiglia di cristiani nel mondo. Ciò mi pare molto importante in questo tempo
in cui si parla di scontro fra le culture, in cui vediamo anche la necessità
della solidarietà, per esempio tra cristiani in Europa e in Africa. In Europa i
cristiani stanno bene, mentre in Africa stanno morendo addirittura di fame o
per le malattie, essendo privi di cure. E’ un tema, penso, molto caldo, molto
importante per il nostro tempo.
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CONCORDIA CRESCENTE, CONFRONTI E SEMINARI DI
STUDIO, INCONTRI:
COME
CRESCE IL DIALOGO ECUMENICO TRA CATTOLICI, ORTODOSSI,
MEMBRI
DELLE CHIESE D’ORIENTE E DI QUELLE RIFORMATE
-
Intervista con padre Jozef Maj,
mons. Johan Bonny e mons. John Radano -
“Missione nel nome di Gesù. 'Il
Padre vostro che è in cielo vuole che nessuna di queste persone semplici vada perduta'”. Recita così il titolo della sesta giornata della
Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che – tra celebrazioni solenni
di carattere ecumenico a Roma e nel mondo - si avvicina alla conclusione di
mercoledì prossimo, nella Basilica di S. Paolo fuori le Mura, alla presenza di Benedetto
XVI. Tra le relazioni più importanti della Chiesa cattolica con quelle
ortodosse di tradizione slava si inserisce certamente il dialogo con il Patriarcato
russo di Mosca. Giovanni Peduto ne ha parlato con un esperto del Pontificio
Consiglio per la promozione
dell’unità dei cristiani, padre Jozef Maj:
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R. – Tra gli avvenimenti che hanno segnato l’anno scorso
individuerei due momenti molto importanti successi l’anno scorso. Il funerale
di Giovanni Paolo II e il solenne inizio del Pontificato di Papa Benedetto XVI.
Al funerale di Papa Giovanni Paolo II sono state presenti varie delegazioni
delle Chiese ortodosse e anche una delegazione del Patriarcato di Mosca,
guidata dal metropolita Kyril, presidente del
Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato. Una
presenza che certamente non si può definire solo protocollare. Durante gli anni
che sono trascorsi dal Concilio Vaticano II, e anche nell’arco del Pontificato
di Giovanni Paolo II, ci sono stati vari contatti, positivi anche se non privi
di ombre. Quindi, anche questa presenza ha voluto esprimere una vicinanza tra
le Chiese nei momenti particolari della loro vita. Anche il solenne inizio del
Pontificato di Benedetto XVI ha visto la partecipazione di una delegazione del
Patriarcato di Mosca. Altro evento è stata il Sinodo dei vescovi
sull’Eucaristia: in questa circostanza, all’apertura è stato presente un
vescovo della Chiesa ortodossa russa. Poi è stata assicurata la presenza di un
altro sacerdote a Roma, che svolge funzioni di parroco della comunità ortodossa
russa. C’è stata poi una partecipazione di un rappresentante del Patriarcato di
Mosca al Simposio sul genoma umano, una questione molto importante, di grande
interesse per la Chiesa ortodossa russa, che ha elaborato un compendio, o
meglio dei principi fondamentali della Dottrina sociale della Chiesa ortodossa
russa, approvati dall’Assemblea dei vescovi di questa Chiesa nel 2000. Da parte
cattolica, oltre all’incontro di inizio Pontificato di Benedetto XVI con il
metropolita Kyril, va ricordato il viaggio del cardinale
Kasper a Mosca nel mese di giugno, dove si è voluto
proseguire il discorso iniziato a Roma sulla collaborazione nei settori molto
importanti della vita odierna, non solo dell’Europa, ma anche del mondo,
specialmente sui valori cristiani. Inoltre, a Mosca è stato presente anche
mons. Lajolo, per una visita di lavoro con le autorità
della Federazione russa ma anche per un incontro con lo stesso metropolita Kyril. A novembre, poi, il cardinale Martino, presidente
del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, ha presentato a San Pietroburgo e
poi a Mosca una traduzione russa del compendio della Dottrina sociale della
Chiesa. Questa presentazione ha avuto una vasta eco e anche in questa
circostanza il cardinale ha incontrato il metropolita Kyril
per individuare le vie di collaborazione nel campo della dottrina sociale tra
le nostre due Chiese. Questa collaborazione è importante perché si basa proprio
sul Vangelo, su questa forza liberante del Vangelo: il servizio al mondo che le
nostre Chiese possono fare, illustrando i principi di giustizia, di pace in
ogni campo della vita umana.
D. – Cosa è possibile prevedere per il futuro di queste
relazioni?
R. – Io mi auguro che possa proseguire ciò che è stato
individuato nell’arco dell’anno passato, cioè questa collaborazione più
visibile, affinché possa essere data una testimonianza al mondo intero, cioè i
cristiani radicati nel Vangelo, d’accordo comune come forza liberante del
Vangelo, portino i suoi valori nel mondo.
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Guardando sempre a est, la Chiesa di Roma da oltre 1500
anni è in dialogo con le Antiche Chiese Orientali, la cui origine risale al
tempo del Concilio di Calcedonia, nel 451, quando
alcune Chiese nella parte orientale dell’Impero Romano non accettarono alcune
definizioni di questo Concilio riguardante la persona e le due nature di Gesù
Cristo. In questa denominazione si riconoscono la Chiesa copta-ortodossa,
in Egitto - con accanto la Chiesa ortodossa in Eritrea
e in Etiopia - la Chiesa siro-ortodossa, la Chiesa
armena-apostolica, con i due Catholicosati di Antelias, in Libano, e quello in Armenia, e infine la
Chiesa malancarese-ortodossa, in India. Lo
specialista di questo settore in seno al Pontificio Consiglio per la promozione
dell’unità dei cristiani, mons. Johan Bonny, ne descrive lo stato attuale dei rapporti con la
Chiesa cattolica, al microfono di Giovanni Peduto:
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R. – In Medio Oriente, l’ecumenismo è molto importante
perché in questa zona sono presenti tutte le Chiese e le comunità ecclesiali
cattoliche, ortodosse, le Antiche Chiese d’Oriente, e anche Chiese e comunità
di tradizione protestante. Inoltre, si è sviluppata e si sta sviluppando ancor
più una vita ecumenica molto intensa. C’è ad esempio, la riunione dei
Patriarchi del Medio Oriente, finalizzata a rinsaldarne la collaborazione. C’è
un Consiglio per le Chiese del Medio Oriente che organizza tanti impegni nel
settore della carità, dell’educazione, della teologia. Poi tra le facoltà ed i
seminari, in Medio Oriente, già esiste una bella collaborazione, scambio di
studenti e di professori. Importante in Medio Oriente è anche la preghiera:
varie sono le comunità monastiche o contemplative, i cui membri pregano ogni
giorno per l’unità dei cristiani, in un contesto socio-politico ed economico
abbastanza difficile. C’è poi il problema dell’immigrazione, con molti
cristiani che preferiscono tuttora spostarsi in altri continenti. L’insieme è
un quadro di cristiani tutti in situazioni di minoranza, in situazioni spesso
di instabilità, ma provano tuttavia a mantenere viva
la fiamma del cristianesimo in questa zona in cui è nato il cristianesimo.
Sull’agenda dei prossimi impegni figurano i temi dell’ecclesiologia, legati
specialmente a tre temi: i vescovi e la successione apostolica, la relazione
tra il Primato del Papa nella Chiesa e la sinodalità
o la collegialità dei vescovi, e quindi il tema de sinodi a livello locale,
regionale o anche internazionale, e dei concili ecumenici.
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L’Alleanza mondiale delle Chiese Riformate ha sede in
Ginevra. Si tratta di 215 Chiese Riformate, Congregazionali
e Presbiteriane presenti in tutto il mondo. Con essa,
da 40 anni la Chiesa cattolica ha avviato un dialogo in più fasi. A fare il
punto è mons. John Radano, anch’egli esperto del settore all’interno del
Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. L’intervista è di
Giovanni Peduto:
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R. – Dal Concilio Vaticano II, abbiamo avuto tre fasi di dialogo con le Chiese riformate e solo in questo momento
abbiamo finito la terza fase e siamo quindi in grado di definire il rapporto
relativo a questa fase sotto il titolo “Le Chiese come comunità di testimonianza
al Regno di Dio”. Una cosa molto importante è avvenuta una decina di giorni fa,
quando qui a Roma abbiamo avuto la visita di una delegazione ufficiale
dell’Alleanza mondiale. Questa è la prima volta che abbiamo avuto questo tipo
di delegazione ufficiale. Hanno voluto incontrare il Santo Padre e parlare con il
nostro Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, con l’intento di continuare il dialogo,
di trovare un modo per offrire una testimonianza comune. C’è stata, in questi
ultimi anni, un’attenzione particolare sui problemi della giustizia nel mondo.
Per le Chiese Riformate questo è un campo molto importante, sul quale hanno
avuto anche una riunione con il Pontificio Consiglio per la Giustizia e la
pace, per spiegare il loro lavoro ed ascoltare quello compiuto dal dicastero
vaticano, e anche per parlare della possibilità della comune testimonianza per
quanto riguarda la giustizia nel mondo. Questo è un segno e un progresso nelle
nostre relazioni con le Chiese Riformate.
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COMUNICATO DELLA LIBRERIA EDITRICE VATICANA
IN
MERITO AD UN ARTICOLO PUBBLICATO SUL QUOTIDIANO “LA STAMPA”
CIRCA
I DIRITTI SUGLI SCRITTI DEL PAPA
Il decreto del cardinale Sodano – precisa la nota della
LEV – “segue senza soluzione di continuità”, l’“analogo provvedimento” del
1978, siglato dall’allora segretario di Stato, il cardinale Jean
Villot, che dimostra come, sin dall’epoca, siano
stati “esplicitamente e volutamente” affidati alla Libreria Editrice Vaticana
“la tutela e l’esercizio dei diritti d’autore non solo sui testi di tutte le opere
di Magistero del Sommo Pontefice ma anche sui testi di tutte le opere prima del
cardinale Karol Wojtyla e, ora, del cardinale Joseph Ratzinger”. Tali
provvedimenti sono tutt’altro che ignoti giacché, si
legge nel comunicato, “regolarmente pubblicati su Acta
Apostolicae Sedis (la
raccolta ufficiale degli atti della Santa Sede) e divulgati attraverso i più
efficienti mezzi di comunicazione”.
Anche il promemoria del direttore della Libreria Editrice
Vaticana, Don Claudio Rossini – nel quale si esplicano
le modalità applicative dei provvedimenti – non è per nulla “riservato”, come scrive
Infine, in merito alla richiesta di € 15.000,00 rivolta ad
una casa editrice milanese per l'utilizzo di “una trentina di righe del
discorso ‘pro eligendo pontifice’
tenuto da Ratzinger in conclave e di quello di
‘incoronazione’”, si precisa che tale domanda è stata avanzata dalla Libreria
Editrice Vaticana per la pubblicazione di un volume ove così si scrive
all’inizio dell’introduzione: “tutto quello che
troverete, dalla fine di questa introduzione in poi, appartiene alla penna o
alla voce di Joseph Ratzinger”.
Il volume, giunto alla seconda edizione, consta di 124 pagine ed è venduto al
prezzo di copertina di 9,90 euro.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina – “Nella mia prima
Enciclica i temi di ‘Dio’, ‘Cristo’ e ‘Amore’ sono
fusi insieme come guida centrale della fede cristiana”: nel discorso ai
partecipanti all’incontro promosso dal Pontificio Consiglio “Cor Unum”
Benedetto XVI evidenzia che l’atto personale dell’“agape” deve diventare atto
essenziale della Chiesa come comunità.
Sempre in prima, in evidenza il
titolo “Un giorno saremo una cosa sola”: l’Angelus recitato dal Santo Padre nel
cuore della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
Servizio vaticano – L’omelia
del cardinale Angelo Sodano nella Messa per i 500 anni della Guardia Svizzera.
Servizio estero - Per la
rubrica dell’“Atlante geopolitico” un articolo di Pieluigi Natalia dal titolo “Kosovo:
lutto per Rugova e inquietudine per il futuro”.
Servizio culturale - Un
articolo di Emanuele M. Ciampini dal titolo “Un ‘libro’ aperto sulla civiltà dei Faraoni”: il Museo Egizio
fra storia e attualità.
Servizio italiano - In primo
piano il tema delle elezioni. Fine legislatura: attesa per il parere di Ciampi; Berlusconi ha chiesto una
proroga.
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23 gennaio 2006
APERTO
A GINEVRA L’INCONTRO DELLE ORGANIZZAZIONI CATTOLICHE IMPEGNATE
NELLA LOTTA ALL’AIDS. APPELLO AD UNA MAGGIORE
COLLABORAZIONE
CON LE
AGENZIE INTERNAZIONALI PER COMBATTERE LA PANDEMIA
-
Intervista con Duncan MacLaren
-
E’ iniziato stamane a Ginevra,
in Svizzera, l’incontro delle organizzazioni cattoliche mondiali impegnate
nella lotta all'AIDS. L'appuntamento promosso dalla Caritas
Internationalis intende porre l'accento sulla
necessità di aumentare progressivamente le risorse da destinare al contrasto
della pandemia e sull'importanza di rafforzare la collaborazione tra realtà
cattoliche ed agenzie internazionali. Sugli obiettivi di questo incontro ascoltiamo il
segretario generale della Caritas Internationalis
Duncan MacLaren, al
microfono di Philippa Hitchen:
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R. – Il primo scopo è rafforzare il rapporto con le
organizzazioni cattoliche che si occupano dell’AIDS nel mondo: vogliamo un
migliore coordinamento dei nostri sforzi. Il secondo scopo è migliorare ed
approfondire la collaborazione con il sistema delle Nazioni Unite. Per esempio,
come Caritas Internationalis
noi abbiamo un accordo, ma vogliamo migliorare questi rapporti come ‘praticanti
sul campo’. Poi, il terzo scopo, forse quello più importante,
è quello di migliorare i nostri sforzi insieme, perché in questa epoca stiamo entrando
in una nuova fase dell’AIDS. Abbiamo, per esempio, 22 milioni di orfani causati
da questa malattia; ci sono 60 milioni tra morti e persone che convivono con il
virus. In questa nuova fase, dobbiamo avere una pianificazione più profonda,
più strategica con le organizzazioni cattoliche, per affrontare questa
pandemia. Alla fine, speriamo di riuscire ad avere un piano strategico per
riuscire ad affrontare l’AIDS ma insieme, come organizzazioni cattoliche, con i
nostri collaboratori nelle altre organizzazioni ecumeniche ed anche con il
sistema delle Nazioni Unite.
D. – In passato, si può dire che ci sono stati molti
contrasti tra il punto di vista della Chiesa – soprattutto nel campo della
prevenzione dell’AIDS – e il punto di vista dell’ONU e di vari governi.
Possiamo dire che questa fase del conflitto è superata?
R. – Non direi ‘superata’, direi che questo conflitto è
diminuito parzialmente perché il sistema delle Nazioni Unite ha visto cosa fa
la Chiesa con la gente che soffre. Poi, la seconda cosa è che quello che
abbiamo detto in passato sulla prevenzione è che la prevenzione migliore è la
castità e la fedeltà all’interno del matrimonio, che è vero: questo è il modo
migliore per evitare l’AIDS! Poi, abbiamo incominciato un dialogo e andiamo avanti,
perché al 99% siamo d’accordo con le strategie e dobbiamo lavorare insieme per
affrontare questo che è un pericolo per tutta l’umanità. Ma devo dire che anche
dal Papa è venuta una grande leadership su questo argomento dell’AIDS. Giovanni
Paolo II ha detto che dobbiamo amare le nostre sorelle e i nostri fratelli
malati di AIDS e lui ha abbracciato i malati, come esempio per tutti noi.
Abbiamo visto dalle parole di Papa Benedetto XVI che lui continua questo
insegnamento, e questo è un incoraggiamento per tutto quello che noi cerchiamo
di fare nel campo dell’AIDS.
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23 gennaio 2004
ONDATA
DI GELO PROVENIENTE DALLA SIBERIA IN TUTTA L’EUROPA.
IN
POLONIA REGISTRATI MENO 30 GRADI. DIVERSI I MORTI PER ASSIDERAMENTO
ROMA. =
L’intera Europa colpita da un’ondata di freddo proveniente dalla
Siberia. In Italia sta soffiando il ‘Burian’, un vento che ha portato gelo in tutte le regioni e
temperature sotto lo zero. A Milano un immigrato cingalese è stato trovato
morto in un giardino pubblico. 4 i decessi registrati in Germania e a Berlino
si registrano 18 gradi sotto lo zero. In Polonia sono almeno 140 i morti per il
freddo dall’inizio di questo inverno, per la maggior parte senzatetto. Un treno
proveniente dalla località sciistica di Zacopane e
diretto a Varsavia, è rimasto fermo per dieci ore a causa delle abbondanti
nevicate che hanno danneggiato la linea elettrica. Per fare fronte al
fabbisogno nazionale la compagnia PGNIG, che gestisce la fornitura di gas nel
Paese, è stata costretta a tagliare le erogazioni alle industrie. In Estonia il
termometro è rimasto fermo a meno 30. In Lituania
sistemi di riscaldamento obsoleti hanno causato un centinaio
di incendi e 2 morti assiderati si sommano agli altri 6 dei giorni scorsi.
Rimangono moltissime le case prive di acqua a Vilnius
e Kaunas, a causa del congelamento delle condutture.
E anche in Ucraina si continua a morire per il gelo: 3 le nuove vittime e 86 i
ricoverati per principi di assideramento. Scuole e miniere sono rimaste chiuse
in tutto il Paese e il termometro registra 30 sotto lo zero. Stessa temperatura
in Turchia, dove migliaia di villaggi sono completamente isolati a causa delle
forti nevicate. Un uomo è morto ieri per congelamento dopo che si era
avventurato su una montagna assieme ad un amico. L’eccezionale ondata di gelo
che da giorni continua ad affluire dalla Siberia, imperversando
sul resto della Russia, soltanto nelle ultime 24 ore a Mosca ha mietuto 3
vittime. Sale così a 131 il numero complessivo delle persone che nella capitale
hanno perso la vita dall’inizio dell’inverno per ipotermia o altre cause legate
al freddo intenso. Sono 95 invece i ricoverati in ospedale. (T.C.)
AL VIA
OGGI IN SUDAN, A KHARTOUM, IL SESTO VERTICE DELL’UNIONE AFRICANA.
POLEMICHE
SULLA POSSIBILE GUIDA SUDANESE DELL’ORGANISMO
KHARTOUM.
= “Educazione e Cultura”: questo il tema del sesto vertice dell’Unio-ne
Africana (Ua) aperto oggi in Sudan, a Khartoum, con i
discorsi introduttivi del presidente di turno Olusegun
Obasanjo e del capo di Stato che ospita il Summit,
Omar Hassan el Beshir. L’incontro, scrive l’agenzia MISNA, rischia di
essere incentrato, soprattutto, sulle polemiche legate alla possibile guida
sudanese dell’or-ganismo panafricano e sulle tensioni
in corso in alcune zone del continente. Tranne qualche cenno dedicato alla
mostra sulle culture africane, organizzata dall’Unesco
e inaugurata dopo la cerimonia d’apertura, la copertura mediatica
del vertice è tutta dedicata alle trattative diplomatiche in corso per decidere
chi dovrà prendere la guida dell’Unione Africana per il 2006. Secondo la
tradizione, il Paese che ospita il primo dei due vertici annuali dell’Ua detiene anche la presidenza di turno. Ma la decisione di
affidare la guida dell’organismo al presidente sudanese Omar Hassan el Beshir
ha sollevato perplessità e critiche. Critici sulla possibilità di affidare la
guida dell’Ua a Khartoum anche i ribelli del Darfur (la regione occidentale sudanese teatro di scontri e
violenze), che temono una sorta di ‘conflitto di interessi’.
Proprio all’Ua, infatti, è stato affidato il delicato
compito di mediare tra le posizioni dei combattenti dell’ovest e quelle del
governo del Sudan per arrivare a una soluzione negoziata. Secondo
fonti giornalistiche internazionali, nelle ultime ore alcuni capi di
Stato (tra cui quelli di Botswana, Etiopia, Niger,
Gabon e Algeria) avrebbero depositato una richiesta formale in cui invitano il
presidente sudanese Beshir a rompere la tradizione e
cedere il passo come presidente di turno al congolese Denis Sassou
N’guesso. “Non è stata presa ancora nessuna
decisione, ne discuteremo oggi”, ha detto alla stampa il presidente senegalese Abdoulaye Wade. Tra gli assenti a
questo vertice spiccano il presidente ciadiano Idriss Deby, protagonista di una
crisi diplomatica proprio col Sudan che è stata inserita all’ultimo momento
nell’agenda del Summit. Assenti anche il presidente algerino Abdelaziz Bouteflika, l’ivoriano Laurent Gbagbo e l’egiziano Hosni Moubarak. (T.C.)
IN
ASSEMBLEA A ROMA DA QUESTO POMERIGGIO IL CONSIGLIO EPISCOPALE
PERMANENTE.
TRA I TEMI IN DISCUSSIONE LE INIZIATIVE PER LA PASTORALE GIOVANILE E
L’ORGANIZZAZIONE DELLA VISITA AD LIMINA DEI VESCOVI ITALIANI
ROMA. = Si apre
questo pomeriggio a Roma, alle 17, con la prolusione del cardinale Camillo Ruini, Presidente della CEI, il Consiglio episcopale
permanente, in Assemblea fino al 26 gennaio. All’ordine del giorno
l’approvazione dei verbali delle riunioni precedenti, la scelta del tema
principale della 56ª Assemblea Generale prevista dal 15 al 19 maggio, l’approvazione dei
programmi quinquennali delle Commissioni episcopali. Il Consiglio episcopale
deciderà anche le iniziative per la pastorale giovanile del prossimo decennio.
Al centro del dibattito saranno pure l’organizzazione della visita ad limina dei vescovi italiani, le
valutazioni e le prospettive per le Settimane Sociali dei Cattolici Italiani,
le ipotesi concernenti la revisione di alcuni meccanismi di calcolo della
remunerazione del clero e una bozza della traduzione italiana del “Martirologio
romano”. Il Consiglio Permanente approfondirà inoltre l’impegno per la
salvaguardia del Creato in prospettiva ecumenica e prenderà in esame i nuovi parametri
per l’edilizia di culto. (T.C.)
IN
DIFFICOLTÀ FINANZIARIE, IN FRANCIA, IL CANALE TELEVISIVO CATTOLICO KTO.
APPELLO
DELL’ARCIVESCOVO DI PARIGI, ANDRÉ VINGT-TROIS, AI CATTOLICI FRANCESI AFFINCHÈ
SOSTENGANO ECONOMICAMENTE LA TELEVISIONE CATTOLICA
PARIGI.= Il canale televisivo
cattolico, KTO, un punto di riferimento per tutto il mondo francofono, versa in
difficoltà finanziarie. L’arcivescovo di Parigi, mons. André
Vingt-Trois, riferisce oggi l’agenzia ZENIT,
rivolgendosi ai cattolici francesi, ha lanciato un appello per il sostegno
economico dell’emittente. Per salvare la televisione cattolica, la Conferenza
episcopale francese si è rivolta al programma della catena pubblica “France 2” Il Giorno del Signore, per intraprendere
una collaborazione strutturale con il canale cattolico. KTO, che trasmette dal
13 dicembre del 1999, tramite satellite, cavo e Internet, offre per 24 ore al giorno trasmissioni liturgiche, informazioni sulla vita
della Chiesa e soprattutto sugli avvenimenti di Roma. Il palinsesto include
anche programmi di formazione cristiana e spunti di riflessione e scambio su
varie esperienze umane. Il progetto a sostegno del canale cattolico, conta oggi
sull’appoggio di 60 diocesi francesi che si sono associate a partire dal 2004,
a sostegno del piano di risanamento finanziario e su oltre cento mila piccoli
donatori che hanno offerto circa 3 milioni di euro. (A.E.)
IL
CRISTO ACCANTO ALLE DIVINITÀ INDÙ DELLA TRADIZIONE INDIANA.
A
DIPINGERLO SARÀ IL PITTORE INDIANO, EDWIN PARMAR. DAL PORTAVOCE
DELLA
CONFERENZA EPISCOPALE, BABI JOSEPH,
L’APPREZZAMENTO
PER IL LAVORO DELL’ARTISTA
AHMEDABAD.= Un’opera monumentale in cui saranno raffigurati
elementi biblici e indù. Il pittore Edwin Parmar è al lavoro dallo scorso 5 dicembre, per realizzarla.
A riferirlo e l’agenzia Asianews. L’artista è
mosso dal desiderio di diffondere in tutto il mondo il messaggio di pace e fratellanza cristiano. Parmar
sta dedicando alla realizzazione dell’opera buona parte delle sue giornate.
Lavora, infatti, incessantemente per 16 ore al giorno.
Ha già dipinto oltre 112 metri degli oltre 143 pensati e vorrebbe ultimare il
suo lavoro entro febbraio, nutrendo così la speranza di entrare nel libro dei Guinness dei primati. L’idea di realizzare un gigantesco
affresco, in cui Cristo si cala nella tradizione indiana accanto alle divinità
indù, ha detto l’artista, nasce da un personale interrogativo: come sarebbe
stata la vita di Gesù, se fosse nato in un villaggio dell’India? La risposta
che il pittore si è dato a questa domanda è sintetizzata nella sua opera, dove
la cultura indiana si fonde a quella occidentale. Nelle sue rappresentazioni,
infatti, Maria indossa il sari e il dio indù Rama interagisce con Cristo. Il
tema centrale, afferma poi Parmar, resta la Bibbia,
dove “le religioni non hanno frontiere”. Nei dipinti dell’artista il messaggio
essenziale è la pace. Il pittore ha coperto personalmente buona parte delle
spese affrontate, giovandosi anche dell’aiuto della moglie, che per la causa ha
venduto tutti i suoi gioielli. Un contributo considerevole è arrivato anche
dalla Chiesa locale e dalle associazioni cristiane. A causa dei costi
dell’opera, è stato rivolto persino un appello a donatori generosi. In
un’intervista ad AsiaNews, il portavoce della conferenza dei vescovi
cattolici indiani e direttore della commissione per i media
Babi Joseph ha detto di
apprezzare l’opera di Parmar: “Il suo lavoro esemplare
– ha affermato – presenta e promuove il messaggio del Vangelo in maniera nuova
e creativa”. (A.E.)
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23
gennaio 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Sale la
tensione nei Territori palestinesi, alla vigilia delle legislative di
mercoledì. Un palestinese è morto ieri in un raid israeliano nella Striscia di
Gaza. Le truppe dello Stato ebraico hanno fatto sapere, intanto, che in questi
giorni rimarranno lontane dalle città palestinesi della Cisgiordania per permettere
il regolare svolgimento del voto. Il servizio da Hebron
di Andrea Cocco:
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Si conclude con un autentico tour de force la campagna elettorale per le legislative del
prossimo 25 gennaio. Città e villaggi palestinesi sono tappezzati di manifesti
e striscioni elettorali, mentre proseguono i comizi nei luoghi pubblici
all’interno delle sedi di partito e nelle università. Secondo quanto previsto
dalla legge elettorale, qualsiasi forma di propaganda dovrà cessare 24 ore
prima dell’apertura dei seggi. E’ un voto sentito quello per il rinnovo del
Parlamento di Ramallah, un’elezione che per la prima
volta vede la partecipazione di tutte le maggiori forze politiche palestinesi.
“Dopo 10 anni di governo di Al Fatah
- sottolinea un’insegnante di una scuola di Hebron -
abbiamo bisogno di un autentico cambiamento, di misure politiche in grado di
porre un freno alla disoccupazione che, in questi ultimi anni, ha raggiunto
livelli altissimi. Servono programmi di assistenza sociale, fine del sistema di
clientelismo all’interno delle istituzioni”. Il movimento islamico Hamas, principale avversario di Al
Fatah, ha fatto proprio della lotta alla corruzione
un suo cavallo di battaglia e secondo i sondaggi potrebbe arrivare a
conquistare oltre un terzo dei seggi. Ma al centro della competizione elettorale
ci sono, naturalmente, anche i rapporti con Israele. Per tutti i partiti gli
obiettivi sono la fine dell’occupazione in Cisgiordania, la chiusura dei check-point, lo
smantellamento delle colonie e la creazione di un autentico Stato palestinese,
con Gerusalemme capitale. Ma mentre Al Fatah e le
altre forze politiche indipendenti accettano i confini anteriori al 1967, Hamas ambisce alla riconquista di tutti i territori
sottratti da Israele a partire dalla guerra del ’48.
Da Hebron, Andrea Cocco, per la
Radio Vaticana.
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In Iraq, proseguono gli
sforzi politici per un’alleanza tra i partiti curdi e
il blocco sciita che ha vinto le elezioni di dicembre ma senza ottenere la
maggioranza assoluta. All’incertezza
politica si aggiungono, poi, nuovi episodi di violenza contro le forze di
polizia. Il nostro servizio:
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Un posto di blocco vicino all’ambasciata iraniana, nel
centro di Baghdad, è stato attaccato da un kamikaze. Fonti del ministero
dell’Interno hanno riferito che l’esplosione dell’autobomba ha provocato la
morte di almeno 3 persone: due agenti e l’attentatore suicida.
Non è chiaro se l’attacco sia stato pianificato per colpire la sede diplomatica
iraniana. E’ certo, invece, che l’Iran ha ricevuto il sostegno dell’esercito
guidato dal leader radicale sciita, Moqtada Al Sadr, in caso di un intervento militare contro la
Repubblica Islamica. Sul terreno, intanto, proseguono le azioni della
guerriglia contro le forze dell’ordine: l’odierno attacco contro il posto di
blocco della polizia segue, infatti, il ritrovamento di ieri, a nord di Baghdad,
dei corpi di almeno 23 agenti rapiti la scorsa settimana da un gruppo di
ribelli. Proprio un guerrigliero iracheno, leader di un gruppo sunnita, ha rivelato inoltre ad un quotidiano britannico
che il militante islamico legato ad Al Qaeda, Musab Al Zarqawi, è vivo e sta
bene. Il terrorista giordano – ha aggiunto la fonte – indossa una cintura
esplosiva anche quando dorme. Un’altra cintura esplosiva, quella intorno ad un
ostaggio giordano, ripropone, infine, il dramma dei sequestri. In un video
diffuso dall’emittente Al Arabiya, l’uomo implora il
governo di Amman di accogliere la richiesta dei suoi sequestratori e di
liberare un detenuto iracheno in Giordania.
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Una piattaforma petrolifera in
Nigeria, gestita dall’AGIP, è stata attaccata stamani da ribelli. L’attacco
sembra rientrare nella campagna di sabotaggio e sequestri
lanciata un mese fa dai guerriglieri. I ribelli chiedono una diversa
distribuzione dei proventi derivanti dalle risorse petrolifere presenti nel
Paese africano. Fonti della società italiana hanno riferito, inoltre, che
l’offensiva è stata respinta dalle forze di sicurezza e che l’attività
dell’impianto non ha subito interruzioni.
Almeno 8 caschi blu guatemaltechi
della Missione delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo sono morti nel corso di scontri con milizie ribelli
nel nordest del Paese. Fonti della missione MONUC delle Nazioni Unite hanno
precisato che i guerriglieri sono probabilmente ugandesi.
Dopo una forte crescita per le
tensioni geopolitiche in Nigeria e in Iran e per il calo delle forniture di gas
russo in Europa, il prezzo del petrolio è sceso sotto i 68 dollari. A far
scendere i prezzi sono le previsioni di un innalzamento delle temperature nella
costa orientale degli Stati Uniti. Il clima piuttosto mite dovrebbe portare,
infatti, ad una diminuzione dei consumi.
La
Georgia è tornata a ricevere metano russo dall’Azerbaigian dopo la duplice
esplosione che sabato scorso aveva colpito un gasdotto. Ma la questione non
sembra risolta. Dopo le due esplosioni il presidente georgiano, Saakashvili, aveva accusato infatti
il governo di Mosca di aver volutamente causare il blocco della fornitura di
gas. Al momento non è ancora chiaro, però, se si sia trattato di un sabotaggio
o di un incidente. In Georgia, intanto, la popolazione cerca di adattarsi
all’emergenza energetica. Ascoltiamo, al microfono di Roberto Piermarini il sacerdote Carlo De Stefano, missionario che
opera alla periferia della capitale Tbilisi:
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R. – La
gente è abituata a queste situazioni. Molti sostengono che il governo avesse già pensato ad allacciare rapporti con l’Azerbaigian
per avere forniture di gas da questo Paese, in caso di necessità.
D. –
Considerando la temperatura polare di questi giorni, come riesce a sopravvivere
la gente?
R. –
Nella capitale, certamente fa più freddo. Ma in questo
momento non nevica ed è già arrivato il gas dall’Azerbaigian, in centro;
in periferia ancora no. E’ chiaro che stanno dando la
precedenza alla capitale perché lì vive un terzo della popolazione. E fuori, si
sopravvive, ci si arrangia, comprando gas se si può, si scaldano con la
corrente elettrica, dove c’è. E’ un fatto abitudinario, che non tocca più di
tanto, ecco!
D. –
Qual è l’atteggiamento della gente nei confronti della Russia, nei confronti di
Mosca?
R. – Alcuni dicono che è meglio essere con l’America che
con la Russia, che certamente vuole ‘mangiarci’ sopra; hanno un po’ paura,
perché l’“orso sovietico” è un orso affamato che avrebbe voglia di mangiare
anche la Georgia, perché è sempre stata interessata alla Georgia, la Russia. La
gente vuole essere libera, ecco!
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In Giappone, il
magnate della new economy, il 33.enne
Takafumi Horie, è stato
arrestato con l’accusa di aggiotaggio e false comunicazioni. Presidente e
fondatore del colosso di Internet, ‘Livedoor’, Horie ha dato, secondo
la polizia, alse informazioni agli investitori e ha
emesso nuove azioni per finanziare la sua politica espansionistica. Dopo la
notizia di indagini sul colosso di Horie, la borsa di Tokyo ha chiuso con un
nuovo forte calo. La flessione è di oltre il 2 per cento.
Aperti i seggi
in Canada per il rinnovo del Parlamento federale. Al voto, sono chiamati più di
22 milioni elettori. Secondo i sondaggi, il leader del partito conservatore, Stephen Harper, sarebbe saldamente in testa nella sfida con il suo
principale antagonista, il liberale Paul Martin. Se Harper riuscirà a diventare primo ministro, la politica di Ottawa
subirebbe una brusca inversione di tendenza: i conservatori appoggiano,
infatti, la guerra in Iraq, si oppongono al rispetto del protocollo di Kyoto sulle emissioni di gas inquinanti e sostengono il
controverso progetto di scudo spaziale avanzato dal Pentagono.
L’ex premier Anibal Cavaco
Silva, candidato unico della destra, ha vinto al primo turno le presidenziali,
tenutesi ieri, in Portogallo. Cavaco
Silva ha ricevuto poco più del 50 per cento dei voti. L’indipendente Manuel Alegre ha conquistato, invece, circa il 20 per cento delle
preferenze. Il
servizio, da Lisbona, di Riccardo Carucci:
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Per la prima volta dalla “Rivoluzione dei Garofani” del
1974 la destra portoghese è arrivata alla presidenza della Repubblica. Cavaco Silva, che assumerà la carica il prossimo
9 marzo, ha ribadito che sarà il presidente di tutti i portoghesi e ha
garantito la massima collaborazione con il governo socialista, eletto lo scorso
febbraio, in difesa dello sviluppo e della stabilità e nel rispetto dei poteri
costituzionali propri del capo dello Stato. Ha smentito, cioè, quella tendenza
ad ampliare tali poteri per interferire nelle attività di governo che gli
avversari gli attribuivano. Il primo ministro Josef Socrates, da parte sua, ha egualmente assicurato piena
collaborazione con il nuovo presidente. Interessante è il secondo posto di
Manuel Alegre, il socialista dissidente che ha difeso
una posizione di autonomia dagli apparati di partito a vantaggio del potere dei
cittadini. Ora, dopo tre elezioni in meno di un anno, i portoghesi potranno
finalmente riposare, o meglio, lavorare per rilanciare la malmessa economia e
affrontare i gravi problemi sociali se la coabitazione tra destra e sinistra ai
vertici del potere non creerà complicazioni.
Da Lisbona, per la Radio Vaticana, Riccardo Carucci.
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In Bolivia, si è
insediato ieri il nuovo presidente Evo Morales, primo
indio ad assumere la massima carica dello Stato andino. Ce ne parla Maurizio
Salvi:
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Nel discorso in Parlamento e poi, davanti a 100 mila
persone, in Plaza San Francisco, Morales
ha promesso un governo onesto, che cambierà però profondamente la struttura
dello Stato per assicurare giustizia e miglioramento di condizioni di vita alle
popolazioni indigene della Bolivia. Senza cravatta e con una giacca nera con
strisce colorate, il capo dello Stato si è rivolto a deputati, senatori e alle
delegazioni di 70 Paesi, nello stesso Parlamento da dove giusto 5 anni fa fu espulso dalla precedente maggioranza. “Abbiamo lottato
per 500 anni - ha detto - e ora prenderemo il potere per altri 500”.
Emozionato, Morales ha ricordato
quando ancora 50 anni fa gli indigeni non erano ammessi nei centri
cittadini e non potevano transitare sui marciapiedi pubblici. Dopo aver
ripetuto che il neo liberalismo non serve per la nuova Bolivia ha assicurato
che “siamo poveri, ma non vogliamo uno Stato mendicante. In questo - ha
concluso - non siamo soli, perché da Fidel Castro
agli Stati Uniti, tanti Paesi ci hanno promesso il loro aiuto”.
Maurizio Salvi, ANSA, per la Radio Vaticana.
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