RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 14
- Testo della trasmissione di sabato 14 gennaio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
L’Europa delle cattedrali: l’arte cristiana nel
Medioevo. Con noi, il cardinale Francesco Marchisano
Il
Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik
CHIESA E SOCIETA’:
Messaggio dei vescovi italiani sull’insegnamento della religione cattolica
nella scuola
Vescovi
europei ed americani a Gerusalemme per il sostegno della Chiesa in Terra Santa
Pakistan: bambini musulmani e cristiani festeggiano insieme
l’Eid al-Adha e il Natale
I servizi segreti di Islamabad smentiscono la morte del numero due di Al
Qaeda durante un raid contro un
villaggio del Pakistan
L’Iran va avanti sul programma nucleare: l’UE e gli USA sono per una
soluzione diplomatica
14
gennaio 2006
“ANGELI
CUSTODI” DISCRETI ED EFFICIENTI: IL SALUTO DI BENEDETTO XVI
AL PERSONALE DELL’ISPETTORATO
DI PUBBLICA SICUREZZA PRESSO IL VATICANO
Un
mondo migliore se ciascun Paese o organizzazione si muovesse in armonia con gli
altri. E’ la considerazione suggerita a Benedetto XVI dal lavoro di corpo
svolto dagli agenti chiamati a vigilare sui pellegrini che affollano ogni
giorno Piazza San Pietro e le sue vicinanze. Parole che il Papa ha rivolto
questa mattina ai dirigenti e al personale dell’Ispettorato di Pubblica Sicurezza
presso il Vaticano. Il servizio di Alessandro De Carolis.
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Preparazione
tecnica e professionale, ma anche pazienza, discrezione vigilanza costante,
cortesia e spirito di sacrificio. E’ il bagaglio umano e professionale al quale
devono attingere ogni giorno gli agenti di Pubblica Sicurezza, impegnati nei
controlli in Piazza San Pietro e nelle vicinanze del Vaticano. Un lavoro che
Benedetto XVI, ricevendoli in udienza, ha definito “meritorio” e “non facile”.
Nel salutare, all’inizio dell’anno, vertici e organico dell’Ispettorato, il
Papa ha ringraziato gli “angeli custodi” che, ha detto, “vegliano giorno e
notte” sulla zona. In particolare, la gratitudine del Pontefice ha trovato
nella dedizione mostrata durante i giorni della morte di Giovanni Paolo II e
dei successivi eventi, un esempio di quella “discreta ed efficiente assistenza”
che ha permesso in quelle circostanze, e lo consente ogni giorno, che “tutto si
svolgesse con ordine e tranquillità”, sotto gli occhi ammirati del mondo:
“Questo porta a considerare quanto sia importante lavorare sempre in
armonia e con sincera cooperazione da parte di tutti. Le famiglie, le comunità,
le varie organizzazioni, le nazioni ed il mondo stesso sarebbero migliori se,
come in un corpo sano e ben compaginato, ogni membro svolgesse con coscienza e
altruismo il proprio compito, piccolo o grande che sia. Cari amici,
apriamo il cuore a Cristo ed accogliamo con fiducia il suo Vangelo, preziosa
regola di vita per coloro che sono alla ricerca del senso vero dell’esistenza
umana”.
Il Papa ha concluso affidando i
membri dell’Ispettorato e le loro famiglie alla protezione della Vergine,
chiamata a vegliare, ha aggiunto, “sull’Italia nell’anno 2006 da poco
iniziato”.
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ALTRE UDIENZE
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina anche il cardinale Jean-Marie Lustiger, arcivescovo emerito di
Parigi.
Questo pomeriggio il Papa
riceverà il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i
Vescovi.
NOMINE
Nelle Filippine il Santo Padre
ha nominato vescovo coadiutore di Alaminos mons. Marlo Mendoza Peralta, del
clero della diocesi di Urdaneta, finora vicario generale e parroco della
parrocchia di San Nino della stessa diocesi.
Mons. Marlo Mendoza Peralta è nato a San Carlos, Pangasinan, il 13 giugno
1950. E' stato ordinato sacerdote il 31
marzo 1975 nella sua città natale di San Carlos.
Sempre nelle Filippine il Santo
Padre ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di San Fernando mons. Roberto
Calara Mallari, del clero della medesima arcidiocesi, finora parroco della
parrocchia di Our Lord's Ascension, assegnandogli la sede titolare vescovile di
Erdonia. Mons. Roberto Calara Mallari è nato a Masantol, nell’arcidiocesi di
San Fernando, Pampanga, il 27 marzo 1958. E' stato ordinato sacerdote il 27
novembre 1982 per l’arcidiocesi di San Fernando.
Il Santo Padre ha nominato
Membro Ordinario della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali il prof. Hsin
Chi Kuan, presidente del Dipartimento del Governo e della Pubblica
Amministrazione alla Chinese University di Hong Kong (Cina).
DALLE CHIESE ORIENTALI CATTOLICHE
In
India, Sua Beatitudine il cardinale
Varkey Vithayathil, arcivescovo maggiore della Chiesa Siro-Malabarese, ha
accettato con il consenso del Sinodo Permanente, in conformità al can. 210 del
Codice dei Canoni delle Chiese Orientali (C.C.E.O.), la rinuncia di mons.
Kuriakose Kunnacherry, arcivescovo metropolita di Kottayam dei Siro-Malabaresi.
Gli
succede mons. Mathew Moolakkatt, benedettino, finora arcivescovo coadiutore
della medesima Arcieparchia Metropolitana. Mons. Mathew Moolakkatt, è nato il 27 febbraio 1953 a Uzhavoor
nell’Eparchia di Kottayam, Kerala. E’ stato ordinato sacerdote il 27 dicembre
1978.
Dopo
alcuni anni di lavoro pastorale in parrocchia e nella scuola “English Medium
School” è stato mandato a Roma per gli studi di diritto canonico nel 1987. Si è
laureato in diritto canonico orientale al Pontificio Istituto Orientale nel
1992. Al ritorno in patria, è stato nominato segretario personale del vescovo
di Kottayam, vicario giudiziale e cancelliere aggiunto. Nel 1994, mons.
Moolakkatt è entrato, a Livorno, nel noviziato della Congregazione Benedettina
Vallombrosiana, che ha un monastero nell’Eparchia di Kottayam. Il 6 novembre
1998 Giovanni Paolo II lo ha nominato vescovo ausiliare di Kottayam con la sede
titolare vescovile di Holar. Il 29 agosto 2003 mons. Moolakkatt è stato
promosso a vescovo coadiutore della medesima Eparchia.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il tema del nucleare: Stati Uniti e Germania auspicano una
soluzione diplomatica con l'Iran.
Servizio
vaticano - Il discorso di Benedetto XVI ai dirigenti e al personale dell'Ispettorato
generale di pubblica sicurezza presso il Vaticano.
Servizio
estero - Corno d'Africa: la siccità sta provocando una catastrofe umanitaria.
La situazione si fa sempre più drammatica in Kenya, in Etiopia, in Somalia e a
Gibuti.
Servizio
culturale - Un articolo di Timothy Verdon dal titolo "L' 'inventore' del
Rinascimento": a Firenze la mostra dedicata ad Arnolfo di Cambio nel
settimo centenario della morte.
Servizio
italiano - In primo piano l'Unipol: dopo la deposizione di Berlusconi sempre
più rovente lo scontro politico.
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14 gennaio 2006
OGGI A ROMA E MILANO, MANIFESTAZIONI IN FAVORE DELLE
UNIONI DI FATTO E
DELLA LEGGE SULL’ABORTO. AI NOSTRI MICROFONI,
IL GIURISTA FRANCESCO D’AGOSTINO E OLIMPIA TARZIA DEL MOVIMENTO
PER LA VITA SOTTOLINEANO
LA DEBOLEZZA DELLE RAGIONI DEI MANIFESTANTI
In primo piano
a Roma e a Milano due manifestazioni: una a sostegno dei PACS, i Patti Civili
di Solidarietà, cioè le cosiddette unioni civili, l’altra a sostegno della
legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza. A far discutere, a
livello politico, è soprattutto la manifestazione sui PACS, con le forti
tensioni all’interno del centrosinistra. Il servizio di Giampiero Guadagni.
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Ci sarà un magistrato di Cassazione in
piazza a Roma a celebrare simbolicamente l’unione di alcune coppie di fatto, etero
e anche gay. Una iniziativa criticata senza mezzi termini dal vicepresidente
del Consiglio Superiore della Magistratura Virginio Rognoni, e che forse
rappresenta il senso folkloristico della manifestazione di oggi a Roma. Manifestazione
alla quale parteciperanno molti rappresentanti politici di sinistra ma che
suscita l’amarezza del leader dell’Unione Prodi perché, dice, non serve ad
affrontare una questione così socialmente delicata. Prodi appoggia il
riconoscimento giuridico delle coppie di fatto ma è contrario ai matrimoni gay.
Ci saremmo invece aspettati parole di apprezzamento, replica il leader
dell’Arcigay Grillini, autore di una proposta di legge in merito ferma in
Parlamento. Difendono la manifestazione i DS.
Critiche a Prodi anche da radicali e socialisti della Rosa nel pugno. E
il segretario di Rifondazione comunista Bertinotti avverte: i PACS sono una
irrinunciabile battaglia di civiltà e sono nell’agenda dell’Unione.
Ma nel centrosinistra non tutti la
pensano così. Per la Margherita quella di oggi è una inutile forzatura. Ancora
più drastico il leader Udeur Mastella che si dice in dissenso sul piano
politico e civile e fa sapere che non firmerà mai un programma di coalizione
che preveda anche le unioni di fatto. Per il centrodestra Prodi non è
amareggiato ma solo imbarazzato perché non è in grado di tenere unita una
alleanza divisa su tutto. Critiche alla manifestazione di oggi dalle
associazioni del mondo cattolico, che sottolineano come sia incostituzionale
l’equiparazione giuridica delle unioni di fatto alla famiglia fondata sul matrimonio.
E il presidente delle ACLI, Bobba ritiene che sulle unioni di fatto, che in
Italia sono 500 mila, ci sia un’enfasi eccessiva. Mentre non la necessaria
attenzione ad esempio sulle oltre due milioni di famiglie monoparentali, quelle
cioè con madri sole con uno o più figli.
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Attraverso i PACS si vuole far passare in realtà il
matrimonio degli omosessuali: così, l’Osservatore Romano commenta con una nota
la manifestazione di oggi a Roma per il riconoscimento delle unioni di fatto.
Il fondo del quotidiano della Santa Sede, dal titolo “Le scorciatoie delle
provocazioni”, è firmato dal prof. Francesco D’Agostino, presidente dell’Unione
Giuristi Cattolici Italiani, che - al microfono di Alessandro Gisotti - si
sofferma sulla debolezza delle motivazioni di chi vuole introdurre i PACS:
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R. - Io sono particolarmente convinto che queste ragioni
sono molto deboli. In quelli regioni in cui si sono, provvisoriamente e
probabilmente contro la legge, aperti dei registri pubblici, per l’iscrizione
di partner che non vogliono sposarsi ma che convivono, ebbene, queste
iscrizioni sono state un autentico fallimento. C’è stato un numero veramente minimo
ed irrisorio di persone che sono ricorse a questo strumento.
D. – Se dunque non c’è un’esigenza sociale, come
sottolinea lei con dati di fatto, perché c’è tutta questa attenzione, questa
voglia di manifestare per i PACS?
R. – C’è una risposta maliziosa e una risposta non
maliziosa. L’argomento malizioso è che chi chiede il riconoscimento dei Patti
Civili di Solidarietà, si aspetta di avere alcuni vantaggi sociali anche in
termini economici, che non sono bilanciati dagli oneri sociali assunti da
coloro che si sposano. L’altra motivazione probabilmente è la più consistente:
ci sono persone che da una parte rifiutano il matrimonio tradizionale proprio
perché lo ritengono troppo legato alla tradizione occidentale cristiana della
nostra Europa. Non vogliono però rinunciare ad un riconoscimento simbolico
della loro unione, ma bisogna vedere se questa esigenza risponde
all’oggettività reale delle cose.
D. – Professore in sintesi si può dire che si chiedono
diritti senza però voler assumere doveri?
R. – Esattamente così!. Si chiedono diritti o si chiedono
riconoscimenti sociali senza tener conto che il diritto, il sistema giuridico,
le leggi, non esistono per dare gratificazioni psicologiche ai cittadini, ma
per rispondere a delle esigenze sociali obbiettive.
D. – Non c’è, forse, una dovuta attenzione invece per le
politiche di sostegno alla famiglia?
R. – Sono alla lunga convinto che dietro la richiesta del
PACS, c’è invece la richiesta di un riconoscimento dell’unioni omosessuali.
L’obiettivo implicito in tutti coloro che chiedono il riconoscimento del PACS,
è arrivare al riconoscimento dell’irrilevanza della differenza sessuale nel
matrimonio. L’uomo è maschio e femmina. La nostra realtà umana è bisessuale.
Cercare di alterare la nostra realtà sessuale maschile e femminile, attraverso
il riconoscimento del matrimonio tra omosessuali, non è più questione di tipo
semplicemente sociale, diventa una questione antropologica fondamentale ed è su
tale questione allora che dobbiamo misurarci perché la posta in gioco è
l’immagine dell’uomo che probabilmente, sotto questi colpi di maglio, potrebbe,
non dico sgretolarsi, ma essere profondamente deformata.
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A Milano, invece, si manifesta in favore della legge 194
sull’aborto. Dal canto suo, il Movimento per la Vita ribatte ai
promotori del raduno chiedendo la piena applicazione della legge, nelle parti
che prevedono un aiuto alla donna affinché possa portare a termine la
gravidanza. E’ quanto sottolinea la biologa Olimpia Tarzia, segretario generale
del Movimento per la Vita, intervistata da Alessandro Gisotti:
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R. - Ovviamente il nostro giudizio sulla legge resta
invariato. E’ una legge che noi da 30 anni riteniamo profondamente ingiusta.
Ciò premesso, è evidente proprio agli occhi di tutti che c’è una parte della
legge che non è stata mai applicata. Nella legge 194 c’è una preferenza per la
vita, almeno scritta… Nei primi articoli, 4 e 5, si indica che la donna deve
essere aiutata a rimuovere le cause che la inducono al ricorso all’aborto. Alla
donna devono essere offerte alternative e i consultori, o gli ospedali, devono
realizzare convenzioni con le associazioni operanti in favore della maternità,
presenti sul territorio. Ecco, tutta questa parte preventiva, non viene
applicata.
D. – Chi scende in piazza afferma che lo fa per difendere
la libertà della donna e per contestare l’ingerenza ecclesiastica. Sembra di
essere tornati indietro di 30 anni…
R. – Sì davvero. Mi preoccupa il fatto che queste persone
che, grazie a Dio sono una minoranza, sono molto amplificate dai mezzi di
comunicazione. Fare schieramenti, tra l’altro ghettizzando il diritto alla vita
come un valore cattolico, quando ormai davvero c’è oggi una consapevolezza
acquisita anche visto ciò che è accaduto nel referendum - abbiamo visto che c’è stata una
trasversalità - tantissimi laici hanno aderito a quello che era la proposta
della Chiesa di non votare. Non si può dare un colore, un’appartenenza al
diritto alla vita. Davvero le vittime dell’aborto sono due: il bambino e la
mamma. Ci sono donne che ci chiamano dopo 10, 20 anni dall’aborto e lo
raccontano come fosse accaduto il giorno prima e ci dicono “perché nessuno mi
ha detto che si trattava di un figlio, che era un bambino”.
D. - Grazie
all’azione dei volontari, negli ultimi anni almeno 70 mila bambini, 70 mila vite
umane sono state salvate. Perché questo dato, secondo lei, viene quasi
trascurato nel dibattito sulla legge
194?
R. – Proprio perché è un dibattito che io credo sia
portato avanti da una minoranza del nostro Paese che ha una grande
amplificazione. Purtroppo questa minoranza – dico purtroppo perché è ancor più
al femminile – è ideologizzata. Allora credo che noi dobbiamo proseguire in
questo impegno di diffusione di una conoscenza, anche biologica, di quella che
è la vita umana, cioè portare argomenti che sono antropologicamente e biologicamente
fondati. Non solo argomenti di fede, ma argomenti che possono essere condivisi
da tutti.
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ALLA
SCOPERTA DELLE RADICI CRISTIANE DELL’EUROPA
L’EUROPA
DELLE CATTEDRALI: L’ARTE CRISTIANA NEL MEDIOEVO
CON
NOI, IL CARDINALE FRANCESCO MARCHISANO
“La Cattedrale
mostra, al tempo stesso, l’unità di pensiero e l’unità spirituale del popolo,
con cui la cristianità medioevale diede forma e coscienza a se stessa”: è il 26
aprile 1959, quando il cardinale Giovanni Battista Montini, futuro Papa Paolo
VI, pronuncia queste parole. L’occasione è offerta all’arcivescovo di Milano
dalla presentazione del completamento dei restauri della Cattedrale di Crema.
“Il Medio Evo, che ci tramanda le sue Cattedrali – affermava ancora il cardinal
Montini – non ci fa eredi di un patrimonio inutile ai nostri tempi, ma d’una
sapienza eterna, che la nostra età avrebbe torto a non fare propria”. Proprio
all’arte nel Medio Evo è dedicata questa puntata del nostro approfondimento
sulle radici cristiane. A parlarne con Alessandro Gisotti è una figura
d’eccezione: il cardinale Francesco Marchisano, arciprete della Patriarcale
Basilica Vaticana e presidente emerito della Pontificia Commissione per i Beni
Culturali della Chiesa:
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In un’omelia pronunciata, ormai quasi 30 anni fa, l’allora
arcivescovo di Monaco, Joseph Ratzinger, affermò: “Una volta è stato detto
dell’arte che è al servizio del bello e che il bello, a sua volta, è splendore
di verità, la sua luce interiore”. Ecco, è questa correlazione tra verità e
bellezza, l’essenza dell’arte medievale?
R. – Guardi, mi piace la citazione che ha fatto
dell’allora cardinale Ratzinger! Io ne faccio un’altra, di Giovanni Paolo II.
Quando mi ha chiamato per affidarmi il nuovo ufficio dei beni culturali della
Chiesa, nel 1988, abbiamo avuto un lungo incontro e mi ha detto questa frase:
“Se io, quando ero arcivescovo di Cracovia, ho potuto fare qualcosa di bene con
i lontani, è perché ho sempre incominciato con i beni culturali della Chiesa
che hanno un linguaggio che tutti conoscono e che tutti accettano: il
linguaggio del bello! E su questo linguaggio ho potuto innestare un dialogo
che, per altre vie, sarebbe stato impossibile”. La Chiesa ha trovato nell’arte
fin dal principio – pensiamo alle catacombe: tutto quello che hanno fatto i
cristiani per dimostrare la loro fede attraverso figurazioni alle volte molto
semplici, ma molto espressive, perché capivano che, attraverso l’arte, potevano
manifestare la loro fede.
D. – Pensando a Giotto, Cimabue, ai grandi protagonisti
dell’arte figurativa medievale, verrebbe da dire che l’arte in quell’epoca era
cristiana o non era …
R. – Le espressioni più belle che abbiamo sono espressioni
religiose. Questo è fuori discussione. Non è che fosse l’unica espressione: è
un fatto che fosse l’espressione più importante.
D. – Anche la dimensione, gli spazi delle città
dell’Europa – pensiamo alle cattedrali – cambiano profondamente nel Medioevo
cristiano. In che modo, e quanto poi, questi cambiamenti sono presenti ancora
oggi?
R. – Non so se lei ha avuto occasione di leggere un volume
dal titolo “Costruttori di cattedrali”, di Jean Gimpel. E’ un bellissimo volume
che descrive che cos’era l’Europa dal 1100 al 1400-1450: era un cantiere unico,
di tutte le cattedrali che venivano fuori. Ed era una testimonianza della fede
delle persone. Le porto un esempio. Nella cattedrale di Chartres hanno, alcuni
anni fa, redatto la spesa totale che è costata quella cattedrale. Hanno ancora
tutti i registri in cui sono segnate le spese. I fedeli: allora erano circa 5 mila,
a Chartres; hanno dato 24-25 mila euro. Questa è la testimonianza che ciò che è
stato fatto non era soltanto l’idea di qualcuno che voleva diventare famoso
costruendo una chiesa. E’ veramente la popolazione come tale, che ha collaborato
in maniera fondamentale per poter avere questi monumenti come espressione della
propria fede.
D. – In fondo, ancora oggi basta passeggiare per il centro
delle nostre città per imbattersi nelle radici cristiane, così visibili eppure
non sembriamo accorgercene più. Perché, secondo lei?
R. – Non ha tutti i torti a dire così, perché quella frase
che ho citato di Giovanni Paolo II che ha detto a me, si innestava in un
discorso che abbiamo fatto quel mattino, e il Papa mi ha detto: “Non è che
neghino le radici cristiane, ma non le affermano. Adesso hanno mille altre
cose, nella vita … Dobbiamo fare il possibile perché questa dominante, che c’è
ancora oggi, sia conosciuta e sia apprezzata. E credo che non sia difficile se
noi ritorniamo a spiegare in modo chiaro le ragioni profonde di tutte le cose
belle che noi abbiamo nelle nostre città. E la ragione è stata quella
religiosa”. Sono state fatte delle dichiarazioni ufficiali per l’Europa che
l’80 per cento dei beni culturali dell’Europa è dovuto alle religioni. Quindi,
è una testimonianza oggettiva che è valida anche per oggi. Ciò che si deve fare
è soltanto mettere in risalto questa dimensione perché tutti possano toccare
con mano – si direbbe – quello che abbiamo nelle nostre bellissime città. Ed è
dovuto a questo fondamentale movente attraverso i secoli, cioè il pensiero
cristiano.
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Domani,
15 gennaio, 2a Domenica del Tempo Ordinario, la Liturgia ci presenta il Vangelo
in cui due discepoli di Giovanni Battista seguono Gesù, indicato come
“l’agnello di Dio”. Il Maestro chiede loro: “Che cercate?” Ed essi rispondono:
“Rabbì, dove abiti?” Allora Gesù dice:
«Venite e vedrete».
Su questo
brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan
Rupnik:
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Il peccato
di Adamo ha fatto scivolare lo sguardo dell’uomo da Dio alle cose, agli
oggetti. Il peccato ha sganciato l’uomo dalla relazione con Dio, dall’essere di
amore all’essere di avere e possedere. Cristo chiede ai discepoli: “che
cercate?” Ci vorrà molto cammino. Si compirà l’opera della salvezza nella
Pasqua per sentire Cristo chiedere alla Maddalena al Sepolcro: “Chi cercate?”
Il passaggio,dunque, dall’oggetto alla Persona. Colui che toglie il peccato del
mondo, Colui che prende su di sé il peccato che ha inchiodato e rinchiuso
l’uomo all’interno degli orizzonti del mondo redimerà l’uomo riportandolo di
nuovo nell’ambito dell’amore del Padre. L’uomo si è abituato a vedere perché le
cose si vedono, ma finalmente Cristo invita “a venire e vedere” non qualche
cosa, ma il Volto di Dio che abita tra di noi.
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14
gennaio 2006
L’INSEGNAMENTO DELLA
RELIGIONE CATTOLICA NELLE SCUOLE ITALIANE
FAVORISCE
IL DIALOGO E IL CONFRONTO TRA CONFESSIONI E CULTURE DIVERSE.
COSÌ LA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA NEL
MESSAGGIO ANNUALE SULL’INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE
- A cura di Tiziana Campisi -
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ROMA.
= Esprimono gratitudine i vescovi italiani per la scelta del 91,8 per cento
degli studenti di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica. Nel
messaggio della Conferenza episcopale italiana per l’anno scolastico 2005-2006,
i presuli sottolineano che l’insegnamento della religione cattolica favorisce
il confronto tra culture e fedi differenti. Esso propone anzitutto una
conoscenza organica del cattolicesimo secondo la coscienza che ne ha la Chiesa,
“in dialogo con le diverse confessioni di fede cristiane e le altre religioni”.
“In tal modo – si legge nel documento – gli alunni possono accostarsi a un
fatto religioso e al tempo stesso culturale ignorando il quale è impossibile
comprendere storia e identità dell’Italia e dell’Europa, e cominciare a dare
una risposta alla duplice domanda basilare: chi siamo, da dove veniamo”. E sui
compiti che l’intera nazione italiana deve assumersi, a partire dalla propria
storia e dai valori sui quali si è costruita, la Conferenza episcopale
sollecita, proprio cominciando dalla scuola, all’accoglienza e ad un incontro costruttivo
e non conflittuale. Il messaggio dei vescovi italiani sottolinea che la scuola
è il luogo dove gli alunni imparano a rispettarsi, ad aiutarsi e a crescere
insieme, dove diverse identità si confrontano e scoprono di avere come fine
comune il bene della persona e della società. L’insegnamento della religione
cattolica, vuole proprio incoraggiare il confronto e la ricerca dei valori che
favoriscono una proficua convivenza civile. E per incentivare il dialogo, con
le diverse confessioni di fede cristiana ed altre religioni i presuli propongono
una conoscenza organica del cattolicesimo. “Se veramente la centralità della
persona è il fine primario della scuola – scrivono i vescovi – l’insegnamento
della religione cattolica può offrire alle nuove generazioni il contributo
dell’umanesimo cristiano, quello che si ispira alla persona di Gesù Cristo e al
suo Vangelo. È qui – precisa il documento – sulla solida base del
riconoscimento di Dio come Padre di tutti, che è compreso un mondo di valori
spirituali ed etici peculiari, dove si concentrano in massimo grado,
intrecciandosi tra loro, le esigenze della persona, della giustizia, della
solidarietà e della pace”. Infine i vescovi auspicano che tutti riescano a
comprendere l’importanza dell’insegnamento della religione cattolica per la
propria crescita personale e culturale e per la propria formazione
professionale. “Non si vive solo di ‘saper fare’ - conclude il documento – ma
soprattutto di ‘saper essere’: la vita richiede sapienza sempre”.
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VESCOVI EUROPEI ED AMERICANI A GERUSALEMME PER IL
SOSTEGNO
DELLA CHIESA IN TERRA SANTA. FINO AL 19 GENNAIO IN
ASSEMBLEA
ANCHE GLI ORDINARI CATTOLICI
GERUSALEMME. = Si riunisce oggi
a Gerusalemme il Gruppo di Coordinamento delle Conferenze episcopali europee e americane per il sostegno della
Chiesa in Terra Santa e l’Assemblea degli Ordinari Cattolici di Terra Santa.
L’incontro si concluderà il 19 gennaio. Il programma prevede visite pastorali
nelle parrocchie di Gerusalemme, Galilea e Cisgiordania. Domani, i vescovi
incontreranno alcune personalità israeliane al centro “Notre Dame”. Lunedì
invece si svolgerà un incontro con giovani sacerdoti e religiose, seminaristi e
laici e nel pomeriggio i presuli raggiungeranno Betlemme per una celebrazione
eucaristica che sarà presieduta dal Patriarca di Gerusalemme dei Latini, Michel
Sabbah. Il 17 gennaio, il Coordinamento si trasferirà ad Amman. (T.C.)
IL 14 GENNAIO DI 500 ANNI FA
VENIVA RITROVATO DA MICHELANGELO
E GIULIANO
DA SANGALLO IL CELEBRE GRUPPO MARMOREO DEL LAOCOONTE,
OGGI ESPOSTO AI MUSEI VATICANI
- A cura di Alessandro De Carolis -
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ROMA.
= Sei braccia di terra a coprire un capolavoro già vecchio di secoli nel 1500.
E due scopritori d’eccezione: Michelangelo Buonarroti e il grande architetto
Giuliano da Sangallo. Sono loro, due degli artisti che diedero corpo al sogno
rinascimentale di Giulio II, a sottrarre alla vegetazione di un vigneto il
gruppo marmoreo del Laocoonte, straordinaria ricostruzione plastica di un
dramma ricordato dalla mitologia greca. Era esattamente il 14 gennaio 1506. I 2
metri e 40 di altezza della statua mostrano il sacerdote troiano Laocoonte che
tenta di districarsi dalle spire del serpente avviluppato su di lui e i suoi
figli: una vendetta della dea Atena, che voleva impedire ai troiani di scoprire
l’inganno del Cavallo ordito da Ulisse. Un’opera monumentale già famosa ai
tempi di Plinio, che ne parla nella sua Storia Naturale attribuendola a tre
scultori di Rodi, Agesandro, Atanodoro e Polidoro. In effetti, il dubbio se il
gruppo marmoreo sia l’originale scolpito a Rodi o a Pergamo, nel II sec. a. C.,
o non piuttosto una copia realizzata in età romana di una precedente statua in
bronzo non è mai stato sciolto. La ricerca archeologica non ha messo l’ultima
parola, ma è certamente storico il fascino che essa e altre dell’antico
Giardino delle Statue vaticano esercitarono su Napoleone, che se ne impadronì
nel 1797 con il Trattato di Tolentino. Una ruberia che il generale francese
trasformò in una sorta di trionfo personale, facendo sfilare per le vie di
Parigi, collocate su carri, le statue confiscate allo Stato pontificio. Opere
che con il Trattato di Vienna ripresero quasi tutte la via dell’Italia. Esposto
attualmente nei Musei Vaticani, il Laocoonte continua a sbalordire per la grande padronanza tecnica dei suoi scultori,
capaci di controllare in maniera unitaria l’estrema dinamicità del gruppo
scultoreo.
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AL VIA OGGI L’ANNO IBSENIANO, UN’AMPIA SERIE DI
MANIFESTAZIONI ED EVENTI
CHE IN
NORVEGIA ED IN ALTRI PAESI RICORDERANNO LA FIGURA DI HENRIK IBSEN
OSLO. = Con un articolato
programma di manifestazioni, ha inizio oggi in Norvegia l’Anno ibseniano che
vuole ricordare la figura del drammaturgo Henrik Ibsen. Nel centesimo anniversario
della morte dell’intellettuale norvegese - diversi gli eventi anche in altri
Paesi – si intende sottolineare l’importanza dell’eredità lasciata da Ibsen.
Nelle sue opere, l’autore proclama la libertà dell’individuo e la sua visione
umanistica e artistica non si può inquadrare in pensieri filosofici definiti e
semplici messaggi ideologici. Gli scritti di Ibsen mostrano all’uomo il cammino
verso la libertà personale e invitano a riflettere sui valori autentici della
vita. Considerato uno dei più grandi nomi della letteratura mondiale, Henrik
Ibsen è stato uno dei personaggi chiave della moderna svolta intellettuale
europea, guadagnandosi il titolo di padre del teatro moderno. La sua produzione
letteraria, che conserva ancora grande attualità, comprende 26 opere teatrali e
una raccolta di poesie. Ibsen amava anche dipingere: tanti i paesaggi su tela,
le caricature e gli schizzi da lui realizzati e oggi raccolti ad Oslo in un
museo. Ibsen.net ha anche realizzato
un archivio di questi lavori riprodotti in versione digitale. Nei suoi drammi
realistici, Ibsen ha cercato di mettere in luce gli aspetti negativi della
società come l’ipocrisia e l’inganno, l’uso del potere, la manipolazione, e ha
rivendicato tenacemente la verità e la libertà. Ne sono esempio “I pilastri
della società” e “Spettri”. Un ruolo assai importante per il movimento di
liberazione della donna ha giocato poi “Casa di bambola”. I personaggi dei
drammi di Ibsen vivono situazioni della quotidianità. Lo scrittore voleva
infatti dar vita a rappresentazioni convincenti, dove potesse essere
riconoscibile la realtà. (T.C.)
PAKISTAN: BAMBINI MUSULMANI E CRISTIANI
FESTEGGIANO INSIEME L’ EID AL-ADHA
E IL NATALE. L’INIZIATIVA DEL CONSIGLIO NAZIONALE
PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO ALLO SCOPO DI PROMUOVERE
I VALORI PER UNA PACIFICA CONVIVENZA
LAHORE. = Il Consiglio nazionale
per il dialogo interreligioso del Pakistan ha coinvolto in una funzione
religiosa bambini musulmani e cristiani per celebrare le due grandi festività
religiose dell’Eid al-Adha e del
Natale. Lo riferisce l’agenzia Asianews.
“Crediamo tutti in un unico Dio – ha detto Allama Sahibzada Muhamamd Yad
Zahoori, segretario congiunto della Lega degli Ulema musulmani del Punjab, alla
St. Mary Hall di Guldberg, Lahore, dove si è svolta la celebrazione - egli ci
ha insegnato ad amare tutti gli esseri umani e noi abbiamo il bisogno di
mostrare il nostro amore. Ognuno dovrebbe portare questo concetto nella sua
casa e fare in modo che, al posto delle differenze, possa crearsi la pace”. E
rivolgendosi ai bambini il religioso ha detto: “Siete ambasciatori di pace.
Dovete poter crescere senza dare peso alle differenze di colori o di fede.
Questo è l’unico modo per portare armonia e pace nella società e nella
nazione”. Il padre cappuccino Francis Nadeem, patrocinatore del Consiglio, ha
ringraziato il religioso per la sua presenza ed ha spiegato che lo scopo del
gruppo è proprio quello di promuovere una armonia interreligiosa. “E’ molto
importante - ha sottolineato - portare avanti il progetto con i giovani, perché
questa è l’età in cui si possono instillare i valori che creano una società
armoniosa e moderata, dove tutti vivono rispettando il credo di ognuno”. (T.C.)
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14 gennaio 2006
- A cura
di Amedeo Lomonaco e Alessandra Errico -
Sempre più tesi i rapporti tra l’Iran, che intende
portare avanti il suo programma nucleare, e la comunità internazionale. Il rappresentante della politica Estera dell'Unione Europea,
Javier Solana, ha affermato che l’intervento dell’ONU resta l’unica soluzione,
escludendo così l’inquietante ipotesi dell’azione militare. Il presidente
iraniano, Mahmud Ahmadinejad, ha dichiarato, intanto, che non esiste nessun
motivo per sospendere la ricerca sull’uranio arricchito. Non abbiamo bisogno –
ha aggiunto - di armi nucleari. Il capo di Stato iraniano ha anche precisato
che il governo di Teheran non limiterà il proprio programma atomico anche se il
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite gli ordinerà di farlo. Di
Iran si è parlato anche ieri durante la prima visita a Washington del
cancelliere tedesco, Angela Merkel, con il presidente degli Stati Uniti, George
Bush. Il servizio di Paolo Mastrolilli:
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“Non ci lasceremo intimidire da
un Paese come l’Iran: i comportamenti e le dichiarazioni dei suoi leader sono
inaccettabili”. Il presidente americano Bush e Angela Merkel, hanno ritrovato
la convergenza su questo punto, durante la prima visita del nuovo Cancelliere
tedesco alla Casa Bianca, finalizzata a rilanciare i rapporti bilaterali, dopo
gli attriti sull’Iraq avvenuti con il suo predecessore Schroeder.
I due leader hanno criticato le prese di posizione di Tehran
nei confronti di Israele e la decisione di togliere i sigilli dell’ONU alle
apparecchiature nucleari utilizzabili per costruire armi. L’Iran, dotata
dell’atomica, ha detto Bush, non è nell’interesse della sicurezza
internazionale, e la Merkel ha concordato. Washington ha detto in varie occasioni,
che tutte le opzioni restano sul tavolo, compresa quella militare, ma ieri i
due leader si sono concentrati sulla strategia comune per portare la questione
davanti al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, condivisa anche dagli altri Paesi
europei. In questa sede potrebbero essere imposte sanzioni economiche alla
Repubblica islamica, ma per approvarle, è necessario ottenere anche il via
libera di Russia e Cina che hanno interessi petroliferi molto importanti in
Iran. Il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, ha detto che le autorità di
Teheran gli hanno comunicato l’intenzione di riprendere il dialogo ma se questa
apertura non fosse seria, Washington e Berlino non vedrebbero alternative al
deferimento della crisi al Consiglio di Sicurezza. Il cancelliere tedesco ha
sollevato anche il problema della prigione di Guantanamo che vorrebbe vedere
chiusa. Ma Bush ha bocciato la richiesta dicendo che il penitenziario di
Guantanamo serve a proteggere gli americani.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Raid
americano in un villaggio del Pakistan contro un covo di presunti terroristi,
tra i quali era stata segnalata la presenza del numero due di Al Qaeda, al
Zawahiri. Secondo alcune fonti, il terrorista sarebbe morto ma i servizi
segreti pakistani hanno smentito questa notizia. Sull’attacco compiuto nella
notte dalle forze statunitensi, il nostro servizio:
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Il
numero due di Al Qaeda, il medico egiziano al Zawahiri, potrebbe essere stato
ucciso durante un raid aereo americano pianificato dalla CIA e condotto, nella
notte, in un villaggio del Pakistan, al confine con l’Afghanistan. Lo riferisce
l’emittente statunitense CNN precisando che l’attacco ha causato la morte di
almeno 18 persone. Secondo fonti locali, le vittime sono tutti civili pakistani,
tra cui donne e bambini. La notizia della presunta morte del medico egiziano è
stata smentita, invece, dai servizi segreti di Islamabad. Secondo l’intelligence pakistana, anche il mullah
Omar, leader dell’ex regime afghano dei talebani, era presente nel villaggio al
momento dell’attacco. Ma il suo portavoce ha dichiarato che il mullah Omar,
genero di Osama Bin Laden, non è rimasto ucciso nel bombardamento. E’ stato
accertato che l’obiettivo principale del raid era al Zawahiri,
ritenuto uno dei responsabili della pianificazione degli attentati dell’11
settembre 2001 contro le Torri Gemelle. Ma le autorità americane non
hanno confermato l’uccisione del medico egiziano,
apparso lo scorso 6 gennaio in un video trasmesso dalla
televisione araba al Jazeera nel quale aveva chiesto al presidente
americano, George Bush, di ammettere la sconfitta in Iraq. Il raid è
stato condotto nella zona di Bajaur, una delle sette zone tribali pakistane
amministrate con un sistema autonomo di leggi basate sull’Islam. Subito dopo il
raid, è stata organizzata, nei pressi del villaggio colpito, una manifestazione
contro gli Stati Uniti. I manifestanti
hanno anche chiesto al presidente pakistano, Pervez Musharraf, di aprire
un’indagine.
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In Iraq fonti del tribunale speciale, incaricato
del processo Saddam Hussein e sette suoi collaboratori, hanno smentito che il
presidente della corte, il curdo Rizkar Mohamed Amin, abbia manifestato
l’intenzione di dimettersi, come riportato invece da fonti giornalistiche.
Episodi di violenza anche in Afghanistan, dove è
salito ad almeno nove il numero delle persone rimaste uccise in furiosi scontri
tra ribelli e truppe statunitensi, appoggiate da forze afghane, nella provincia
sud-orientale di Paktia e in quella centrale di Uruzgan. In queste zone sono
operanti, secondo il governo di Kabul e l’esercito americano, gruppi di ribelli
talebani e di al-Qaeda.
“Le
condizioni di salute del premier israeliano restano invariate e sono gravi ma
stabili”. Lo hanno reso noto fonti dell’ospedale di Gerusalemme dove è
ricoverato Sharon, dopo l’ictus che lo ha colpito lo scorso 4 gennaio. Le
stesse fonti hanno anche precisato che i medici continuano a ridurre gradualmente
la dose di sedativi per consentire al premier di uscire dal coma farmacologico
indotto. E’ stata respinta, intanto, la proposta di inserire simbolicamente Sharon nella lista
elettorale di “Kadima” per le elezioni del prossimo 28 marzo.
Sedici ribelli maoisti e un
soldato nepalese sono morti in seguito a scontri tra forze governative e ribelli
maoisti. Fonti dell’esercito hanno riferito che i combattimenti sono avvenuti a
Syangja, a circa 225 chilometri dalla capitale Kathmandu. Nei primi giorni del
2006, la guerriglia maoista aveva posto fine ad una tregua concordata con il governo.
In Indonesia, l’influenza
aviaria ha provocato la morte di un’altra persona. Sale così a 12 il numero
delle vittime accertate nel Paese asiatico. In Belgio si sospetta, inoltre, un
nuovo caso di aviaria: una persona è morta in un ospedale di Bruxelles dopo un
viaggio in una regione turca colpita dalla malattia. Nel famigerato ceppo H5N1
sono state riscontrate, intanto, delle piccole mutazioni, ma per l’OMS non si
può ancora stabilire se queste saranno causa di una rapida trasmissione della
malattia da uomo a uomo. Per arginare la diffusione dell’aviaria nel mondo,
l’UE intende anticipare almeno 4 milioni di euro degli 80 milioni previsti,
mentre la Banca Mondiale contribuirà con circa 35 milioni di dollari.
Tragedia
in Romania: almeno sette minatori sono morti e cinque sono rimasti feriti a
causa di un’esplosione avvenuta sabato mattina nella miniera di Anina, nel
sud-ovest del Paese. Lo ha annunciato, stamani, la direzione della miniera,
situata a più di mille metri di profondità, una della più profonde d’Europa.
Rischia l’arresto Ali Agca,
l’attentatore di Giovanni Paolo II, che dopo la scarcerazione di ieri non si è
presentato nel posto di polizia a Pendik, in Turchia, per firmare nel registro
delle persone in libertà vigilata. Entro lunedì mattina dovrà presentare un
certificato medico che giustifichi l’assenza. In caso contrario, nei suoi
confronti sarà emesso un mandato di cattura per diserzione. Agca, non avendo
infatti ancora assolto nel suo Paese agli obblighi di leva, deve presentarsi al
posto di polizia ogni 12 ore.
Sono
otto i candidati che si contenderanno, domani, la poltrona di presidente della
Finlandia. Nei sondaggi, favoritissima è la socialdemocratica Tarja Halonen, capo di Stato uscente. Il servizio di
Vincenzo Lanza:
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Sono otto i candidati che si
contendono con voto diretto dell’elettorato la poltrona di presidente della
Finlandia per i prossimi sei anni di mandato. Secondo i più recenti dati di
ricerche pre-elettorali, la maggioranza dei finlandesi chiamerà ancora alla
massima carica dello Stato per un secondo ed ultimo mandato l’attuale
presidente, l’avvocato signora Tarij Halonen, cresciuta politicamente nell’area
sindacale socialdemocratica. Sarà il risultato di domenica sera ad indicare se
la signora Halonen otterrà più del 50 per cento dei voti, risultando subito eletta,
oppure se l’elettorato dovrà di nuovo recarsi alle urne domenica 29 gennaio. In
questo secondo caso, la signora Halonen dovrà confrontarsi con il primo degli
altri sette candidati, che risulterà eletto dal voto di domenica 15 gennaio.
Dopo una campagna elettorale molto calma, i toni si sono improvvisamente accesi
in quest’ultima settimana con contrasti in particolare sulla necessità o meno
della Finlandia di aderire in pieno agli altri 19 Paesi NATO, partecipando
quindi a tutti gli effetti alle manovre NATO con forze militari finlandesi di
rapida reazione. La Finlandia aderisce, per il momento, solo al cosiddetto
programma di associazione per la pace della NATO.
Per la Radio Vaticana, Vincenzo
Lanza.
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Elezioni
anche in Cile per il ballottaggio di domani tra la candidata socialista,
Michelle Bachelet, e il rappresentante del centro-destra, Sebastian Pinera.
Nelle ultime ore di campagna elettorale, i due aspiranti alla guida del Paese
hanno riaffermato i punti fondamentali dei rispettivi programmi di governo. Il
servizio di Maurizio Salvi:
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La socialista sostiene che il
lavoro svolto dai tre governi della concertazione di centro-sinistra, che hanno
guidato il Paese dopo la fine della dittatura, è stato eccezionale. Michelle
Bachelet ha dichiarato, inoltre, che se verrà eletta potrà attaccare il vero
problema cileno: la forte disuguaglianza esistente tra ricchi e poveri. La
risposta dell’imprenditore di centro-destra, Sebastian Pinera, si fonda invece
su una logica totalmente differente. I governi della concertazione hanno
affrontato i problemi esistenti, hanno anche ottenuto risultati ma ora hanno
fatto il loro tempo, appartengono al passato. E poi - assicura - una democrazia
è veramente sana quando esiste una alternanza.
Negli ultimi giorni della campagna elettorale i due candidati hanno
percorso in lungo e in largo il Paese per assicurarsi il voto degli indecisi e,
magari, convincere settori esitanti del fronte opposto a mutare la scelta. Lo
sforzo è stato importante, ma da una settimana si è consolidata la sensazione
che la Bachelet sia riuscita a superare Pinera nelle preferenze
dell’elettorato. Se così fosse, la leader socialista, oltre ad essere stata il
primo ministro della difesa donna d’America Latina, passerebbe alla storia come
primo presidente donna del Sudamerica uscito dal voto popolare.
Da Santiago, Maurizio Salvi,
Ansa, per la Radio Vaticana.
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