RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 22 - Testo della trasmissione di domenica 22
gennaio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
La
Chiesa australiana inaugura un nuovo sito web con file audio per ascoltare il
Vangelo on-line
Giornata di studio, oggi alla Pontificia Università Salesiana
di Roma, dal titolo: “Domare i media”
E’
morta la balena che si era smarrita nel fiume Tamigi
Dopo due esplosioni
sospette in un gasdotto, Mosca interrompe i rifornimenti alla Georgia e all’Armenia.
Accuse di Tiblisi al governo russo
Giovedì i funerali del
presidente del Kosovo, Ibrahim
Rugova. Incertezza sul futuro della provincia balcanica amministrata dalle Nazioni Unite
22
gennaio 2006
DIO E’
AMORE,
SOLO
CONVERTENDOCI A LUI CI TROVEREMO UNITI NEL CORPO MISTICO DI CRISTO:
ALL’ANGELUS, NELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI,
BENEDETTO
XVI ESORTA TUTTI I FEDELI A RAFFORZARE L’IMPEGNO ECUMENICO.
DOPO
LA RECITA DELLA PREGHIERA MARIANA,
APPELLO
DEL PAPA PER LA RICONCILIAZIONE E LA PACE IN COSTA D’AVORIO
I
cristiani non si stanchino mai di invocare il dono della piena unità: Benedetto
XVI ha dedicato l’Angelus, in piazza San Pietro,
all’importanza dell’impegno ecumenico. Il Papa ha ricordato come questa
domenica si collochi a metà della “Settimana di
preghiera per l’unità dei cristiani”, sottolineando che proprio nel giorno di
chiusura dell’iniziativa ecumenica verrà pubblicata la sua prima Enciclica Deus
Caritas est. Dopo l’Angelus, il Papa ha invocato
pace e riconciliazione per la Costa d’Avorio, scossa da disordini nei giorni
scorsi. Quindi, ha rivolto un saluto speciale alle Guardie Svizzere, che oggi
celebrano il loro cinquecentesimo anniversario di fondazione. Il servizio di
Alessandro Gisotti:
********
“Dove
sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. All’Angelus
domenicale, Benedetto XVI si è soffermato sul significato del brano del Vangelo
di Matteo, scelto per la “Settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani”.
Queste parole del Signore, ha sottolineato, infondono fiducia e speranza. Sono
parole che “spronano i cristiani a domandare insieme a Dio quella piena unità fra di loro, per la quale Cristo stesso, con accorata
insistenza, pregò il Padre nell’Ultima Cena”:
“Si capisce
bene, allora, quanto sia importante che noi cristiani invochiamo il dono
dell’unità con perseverante costanza. Se lo facciamo con fede, possiamo essere
certi che la nostra richiesta sarà esaudita. Non sappiamo come, né quando,
perché non spetta a noi conoscerlo, ma non dobbiamo dubitare che un giorno
saremo ‘una cosa sola’, come Gesù e il Padre sono
uniti nello Spirito Santo”.
La
preghiera per l’unità, ha detto ancora, “costituisce l’anima del movimento ecumenico
che, grazie a Dio, progredisce nel mondo intero”. Certo, ha riconosciuto il
Pontefice, “non mancano le difficoltà e le prove, ma anche queste non sono
prive di utilità spirituale, perché ci spingono ad esercitare la pazienza e la
perseveranza e a crescere nella carità fraterna”. Quindi, ha offerto ai fedeli
una riflessione sul tema dominante della sua prima Enciclica, Deus Caritas est:
“Dio
è amore, e solo convertendoci a Lui ed accettando la sua Parola ci troveremo
tutti uniti nell’unico Corpo mistico di Cristo”.
L’Encilica, ha ricordato, sarà pubblicata il 25 gennaio
proprio nel giorno in cui la Chiesa celebra la Conversione di San Paolo. In
quella giornata, a conclusione della “Settimana di preghiera per l’unità dei
Cristiani” il Papa presiederà i Vespri nella Basilica di San Paolo assieme ai
rappresentanti delle altre Chiese. Dopo l’Angelus, il Papa ha rivolto un pensiero
speciale alle popolazioni della Costa d’Avorio, scossa da disordini nei giorni
scorsi:
“Fra
le tante preoccupazioni per la situazione internazionale, il mio pensiero ritorna
oggi all’Africa ed in particolare alla Costa d’Avorio, ove persistono gravi
tensioni fra le varie componenti sociali e politiche del Paese. A tutti rivolgo un invito a proseguire nel
dialogo costruttivo, in vista della riconciliazione e della pace”.
Un
saluto affettuoso Benedetto XVI lo ha infine rivolto al Corpo della Guardia
Svizzera Pontificia, che proprio il 22 gennaio di 500 anni fa veniva istituito da Papa Giulio II. Ad ascoltare il
Pontefice c’erano, in piazza San Pietro, 70 membri del
Corpo, schierati in un picchetto d'onore, con le divise storiche e le alabarde.
A loro il Santo Padre ha espresso parole di sincero ringraziamento:
“Grazie
per il vostro servizio di 500 anni!”.
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ALLA
VIGILIA DELLA PUBBLICAZIONE DELLA PRIMA ENCICLICA DI BENEDETTO XVI,
DEUS
CARITAS EST, INIZIA DOMANI IN VATICANO IL CONVEGNO MONDIALE
SULLA CARITA’ PROMOSSO
DAL PONTIFICIO CONSIGLIO “COR UNUM”
-
Intervista con l’arcivescovo Paul Cordes
-
Si tiene domani e dopodomani, nell’Aula Nuova del Sinodo
in Vaticano, il
Convegno Internazionale sulla Carità, promosso dal Pontificio Consiglio “Cor Unum”
sul tema “...ma di tutte più grande e’
la carità”.
Contestualmente alla prossima pubblicazione della prima Enciclica di Benedetto
XVI, Deus Caritas est, l’incontro ha come scopo di tenere vivo
nella Chiesa il senso cristiano dell'impegno a favore del prossimo. L’apertura del lavori,
domani alle ore 9.00, è affidata all’arcivescovo Paul
Josef Cordes, presidente di “Cor
Unum”. Interverranno, durante la mattinata, James Wolfensohn, presidente
della Banca Mondiale dal 1995 al 2005, e Denis Viénot,
presidente di Caritas Internationalis. Moderati
dall’arcivescovo di Dublino, mons. Diarmuid Martin, gli interventi metteranno a confronto i due grandi
settori degli aiuti umanitari: quello della
società civile e quello del mondo ecclesiale. Alle 12.00, Benedetto XVI parlerà ai convegnisti. Nel pomeriggio, poi, il direttore della
Sala Stampa Vaticana, dott. Joaquín Navarro-Valls, presenterà sei testimonianze su “esperienze di carità”.
Martedì 24 mattina, i lavori
riprenderanno con un’intervista a Liliana Cavani,
regista italiana di esperienza internazionale, autrice tra gli altri di
“Francesco”, una biografia su San Francesco d’Assisi: a lei il compito
di illustrare come una regista laica senta il richiamo della carità nella
rappresentazione dell’amore nelle opere cinematografiche. Il cardinale Francis
George, arcivescovo di Chicago, concluderà il Convegno con una lezione
teologica sulla Carità, che
terminerà, alle ore 17.00, con la celebrazione eucaristica nella Basilica di San Pietro, presieduta dal cardinale
Roger Etchegaray, vicedecano del collegio dei
cardinali, presidente emerito del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e del
Pontificio Consiglio “Cor Unum”. Sull’importante appuntamento ecclesiale,
Giovanni Peduto ha intervistato l’arcivescovo Paul Cordes:
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R. – Il titolo è tratto da una frase di San Paolo
nella prima lettera ai Corinzi, capitolo 13. Paolo parla delle virtù teologali:
fede, speranza e carità. La più grande di queste è la carità, egli dice.
Abbiamo scelto questo titolo in vista dell’Enciclica del Papa, perché si sapeva
che il Papa stava scrivendo questa Enciclica, ma non era del tutto chiaro quale
titolo avrebbe avuto. Così abbiamo preso questo passo della lettera di San
Paolo, volendo sottolineare l’importanza dell’amore con questa frase.
D. – Quale messaggio vuole, dunque, lanciare con questo
Convegno?
R. – Il Convegno ha come scopo principale quello di
lanciare l’Enciclica del Papa, che sarà molto importante per il nostro
dicastero, che tratta la carità del Papa. Abbiamo invitato tutti quelli che
hanno responsabilità in questo campo. Verranno circa 200 persone da tutto il
mondo. Si tratta di creare una nuova attenzione al messaggio papale sull’amore
e di dare anche il compito ai responsabili di diffondere questa Enciclica nei
loro settori di responsabilità. Ciò vuol dire per i vescovi, i responsabili
dell’opera caritativa nelle diverse conferenze episcopali e per i tanti
volontari, dare una nuova spinta a questo compito molto importante.
D. – E infatti il convegno si
svolge alla vigilia della pubblicazione della prima Enciclica del Papa “Deus Caritas est”. Significativo il fatto che questa prima
enciclica sia sull’amore…
R. – Sì, noi certamente come dicastero della carità del
Papa siamo molto contenti di questa Enciclica. Penso sia provvidenziale che il
Papa l’abbia scritta. Da una parte, so che Papa Giovanni Paolo II pensava ad
una tale Enciclica e Benedetto XVI ha fatto sua questa decisione del Papa. Il
mondo aspetta l’amore e il compito grande della Chiesa è dimostrare l’amore che
viene da Cristo ad ognuno, e certamente, prima ai membri della Chiesa, ma al di
là anche a tutti quelli che sono fuori dalla Chiesa.
Così, questa Enciclica risponde veramente ad un desiderio grandissimo. Basta
vedere come Madre Teresa abbia potuto espandere questo
messaggio tramite la sua azione e basta vedere la risonanza che Madre Teresa ha
trovato per capire che questo messaggio sull’amore, che è Dio, è importante per
l’umanità di oggi.
D. – La Chiesa, ha detto Benedetto XVI all’udienza
generale di mercoledì scorso, annunciando la sua Enciclica deve amare anche in
modo istituzionale. Cosa vuol dire?
R. – Il messaggio del Vangelo si indirizza certamente
prima all’individuo. E’ interessante che la Chiesa primitiva abbia soprattutto
voluto spingere ogni membro cristiano alla base del Battesimo, dimostrare
l’amore ricevuto da Dio. Ma, certamente, oggi l’individuo non ha il potere di
cambiare qualcosa, così il Papa sottolinea la necessità che quelli che vogliono
mostrare l’amore di Dio devono anche unirsi, devono creare strutture. Se io
penso, per esempio, alla Caritas, questa sarebbe una
realizzazione del desiderio del Papa. Ma al di là anche delle strutture
ecclesiali bisogna collaborare con le istituzioni fuori della Chiesa. Noi, per
il nostro Convegno, abbiamo invitato l’ex capo della Banca Mondiale, James Wolfensohn. La Banca
Mondiale aiuta infatti anche l’impegno ecclesiale nel
cambiare le strutture, non solo nel fare assistenzialismo, ma ad entrare
veramente nei grandi problemi, come, per esempio, cancellare i debiti esteri
dei Paesi poveri. Tutto questo richiede una istituzionalizzazione
e richiede anche l’aiuto delle forze politiche.
D. – Il Papa ha precisato che la Chiesa non va confusa con
una organizzazione filantropica. La Caritas, in realtà, ha detto il Pontefice, è espressione
dell’atto più profondo, dell’amore personale che Dio ha creato nel nostro
cuore…
R. – Viviamo in un mondo che ha scoperto che il vicino in
sofferenza deve essere oggetto di amore. Penso che nessun comandamento della
Bibbia abbia trovato una tale risonanza come questo comandamento dell’amore per
il prossimo, per l’uomo di oggi. Se uno vuole essere buono, pensa a questo. La
Parola del Signore sul samaritano è veramente oggi un insegnamento generale.
D’altra parte, si rischia che questo amore mostrato all’altro perda le sue
radici e non venga più dall’amore ricevuto da Dio, ma diventi una cosa filantropica,
una cosa generale senza fondamenti cristiani. Ogni buona opera è un bene, ma
noi cristiani dobbiamo legare la nostra attività caritativa a Gesù Cristo,
perché l’amore mostrato all’altro deve andare al di là della simpatia, deve
andare al di là del vicino che conosco, deve amare anche colui che mi odia. E
qui è necessaria una forza che possiamo avere solo da Gesù Cristo stesso. Il
Papa così ha voluto indicare, con la sua Enciclica, che l’amore del cristiano
ha le sue radici in Dio e questa non è solo una tesi, ma un’esperienza. E’
stata un’esperienza in tutti i Santi che hanno amato al di là della simpatia,
hanno amato al di là del proprio popolo, hanno amato perché Dio li ha spinti e
ha dato loro la forza di amare anche il nemico.
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LA GUARDIA SVIZZERA PONTIFICIA FESTEGGIA OGGI
IL V
CENTENARIO DELLA FONDAZIONE.
“SERVIRE
FEDELMENTE, LEALMENTE ED ONOREVOLMENTE IL SOMMO PONTEFICE
SIA
COSÌ
IL CARDINALE ANGELO SODANO DURANTE
CELEBRATA
NELLA CAPPELLA SISTINA
“Servire fedelmente, lealmente ed onorevolmente il Sommo
Pontefice sia la divisa delle Guardie Svizzere”. Così, il cardinale segretario
di Stato, Angelo Sodano, che stamani, nella Cappella Sistina, ha celebrato
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(musica)
500 anni fa venivano benedetti da
Giulio II. Oggi, nella cappella che lo stesso Giuliano della Rovere volle far
affrescare da Michelangelo, perché superasse in grandezza e bellezza ogni altra
cosa del mondo, il Corpo della Guardia Svizzera Pontificia, ha celebrato 5
secoli di servizio fedele ai pontefici. A rivolgere il saluto al cardinale
segretario di Stato, Angelo Sodano, che ha presieduto la celebrazione
eucaristica il cappellano Alois Jehle.
“Desideriamo far pervenire al Santo Padre i sentimenti
della nostra filiale e rinnovata fedeltà, insieme al ringraziamento per la
straordinaria e felice opportunità che ci è offerta di servire il Successore di
Pietro qui, sul Colle bagnato dal sangue del Principe degli Apostoli, e a cui tutto il mondo guarda come a faro di inestinguibile
luce e a testimonianza di amore evangelico”.
(musica)
Evidenziando le parole di Cristo dell’odierna liturgia, il
cardinale Angelo Sodano ha esortato le Guardie Svizzere ad un rinnovamento
interiore. Il porporato ha voluto anche ricordare il momento
più importante della carriera di una guardia svizzera: il giuramento,
pronunciato solennemente ogni 6 maggio, a ricordo dei 147 militari che durante
il “Sacco di Roma” persero la vita per proteggere Clemente VII:
“… servire fedelmente, lealmente ed onorevolmente il Sommo
Pontefice ed i suoi legittimi Successori con tutte le forze, sacrificando, ove
occorra, anche la vita per la loro difesa … sia sempre la vostra divisa!”
Il cardinale Angelo Sodano ha poi sottolineato che ad
animare il servizio delle Guardie Svizzere deve essere un’ispirazione superiore
che consenta di vedere, con gli occhi della fede, in ogni Romano Pontefice il
principio dell’unità indivisibile della Santa Chiesa di Dio. Emozionati tanti
militari con le loro inconfondibili divise giallo, rosso e blu, affiancati dal
comandante e dagli ufficiali nella splendida uniforme di gala rossa. A loro, a
conclusione della sua omelia, il segretario di Stato vaticano ha voluto dire:
“… come ricordo dell’attuale celebrazione, vi invito ad
amare sempre più
(musica)
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E al microfono di Tiziana Campisi
ascoltiamo la testimonianza del capitano Frowin Bachmann,
Guardia Svizzera da vent’anni, cui spetta, fra altri incarichi,
l’organizzazione della cerimonia di giuramento:
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R. – Volevo andare all’estero, poi mi interessava e mi
affascinava il fatto di potere andare a Roma, in Vaticano, al centro della
Cristianità … questa curiosità, naturalmente, basata anche sulla fede mi ha
spinto a decidere, ma all’inizio pensavo che forse l’esperienza sarebbe durata,
come per tutti, due anni … Poi, mi sono trovato molto bene, ho continuato e ad
oggi sono vent’anni …
D. – Che cosa ricorda del giuramento?
R. – Del giuramento ricordo che non ero affatto nervoso,
come tutti i miei colleghi, fino all’ultimo momento. Poi, quando ho sentito
chiamare il mio nome, me lo ricorderò sempre, mi sembrava che il cuore volesse
scappar fuori da questa corazza che portiamo: un’emozione
molto forte!
D. – Cosa ha significato per lei proteggere il Papa?
R. – Io penso che non potrei fare questo lavoro per una
persona qualsiasi; servire il Santo Padre, che a sua volta si mette a
disposizione degli altri, è una missione particolare. Poter far parte di questa
missione è una cosa bellissima.
D. – Vent’anni al servizio del Papa, e adesso i
festeggiamenti per i 500 anni del Corpo della Guardia Svizzera …
R. – 500 anni sono una lunghissima tradizione. Che questa
tradizione possa continuare anche in futuro! Questo sarà possibile se ciascuno
di noi cercherà sempre di fare al meglio il proprio dovere, fondato sulla fede:
questa è la cosa più importante, perché senza di essa
il nostro lavoro diventa vano, non avrebbe senso fare questo lavoro, se non c’è
alla base la fede.
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22 gennaio 2006
ALLA
SCOPERTA DELLE RADICI CRISTIANE DELL’EUROPA
L’UNIVERSITA’ NEL MEDIOEVO, TRA FEDE E SAPERE:
CON
NOI, IL RETTORE DELLA LATERANENSE, MONS. RINO FISICHELLA
“Quando la Chiesa fonda un’università non coltiva il
talento, il genio per se stessa, ma esclusivamente l’interesse dei propri
figli”: l’arcivescovo Rino Fisichella cita il
cardinale John Henry Newman
nell’ottavo ed ultimo appuntamento del nostro speciale sulle radici cristiane
dell’Europa. Proprio il porporato inglese, personalità eminente della
Chiesa e della cultura dell’Ottocento, scrisse nel 1852 un libro fondamentale
su “L’idea di università”. Il connubio tra Chiesa e università, fin dagli
albori del Cristianesimo, è il punto di partenza della riflessione del rettore
della Lateranense, mons. Rino Fisichella, raccolta da
Alessandro Gisotti:
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R. – Pensiamo al fatto che già Giustino – siamo nell’anno
150 del Cristianesimo – viene a Roma e fonda una prima scuola. Direi che da
questa prospettiva, il Cristianesimo si è sempre posto in una dimensione di
approfondimento costante del Mistero. Mi sembra che il cuore del Cristianesimo
sia proprio il Mistero. Il Cristianesimo ha sempre pensato che tra fede e
ragione c’è un’armonia e che ciò che è conosciuto
dalla fede può essere indagato dalla ragione, e ciò che è conosciuto dalla
ragione non è contrario o opposto alla fede. Di qui, evidentemente, è sorto un
movimento che ha sempre voluto indagare l’importanza del mistero.
D. – In questo senso, quale ruolo svolsero le università sorte nel Medioevo ma, appunto, come
concezione ancora prima, nella propagazione del sapere e della fede al tempo
stesso?
R. – Le università hanno avuto un ruolo, direi,
primordiale! Se noi pensiamo alla prima Università di Parigi, a cosa è stata
l’Università di Bologna, se noi pensiamo all’Università di Cracovia … Dal 1100
fino al 1500, noi abbiamo un fiorire di università! Direi che il loro ruolo è
stato proprio questo: le prime università hanno avuto il compito di coniugare insieme
la fede con la scoperta che l’uomo faceva. Nel Medioevo, nell’ambito specifico
dell’università, la ragione non è mai stata vista come una nemica o come un
qualcosa che attentasse alla verità della fede: è
sempre stata vista come un’amica, come una compagna di strada che avrebbe
portato ad una conoscenza sempre più profonda. Non dimentichiamo che nelle
università del Medioevo potevano insegnare grandi maestri come Tommaso, come
Alberto e, accanto a loro, anche grandi maestri della medicina.
D. – Nel libro “Luce del Medioevo”, Régine Pernoud sottolinea che ogni chiesa ha accanto
una scuola giacché il Concilio Lateranense del 1179 gliene fa un obbligo
stretto. A queste scuole, peraltro, vanno anche i poveri. Ecco, mons. Fisichella, un altro mito da sfatare, quello del Medioevo
cristiano ostile alla cultura?
R. – Direi che chi parla di un Medioevo ostile alla
cultura non conosce il Medioevo. Il Medioevo è stato uno spazio di grandissima
attenzione culturale e di promozione culturale. Ne sono testimonianza, appunto,
non solo i primi albori, le fondamenta delle università, ma anche le grandi
opere d’arte che sono presenti fino ai nostri giorni! Se noi pensiamo ad
esempio al sorgere del gotico, se noi pensiamo alla Cattedrale di Chartres, che cos’è quel pullulare di arte, di storia, di
ricerca scientifica che è costituita dal Medioevo, c’è soltanto da impallidire
nel confronto con l’oggi. Ogni ricerca era fatta per dare sempre maggior
consistenza all’uomo che veniva a scoprire sempre di più se stesso. Questo
uomo, che conosceva sempre di più se stesso, si conosceva in un’armonia e in
un’unità fondamentale che purtroppo i secoli successivi al Medioevo hanno
spezzato!
D. – Benedetto XVI ha sottolineato recentemente il
rapporto fondamentale offerto dalle università cattoliche alla cultura
dell’Europa. Oggi come si esprime questa eredità?
R. – In tanti modi. Non soltanto in quella continua
attenzione alla ricerca ma, mi sentirei di dire, con quella costante proposta
di ritornare in primo luogo ad una unità del sapere.
Siamo partiti dal Medioevo che possedeva un sapere unitario. Oggi la ricerca è
andata molto avanti, ma è diventata frammentaria. Io credo che una delle prime
proposte, anche – perché no? – una prima provocazione che dobbiamo dare, è
proprio questa: recuperare pur nella specificità e peculiarità di ogni ricerca,
una profonda unità del sapere per dare all’uomo, nella sua integra unità, una
visione unitaria di sé, della propria ricerca e del mondo che lo circonda. Il
compito più grande che noi abbiamo è quello sì, di una
ricerca, ma che sia profondamente umana perché è finalizzata all’uomo, per dare
ad ogni uomo, ad ogni persona che ha diritto a conoscere e a sapere, una
visione sempre più personalizzata.
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CON
UNA SUGGESTIVA CERIMONIA INDIGENA, IL PRESIDENTE ELETTO
DELLA
BOLIVIA, EVO MORALES, HA ASSUNTO IL “POTERE DEL COMANDO ORIGINARIO”.
OGGI
L’INSEDIAMENTO UFFICIALE A LA PAZ
- Ai
nostri microfoni Davide Passuello -
“Dopo 514 anni, è finita la colonizzazione”: è quanto
dichiarato da Evo Morales nella località andina di Tiwanaku, dove, alla
vigilia dell'investitura ufficiale a La Paz come presidente eletto della Bolivia, ha assunto ieri
il “Potere del comando originario” attribuitogli dalle comunità indigene del
Paese. Alla cerimonia precolombiana con cui Morales è
stato investito del potere come massima autorità dei popoli indigeni hanno
assistito oltre 30 mila persone giunte da tutte le parti della Bolivia. E’ la
prima volta che un indigeno assume l'incarico di presidente della repubblica
boliviana. Ma che cosa rappresenta per i boliviani l’elezione di Evo Morales? Giancarlo La Vella lo ha
chiesto a Davide Passuello,
volontario del Movimento Laici per l’America Latina,
appena rientrato dalla Bolivia:
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R. – Morales rappresenta il
cambio per un Paese che ha tenuto per 500 anni la testa abbassata nei confronti
del colonialismo. Questo significa che rappresenta a tutti gli effetti la voce
degli indigeni. E’ un Paese dove ci sono 36 differenti etnie riconosciute,
quindi 36 lingue originali diverse. Significa rappresentare la maggioranza
effettiva della popolazione boliviana.
D. – Morales ha già annunciato
importanti riforme, ma di che cosa c’è effettivamente bisogno in Bolivia?
R. – Una delle notizie che girano di più è la
nazionalizzazione del gas boliviano. Quindi credo che sia una
opportunità, un investimento anche per i Paesi che sono attorno. Credo
che saper vendere bene la propria merce sarà una buona azione nei confronti
della gente perché poi, adesso, tutta la materia prima viene
venduta, quasi regalata ai Paesi che acquistano. Un ingresso economico per il
popolo boliviano sarebbe un cambio effettivo da investire in infrastrutture
come strade, corrente elettrica, le cose basilari.
D. – Con Morales si va ad
ingrossare il fronte di presidenti progressisti sudamericani. Con quali effetti
nei confronti soprattutto dei rapporti con gli Stati Uniti?
R. – Morales darà man forte ai
presidenti degli altri Stati nell’alzare la testa nei confronti anche degli
Stati Uniti.
D. – Non conviene ai Paesi latinoamericani l’area di
mercato che vuole creare Bush?
R. – La Bolivia non ha industrie, non ha la possibilità di
vendere. La Bolivia deve solamente acquistare. Quindi, l’area di commercio
allargata diventa un problema per la Bolivia.
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22 gennaio 2004
L’ARCIDIOCESI DI COLOMBO, IN SRI LANKA, HA DONATO 34 NUOVE CASE
PER I
CRISTIANI E I BUDDISTI DI WADDUWA, UNA DELLE ZONE MERIDIONALI
DURAMENTE
COLPITE DALLO TSUNAMI DEL 26 DICEMBRE
2004
COLOMBO. = La parrocchia di Wadduwa, una delle zone del sud Sri
Lanka colpite dallo tsunami del 26 dicembre 2004, ha
ricevuto 34 nuove case dall’arcidiocesi di Colombo. Come riferisce l’agenzia
AsiaNews, il 18 gennaio l’arcivescovo della città, mons. Oswald
Thomas Colman Gomis ha presieduto la cerimonia di consegna e benedizione
delle abitazioni, destinate indistintamente a cristiani e buddisti locali.
L’arcidiocesi ha finanziato la costruzione e la riparazione degli edifici danneggiati
dal maremoto, grazie alle donazioni arrivate
durante lo scorso anno. Con i fondi ricevuti dalla Congregazione delle Suore
Francescane Minime del Sacro Cuore, l’arcivescovo Gomis
ha comprato un terreno edificabile. Altri aiuti sono arrivati dalla comunità di
Minden, in Germania, che ha affidato i soldi della
sua raccolta al parroco di Wadduwa, padre Prasad Perera. Le case saranno
presto fornite di elettricità, gas e acqua. “Immensa gratitudine” per il lavoro
svolto è stata espressa, tra gli altri, da Narada Thera, monaco capo del locale tempio buddista Gangarama, che ha ringraziato l’arcidiocesi e gli altri
donatori per aver provveduto alle esigenze di “questa povera gente”. Dopo lo tsunami,
molti cattolici di Wadduwa hanno trovato riparo nel
tempio Gangarama. Alla cerimonia di consegna delle
case tutti erano molto commossi, alcuni fedeli piangevano dalla gioia. Ma il
lavoro non è finito. Mons. Gomis
ha già dato il via a un secondo progetto, che prevede la costruzione di altre 21
case. A Wadduwa, negli ultimi 12 mesi, il programma post-tsunami
dell’arcidiocesi di Colombo ha già ricostruito 520 case.
ASCOLTA IL VANGELO ON LINE: È L’INVITO DELLA CHIESA AUSTRALIANA,
CHE HA
INAUGURATO UN NUOVO SITO WEB CON FILE AUDIO
PER
EVANGELIZZARE NELLA RETE
SYDNEY. = Dare la possibilità agli
utenti del web non solo di leggere, ma anche di ascoltare on-line brani della
Sacra Scrittura: con questo intento, la Chiesa australiana, attraverso la
Commissione per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale, ha inaugurato
un nuovo servizio per evangelizzare nella Rete. Si tratta del sito web www.dailyreadings.com.au , che propone un servizio giornaliero di file audio
liberamente scaricabili in formato mp3,
consentendo così l’ascolto della Parola di Dio sul computer, tramite un
collegamento Internet. Come riferisce l’agenzia vaticana Fides, il sito riporta
i brani previsti nella liturgia della Parola per la Santa Messa di ogni giorno
e prevede anche un servizio di podcast, che consente il
trasferimento dei file su supporto iPod o altri lettori portatili. L’offerta di comunicazione
su web della Chiesa australiana si sta amplificando: esistono già un servizio
di informazione quotidiana e la newsletter mensile “Mission
& Spirituality News”, sui temi della missione. La
Chiesa australiana infatti, come ha sottolineato mons.
Barry James Hickey, arcivescovo di Perth e responsabile
della Commissione dei vescovi per la Comunicazione e i Media, vuole aumentare
la sua presenza nei mass media e utilizzare i “nuovi pulpiti” per
l’evangelizzazione, propri della cultura del Terzo Millennio. Sulla relazione e
l’impegno della Chiesa nei mass media i vescovi australiani hanno in programma
di pubblicare nel febbraio prossimo una Lettera pastorale, dal titolo “Andate,
annunciate al mondo”. (R.M.)
“DOMARE
I MEDIA”: CON QUESTO TITOLO SI SVOLGE OGGI A ROMA,
PRESSO
L’UNIVERSITÀ PONTIFICIA SALESIANA, LA GIORNATA DI STUDIO
PROMOSSA
DALL’UNIONE CATTOLICA STAMPA ITALIANA E DALL’UFFICIO DIOCESANO
PER LE
COMUNICAZIONI SOCIALI
ROMA. = “Domare i media”: è il
titolo della giornata di studio promossa oggi a Roma dai responsabili
dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), dell’Ufficio diocesano per le
Comunicazioni Sociali e della Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale
(FSC) dell’Università Pontificia Salesiana (UPS). L’incontro, proposto a
famiglie, operatori di pastorale dell’educazione e dei media
e specialisti del campo, si colloca all’interno del Piano pastorale diocesano
che quest’anno ha scelto la famiglia come tema di riferimento. Il titolo
scelto, “Domare i media”, richiama l’attività circense
e potrebbe suggerire dunque una valenza negativa. Al contrario, l’idea degli
organizzatori è quella di far risaltare il valore dei media,
che non sono soltanto un pericolo, ma una grande risorsa, un’energia da utilizzare
nel migliore dei modi. Nella mattinata, dopo il saluto del presidente
dell’UCSI, Massimo Milone, e di Tadeusz Lewicki, decano della FSC, è stato proposto un montaggio
dal titolo “Nella giungla dei media”, cui ha fatto
seguito un momento di riflessione intitolato “Il bastone e la carota.
Esperienze di famiglie a confronto”, introdotto e coordinato da Ignazio Ingrao, vaticanista di Panorama. Nel pomeriggio, il
programma prevede la tavola rotonda moderata dal prof. Adriano Zanacchi, docente alla FSC, intitolata “Tattiche di addomesticamento”. Infine, per un “Confronto con chi i media li fa e li studia”, interverranno per il cinema il
regista Roberto Faenza, per la televisione Monica Mondo di SAT2000, per la
musica Fabio Pasqualetti della FSC, per
l’informazione Fabio Zavattaro del TG1. (R.M.)
“MEDICI SENZA
FRONTIERE” PUBBLICA LA LISTA DELLE DIECI CRISI UMANITARIE
PIÙ IGNORATE DAI MEDIA INTERNAZIONALI.
L’ITALIA, TRA I PAESI PIU’ INDIFFERENTI
ROMA. = L’emergenza
sanitaria in Congo, la guerra in Cecenia, la violenza
ad Haiti, l’emergenza Aids, gli scontri religiosi ed
etnici nell’India Nord-Orientale, le crisi politiche e umanitarie in Sudan e
Somalia, la guerriglia in Colombia, l’insicurezza in Nord Uganda e la guerra
civile in Costa d’Avorio: sono queste le dieci crisi umanitarie dimenticate dai
media internazionali. La denuncia arriva da “Medici Senza Frontiere”, secondo
cui tra i Paesi più indifferenti figura l’Italia. Una responsabilità piuttosto
seria perché, spiega Stefano Savi, direttore generale
di “Medici Senza Frontiere Italia”, “lo spazio che i media dedicano a una crisi
umanitaria incide sul grado di attenzione e sul livello degli aiuti da parte
della comunità internazionale”. Si scopre così che le testate nazionali
italiane hanno dedicato alle emergenze umanitarie, nel loro insieme, circa 293
ore su un totale di 2539 ore di programmazione, ovvero l’11,6 per cento dello
spazio, un dato in netta diminuzione rispetto al secondo semestre del 2004,
quando lo spazio era stato del 17,5 per cento. Come lo scorso anno, la crisi
irachena risulta la più seguita dai telegiornali di pranzo e sera, con 136 ore
di programmazione. Segue lo tsunami nel sudest asiatico, per
il quale si può constatare un’attenzione primaria nei confronti delle vittime,
degli aiuti umanitari e della situazione nei Paesi colpiti. La terza crisi più
seguita è stata il conflitto israelo-palestinese, cui
sono state dedicate oltre 39 ore. Le altre zone calde del pianeta sono state
pressoché ignorate. Una peculiarità italiana è che i telegiornali hanno anche
ignorato crisi di cui hanno parlato i grandi network internazionali: è il caso
dell’emergenza nutrizionale in Niger, con oltre 60 mila bambini gravemente
malnutriti e, sebbene i nostri Tg abbiano dedicato
quattro ore e mezzo al terremoto in Pakistan all’inizio di ottobre, queste
appaiono esigue di fronte a un disastro che ha provocato oltre 73 mila morti e
due milioni e mezzo di senzatetto. Già dopo un paio di settimane, la notizia
era sparita dai teleschermi, mentre i media di tutto
il mondo ancora a dicembre seguivano con angoscia la sorte dei sopravvissuti.
(R.M.)
E’
MORTA SULLA CHIATTA CHE DOVEVA PORTARLA VERSO IL MARE
LA
BALENA SMARRITASI NEL FIUME TAMIGI
LONDRA. = La balena che si era persa venerdì nel Tamigi è
morta a bordo della chiatta che doveva portarla verso il mare. L’annuncio, che
le migliaia di turisti e londinesi che hanno affollato le rive del fiume per
avvistarla non avrebbero mai voluto sentire, è arrivato ieri sera dal portavoce
dei sommozzatori della Marina britannica. Per salvare il giovane esemplare di iperodonte dal rostro si sono impegnati i migliori biologi
marini e veterinari del Paese, ma non c’è stato nulla da fare. Alle 19.00
locali l’animale ha cominciato ad avere delle forti convulsioni ed è morto.
L’arrivo della chiatta a Shivering Sands, sulla costa nord del Kent,
era previsto per le 21.00. La balena, lunga quasi sei metri, era stata
avvistata per la prima volta venerdì mattina dai
passeggeri di un treno in transito su un ponte del Tamigi. Qualche ora dopo il
cetaceo era arrivato davanti al Parlamento di Westminster,
diventando subito un grande evento mediatico, seguito
minuto per minuto dalle televisioni di tutto il mondo. Durante la notte si
erano perse per qualche ora le sue tracce, ma ieri mattina era stata nuovamente
avvistata vicino al ponte di Battersela. L’animale appariva sempre più stanco e, perse ormai le speranze di vederlo riscendere il
fiume da solo, gli esperti del British Divers Marine Life Group a
mezzogiorno sono entrati in azione per trasportalo in mare. “Non eravamo
ottimisti - ha spiegato il sindaco di Londra, Ken Livingstone – sapevamo, ma speravamo di poterla portare in
mare aperto”. “E’ molto triste – ha aggiunto con un sospiro – sarebbe bello che
nella tua città le balene potessero entrare e uscire liberamente”. Questo
episodio ha comunque riacceso l’attenzione sulla questione della caccia alle
balene. Secondo un bilancio di Greenpeace, oltre
6.800 balenottere minori sono state uccise nel mar Antartico negli ultimi 18
anni. Inoltre, nel mondo ogni due minuti muore un delfino o una balena a causa
delle catture accidentali. (R.M.)
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22
gennaio 2006
- A cura di Eugenio Bonanata
-
La Russia questa notte ha interrotto l’erogazione di gas
verso Georgia ed Armenia dopo che due esplosioni ‘sospette’ hanno danneggiato
il gasdotto che rifornisce le due repubbliche ex sovietiche del
Caucaso. Le autorità russe, che in prima battuta avevano parlato di
incidente, ora stanno esaminando l’ipotesi di attentato terroristico. Per
riparare il guasto – specificano fonti russe – potrebbero essere necessari
anche due giorni. Intanto il presidente georgiano, Saakashvili,
ha accusato la Russia di sabotaggio specificando che le spiegazioni di Mosca
sono inadeguate e contraddittorie. La Georgia dipende interamente dalla Russia
per le forniture del gas, il cui prezzo è aumentato considerevolmente, per
decisione di Mosca, a partire da gennaio 2006. Le
relazioni tra Georgia e Russia si sono degradate fortemente dopo la conquista
del potere a Tbilisi, nel gennaio del 2004, da parte
del giovane presidente filo occidentale, Saakashvili.
L’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per la politica
estera, Javier Solana, ha
duramente condannato i disordini verificatisi nei giorni scorsi in Costa
d’Avorio. Per Solana, queste violenze sono
inammissibili perché compromettono il processo di pace tracciato dall’Unione
Africana e dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il responsabile Europeo,
che continuerà a seguire “con grande attenzione e vigilanza” gli sviluppi in
Costa d’Avorio, ha ribadito il suo pieno sostegno al primo ministro Konan Banny. L’obiettivo è di
valorizzare “gli sforzi della comunità internazionale
per esigere l’applicazione integrale della risoluzione del Consiglio di
sicurezza dell’ONU”. Per una testimonianza sulla situazione nel Paese,
Alessandro Gisotti ha intervistato padre Gilberto Orsolin,
della Società dell’Apostolato Cattolico, appena rientrato dalla
Costa D’Avorio:
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R. – Per cinque-sei giorni, è
stato tutto bloccato: il Paese, le città principali. E’ stato necessario
ritornare a Roma perché era impossibile proseguire il viaggio, perché la città
era bloccata. In questo momento, sappiamo che la situazione è tornata normale:
certo, con molti disagi …
D. – C’è paura tra la gente che possa
tornare ad esserci un’escalation della violenza, insomma, un ritorno ad una
situazione di guerra civile?
R. – Certo. Adesso sono più tranquilli, ma la situazione è
molto difficile, con una democrazia molto fragile nel senso che in qualsiasi
momento può verificarsi una nuova rivoluzione.
D. – Come sta lavorando la Chiesa per favorire quella
riconciliazione invocata all’Angelus dal Papa?
R. – I vescovi e gli arcivescovi si sono rivolti alla
popolazione, in una Lettera, esortandola alla riconciliazione, insieme a tutte
le forze organizzate, come i sindacati … I vescovi sono grandi sostenitori
della riconciliazione!
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Si terranno giovedì prossimo i funerali di Ibrahim Rugova, il primo
presidente del Kosovo, morto ieri all’età di 61 anni
per un cancro ai polmoni. Lo ha reso noto l'ufficio della presidenza kosovara, specificando che le esequie si terranno nel capoluogo Pristina a partire da mezzogiorno. Intanto al
posto di Rugova, la guida del parlamento kosovaro è stata momentaneamente assunta da Nexhat Daci, che resterà in
carica fino a nuova nomina. Al microfono di Isabella Piro,
ascoltiamo il ricordo di Don Lush Gjergji,
vicario generale della diocesi del Kosovo:
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R. – E’ una figura carismatica del nostro movimento della
“non violenza e della pace”. Nell’89, quando fu abolita totalmente l’autonomia
del Kosovo, si mise a capo del movimento che poi sfociò
in 3 grandi linee: la “Riconciliazione universale del popolo albanese”, la
“Fondazione della associazione umanitaria Madre Teresa”, e poi il “Sistema
parallelo scolastico e sanitario”. Per cui, noi lo consideriamo il “Ghandi del popolo albanese”, dei Balcani
e in qualche modo del mondo intero.
D. – Ha avuto modo di incontrarlo recentemente?
R. – L’ho incontrato l’ultima volta
lunedì scorso e sembrava motivato più che mai a combattere questa ultima
battaglia, la battaglia della malattia.
D. – C’è il rischio che la sua morte scateni una nuova
ondata di violenza nel Paese?
R. – Non penso, assolutamente. Lui era la persona più
amata, era un uomo di tutti e per tutti, per cui
sicuramente c’è un grande dolore. C’è una incredulità
e soprattutto una grande commozione, un dolore che è proprio a livello
popolare. Nessuno vuol parlare, nessuno vuole dichiararsi.
D. – Chi è secondo lei, la persona più adatta a prendere
il suo posto?
R. – Sicuramente non è facile fare i nomi. Personaggi del
genere non sono sostituibili. Penso che nascano raramente e non muoiono mai,
anche nel senso del messaggio e del carisma che aveva
e che portava avanti.
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Urne aperte da stamani in Portogallo, dove nove milioni di
elettori sceglieranno il nuovo presidente della Repubblica in sostituzione del
socialista Jorge Sampaio.
Secondo gli ultimi sondaggi, Cavaco Silva, esponente
di centro destra, e già due volte primo ministro, potrebbe ottenere fra il 52 e
il 53% dei voti, eliminando così la necessità del ballottaggio. Ma se così non
fosse, al secondo turno Silva si scontrerebbe con uno degli altri cinque
candidati, tutti appartenenti all’area di sinistra. Tra questi, ad oltre 30
punti di distanza, il socialista indipendente, Manuel Alegre,
seguito a ruota dal candidato ufficiale del Partito socialista, l’ex presidente
e ultra ottantenne, Mario Soares.
I 370 mila elettori capoverdiani
eleggeranno oggi i 72 deputati dell'Assemblea nazionale. Un membro della
Commissione elettorale nazionale ha riferito all’agenzia France
Presse che in mattinata l’affluenza alle urne è stata
piuttosto bassa ma si attende una maggiore partecipazione nel primo pomeriggio,
dopo la fine delle messe domenicali. Capo Verde, infatti, ex colonia
portoghese, è un Paese
a maggioranza cattolica. In questi giorni, Agostino Lopes,
segretario generale del principale partito d’opposizione, il Movimento Popolare
per la Democrazia (MPD), ha messo in guardia contro eventuali brogli elettorali.
“La gente voterà per noi - ha dichiarato José Maria Neves, primo ministro e
capo del Partito per l’Indipendenza di Capo Verde (PAICV) - perché il bilancio
del nostro governo in questi cinque anni è positivo”. Il PAICV, fino al 1990
partito unico, nella scorsa tornata elettorale aveva ottenuto 40 seggi contro i
30 del MPD, unico altro partito ad aver conquistato il potere dopo
l'indipendenza, nel 1975. Capo Verde è composta da una
dozzina di isole a 500 chilometri dalla costa senegalese.
Un elicottero della Croce Rossa Internazionale, utilizzato
per la consegna di aiuti nel territorio colpito dal terremoto in Pakistan, è
attualmente disperso. Lo hanno riferito funzionari locali, aggiungendo che a
bordo si trovavano sette passeggeri. Un funzionario della Croce Rossa ha
specificato che l’elicottero, conclusa la sua missione, era diretto in Turkmenistan
e ha perso i contatti con la torre di controllo poco dopo aver lasciato la città
di Peshawar. Intanto, nei pressi di Dera Bugti, a sud est di Quetta, nove
persone sono rimaste uccise durante uno scontro tra milizie tribali e soldati.
Le vittime sarebbero tutte civili. Secondo un funzionario governativo
nell’attacco, diretto ad una base militare, sarebbero stati lanciati 500
missili.
A tre giorni dalle elezioni parlamentari palestinesi,
Israele ha autorizzato in via eccezionale un’intervista televisiva a Marwan Barghuthi, capolista di Fatah, condannato all’ergastolo da un tribunale israeliano.
Il leader, secondo anticipazioni fornite dall’ANSA, si sarebbe detto favorevole
a un ‘governo di emergenza nazionale’
che si dedichi a profonde riforme e a negoziati con Israele per la costituzione
di uno Stato palestinese indipendente.
Il governo israeliano discute con i responsabili militari,
delle conseguenze di un probabile successo elettorale di Hamas.
Il movimento fondamentalista, fra gli altri impegni,
nella campagna elettorale ha affermato di voler interrompere qualsiasi contatto
fra l’Autorità Nazionale Palestinese ed Israele.
“Un eventuale attacco di Israele sarebbe un
errore fatale”. E’ quanto ribadito dal portavoce del ministero degli Esteri
iraniano, Asefi, in risposta
al Ministro della difesa di Tel Aviv che stamani aveva affermato di non
tollerare in alcun modo l’opzione nucleare di Teheran.
In Iraq, scaduto l’ultimatum dei rapitori di Jill Carroll, non ci sono novità
sulla sorte della giovane giornalista americana. Le autorità statunitensi hanno
smentito l’imminente liberazione di sei detenute irachene, come chiesto dai
rapitori, annunciata oggi dal governo di Baghdad. Sul piano politico, l’Organizzazione della Conferenza islamica
(OCI) ha invitato tutti i politici del Paese arabo ad accantonare le divergenze
per formare un governo pluralista, che rappresenti fedelmente il popolo. Sul
terreno, infine, è ancora la violenza a dominare la scena. Due diversi
attentati hanno provocato la morte di quattro agenti iracheni e di due marine statunitensi.
Dodici deputati colombiani, ostaggi da quasi quattro anni
dei guerriglieri delle Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia (FARC), hanno
chiesto al presidente venezuelano Hugo Chavez di concedere loro asilo politico. La richiesta è
contenuta in una videocassetta fatta pervenire ad una televisione colombiana e
trasmessa ieri.
Caso umano sospetto di influenza aviaria in Francia. Si
tratta di una donna di 32 anni di ritorno da un viaggio in Turchia che è stata
ricoverata nell’ospedale di Montpellier. Lo riferisce il ministero della Sanità
francese.
L’Europa sarà il tema centrale dei colloqui di domani tra
il presidente francese Chirac e il cancelliere
tedesco Merkel. Negli storici saloni della prefettura
di Yvelines, a Versailles, Chirac
e Merkel chiariranno anche diversi altri punti
fondamentali per le relazioni fra i due Paesi.
In Spagna, la regione della Catalogna potrà chiamarsi
“Nazione”. E’stato infatti raggiunto l’accordo tra il
premier spagnolo, Zapatero, e il leader del partito nazionalista catalano, Artur Mas, sul progetto dello statuto autonomo della
regione che definisce appunto la Catalogna come “Nazione”. La notizia è
riportata dalla stampa iberica. Intanto un ordigno di piccole dimensioni è
esploso davanti alla sede del Partito socialista spagnolo a Iruna,
nel nord del Paese. Secondo fonti locali non ci
sarebbero feriti. Al momento non sono arrivate rivendicazioni.
In Italia, l’agitazione del personale Alitalia
sta causando molte cancellazioni in tutti gli aeroporti, ma nella trattativa si
è aperto uno spiraglio. I sindacati hanno infatti
sospeso lo sciopero indetto per domani, in attesa dell’esito del confronto con
il Governo fissato per mercoledì a Palazzo Chigi.
Grave incidente sull’autostrada A21 Torino-Brescia.
Un pullman proveniente dalla Romania è finito contro le barriere del casello
“Sant’Antonio”, all’altezza di Piacenza. Sono almeno due le vittime accertate.
A riferirlo sono fonti dei Vigili del fuoco. I soccorritori sono tuttora
impegnati nell'estrazione dei feriti dalle lamiere.
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