RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 17  - Testo della trasmissione di martedì 17 gennaio 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Inizia domani la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. L’ecumenismo, “impegno primario” di Benedetto XVI: intervista con mons. Piero Coda

 

La Chiesa della Repubblica Democratica del Congo impegnata per la pacificazione nella martoriata regione dei Grandi Laghi: in questi giorni dal Papa, i vescovi del Paese africano in visita ad Limina

 

Telegramma del Papa per il 40.mo di episcopato del cardinale Salvatore Pappalardo, arcivescovo emerito di Palermo

 

Le sfide della comunità globale al centro del Convegno che sarà inaugurato domani a Pattaya, in Thailandia, dal cardinale Renato Raffaele Martino

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Oggi la Giornata per l’approfondimento del dialogo tra cattolici ed ebrei: con noi il rabbino Joseph Levi e mons. Vincenzo Paglia   

 

Il ruolo dell’ONU nella questione dei progetti nucleari dell’Iran: intervista con Luigi Bonanate

 

Sulle moderne forme di schiavitù, tavola rotonda dei padri Mercedari presso la nostra emittente: la testimonianza di padre Dino Lai e padre Damase

 

CHIESA E SOCIETA’:

Aperta oggi a Pechino la Conferenza internazionale sull’influenza aviaria

 

La legge italiana 194 sulla prevenzione dell’aborto è stata applicata in modo “insufficiente”: è quanto afferma il Comitato nazionale di bioetica

 

Diffusa dalla Conferenza episcopale regionale di Taiwan la lettera pastorale per l’anno 2006

 

In Africa, 50 milioni di bambini non hanno accesso alle strutture scolastiche

 

Uno studio rileva che sono circa 150 le lingue parlate in Messico

 

I “Cantori della stella” dell’Infanzia missionaria tedesca ricevono il riconoscimento dell’Istituto tedesco per le questioni sociali (DZI) per la gestione responsabile delle donazioni

 

Si intitola “Le religioni e lo sport” il libro pubblicato da Effatà sul lavoro del Comitato Interfedi, realtà interreligiosa nata  all’interno dell’organizzazione dei XX Giochi olimpici invernali di Torino

 

24 ORE NEL MONDO:

Israele proseguirà sulla road map per la pace. Tensione in Cisgiordania

 

In Italia ancora in primo piano le polemiche sul caso Unipol

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

17 gennaio 2006

 

INIZIA DOMANI LA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI.

 L’ECUMENISMO, “IMPEGNO PRIMARIO” DI BENEDETTO XVI

- Intervista con mons. Piero Coda -

 

Inizia domani la tradizionale “Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani”, che quest'anno si svolge sul tema "Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro". Ce ne parla Sergio Centofanti.

 

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Una settimana densa di incontri tra i membri delle diverse confessioni cristiane e che sarà conclusa il 25 gennaio prossimo a Roma nella Basilica di San Paolo fuori le Mura con la Celebrazione dei Vespri presieduta nel pomeriggio dal Papa, nella festa della Conversione di San Paolo. Benedetto XVI sin dall’inizio del suo ministero si è assunto “come impegno primario quello di lavorare senza risparmio di energie alla ricostituzione della piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo”. Il Pontefice ha sottolineato  che “per questo non bastano le manifestazioni di buoni sentimenti” ma che “occorrono gesti concreti che entrino negli animi e smuovano le coscienze, sollecitando ciascuno a quella conversione interiore che è il presupposto di ogni progresso sulla via dell’ecumenismo”. “L’unità che noi cerchiamo – ha affermato - non è né assorbimento né fusione, ma rispetto della multiforme presenza della Chiesa, la quale, conformemente alla volontà del suo fondatore Gesù Cristo, deve essere sempre una, santa, cattolica e apostolica”. Una meta che secondo Benedetto XVI deve essere raggiunta nella verità e nella carità. Ma sulla settimana di preghiera per l’unità dei cristiani ascoltiamo al microfono di Marina Tomarro mons. Piero Coda, docente di Teologia alla Pontificia Università Lateranense:

 

R. – Ormai è diventata una tradizione ricca, importante, sempre più radicata nella coscienza del popolo cristiano, ma anche nella Chiesa cattolica, perché la preghiera di Gesù per l’unità di tutti coloro che credono in Lui è una preghiera che ormai tocca il cuore e la mente di tutti i cristiani. Ecco, la contro- testimonianza della disunità tra i cristiani non può più essere tollerata, occorre fare tutta la propria parte con una conversione interiore profonda, perché l’unità, che è un dono che scende dall’alto, che viene dal seno del Padre, possa giungere tra le Chiese. Quindi, è un momento densamente importante per la vita delle nostre Chiese. Direi anche, in particolare, nel rapporto tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa. In dicembre si è riaperto il dialogo teologico tra queste due Chiese dopo un periodo di sosta per le difficoltà che erano intervenute dopo il crollo dei muri dell’’89. Quindi, abbiamo bisogno di pregare molto in sintonia con quanto, in più di un’occasione, ci ha già detto il Santo Padre Benedetto XVI. Pregare molto, perché Gesù risorto si renda presente in ogni incontro tra i cristiani, porti con sé i doni dello Spirito che illuminano le menti, accendono i cuori e ci fanno intravedere le vie lungo le quali camminare per giungere alla piena unità tra di noi.

 

D. – Ma secondo lei quali sono le strade migliori per raggiungere proprio questa unità?

 

R. – Innanzitutto, la via della conoscenza reciproca. Conoscersi è entrare nel cuore dell’altro, entrare nella pelle dell’altro, capire le ferite che la storia ha potuto segnare nei rapporti tra le diverse Chiese, risanare queste ferite con la forza dell’amore chiedendo il dono dello Spirito Santo. Quindi, incontrarsi, parlarsi, conoscersi, scambiarsi dei doni. E poi, ovviamente, c’è la via del dialogo teologico: affrontare con la presenza di Gesù in mezzo a coloro che credono nel suo nome, affrontare anche i punti che rimangono da sciogliere, nella certezza che se siamo fedeli a Cristo lo Spirito Santo ci aiuterà a sciogliere questi nodi. 

 

D. – Ecco, ma quali sono attualmente proprio i nodi maggiori che tormentano questa unità, che non permettono una perfetta unità tra noi cristiani?

 

R. – I nodi sono differenti a seconda dei rapporti tra le diverse Chiese. Nel rapporto  tra la  Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa c’è una profonda e sostanziale comunione nell’essenziale della fede. Ci sono difficoltà teologiche soprattutto in relazione alla questione del ministero petrino, nel modo di concepire il primato perché le altre differenze spirituali, liturgiche, teologiche sono parte di quella pluriformità e di quella complementarietà che caratterizzano la via della Chiesa. Poi ci sono anche difficoltà pratiche dovute alla questione dei rapporti tra le Chiese cattoliche e le Chiese ortodosse nei Paesi dell’Est dell’Europa, la questione delle Chiese cosiddette Uniate. Per quanto riguarda invece i rapporti tra la Chiesa cattolica e le comunità ecclesiali nate dalla Riforma e anche dal mondo anglicano le questioni teologiche sono più corpose e più difficili. Riguardano da un lato la concezione del ministero ordinato e dei sacramenti e poi negli ultimi decenni riguardano anche la questione di come intendere i grandi principi dell’etica cristiana. Qui le difficoltà sono certamente maggiori.Occorre molta pazienza, occorre la capacità di non fare dei passi da soli, ma di attendere , di parlarsi di più, di incontrarsi di più, non prendere decisioni affrettate per prendere delle strade che possono ulteriormente allontanarci.

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LA CHIESA DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO IMPEGNATA

SENZA SOSTA PER LA PACIFICAZIONE NELLA MARTORIATA REGIONE

DEI GRANDI LAGHI: IN QUESTI GIORNI DAL PAPA,

I VESCOVI DEL PAESE AFRICANO IN VISITA AD LIMINA

 

E’ in corso in questi giorni la visita ad Limina dei vescovi della Repubblica Democratica del Congo, Paese che cerca tra mille difficoltà la via della pacificazione, dopo i terribili anni di guerra civile. La visita a Roma offre ai presuli dell’immenso Paese africano, grande oltre 7 volte l’Italia, l’occasione per illustrare al Papa la situazione in cui opera la Conferenza episcopale congolese. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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         La Chiesa del Congo non si scoraggia: anni di violenze, di conflitti sanguinosi e un presente incerto non minano la speranza dei vescovi congolesi, operatori di pace nella martoriata regione dei Grandi Laghi. Benedetto XVI ha rivolto alle popolazioni di quest’area del continente africano un pensiero speciale, nel discorso al Corpo Diplomatico del 9 gennaio scorso. In questa terra, ha riconosciuto con amarezza, “ancora si sentono le tragiche conseguenze delle guerre fratricide degli anni passati”. Dal canto suo, la Chiesa è in prima linea per portare aiuto spirituale e materiale ai 60 milioni di abitanti della Repubblica Democratica del Congo, metà dei quali di fede cattolica, distribuiti in 47 diocesi.

 

L’attenzione della pastorale nel nostro Paese – ha dichiarato recentemente mons. Laurent Monsengwo, presidente della Conferenza episcopale congolese – è di evitare che la crisi materiale, dovuta ad un depauperamento disumanizzante, non si trasformi in una crisi morale dalle molte forme, difficile poi da estirpare”. L’accompagnare “il popolo nella sua richiesta di dignità umana e di democrazia – ha detto ancora – ha di mira soprattutto la costruzione di una società più virtuosa”.  Nel Paese africano, sono ancora vivi i ricordi delle due visite compiute nell’ex Zaire, da Giovanni Paolo II, nel 1980 e nel 1985. Indelebili anche gli appelli per la pace che Papa Wojtyla ha rivolto alla comunità internazionale, per fermare la guerra civile scoppiata nel 1996. Ora, dieci anni dopo l’esplosione di quella violenza seminatrice di distruzione, il popolo congolese spera che le elezioni politiche programmate per quest’anno possano finalmente portare a compimento la lunga e difficile transizione verso la democrazia.

 

La visita ad Limina dei vescovi della Repubblica Democratica del Congo si svolgerà in due fasi. Il primo gruppo è costituito dai presuli delle province ecclesiastiche di Kinshasa, Kananga e Mbandaka (dal 16 al 30 gennaio). Il secondo dai vescovi delle province ecclesiastiche di Kisangani, Bukavu e Lubumbashi (dal 1 al 14 febbraio).

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NOMINE ED EREZIONE DIOCESI IN COLOMBIA

 

In Colombia, il Papa ha eretto la nuova diocesi di El Banco, con territorio dismembrato dalle diocesi di Santa Marta e Valledupar, rendendola suffraganea dell’arcidiocesi metropolitana di Barranquilla. Il Santo Padre ha nominato primo vescovo di El Banco padre Jaime Enrique Duque Correa, dell’Istituto per le Missioni Estere di Yarumal, finora parroco di Emaús a Medellín.

 

La neo-eretta diocesi di El Banco si estende su una superficie di 11.855 kmq, con 389.641 abitanti. Vi sono 11 parrocchie, 16 sacerdoti diocesani, 2 religiosi, 20 seminaristi maggiori e 4 Istituti di religiose.

 

In Colombia, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di San José del Guaviare, presentata da mons. Belarmino Correa Yepes, dell’Istituto per le Missioni Estere di Yarumal, per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha nominato a succedergli il reverendo padre Guillermo Orozco Montoya, del clero della diocesi di Sonsón - Rionegro, finora direttore del dipartimento per la Pastorale dei Ministeri Gerarchici del segretariato dell’episcopato colombiano.

 

In Corea, il Pontefice ha nominato ausiliare della diocesi di Pusan il padre Paul Hwang Cheol-soo, già cancelliere diocesano, assegnandogli la sede titolare vescovile di Vico di Pacato.

 

 

TELEGRAMMA DEL PAPA PER IL 40.MO DI EPISCOPATO

DEL CARDINALE SALVATORE PAPPALARDO, ARCIVESCOVO EMERITO DI PALERMO

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Il Papa rivolge “al caro festeggiato fervidi voti augurali e mentre si associa alla Chiesa palermitana nel rendere grazie al Signore per generoso ministero pastorale dello zelante porporato, invoca rinnovata effusione grazie e consolazioni divine”. E’ un passo del telegramma del Papa, a firma del segretario di Stato, cardinale Angelo Sodano, letto durante la solenne concelebrazione eucaristica tenutasi ieri, nella cattedrale di Palermo, per il 40.mo di episcopato dell’arcivescovo emerito della diocesi palermitana, cardinale Salvatore Pappalardo. Alla cerimonia hanno preso parte i vescovi della Sicilia, presbiteri, diaconi e fedeli. L’arcivescovo di Palermo, cardinale Salvatore De Giorgi ha ricordato come in questi 40 anni di episcopato, dopo i primi cinque trascorsi a servizio della Santa Sede e nei 26 successivi, il cardinale Pappalardo abbia servito, con totale dedizione e con grande carità pastorale, la Chiesa. Alla celebrazione ha preso parte anche il nunzio apostolico, mons. Paolo Romeo, che da sacerdote ha assistito all’ordinazione episcopale del cardinale Pappalardo, avvenuta il 16 gennaio 1966.

 

 

LE SFIDE DELLA COMUNITA’ GLOBALE NEL 21.MO SECOLO AL CENTRO DEL CONVEGNO PROMOSSO DAI VESCOVI ASIATICI CHE SARA’ INAUGURATO

DOMANI A PATTAYA, IN THAILANDIA, DAL PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, CARDINALE

RENATO RAFFAELE MARTINO

 

La promozione della concordia attraverso la riconciliazione nel contesto asiatico. E’ uno dei temi del convegno che si svolgerà da domani fino al prossimo 21 gennaio a Pattaya, in Thailandia, per celebrare il 40.mo anniversario della Costituzione pastorale del Concilio Vaticano II Gaudium et Spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Il convegno, organizzato dalla Federazione delle Conferenze dei Vescovi Asiatici (FABC), si propone di costituire un’opportunità di dialogo e di approfondimento  per una conversione all’essenziale della fede in ordine ad un rinnovato impegno per la promozione del Regno di Dio. I vescovi asiatici auspicano, in particolare, che il convegno rappresenti il punto di partenza di un nuovo slancio nel comunicare al mondo di oggi il messaggio evangelico, fermento di concordia e di pace nella comunità umana. Ad inaugurare l’evento sarà, domani mattina, il presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, cardinale Renato Raffaele Martino, con una relazione introduttiva  intitolata: “Gioia e speranza tra afflizioni ed angosce: il Vangelo per il 21.mo secolo”.  Il porporato presenterà una visione della Gaudium et Spes per la comprensione del contributo della dottrina sociale cristiana allo sviluppo armonico della comunità umana negli ultimi 40 anni. L’introduzione del porporato sarà seguita dalla relazione del dottor Chandra Muzaffar, uno studioso musulmano della Malaysia, che svilupperà il tema: “Le sfide della comunità globale nel 21.mo secolo”.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il tema del nucleare: l'Unione Europea chiede per il 2 e il 3 febbraio una riunione di emergenza all'Aiea per il deferimento dell'Iran al Consiglio di Sicurezza dell'Onu. La Russia pronta a cooperare.

 

Servizio vaticano - Un articolo dal titolo "L'amore per Dio, per la Chiesa, per gli ultimi: una feconda eredità da custodire e da coltivare"; il Cardinale Crescenzio Sepe celebra a Nomadelfia la Santa Messa in ricordo del fondatore Don Zeno Saltini nel XXV anniversario della morte.

Una pagina dedicata alla Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani.

 

Servizio estero - Cile: le tutele sociali dei diritti umani priorità della nuova Presidente Michelle Bachelet.

 

Servizio culturale - Un articolo di Cesarina Broggi sulla figura e sull'opera di Luigia Tincani, fondatrice delle Missionarie della Scuola.

Per l' "Osservatore libri", un articolo di Danilo Veneruso dal titolo "Il mito di Stalin. Comunisti e socialisti nell'Italia del dopoguerra": un documentato saggio di Maurizio Degli Innocenti.

 

Servizio italiano - In primo piano sempre l'Unipol.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

17 gennaio 2006

 

RISCOPRIRE IL PATRIMONIO COMUNE AD EBREI E CRISTIANI A PARTIRE

DAI DIECI COMANDAMENTI. QUESTO LO SCOPO DELLA GIORNATA

DEDICATA AL DIALOGO TRA LE DUE RELIGIONI CHE RICORRE OGGI

- Con noi il rabbino capo di Firenze, Joseph Levi, e mons. Vincenzo Paglia - 

 

Oggi si celebra la giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei. Il tema di quest’anno invita a riflettere sul primo comandamento del Decalogo: “Ascolta Israele, Io sono il Signore, tuo Dio” e trae spunto dalle parole pronunciate da Benedetto XVI il 19 agosto scorso alla Sinagoga di Colonia. In quell’occasione il Papa ha sottolineato che i Dieci Comandamenti costituiscono un patrimonio ed un impegno comune. Un argomento trattato ancora ieri durante l’incontro in Vaticano  tra il Pontefice e il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni.  Ma come individuare la radice che lega ebraismo e cristianesimo? Tiziana Campisi lo ha chiesto al rabbino capo di Firenze, Joseph Levi.

 

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R. – La storia mostra una certa continuità nei valori. I Dieci Comandamenti possono essere valori comuni a tutte e due le tradizioni, e così la stessa idea di “uomo”, l’uomo creato a immagine divina. Quindi, il grande valore dell’uomo, valore conosciuto anche in Occidente attraverso la tradizione rinascimentale, ha radici ebraiche e cristiane.

 

D. – La giornata dell’ebraismo quali frutti può far maturare nel rapporto tra cattolici ed ebrei?

 

R. – Innanzitutto, la conoscenza della tradizione ebraica, perché, può sembrare strano, ma malgrado il fatto che abbiamo convissuto insieme nella storia per 2000 anni, ci conosciamo molto poco. Quindi, io dico spesso, andiamo a visitarci l’un l’altro, nelle rispettive case.

 

D. – La fede comune nel Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè cosa insegna ad ebrei e cattolici e verso quali nuove riflessioni può condurre?

 

R. – La fede in Abramo, Isacco, Giacobbe e Mosè è una fede in un Dio che si interessa dell’uomo, in un Dio che non contrasta l’uomo, in un Dio che ha voluto e vuole stipulare un patto con l’uomo per il suo bene e per la sua crescita.

 

Ma in che modo l’approfondimento del Decalogo può favorire il dialogo fra ebrei e cristiani. Risponde mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni, Narni e Amelia, e presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo della CEI:

 

R. – E’ una rivelazione comune. Gesù stesso partiva sempre dall’osservanza della legge mosaica, e credo che oggi ebrei e cristiani debbano riscoprire il valore di un Dio che si è fatto compagno di ogni uomo: “Io sono il Signore Dio tuo”. Il Signore ha visto la situazione del popolo in Egitto ed è sceso per liberarlo. Il Signore vede ancora oggi il dramma di tante guerre, di tante ingiustizie, e cerca alleati al suo impegno per liberare tutti da ogni schiavitù.

 

D. – Com’è cresciuto in questi anni il dialogo fra ebrei e cristiani?

 

R. – Con gli ebrei abbiamo avuto un cammino assolutamente straordinario e significativo, una coscienza teologica e spirituale che è maturata sia nei cristiani che negli ebrei rispetto a questa comunanza. Ci resta solo di trovare nuovi campi o nuovi gesti per mostrare questa comunanza di cammino e nello stesso tempo per farlo progredire. Questo ovviamente non vuol dire che vengano abolite le differenze, tutt’altro. Cristianesimo ed ebraismo sono due religioni con due tradizioni diverse, ma il campo che hanno in comune è davvero vasto e una parte di questo campo, quello delle Scritture, come quello dei Dieci Comandamenti, deve essere ancora percorso.

 

D. – A quali nuove riflessioni si è aperto il cristianesimo da quando è cresciuto il dialogo con l’ebraismo?

 

R. – Si è aperto a riflessioni, direi anzitutto, spirituali-teologiche. E’ interessante la riscoperta, presso tanti ebrei, di Gesù, sebbene non lo ritengano il Messia. In verità c’è un piccolo gruppo di ebrei messianici che lo ritiene tale. Ci sono riflessioni di ordine storiografico, riflessioni di ordine anche culturale.

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IL RUOLO DELL’ONU NELLA QUESTIONE DEI PROGARMMI NUCLEARI DELL’IRAN

- Intervista con Luigi Bonanate -

 

Il primo ministro ad interim israeliano, Ehud Olmert, ha inviato una delegazione ad alto livello a Mosca  per chiedere al presidente Vladimir Putin di aiutare gli sforzi internazionali volti a impedire all’Iran di entrare in possesso di un potenziale bellico nucleare. Ma l’Iran fa sapere che sospenderà la sua cooperazione volontaria con l’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (AIEA) se viene deferito al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Lo ha detto il rappresentante iraniano  presso l’Agenzia, Ali Asghar Soltanieh. Ma non si è formato un  consenso tra europei, americani, russi e cinesi sul deferimento dell’Iran alle Nazioni Unite per le sue attività nucleari. Il vice ministro degli Esteri tedesco, riferendosi all’incontro che si avuto ieri a Londra tra delegati dei diversi Paesi sullo scottante tema,  ha detto che si continua a “discutere su quale ruolo l’ONU deve assumere” e che “c’è  bisogno di più tempo”. Ma quale può essere il ruolo dell’ONU? Qual è il suo margine di azione? Fausta Speranza lo ha chiesto a Luigi Bonanate, docente di relazioni internazionali all’Università di Torino:

 

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R. – Non possiamo andare all’ONU quando non sappiamo più che cosa fare! Il problema è che l’ONU dovrebbe essere presente tutti i giorni, sulla scena internazionale. Non dobbiamo dimenticare che l’ONU, in realtà, non è un’istituzione autonoma: noi ci siamo abituati a dire:L’ONU deve intervenire! Cosa fa?’. L’ONU, per ora, non è altro che un’assemblea diplomatica, composta dai rappresentanti, cioè da veri e propri funzionari, dei singoli Stati. Non essendo riuscite le grandi potenze, o la stessa Unione Europea, a smuovere la posizione iraniana, è chiaro che andare all’ONU difficilmente può offrire qualche alternativa positiva sul momento. Direi che il problema, in questo caso, è essenzialmente il tempo. Non dobbiamo tanto chiederci se l’ONU può dare una mano, per le ragioni che dicevo un attimo fa, ma come sciogliere, diluire nel tempo questa tensione. E’ chiaro che il nuovo presidente iraniano – per mille motivi, suppongo, prevalentemente di politica interna – ha assunto le posizioni dure e aggiungerei, mi permetterei di dire: disgustose, che ha assunto, perché quella sulla questione ebraica e sull’Olocausto è stata veramente un’uscita inaccettabile sotto ogni punto di vista e noi, giustamente, dobbiamo stigmatizzare questi aspetti; ma dobbiamo, secondo me, evitare di mettere nell’angolo l’Iran, di farne una specie di nemico collettivo dell’umanità, perché da questo può venirne solo un peggioramento della situazione.

 

D. – Nelle scelte della comunità internazionale, quanto pesa nella questione Iran il precedente braccio di ferro con l’Iraq, finito come sappiamo?

 

R. – Non dobbiamo mettere l’Iran nell’angolo così come abbiamo fatto, invece, mettendo nell’angolo l’Iraq, tra l’altro in modi e in circostanze che poi erano poco limpide perché, insomma, le armi di distruzione di massa non c’erano! Ma, il fatto è che l’Iraq è costato all’incirca già 100 mila morti, di cui 30 mila in combattimento, ma la mortalità complessiva è stata terribilmente alta. Dunque, vantaggi della posizione assunta nei confronti dell’Iraq non ce ne sono stati, il terrorismo non è stato sconfitto, l’Iraq non è un Paese libero, sereno e contento perché ogni giorno continuano a morire decine e decine di persone in attentati o in azioni di guerriglia – ciascuno poi le chiama come vuole … Non possiamo – adesso dico una cosa un po’ cinica, ma in politica, talvolta, bisogna esserlo – non possiamo rischiare una cosa analoga con l’Iran, perché l’Iran è più grande, più popoloso, più potente, più ricco e anche in una posizione geografica che consente una maggiore libertà d’azione a quel Paese. Dunque, prudenza, ma non prudenza perché noi abbiamo paura o dobbiamo avere paura dell’Iran; prudenza perché ne va del benessere della comunità internazionale. Dobbiamo aiutare l’Iran ad uscire da questo circolo vizioso nel quale si è inserito, cioè da questa ostilità che percepisce nei confronti di tutto il mondo a cui risponde mandando tutto il mondo a quel paese. Penso che la posizione iraniana sia ancora quella di uno Stato sotto shock dopo la crisi khomeinista, dopo la rivoluzione islamica che ha inaugurato quella che oggi noi chiamiamo ‘guerra di civiltà’. Quindi, non dobbiamo mai dimenticare che dal ’79 in poi noi abbiamo preso un atteggiamento nei confronti del mondo islamico sempre più negativo e sempre più polemico e agonistico, cosicché l’11 settembre va correlato a tutta quella dinamica. Lo scontro di civiltà non nasce l’11 settembre: nasce – appunto – molto prima, quando noi non abbiamo capito che la rivoluzione islamica andava affrontata non necessariamente con simpatia, ma con attenzione. Tutto questo, naturalmente, ha destabilizzato anche la società iraniana, perché l’Iran si è trovato a fare una guerra con l’Iraq, a subire dei danni, a trovarsi tutto l’Occidente contro; si è chiuso in se stesso e per anni non abbiamo più sentito parlare di Iran. Poi, abbiamo avuto questo momento fortunato, felice ma infelicemente concluso di Khatami, che è stato un presidente straordinario, che ha cercato di galleggiare in mezzo a tensioni profondissime … Attenzione: dobbiamo dedicare più attenzione alla politica iraniana!

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SULLE MODERNE FORME DI SCHIAVITÙ E SULL’ATTIVITÀ DEI RELIGIOSI MERCEDARI,

TAVOLA ROTONDA PRESSO LA NOSTRA EMITTENTE

- Interviste con padre Lai e padre Damase -

 

L’attività di mercanti di schiavi non si è mai fermata. Gli schiavi esistono ancora. E’ il tema affrontato nell’incontro tenutosi stamani nella sede della nostra emittente per presentare due progetti a cura dei padri Mercedari in Sudan e in Burundi. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Da circa 800 anni i religiosi Mercedari combattono contro la schiavitù. Quando il loro Ordine è stato fondato, nel 1218 per opera dello spagnolo San Pedro Nolasco, i padri mercedari riscattavano i cristiani schiavi nei Paesi musulmani. Oggi sono altre le catene da spezzare ma la dedizione e la missione non sono cambiati. Ascoltiamo padre Dino Lai, padre mercedario responsabile del Centro Oasi, Opera Assistenza Scarcerati Italiani:

 

“Oggi i padri Mercedari si interessano in modo particolare di un tipo di catene, ed è quello della schiavitù del carcere, schiavitù del bisogno. Quelli che ruotano attorno alla nostra opera sono gli immigrati, quelli che provengono dal carcere e quelli che - io dico sempre - nessuno vuole”.

 

Tra le moderne forme di schiavitù, quelle più drammatiche si consumano all’ombra di tragici conflitti. E’ questo il caso di milioni di uomini e donne in Africa, ai quali il mercedario burundese, padre Damase ha dedicato il libro “Il dramma dei Grandi Laghi, abbozzo di una teologia Bantù della sofferenza”. Ma da questo dolore – spiega padre Damase – i popoli africani possono uscire per vivere in una nuova era di pace. Ascoltiamo la sua testimonianza:

 

“In Burundi adesso c’è la speranza perché i soldati ribelli che tempo fa erano nemici, adesso hanno formato un Esercito nazionale. Ci sono segni di speranza. La gente è stanca della guerra. La guerra è una conseguenza della schiavitù dell’uomo, dell’egoismo: l’uomo vuole tutto per sé, senza condividere quanto ha con gli altri”.

 

Dopo la presentazione del libro di padre Damase, è stato anche illustrato il progetto per la realizzazione a Karthoum, in Sudan, di un centro di accoglienza per bambini soldato riscattati dai gruppi armati musulmani.

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CHIESA E SOCIETA’

17 gennaio 2004

 

 

APERTA OGGI A PECHINO LA CONFERENZA INTERNAZIONALE SULL’INFLUENZA AVIARIA, PROMOSSA DALLE NAZIONI UNITE INSIEME ALLA COMUNITÀ EUROPEA E ALLA CINA.

INTANTO, È MORTO IN INDONESIA IL FRATELLINO DELL’ADOLESCENTE

DECEDUTA NEL FINE SETTIMANA

 

GIAKARTA/PECHINO. = Ancora un decesso da sospetta influenza aviaria in Indonesia, dove in un ospedale di Giacarta è morto il fratellino di 3 anni dell’adolescente deceduta nel fine settimana a Indramayu, nella provincia di Giava Occidentale, a circa 175 chilometri a est della capitale. Intanto, mentre l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) ha annunciato una netta riduzione del pericolo di contagio per gli esseri umani in Turchia, si è aperta stamani a Pechino la Conferenza Internazionale sull’influenza aviaria, promossa dalle Nazioni Unite in collaborazione con la Commissione Europea e il governo cinese. Gli organizzatori sperano di ottenere dai rappresentanti degli 89 Paesi che partecipano ai lavori impegni per almeno 1,2  miliardi di dollari, somma minima necessaria a sostenere la battaglia contro l’H5N1, il ceppo più letale per l’uomo. Intanto, secondo fonti giornalistiche, la Commissione Europea avrebbe deciso di stanziare 20 miliardi di euro per la ricerca nel settore. Domani interverranno alla Conferenza il primo ministro cinese, Wen Jiabao, e, in teleconferenza, il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan. Infine, il gruppo farmaceutico svizzero, Roche, ha annunciato che farà dono all’OMS di 2 milioni di trattamenti, pari a 20 milioni di dosi, dell’antivirale Tamiflu, ritenuto il farmaco più efficace contro il virus. La donazione si somma ai 5 milioni di cure offerte da Roche nel 2004 e nel 2005.

 

 

LA LEGGE ITALIANA 194 SULLA PREVENZIONE DELL’ABORTO E’ STATA APPLICATA

IN MODO “INSUFFICIENTE”: E’ QUANTO AFFERMA IL COMITATO NAZIONALE DI BIOETICA, CHE IERI HA APPROVATO UN  DOCUMENTO SULL’ AIUTO ALLE DONNE

IN GRAVIDANZA E DEPRESSIONE POST PARTUM

 

ROMA. = Le norme della legge italiana 194 sulla prevenzione dell’aborto e sulla necessità di “forme specifiche di aiuto a favore della donna incinta” sono state attuate in modo “insufficiente”: lo sottolinea il Comitato nazionale di Bioetica, che ieri, in seduta plenaria, ha approvato un documento sull’“Aiuto alle donne in gravidanza e depressione post partum”. Secondo il Comitato di Bioetica, “è fondamentale il recupero di un ampio impegno condiviso a sostegno della donna in gravidanza, così da rendere palese nel contesto sociale e nelle pubbliche istituzioni un clima positivo verso la gravidanza in corso. Clima oggi scarsamente percettibile”. Inoltre, “va superata la logica che vede nella gravidanza una sorta di contrapposizione intrinseca fra gli interessi della donna e quelli del concepito”. Anche nel caso di grave pericolo per la salute psichica della donna, a causa di rilevanti anomalie o malformazioni del feto, sottolinea il Comitato, non è accettabile che si consideri scontato, nel sentire sociale, il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza. In ogni caso, ogni donna in gravidanza deve poter contare su un “aiuto materiale e psicologico”, che non va limitato ai “soli casi in cui uno scompenso risulti evidente”. La “relegazione di una donna nella solitudine, sia essa materiale o morale, dinanzi all'impegno della maternità – conclude il Comitato – costituisce infatti una violazione radicale della dignità umana della donna stessa e del figlio, e nel contempo rappresenta il fallimento dei vincoli solidaristici fondamentali per la convivenza civile”. Di qui, la necessità di una “riflessione sull’attività dei consultori, degli operatori sociali, dei servizi ospedalieri ostetrico-ginecologici e, in genere, dei medici che incontrano la donna quando si rende conto di essere incinta”, con una “speciale attenzione” alle donne immigrate, soprattutto se non regolari. (R.M.)

 

 

 “L’EUCARISTIA: FONTE E CULMINE DELLA VITA E DELLA MISSIONE DI OGNI PARROCCHIA E ASSOCIAZIONE CATTOLICA”: È QUESTO IL TITOLO DELLA LETTERA PASTORALE PER L’ANNO 2006, DIFFUSA DALLA

CONFERENZA EPISCOPALE REGIONALE DI TAIWAN

 

TAIPEI. = La Conferenza episcopale regionale di Taiwan ha pubblicato una lettera pastorale per il 2006, dal titolo “L’Eucaristia: fonte e culmine della vita e della missione di ogni parrocchia e associazione cattolica”. Secondo il bollettino settimanale dell’arcidiocesi di Taipei, Christian Life Weekly, la lettera pastorale, che porta la data del 15 gennaio, tratta dei seguenti argomenti: l’Eucaristia, fonte della vita; prolungare i frutti dell’Anno dell’Eucaristia; celebrare adeguatamente il ringraziamento; l’Adorazione Eucaristica parte integrante della vita; la missione affidata ai fedeli attraverso l’Eucaristia; vivere la comunione dopo la Messa. Come riporta l’agenzia di stampa vaticana, Fides, all’inizio della Lettera si legge: “Quest’anno la Conferenza Episcopale ha deciso di prolungare la riflessione dell’anno scorso, continuando l’approfondimento dell’esperienza e dell’amore verso l’Eucaristia come tema principale dell’attività di ogni parrocchia e associazione cattolica. Lo scopo è rendere queste realtà piene di vita e dinamiche, applicando la Pastorale dell’evangelizzazione”. “Il Sacramento dell’Eucaristia – continuano i vescovi – richiede necessariamente di esser capaci di stare con gli altri”, svolgendo “la missione che Cristo ci ha affidato” nella società. Come Maria, che è corsa subito dalla cugina Elisabetta dopo aver ricevuto l’annuncio dall’Angelo, “anche noi dobbiamo compiere la missione che Gesù Cristo ci ha affidato, attraverso il sacramento dell’Eucaristia, attraverso l’opera di servizio”. A conclusione del documento, i vescovi auspicano che “l’Eucaristia possa portare abbondante vita di grazia nel nuovo anno, cosicchè la missione evangelizzatrice porti frutti abbondanti”. (R.M.)

 

 

IN AFRICA, 50 MILIONI DI BAMBINI NON HANNO ACCESSO

ALLE STRUTTURE SCOLASTICHE: E’ QUANTO EMERGE DA UN RECENTE RAPPORTO DELL’UNIONE AFRICANA, SECONDO CUI I GOVERNI

RISERVANO POCHI SOLDI ALL’ISTRUZIONE

 

ADDIS ABEBA.= Sono circa 50 milioni i bambini africani che non possono accedere alle strutture scolastiche: è quanto denuncia l’Unione Africana (UA) in un rapporto diffuso nei giorni scorsi ad Addis Abeba, in Etiopia, a conclusione della Conferenza dei ministri dell’Educazione. In dieci anni, gli investimenti nel campo dell’istruzione sono passati da 45 dollari per abitante negli anni ‘90, ai 20-25 dollari nel 2002-2003. Nella relazione si mette in evidenza come le cause di una tale situazione siano riconducibili  non soltanto alla forte crescita demografica, ma anche alla scarsa volontà politica dei governi di investire nel settore. Inoltre, come riporta l’agenzia MISNA, durante la Conferenza il ministro sudafricano all’Istruzione, Naledi Pandor, ha sostenuto che gli Stati membri dell’UA dovrebbero stanziare all’Educazione almeno il 25 per cento del loro budget e il 6 per cento del PIL, se vogliono che la scuola primaria diventi gratuita per tutti i bambini africani entro il 2015. (A.E.)

 

 

SONO CIRCA 150 LE LINGUE PARLATE IN MESSICO: A RIVELARLO È UNO STUDIO DELL’ISTITUTO NAZIONALE DI LINGUE INDIGENE (INALI)

 

CITTÀ DEL MESSICO. -  Gli idiomi autoctoni presenti in Messico sono circa 150 e non una sessantina, come si riteneva fino a poco tempo fa: a rivelarlo, è uno studio condotto dall’Instituto nacional de lenguas indigenas (INALI). “Le statistiche in possesso finora si riferivano a gruppi culturali e non a lingue vere e proprie – ha spiegato il direttore dell’INALI, Fernando Nava – ad esempio,zapoteco’ è il termine con cui veniva classificato sia un territorio, sia il popolo che lo abita, le sue usanze e l’idioma parlato”. “La verità – ha aggiunto lo studioso - è che esistono almeno una trentina di lingue ‘zapotecas’!”. Gli idiomi frequentemente utilizzati sono il Nahua, parlato da 2 milioni e mezzo di messicani; il Maya, da 1 milione e mezzo; il Mixteco, da 720 mila; l’Otomì, da 640 mila. Altre lingue sono in pericolo di estinzione: l’Ayapaneco, ad esempio, è parlato da appena sei persone, il Kiliwa e l’Aguacateco da un centinaio e il Pápago e il Paipai da circa duecento. (A.E.)

 

 

I “CANTORI DELLA STELLA” DELL’INFANZIA MISSIONARIA TEDESCA RICEVONO

IL RICONOSCIMENTO DELL’ISTITUTO TEDESCO PER LE QUESTIONI SOCIALI (DZI)

PER LA GESTIONE RESPONSABILE DELLE DONAZIONI

 

AACHEN. = Per la gestione accurata e responsabile delle donazioni ricevute, quest’anno la campagna dei “Cantori della Stella” dell’Infanzia Missionaria tedesca ha ricevuto il riconoscimento dell’Istituto Tedesco per Questioni Sociali (DZI), che con il suo “Sigillo per le donazioni” premia il lavoro di impegno sociale e caritativo. Nel 2004, la Pontificia Opera per l’Infanzia Missionaria in Germania ha speso soltanto il 4 per cento delle donazioni ricevute per le spese di amministrazione e di pubblicità. L’affidabilità e la gestione responsabile dei mezzi da parte dell’Infanzia Missionaria tedesca viene attestata anche dai partner locali, nei Paesi dove vengono investite le donazioni. In occasione di una recente visita in Germania, i segretari generali delle Conferenze episcopali africane di lingua inglese hanno apprezzato l’impegno dei “Cantori della Stella” che sostengono i progetti nei loro Paesi. “La solidarietà che dimostrano i bambini tedeschi nei confronti dei bambini nei nostri Paesi ci rallegra molto”, ha detto il rappresentante del Malawi, padre Joseph Mpinganjira. Indossando i tradizionali abiti dei Re Magi, con la loro stella cometa e i loro canti, i “Cantori della Stella“ nel tempo natalizio e nei primi giorni dell’anno bussano alle porte delle case tedesche. Circa mezzo milione di bambini nelle 12.500 parrocchie cattoliche della Germania portano la benedizione “Christus mansionem benedicat”, ovvero Cristo benedica questa casa”, alle famiglie, raccogliendo offerte per i loro coetanei che soffrono in tutto il mondo. (R.M.)

 

 

SI INTITOLA “LE RELIGIONI E LO SPORT” IL LIBRO PUBBLICATO DA EFFATA’ SUL LAVORO DEL COMITATO INTERFEDI, REALTA’ INTERRELIGIOSA NATA NEL 2002 ALL’INTERNO DELL’ORGANIZZAZIONE DEI XX GIOCHI OLIMPICI INVERNALI DI TORINO

- A cura di Fabrizio Accatino -

 

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TORINO. = Esce in questi giorni nelle librerie il volume “Le Religioni e lo sport”, pubblicato da Effatà, piccola ma agguerrita realtà editoriale torinese. Il libro riporta gli esiti del lavoro del Comitato Interfedi, nato nel 2002 all’interno dell’Organizzazione dei XX Giochi Olimpici Invernali che si tengono quest’anno a Torino. Il Comitato ha raccolto intorno a un’idea, prima ancora che a un tavolo, rappresentanti delle più importanti religioni del mondo: buddisti, induisti, ebrei, islamici e cristiani cattolici, protestanti e ortodossi. Un progetto che don Aldo Bertinetti, direttore dell’Ufficio Pastorale per il Turismo, lo Sport e il Tempo Libero della Diocesi di Torino, ha sintetizzato, presentando questa mattina il libro. Il sacerdote ha detto che questa pubblicazione è nata soprattutto come “relazione del lavoro fatto insieme e quindi anche come presentazione delle varie religioni che sono coinvolte in questo discorso, ma anche come testimonianza di questo cammino molto bello che è stato costruito, questa idea di amicizia”. E sembra importante testimoniarlo anche attraverso un’operazione di questo genere. “E’ un discorso – ha detto don Bertinetti – che si spera possa continuare anche dopo”. Creato per affrontare e risolvere questioni di natura puramente tecnica (quali, ad esempio, l’organizzazione degli spazi di culto all’interno dei villaggi olimpici), presto il Comitato si è trasformato in qualcosa di più: un momento di studio, un’occasione di scambio e di confronto, come ha sottolineato Paolo Pellegrino, responsabile e fondatore dell’editrice Effatà, che nel suo intervento ha detto: “Pur essendo soltanto poche persone all’interno di una piccola stanza del Comitato olimpico, si respirava però immediatamente la portata mondiale dei discorsi, perché attorno al tema religione e sport emergono poi moltissimi altri argomenti: il tema della famiglia, il tema del credo religioso e soprattutto il clima conviviale che si è instaurato, che sicuramente trasmette un messaggio di pace e, speriamo, in qualche modo, un messaggio duraturo”.

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24 ORE NEL MONDO

17 gennaio 2006

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

In Israele il primo ministro in carica Ehud Olmert, sollecitato da giornalisti, ha parlato di alcuni impegni politici. Il nostro servizio:

 

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Il primo ministro in carica Olmert ha sottolineato che Israele intende proseguire anche in futuro lungo il Tracciato di pace, elaborato dal  Quartetto (USA, UE, ONU, Russia). “Israele - ha aggiunto - insiste nel richiedere all’ANP, nel contesto del tracciato di pace, il disarmo delle organizzazioni terroristiche”, come condizione per la ripresa dei negoziati. Rispondendo alla domanda di un giornalista su suoi eventuali progetti per un nuovo ritiro unilaterale in Cisgiordania, Olmert ha ricordato di essere ancora solo un premier ad interim. Ma, in ogni caso, ha promesso un’azione severa nei confronti dei coloni ebrei in Cisgiordania, a Hebron e altrove, responsabili di attività illegali. C’è da dire che da oggi, per la prima volta dalla graduale costituzione a partire dagli anni Settanta, il rione ebraico di Hebron è stato proclamato “zona militare chiusa”: è vietato il soggiorno ad israeliani che non vi siano residenti permanenti. L’obiettivo è mettere fine alle violenze di giovani coloni che si oppongono all’evacuazione dalla zona del mercato ortofrutticolo di otto famiglie ebree. Tale sgombero dovrebbe avvenire nel mese di febbraio. Intanto, proprio in Cisgiordania, Hamas minaccia ritorsioni  per l’uccisione, la scorsa notte a Tulkarem, di un comandante locale 24enne. Era uno studente dell’università di Nablus. Secondo Israele, aveva organizzato diversi attentati ed era pertanto ricercato da tempo, mentre fonti palestinesi parlano di un “assassinio”. Resta da dire che oggi in Israele gli iscritti al partito laburista israeliano prendono parte alle elezioni  primarie volte a definire la lista elettorale per le politiche  del 28 marzo. Il voto è considerato un primo test per la leadership di  Amir Peretz, dopo la defezione di Shimon Peres che è passato a Kadima.

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Iraq, Libano e Siria, conflitto israelo-palestinese sono stati al centro dell’incontro oggi al Cairo tra il vicepresidente americano Dick Cheney e il presidente egiziano, Hosni Mubarak. Cheney è arrivato in Egitto ieri e ripartirà oggi per l’Arabia saudita, l’altro alleato degli americani nella regione. L’ufficio del vicepresidente ha fatto sapere che con i leader arabi viene affrontata “l’agenda sulla libertà e la guerra al terrorismo” del presidente americano George W. Bush. All’aeroporto di Ryad, per Cheney è previsto un incontro anche con il leader libanese Saad al Hariri, figlio dell’ex premier Rafik, ucciso a febbraio scorso.

 

Petrolio di nuovo sulla soglia dei 65  dollari, spinto al rialzo dalle preoccupazioni in merito alla sicurezza delle forniture da parte di Nigeria e Iran, la cui  produzione complessiva è pari al 7,5% mondiale. Il greggio con consegna a febbraio, sul mercato after hours di New York, è arrivato a 64,95 dollari, in rialzo dell’1,6%. Intanto gli attivisti nigeriani che hanno attaccato le infrastrutture petrolifere e rapito lavoratori nella zona meridionale del Delta del Niger hanno minacciato di usare tattiche ancora più aggressive contro i lavoratori del settore petrolifero e le loro famiglie, a partire dal primo febbraio. I quattro operai di un  impianto petrolifero della Shell rapiti mercoledì nel delta del  Niger si troverebbero a bordo di una imbarcazione al largo della  Nigeria in mano a una banda non identificata. Le autorità di Lagos hanno detto che i quattro stanno bene e che una squadra di negoziatori sta cercando di stabilire un  contatto con i sequestratori. 

  

Nella pagina politica italiana continua a dominare lo scontro tra Berlusconi e i DS sul caso Unipol. Il premier punta l’indice contro il tentativo della sinistra di scalare la Banca Nazionale del Lavoro attraverso il mondo delle cooperative. La Quercia minaccia querele. E la vicenda finisce per intrecciarsi con il progetto di Partito Democratico rilanciato da Romano Prodi, ma che viene visto con perplessità dai suoi alleati. Servizio di Giampiero Guadagni: 

 

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Ne aveva chiesto conto Berlusconi. Ed è arrivata immediata la risposta dei legali di Unipol. I 50 milioni di euro depositati dal finanziere Gnutti sul conto di Giovanni Consorte sono ancora nella piena titolarità dell’ex presidente del gruppo assicurativo. Insomma, secondo questa precisazione, quei soldi non sono finiti nelle casse dei DS, come invece era stato fatto capire dal premier. “Noi non c’entriamo niente”, ribadisce con forza il segretario della Quercia, Fassino, che minaccia querele contro chi sostiene il contrario. E in un confronto televisivo con il vice premier Fini, Fassino è passato al contrattacco: è Berlusconi che ha avuto dei processi, non io. E’ lui che è stato prosciolto grazie a leggi che aveva fatto approvare. La risposta di Fini: la questione delle scalate bancarie non è stata posta per primo dal centrodestra, ma da esponenti del centrosinistra che la scorsa estate avevano denunciato intrecci tra partiti dell’Unione e mondo degli affari. Certo è che la vicenda sta facendo discutere all’interno dei due poli. Ai leader della Casa delle libertà, da Casini allo stesso Fini, non convince una campagna elettorale impostata su temi giudiziari. E nell’Unione i sondaggi mostrano un disagio dell’elettorato, che Romano Prodi sembra aver colto rilanciando il progetto del Partito democratico. Ma sui tempi non c’è accordo con DS e Margherita. E sono emerse anche alcune tensioni tra Prodi e Fassino. Con il primo che ha lamentato di aver pedalato da solo per l’Ulivo, e il secondo che ha rivendicato l’impegno di tutti e ha aggiunto che un processo come quello del Partito democratico non si improvvisa. Ieri, la tregua e un accordo: non ci sarà la lista unitaria al Senato. Saranno invece presentate le liste DS e Margherita, con un richiamo all’Ulivo nei simboli. Prodi ricorda: il quadro politico è cambiato, anche con la riforma del sistema elettorale, e bisogna stare attenti a non mettere a rischio la vittoria. Il 4 febbraio è in programma a Roma la manifestazione per il lancio della campagna elettorale dell’Unione.

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Il condannato alla pena capitale Clarence Allen, 76 anni, ammalato e cieco, è stato messo a morte oggi nella prigione di San Quintino, in California, dopo che il governatore Arnold Schwarzenegger gli aveva negato la grazia. Allen, cieco, cardiopatico e costretto alla sedia a rotelle, era stato condannato a morte per aver organizzato, mentre si trovava in  carcere, l’omicidio di tre persone. Il governatore della California venerdì aveva rifiutato di concedere la grazia  ad Allen, il più anziano condannato a morte dello Stato. Il mese scorso aveva respinto la richiesta di grazia di StanleyTookie’ Williams, l’ex criminale divenuto dietro le sbarre apostolo della non violenza. 

 

La Thailandia ha prolungato oggi lo stato di emergenza nel sud musulmano scosso da sussulti separatisti, che negli ultimi due anni hanno provocato un migliaio di morti. “Possiamo prolungare lo stato di emergenza ogni tre mesi - ha dichiarato alla stampa il ministro della Giustizia Chidchai Vanasathidya - dato che i militanti continuano a uccidere degli innocenti e a tendere imboscate ai responsabili del governo”. Il ministro ha aggiunto di ritenere che la misura è ancora necessaria”. L’emergenza durerà ora fino al 20 aprile.

 

In fine, due gravi incidenti stradali, uno vicino alla città di Homs - 160 chilometri a nord di Damasco - e un altro sulla strada che collega i due centri, hanno provocato la morte di 22 persone e il ferimento di 25. Nel primo caso si è trattato di uno scontro tra un camion con un minibus, che ha causato 10 morti e 10 feriti. Nessun dettaglio, invece, sulle circostanze e le cause dell’altro scontro, tra un camion ed un autobus, che ha provocato 12 morti.

 

La polizia cinese ha bloccato oggi trenta persone che si stavano recando nella residenza del leader riformista Zhao Ziyang per rendergli omaggio ad un anno dalla sua scomparsa. I trenta sono in maggioranza “petitioners”, cioè persone venute a Pechino dalle province per protestare contro le ingiustizie subite dalle autorità locali. La famiglia di Zhao ha rinunciato ad una commemorazione  pubblica, ma ha aperto la residenza a coloro che vogliono ricordare il leader. Zhao Ziyang, segretario del Partito  Comunista dal 1987 al 1989, fu licenziato per essersi opposto al massacro di studenti di piazza Tienanmen del 4 giugno 1989. Da allora è rimasto agli arresti domiciliari fino alla sua morte,  il 17 gennaio dell’anno scorso.

 

 

 

 

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