RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 4 - Testo della trasmissione di mercoledì 4
gennaio 2006
IL
PAPA E
OGGI IN PRIMO PIANO:
Raggiunto l’accordo sul gas tra Russia e Ucraina:
intervista con Fabrizio Dragosei
CHIESA E SOCIETA’:
Forse più di 200 morti nell’isola indonesiana di Giava per le forti alluvioni di questi giorni
Decine di morti in Iraq per un kamikaze che si è fatto esplodere durante
un funerale sciita
4
gennaio 2006
IL CENTRO E IL FINE DELLA STORIA E’ CRISTO,
NELLA
SUA DIREZIONE E’ IL PROGRESSO DELL’UMANITA’. COSI’ BENEDETTO XVI
ALL’UDIENZA
GENERALE IN AULA PAOLO VI. IL SALUTO DEL PAPA AI PELLEGRINI
IN
SOPRANNUMERO NELLA BASILICA DI SAN PIETRO
E’ stata articolata in due fasi la prima udienza generale
di Benedetto XVI del 2006, dedicata alla centralità di Cristo nella storia e al
ruolo dei cristiani per il progresso dell’umanità. A causa del freddo, il Papa
ha tenuto la catechesi del mercoledì in Aula Paolo VI, completamente gremita, e
quindi si è spostato nella Basilica di San Pietro per salutare i fedeli - oggi in totale circa 15 mila - che non avevano
trovato posto in Aula. Il servizio di Alessandro De Carolis.
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Lavorare per il progresso dell’umanità ha per i cristiani
un solo significato: avvicinare gli uomini a Cristo. E’ questa la direzione e
la “meta” della storia. La riflessione di Benedetto XVI all’udienza generale,
quasi un invito di inizio d’anno, è scaturita dal commento al Cantico di San
Paolo ai Colossesi, che parla del primato di Cristo
“sia nella creazione sia nella storia della redenzione”.
(canto Salmo)
Il celebre inno di Paolo, ha notato all’inizio della
catechesi il Papa – che poco prima aveva attraversato la
corsia centrale dell’Aula accolto da grande entusiasmo - “ci aiuta a
creare l’atmosfera spirituale per vivere bene questi primi giorni del 2006”.
Cristo, ha affermato Benedetto XVI, “ripropone in mezzo a noi in modo visibile
il ‘Dio invisibile’, attraverso
la comune natura che li unisce”. E per questa “sua altissima dignità” il Figlio
di Dio “precede ‘tutte le cose’ non
solo a causa della sua eternità, ma anche e soprattutto con la sua opera
creatrice e provvidente”. Una verità, ha proseguito a braccio il Pontefice, che
contiene un insegnamento e un imperativo per ogni cristiano:
“La storia ha una meta, ha una
direzione. La storia va verso l’umanità unita in Cristo, va così verso l’uomo
perfetto, l’umanesimo perfetto, l’umanità divinizzata e perciò realmente
umanizzata. O con altre parole San Paolo ci dice: Sì, c’è progresso nella
storia. C’è, se vogliamo, un’evoluzione nella storia. Progresso è tutto ciò che
ci avvicina a Cristo, che ci avvicina così all’umanità unita, al vero
umanesimo. E così dietro queste indicazioni si nasconde anche un imperativo per
noi, lavorare per il progresso, cosa che vogliamo tutti. Possiamo, lavorando
per l’avvicinamento degli uomini a Cristo, possiamo conformandoci personalmente
a Cristo, andando così nella linea del vero progresso”.
Oltre alla primogenitura di Cristo nella creazione, San
Paolo ne celebra più avanti la figura di Salvatore che libera e redime,
manifestando – ha osservato Benedetto XVI – la “comunione vitale” che lega il
capo ai membri della sua Chiesa:
“Ecco, infatti,
quella pienezza di vita e di grazia che è in Cristo stesso e che è a noi donata
e comunicata. Con questa presenza vitale che ci rende partecipi della divinità
siamo trasformati interiormente, riconciliati, riappacificati. E vivere da cristiani
vuol dire lasciarsi in questo modo, interiormente trasformati nella forma di
Cristo, e così si realizza la riconciliazione, la riappacificazione”.
I saluti del Papa al termine dell’udienza hanno raggiunto,
tra gli altri, numerosi Istituti di religiose, impegnate nei rispettivi
capitoli generali, come le Suore
Domenicane di San Sisto, le Suore
dell’Adorazione del Sacro Cuore e le Suore Domenicane “Ancelle del Signore”. Altri due Istituti - le Suore Oblate di S. Antonio di Padova e
le Suore Catechiste del Sacro Cuore -
sono stati ricordati dal Pontefice nel centenario della loro fondazione. “Vi
auguro – ha detto loro il Papa - di continuare a servire il Vangelo e la Chiesa
in fedeltà al vostro rispettivo carisma”. E un auspicio simile, ma in un’ottica
laica, Benedetto XVI lo ha indirizzato ai rappresentanti dell’Associazione Maestri Cattolici,
incoraggiati “a proseguire con generosità nel loro impegno di testimonianza
cristiana nella scuola e nella società”.
Al congedo di Benedetto XVI dall’Aula Paolo VI, tra
applausi e acclamazioni, è seguito pochi minuti dopo un nuovo bagno di folla
nella Basilica Vaticana, dove il Papa ha rivolto un saluto in più lingue ai
pellegrini in soprannumero rispetto alla capienza dell’Aula. Una conclusione
insolita ma identico il calore con cui i fedeli hanno accolto le brevi parole
del Pontefice:
“Porgo un affettuoso
augurio di serenità e di bene per il nuovo anno. A tutti voi assicuro la mia
preghiera e ringrazio per le vostre preghiere”.
(applausi)
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IL
PROFONDO CORDOGLIO E LO SGOMENTO DI BENEDETTO XVI PER LA SCIAGURA AVVENUTA
LUNEDI’ SCORSO NEL PALAGHIACCIO DI BAD REICHENHALL, IN BAVIERA,
DOVE SONO
MORTE ALMENO 14 PERSONE, IN GRAN PARTE GIOVANI
- A
cura di Sergio Centofanti -
Benedetto XVI ha espresso in un telegramma il suo profondo cordoglio per
la sciagura avvenuta lunedì scorso a Bad Reichenhall,
una località delle Alpi bavaresi, nel Sud della Germania,
dove, sotto il peso della neve, è
crollato il tetto del Palazzo del ghiaccio provocando numerose vittime, tra cui
molti giovani. Proprio oggi sono stati estratti dalle macerie i corpi senza
vita di un ragazzo e di una donna, facendo salire a 14 il bilancio delle
vittime del disastro. Un’altra persona è stata localizzata sotto le
rovine ma non si sa se sia ancora in vita. Sono ancora in corso le difficili
operazioni di soccorso. Il Papa, nel telegramma a firma del cardinale Angelo
Sodano, inviato all’arcivescovo di Monaco, il cardinale Friedrich
Wetter, ha detto di aver appreso “con sgomento” la notizia “del
tragico incidente” anche per la giovane età delle vittime. Esprime quindi la
sua vicinanza ai parenti chiedendo a Dio che doni loro “in quest’ora di dolore
la forza e la consolazione della fede”. Il Papa prega quindi per i feriti,
oltre trenta, di cui numerosi in gravi condizioni, e ne auspica “una pronta
guarigione”. Erano oltre 50 le persone - molte delle quali bambini e adolescenti
- che al momento del crollo stavano pattinando sulla pista del Palaghiaccio. In Germania infuriano le polemiche: stampa e
tv parlano di una tragedia annunciata, riferendo di crepe nei muri dello
stadio, risalente agli anni ’70. Le autorità avevano sospeso per motivi precauzionali
gli allenamenti della squadra giovanile locale di hockey, ma senza imporre la
chiusura dell’impianto al pubblico.
LO SPIRITO SANTO PROTAGONISTA DELLE PROSSIME GMG DIOCESANE
E DELL’APPUNTAMENTO DI SYDNEY 2008:
SULL’ITINERARIO SPIRITUALE TRACCIATO
DA BENEDETTO XVI PER I
GIOVANI CRISTIANI, LA RIFLESSIONE DI SALVATORE
MARTINEZ, COORDINATORE NAZIONALE DEL RINNOVAMENTO
NELLO SPIRITO
Il ricordo della straordinaria esperienza della XX GMG di Colonia è
ancora vivo nei cuori di migliaia di giovani di tutto il mondo. Ma è già tempo
di rimettersi in cammino, a livello interiore innanzitutto, per arrivare al
meglio all’appuntamento della XXIII Giornata Mondiale della Gioventù, in
programma a Sydney nel luglio del 2008. Per questo, Benedetto XVI ha già
fissato le tappe dell’itinerario spirituale che condurrà al grande evento ecclesiale
in Oceania. Il Papa propone ai giovani cristiani un’approfondita riflessione
sullo Spirito Santo. Il tema per la GMG di Sydney è appunto tratto dal passo
degli Atti degli Apostoli che dice: “Avrete forza dallo Spirito Santo che
scenderà su di voi e mi sarete testimoni”. Ma anche le due GMG, celebrate a
livello diocesano, che precederanno il grande raduno in terra australiana sono
incentrati sullo Spirito Santo. Su questo itinerario tracciato dal Papa per i
giovani, si sofferma Salvatore Martinez, coordinatore
nazionale del Rinnovamento nello Spirito, intervistato da Alessandro Gisotti:
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R. –
Credo che il Santo Padre ponga ai giovani un itinerario spirituale, una sorta
di progressione, di approfondimento interiore, di quella che è l’azione dello
Spirito Santo. Il richiamo alla Parola per il 2006 rende
manifesto il lato udibile della presenza dello Spirito Santo; il richiamo
all’amore di Dio per il 2007 è la dimensione relazionale, come lo Spirito Santo
ci dona la grazia, e la possibilità di sperimentare la sua presenza; e nel 2008
c’è tutta la dimensione della grazia, di questa forza interiore che i cristiani
sono chiamati ogni giorno a sperimentare proprio attraverso l’iniziativa dello
Spirito Santo.
D. – Con quali iniziative, secondo lei, vivificare questo
percorso?
R. – Intanto, direi, sul piano personale. Gli Apostoli
furono resi capaci dal di dentro dallo Spirito Santo.
Il primo dato è sempre quello della trasformazione interiore. Poi ritengo ci
sia questo importante richiamo all’ascolto della Parola di Dio e a cercare di
fare comunione intorno alla Parola. Credo sia importante richiamare
l’attenzione a questo primato della Parola nelle nostre comunità cristiane, in
un itinerario di fede che rimetta al centro il
linguaggio biblico di cui i nostri giovani hanno tanto bisogno.
D. – Come vivono oggi i giovani la presenza dello Spirito
Santo nella loro esperienza di fede?
R. – Io direi, con disponibilità. Ripartire dalle cose
essenziali, perché questo in fondo fa lo Spirito Santo: spinge ad andare sempre
oltre, non soltanto nel superamento dei limiti geografici, perché oggi più che
mai abbiamo bisogno di abbracciare il cuore del mondo, ma soprattutto in questo
atteggiamento dei giovani a riscoprire in modo essenziale la loro identità
cristiana. E ritengo che in questo il Santo Padre stia dando un grandissimo
aiuto con le catechesi, che è solito offrire settimanalmente, di cui i giovani
sono grandi ammiratori.
D. – A Colonia la XX GMG, la prima di Benedetto XVI, è
stata tutta incentrata sull’Eucaristia. A Sydney, lo Spirito Santo sarà il
protagonista dell’incontro fra il Papa e i giovani di tutto il mondo. Ecco, un
legame fortissimo tra questi due pilastri della fede cristiana…
R. – Un legame fortissimo perché l’Eucaristia è il
miracolo più grande dello Spirito Santo: questa carne che si rende visibile,
che si lascia amare, questa carne, che è una persona, che viene per darci
coraggio. E’ la missione che lo Spirito Santo, la missione santificatrice, la
missione consolatrice, confortatrice, che lo Spirito Santo, lo Spirito di Gesù,
continua a fare in questo nostro tempo. Quindi, dal mistero dell’Eucaristia,
mistero che Benedetto XVI ha reso così vicino, comprensibile ai giovani,
passiamo adesso alla realtà di questo corpo, di questo corpo vivo, che è la
Chiesa, che non ha paura delle sfide del nostro tempo. Ecco perché il messaggio
di Benedetto XVI incrocia così fortemente la fede dei giovani. “Non abbiate
paura”, diceva Giovanni Paolo II, e adesso “Ricevete forza”, il messaggio di
Benedetto XVI.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina l’udienza
generale.
Servizio vaticano - Una pagina
dedicata alla celebrazione della Giornata mondiale della pace nelle diocesi
italiane.
Servizio estero - Russia-Ucraina: raggiunto al termine di lunghe trattative
un accordo quinquennale sul prezzo del gas.
Servizio culturale - Un
articolo di Armando Rigobello dal titolo “Interprete
dell’irripetibile identità del presente”: un ricordo del filosofo Julian Marias.
Servizio italiano - In primo
piano la vicenda delle intercettazioni con un articolo dal titolo “Stampa e
giustizia: nuove polemiche”.
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4 gennaio 2006
RAGGIUNTO L’ACCORDO SUL GAS TRA RUSSIA E UCRAINA
- Intervista con Fabrizio Dragosei
-
È stata scritta stamattina la
parola fine nella crisi tra Russia e Ucraina a causa del prezzo del gas. Il
colosso energetico di Mosca ‘Gazprom’ ha annunciato infatti che è stato raggiunto un accordo con la controparte
ucraina ‘Naftogaz’ per altri cinque anni. Una intesa che mette fine pure alle preoccupazioni
energetiche dell’Europa, ma che però lascia ancora molti dubbi. Ce ne parla
Fabrizio Dragosei, corrispondente da Mosca del
Corriere della Sera, intervistato da Giada Aquilino:
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R.- Non conosciamo ancora chi pagherà la differenza tra il
prezzo che l’Ucraina andrà a pagare e quello che la Russia dovrà incassare,
perché l’Ucraina continuerà in pratica a pagare il gas allo stesso prezzo del
passato o poco di più, mentre la Russia lo venderà a 230 dollari, cioè a cinque
volte il prezzo che l’Ucraina pagava prima. Di mezzo c’è un intermediario, una
società di brokeraggio formata da una compagnia
ucraina e anche da una banca austriaca internazionale, la Rafeisen
Bank, che acquisterà il gas dalla Russia e lo venderà
all’Ucraina. Naturalmente qualcuno dovrà coprire questa differenza. C’è la
sensazione che questa società probabilmente in parte almeno finanzierà l’Ucraiana con un prestito a lungo termine.
D. – Ma dopo i cinque anni che cosa succederà?
R. – Sicuramente l’Ucraina dovrebbe iniziare a pagare il
gas ai prezzi di mercato europeo, cioè allo stesso prezzo pagato dalla Germania, dall’Italia, dall’Ungheria e dagli altri
Paesi europei consumatori. Però da oggi a cinque anni si vedrà. Diciamo che le
cose che sicuramente stanno cambiando sono i rapporti politici tra Ucraina e
Russia. La Russia, una volta fatto l’accordo sul gas,
non ha più uno strumento di pressione su Kiev che
poteva essere usato in vista delle prossime elezioni parlamentari di marzo.
Oggi Yushenko è in grave difficoltà. Alle elezioni di
marzo il partito filorusso di Janukovic
sperava di rifarsi sensibilmente. Mosca credeva di dargli una mano prendendo
l’Ucraina per il collo chiudendo i rubinetti del gas. Ora questa manovra non è
più possibile. Bisognerà vedere che tipo di scenario politico si delinea.
D. – Questo accordo scongiura realmente il rischio di una
crisi energetica in Europa?
R. - Assolutamente sì, anche perché ricordiamoci che Gazprom ha dei contratti precisi di fornitura e non può far
mancare il gas all’Italia, alla Germania e ai Paesi
che lo ricevono. D’altra parte ricordiamoci anche che è vero che l’Italia, la Germania, l’Ungheria sono legate alla Russia perché solo
dalla Russia possono ricevere il gas, oltre che, naturalmente nel caso
dell’Italia, anche dall’Algeria. Ma il rapporto è reciproco perché la Russia
può vendere il gas solo a quei Paesi collegati con i gasdotti. Il gas non è
come il petrolio che si può caricare su una nave e portare, per esempio, in
Cina, dove sappiamo esiste una grande fame di energia.
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DA UN CONVEGNO IN CORSO A ROMA L’INVITO A
TESTIMONIARE L’ORIGINALITA’
DELLA
VITA CRISTIANA PER FAR NASCERE NUOVE VOCAZIONI
-
Intervista con mons. Italo Castellani -
Perché nascano nuove vocazioni è necessario riscoprire
l’originalità della vita cristiana superando un modo superficiale e scontato di
vivere la fede. E’ una delle riflessioni emerse dal convegno del Centro
Nazionale Vocazioni, che si è aperto ieri a Roma. L’incontro si svolge sul tema
della testimonianza di “Cristo Risorto, speranza del mondo” davanti alle
delusioni e alle sofferenze dell’umanità. 700 i partecipanti giunti da tutte le
regioni italiane: durante i lavori è stato sottolineato che l’impegno del credente
non si esaurisce nell’entrare, ma nell’uscire dal tempio, cioè nella missione.
Ma ascoltiamo al microfono di Isabella Piro, mons.
Italo Castellani, presidente del Centro Nazionale Vocazioni:
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R. – Questo convegno del Centro Nazionale Vocazioni, che
fra l’altro ho avuto la grazia di inaugurare 25 anni fa, lo vedo sempre come un
appuntamento di educatori alla fede per confermarsi a vicenda quali testimoni
di Gesù Risorto attraverso la preghiera; un incontro vissuto insieme perché il
convegno non è solo un convegno di studio, è un convegno che nel programma
prevede forti momenti di preghiera, ma nello stesso tempo per ritornare a casa come dei veri e
propri narratori di speranza attraverso la propria vita, la propria
testimonianza personale.
D. – Ma come si può oggi testimoniare concretamente Cristo
nel mondo?
R. – Il sacerdote deve entrare nelle case e ascoltare
tutti coloro che lo avvicinano: oltre che ovviamente la celebrazione dei
Sacramenti è la testimonianza del cuore di Gesù stesso che arriva al cuore
della gente, in particolare i giovani. Penso a madre Teresa di Calcutta, a Papa
Giovanni Paolo II, ad un don Pino Pugliesi: questo testimone semplice, tra
l’altro io l’ho conosciuto, ha vissuto 10 anni con me come responsabile della
pastorale vocazionale in Sicilia. Era davvero un prete, un uomo semplice, ma
che ci credeva sul serio. Di fatti, già lungo la sua vita, nel suo ministero i
giovani sono rimasti affascinati fino dare a risposte vocazionali al
sacerdozio, alla vita religiosa missionaria.
D. - Attualmente come è la situazione vocazionale fra i giovani e quali aspettative ci sono per il futuro?
R. - I giovani, secondo me, sono un buon terreno sempre. A
me sembra un terreno oggi più che mai assetato di Dio, assetato di Vangelo, ma un
terreno anche disorientato perché i messaggi, le proposte sono molte.
D. - Qual è il ruolo dei genitori in questo contesto?
R. – Il ruolo dei genitori è determinante nella
testimonianza vocazionale. I genitori comunicano la fede e la capacità di amare.
D. – Di che cosa c’è bisogno per seguire con serietà e
serenità un percorso vocazionale?
R. - Di un contesto di comunità cristiana. Poi è
necessario anche percorrere un itinerario di fede personale, fatto di ascolto
della Parola di Dio pregata, un itinerario di fede sacramentale, il perdono in
particolare, l’Eucaristia, di esperienza di vita donata e di carità, di
volontariato. Tutto questo, però, ha bisogno della direzione spirituale perché
“l’eccomi” della persona, del giovane possa essere davvero accompagnato con
delicatezza in nome di Dio,
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4 gennaio 2006
Più di
200 persone potrebbero essere morte nell'isola indonesiana
di Giava per lo
smottamento di terreno provocato stanotte
dalle abbondanti piogge
- A cura di Giada Aquilino -
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JAKARTA. = Il governo non ha dati ufficiali ma a Giava si teme che
il bilancio delle persone rimaste intrappolate sotto il fango possa essere
davvero disastroso. Nella zona colpita dallo smottamento, Cijeruk,
ai piedi del monte Raja, 370 km a est della capitale
indonesiana Jakarta, le autorità parlano di almeno 80
edifici rimasti sepolti dalla frana. Altre fonti riferiscono addirittura di 250
vittime: molte persone sarebbero state colte dall’impeto delle acque mentre dormivano o sarebbero rimaste bloccate
all’interno di una moschea, dove si stava svolgendo la preghiera del mattino.
L’isola di Giava, la più popolosa dell’Indonesia, da
sabato scorso è interessata da forti piogge torrenziali che in un altro
distretto orientale hanno già provocato una sessantina di morti. I mesi di gennaio
e febbraio sono generalmente i più piovosi della stagione umida indonesiana,
che si protrae da ottobre ad aprile. All’inizio del 2005, un simile smottamento di terreno provocò 140 vittime in una
bidonville a 200 km a sud est di Jakarta. Sotto accusa, l’indiscriminata
deforestazione messa in atto in tutta l’Indonesia.
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FORTE APPELLO AL GOVERNO DELLO SRI LANKA E ALLE FORZE RIBELLI TAMIL,
PER
SUPERARE IL VENTENNALE CONFLITTO TRA NORD E SUD:
A
LANCIARLO E’ STATO IL VESCOVO DI JAFFNA,
monsignor
Thomas Saundaranayagam, NEL MESSAGGIO DI INIZIO ANNO
JAFFNA. = “Date una possibilità
alla pace”: così monsignor Thomas Saundaranayagam,
vescovo di Jaffna, nel messaggio di auguri per il
nuovo anno ha esortato il governo dello Sri Lanka, i ribelli delle “Tigri per la liberazione della
patria tamil” (LTTE) e tutte le comunità etniche e
religiose del Paese a impegnarsi per risolvere il più che ventennale conflitto
nel nord e nell’est. A riportarlo, è l’agenzia missionaria MISNA che aggiunge,
ripercorrendo l’anno appena trascorso, la denuncia del vescovo della città
settentrionale considerata una roccaforte delle ‘Tigri’ riguardanti i “gravi
ritardi” negli aiuti post-tsunami e nelle altre attività
di ricostruzione avviate dopo l’inizio del processo di pace nel 2002. Il
presule ha poi sottolineato che, nonostante il neo-presidente
Mahinda Rajapakse abbia
promesso la pace, “l’attuale situazione non lascia molto spazio all’ottimismo”.
Mons. Saundaranayagam ha
affermato che, nel distretto di Jaffna, “sono
aumentate la presenza dell’esercito e le perquisizioni casuali di civili” e ha
aggiunto che “è imminente tra la popolazione la paura della guerra”. Le parti
in causa, ha concluso, dovrebbero rispettare l’intesa raggiunta negli anni
passati e le eque richieste della popolazione tamil.
Dal 1983, il conflitto in Sri Lanka
ha ucciso oltre 65.000 persone; il processo di pace è a forte rischio dopo una
nuova, recente ondata di violenze.
“UN ATTENTATO CONTRO I DIRITTI UMANI”:
COSI’
IL PROSSIMO MINISTRO DEGLI ESTERI DELL’HONDURAS
DEFINISCE
IL DISCUSSO progetto statunitense di
costruire un muro
alla frontiera col Messico per combattere
l’immigrazione clandestina
- A
cura di Fausta Speranza -
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TEGUCIGALPA. = “Un attentato contro i diritti umani”: così
Milton Jiménez Puerto, che
il 27 gennaio si insedierà come ministro degli Esteri dell'Honduras, definisce
il discusso progetto statunitense di costruire un muro alla frontiera col Messico
per combattere l’immigrazione clandestina. Secondo l’agenzia Misna, Jimenez ha parlato di “una
decisione del tutto sbagliata che potrebbe incidere pesantemente sulle
relazioni tra Washington e l’America Latina”, spiegando che “il muro colpisce
la dignità dei migranti e viola i loro diritti fondamentali”. E c’è una presa
di posizione anche del ministro degli Esteri uscente, Mario Fortín,
il quale sottolinea che “se si vuole sradicare l’immigrazione clandestina si
deve promuovere un maggiore sviluppo nei Paesi che stanno a
sud degli USA”. Secondo il banchiere honduregno Jaime Roosenthal, ex-candidato
alla presidenza, “il muro potrà causare gravi danni alle fragili economie
dell’area, soprattutto quelle che si sostengono con le rimesse degli immigrati”
(un miliardo di dollari l'anno quelle dell'Honduras). Il governo messicano, da
cui sono partite le prime proteste, ha intanto espresso “apprezzamento” per la
solidarietà manifestata contro il progetto statunitense, anche da Cuba e
Venezuela, Paesi con cui negli ultimi anni il Messico si è scontrato più volte
riducendo le relazioni diplomatiche alla semplice presenza di un incaricato
d’affari. Il “Partido Acción
Nacional” (PAN) del presidente Vicente
Fox ha proposto la creazione di un “fronte continentale”
contro il muro. In una nota del partito si legge che “solo le pressioni della
comunità internazionale contro questa misura, che
comporta esclusione sociale e possibile discriminazione, possono fermare la sua
realizzazione”. Anche la Conferenza episcopale messicana (CEM) si è espressa
contro la costruzione della barriera: mons. José Guadalupe
Martín Rabago, presidente
della CEM, ha parlato di “una decisione in qualche modo xenofoba, egoista e
ingiusta”, che non fermerà l’immigrazione. “Costringerà i migranti – ha
sottolineato - ad affrontare percorsi ancora più rischiosi che potranno
generare ancora più vittime”.
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famiglie con un figlio
affetto da disturbi psichici CHE trovano
il supporto di altri nuclei familiari: e’ il progetto
“Famiglie in rete”,
promosso dalla Fondazione internazionale Don Luigi Di
Liegro,
con l’Istituto internazionale di Scienze mediche
antropologiche sociali, e il patrocino della Lumsa
ROMA. = Famiglie “di riserva” a
supporto attivo di famiglie con un figlio affetto da disturbi psichici: nasce
il progetto “Famiglie in rete”, promosso dalla Fondazione internazionale Don
Luigi Di Liegro insieme con l’Istituto internazionale
di Scienze mediche antropologiche sociali (IISSMAS) e con il patrocino
della Libera Università Maria SS. Assunta (LUMSA). Il progetto intende promuovere
una rete solidale e volontaria per sostenere le famiglie d’origine nella
funzione di assistenza continua al disabile, in collaborazione con i Centri di
salute mentale sul territorio. La fase iniziale è dedicata ad imparare a conoscere e capire il
disagio psichico. Si tratta di un percorso formativo articolato in tre moduli
ed indirizzato alle potenziali “famiglie di riserva”
ospitanti, al termine del quale è previsto un periodo di partecipazione attiva
presso un Centro diurno di salute mentale. Solo al termine di questa fase,
ciascuno dei partecipanti deciderà se e come continuare ad impegnarsi
all’interno del progetto “Famiglie in rete”. Il primo modulo avrà inizio il
prossimo 28 gennaio. Le lezioni, tenute da medici, docenti universitari,
responsabili dei Dipartimenti di Salute mentale delle ASL di Roma, si
svolgeranno presso l’aula n.13 della Facoltà di
Scienze della formazione della LUMSA, in piazza delle Vaschette, 101 a Roma.
Per iscrizioni (entro il 16 gennaio) ed informazioni: e-mail: info@fondazione-diliegro.it .
“Il popolo di Dio in Internet”: è il titolo
del dossier che l’agenzia Fides dedica ai siti cattolici in Italia e nel mondo,
ricordando che in pochi anni hanno superato il
traguardo dei 10 mila
ROMA. = “Il popolo di Dio in
Internet”: è il titolo del dossier che l’agenzia Fides dedica ai siti cattolici
in Italia e nel mondo, ricordando che in pochi anni hanno superato il traguardo
dei 10 mila. Non si tratta di una ricerca sui numeri ma di un’analisi dello
slancio e della vitalità dell’impegno dei cattolici con i
media del nostro tempo. Di creatività degli operatori pastorali sul web
parla Francesco Diani collaboratore dei progetti
informatici della CEI e vicepresidente dell’associazione WebCattolici,
nonché impegnato nel suo sito www.siticattolici.it . Diani cita il 10.000mo sito,
quello di Radiogmg, un mix di radio e internet nato
dai giovani della Giornata della Gioventù di Colonia, che tenta di coniugare
tecnologia e Vangelo. E a proposito della “geografia” di questa presenza sul
web, Diani spiega che la categoria prevalente è
quella delle parrocchie: sono 2391 e rappresentano quasi un quarto del totale.
Ci sono poi le 2067 associazioni, seguite da 1222 ordini religiosi e istituti
missionari. Un po’ più distanti i 629 siti istituzionali (CEI, diocesi e uffici
pastorali diocesani) e
i 589 siti personali. I siti legati ai centri culturali e alle
università, inoltre, sono 403 e 353 le realtà del mondo dell'informazione,
stampa ed editoria. Secondo quanto riferisce Diani a Fides, “il tasso di crescita dei siti cattolici in
rete è costante (+ 25% negli ultimi due anni), tenuto conto anche della
cancellazione dei 1.400 siti non più raggiungibili in rete. Ma ancor più veloce
è la crescita dei siti legati alla musica cristiana (+33,6%), alle radio e tv
cattoliche (+32,8%) e all'arte sacra (+31,5%)”. "Ma non è solo grazie allo
spirito del volontariato sul web che si è potuto far questo", spiEga ancora Diani:
"Sono sempre più, infatti, le persone preparate e competenti che, anche
supportate dall'Associazione webmaster cattolici, si
dedicano con generosità a questa rinnovata capacità di animazione e diffusione,
non solo tecnologica, del Vangelo a suon di click nella ragnatela globale di
Internet. Internet è un modo per essere Chiesa nel terzo millennio”. La
versione integrale del dossier è su www.fides.org .
Dopo anni di costante riduzione, risulta quasi
raddoppiatO nel 2005
il numero degli incidenti causati dalle mine
antipersona
nel Libano meridionale, al confine con Israele
BEIRUT. = Dopo anni di costante
riduzione, nel 2005 il numero degli incidenti causati dalle mine antipersona
nel Libano meridionale, al confine con Israele, sono quasi raddoppiati. Il
generale Salim Raad,
direttore delle operazioni di sminamento nei
territori occupati dalle truppe israeliane fino al 2000, citato dalla rete
d’informazione delle Nazioni Unite “IrinNews” e
ripreso dalla MISNA, ha anche precisato che lo scorso anno sono saltate, su una
mina o su micidiali cluster bomb
inesplose, 26 persone, cinque delle quali, tra cui due ragazze, hanno perso la
vita. Altri hanno subito gravi ferite e amputazioni. Dopo 15 anni di guerra
civile e 22 di occupazione da parte delle truppe israeliane,si
stima che nel sud del Libano siano rimasti 450.000 mine antipersona e ordigni
inesplosi, in gran parte lungo la cosiddetta “inea
blu”che definisce il confine tra Israele e Libano. Tra il 2002 e il 2004,è stata avviata una vasta campagna di sminamento
finanziata da Stati Uniti e Emirati Arabi grazie alla quale sono state bonificate
almeno quattro grandi zone, ma le attività sono state sospese con la fine dei
fondi. Secondo il generale Raad, a determinare la
nuova impennata di incidenti non è solo la sfortuna ma anche la crescente
povertà tra gli abitanti della regione che li spinge ad atti pericolosi. Alcuni
giovani, infatti, vogliono smontare le mine per ricavarne esplosivo e metallo
da vendere, ma non di rado gli ordigni esplodono. Secondo il generale Raad, in un altro episodio un contadino è morto per essersi
spinto fino dentro un campo minato per riprendersi una mucca, sua unica fonte
di reddito.
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4
gennaio 2006
- A cura di Eugenio Bonanata
-
Strage in Iraq, dove un attentatore suicida ha
provocato la morte di 30 persone durante un funerale sciita a Miqdadiya, a nordest di Baghdad. Il corteo funebre accompagnava
i feretri delle vittime del fallito attentato che, in questi giorni, aveva preso di mira il
leader locale del partito Dawa, lo stesso del primo
ministro al Jafaari. Il nostro servizio:
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Prima una pioggia di proiettili di mortaio e
di armi automatiche ha sorpreso il corteo funebre. Quindi, approfittando del
panico, un kamikaze, mischiatosi con la folla, si è fatto saltare in aria. Non
c’è stato scampo per trenta persone, che hanno perso la vita
mentre sono decine i feriti. Questo è il più grave di una serie di
episodi che stamani hanno provocato un’altra decina di morti in tutto il Paese.
La serie si è aperta
stamani nella parte ovest di Baghdad con l’uccisione di un alto funzionario del
ministero del Petrolio e di suo figlio, ed e' proseguita con l’esplosione di un’auto-bomba
che ha ucciso cinque persone ferendone altre 13, nel nord della capitale. Tanta
violenza che solo nel 2005 si concretizza freddamente in un dato: circa 7 mila
iracheni morti. Diffusa ieri, è la prima stima ufficiale
fornita dal governo di Baghdad ed è frutto di un lavoro congiunto dei ministeri dell’Interno, della Difesa
e della Sanità. Nelle liste, spicca l’altissima percentuale di civili. Mentre
il numero di agenti di polizia iracheni e di ribelli, grosso modo si equipara intorno
a quota 1.700. Dal canto suo, il rapporto annuale del comitato
per
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In Israele, scoppia lo scandalo per corruzione
che coinvolgerebbe la famiglia del premier Sharon, accusata da una televisione
locale di aver incassato somme di denaro illegali. Secca la replica del
consigliere di Sharon che precisa: non c’è nessun fondamento in quelle accuse.
La Striscia di
Gaza è sempre più nel caos a tre settimane dalle elezioni politiche palestinesi.
Un commando delle Brigate martiri di Al Aqsa,stamani,ha bloccato per un’ora il valico di Rafah, al confine con l’Egitto.
Mentre in precedenza sempre a Rafah miliziani avevano
occupato gli uffici elettorali. All’origine della protesta vi sarebbe l’arresto,
da parte dei servizi di sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese, di un loro
compagno sospettato di essere stato coinvolto nel rapimento di tre cittadini
britannici. Duri scontri a fuoco tra due clan rivali
inoltre sono in corso a Khan Yunes. In questo
quadro, il ministro dell’Interno dell'ANP, Nasr Yusuf, ha convocato una riunione d’emergenza per fare il punto
sulla situazione dell’ordine pubblico nell’area. L’attività delle Brigate Al Aqsa,
una fazione scissionista di al Fatah, accresce la
pressione sul presidente Abu Mazen
per un rinvio del voto. Nella competizione, al Fatah,
il principale partito palestinese, rischia di perdere terreno a beneficio di Hamas.
E’ vivo soltanto uno dei 13 minatori rimasti intrappolati
da lunedì mattina per un'esplosione in una miniera di carbone nel West
Virginia, negli Stati Uniti. La notizia è stata confermata ufficialmente e ha
provocato rabbia e tensione fra i parenti in attesa,
ai quali era stato prima riferito che i sopravvissuti erano dodici. La cronaca
di queste ore convulse, da Salvatore Sabatino:
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Pochi minuti sono bastati ad un intero Paese come gli
Stati Uniti per trasformare la soddisfazione in angoscia. La felicità in
dolore. Dei 13 uomini rimasti sepolti in una miniera della West
Virginia, solo uno è riuscito a sopravvivere e versa in condizioni gravissime.
Alle 2,50 della notte il primo lancio d’agenzia, con
la conferma della tragedia. Una conferma vissuta come un trauma, visto che fino
ad un minuto prima il Paese era in festa per un bilancio esattamente contrario:
12 sopravvissuti ed un morto. La retorica della comunicazione spinta
all’estremo aveva parlato di “miracolo americano”, aveva portato sugli schermi
la felicità dei parenti riuniti in preghiera in una chiesa, la cui campana suonava
a festa per la bella nuova. Poi il repentino cambio di scena. La conferma di
Ben Hatfield, presidente della ”International
Coal”, la compagnia che gestisce il sito minerario,
teatro della tragedia. Ed ancora le dichiarazioni imbarazzate del governatore
dello Stato, Joe Manchin,
che in un briefing, si è affrettato a dire che “non è il momento di trovare
responsabili e di formulare accuse”. L’altalena del circo mediatico
questa volta ha deciso di fermarsi dove nessuno immaginava, o sperava. Ed ora è
il momento del dolore.
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Si guarda con
angoscia e speranza allo Yemen, dove la vicenda dei 5
italiani rapiti diviene sempre più complicata. Dopo il no italiano ad un blitz,
il governo di Sana’a ha
precisato che l’uso della forza sarà “l’ultima risorsa”. Resta dunque aperta la
strada delle trattative, mentre i rapitori hanno nuovamente minacciato
“provvedimenti contro gli ostaggi” se proseguirà la pressione delle forze di
sicurezza. Intanto il sito internet delle Forze armate yemenite ha pubblicato i
nomi dei sequestratori dei cinque turisti italiani. Si tratta di 5 persone,
precisa il quotidiano ‘Yemen Observer’ che cita anche
notizie ufficiali della condanna a morte dei responsabili di sequestri. E mentre a Sana’a oggi verranno giustiziati i
rapitori di turisti olandesi negli anni scorsi, centinaia di yemeniti sono
scesi in strada a Marib per chiedere la liberazione
degli italiani. Il fenomeno dei sequestri di turisti occidentali da parte di tribù locali non è
una novità nello Yemen. Lo conferma Francesca Nicotra, vicepresidente del CINS, Cooperazione Italiana
Nord Sud, ONG attiva nel Paese islamico dal 1998. L’intervista è di Paolo Ondarza.
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R. – In Yemen, la realtà sociale
è fondata sulla tribù. Evidentemente si verifica che alcune di queste famiglie
non vedono sempre accolte le loro istanze a livello centrale e quindi cercano
di attirare l’attenzione per ottenere delle cose, usando strumenti tipo il
rapimento di turisti. Quindi, non hanno assolutamente nulla a che vedere con il
terrorismo islamico.
D. – Ad ogni modo questa strategia di sequestri certo non
giova ad un’economia già precaria come quella dello Yemen
…
R. – Purtroppo, alla base di tutto c’è un’ignoranza
terribile. I livelli di analfabetismo sono altissimi, oltre il 75 per cento
nelle aree rurali.
D. – Poco o niente, però, si conosce della situazione
dello Yemen. Sono forse anche pochi gli interventi
umanitari …
R. – Sicuramente sì. Sono sempre stati molto pochi. C’è
stato un periodo di guerra civile tra nord e sud, e diciamo che la situazione
si è un po’ ristabilita alla fine del ’94, nel ’95, e da lì hanno iniziato
molto timidamente ad arrivare gli aiuti internazionali. Ancora oggi sembra di
vivere in un’atmosfera feudale.
D. – Ma non se ne parla, perché non ci sono degli
interessi economici consistenti?
R. – Secondo me sì. E’ una terra estremamente povera.
Sembrava che i pozzi petroliferi fossero una risorsa, ma poi in realtà sono piccola
cosa rispetto ad altri Paesi. Una volta probabilmente aveva un ruolo strategico
per le rotte navali, via mare. Oggi, invece, non c’è più neanche quello.
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Il prezzo del petrolio torna a scendere dopo
l’impennata innescata dalla contesa del gas tra Russia e Ucraina. A New York, il
prezzo del barile con
consegna prevista per febbraio è stato infatti fissato a 62,75 dollari. In calo, rispetto a ieri,
in cui aveva toccato i massimi da due mesi, superando i 63 dollari. Il
trend al ribasso è confermato anche nelle quotazioni dei mercati asiatici.
I rapporti fra Eritrea ed Etiopia stanno peggiorando al
punto che l’ONU potrebbe essere costretta a ritirare la sua missione UNMEE, che
dal 2000 è schierata fra i due Paesi africani, allo scopo di evitare una
ripresa del conflitto. L’allarme è stato lanciato ieri dal segretario generale,
Kofi Annan, presentando al
Consiglio di Sicurezza un rapporto sulla situazione nel Corno d’Africa. Il
servizio è di Paolo Mastrolilli:
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Dal ’98 al 2000,
Asmara e Addis Abeba si sono scontrate per una disputa sui confini. Al termine
della guerra, in base agli accordi raggiunti ad Algeri, il Palazzo di Vetro ha
schierato i Caschi Blu per raffreddare le tensioni, mentre si lavorava ad una
soluzione diplomatica per risolvere le questioni aperte. L’intesa del 2000
prevedeva che una Commissione internazionale arbitrasse lo scontro sulle frontiere
e questo è avvenuto. L’Etiopia, però, ha rifiutato il
suo verdetto. In risposta l’Eritrea ha vietato i voli
della missione UNMEE e ha chiesto l’espulsione dei Caschi Blu di origine occidentale.
Tutto ciò, secondo Annan, ha reso quasi impraticabile
il lavoro del contingente dell’ONU, riportando i due Paesi sull’orlo del conflitto.
Per evitarlo, il segretario generale ha suggerito al Consiglio
di Sicurezza diverse possibili iniziative: mantenere la missione attuale,
nonostante le difficoltà operative, per guadagnare altro tempo agli sforzi diplomatici;
spostare i militari o trasformare il loro mandato in quello di osservatori; e
un’ultima ipotesi è quella di ritirarli. Il dialogo, secondo Annan, deve comunque riprendere. E se lo stallo continuasse,
alla fine di gennaio il Consiglio di Sicurezza potrebbe essere costretto a stabilire
scadenze per il rispetto delle sue risoluzioni.
Da New York, per
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Dopo l’annuncio della ripresa della ricerca
nucleare, il presidente iraniano Ahmadinejad, ha ribadito che il suo Paese non
farà “un passo indietro” su questo fronte. Così, per gli Stati Uniti, la
comunità internazionale dovrà studiare nuove misure addizionali per arginare le
ambizioni nucleari iraniane.
Gli Stati Uniti hanno ancora una volta respinto l’ipotesi di una revoca delle sanzioni contro
Una violenta scossa di terremoto, di magnitudo
6,7 Richter, è stata registrata nel Golfo della California. Lo ha riferito il centro geologico americano
precisando che il sisma ha colpito a
Lo sceicco Mohammad bin Rashid al-Maktum,
principe ereditario e ministro della Difesa della federazione dei sette Emirati
Arabi Uniti (EAU), è il nuovo emiro del Dubai.
Succede “automaticamente” al fratello, Maktum Ben Rashed al Maktum, morto la notte
scorsa.
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