RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 3 - Testo della trasmissione di martedì 3
gennaio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Emergenza maltempo tra i
terremotati del Kashmir pakistano: intervista con Marco Rotelli
Aumentano in Europa i bambini
nati fuori dal matrimonio: la riflessione di Maria
Luisa Santolini
CHIESA E SOCIETA’:
E’ salito a 63 morti il bilancio delle vittime
provocate, in Indonesia, dalle alluvioni
Ucciso in Laos un pastore evangelico
Ore cruciali per i 5
ostaggi italiani nello Yemen: le trattative con i
rapitori restano difficili
La
Russia ripristina il normale flusso del gas in Europa ma
non si attenuano i contrasti con l’Ucraina
3 gennaio 2006
“AVRETE FORZA DALLO SPIRITO SANTO
CHE SCENDERÀ SU DI VOI
E MI SARETE TESTIMONI”: QUESTO IL
TEMA SCELTO DA BENEDETTO XVI
PER LA XXIII GIORNATA MONDIALE
DELLA GIOVENTU’ DI SYDNEY,
IN PROGRAMMA NEL LUGLIO DEL 2008
Un’approfondita
riflessione sullo Spirito Santo: è quanto propone Benedetto XVI ai giovani di
tutto il mondo in occasione della GMG di Sydney del 2008. Il tema scelto dal
Papa per la XXIII Giornata Mondiale della Gioventù è stato reso noto dal Pontificio
Consiglio per i Laici, attraverso l’ultimo numero della sua rivista “I Care”, tutta incentrata sulla XX GMG di Colonia, la prima
di Benedetto XVI. Come è tradizione, i temi e la dinamica pastorale delle GMG,
saranno approfonditi nel consueto messaggio che il Pontefice indirizza ai
giovani in occasione della Domenica delle Palme. Il servizio di Alessandro
Gisotti:
**********
“Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e
mi sarete testimoni”: è questo passo tratto dagli Atti degli Apostoli il tema
scelto da Benedetto XVI per la GMG di Sydney. Il Papa ha già fissato le tappe
dell’itinerario spirituale che condurrà al grande evento in terra australiana,
dal 15 al 20 luglio 2008. Benedetto XVI ha infatti
reso noto anche i temi delle due prossime GMG, celebrate a livello diocesano,
che precederanno la Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney.
“Lampada per i miei
passi è la tua parola, luce sul mio cammino”: questo passo
del Salmo 118 sarà il tema centrale della GMG di quest’anno, la XXI.
L’anno prossimo, la XXII GMG avrà come tema il passo
del Vangelo di Giovanni: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni
gli altri”. Nei tre anni di preparazione a Sydney, si legge nella rivista del
Pontificio Consiglio per i Laici, “si intravede un filo conduttore che collega
lo Spirito Santo alla missione”. Nel corso del primo anno, dunque, si vedrà che
lo “Spirito Santo, Spirito di verità ci rivolge verso Gesù Cristo e ci permette
di incontrarlo personalmente”, specie nella Parola di Dio. Nel 2007, invece, si
rifletterà sullo “Spirito Santo, Spirito d’amore”, che facendoci vedere i
bisogni dei nostri fratelli “ci spinge a mettere in pratica la Parola di Dio
con la carità nei fatti”.
Infine, a Sydney si comprenderà che lo “Spirito Santo,
Spirito di forza e di testimonianza”, suscita in noi la carità e così ci
rinnova interiormente infondendoci la forza di annunciare e testimoniare il
Vangelo.
**********
LA
GIOIA: UNA DELLE PAROLE PIU’ PRONUNCIATE DA BENEDETTO XVI IN QUESTI PRIMI OTTO MESI E MEZZO
DI PONTIFICATO. IL COMMENTO DEL PREDICATORE
DELLA
CASA PONTIFICIA, PADRE RANIERO CANTALAMESSA
Benedetto XVI in questi giorni del Tempo di Natale, ma
anche in questi primi otto mesi e mezzo di Pontificato, ha pronunciato spesso
una parola: “gioia”. La gioia – ha detto – “è la prima
parola del Nuovo Testamento”, è “il vero dono di Natale”: è la
possibilità per tutti di affidarsi totalmente a Cristo che è la vera gioia
capace di colmare il “vuoto del cuore” dell’uomo moderno in un mondo dominato
da paure, incertezze, sofferenze. Ma che cosa è la gioia per il cristiano?
Sergio Centofanti lo ha chiesto a padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, che ha
tenuto nel periodo dell’Avvento, davanti al Papa e alla Curia Romana, le sue
prime prediche del nuovo Pontificato:
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R. – Noi uomini siamo talmente abituati ad associare alla
parola ‘gioia’ alcune esperienze umane molte volte materiali, che facciamo
fatica ad immaginare una gioia che sia invece tutta interiore, spirituale, e che
però abbia il vantaggio di non essere esposta alla
precarietà degli eventi, come sono le gioie umane. Per i cristiani la gioia sta
all’inizio del Vangelo. Di fatti, l’annuncio della nascita di Gesù avviene
proprio con queste parole: “Vi annuncio una grande gioia”. E la gioia cristiana
è una gioia creaturale: è sapere di avere un Padre
nei cieli, sapere che qualsiasi cosa succeda non potrà mai comportare il
fallimento totale della persona e della gioia dell’amore, in fondo. Perché
l’esperienza umana dice che la gioia vera è sempre legata all’esperienza di
amare ed essere amati.
D. – Come si arriva alla gioia?
R. – Gesù ci ha dato un paragone che dice tutto. La gioia
cristiana – dice Gesù –somiglia a quella della donna che partorisce. E’ una
gioia, quindi, legata sempre ad un momento di sacrificio. Io, però, dico che la
grande rivoluzione cristiana sulla gioia consiste in questo: gioia e dolore,
piacere e dolore, sono sempre associati, anche nell’esperienza umana. Si sa che
ad una gioia, specialmente una gioia eccessiva, disordinata, succede quasi
sempre il dolore, ha come conseguenza il dolore. Il
cristianesimo ha ribaltato l’ordine. Mentre nell’esperienza umana c’è un
piacere che produce poi tristezza, quella cristiana è una tristezza, una croce,
un sacrificio, una rinuncia – chiamiamola come vogliamo – che però produce la
gioia, come appunto quella della donna che dopo il dolore del parto ha la gioia
immensa di stringere una creatura tra le braccia. Ma non è semplicemente avere
ribaltato l’ordine, prima il sacrificio e poi la gioia: la grandezza è che in
questo modo la gioia è l’ultima parola nella vita, nel destino umano. Quindi,
non il dolore, ma la gioia. Ed è una gioia che - ci dice la fede - durerà in
eterno.
D. – Il Papa invita a comunicare la gioia: ma noi
cristiani sappiamo annunciare il Vangelo della gioia?
R. – Questo è il punto dolente. Il Papa fa molto bene a
ricordarlo. Mi commuove sempre il fatto che verso gli ultimi anni della sua
vita anche Paolo VI scrisse una bellissima lettera sulla gioia. Era il tempo in
cui forse aveva meno motivo umano di parlare di gioia, perché era già
sofferente, malato. C’è bisogno di questo annuncio, perché il mondo di oggi non
conosce, e spesso non capisce, il nostro linguaggio teologico. Capisce però il
linguaggio della gioia: cioè se i cristiani mostrano con la loro positività,
con la loro capacità di andare al di là delle contraddizioni, mostrano la
capacità di saper relativizzare, questo lo capiscono tutti, non può avvenire se
non dal fatto che il cristiano ha dentro di sé una “presenza”, una garanzia,
che gli permette di passare sopra a tante miserie della vita.
D. – Lei è stato riconfermato da Benedetto XVI predicatore
della Casa Pontificia, incarico a cui è stato chiamato
da Giovanni Paolo II nel lontano 1980. Qual è stata la sua esperienza durante
le sue prime prediche tenute in questo Avvento davanti al nuovo Pontefice?
R. – Quest’anno il tema mi era particolarmente caro e
credo che fosse caro e
stesse a cuore anche al Papa: cioè come annunciare, come proporre
la fede in Cristo. Il mio convincimento è che oggi la “battaglia” è intorno al
Re. Non sono più scaramucce. Oggi, la posta in gioco è la persona stessa di
Gesù Cristo, perché tutto oggi congiura a scavalcare Cristo. Spesso si fa un
dialogo eventualmente basato su Dio, l’Essere Supremo - il dialogo con la
scienza ci obbliga a questo - ma c’è il rischio di
scavalcare Cristo. Mentre la fede cristiana è essenzialmente la fede in Gesù
Cristo. E’ questo che ci salva. Ho visto che c’è stata un’accoglienza molto
evidente da parte del Papa di questo annuncio.
D. – Quindi, come vincere questa “battaglia”?
R. – La mia proposta era di vedere come gli Apostoli, i
primi cristiani, i Padri della Chiesa, avessero saputo evangelizzare un mondo precristiano, perché il nostro è
un mondo postcristiano. Quindi, non possiamo avere un
modello migliore su come agire, come proporre la fede oggi, che vedere come fu
proposta all’inizio quando la fede doveva conquistare
un mondo estraneo, refrattario. Sostanzialmente, il punto è questo: bisogna
mettere la persona di Cristo davanti a tutto il resto, davanti alle dottrine,
all’etica. Tutto il resto verrà dopo. Prima bisogna, però, dare all’uomo la
possibilità di un incontro personale con la persona di Gesù Cristo. Tutto il
resto verrà accettato se c’è Lui, sennò susciterà solo
discussioni e contrasti.
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NOMINE
Negli Stati Uniti il Santo Padre
ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell'Eparchia
di Stamford degli Ucraini, presentata da mons. Basil Harry Losten,
in conformità al canone 210 § 1 del Codice dei Canoni
delle Chiese Orientali (CCEO). Il Papa ha nominato vescovo di Stamford degli Ucraini mons. Paul
Patrick Chomnycky,
dell’Ordine Basiliano di San Giosafat, finora Esarca
Apostolico per i fedeli Ucraini di rito bizantino residenti in Gran Bretagna. Mons. Paul Patrick
Chomnyky, è nato il 19 maggio 1954 a Vancouver, British Columbia. Ha frequentato filosofia al Pontificio
Ateneo S.Anselmo di Roma e teologia alla Pontificia
Università Gregoriana. E’ stato ordinato sacerdote il 1° ottobre del 1988. Il 5 aprile 2002 è stato nominato vescovo
titolare di Buffada, Esarca Apostolico per i fedeli
Ucraini di rito bizantino residenti in Gran Bretagna.
Sempre negli Stati Uniti il Santo Padre ha nominato
vescovo ausiliare dell'Arcieparchia di Philadelphia degli Ucraini mons. John Bura,
del clero della medesima Arcieparchia, finora parroco
di San Nicola a Wilmington, assegnandogli la sede titolare
di Limisa. Mons. John Bura è nato il 12 giugno 1944 a Wegeleben
in Germania. E' stato ordinato sacerdote il 14 febbraio 1971. Ha ricevuto il
titolo di Cappellano di Sua Santità il 26 aprile 1991.
In Corea il Santo Padre ha nominato ausiliare
dell’Arcidiocesi di Seoul il rev. Basilio Cho
Kyu-man, professore al Seminario Maggiore di Seoul e segretario esecutivo della Conferenza Episcopale
Coreana, assegnandogli la sede titolare vescovile di Elefantaria
di Proconsolare. Il rev. Basilio Cho
Kyun-man, è nato 1'8 giugno 1955 a Pochon, nella diocesi di Pusan.
Ha frequentato la Pontificia Università Urbaniana a
Roma, dove ha ottenuto il Dottorato in Teologia Dogmatica, Ecclesiologia
(1986-1990). E' stato ordinato sacerdote il 26 agosto 1982, per l'Arcidiocesi
di Seoul.
DALLE
CHIESE ORIENTALI
Sua Beatitudine Eminentissima Cardinale Stéphanos II Ghattas, Patriarca
di Alessandria dei Copti, ha trasferito, a norma del canone 85 del Codice dei Canoni delle Chiese
Orientali, mons. Antonios Aziz
Mina, da vescovo tit. di Mareotes ed ausiliare di
Curia, alla Sede eparchiale di Guizeh
dei Copti.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina - Russia-Ucraina: Mosca aumenta le forniture di gas verso i
Paesi dell'Europa occidentale. Timori dell'Unione Europea che fa appello alla
diplomazia per cercare di risolvere il contenzioso.
Servizio vaticano - Una pagina
dedicata alla celebrazione della Giornata mondiale della pace nelle Diocesi
italiane.
Servizio estero - Un articolo
di Pierluigi Natalia dal titolo "La minaccia della morte per fame incombe
su milioni di persone": sempre più diffuse le aree colpite da
siccità e carestia.
Servizio culturale - Un
articolo di Clotilde Paternostro dal titolo "Con fantocci e marionette
vanno in scena l'incanto del meraviglioso e la gioia della fantasia"; Podrecca e Signorelli: due nomi
storici del "Teatro di figura" al centro di altrettante mostre
romane.
Per l' "Osservatore
libri" un articolo di Claudio Angelini Jero dal titolo "Non amato da Goethe,
von Kleist ha influenzato
l'opera di Kafka, di Rilke
e di Thomas Mann": nel
volume "Un inquieto batter d'ali" di Anna Maria Carpi la vita del
drammaturgo tedesco.
Servizio italiano - In primo
piano l'Unipol: indagati a Perugia Consorte e il pm Toro; polemica sulle intercettazioni di Fassino
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3 gennaio 2006
EMERGENZA
MALTEMPO TRA I TERREMOTATI
NEL
KASHMIR PAKISTANO
-
Intervista con Marco Rotelli -
E’ emergenza
maltempo tra i terremotati del Kashmir. Come era nelle previsioni, gelo, neve e
freddo stanno paralizzato i soccorsi; soprattutto gli elicotteri non riescono
ad alzarsi in volo impedendo a centinaia di migliaia di persone di ricevere
aiuti di prima necessità. In aumento la mortalità infantile e le malattie
respiratorie. Nel solo Kashmir pakistano il sisma dell’8 ottobre scorso ha
causato 73 mila morti e tre milioni di senza tetto. Tra i volontari che stanno
aiutando la popolazione, Marco Rotelli, coordinatore
per gli interventi di emergenza di Intersos il quale
spiega al microfono di Roberto Piermarini in che condizioni
climatiche si stanno portando in soccorsi:
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R. – Ha continuato a nevicare in maniera piuttosto
cospicua un po’ in tutta la zona terremotata. Per un paio di giorni c’è stata
una seria difficoltà a raggiungere le zone terremotate, che comunque erano difficili
da raggiungere anche prima di questo cambiamento climatico. Noi siamo riusciti
comunque a mantenere le attività aperte sebbene quasi
tutto il sistema internazionale si sia congelato per qualche giorno, perché gli
elicotteri non potevano volare in quelle condizioni. Adesso la situazione è
migliorata, ma si prevede ancora un nuovo peggioramento. C’è neve e c’è stata
una forte pioggia, per cui molti campi, quelli in
pianura, sono finiti sott’acqua, e quelli più elevati stanno affrontando il
problema della neve, che mette in difficoltà le famiglie che già vivono nelle
tende.
D. – Quali sono le emergenze maggiori?
R. – C’è un alzarsi delle patologie legate al freddo,
dovute all’abbassamento delle temperature, che affliggono soprattutto le fasce
più giovani, i bambini essenzialmente. La seconda emergenza è sicuramente
quella di provvedere a delle tende con ripari più rigidi e a delle stufe che possano scaldare gli ambienti.
D. – C’è il rischio di mortalità infantile?
R. – Il rischio di mortalità infantile c’è sempre stato
dopo il terremoto. Si sta ovviamente alzando proprio a causa dell’abbassamento
delle temperature. Facciamo un appello alla comunità internazionale, a quella
italiana in particolare, a non dimenticare questa emergenza che è tutt’altro che finita.
D. – Il rischio di epidemie è sempre alto?
R. – Il rischio di epidemia è sempre alto, perché i campi
sono ovviamente molto affollati. In questo momento, in questa prima neve,
alcune comunità che si erano fermate sulle montagne
stanno emigrando o emigreranno andando ad affollare ancor di più i campi più
grandi e quindi incrementando il potenziale di rischio per le epidemie.
D. – Continua la solidarietà nei soccorsi tra Pakistan ed
indiani?
R. – Continua nel confine conteso del Kashmir, dove sono
stati aperti dei punti di passaggio per permettere alle famiglie di
ricongiungersi. E’ sicuramente un momento interessante da questo punto di
vista, perché c’è una sorta di apertura diplomatica, basata su una tragedia, ma
comunque un’apertura tra i due Paesi.
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NELL’ANNO
DEL QUINTO INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE,
IN
PROGRAMMA A LUGLIO A VALENCIA, LA RIFLESSIONE DI MARIA
LUISA
SANTOLINI, PRESIDENTE DEL FORUM DELLE FAMIGLIE SUI
BAMBINI
NATI FUORI DAL MATRIMONIO, FENOMENO
IN
COSTANTE CRESCITA IN TUTTA EUROPA
La famiglia in
primo piano nell’anno appena iniziato: a luglio, infatti, la città spagnola di
Valencia ospiterà il quinto Incontro Mondiale delle Famiglie. Evento quanto mai
opportuno in questo momento storico: proprio in Spagna - secondo dati pubblicati
ultimamente dall’Istituto nazionale di statistica - il 25 per cento dei bambini
nasce al di fuori del matrimonio. Ma il dato è anche più preoccupante in altri
Stati europei: in Svezia, per esempio, il 56 per cento dei bambini nasce da
unioni extramatrimoniali. Su questa realtà allarmante si sofferma la dott.ssa Maria Luisa Santolini, presidente del Forum delle associazioni
famigliari, intervistata da Alessandro Gisotti:
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R. – C’è
una sorta di assuefazione collettiva perché si pensa in maniera del tutto errata che non
faccia differenze se avere un figlio
all’interno del matrimonio o fuori dal
matrimonio perché si pensa che i bambini basta che siano amati e accuditi.
Questo non è vero e lo dimostra il fatto che molte coppie conviventi appena
hanno un figlio in Italia si sposano e non per questioni di opportunità, di
convenienza, ma perché proprio convinte che un bimbo debba
avere una famiglia, un padre e una madre. Questa cattiva lettura dei fenomeni è
preoccupante e purtroppo chi ne fa le spese sono i bambini. Questo è drammatico.
D. – Appunto il soggetto più debole è il bambino che
diventerà un adulto domani…
R. – Infatti i bambini che hanno
avuto violenze, diventano violenti; i bambini che non hanno avuto famiglie
esemplari considerano la famiglia un fatto residuale. Ci sono ripercussioni a
lunga distanza che sono drammatiche. Lo dicono gli esperti, i sociologi, gli economisti
addirittura e c’è un tessuto sociale che si va imbarbarendo, si va anche in qualche
modo alterando. E’ un tessuto sociale che non tiene più. L’origine di tutto
questo è non aver dato il giusto valore ad una istituzione
come il matrimonio.
D. – La bellezza di una famiglia in cui c’è amore tra i
genitori è garanzia per una crescita serena dei propri figli. Questo è un
richiamo costante della Chiesa e in particolare ieri di Giovanni Paolo II, oggi
di Benedetto XVI. Eppure anche qui a volte viene
accolto con fastidio, quasi come se fosse un richiamo a qualcosa del passato …
R. – Sì, da una parte c’è il fatto che il Papa tanto deve
dire queste cose ed assomiglia ad una predica. Dall’altra c’è il fatto che non viene ascoltato. Credo che tocchi in particolare alle
famiglie cristiane, tocca molto a noi far vedere la verità e far risplendere la
verità in una famiglia con la “F” maiuscola, che è veramente la base della
società ed è piccola Chiesa. Ma le famiglie cristiane non sempre si distinguono
da quelle che non lo sono e sono anche loro travolte dal consumismo e da
modelli assolutamente non auspicabili. Credo che la grande sfida che aspetta
anche questo 2006 sia proprio nel ridare alla famiglia
la bellezza e il fulgore che ha proprio per il bene della società.
D. – Benedetto XVI in questo periodo natalizio ha ribadito
che la famiglia va sostenuto a livello legislativo, politico e culturale ed ha
messo l’accetto sulla valorizzazione della missione dei genitori. Questo è un
punto fondamentale...
R. - E’ fondamentale perché non se ne parla mai abbastanza
e il fatto che il Papa lo dica ci conforta molto. Io sono esterrefatta che
certi poteri forti come la Confindustria o i sindacati o
tutta la società e la cultura non mettano ancora al centro la famiglia nelle
riflessioni e nelle ricette per uscire da questa situazione di stallo
dell’Italia.
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LE
MINACCE NON FERMANO LA MISSIONE DI DON GIUSEPPE TERRANOVA AL FIANCO DEI PIU’ DEBOLI A BORGO MOLARA IN SICILIA:
LA
TESTIMONIANZA DEL SACERDOTE AI NOSTRI MICROFONI
Un
finestrino imbrattato di sangue, le gomme tagliate e bossoli sparsi attorno
all’auto. La vittima di queste intimidazioni è don Giuseppe Terranova,
cappellano militare e amministratore parrocchiale della Chiesa di Maria
Santissima Addolorata a Borgo Molara, frazione di
Monreale con notevoli problemi sociali. L’episodio risale allo scorso primo
gennaio ed è avvenuto a pochi chilometri da Palermo. Non è la prima volta che
in questo territorio i sacerdoti vengono presi di mira
da gruppi criminali: il 15 settembre 1993 è stato ucciso, per ordine della
mafia, don Pino Puglisi, di cui è in corso il processo di Beatificazione. Ma
cosa significa predicare il Vangelo in queste difficili? Amedeo Lomonaco lo ha
chiesto allo stesso don Giuseppe Terranova:
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R. – Significa essere contro ogni forma di prevaricazione,
contro ogni abuso, ogni forma di prepotenza. In questi contesti dove certa gente è covinta che il territorio è “cosa loro” e non è cosa da
gestire a livello sociale, la presenza del sacerdote impegnato dà fastidio ed è
quello che è successo. Io ho dato fastidio perché le mie attività le svolgo
soprattutto in orari serali e questo fatto ha dato da pensare a questa gente
che stava perdendo il suo territorio. Predicare il Vangelo allora che
significa? Significa semplicemente essere preti antimafia? Essere preti di
frontiera? Significa essere preti fino in fondo con tutto il cuore, con tutta
la generosità e con tutta la certezza che Dio è con noi. Ed io sento questa presenza,
non mi sento solo.
D. – Padre, lei ha sempre detto di avere come obiettivo
quello di predicare l’onestà. Questa missione vale ancora di più adesso dopo
queste intimidazioni…
R. – Ma certo, a maggior ragione. I valori sono valori,
sono eterni. E’ il discorso della chiarezza, della linearità, della onestà
anche nei nostri rapporti interpersonali, senza troppe fughe, senza troppi
camuffamenti. Questo mi rafforza ancor di più perché è segno che allora ho
centrato l’obiettivo. Non mi intimidisce, assolutamente, anzi questo atto vile,
perché solo chi opera nelle tenebre può fare atti di questo genere, mi ha reso
ancor più determinato nella mia azione e nel mio servizio sacerdotale in questa
terra. La gente si sta svegliando, si sta scuotendo. E’ rimasta scossa e questo
mi fa piacere perché è segno che si sta creando una situazione nuova.
Certamente non posso io adesso abbandonare e deludere le attese di questa
gente. Dobbiamo veramente alzare il capo perché la nostra liberazione è vicina,come ci ricorda il profeta Isaia. Dio è più forte, solo il
bene deve vincere e non il male. Il male non può sconfiggere il bene, non può e
non deve. E noi dobbiamo essere impegnati in questa linea.
D. – Impegnati per tutti e poi sapendo anche che Palermo
non è solo Il Politeama o Via della libertà …
R. – Quello che vorrei dire alle istituzioni locali è che
qui si cura solo l’immagine; Palermo non è solo il Politeama o Via della
Libertà, ma anche le borgate che sono le zone più fragili, più a
rischio perché sono terra di nessuno sono abbandonate a se stesse. E’ gravissimo
perché certa gente è convinta che il territorio gli appartiene. E’ “cosa loro”,
è “cosa nostra” per usare un termine specifico. Il movimento che si è creato in parrocchia, questo
tipo di attività che sta un po’ scuotendo le coscienze, sta dando alle nostre
famiglie la possibilità di esprimersi, questo fatto crea un disagio perché questa
gente pensa di perdere il suo potere.
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3 gennaio 2006
TRAGEDIA NELLA TERRA DEL PAPA. LA NEVE SCHIANTA IL
TETTO
DI UN
PALAZZO DEL GHIACCIO NEL SUD DELLA BAVIERA: UNDICI I MORTI,
MOLTI
DEI QUALI GIOVANI, MA IL BILANCIO PARE DESTINATO AD AGGRAVARSI
- A
cura di Alessandro De Carolis -
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BAD REICHENHALL. = Strage annunciata, fatalità. Mentre il
lavoro degli inquirenti ha iniziato a dipanare il filo delle responsabilità, il
dramma del crollo dello stadio del ghiaccio avvenuto ieri pomeriggio a Bad Reichenhall, località nel sud della Baviera, non cala
d’intensità a causa di un bilancio delle vittime ancora provvisorio. Dalle 16
di ieri, quando il tetto dell’edificio ha ceduto a causa del peso della neve,
oltre dieci morti sono stati estratti dall’inferno di cemento e ghiaccio che è
ciò che resta del palazzetto. Erano 50, forse 60, le
persone - molte delle quali bambini e adolescenti - che al momento del crollo
si trovavano sulla pista di pattinaggio. Una trentina hanno riportato ferite –
gravi in metà dei casi - ma almeno sei minorenni e due ventenni hanno perso la
vita e per molti attualmente dispersi si teme che la sorte possa essere la
peggiore. I media tedeschi hanno subito gridato allo
scandalo, riferendo di crepe nei muri del piccolo stadio, risalente agli Anni
’70. Anche la sospensione dell’allenamento di ieri della squadra giovanile locale
di hockey su ghiaccio, imposta dalle autorità per motivi precauzionali ma non
seguita dalla chiusura dell’impianto al pubblico, ha dilatato l’impatto emotivo
della tragedia. Un migliaio di soccorritori, tra cui 700 Vigili del fuoco,
hanno lavorato tutta la notte alla luce delle fotoelettriche per recuperare i
cadaveri e salvare i sopravvissuti e tuttora gli interventi di scavo proseguono
ininterrotti. Intanto, il sindaco di Reichenhall, Wolfgang Heitmeier, si è difeso dalle
accuse subito roventi affermando che lo strato di neve sul tetto - misurato dal
personale di servizio qualche ora prima del crollo e comunicato subito alle
autorità - era “al di sotto della misura considerata limite massimo”. La
morte di numerosi ragazzi ha colpito profondamente il premier bavarese, Edmund Stoiber, che si è detto
“sconvolto” e “scioccato” dalla giovane età di molte delle vittime. Analoghi i
sentimenti del cardinale di Monaco, Friedrich Wetter, che ha ringraziato i soccorritori e ha pregato per
le vittime e le loro famiglie, auspicando che la fede cristiana aiuti a
superare il peso della perdita dei propri cari.
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E’
SALITO A 63 MORTI IL BILANCIO DELLE VITTIME PROVOCATE, IN INDONESIA,
DA
ALLUVIONI E FRANE CAUSATE DALLE FORTI PIOGGE DI DOMENICA SCORSA
GIAKARTA. = Il bilancio, ancora
provvisorio, delle vittime dell’alluvione e delle frane che hanno distrutto
diversi villaggi nella parte orientale dell’isola di Giava,
in Indonesia, è di 63 morti. Lo ha detto questa mattina un responsabile dei
soccorsi precisando che le forti piogge di domenica scorsa hanno anche causato
disastri in sei villaggi in collina vicino alla città di Jember,
a 800 chilometri ad est di Giakarta. La maggior parte delle vittime viveva
vicino a piantagioni di caffé e sulle rive di un fiume nella regione collinare
di Argopuro. I soccorritori stanno cercando di
raggiungere alcuni paesi ancora isolati, ha spiegato inoltre un responsabile
della protezione civile indonesiana. “In migliaia – ha aggiunto - sono alla
ricerca di un tetto e oltre 300 persone non riescono ad abbandonare la zona”.
Alluvioni e frane sono comuni in Indonesia. Molte slavine sono provocate anche
dal disboscamento illegale o dalla costruzione di fattorie che distruggono le
barriere naturali contro questo genere di disastri. (A.L.)
UCCISO
IN LAOS UN PASTORE EVANGELICO. PER LA POLIZIA, IL DELITTO È AVVENUTO
IN
SEGUITO AD UNA RAPINA. UN MOVIMENTO LAOTIANO PER I DIRITTI DELL’UOMO
SOSTIENE,
INVECE, CHE L’EPISODIO RIENTRA NELL’AMBITO
DI UNA
CAMPAGNA REPRESSIVA CONTRO LE MINORANZE RELIGIOSE
VIENTIANE. = Un pastore
protestante, Aroun Voraphom,
è stato ucciso lo scorso 22 dicembre in una regione centrale del Laos, ma solo
ieri le autorità hanno confermato questo drammatico episodio. I motivi
dell’assassinio non sono chiari. Secondo il portavoce del ministero degli
Esteri di Vientiane, Yong Chantalangsy, la polizia segue la pista di un delitto
avvenuto in seguito ad un tentativo di rapina. L’agenzia “Asia-News”
riferisce che la tesi dell’intolleranza religiosa è avanzata, invece, dal
Movimento laotiano per i diritti dell’uomo, contrario al regime comunista.
Nella ricostruzione del Movimento, illustrata in un comunicato, “il pastore è
stato ucciso a coltellate” a Pakading, nella
provincia di Bolikhamsai, dopo una cerimonia
religiosa a cui avevano preso parte molti cristiani
del luogo. Il Movimento chiede che sia messa fine “alla campagna di repressione
contro le minoranze religiose ed etniche” e chiede un’inchiesta “imparziale e
indipendente”. Il comunicato ricorda, infine, che il pastore evangelico era stato arrestato già nel 1996 ed aveva scontato un anno
di prigione a Vientiane. (A.L.)
APPELLO
DI SANT’EGIDIO, CAPPELLANI E VOLONTARI DELLE CARCERI
ITALIANE
PER UN
IMMEDIATO PROVVEDIMENTO DI CLEMENZA
ROMA. = “Un provvedimento di
clemenza, un indulto non sono, da soli, la risposta al sovraffollamento e alla
trasformazione silenziosa della pena da riabilitativa in punitiva. Ma sono il
minimo necessario per riavviare un ripensamento profondo del sistema delle pene
e della giustizia in Italia”. E’ quanto si legge nell’appello “per un
provvedimento di clemenza subito” firmato dalla comunità di Sant’Egidio, da
cappellani e volontari delle carceri italiane. “La condizione di vita nelle
carceri italiane – si legge nel testo - mette a dura prova il rispetto profondo
della dignità umana”. Una parte consistente della popolazione carceraria – si
precisa nel documento - non è mai stata condannata per il crimine di cui è
accusata, ma è in attesa di giudizio. Molti detenuti
sono in cattive condizioni di salute, moltissimi sono persone tossicodipendenti
e in maggioranza sono immigrati. “La certezza della pena – si legge ancora nel
testo - non ha nulla da perdere da un provvedimento di clemenza, quando
l’intero sistema giudiziario italiano è affetto da lentezza cronica”. Solo un
processo su dieci arriva, infatti, al suo termine. Le richieste per un
provvedimento di clemenza avanzate dalla Chiesa italiana e da Giovanni Paolo II
al Parlamento italiano – prosegue il documento – “sono stati ignorati e
disattesi per il prevalere di interessi di parte”. Un provvedimento di clemenza
– si legge infine - non mette in libertà “i delinquenti” e la clemenza non
rende meno certa la pena. Ma aiuta il Paese – avvertono la comunità di
Sant’Egidio, i cappellani e i volontari delle carceri italiane - a prendere
tempo a intraprendere una strada intelligente in grado di affrontare i problemi
sociali senza scorciatoie, sostenendo chi è più debole, impedendo la nascita di
ghetti sociali, favorendo l’integrazione e non l’ulteriore emarginazione di chi
è più a rischio e meno fortunato. (A.L.)
“PARTITA
DEL CUORE” GIOVEDÌ PROSSIMO A VALMONTONE, VICINO ROMA,
CON IN CAMPO
RAGAZZI ISRAELIANI E PALESTINESI
ROMA. = Una rappresentativa
formata da giovani israeliani e palestinesi ed una selezione di ragazzi
italiani saranno i protagonisti di una partita di calcio che avrà come scopo
quello di ribadire il sostegno verso la pace e promuovere la vera cultura
sportiva. L’iniziativa, che si svolgerà giovedì prossimo a Valmontone,
in provincia di Roma, è stata organizzata nell’ambito delle attività di
solidarietà collaterali attivate a seguito del “Concerto per la Vita e per la
Pace”. Questo evento è organizzato da cinque anni dalla Conferenza delle città
storiche del Mediterraneo” per il periodo di Natale a Gerusalemme e a Betlemme
con il patrocinio della Custodia della Terra Santa. I ragazzi sono giunti in
Italia lo scorso 26 dicembre e sono ospiti di una associazione
di volontariato di Tarquinia. Durante la loro permanenza, hanno avuto incontri
con delegazioni istituzionali, della comunità ebraica di Roma, della Regione
Lazio e della Provincia di Roma. E’ prevista anche la loro partecipazione ad una udienza di Benedetto XVI. (A.L.)
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3
gennaio 2006
- A cura di Eugenio Bonanata
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Segnali positivi sul fronte della crisi del gas. La
società russa Gazprom ha dichiarato che le forniture
di gas ai clienti europei sono state pienamente ripristinate dopo i problemi
causati dalla crisi con l’Ucraina. Rientra, dunque, l’allarme per il calo delle
forniture registrato ieri in molte capitali occidentali. Nel braccio di ferro
fra Ucraina e Russia sul prezzo del gas è stata importante la mediazione dei
governi europei. Il nostro servizio:
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Polonia, Austria, Ungheria, Germania e Italia hanno
indicato che il gas ha ripreso a defluire al giusto livello. Sottolineando la
volontà di rispettare gli impegni internazionali dell’Ucraina, il presidente Yushchenko ieri sera aveva garantito l’ininterrotta
fornitura di gas verso l’Europa, mettendo a disposizione - se necessario -
anche le riserve del proprio Paese. Un annuncio che segue di poche ore quello
della società russa Gazprom, che dal canto suo aveva
promesso di aumentare i flussi verso i clienti europei per ovviare ai prelievi
abusivi di Kiev. Il tutto, dopo forti pressioni da
parte di diversi Paesi euro-occidentali e dell’amministrazione Bush, che ha chiesto al Cremlino di non usare l’energia
come strumento politico. La partita fra Ucraina e Russia sul prezzo, però, non
è certo conclusa. Gazprom ha avvertito che la sua
disponibilità a pompare più gas per coprire i furti di Kiev
non durerà in eterno. Il primo ministro russo, Fradkov,
ha chiesto all’Europa di esercitare pressioni diplomatiche perché l’Ucraina
smetta di prelevare gas. Dunque, l’Unione Europa resta in allerta e ha chiesto
ai due Paesi di tornare al tavolo delle trattative. Domani a Bruxelles è
previsto un vertice di esperti che discuterà la situazione.
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C’è timore in Yemen per la sorte
di 5 turisti italiani rapiti domenica nella regione di Marib,
ad est della capitale Sana'a. Dopo che le forze armate
yemenite hanno stretto d’assedio il covo dei rapitori, decine di capi tribù si
sono recati inutilmente nella zona per convincere i banditi a liberare gli
ostaggi. Secondo fonti yemenite, dopo aver cambiato
nascondiglio, i rapitori avrebbero chiesto l’avvio di un nuovo negoziato,
incontrando il rifiuto delle autorità locali che pretendono la resa
incondizionata. Il ministro degli Esteri italiano, Fini,
che segue costantemente la vicenda, ha chiesto di non intraprendere azioni che
possano mettere a repentaglio l’incolumità dei connazionali. Per l’ambasciatore
italiano in Yemen, Mario Boffo,
“potrebbero servire alcuni giorni per la liberazione”. Un’eventualità – ha precisato
il diplomatico - che dipende dal tipo di approccio e dalle azioni intraprese”.
Dopo la ridda di voci che ieri dava per imminente la conclusione della vicenda,
è giunta la dichiarazione dei rapitori che hanno minacciato di uccidere gli ostaggi
se l’esercito li attaccherà.
In Iraq, la violenza non accenna a diminuire. Oggi 14
membri di una stessa famiglia sono rimasti uccisi per un bombardamento di aerei
americani a Baiji, cittadina situata nel nord del
Paese, nei pressi di una importante raffineria
petrolifera. I militari statunitensi non hanno rilasciato commenti. Intanto, in attesa dei risultati ufficiali delle elezioni del 15 dicembre
scorso, gli esponenti delle maggiori correnti politiche irachene continuano le
loro trattative per la formazione del futuro governo.
E’ partita ufficialmente stamani la campagna elettorale
nei Territori palestinesi per le elezioni legislative del 25 gennaio. Dopo il
grande successo delle amministrative, a scendere in campo per prima è stata Hamas, con una conferenza stampa, mentre successivamente
toccherà ad al Fatha.
Tuttavia, sulla sorte delle prossime elezioni grava la situazione dei
palestinesi di Gerusalemme est, che non hanno ancora ricevuto l’autorizzazione
al voto da parte israeliana. Se la questione non verrà
risolta il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu
Mazen, ha minacciato il rinvio della tornata elettorale.
Intanto, nel Nord della Striscia di Gaza è sempre alta la tensione: tre
militanti palestinesi sono morti in seguito ad uno scambio di missili con
Israele.
Da parte israeliana, a livello politico, i quattro
ministri Likud lasceranno domenica prossima il governo del primo ministro
israeliano, Sharon. Il premier dovrebbe quindi procedere al rimpasto,
scegliendo i nuovi ministri nelle file del suo nuovo partito Kadima. In questo quadro, Shimon Peres potrebbe tornare agli Affari esteri.
Il governo francese ha approvato questa mattina un decreto
che mette fine allo stato di emergenza, instaurato l’8 novembre scorso per far
fronte all'ondata di violenze nelle periferie metropolitane. I provvedimenti,
adottati due mesi fa, avrebbero dovuto restare in
vigore fino al 21 febbraio, ma ieri il presidente Chirac,
dopo un colloquio con il primo ministro de Villepin,
ha inserito il provvedimento nell’agenda del Consiglio dei ministri di oggi. Chirac ha anche
ribadito che la Francia porterà il deficit pubblico al
di sotto del 3% nel 2006, rispettando così gli impegni europei sul disavanzo.
Il presidente siriano, Bashar Al
Assad, non incontrerà la commissione ONU che indaga
sull’assassinio del premier libanese, Rafic Hariri. Lo ha dichiarato oggi all'agenzia stampa Dpa un alto funzionario del partito Baath
al potere a Damasco. La fonte ha inoltre specificato come non esista nessuna legge che possa supportare tale richiesta,
vista l’immunità di cui gode il presidente Assad.
Riprende la "guerra del popolo" in Nepal, dove i
guerriglieri maoisti ieri hanno annunciato la fine della tregua unilaterale
dichiarata in settembre. Poche ore dopo, sono state segnalate esplosioni in
diverse città. Il Nepal, da 10 anni, fa da sfondo ad una sanguinosa guerra tra
guerriglieri e monarchia, che ha già provocato oltre 12 mila morti. Ce ne parla
Riccardo Cascioli:
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L’immediata ripresa degli attacchi è la conferma che il
ritorno alle armi dopo quattro mesi di tregua unilaterale, mai accettata da re Gyanendra, era una decisione ben pianificata, anche se il
leader dei ribelli, Prachanda, si è giustificato
dicendo che “è un fatto di sopravvivenza, visto che l’esercito sta circondando
le sue truppe”. Il fatto è che questo periodo di cessate il fuoco ha prodotto
una novità politica importante, ovvero l’accordo tra i ribelli maoisti e sette
principali partiti politici nepalesi, diventati ostili a re Gyanendra,
dopo che quest’ultimo, nel febbraio 2005, ha silurato il governo, sciolto il
Parlamento e sospeso le libertà civili. E poco conta che il re abbia annunciato elezioni municipali per il prossimo febbraio,
prologo ad elezioni generali che dovrebbero tenersi nel 2007. L’aria che si
respira a Katmandu è quella di una resa dei conti, tanto che ci si aspetta
azioni della guerriglia nella capitale, finora risparmiata dalla guerra. E del
resto, l’alleanza tra ribelli e politici incontra anche il gradimento del
governo dell’India, sempre coinvolto nei cambiamenti politici in Nepal. Non per
niente, i negoziati contro il re Gyanendra si sono
svolti con di screzione
proprio a New Delhi.
Per la Radio Vaticana, Riccardo Cascioli.
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L’Iran ha annunciato oggi all’AIEA, l’Agenzia
internazionale per l'energia atomica, la prossima ripresa delle sue attività di
ricerca sulla produzione di combustibile per centrali atomiche. Una decisione
che incontra la ferma opposizione dei Paesi europei. Intanto, una delegazione
russa, guidata dal viceministro degli Esteri, Kisliak, sarà a Teheran il 7 gennaio
prossimo per esporre alle autorità iraniane un piano per trasferire le sue
attività di arricchimento dell’uranio in Russia. Lo ha detto il portavoce del
ministero degli Esteri iraniano, Asefi, aggiungendo
però che Teheran non intende rinunciare completamente
all'arricchimento sul proprio territorio.
Sempre
rovente in Italia il fronte delle inchieste sulle scalate bancarie. La procura
di Perugia ha inserito nel registro degli indagati il procuratore aggiunto di
Roma, Achille Toro, ed il presidente dimissionario di UNIPOL, Giovanni
Consorte, nell’ambito della scalata alla Banca nazionale del lavoro. Nei
prossimi giorni, i primi interrogatori. E intanto esplode una
forte polemica politica per le intercettazioni di telefonate tra
Consorte ed il segretario DS, Fassino. Servizio di
Giampiero Guadagni.
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Nuove
intercettazioni telefoniche e nuove aspre polemiche politiche. Nel mirino,
stavolta, i colloqui svoltisi a luglio tra il presidente di UNIPOL, ora
dimissionario, Consorte, e il segretario Ds, Fassino. Colloqui nei quali emerge l’attivo appoggio dei
Democratici di Sinistra alla scalata alla Banca nazionale del Lavoro da parte
del gruppo assicurativo. Semplici scambi di informazione, ribattono i Ds, che hanno protestato con il presidente della Camera,
Casini, chiedendogli un intervento contro intercettazioni definite illegali.
“Tutto regolare” è la risposta di Casini, che spiega di aver chiesto e ottenuto chiarimenti alla competente autorità giudiziaria,
già nello scorso agosto. Ma i DS insistono, parlando di veleni politici dal
momento che le intercettazioni sono state pubblicate da “Il Giornale”, il
quotidiano milanese di proprietà della famiglia Berlusconi.
Un’accusa respinta dal centrodestra che ricorda altri casi simili, che hanno
riguardato altre personalità politiche e istituzionali e sui quali i Ds non sono intervenuti. Ma nella stessa sinistra ci sono
molti distinguo con forti critiche alla leadership Dei DS, per una gestione
ritenuta poco trasparente dei rapporti tra politica e affari. E intanto, la
procura di Perugia ha iscritto nel registro degli indagati
Achille Toro, il procuratore generale aggiunto di Roma, che coordina le
indagini sulla scalata di Unipol alla BNL, un incarico
che Toro ha deciso di abbandonare. Nei suoi confronti, l’accusa è quella di rivelazione
di segreto di ufficio, la stessa mossa all’ex numero uno di Unipol,
Consorte, e al presidente del Tribunale di sorveglianza di Milano, Giuseppe
Castellano. Va infine segnalato che la società olandese Abn
Amro ha conquistato definitivamente il controllo
totale di Antonveneta. E’ la fine dell’aspra e lunga
battaglia finanziaria che ha contrapposto gli olandesi alla Banca Popolare di
Lodi di Giampiero Fiorani, l’origine insomma di
quella che, giornalisticamente, viene
ormai chiamata “Bancopoli”.
Per la
Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.
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In Colombia, le Forze armate rivoluzionarie hanno escluso
qualsiasi trattativa con il presidente Alvaro Uribe
per il rilascio di 60 persone ancora sotto sequestro, tra cui l’ex candidata
alle presidenziali, Ingrid Betancourt,
rapita nel 2002. Intanto, il ministro degli Esteri francese, Philippe Douste-Blazy, ha
annunciato che si recherà ''prossimamente'' in Colombia. Senza precisare la
data del viaggio, il ministro ha osservato che “nel nome dei diritti umani è
impossibile pensare” che si possa lasciare detenuta la
Betancourt.
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