RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 21
- Testo della trasmissione di sabato 21 gennaio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Ad Addis Abeba, in Etiopia,
la polizia spara sulla folla per disperdere una processione ortodossa
Sensazionale scoperta
archeologica in Cile: ritrovate le ossa di un bambino vissuto 9 mila anni fa
Nei territori palestinesi, voto anticipato per le
forze di sicurezza chiamate a garantire l’ordine pubblico alle elezioni del 25
gennaio
In Kosovo, morto il presidente Ibrahim Rugowa,
leader della lotta per l’indipendenza della minoranza albanese dalla Serbia
21 gennaio 2006
COME
OGNI ANNO, NELLA FESTA DI SANT’AGNESE, IL PAPA HA BENEDETTO STAMANE
DUE
AGNELLI, LA CUI LANA SERVIRÀ A TESSERE I SACRI PALLII
PER I
NUOVI ARCIVESCOVI METROPOLITI
Oggi, nella festa di Sant’Agnese, come da tradizione, il
Papa ha benedetto gli agnelli, la cui lana servirà a confezionare i sacri
pallii, che verranno imposti ai nuovi arcivescovi metropoliti. Il servizio di
Roberta Gisotti:
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Una tradizione che affonda le sue radici nel martirio
avvenuto oltre 1700 anni fa di Sant’Agnese, adolescente e vergine romana,
martirizzata durante la persecuzione di Decio, nel IV secolo, per avere testimoniato
Cristo in un tormentato periodo in cui molti fedeli rinnegavano la propria
fede. E sono proprio gli
agnelli ad accompagnare l’iconografia tradizionale di questa Santa protettrice
delle giovani e della castità.
Come ogni anno il 21 gennaio si rinnova dunque questa
cerimonia, ospitata stamane nella piccola Cappella dell’appartamento pontificio
intitolata ad Urbano VIII, presenti una decina di persone. Un rito carico di
antichi simbolismi. Gli agnelli emblema della pecorella smarrita, cercata,
salvata e posta sulle spalle del Buon Pastore e insieme il segno di Cristo
crocifisso per la salvezza dell’umanità. Dagli agnelli benedetti oggi verrà
tratta la lana per filare e tessere i sacri pallii, esili bende di lana, larghe
circa 5 centimetri, con impresse sei croci di seta nera, ornate da tre spille
gemmate, un tempo usate per fermare il paramento sul petto, sul dorso e sulla
spalla sinistra. E se anticamente il palliium, in latino il mantello di lana,
era esclusivamente attribuito al Sommo Pontefice, in seguito divenne un’insegna
liturgica d’onore, simbolo di particolare legame con il successore di Pietro
per i vescovi alla guida di speciali giurisdizioni metropolitane.
Gli agnelli benedetti oggi sono stati poi portati al
monastero delle Suore di Santa Cecilia - la cui abbatessa era presente stamane
nella cappella - incaricate di confezionare i pallii, che verranno quindi
conservati in un’urna di bronzo, nella “nicchia dei pallii presso la
Confessione di San Pietro”, fino al prossimo 29 giugno solennità dei Santi
Pietro e Paolo. In quel giorno il Papa imporrà i sacri pallii, prima benedetti,
ai nuovi arcivescovi metropoliti, o saranno consegnati ai loro procuratori dal
cardinale protodiacono a nome di Benedetto XVI.
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CORDOGLIO DI BENEDETTO XVI PER LA MORTE
DEL
CARDINALE PIO TAOFINU’U, EMINENTE FIGURA DELLA CHIESA
IN
OCEANIA. LE ESEQUIE DEL PORPORATO IL PROSSIMO 28 GENNAIO
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Profondo dolore di Benedetto XVI per la morte del
cardinale Pio Taofinu’u, arcivescovo emerito di Samoa-Apia, in Oceania,
spentosi il 19 gennaio all’età di 82 anni. In un telegramma di cordoglio
indirizzato all’arcivescovo di Samoa-Apia, mons. Alatati Lui Mata’ Eliga, il
Papa ricorda il porporato come una “figura straordinaria di impegno instancabile
alla verità e all’amore per il Vangelo di Cristo”. Il Pontefice assicura
inoltre le sue preghiere per il popolo e le autorità dell’area del Pacifico.
Dal canto suo, la Nunziatura apostolica della Nuova
Zelanda fa sapere che le esequie del cardinale Taofinu’u si svolgeranno il
prossimo 28 gennaio ad Apia.
IL CORDOGLIO DEL PAPA PER LA SCIAGURA AREA IN
UNGHERIA
IN CUI
SONO RIMASTI UCCISI MONS. MICHAL ŠTANG E NUMEROSI
SOLDATI SLOVACCHI IMPEGNATI NELLA MISSIONE DI
PACE IN KOSOVO
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Profondo
cordoglio di Benedetto XVI per le vittime della sciagura aerea, avvenuta
giovedì in Ungheria, nella quale hanno perso la vita il cappellano militare,
mons. Michal Štang e 42 soldati slovacchi della Forza di Pace in Kosovo. In un
telegramma indirizzato a mons. František Rábek, ordinario militare di
Slovacchia, a firma del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, il Papa
esprime la sua vicinanza spirituale ai famigliari delle vittime e a tutta la
nazione slovacca colpita duramente da questa sciagura.
Il
Pontefice invoca, infine, il conforto celeste e la cristiana speranza per coloro
che stanno affrontando questa prova così dolorosa.
L’ARCIVESCOVO
ANTONIO FRANCO, NOMINATO DA BENEDETTO XVI
NUNZIO APOSTOLICO A GERUSALEMME
Benedetto XVI
ha nominato nunzio apostolico in Israele e Cipro e delegato apostolico in
Gerusalemme e Palestina mons. Antonio Franco, arcivescovo titolare di Gallese,
finora nunzio apostolico nelle Filippine.
Nato 69 anni
fa, a Puglianello, nella provincia campana di Benevento, mons. Franco è stata
ordinato sacerdote nel 1960 e consacrato vescovo nel 1992. Nel nuovo incarico
succede a mons. Pietro Sambi, nominato dal Papa nunzio apostolico a Washington.
ALTRE
UDIENZE E NOMINE
Benedetto
XVI ha ricevuto stamani un gruppo di vescovi della Repubblica Democratica del
Congo in visita ad Limina.
Il
Papa riceverà questo pomeriggio in udienza il cardinale Giovanni Battista Re,
prefetto della Congregazione per i Vescovi.
In Rwanda, il Papa ha nominato vescovo di Kabgayi mons.
Smaragde Mbonyintege, rettore del Seminario maggiore di Nyakibanda.
In Vietnam il
Papa ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare dell’arci-diocesi di
Hanoi, presentata da mons. Paul Lê Dac Trong, vescovo titolare di Igilgili, per
sopraggiunti limiti d’età.
NELL’AMBITO DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA
PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI
SOLENNE
CELEBRAZIONE DELLA PAROLA IERI POMERIGGIO,
PRESIEDUTA
DAL CARDINALE WALTER KASPER,
PRESSO
LA CHIESA ROMANA DI SANTA BRIGIDA IN PIAZZA FARNESE,
ASSIEME
ALLE COMUNITA’ DI SVEZIA E FINLANDIA A ROMA
- Con
noi il cardinale Kasper, madre Tekla Famiglietti, Gianni Long -
Le comunità cattoliche e luterane di Svezia e Finlandia si
sono date appuntamento ieri pomeriggio presso la chiesa romana di Santa Brigida
in Piazza Farnese, per una solenne celebrazione della Parola nell’ambito della
Settimana di preghiere per l’unità dei cristiani. Ha presieduto l’assemblea il
cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione
dell’unità dei cristiani. Presenti gli ambasciatori di Svezia e Finlandia
presso la Santa Sede, nonché la delegazione luterana della Finlandia venuta a
Roma per la festa del loro patrono Sant’Enrico, e ricevuta dal Papa giovedì
scorso. Hanno tenuto l’omelia rispettivamente il vescovo cattolico di Helsinki
(Finlandia), mons. Jòzef Wròbel; il molto reverendo dottor Mikko Heikka,
vescovo luterano della diocesi finlandese di Espoo, e capo-delegazione. Al
termine della celebrazione Giovanni Peduto ha intervistato il cardinale Walter
Kasper:
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D. – Eminenza, un commento su questa cerimonia e sulla
motivazione per cui è stata scelta la chiesa di Santa Brigida…
R. – I Finlandesi vengono dalla Scandinavia e Santa
Brigida era scadinava e perciò è naturale che essi vengano qui, a Piazza
Farnese, dove è vissuta Santa Brigida per quasi venti anni, per celebrare ogni
anno la festa di San Enrico. Siamo lieti di questa tradizione e lieti
soprattutto che il Santo Padre, continuando la tradizione del suo predecessore,
abbia ricevuto in udienza privata la delegazione finlandese. E’ un segno della
comunione e della vicinanza fra i luterani della Finlandia e la Chiesa di Roma.
D. – Eminenza, è un segno, come ha detto il Papa
incontrando giovedì la delegazione ecumenica della Finlandia, di quell’ecumenismo
spirituale che consente ‘ai cristiani divisi di apprezzare quanto già li
unisce’?
R. – Molte cose ci uniscono: la fede in Gesù Cristo, un
unico Battesimo e la preghiera comune. Questa preghiera che facciamo insieme è
già un segno di una profondissima comunione e una testimonianza comune della
nostra fede davanti al mondo secolarizzato. E questo è molto importante. Ma ci
sono ostacoli, ci sono ancora difficoltà. Incontrarsi, pregare insieme è un
aiuto per superare le difficoltà che purtroppo ancora ci dividono.
D. – Quali sono i segni di speranza, invece, nel cammino
di riavvicinamento tra cattolici e luterani?
R. – Il passo più importante è stato nel 1999, con la
firma della Dichiarazione comune sulla Giustificazione, che era il problema
centrale nel XVI secolo. Noi siamo molto contenti e grati che quest’anno anche
la Federazione Mondiale Metodista voglia firmare questo testo. E’ un punto
molto importante. Poi, ai funerali di Giovanni Paolo II, per la prima volta nella lunga storia della
Chiesa, hanno partecipato rappresentanti di tutte le Chiese e comunità
ecclesiali, così alla Messa di inizio del nuovo Pontificato. Questo è un segno
che sono stati fatti molti progressi e che molti pregiudizi sono stati
superati. Questo ci fa ben sperare per il futuro e speriamo che Iddio ci dia la
piena comunione molto presto.
D. – Madre Tekla Famiglietti, abbadessa generale
dell’Ordine brigidino, ha fatto gli onori di casa: qual è il ruolo di Brigida
nel cammino ecumenico?
R. – Il ruolo di Brigida nel cammino ecumenico è
conosciuto da tutti. Certo Brigida non ha avuto in campo ecumenico_lo
stesso ruolo di madre Elisabetta
Hesselblad, colei che ha rifondato l’Ordine brigidino, perché a quel tempo
esisteva ancora l’unità nella Chiesa cattolica. Brigida, all’epoca, è stata un
punto di riferimento per l’unità della Chiesa cattolica con i suoi sforzi per
cercare di riportare il Papa da Avignone a Roma. Come ha detto bene il vescovo
Wròbel all’omelia, se ognuno di noi vive in sintonia con Cristo e il suo
Vangelo, allora il Signore vive in mezzo a noi. Così Brigida, vedendo che ciò
non era vissuto, pose come base fondamentale delle sue comunità Cristo
Eucaristia, perché attraverso la riparazione e l’adorazione potesse ricomporsi
l’armonia all’interno della Chiesa cattolica.
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Per una riflessione su quanto i cristiani delle varie
Chiese abbiano a cuore un maggior dialogo e l’unità tra tutte le Chiese,
Adriana Masotti ha intervistato Gianni Long, presidente della Federazione delle
Chiese evangeliche in Italia:
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R. – Direi di sì. Soprattutto in questi anni, al di là del
dialogo tra la Chiesa cattolica e le altre Chiese che, in Italia, ovviamente, è
fondamentale, ma in giro per l’Europa e il mondo ci sono state molte forme di
dialogo tra confessioni e denominazioni diverse. Sia tra protestanti e
ortodossi, sia all’interno delle Chiese protestanti ci sono stati dei
documenti, c’è stata la formazione di nuovi organismi che hanno avvicinato. In
questo senso l’ecumenismo è attuale.
D. – Oltre al dialogo su temi strettamente teologici, da
qualche tempo si dà una certa importanza ad un dialogo dei fatti, qualcuno dice
della vita. Può confermarci che la collaborazione sta crescendo sul piano, ad
esempio sociale?
R. – Sicuramente. D’altra parte per citare l’immigrazione,
che è il fenomeno sociale che ha avuto maggiore rilievo negli ultimi anni in
Italia, ci troviamo normalmente insieme agli organismi della Caritas, al
Servizio per i rifugiati e gli immigranti della Federazione delle Chiese
evangeliche. Sicuramente sul piano delle cose da fare ci si trova più vicini
che nei dialoghi di vertice.
D. – Il mondo contemporaneo pone problemi etici. Su questo
piano ci sono delle differenze tra le Chiese cristiane, ad esempio fecondazione
artificiale, eutanasia. E’ possibile un dialogo su questi argomenti per
giungere quanto più possibile ad un’opinione comune da offrire a chi, ad
esempio, non è cristiano?
R. – Questo è sicuramente uno dei campi dove si registrano
le differenze di atteggiamento più vaste. Per la prima volta nel febbraio
scorso noi abbiamo organizzato – la Conferenza episcopale italiana, la
Federazione delle Chiese Evangeliche e la Metropolia ortodossa d’Italia – un
incontro su un tema, quello dell’esposizione del crocifisso nei locali
pubblici, che sicuramente registra posizioni diverse. Stiamo ipotizzando di
fare un incontro proprio sui temi della bioetica perché il confronto
ravvicinato spesso porta come minimo a chiarire le posizioni, spesso porta a
chiarire quali sono le divergenze, ma anche a stabilire che ci sono dei punti
comuni.
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IL CARDINALE POLETTO HA PRESENTATO LE VARIE
INIZIATIVE DELLA DI TORINO
PER LE
OLIMPIADI E HA RICORDATO IL MESSAGGIO DEL PAPA PER L’OCCASIONE
I percorsi dello sport si incroceranno con quelli della
fede, in occasione dei XX Giochi Olimpici invernali, che si apriranno a
febbraio. Il servizio di Fabrizio Accatino:
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L’arcivescovo di Torino, il cardinale Severino Poletto, ha
presentato oggi le varie iniziative con cui la diocesi di Torino accompagnerà
l’imminente evento olimpico: su tutti
l’apertura di un suggestivo percorso di scoperta della Sindone, allestito nella
Chiesa Inferiore del Duomo, costituito da una serie di stazioni che idealmente
accompagnano alla teca dove è custodito il Sacro Lino. Nel corso della
presentazione il cardinale Poletto ha letto con orgoglio la lettera che il
Santo Padre, Benedetto XVI, gli ha indirizzato nel novembre scorso. “Assicuro
fin d’ora – ha scritto Papa Ratzinger – il mio ricordo nella preghiera,
affinché i prossimi Giochi Olimpici costituiscano per i credenti un’opportuna
circostanza per riflettere, come l’apostolo Paolo suggeriva ai cristiani di
Corinto, sulle indicazioni che dallo sport possono derivare anche per
l’agonismo spirituale”. Parole riprese dal cardinale anche nell’incontro con i
giornalisti:
“Dice bene il messaggio che il Santo Padre mi ha inviato:
è la sua benedizione per le Olimpiadi, perché la Chiesa si interessa a tutto
ciò che riguarda la vita umana. Quindi, anche allo sport, anche alle attività
del corpo umano … E allora, la Chiesa si interessa alle Olimpiadi perché questo
evento è un’occasione per valorizzare lo sport come espressione delle capacità
e dell’inventiva delle persone, ma anche come evento di grande fraternità
universale, di grande pace”.
Le parole del Santo Padre sono state apprezzate anche dal
presidente del TOROC, Valentino Castellani, che ha sottolineato i punti di
contatto tra i valori religiosi e i valori olimpici:
“Profondi, sono questi punti di contatto, perché l’olimpismo
sottolinea prima di tutto il valore della pace e della fratellanza fra i
popoli, il rispetto negli atleti e fra gli atleti e in tutti i membri della
famiglia olimpica, il rispetto delle diversità di tutti i tipi: diversità
culturali, diversità di razza, di religione, di sesso …”.
Da Torino, Fabrizio Accatino per la Radio Vaticana.
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IL
CARDINALE STEPHEN FUMIO HAMAO DA OGGI IN PERU’
PER
UNA VISITA AI GIAPPONESI EMIGRATI NEL PAESE LATINOAMERICANO
-
Intervista col porporato -
Il cardinale
Stephen Fumio Hamao, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i
migranti e gli itineranti, è partito questa mattina per il Perù, allo scopo di
incontrare i suoi connazionali ivi emigrati da cento anni a questa parte. Prima
della partenza, Giovanni Peduto gli ha chiesto gli obiettivi della visita:
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R. – Il 2006 segna cento anni dalla data storica del 21
novembre 1906, quando sbarcava in Perù il primo contingente di immigrati
proveniente dal Giappone. Si trattava di un gruppo di 774 immigrati, che davano
inizio alla corrente migratoria dei cosiddetti “Nikei” del Perù. In questo
contesto, si stanno avviando le celebrazioni del Centenario dell’immigrazione
giapponese in Perù.
D. – Quali sono le dimensioni del fenomeno immigratorio
giapponese in terra andina?
R. - Si stima che la colonia giapponese in Perù sia
composta approssimativamente di 80.000 immigrati. Ma dalla metà degli anni ’80
si registra un’inversione di tendenza, per il fatto che ormai sono i peruviani,
anche discendenti degli immigrati giapponesi, a lasciare il Perù per emigrare
in Giappone. Così, oggi si stima che vi siano 70.000 peruviani in suolo
giapponese, in crescente aumento.
D. –
Come dobbiamo leggere questi attuali, continui spostamenti di popoli?
R. – A Lima, intervenendo nei prossimi giorni alla
Assemblea Generale della Conferenza Episcopale del Perù, ricorderò un passo del
Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI, in occasione della Giornata Mondiale
del Migrante e del Rifugiato, che abbiamo appena celebrato domenica scorsa, 15
gennaio. Il Papa dice che «tra i segni dei tempi oggi riconoscibili sono
sicuramente da annoverare le migrazioni, un fenomeno che ha assunto nel corso
del secolo da poco concluso una configurazione, per così dire, strutturale, diventando
una caratteristica importante del mercato del lavoro a livello mondiale, come
conseguenza, tra l’altro, della spinta poderosa esercitata dalla
globalizzazione. Naturalmente, in questo “segno dei tempi” confluiscono
componenti diverse. Esso comprende infatti le migrazioni sia interne che
internazionali, quelle forzate e quelle volontarie, quelle legali e quelle irregolari,
soggette anche alla piaga del traffico di esseri umani. Né può essere
dimenticata la categoria degli studenti esteri, il cui numero cresce ogni anno
nel mondo».
D. –
Qual è il posto della Chiesa in questo ambito della mobilità umana?
R. – Nella mia visita in Perù avrò modo di sollecitare
l’approfondimento e la concretizzazione dell’Istruzione Erga migrantes
caritas Christi, del nostro Pontificio Consiglio, pubblicata quasi due anni
orsono. Questo importante documento vuole essere una risposta ecclesiale ai
nuovi bisogni pastorali dei migranti. L’obiettivo è condurli, a loro volta, a
trasformare l’esperienza migratoria in occasione positiva per la costruzione di
un nuovo ordine sociale, dove possano realizzarsi la giustizia e la pace, nella
tutela della dignità di ogni persona umana, evidenziando il diritto-dovere di
tutti all’accoglienza, al rispetto, alla solidarietà. La Chiesa, “esperta in
umanità”, non può mancare a questo appuntamento con la storia, segnato dai
movimenti migratori.
D. – Nella sua visita alle comunità giapponesi immigrate
in Perù, troverà qualche importante gesto che mette a fuoco questo alto
programma?
R. – Sì. Proprio per segnare concretamente le celebrazioni
centenarie, in spirito di gratitudine all’ospitalità generosa della nazione
peruviana e come riconoscenza per la mutua integrazione e il vicendevole
rispetto, la comunità Okinawense, che vanta una lunga tradizione associativa in
Perù, mi ha chiesto di inaugurare il Policlinico di Ventanilla, che risponderà
alle esigenze umanitarie e socio-caritative di soccorso ai bisognosi del Paese:
mi sembra un chiaro segno di quanto raccomanda l’Istruzione Erga migrantes
caritas Christi, nel cercare quei fondamenti dell’accoglienza e
dell’ospitalità, che si pongono alla base di una pastorale migratoria che sia
rispettosa dei migranti e, nello stesso tempo, miri alla comunione e alla
cattolicità.
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“LA TELEVISIONE CATTOLICA DIVENTI IL SISTEMA NERVOSO DELLA
CHIESA”:
COSI’, IL PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI
SOCIALI,
ARCIVESCOVO FOLEY, INTERVENENDO IERI IN VATICANO ALLA RIUNIONE DEL
COMITATO ORGANIZZATIVO PER IL CONGRESSO MONDIALE DELLE TELEVISIONI CATTOLICHE,
IN PROGRAMMA A MADRID IL PROSSIMO OTTOBRE
- A cura di Roberta Moretti -
“Non esiste un altro settore come quello
televisivo in cui c’è più bisogno di una rete, affinché la programmazione
comune venga offerta a tutto il mondo, la formazione professionale sia proposta
su base internazionale e le idee e i programmi vengano condivisi”: è quanto ha
affermato il presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, arcivescovo
John Patrick Foley, intervenendo ieri presso Palazzo San Carlo in Vaticano alla
seconda riunione del Comitato organizzativo per il Congresso Mondiale delle Televisioni
Cattoliche, in programma a Madrid, in Spagna, dall’11 al 13 ottobre prossimi.
L’arcivescovo Foley ha rilevato che, nonostante ci siano “molte iniziative di
televisioni cattoliche, (...) spesso non ci sono risorse sufficienti per la
programmazione, né i mezzi economici o il personale specializzato per
mantenerle in attività”. Secondo il presule, nel panorama televisivo cattolico
internazionale, “tra i fattori che sembrano trascurati ci sono la coordinazione
e la cooperazione”. “Per la natura della nostra responsabilità universale – ha
aggiunto il presule – abbiamo pensato che sarebbe una buona idea per rispondere
alle richieste che arrivano da tutto il mondo creare un forum per progettare ed
anche aiutare a mettere in atto tale coordinazione e cooperazione”. “Spero
dunque – ha concluso il presidente del dicastero pontificio – che il nostro
progetto e il nostro eventuale congresso possano essere di aiuto alla
televisione cattolica, affinché diventi un sistema nervoso per la Chiesa, un
sistema capace di contribuire ad informare, a dare energia e a muovere il Corpo
di Cristo che è la Chiesa in una perfetta unità, per proseguire il lavoro di
evangelizzazione".
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il terrorismo: diffuso
un nuovo farneticante messaggio audio di Al Zawahiri.
Servizio vaticano - Il messaggio di Benedetto
XVI al Cardinale Severino Poletto, arcivescovo di Torino.
Servizio estero - Iraq: scaduto l’ultimatum
per la giornalista statunitense.
Servizio culturale - Un
articolo di Franco Pelliccioni dal titolo “L’origine del misterioso mondo Maya
raccontata da un Michelangelo di 2100 anni fa”: paragonati dagli studiosi
alla “Cappella Sistina” gli affreschi ritrovati nella regione del Peten,
in Guatemala.
Servizio italiano - Il tema della giustizia.
“Legge disorganica e incostituzionale”: il Quirinale sulle norme in merito
all’inappellabilità.
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21 gennaio 2006
LA GUARDIA SVIZZERA PONTIFICIA FESTEGGIA DOMANI 5
SECOLI DI STORIA.
NELLA
FESTA DEL LORO PATRONO SAN SEBASTIANO, IERI, MONS. JOHN FOLEY
HA
RICORDATO IL SACRIFICIO DEI 147 MILITARI DURANTE IL SACCO DI ROMA
ED HA
ESORTATO LE GUARDIE A RIFLETTERE L’AMORE DI CRISTO
Domani la Guardia Svizzera Pontificia festeggia 500 anni.
Sono 110 oggi i militari a servizio del
Vicario di Cristo preposti a svariati servizi. Il più importante è la vigilanza
sulla sicurezza del Santo Padre e sulla sua residenza. Ieri mons. John Foley,
presidente del Pontificio Ccnsiglio delle Comunicazioni Sociali, ha presieduto
la celebrazione in memoria di uno dei patroni della Guardia Svizzera, San
Sebastiano. Nella sua omelia il presule, ricordando i 147 militari morti nel
1527 per difendere Clemente VII, ha detto che avendo dato la loro vita per il
successore di san Pietro possono essere considerati martiri. Quindi ha esortato
le guardie a considerare il loro lavoro non soltanto un dovere, ma
un’opportunità per riflettere la gioia e l’amore di Gesù Cristo in ogni parola
e in ogni gesto. Ma qual è la storia del Corpo della Guardia Svizzera
Pontificia? La racconta nel servizio Tiziana Campisi:
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(Inno)
Era il 22 gennaio del 1506 quando 150 militari elvetici,
con al comando il capitano Kaspar von Silenen, arrivarono a Roma, giunsero in
piazza San Pietro e ricevettero la benedizione di Giulio II. Con una bolla del
21 giugno del 1505, lo stesso Papa aveva dato incarico al canonico Peter von
Hertenstein di guidare nello Stato Pontificio una compagnia di soldati svizzeri
perché potessero custodire il suo palazzo. Da allora, le Guardie Svizzere sono
rimaste al fianco dei pontefici, per accompagnarli nei loro spostamenti, per
sorvegliare gli ingressi del Vaticano e prestare servizi d’onore e d’ordine.
Il 6 maggio del 1527, durante il “Sacco di Roma”, 147
guardie persero la vita per difendere Clemente VII da lanzichenecchi e
spagnoli. Ed è proprio il 6 maggio di ogni anno, a ricordo di questo
sacrificio, che le Guardie Svizzere prestano solenne giuramento. Dopo la
lettura del testo da parte del loro cappellano, alzano la mano destra con tre
dita aperte, quale simbolo della Trinità, e promettono di servire il Papa. Chi
sceglie di entrare a far parte della Guardia Pontificia deve aver assolto la scuola reclute nell’Esercito elvetico, avere
un’altezza minima di 1 metro e 74 e prestare servizio per due anni, poi può decidere se
proseguire la carriera.
Le guardie vivono tra le mura vaticane. Possono sposarsi se hanno
compiuto 25 anni, devono aver
prestato servizio per tre anni, essersi impegnati almeno per altri 36 mesi ed
aver raggiunto il grado di Caporale. La loro vivace uniforme si deve al comandante Jules Repond
che si ispirò ai colori e allo stile di Raffaello. Patroni del Corpo della
Guardia Pontificia sono San Martino, San Sebastiano e San Nikolaus von Flüe.
(inno)
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E per commemorare il quinto centenario della fondazione
della Guardia Svizzera il cardinale Segretario di Stato Angelo Sodano domani,
alle 9.30, presiederà una celebrazione eucaristica nella Cappella Sistina. La
nostra emittente trasmetterà in diretta l’evento, sulle onde corta, media e in
modulazione di frequenza, con commento in lingua italiana e tedesca. Ma quali
caratteristiche contraddistinguono le Guardie Svizzere? Tiziana Campisi lo ha
chiesto al loro cappellano mons. Álois Jehle:
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R. – Le guardie non svolgono soltanto un lavoro o un
servizio militare. Come guardia, chi è disposto a difendere la vita del Santo
Padre, deve essere anche disposto a difendere i suoi ideali. Quindi, il cammino
di fede fa parte anche della professione. Noi abbiamo una preparazione
intensissima durante la scuola reclute, che si svolge sempre per 25 giorni,
all’inizio. Poi, in occasione degli esercizi militari, loro hanno sempre una
conferenza e un momento di riflessione in occasione della Quaresima e poi si
cerca di invitarli a conferenze particolari o anche a diversi pellegrinaggi …
D. – Lei assiste il comandante nel reclutamento. In che
modo?
R. – Le motivazione dei giovani, quando entrano in questo
Corpo di guardia, sono diverse. Non tutti dicono: “Io vorrei entrare per
servire la Chiesa, per approfondire la fede”. Però, un minimo ci vuole. Cioè,
questa apertura, questa disposizione ad ascoltare ed anche a compiere un
cammino. Per esempio, i pronunciamenti della Chiesa in campo morale non sono
condivisi in pieno da tutti, però sono disposti ad ascoltare ed a seguire un discorso.
Questo è da esaminare e questa è la mia
parte nel reclutamento. Però, qualcosa è unico in tutti i giovani che vengono:
amano il Papa.
D. – Lei conosce le anime di queste ‘guardie’,
l’interiorità. Che cosa le trasmettono?
R. – Mi trasmettono sempre una grande consolazione, un
grande conforto e una grande motivazione perché vedo che la parola di Giovanni
Paolo II che diceva: “Il nostro futuro sta nella gioventù”, è verissima. I
giovani sono disposti a seguire e ad ascoltare un ideale!
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LA “FERMA CONDANNA” DELLE VIOLENZE CONTRO CASCHI
BLU DELL’ONU
IN
COSTA D’AVORIO: ESPRESSA DA Javier Solana CHE RACCOMANDA l'applicazione integrale della RISOLUZIONE DELLE NAZIONI UNITE PER
METTERE
PACE TRA LE PARTI IN CONFLITTO DA ANNI NEL PAESE
-
Intervista con Mario Giro -
“'Ferma condanna” dei disordini che hanno avuto luogo
negli ultimi giorni in Costa d’Avorio è stata espressa da Javier Solana. L’Alto
rappresentante dell’Unione europea per la politica estera e di sicurezza comune
ha ricordato che sono state prese di mira “soprattutto le Nazioni Unite, per
compromettere il processo di pace” e ha raccomandato l’applicazione integrale
della risoluzione del Consiglio di sicurezza. Nei giorni scorsi Abidjan,
la capitale economica della Costa d’Avorio, è stata paralizzata dalle proteste
dei sostenitori del presidente Laurent Gbagbo. La calma è ora ritornata ma la
situazione è ancora difficile. Ma che cosa crea tensione nel Paese africano e
chi sono le parti in causa? Fausta Speranza lo ha chiesto a Mario Giro,
responsabile delle relazioni internazionali della Comunità di Sant’Egidio che
segue i tentativi di mediazione in corso da due anni e mezzo:
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R. – Le parti si sono arrestate su chi compie il primo
passo, in vista delle elezioni presidenziali. Per primo passo si intende: si
disarma prima il Nord o si apre il quadro politico, prima, a Sud? Ogni volta
che una delle due sembra essere ‘favorita’ – per così dire - dalla comunità internazionale che tutta si è
messa intorno a questa crisi, l’altra compie un’azione che rompe gli equilibri.
D. – Diciamo qualcosa proprio dei protagonisti di queste
due parti?
R. – Ci sono i ribelli, a Nord, che sono armati, che hanno
occupato la metà del Paese; a Sud ci sono i ‘lealisti’, soprattutto coloro che
sostengono il presidente Gbagbo, eletto nel 2000, il cui mandato è scaduto
nell’ottobre scorso, quindi è in
prorogatio. Sono quelli che vogliono prima il disarmo del Nord, per mettere
in pratica le altre raccomandazioni della comunità internazionale. Nodo
fondamentale del problema è: chi partecipa, chi ha il diritto di partecipare
alle presidenziali.
D. – Che cosa potrà sbloccare la situazione in questo
Paese, che resta il maggiore produttore mondiale di cacao? Questo c’entra con
la causa?
R. – C’entra, ma indirettamente. Il vero problema della
Costa d’Avorio è la questione della cittadinanza. Già dal ’95, dopo la morte di
Houphoué Bouaigny, il presidente Bedié, cacciato da un colpo di Stato nel ’99,
aveva introdotto il concetto di “ivoirité”, cioè di “ivorizzazione” del Paese.
E’ un Paese nel quale un terzo degli abitanti non sono originari del posto;
vengono dai Paesi limitrofi, magari sono di seconda, terza, quarta generazione.
Quindi è il Paese al mondo che ha più “stranieri” di prima o di seconda, terza
e quarta generazione. Questo è il vero problema. Evidentemente, essendo la
ricchezza del Paese quella del cacao, una delle tensioni sfocia nel controllo
della terra e delle piantagioni. Gli ivoriani devono mettersi d’accordo su chi
è ivoriano e quindi su chi ha diritto ad essere eleggibile e chi ha diritto a votare.
Questo è il vero problema, che per trent’anni è stato tenuto in qualche modo “coperto”
dalla figura del presidente-fondatore della Repubblica, Houphoué Bouaigny, che aveva
fatto entrare, aveva favorito l’entrata di stranieri. Ma una parte del Paese, a
questo punto, anche per la crisi economica, non vuole più che tutti gli
ivoriani siano considerati alla stessa stregua. Ovviamente, gli ivoriani nati
in Costa d’Avorio, figli di immigrati di seconda, di terza, di quarta
generazione si sentono ivoriani a tutti gli effetti. Di fatti, l’articolo 45
della Costituzione stabilisce che bisogna essere di padre e di madre ivoriani,
ma su questo c’è una polemica che dura ormai da molti anni, da prima
dell’inizio della guerra. La guerra è una conseguenza di questa polemica.
D. – Ci chiarisce chi è il Gruppo di Lavoro Internazionale
che è stato incaricato di seguire l’evoluzione del processo di pacificazione
tra le fazioni interne?
R. – E’ l’ultima forma dell’intervento della comunità
internazionale. E’ costituito dalle Nazioni Unite, e ricordiamo che ci sono due
rappresentanti delle Nazioni Unite in Costa d’Avorio, e dalla Francia,
dall’Unione Africana e da altri Paesi africani, quelli della CEDEAO, cioè
dell’Africa Occidentale. E’ l’ultima forma dell’intervento della comunità
internazionale. Prima di questo c’era il Comitato di Suivi, che praticamente
era costituito più o meno allo stesso modo. Il Gruppo di lavoro internazionale
è frutto dell’ultima Risoluzione dell’ONU, che è stata emessa pochi mesi fa:
l’ultima di una lunga serie che stabilisce che gli ivoriani devono da una
parte, a Nord, disarmare, dall’altra parte, a Sud, aprire il campo politico
senza esclusioni e andare alle elezioni presidenziali. Ma, evidentemente, la
mancanza di fiducia tra le parti non permette nemmeno ad un siffatto gruppo,
pur molto autorevole, di riuscire ad ottenere successo, malgrado la presenza
dei Caschi blu e delle truppe francesi sul territorio.
**********
Domani 22 gennaio, terza Domenica del Tempo Ordinario, la
Liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù, dopo l’arresto di Giovanni Battista, si reca nella Galilea per
annunciare la necessità della conversione perchè “il tempo è compiuto e il
Regno di Dio è vicino”. Passando lungo il mare della Galilea, vede dei
pescatori al lavoro: sono Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni. E dice loro:
«Seguitemi,
vi farò diventare pescatori di uomini».
E subito essi, lasciate le reti, lo seguirono.
Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del
teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:
**********
Giovanni il Battista, la voce che gridava, è azzittito.
Lui ha richiamato molta gente alla conversione e all’attesa del Messia, ma ai
potenti il suo messaggio non è piaciuto e gli hanno messo le mani addosso. Ora
viene Uno più potente di lui, il Verbo stesso di Dio. Cristo proclama che è
venuto il tempo della giustizia, il tempo della signoria di Dio e, per l’uomo,
questo è il tempo dell’adesione a Dio. Gli stessi potenti che hanno arrestato
Giovanni si metteranno anche contro Cristo, solo che questa volta la novità è
radicale. Il martirio di Cristo è la signoria di Dio, è l’opera della
redenzione del genere umano, è la massima e definitiva rivelazione di Dio che
l’umanità attendeva. Dio regna con l’amore e sulla Croce viene iscritto il titolo
regale di Cristo. L’adesione dell’umanità a Dio è possibile grazie alla così
radicale adesione di Dio all’umanità.
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21
gennaio 2004
IL PRESIDENTE DI TIMOR EST, XANANA GUSMAO, HA
PRESENTATO ALL’ONU L’ATTESO RAPPORTO SUI CRIMINI NEL PAESE DURANTE LA
DOMINAZIONE INDONESIANA.
“NESSUNO NE
CONOSCE L’ESATTO CONTENUTO, LA GENTE ASPETTA MAGGIORI
SPIEGAZIONI”,
HA COMMENTATO IL VESCOVO DI BACAU,
MONS. BASÍLIO DO NASCIMENTO
BAUCAU. = La popolazione di Timor Est
ha paura che in nome della riconciliazione si dimentichino le migliaia di vite
umane perse durante l’occupazione indonesiana e chiede al presidente più
dialogo e informazione sul problema: a farsi portavoce delle esigenze della
“maggior parte dei timoresi”, è il vescovo di Baucau, mons. Basílio dio
Nascimento, raggiunto telefonicamente dall’agenzia AsiaNews, in occasione della consegna
ufficiale alle Nazioni Unite, da parte del presidente, Xanana Gusmao,
dell’atteso rapporto sui crimini indonesiani della Commissione est-timorese per
la Verità e la Riconciliazione. Le oltre 2 mila pagine documentano le atrocità
commesse dalle autorità indonesiane nel corso dei 24 anni di occupazione di
Timor Est, ex colonia portoghese che aveva ottenuto l’indipendenza nel 1974, ma
era stata invasa dalle truppe indonesiane pochi mesi dopo. Per sottomettere la
popolazione, i militari indonesiani hanno ridotto alla fame i civili e stuprato
moltissime donne, causando tra il 1975 e il 1999 la morte di decine di migliaia
di persone. Le cifre oscillano tra 84 mila e 180 mila morti, pari a circa un
terzo della popolazione, secondo i dati raccolti attraverso interviste a 8 mila
testimoni. “Pace, perdono, riconciliazione – dichiara mons. do Nascimento –
sono valori importanti, ma non dobbiamo dimenticare la sofferenza della
popolazione, che deve essere resa partecipe delle iniziative del governo”.
“Parlare in modo teorico di amicizia
tra le due nazioni – continua il presule – non funziona con chi ha avuto
vittime tra i propri cari in quegli anni. I vertici dello Stato devono
considerare la popolazione un interlocutore necessario sulla questione”. Mons.
do Nascimento, come anche numerose organizzazioni per i diritti umani, chiede
che il rapporto della Commissione venga reso pubblico: “Nessuno ne conosce
l’esatto contenuto, la gente aspetta maggiori spiegazioni”. Da New York, il
presidente Gusmao spiega che lo scopo principale del documento è stabilire la
verità su quello che è successo in modo che non si ripeta: “Le cifre non sono
importanti – afferma – è importante la lezione. Non vogliamo una giustizia
punitiva, ma costruttiva”. Riferendosi alle parole del capo di Stato, mons. do
Nascimento si augura che Gusmao un giorno “spieghi esattamente cosa intende
dire e” sottolinea: “farebbe bene a farlo qui, incontrando la gente”. (R.M.)
NELL’AMBITO DELLA SETTIMANA DI
PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI,
IN PROGRAMMA DOMANI A BARI UN INCONTRO ECUMENICO
CON LA PARTECIPAZIONE
DI ESPONENTI DELLE PRINCIPALI CHIESE E DENOMINAZIONI
CRISTIANE
- A cura di Giovanni Peduto -
ROMA. = Un incontro di riflessione e di preghiera ecumenica si terrà domani a
Bari, presso l’Istituto Teologico-Ecumenico Patristico-Bizantino “San Nicola”
della Facoltà Teologica Pugliese. Il meeting ecumenico, organizzato dalla Comunità di Gesù del
capoluogo pugliese, avrà come obiettivo la ricerca del dialogo e della
comunione con altre Chiese Cristiane con cui la Chiesa Cattolica intrattiene rapporti
a partire dal Concilio Vaticano II. È convinzione di molti credenti che le
legittime diversità e il carattere specifico dello sviluppo storico delle
denominazioni cristiane non si oppongano affatto all'unità della Chiesa e che,
anzi, ne accrescono il decoro e contribuiscano non poco al compimento della Sua
missione. Interverranno all’incontro numerosi esponenti delle principali Chiese
e denominazioni cristiane d’Europa. La scelta della città di Bari e della
Facoltà Teologica Ecumenica non è casuale. Il cardinale Walter Kasper,
presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani,
così disse proprio a Bari il 25 maggio
dello scorso anno durante il Congresso Eucaristico nazionale italiano: “Mi
sembra che non ci sia un altro luogo dove sia più appropriato parlare di questo
tema talmente fondamentale ed urgente (l’ecumenismo) che qui a Bari, città
ponte fra Occidente e Oriente, luogo della tomba di San Nicola, il santo della
carità riconciliante venerato sia in Oriente che in Occidente; Bari, dove nel
1098, durante il pontificato di Papa Urbano II, ha avuto luogo un sinodo di
vescovi greci e latini; Bari, luogo di pellegrinaggio di fedeli ortodossi e
cattolici, luogo di impegno ecumenico e di fervida nostalgia per la
riconciliazione e l’unione fra le due parti della cristianità divise da mille anni”.
La Comunità di Gesù è una
comunità carismatica cattolica sorta agli inizi degli anni ‘80 a Bari per
iniziativa di un gruppo di laici ed è dedita all’adorazione,
all’evangelizzazione e alla riconciliazione dei cristiani. Riconosciuta
dall’Autorità Ecclesiastica, è membro della Catholic Fraternity of Charismatic
Covenant Communities and Fellowships, Associazione internazionale di fedeli
di Diritto Pontificio, con sede a Bari. La Comunità di Gesù, diffusa in diverse
diocesi italiane e all’estero, è la promotrice di alcuni inediti dialoghi
ecumenici in Italia e in altri Paesi, quali il Dialogo cattolico-pentecostale,
il Dialogo cattolico-non denominazionale e quello tra cattolici ed ebrei
messianici. Ogni anno organizza “Kairòs:
Meeting Internazionale di Pace fra le Nazioni” e pubblica la Rivista
“Tempi di Unità”.
AD ADDIS ABEBA, IN ETIOPIA, LA POLIZIA SPARA SULLA FOLLA PER
DISPERDERE
UNA
PROCESSIONE ORTODOSSA. IL BILANCIO E’ DI 1 MORTO E 22 FERITI
ADDIS ABEBA. = È di
almeno un morto e 22 feriti il bilancio provvisorio dei disordini avvenuti
giovedì ad Addis Abeba, in Etiopia, durante la processione religiosa per la
festa ortodossa del Tikmak, ovvero, del Battesimo, in aramaico. Per motivi
ancora ignoti, la polizia ha aperto il fuoco contro le decine di migliaia di
persone che attraversavano la città, dirette verso la basilica di San Michele Arcangelo.
Secondo fonti ospedaliere, il bilancio potrebbe crescere ulteriormente, visto
che tra i feriti almeno 3 versano in gravi condizioni. Le ricostruzioni sull’origine
dei disordini sono varie. Secondo le testimonianze raccolte da alcune agenzie
di stampa, le forze di sicurezza avrebbero aperto il fuoco quando i partecipanti
alla processione si sarebbero rifiutati di disperdersi, cominciando invece a
intonare canti religiosi. Altri riferiscono di canti anti-governativi e pietre
lanciate dal corteo religioso in direzione degli agenti, che hanno risposto
alla provocazione sparando contro la folla e lanciando granate e gas
lacrimogeni. L’Etiopia è sconvolta da gravissime violenze da molti mesi. Sono
stati almeno 88 i morti e migliaia gli arresti dopo il contestato risultato
delle elezioni del maggio scorso, che hanno visto l’opposizione avanzare fortemente,
ma non abbastanza da superare il partito di maggioranza. Questo ha comportato
la decisione di molti Paesi donatori di avviare parte del congelamento degli
aiuti all’Etiopia, minacciandone il completo annullamento, se non saranno
ripristinati i pieni diritti civili. (R.M.)
IN ETIOPIA,
QUASI 2 MILIONI DI PERSONE RISCHIANO DI RIMANERE SENZA CIBO
NELLE PROSSIME SETTIMANE A CAUSA DELLA SICCITÀ E DELLA CARESTIA: E’ L’ALLARME
LANCIATO DALL’ONU, CHE FA UN APPELLO PER LA RACCOLTA DI FONDI
ADDIS ABEBA. = Arriva dall’ONU l’appello per la raccolta di 116
milioni di dollari per l’acquisto del cibo necessario a sfamare i quasi 2
milioni di etiopi, che nelle prossime settimane rischiano di rimanere senza
sostentamento. La causa è l’eccezionale siccità che ormai da mesi coinvolge soprattutto le mandrie delle popolazioni nomadi di diversi Paesi dell’Africa orientale, che proprio dalla pastorizia traggono le loro fonti di
sussistenza. Secondo il
coordinatore etiope delle operazioni umanitarie dell’ONU, Bjorn Liungqvist, oltre alla mancanza di pascoli e alla sempre maggiore
scarsità d’acqua, a minacciare le popolazioni nomadi dell’Etiopia, come quelle
degli altri Paesi, è anche il diffondersi di malattie come malaria, meningite e
morbillo che, unite alla debolezza fisica causata dalla scarsa alimentazione,
rischiano di avere un impatto ancora più devastante. Intanto, la rete informativa delle Nazioni
Unite, IrinNews, ha riferito che, a causa della crisi, in Burundi già si
contano almeno 120 morti e migliaia di persone in fuga verso il Rwanda e la
Tanzania, alla ricerca di migliori condizioni di vita. (A.E.)
A 30 ANNI
DALLA LEGALIZZAZIONE DELL’ABORTO IN FRANCIA, DOMANI A PARIGI
GRANDE
MANIFESTAZIONE IN DIFESA DELLA VITA. PREVISTE INIZIATIVE
DI
SOLIDARIETÀ ANCHE IN SPAGNA
PARIGI. = La piattaforma francese “30 anni bastano!”, nata in riferimento
ai 30 anni di legalizzazione dell’aborto in Francia e formata dalla maggioranza
delle associazioni familiari del Paese, ha convocato per domani a Parigi una
grande manifestazione per chiedere la difesa della vita umana fin dal suo
concepimento e l’abrogazione delle leggi anti-vita. Ogni anno in Francia si
praticano circa 220 mila aborti ufficialmente dichiarati. Secondo gli
organizzatori, la legalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza,
oltre a incidere sull’invecchiamento demografico, ha generato molta violenza
contro i bambini e una svalutazione dell’essere umano ridotto a oggetto. Gli
organizzatori denunciano anche disinformazione e manipolazione dell’opinione
pubblica rispetto a tale argomento: sarebbero infatti generalmente tenuti nascosti
i dati reali sul numero di donne morte per aborti illegali, sulle terribili
conseguenze fisiche e psichiche che soffre la donna dopo un aborto, sui diritti
dell’embrione umano. I responsabili della manifestazione francese hanno chiesto
appoggio e solidarietà a diverse associazioni spagnole, secondo quanto afferma
all’agenzia di stampa vaticana, Fides, María Luengo, coordinatrice della
comunicazione del Foro Spagnolo della Famiglia (FEF). In risposta, il FEF ha
convocato iniziative di solidarietà davanti alle ambasciate ed ai principali
consolati francesi in Spagna e manifestazioni per le strade di Madrid,
Barcellona e Siviglia, dove è attesa un’ampia partecipazione. (R.M.)
SENSAZIONALE SCOPERTA ARCHEOLOGICA
IN CILE. RITROVATE LE OSSA UMANE PIÙ
ANTICHE DEL CONO SUD, APPARTENUTE AD UN BAMBINO
VISSUTO 9 MILA ANNI FA
COYHAIQUE.
= Dopo quattro anni di studi in una caverna nella regione meridionale cilena di
Aysén, l’équipe di antropologi guidati da Francisco Mena Larraín ha rinvenuto
le ossa umane più antiche del Cono Sud. Secondo gli esami effettuati con il
carbonio 14, i resti apparterrebbero a un bambino di 10 anni vissuto circa 9
mila anni fa. L’annuncio del ritrovamento è stato dato con grande entusiasmo a
Santiago del Cile dall’Università del Cile e dal Museo d’Arte Precolombiana, di
cui Mena Larraín è un alto esponente. In questi anni sono stati ritrovati resti
di almeno altre nove persone, tutte adulte, ma nessuno è risultato così antico.
(A.E.)
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21
gennaio 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Iraq,
almeno una persona è morta per l’esplosione di un
ordigno nei pressi di un affollato mercato nella parte nordorientale di
Baghdad. La polizia ha riferito, poi, che la guerriglia ha attaccato, ieri, il
convoglio presidenziale in transito nella regione settentrionale del Kurdistan.
La polizia ha aggiunto che sono rimasti feriti cinque membri dello staff del
presidente Talabani, non presente al momento dell’attacco. Sono ore di angoscia,
inoltre, per la sorte della giornalista americana Jill Carroll, rapita lo
scorso 7 gennaio. L’ultimatum, posto dai rapitori, è scaduto ieri. Sul versante
politico, si profila intanto un’intesa tra i partiti curdi e il blocco sciita,
che ha vinto le elezioni dello scorso 15 dicembre senza ottenere, però, la
maggioranza assoluta. In base ai risultati diffusi ieri dalla Commissione
elettorale, l’Alleanza sciita ha conquistato, infatti, 128 seggi sui 275 del
Parlamento. I curdi hanno ottenuto 53 seggi e 44 la principale formazione sunnita.
Altri 25 seggi sono andati al partito laico dell’ex premier Allawi e 11 alla
seconda formazione sunnita.
In Medio
Oriente, le forze di sicurezza
palestinesi hanno iniziato a votare per le elezioni parlamentari. Il voto è
anticipato rispetto alla consultazione generale del prossimo 25 gennaio per
poter garantire l’ordine pubblico. Alle elezioni partecipa anche il gruppo integralista
“Hamas”. Gli agenti potranno votare
fino a lunedì, prima di schierarsi nei territori della Striscia di Gaza, della
Cisgiordania e a Gerusalemme est, dove i seggi saranno allestiti in cinque
uffici postali.
Il presidente della
Siria, Bashar Assad, ha dichiarato che Damasco collaborerà con le Nazioni Unite
nell’inchiesta sull’assassinio dell’ex premier libanese Rafik Hariri, ma nei limiti
della sovranità del suo Paese. Le proteste del popolo libanese e le pressioni
della comunità internazionale dopo l’attentato del 14 febbraio, in cui morirono
Hariri e altre 22 persone, hanno portato al ritiro delle truppe siriane dal
Paese dei cedri dopo 29 anni di occupazione. La Siria ha sempre smentito un
proprio coinvolgimento nell’omicidio dell’ex primo ministro.
Il presidente kosovaro Ibrahim
Rugova, da tempo sofferente per un cancro ai polmoni, è morto all’età di 61
anni a Pristina. La notizia della morte di Rugova, leader
della lotta per l’indipendenza della minoranza albanese dalla Serbia, è arrivata a quattro giorni dall’inizio dei primi colloqui
diretti a Vienna tra serbi e albanesi sullo status del Kosovo, regione autonoma
amministrata dalle Nazioni Unite dal giugno del 1999. Il capo del parlamento,
Nexhat Daci, ha assunto le funzioni del presidente Rugova.
L’Organizzazione
Mondiale della Sanità ha confermato la morte per influenza aviaria di due
persone decedute nei giorni scorsi in Indonesia. Salgono così a 14 le vittime
nel Paese. Stamani, una bambina di undici anni è stata ricoverata con sintomi
simili a quelli del virus dei polli.
In Portogallo, si è chiusa la campagna per le
presidenziali di domani. Il favorito, secondo i sondaggi, resta l’ex primo
ministro conservatore, Cavaco Silva. La sua vittoria porterebbe
la destra alla presidenza per la prima volta dal 1974. Secondo gli analisti, la
crescita di consensi verso Cavaco Silva è legata alla difficile situazione
economica del Paese e alle profonde divisioni della sinistra. Gli osservatori
prevedono anche che, in caso di ballottaggio, la più alta carica di Stato sarà
contesa tra l’ex premier sostenuto dal centrodestra e il socialista Manuel
Alegre, o l’ex capo di Stato Mario Soares. Il servizio di Riccardo Carucci:
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Se
Cavaco Silva non riuscisse a vincere al primo turno, potrebbe trovarsi in difficoltà
nel ballottaggio, qualora tutti i voti di sinistra si concentrassero sul
socialista. Si discute molto sui poteri del presidente che, forte del suo
mandato popolare, può sciogliere il Parlamento. Ma questa eventualità può
essere presa in considerazione solo quando è in causa il regolare funzionamento
delle istituzioni. Ma comunque, il presidente non governa e i candidati lo
hanno a volte dimenticato, promettendo soluzioni alle difficoltà economiche e
sociali del Portogallo che sono al di fuori delle loro competenze. Il Paese,
nel 2005, ha avuto un deficit di bilancio superiore al 6 per cento ed una
crescita economica inferiore allo 0,5 per cento. Comunque, se il presidente
sarà di destra o di sinistra, le cose alla fine non saranno molto differenti.
Da Lisbona, per la Radio
Vaticana, Riccardo Carucci.
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Alla
vigilia del suo insediamento alla presidenza della Bolivia, Evo Morales parteciperà
oggi ad una cerimonia a Tiwanaku, località a circa 70 chilometri dalla capitale
La Paz. Al neo presidente verrà consegnato un simbolico “bastone del comando”
dalle autorità indios nel corso di una celebrazione alla piramide di Akapana.
Intanto, hanno già confermato la loro presenza alla cerimonia di insediamento
di domani, che si svolgerà nella sede del Congresso boliviano, i presidenti di
diversi Paesi, tra i quali i capi di Stato di Argentina, Brasile, Cile,
Colombia e Venezuela. Assisterà all’evento anche una delegazione proveniente da
Cuba ma sarà assente, invece, il leader cubano Fidel Castro.
E’ arrivato ieri a Shangai, proveniente da Taipei,
il primo dei 77 voli diretti tra Cina e Taiwan, consentiti in occasione delle festività
per il nuovo anno lunare. Si tratta di un importante segno di distensione tra
Pechino e la Cina nazionalista, considerata dal regime comunista una provincia
ribelle. Il servizio di Riccardo Cascioli:
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Questo esperimento era già stato
fatto nel 2005 e adesso trova grande consenso tra la popolazione, soprattutto
tra gli oltre 300 mila imprenditori taiwanesi che lavorano regolarmente nella
Cina continentale. In questo modo possono compiere in un’ora e a costi
nettamente minori, un volo che normalmente dura sei ore, a causa dello scalo di
Hong Kong. I posti per i voli previsti sono già tutti prenotati. Gli
investimenti di Taiwan in Cina conoscono un boom inarrestabile, con incrementi
annui intorno al 30 per cento. Gli scambi commerciali parlano di una interdipendenza
sempre più stretta. Cosa impedisce, dunque, che voli diretti siano consentiti
tutto l’anno, o almeno per periodi più lunghi? I problemi di sicurezza, almeno
per Taiwan: se da un lato aumentano, infatti, i legami economici, dall’altro
lato aumenta anche l’aggressività della Cina. Il governo di Taipei teme che
vincoli troppo stretti minino l’autonomia dell’isola nazionalista nei confronti
di Pechino. Non per niente, il giorno prima dell’inizio dei voli diretti, il
ministero della Difesa di Taipei ha indetto una conferenza stampa per
illustrare delle immagini dal satellite che mostrano basi militari cinesi con
missili puntati minacciosamente verso Taiwan. E ancora, il governo di Taipei
sta da mesi cercando il sostegno del Parlamento per un grosso acquisto di
armamenti dagli Stati Uniti. In questo clima, avere dei voli diretti, almeno
per il nuovo anno, è già un successo e forse un buon auspicio.
Per la Radio Vaticana, Riccardo
Cascioli.
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Ali
Agca, l’attentatore turco di Giovanni Paolo II, è tornato in carcere. Ieri la
corte di cassazione gli ha revocato la libertà. Ali Agca dovrà restare in prigione
per almeno altri 8 anni per l’omicidio di un giornalista nel 1979 e per altri
crimini.
“Modificheremo
la norma e ci fregeremo anche di questa nuova importante riforma, cercando di
sfruttare anche i giorni in più nei quali eventualmente si potrà lavorare in Parlamento”.
Lo ha detto il presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, dopo
la decisione del presidente italiano, Carlo Azeglio Ciampi, di rinviare alle
Camere la legge Pecorella sulla inappellabilità delle sentenze di assoluzione
da parte del pubblico ministero. Il leader dell’Unione, Romano Prodi, ha
accolto, invece, con soddisfazione la decisione di Ciampi e ha dichiarato che
“quando il presidente della Repubblica respinge una legge, questa va
riesaminata a fondo”. Ma quali sono i motivi che hanno portato il capo di Stato
italiano a non firmare la legge? Stefano Leszczynski lo ha chiesto al costituzionalista
Enzo Balboni:
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R. – Nel testo, Ciampi non si
manifesta “contrario” ad una qualunque riforma del Codice di procedura penale
in questa direzione, ma rileva che la proposta è “disorganica ed asimmetrica”. Secondo Ciampi, produce un palese difetto di
incostituzionalità. La materia è seria e dovrà essere ripresa – a mio avviso –
nella prossima legislatura, con grande ponderazione e senza corsa, senza
correre negli ultimi giorni di una legislatura di cinque anni!
D. – Quali sono le difficoltà?
Perché non può essere, ad esempio, ridiscussa subito?
R. – Per quello che sappiamo
fino ad oggi, è stata ipotizzata l’elezione al 9 aprile e lo scioglimento delle
Camere – si riteneva – il 29 gennaio. E dovendo la legge ripercorrere, adesso,
di nuovo entrambi i rami del Parlamento, il tempo per una discussione sembrerebbe
non esserci.
D. – Saltare un grado di
giudizio, in sostanza, può servire a snellire il carico giudiziario dei
tribunali?
R. – Di per sé non è un’ipotesi
avventata. Se ciò induce ad un enorme aumento delle questioni che andranno in
Cassazione, sotto il profilo del funzionamento della giustizia le cose,
tuttavia, non migliorerebbero.
**********
La
Croazia ha ancora cinque giorni per chiedere l’estradizione per Dragan Vasiljkovic,
l’uomo arrestato a Sidney ieri con l’accusa di aver torturato ed ucciso dei
civili durante la guerra nella ex Jugoslavia negli anni ’90 quando era al comando dell'unita' paramilitare serba.
Vasiljkovic è cittadino australiano, ma ha anche cittadinanza serba.
La Russia ancora
nella morsa del gelo polare, che nella notte a Mosca ha causato la morte di
almeno altre cinque persone. Sono almeno 76 le persone decedute, negli ultimi
giorni, per l’ondata di gelo polare che ha investito la capitale.
Anche in Giappone almeno 114 persone
hanno dovuto ricorrere a cure sanitarie per l’ondata di gelo che ha investito
il Paese. Secondo l’Agenzia meteorologica
nazionale si tratta dell’inverno più rigido dal 1983-84. Il
Giappone ha ristabilito, intanto, l’embargo sulle importazioni di carne bovina
dagli Stati Uniti per timore del morbo della “mucca pazza”. La decisione è
scattata dopo che alcuni test effettuati su una partita di carne americana
hanno evidenziato anomalie rispetto ai criteri sanitari fissati da Tokio.
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