RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 4  - Testo della trasmissione di mercoledì 4 gennaio 2006

 

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il centro e il fine della storia è Cristo, nella sua direzione è il progresso dell’umanità. Così Benedetto XVI stamane all’udienza generale

 

Il profondo cordoglio di Benedetto XVI per la sciagura avvenuta lunedì scorso nel Palaghiaccio di Bad Reichenhall, in Baviera, dove sono morte almeno 14 persone, in gran parte giovani

 

Lo Spirito Santo protagonista delle prossime GMG diocesane e dell’appuntamento di Sydney 2008: sull’itinerario tracciato da Benedetto XVI per i giovani, la riflessione di Salvatore Martinez

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Raggiunto l’accordo sul gas tra Russia e Ucraina: intervista con Fabrizio Dragosei

 

Da un Convegno in corso a Roma l’invito a testimoniare l’originalità della vita cristiana per far nascere nuove vocazioni: ai nostri microfoni mons. Italo Castellani

 

CHIESA E SOCIETA’:

Forse più di 200 morti nell’isola indonesiana di Giava per le forti alluvioni di questi giorni

 

Un forte appello del vescovo di Jaffna al governo dello Sri Lanka e alle forze ribelli Tamil, per superare il ventennale conflitto tra Nord e Sud

 

Un attentato contro i diritti umani: così il prossimo ministro degli Esteri dell’Honduras definisce il discusso progetto statunitense di costruire un muro alla frontiera col Messico per combattere l’immigrazione clandestina

 

Nasce il progetto “Famiglie in rete”, promosso dalla Fondazione Internazionale don Luigi Di Liegro insieme con l’Istituto Internazionale di Scienze Mediche Antropologiche Sociali

 

“Il popolo di Dio in Internet”: è il titolo del dossier che l’agenzia Fides dedica ai siti cattolici in Italia e nel mondo

 

Dopo anni di costante riduzione, risulta quasi raddoppiato nel 2005 il numero degli incidenti causati dalle mine antipersona nel Libano meridionale

 

24 ORE NEL MONDO:

Decine di morti in Iraq per un kamikaze che si è fatto esplodere durante un funerale sciita

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

4 gennaio 2006

 

IL CENTRO E IL FINE DELLA STORIA E’ CRISTO,

NELLA SUA DIREZIONE E’ IL PROGRESSO DELL’UMANITA’. COSI’ BENEDETTO XVI

ALL’UDIENZA GENERALE IN AULA PAOLO VI. IL SALUTO DEL PAPA AI PELLEGRINI

IN SOPRANNUMERO NELLA BASILICA DI SAN PIETRO

 

E’ stata articolata in due fasi la prima udienza generale di Benedetto XVI del 2006, dedicata alla centralità di Cristo nella storia e al ruolo dei cristiani per il progresso dell’umanità. A causa del freddo, il Papa ha tenuto la catechesi del mercoledì in Aula Paolo VI, completamente gremita, e quindi si è spostato nella Basilica di San Pietro per salutare i fedeli - oggi in totale circa 15 mila - che non avevano trovato posto in Aula. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Lavorare per il progresso dell’umanità ha per i cristiani un solo significato: avvicinare gli uomini a Cristo. E’ questa la direzione e la “meta” della storia. La riflessione di Benedetto XVI all’udienza generale, quasi un invito di inizio d’anno, è scaturita dal commento al Cantico di San Paolo ai Colossesi, che parla del primato di Cristo “sia nella creazione sia nella storia della redenzione”.

 

(canto Salmo)

 

Il celebre inno di Paolo, ha notato all’inizio della catechesi il Papa – che poco prima aveva attraversato la corsia centrale dell’Aula accolto da grande entusiasmo - “ci aiuta a creare l’atmosfera spirituale per vivere bene questi primi giorni del 2006”. Cristo, ha affermato Benedetto XVI, “ripropone in mezzo a noi in modo visibile ilDio invisibile’, attraverso la comune natura che li unisce”. E per questa “sua altissima dignità” il Figlio di Dio “precede ‘tutte le cose’ non solo a causa della sua eternità, ma anche e soprattutto con la sua opera creatrice e provvidente”. Una verità, ha proseguito a braccio il Pontefice, che contiene un insegnamento e un imperativo per ogni cristiano:

 

“La storia ha una meta, ha una direzione. La storia va verso l’umanità unita in Cristo, va così verso l’uomo perfetto, l’umanesimo perfetto, l’umanità divinizzata e perciò realmente umanizzata. O con altre parole San Paolo ci dice: Sì, c’è progresso nella storia. C’è, se vogliamo, un’evoluzione nella storia. Progresso è tutto ciò che ci avvicina a Cristo, che ci avvicina così all’umanità unita, al vero umanesimo. E così dietro queste indicazioni si nasconde anche un imperativo per noi, lavorare per il progresso, cosa che vogliamo tutti. Possiamo, lavorando per l’avvicinamento degli uomini a Cristo, possiamo conformandoci personalmente a Cristo, andando così nella linea del vero progresso”.

 

Oltre alla primogenitura di Cristo nella creazione, San Paolo ne celebra più avanti la figura di Salvatore che libera e redime, manifestando – ha osservato Benedetto XVI – la “comunione vitale” che lega il capo ai membri della sua Chiesa:

 

“Ecco, infatti, quella pienezza di vita e di grazia che è in Cristo stesso e che è a noi donata e comunicata. Con questa presenza vitale che ci rende partecipi della divinità siamo trasformati interiormente, riconciliati, riappacificati. E vivere da cristiani vuol dire lasciarsi in questo modo, interiormente trasformati nella forma di Cristo, e così si realizza la riconciliazione, la riappacificazione”.

 

I saluti del Papa al termine dell’udienza hanno raggiunto, tra gli altri, numerosi Istituti di religiose, impegnate nei rispettivi capitoli generali, come le Suore Domenicane di San Sisto, le Suore dell’Adorazione del Sacro Cuore e le Suore Domenicane “Ancelle del Signore”. Altri due Istituti - le Suore Oblate di S. Antonio di Padova e le Suore Catechiste del Sacro Cuore - sono stati ricordati dal Pontefice nel centenario della loro fondazione. “Vi auguro – ha detto loro il Papa - di continuare a servire il Vangelo e la Chiesa in fedeltà al vostro rispettivo carisma”. E un auspicio simile, ma in un’ottica laica, Benedetto XVI lo ha indirizzato ai rappresentanti dell’Associazione Maestri Cattolici, incoraggiati “a proseguire con generosità nel loro impegno di testimonianza cristiana nella scuola e nella società”.

 

Al congedo di Benedetto XVI dall’Aula Paolo VI, tra applausi e acclamazioni, è seguito pochi minuti dopo un nuovo bagno di folla nella Basilica Vaticana, dove il Papa ha rivolto un saluto in più lingue ai pellegrini in soprannumero rispetto alla capienza dell’Aula. Una conclusione insolita ma identico il calore con cui i fedeli hanno accolto le brevi parole del Pontefice:

 

“Porgo un affettuoso augurio di serenità e di bene per il nuovo anno. A tutti voi assicuro la mia preghiera e ringrazio per le vostre preghiere”.

 

(applausi)

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IL PROFONDO CORDOGLIO E LO SGOMENTO DI BENEDETTO XVI PER LA SCIAGURA AVVENUTA LUNEDI’ SCORSO NEL PALAGHIACCIO DI BAD REICHENHALL, IN BAVIERA,

DOVE SONO MORTE ALMENO 14 PERSONE, IN GRAN PARTE GIOVANI

- A cura di Sergio Centofanti -

 

Benedetto XVI ha espresso in un telegramma il suo profondo cordoglio per la sciagura avvenuta lunedì scorso a Bad Reichenhall, una località delle Alpi bavaresi, nel Sud della Germania, dove, sotto il peso della neve,  è crollato il tetto del Palazzo del ghiaccio provocando numerose vittime, tra cui molti giovani. Proprio oggi sono stati estratti dalle macerie i corpi senza vita di un ragazzo e di una donna, facendo salire a 14 il bilancio delle vittime del disastro. Un’altra  persona è stata localizzata sotto le rovine ma non si sa se sia ancora in vita. Sono ancora in corso le difficili operazioni di soccorso. Il Papa, nel telegramma a firma del cardinale Angelo Sodano, inviato all’arcivescovo di Monaco, il cardinale Friedrich Wetter, ha detto di aver appreso “con sgomento”  la notizia “del tragico incidente” anche per la giovane età delle vittime. Esprime quindi la sua vicinanza ai parenti chiedendo a Dio che doni loro “in quest’ora di dolore la forza e la consolazione della fede”. Il Papa prega quindi per i feriti, oltre trenta, di cui numerosi in gravi condizioni, e ne auspica “una pronta guarigione”. Erano oltre 50 le persone - molte delle quali bambini e adolescenti - che al momento del crollo stavano pattinando sulla pista del Palaghiaccio. In Germania infuriano le polemiche: stampa e tv parlano di una tragedia annunciata, riferendo di crepe nei muri dello stadio, risalente agli anni ’70. Le autorità avevano sospeso per  motivi precauzionali gli allenamenti della squadra giovanile locale di hockey, ma senza imporre la chiusura dell’impianto al pubblico.

 

 

LO SPIRITO SANTO PROTAGONISTA DELLE PROSSIME GMG DIOCESANE

 E DELL’APPUNTAMENTO DI SYDNEY 2008: SULL’ITINERARIO SPIRITUALE TRACCIATO

DA BENEDETTO XVI PER I GIOVANI CRISTIANI, LA RIFLESSIONE DI SALVATORE

 MARTINEZ, COORDINATORE NAZIONALE DEL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO

 

Il ricordo della straordinaria esperienza della XX GMG di Colonia è ancora vivo nei cuori di migliaia di giovani di tutto il mondo. Ma è già tempo di rimettersi in cammino, a livello interiore innanzitutto, per arrivare al meglio all’appuntamento della XXIII Giornata Mondiale della Gioventù, in programma a Sydney nel luglio del 2008. Per questo, Benedetto XVI ha già fissato le tappe dell’itinerario spirituale che condurrà al grande evento ecclesiale in Oceania. Il Papa propone ai giovani cristiani un’approfondita riflessione sullo Spirito Santo. Il tema per la GMG di Sydney è appunto tratto dal passo degli Atti degli Apostoli che dice: “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni”. Ma anche le due GMG, celebrate a livello diocesano, che precederanno il grande raduno in terra australiana sono incentrati sullo Spirito Santo. Su questo itinerario tracciato dal Papa per i giovani, si sofferma Salvatore Martinez, coordinatore nazionale del Rinnovamento nello Spirito, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. – Credo che il Santo Padre ponga ai giovani un itinerario spirituale, una sorta di progressione, di approfondimento interiore, di quella che è l’azione dello Spirito Santo. Il richiamo alla Parola per il 2006 rende manifesto il lato udibile della presenza dello Spirito Santo; il richiamo all’amore di Dio per il 2007 è la dimensione relazionale, come lo Spirito Santo ci dona la grazia, e la possibilità di sperimentare la sua presenza; e nel 2008 c’è tutta la dimensione della grazia, di questa forza interiore che i cristiani sono chiamati ogni giorno a sperimentare proprio attraverso l’iniziativa dello Spirito Santo.

 

D. – Con quali iniziative, secondo lei, vivificare questo percorso?

 

R. – Intanto, direi, sul piano personale. Gli Apostoli furono resi capaci dal di dentro dallo Spirito Santo. Il primo dato è sempre quello della trasformazione interiore. Poi ritengo ci sia questo importante richiamo all’ascolto della Parola di Dio e a cercare di fare comunione intorno alla Parola. Credo sia importante richiamare l’attenzione a questo primato della Parola nelle nostre comunità cristiane, in un itinerario di fede che rimetta al centro il linguaggio biblico di cui i nostri giovani hanno tanto bisogno.

 

D. – Come vivono oggi i giovani la presenza dello Spirito Santo nella loro esperienza di fede?

 

R. – Io direi, con disponibilità. Ripartire dalle cose essenziali, perché questo in fondo fa lo Spirito Santo: spinge ad andare sempre oltre, non soltanto nel superamento dei limiti geografici, perché oggi più che mai abbiamo bisogno di abbracciare il cuore del mondo, ma soprattutto in questo atteggiamento dei giovani a riscoprire in modo essenziale la loro identità cristiana. E ritengo che in questo il Santo Padre stia dando un grandissimo aiuto con le catechesi, che è solito offrire settimanalmente, di cui i giovani sono grandi ammiratori.

 

D. – A Colonia la XX GMG, la prima di Benedetto XVI, è stata tutta incentrata sull’Eucaristia. A Sydney, lo Spirito Santo sarà il protagonista dell’incontro fra il Papa e i giovani di tutto il mondo. Ecco, un legame fortissimo tra questi due pilastri della fede cristiana…

 

R. – Un legame fortissimo perché l’Eucaristia è il miracolo più grande dello Spirito Santo: questa carne che si rende visibile, che si lascia amare, questa carne, che è una persona, che viene per darci coraggio. E’ la missione che lo Spirito Santo, la missione santificatrice, la missione consolatrice, confortatrice, che lo Spirito Santo, lo Spirito di Gesù, continua a fare in questo nostro tempo. Quindi, dal mistero dell’Eucaristia, mistero che Benedetto XVI ha reso così vicino, comprensibile ai giovani, passiamo adesso alla realtà di questo corpo, di questo corpo vivo, che è la Chiesa, che non ha paura delle sfide del nostro tempo. Ecco perché il messaggio di Benedetto XVI incrocia così fortemente la fede dei giovani. “Non abbiate paura”, diceva Giovanni Paolo II, e adesso “Ricevete forza”, il messaggio di Benedetto XVI.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Apre la prima pagina l’udienza generale.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata alla celebrazione della Giornata mondiale della pace nelle diocesi italiane.

 

Servizio estero - Russia-Ucraina: raggiunto al termine di lunghe trattative un accordo quinquennale sul prezzo del gas.

 

Servizio culturale - Un articolo di Armando Rigobello dal titolo “Interprete dell’irripetibile identità del presente”: un ricordo del filosofo Julian Marias.

 

Servizio italiano - In primo piano la vicenda delle intercettazioni con un articolo dal titolo “Stampa e giustizia: nuove polemiche”.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

4 gennaio 2006

 

 

RAGGIUNTO L’ACCORDO SUL GAS TRA RUSSIA E UCRAINA

- Intervista con Fabrizio Dragosei -

 

 

È stata scritta stamattina la parola fine nella crisi tra Russia e Ucraina a causa del prezzo del gas. Il colosso energetico di Mosca ‘Gazprom’ ha annunciato infatti che è stato raggiunto un accordo con la controparte ucraina ‘Naftogaz’ per altri cinque anni. Una intesa che mette fine pure alle preoccupazioni energetiche dell’Europa, ma che però lascia ancora molti dubbi. Ce ne parla Fabrizio Dragosei, corrispondente da Mosca del Corriere della Sera, intervistato da Giada Aquilino:

 

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R.- Non conosciamo ancora chi pagherà la differenza tra il prezzo che l’Ucraina andrà a pagare e quello che la Russia dovrà incassare, perché l’Ucraina continuerà in pratica a pagare il gas allo stesso prezzo del passato o poco di più, mentre la Russia lo venderà a 230 dollari, cioè a cinque volte il prezzo che l’Ucraina pagava prima. Di mezzo c’è un intermediario, una società di brokeraggio formata da una compagnia ucraina e anche da una banca austriaca internazionale, la Rafeisen Bank, che acquisterà il gas dalla Russia e lo venderà all’Ucraina. Naturalmente qualcuno dovrà coprire questa differenza. C’è la sensazione che questa società probabilmente in parte almeno finanzierà l’Ucraiana con un prestito a lungo termine.

 

D. – Ma dopo i cinque anni che cosa succederà?

 

R. – Sicuramente l’Ucraina dovrebbe iniziare a pagare il gas ai prezzi di mercato europeo, cioè allo stesso prezzo pagato dalla Germania, dall’Italia, dall’Ungheria e dagli altri Paesi europei consumatori. Però da oggi a cinque anni si vedrà. Diciamo che le cose che sicuramente stanno cambiando sono i rapporti politici tra Ucraina e Russia. La Russia, una volta fatto l’accordo sul gas, non ha più uno strumento di pressione su Kiev che poteva essere usato in vista delle prossime elezioni parlamentari di marzo. Oggi Yushenko è in grave difficoltà. Alle elezioni di marzo il partito filorusso di Janukovic sperava di rifarsi sensibilmente. Mosca credeva di dargli una mano prendendo l’Ucraina per il collo chiudendo i rubinetti del gas. Ora questa manovra non è più possibile. Bisognerà vedere che tipo di scenario politico si delinea.

 

D. – Questo accordo scongiura realmente il rischio di una crisi energetica in Europa?

 

R. - Assolutamente sì, anche perché ricordiamoci che Gazprom ha dei contratti precisi di fornitura e non può far mancare il gas all’Italia, alla Germania e ai Paesi che lo ricevono. D’altra parte ricordiamoci anche che è vero che l’Italia, la Germania, l’Ungheria sono legate alla Russia perché solo dalla Russia possono ricevere il gas, oltre che, naturalmente nel caso dell’Italia, anche dall’Algeria. Ma il rapporto è reciproco perché la Russia può vendere il gas solo a quei Paesi collegati con i gasdotti. Il gas non è come il petrolio che si può caricare su una nave e portare, per esempio, in Cina, dove sappiamo esiste una grande fame di energia.

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DA UN CONVEGNO IN CORSO A ROMA L’INVITO A TESTIMONIARE L’ORIGINALITA’

DELLA VITA CRISTIANA PER FAR NASCERE NUOVE VOCAZIONI

- Intervista con mons. Italo Castellani -

 

Perché nascano nuove vocazioni è necessario riscoprire l’originalità della vita cristiana superando un modo superficiale e scontato di vivere la fede. E’ una delle riflessioni emerse dal convegno del Centro Nazionale Vocazioni, che si è aperto ieri a Roma. L’incontro si svolge sul tema della testimonianza di “Cristo Risorto, speranza del mondo” davanti alle delusioni e alle sofferenze dell’umanità. 700 i partecipanti giunti da tutte le regioni italiane: durante i lavori è stato sottolineato che l’impegno del credente non si esaurisce nell’entrare, ma nell’uscire dal tempio, cioè nella missione. Ma ascoltiamo al microfono di Isabella Piro, mons. Italo Castellani, presidente del Centro Nazionale Vocazioni:

 

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R. – Questo convegno del Centro Nazionale Vocazioni, che fra l’altro ho avuto la grazia di inaugurare 25 anni fa, lo vedo sempre come un appuntamento di educatori alla fede per confermarsi a vicenda quali testimoni di Gesù Risorto attraverso la preghiera; un incontro vissuto insieme perché il convegno non è solo un convegno di studio, è un convegno che nel programma prevede forti momenti di preghiera, ma nello stesso tempo per ritornare a  casa come dei veri e propri narratori di speranza attraverso la propria vita, la propria testimonianza personale.

 

D. – Ma come si può oggi testimoniare concretamente Cristo nel mondo?

 

R. – Il sacerdote deve entrare nelle case e ascoltare tutti coloro che lo avvicinano: oltre che ovviamente la celebrazione dei Sacramenti è la testimonianza del cuore di Gesù stesso che arriva al cuore della gente, in particolare i giovani. Penso a madre Teresa di Calcutta, a Papa Giovanni Paolo II, ad un don Pino Pugliesi: questo testimone semplice, tra l’altro io l’ho conosciuto, ha vissuto 10 anni con me come responsabile della pastorale vocazionale in Sicilia. Era davvero un prete, un uomo semplice, ma che ci credeva sul serio. Di fatti, già lungo la sua vita, nel suo ministero i giovani sono rimasti affascinati fino dare a risposte vocazionali al sacerdozio, alla vita religiosa missionaria.

 

D. - Attualmente come è la situazione vocazionale fra i giovani e quali aspettative ci sono per il futuro?

 

R. - I giovani, secondo me, sono un buon terreno sempre. A me sembra un terreno oggi più che mai assetato di Dio, assetato di Vangelo, ma un terreno anche disorientato perché i messaggi, le proposte sono molte.

 

D. - Qual è il ruolo dei genitori in questo contesto?

 

R. – Il ruolo dei genitori è determinante nella testimonianza vocazionale. I genitori comunicano la fede e la capacità di amare.

 

D. – Di che cosa c’è bisogno per seguire con serietà e serenità un percorso vocazionale?

 

R. - Di un contesto di comunità cristiana. Poi è necessario anche percorrere un itinerario di fede personale, fatto di ascolto della Parola di Dio pregata, un itinerario di fede sacramentale, il perdono in particolare, l’Eucaristia, di esperienza di vita donata e di carità, di volontariato. Tutto questo, però, ha bisogno della direzione spirituale perché “l’eccomi” della persona, del giovane possa essere davvero accompagnato con delicatezza in nome di Dio,

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CHIESA E SOCIETA’

4 gennaio 2006

 

Più di 200 persone potrebbero essere morte nell'isola indonesiana

di Giava per lo smottamento di terreno provocato stanotte

dalle abbondanti piogge

- A cura di Giada Aquilino -

 

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JAKARTA. = Il governo non ha dati ufficiali ma a Giava si teme che il bilancio delle persone rimaste intrappolate sotto il fango possa essere davvero disastroso. Nella zona colpita dallo smottamento, Cijeruk, ai piedi del monte Raja, 370 km a est della capitale indonesiana Jakarta, le autorità parlano di almeno 80 edifici rimasti sepolti dalla frana. Altre fonti riferiscono addirittura di 250 vittime: molte persone sarebbero state colte dall’impeto delle acque mentre dormivano o sarebbero rimaste bloccate all’interno di una moschea, dove si stava svolgendo la preghiera del mattino. L’isola di Giava, la più popolosa dell’Indonesia, da sabato scorso è interessata da forti piogge torrenziali che in un altro distretto orientale hanno già provocato una sessantina di morti. I mesi di gennaio e febbraio sono generalmente i più piovosi della stagione umida indonesiana, che si protrae da ottobre ad aprile. All’inizio del 2005, un simile smottamento di terreno provocò 140 vittime in una bidonville a 200 km a sud est di Jakarta. Sotto accusa, l’indiscriminata deforestazione messa in atto in tutta l’Indonesia.

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FORTE APPELLO AL GOVERNO DELLO SRI LANKA E ALLE FORZE RIBELLI TAMIL,

PER SUPERARE IL VENTENNALE CONFLITTO TRA NORD E SUD:

A LANCIARLO E’ STATO IL VESCOVO DI JAFFNA,

 monsignor Thomas Saundaranayagam, NEL MESSAGGIO DI INIZIO ANNO

 

JAFFNA. = “Date una possibilità alla pace”: così monsignor Thomas Saundaranayagam, vescovo di Jaffna, nel messaggio di auguri per il nuovo anno ha esortato il governo dello Sri Lanka, i ribelli delle “Tigri per la liberazione della patria tamil” (LTTE) e tutte le comunità etniche e religiose del Paese a impegnarsi per risolvere il più che ventennale conflitto nel nord e nell’est. A riportarlo, è l’agenzia missionaria MISNA che aggiunge, ripercorrendo l’anno appena trascorso, la denuncia del vescovo della città settentrionale considerata una roccaforte delle ‘Tigri’ riguardanti i “gravi ritardi” negli aiuti post-tsunami e nelle altre attività di ricostruzione avviate dopo l’inizio del processo di pace nel 2002. Il presule ha poi sottolineato che, nonostante il neo-presidente Mahinda Rajapakse abbia promesso la pace, “l’attuale situazione non lascia molto spazio all’ottimismo”. Mons. Saundaranayagam ha affermato che, nel distretto di Jaffna, “sono aumentate la presenza dell’esercito e le perquisizioni casuali di civili” e ha aggiunto che “è imminente tra la popolazione la paura della guerra”. Le parti in causa, ha concluso, dovrebbero rispettare l’intesa raggiunta negli anni passati e le eque richieste della popolazione tamil. Dal 1983, il conflitto in Sri Lanka ha ucciso oltre 65.000 persone; il processo di pace è a forte rischio dopo una nuova, recente ondata di violenze.



“UN ATTENTATO CONTRO I DIRITTI UMANI”:

COSI’ IL PROSSIMO MINISTRO DEGLI ESTERI DELL’HONDURAS

DEFINISCE IL DISCUSSO progetto statunitense di costruire un muro

alla frontiera col Messico per combattere l’immigrazione clandestina

- A cura di Fausta Speranza -

 

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TEGUCIGALPA. = “Un attentato contro i diritti umani”: così Milton Jiménez Puerto, che il 27 gennaio si insedierà come ministro degli Esteri dell'Honduras, definisce il discusso progetto statunitense di costruire un muro alla frontiera col Messico per combattere l’immigrazione clandestina. Secondo l’agenzia Misna, Jimenez ha parlato di “una decisione del tutto sbagliata che potrebbe incidere pesantemente sulle relazioni tra Washington e l’America Latina”, spiegando che “il muro colpisce la dignità dei migranti e viola i loro diritti fondamentali”. E c’è una presa di posizione anche del ministro degli Esteri uscente, Mario Fortín, il quale sottolinea che “se si vuole sradicare l’immigrazione clandestina si deve promuovere un maggiore sviluppo nei Paesi che stanno a sud degli USA”. Secondo il banchiere honduregno Jaime Roosenthal, ex-candidato alla presidenza, “il muro potrà causare gravi danni alle fragili economie dell’area, soprattutto quelle che si sostengono con le rimesse degli immigrati” (un miliardo di dollari l'anno quelle dell'Honduras). Il governo messicano, da cui sono partite le prime proteste, ha intanto espresso “apprezzamento” per la solidarietà manifestata contro il progetto statunitense, anche da Cuba e Venezuela, Paesi con cui negli ultimi anni il Messico si è scontrato più volte riducendo le relazioni diplomatiche alla semplice presenza di un incaricato d’affari. Il “Partido Acción Nacional” (PAN) del presidente Vicente Fox ha proposto la creazione di un “fronte continentale” contro il muro. In una nota del partito si legge che “solo le pressioni della comunità internazionale contro questa misura, che comporta esclusione sociale e possibile discriminazione, possono fermare la sua realizzazione”. Anche la Conferenza episcopale messicana (CEM) si è espressa contro la costruzione della barriera: mons. José Guadalupe Martín Rabago, presidente della CEM, ha parlato di “una decisione in qualche modo xenofoba, egoista e ingiusta”, che non fermerà l’immigrazione. “Costringerà i migranti – ha sottolineato - ad affrontare percorsi ancora più rischiosi che potranno generare ancora più vittime”.

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famiglie con un figlio affetto da disturbi psichici CHE trovano

il supporto di altri nuclei familiari: e’ il progetto “Famiglie in rete”,

promosso dalla Fondazione internazionale Don Luigi Di Liegro,

con l’Istituto internazionale di Scienze mediche antropologiche sociali, e il patrocino della Lumsa

 

ROMA. = Famiglie “di riserva” a supporto attivo di famiglie con un figlio affetto da disturbi psichici: nasce il progetto “Famiglie in rete”, promosso dalla Fondazione internazionale Don Luigi Di Liegro insieme con l’Istituto internazionale di Scienze mediche antropologiche sociali (IISSMAS) e con il patrocino della Libera Università Maria SS. Assunta (LUMSA). Il progetto intende promuovere una rete solidale e volontaria per sostenere le famiglie d’origine nella funzione di assistenza continua al disabile, in collaborazione con i Centri di salute mentale sul territorio. La fase iniziale è dedicata ad  imparare a conoscere e capire il disagio psichico. Si tratta di un percorso formativo articolato in tre moduli ed indirizzato alle potenziali “famiglie di riserva” ospitanti, al termine del quale è previsto un periodo di partecipazione attiva presso un Centro diurno di salute mentale. Solo al termine di questa fase, ciascuno dei partecipanti deciderà se e come continuare ad impegnarsi all’interno del progetto “Famiglie in rete”. Il primo modulo avrà inizio il prossimo 28 gennaio. Le lezioni, tenute da medici, docenti universitari, responsabili dei Dipartimenti di Salute mentale delle ASL di Roma, si svolgeranno presso l’aula n.13 della Facoltà di Scienze della formazione della LUMSA, in piazza delle Vaschette, 101 a Roma. Per iscrizioni (entro il 16 gennaio) ed informazioni: e-mail: info@fondazione-diliegro.it .

 

 

“Il popolo di Dio in Internet”: è il titolo del dossier che l’agenzia Fides dedica ai siti cattolici in Italia e nel mondo,

ricordando che in pochi anni hanno superato il traguardo dei 10 mila

 

ROMA. = “Il popolo di Dio in Internet”: è il titolo del dossier che l’agenzia Fides dedica ai siti cattolici in Italia e nel mondo, ricordando che in pochi anni hanno superato il traguardo dei 10 mila. Non si tratta di una ricerca sui numeri ma di un’analisi dello slancio e della vitalità dell’impegno dei cattolici con i media del nostro tempo. Di creatività degli operatori pastorali sul web parla Francesco Diani collaboratore dei progetti informatici della CEI e vicepresidente dell’associazione WebCattolici, nonché impegnato nel suo sito www.siticattolici.it . Diani cita il 10.000mo sito, quello di Radiogmg, un mix di radio e internet nato dai giovani della Giornata della Gioventù di Colonia, che tenta di coniugare tecnologia e Vangelo. E a proposito della “geografia” di questa presenza sul web, Diani spiega che la categoria prevalente è quella delle parrocchie: sono 2391 e rappresentano quasi un quarto del totale. Ci sono poi le 2067 associazioni, seguite da 1222 ordini religiosi e istituti missionari. Un po’ più distanti i 629 siti istituzionali (CEI, diocesi e uffici pastorali diocesani) e  i 589 siti personali. I siti legati ai centri culturali e alle università, inoltre, sono 403 e 353 le realtà del mondo dell'informazione, stampa ed editoria. Secondo quanto riferisce Diani a Fides, “il tasso di crescita dei siti cattolici in rete è costante (+ 25% negli ultimi due anni), tenuto conto anche della cancellazione dei 1.400 siti non più raggiungibili in rete. Ma ancor più veloce è la crescita dei siti legati alla musica cristiana (+33,6%), alle radio e tv cattoliche (+32,8%) e all'arte sacra (+31,5%)”. "Ma non è solo grazie allo spirito del volontariato sul web che si è potuto far questo", spiEga ancora Diani: "Sono sempre più, infatti, le persone preparate e competenti che, anche supportate dall'Associazione webmaster cattolici, si dedicano con generosità a questa rinnovata capacità di animazione e diffusione, non solo tecnologica, del Vangelo a suon di click nella ragnatela globale di Internet. Internet è un modo per essere Chiesa nel terzo millennio”. La versione integrale del dossier è su www.fides.org .

 

 

Dopo anni di costante riduzione, risulta quasi raddoppiatO nel 2005

il numero degli incidenti causati dalle mine antipersona

nel Libano meridionale, al confine con Israele

 

BEIRUT. = Dopo anni di costante riduzione, nel 2005 il numero degli incidenti causati dalle mine antipersona nel Libano meridionale, al confine con Israele, sono quasi raddoppiati. Il generale Salim Raad, direttore delle operazioni di sminamento nei territori occupati dalle truppe israeliane fino al 2000, citato dalla rete d’informazione delle Nazioni Unite “IrinNews” e ripreso dalla MISNA, ha anche precisato che lo scorso anno sono saltate, su una mina o su micidiali cluster bomb inesplose, 26 persone, cinque delle quali, tra cui due ragazze, hanno perso la vita. Altri hanno subito gravi ferite e amputazioni. Dopo 15 anni di guerra civile e 22 di occupazione da parte delle truppe israeliane,si stima che nel sud del Libano siano rimasti 450.000 mine antipersona e ordigni inesplosi, in gran parte lungo la cosiddetta “inea blu”che definisce il confine tra Israele e Libano. Tra il 2002 e il 2004,è stata avviata una vasta campagna di sminamento finanziata da Stati Uniti e Emirati Arabi grazie alla quale sono state bonificate almeno quattro grandi zone, ma le attività sono state sospese con la fine dei fondi. Secondo il generale Raad, a determinare la nuova impennata di incidenti non è solo la sfortuna ma anche la crescente povertà tra gli abitanti della regione che li spinge ad atti pericolosi. Alcuni giovani, infatti, vogliono smontare le mine per ricavarne esplosivo e metallo da vendere, ma non di rado gli ordigni esplodono. Secondo il generale Raad, in un altro episodio un contadino è morto per essersi spinto fino dentro un campo minato per riprendersi una mucca, sua unica fonte di reddito.

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

4 gennaio 2006

 

- A cura di Eugenio Bonanata -

        

Strage in Iraq, dove un attentatore suicida ha provocato la morte di 30 persone durante un funerale sciita a Miqdadiya, a nordest di Baghdad. Il corteo funebre accompagnava i feretri delle vittime del fallito attentato che, in questi giorni,  aveva preso di mira il leader locale del partito Dawa, lo stesso del primo ministro al Jafaari. Il nostro servizio:

 

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Prima una pioggia di proiettili di mortaio e di armi automatiche ha sorpreso il corteo funebre. Quindi, approfittando del panico, un kamikaze, mischiatosi con la folla, si è fatto saltare in aria. Non c’è stato scampo per trenta persone, che hanno perso la vita mentre sono decine i feriti. Questo è il più grave di una serie di episodi che stamani hanno provocato un’altra decina di morti in tutto il Paese. La serie si è aperta stamani nella parte ovest di Baghdad con l’uccisione di un alto funzionario del ministero del Petrolio e di suo figlio, ed e' proseguita con l’esplosione di un’auto-bomba che ha ucciso cinque persone ferendone altre 13, nel nord della capitale. Tanta violenza che solo nel 2005 si concretizza freddamente in un dato: circa 7 mila iracheni morti. Diffusa ieri, è la prima stima ufficiale fornita dal governo di Baghdad ed è frutto di un lavoro congiunto dei ministeri dell’Interno, della Difesa e della Sanità. Nelle liste, spicca l’altissima percentuale di civili. Mentre il numero di agenti di polizia iracheni e di ribelli, grosso modo si equipara intorno a quota 1.700. Dal canto suo, il rapporto annuale del comitato per la Protezione dei Giornalisti di New York, precisa che la guerra irachena è costata la vita a 22 dei 47 giornalisti uccisi nel mondo l’anno scorso.

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In Israele, scoppia lo scandalo per corruzione che coinvolgerebbe la famiglia del premier Sharon, accusata da una televisione locale di aver incassato somme di denaro illegali. Secca la replica del consigliere di Sharon che precisa: non c’è nessun fondamento in quelle accuse.

 

La Striscia di Gaza è sempre più nel caos a tre settimane dalle elezioni politiche palestinesi. Un commando delle Brigate martiri di Al Aqsa,stamani,ha bloccato per un’ora il valico di Rafah, al confine con l’Egitto. Mentre in precedenza sempre a Rafah miliziani avevano occupato gli uffici elettorali. All’origine della protesta vi sarebbe l’arresto, da parte dei servizi di sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese, di un loro compagno sospettato di essere stato coinvolto nel rapimento di tre cittadini britannici. Duri scontri a fuoco tra due clan rivali inoltre sono in corso a Khan Yunes. In questo quadro, il ministro dell’Interno dell'ANP, Nasr Yusuf, ha convocato una riunione d’emergenza per fare il punto sulla situazione dell’ordine pubblico nell’area. L’attività  delle Brigate Al Aqsa, una fazione scissionista di al Fatah, accresce la pressione sul presidente Abu Mazen per un rinvio del voto. Nella competizione, al Fatah, il principale partito palestinese, rischia di perdere terreno a beneficio di Hamas.

 

E’ vivo soltanto uno dei 13 minatori rimasti intrappolati da lunedì mattina per un'esplosione in una miniera di carbone nel West Virginia, negli Stati Uniti. La notizia è stata confermata ufficialmente e ha provocato rabbia e tensione fra i parenti in attesa, ai quali era stato prima riferito che i sopravvissuti erano dodici. La cronaca di queste ore convulse, da Salvatore Sabatino:

 

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Pochi minuti sono bastati ad un intero Paese come gli Stati Uniti per trasformare la soddisfazione in angoscia. La felicità in dolore. Dei 13 uomini rimasti sepolti in una miniera della West Virginia, solo uno è riuscito a sopravvivere e versa in condizioni gravissime. Alle 2,50 della notte il primo lancio d’agenzia, con la conferma della tragedia. Una conferma vissuta come un trauma, visto che fino ad un minuto prima il Paese era in festa per un bilancio esattamente contrario: 12 sopravvissuti ed un morto. La retorica della comunicazione spinta all’estremo aveva parlato di “miracolo americano”, aveva portato sugli schermi la felicità dei parenti riuniti in preghiera in una chiesa, la cui campana suonava a festa per la bella nuova. Poi il repentino cambio di scena. La conferma di Ben Hatfield, presidente della ”International Coal”, la compagnia che gestisce il sito minerario, teatro della tragedia. Ed ancora le dichiarazioni imbarazzate del governatore dello Stato, Joe Manchin, che in un briefing, si è affrettato a dire  che “non è il momento di trovare responsabili e di formulare accuse”. L’altalena del circo mediatico questa volta ha deciso di fermarsi dove nessuno immaginava, o sperava. Ed ora è il momento del dolore.

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Si guarda con angoscia e speranza allo Yemen, dove la vicenda dei 5 italiani rapiti diviene sempre più complicata. Dopo il no italiano ad un blitz, il governo di Sana’a ha precisato che l’uso della forza sarà “l’ultima risorsa”. Resta dunque aperta la strada delle trattative, mentre i rapitori hanno nuovamente minacciato “provvedimenti contro gli ostaggi” se proseguirà la pressione delle forze di sicurezza. Intanto il sito internet delle Forze armate yemenite ha pubblicato i nomi dei sequestratori dei cinque turisti italiani. Si tratta di 5 persone, precisa il quotidiano ‘Yemen Observer’ che cita anche notizie ufficiali della condanna a morte dei  responsabili di sequestri. E mentre a Sana’a oggi verranno giustiziati i rapitori di turisti olandesi negli anni scorsi, centinaia di yemeniti sono scesi in strada a Marib per chiedere la liberazione degli italiani. Il fenomeno dei sequestri di turisti occidentali da parte di  tribù locali non è una novità nello Yemen. Lo conferma Francesca Nicotra, vicepresidente del CINS, Cooperazione Italiana Nord Sud, ONG attiva nel Paese islamico dal 1998. L’intervista è di Paolo Ondarza.

 

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R. – In Yemen, la realtà sociale è fondata sulla tribù. Evidentemente si verifica che alcune di queste famiglie non vedono sempre accolte le loro istanze a livello centrale e quindi cercano di attirare l’attenzione per ottenere delle cose, usando strumenti tipo il rapimento di turisti. Quindi, non hanno assolutamente nulla a che vedere con il terrorismo islamico.

 

D. – Ad ogni modo questa strategia di sequestri certo non giova ad un’economia già precaria come quella dello Yemen

 

R. – Purtroppo, alla base di tutto c’è un’ignoranza terribile. I livelli di analfabetismo sono altissimi, oltre il 75 per cento nelle aree rurali.

 

D. – Poco o niente, però, si conosce della situazione dello Yemen. Sono forse anche pochi gli interventi umanitari …

 

R. – Sicuramente sì. Sono sempre stati molto pochi. C’è stato un periodo di guerra civile tra nord e sud, e diciamo che la situazione si è un po’ ristabilita alla fine del ’94, nel ’95, e da lì hanno iniziato molto timidamente ad arrivare gli aiuti internazionali. Ancora oggi sembra di vivere in un’atmosfera feudale.

 

D. – Ma non se ne parla, perché non ci sono degli interessi economici consistenti?

 

R. – Secondo me sì. E’ una terra estremamente povera. Sembrava che i pozzi petroliferi fossero una risorsa, ma poi in realtà sono piccola cosa rispetto ad altri Paesi. Una volta probabilmente aveva un ruolo strategico per le rotte navali, via mare. Oggi, invece, non c’è più neanche quello.

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Il prezzo del petrolio torna a scendere dopo l’impennata innescata dalla contesa del gas tra Russia e Ucraina. A New York, il prezzo del barile con consegna prevista per febbraio è stato infatti fissato a 62,75 dollari. In calo, rispetto a ieri, in cui aveva toccato i massimi da due mesi, superando i 63 dollari. Il trend al ribasso è confermato anche nelle quotazioni dei mercati asiatici.

 

I rapporti fra Eritrea ed Etiopia stanno peggiorando al punto che l’ONU potrebbe essere costretta a ritirare la sua missione UNMEE, che dal 2000 è schierata fra i due Paesi africani, allo scopo di evitare una ripresa del conflitto. L’allarme è stato lanciato ieri dal segretario generale, Kofi Annan, presentando al Consiglio di Sicurezza un rapporto sulla situazione nel Corno d’Africa. Il servizio è di Paolo Mastrolilli:

 

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Dal ’98 al 2000, Asmara e Addis Abeba si sono scontrate per una disputa sui confini. Al termine della guerra, in base agli accordi raggiunti ad Algeri, il Palazzo di Vetro ha schierato i Caschi Blu per raffreddare le tensioni, mentre si lavorava ad una soluzione diplomatica per risolvere le questioni aperte. L’intesa del 2000 prevedeva che una Commissione internazionale arbitrasse lo scontro sulle frontiere e questo è avvenuto. L’Etiopia, però, ha rifiutato il suo verdetto. In risposta l’Eritrea ha vietato i voli della missione UNMEE e ha chiesto l’espulsione dei Caschi Blu di origine occidentale. Tutto ciò, secondo Annan, ha reso quasi impraticabile il lavoro del contingente dell’ONU, riportando i due Paesi sull’orlo del conflitto. Per evitarlo, il segretario generale ha suggerito al Consiglio di Sicurezza diverse possibili iniziative: mantenere la missione attuale, nonostante le difficoltà operative, per guadagnare altro tempo agli sforzi diplomatici; spostare i militari o trasformare il loro mandato in quello di osservatori; e un’ultima ipotesi è quella di ritirarli. Il dialogo, secondo Annan, deve comunque riprendere. E se lo stallo continuasse, alla fine di gennaio il Consiglio di Sicurezza potrebbe essere costretto a stabilire scadenze per il rispetto delle sue risoluzioni.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Dopo l’annuncio della ripresa della ricerca nucleare, il presidente iraniano Ahmadinejad, ha ribadito che il suo Paese non farà “un passo indietro” su questo fronte. Così, per gli Stati Uniti, la comunità internazionale dovrà studiare nuove misure addizionali per arginare le ambizioni nucleari iraniane.

 

Gli Stati Uniti hanno ancora una volta respinto l’ipotesi di una revoca delle sanzioni contro la Corea del Nord, che la richiede come condizione per riprendere i negoziati sul nucleare di Pyongyang. Il portavoce della Casa Bianca, ha spiegato che non è possibile mettere in discussione le sanzioni visto che queste rappresentano una garanzia contro azioni illecite.

 

Una violenta scossa di terremoto, di magnitudo 6,7 Richter, è stata registrata nel Golfo della California. Lo ha riferito il centro geologico americano precisando che il sisma ha colpito a 89 chilometri da Santa Rosalia, sulla costa orientale della penisola della Baja California, lungo un’area costiera disabitata. Al momento non si hanno notizie su danni o vittime.

 

Lo sceicco Mohammad bin Rashid al-Maktum, principe ereditario e ministro della Difesa della federazione dei sette Emirati Arabi Uniti (EAU), è il nuovo emiro del Dubai. Succede “automaticamente” al fratello, Maktum Ben Rashed al Maktum, morto la notte scorsa.

 

 

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