RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 2 -
Testo della trasmissione di lunedì 2 gennaio 2006
IL
PAPA E
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Le forze di sicurezza dello Yemen hanno accerchiato i rapitori dei 5
turisti italiani: si punta ad una liberazione pacifica
2 gennaio 2006
NELLA VERITA’, LA PACE:
ALL’INDOMANI DELLA 39.MA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE, IL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA ITALIANA, CIAMPI, ELOGIA L’IMPEGNO DI BENEDETTO XVI PER LA
CONVIVENZA TRA I POPOLI. AI NOSTRI MICROFONI, LA RIFLESSIONE DELL’ARCIVESCOVO
TOMMASO VALENTINETTI, PRESIDENTE DI PAX CHRISTI
“Quando l’uomo si lascia
illuminare dallo splendore della verità, intraprende quasi naturalmente il
cammino della pace”. Le parole di Benedetto XVI, ieri alla Messa per la Giornata
Mondiale della Pace, hanno destato ampia eco. Il Papa ha richiamato
l’importanza di una pace che sia fondata sulla verità, ma ha anche esortato le
Nazioni Unite a prendere rinnovata consapevolezza del suo ruolo. Il servizio di
Alessandro Gisotti:
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“E’ necessario un “sussulto” di coraggio e di
fiducia in Dio e nell’uomo per scegliere di percorrere il cammino della pace!”:
E’ questo uno dei passaggi chiave dell’omelia del Papa. Un richiamo forte
all’impegno, perché non basta volere la pace per ottenerla, come proprio
Benedetto XVI ha sottolineato nel discorso agli ambasciatori di 11 Paesi lo
scorso primo dicembre. Le parole del Papa, alla Messa per la 39.ma Giornata
Mondiale della Pace vengono oggi elogiate dal presidente della Repubblica
italiana, Carlo Azeglio Ciampi, che ha inviato un messaggio al Santo Padre. “Ho
apprezzato – scrive Ciampi – l’esortazione, formulata fin dall’inizio del Suo
Magistero apostolico, al dialogo e alla cooperazione fra i popoli, per superare
conflitti e tensioni ed edificare la pace”. Il presidente italiano concorda con
il Pontefice nel porre l’accento sul “ruolo indispensabile delle Nazioni Unite”
affinché la comunità internazionale operi “con unità d’intenti a favore della
convivenza pacifica tra popoli e nazioni”. Ciampi si dice infine certo che il
messaggio per la pace di Benedetto XVI “aprirà una breccia nei cuori di tutti
gli uomini e rafforzerà l'anelito ad una comunità internazionale maggiormente
ancorata ai valori etici e spirituali, presupposto indispensabile di un futuro
di pace”. Un sussulto di coraggio e fiducia ha chiesto, dunque, il Papa a tutti
gli uomini di buona volontà. Proprio sulla necessità di questo supplemento di
impegno, si sofferma ai nostri microfoni l’arcivescovo di Pescara, Tommaso
Valentinetti, presidente di Pax Christi:
R. –
Abbiamo bisogno certamente di un supplemento di impegno e di coraggio, perché
il momento che viviamo non è facile. Dire questa grande verità della pace – il
Papa lo sottolinea ben 10 volte nel messaggio – è il fatto più importante che
stiamo vivendo in questo momento: avere il coraggio di dire che la pace è una
grande verità, che si fonda sulla verità. Ora, l’unica verità è Gesù Cristo.
Lui è la via, la verità e la vita, e quindi questa pace va fondata proprio
sulla grazia del Signore e va fondata anche sull’ascolto attento della parola
del Vangelo.
D. – “Quando l’uomo si lascia illuminare dallo splendore
della verità intraprende quasi naturalmente il cammino della pace”, ha detto il
Papa riprendendo appunto il suo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace.
Ecco, come concretizzare questa esortazione, questa riflessione del Pontefice?
R. – Innanzitutto, facendo verità nel profondo del proprio
intimo, della propria esistenza. Guardarsi dentro, avere il coraggio di fare
verità su se stessi, sulla propria vita
e sulla propria esperienza. Una volta che c’è questa grande verità sulla
propria vita, sulla propria intimità, sulla propria coscienza, certamente la
verità prenderà corpo in una testimonianza di vita sempre più efficace, nelle
scelte concrete, scelte di impegno nel quotidiano, sia da un punto di vista
educativo e sia da un punto di vista di testimonianza. Questo poi porta a delle
scelte ancora più coraggiose per quello che riguarda gli impegni nella vita
sociale, nella richiesta di pace e di giustizia che sale dal cuore di tutta
l’umanità.
D. – Il Papa ha anche richiamato le Nazioni Unite “a
prendere rinnovata coscienza delle sue responsabilità nella promozione dei
valori della giustizia e della solidarietà e della pace”. Quello del rispetto
del diritto internazionale è un tema che trova in particolare sintonia Giovanni
Paolo II e Benedetto XVI…
R. – Sì, sicuramente sono temi molto importanti, perché
dal diritto internazionale poi nascono le capacità per questo grande organismo
di rivedere innanzitutto la sua conformazione. Una volta che questo è accaduto,
poi, avere il coraggio di proporre vie per il disarmo sempre in modo più
efficace.
D. – Nel messaggio per la Giornata Mondiale della Pace,
Benedetto XVI sottolinea che sul disarmo si registra “una quasi generale
indifferenza”. Quale pace sarà mai possibile, si chiede il Papa, se si continua
ad investire nella produzione delle armi? Ecco, in questo caso un sussulto di
coraggio è davvero necessario…
R. – Un sussulto di coraggio che riguarda i potenti della
Terra, ma riguarda anche tutti noi che a gran voce possiamo chiedere questo
impegno e, soprattutto, a gran voce dobbiamo chiedere queste decisioni,
cominciando a disarmare prima di tutto i nostri pensieri, a disarmare i nostri
cuori, cominciando a disarmare le nostre strutture. E’ una logica di non
violenza che certamente deve predominare su qualsiasi altro tipo di
atteggiamento o di scelta.
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UDIENZE
E NOMINE
Il Papa stamane ha ricevuto in successive udienze il
cardinale Camillo Ruini, Suo Vicario Generale per la Diocesi di Roma e
presidente della Conferenza Episcopale Italiana; il cardinale James Francis
Stafford, Penitenziere Maggiore; mons. Franc Rodé, prefetto della Congregazione per
gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica.
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo
pastorale dell’Ordinariato Militare di Indonesia, presentata dal cardinale
Julius Riyadi Darmaatmadja, della Compagnia di Gesù, arcivescovo di Giacarta, in conformità al
canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede, come Ordinario
Militare di Indonesia, mons. Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo, arcivescovo di
Semarang.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Il titolo della prima pagina è
"Nel 'cantiere' della pace": Benedetto XVI all'inizio del nuovo anno
invita tutti gli uomini e le donne di buona volontà ad un "sussulto"
di coraggio e di fiducia in Dio per diventare "fermento" di
un'umanità rinnovata nell'amore.
Servizio vaticano - Nel solco
di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI sottolinea che la crisi della famiglia
costituisce un grave pregiudizio per la civiltà: nell'omelia di fine anno, il
commosso ricordo dell'amato predecessore, le consegne alla comunità ecclesiale
e civile di Roma, il pensiero alle persone più povere e in difficoltà.
Servizio estero -
Russia-Ucraina: Mosca sospende la fornitura di gas a Kiev; forte apprensione in
tutta Europa.
Servizio culturale - Un
articolo di Mario Spinelli dal titolo "Lesene, statue, archi e decori per
un vero e proprio 'capolavoro di oreficeria' ": un volume dedicato alla
Casina Pio IV in Vaticano.
Servizio italiano - In primo
piano il messaggio di fine anno del Capo dello Stato: appello all'unità del
Paese e al dialogo.
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2 gennaio 2006
LA CRISI DEL GAS TRA RUSSIA ED UCRAINA COLPISCE
L’EUROPA:
DENUNCIATI SENSIBILI CALI DI FORNITURE DEL GAS IN
NUMEROSI PAESI
TRA CUI L’ITALIA, LA FRANCIA E LA POLONIA
- Intervista con Fulvio Scaglione -
Prosegue la disputa sul prezzo del gas fra Russia e
Ucraina, che continuano a scambiarsi pesanti accuse. Intanto le conseguenze
della crisi cominciano a farsi sentire anche in Europa. In diversi Paesi,
infatti, dall’Italia alla Polonia, dall’Austria all’Ungheria, ma anche in
Francia, Slovenia, Croazia e Moldavia, si registra un sensibile calo della
fornitura di gas che arriva dalla Russia. Ce ne Parla Eugenio Bonanata:
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In Ucraina i primi echi del
disaccordo si sono avuti già ieri, con una riduzione del 25% della fornitura di
gas da parte dell’ente energetico russo Gazprom. Ma oggi a temere è sempre di
più l’Europa, che importa la maggior parte del gas da Mosca. Dopo Ungheria e
Romania, oggi difficoltà vengono segnalate anche in Austria e in Italia, dove
l’Eni ha parlato di un “sensibile calo di pressione”. Il ministro italiano
delle Attivita' produttive, Scajola, dal canto suo ha deciso di anticipare a
domani la riunione del Comitato di emergenza e monitoraggio del sistema del
gas. Intanto fra Mosca e Kiev piovono accuse pesanti. Il ministro degli Esteri ucraino
accusa Mosca di destabilizzare l’economia del Paese attraverso il taglio delle
forniture di gas, mentre il presidente, Yushchenko invita il collega russo
Putin a trattare ancora. Gazprom, in risposta, afferma che
l’Ucraina ha sottratto circa 100 milioni di metri cubi di gas russo destinato
ai Paesi europei. Su versante Kiev ha fatto sapere di non aver
rubato gas, ma di essere pronta a farlo in caso di necessità. Dichiarazioni che
rischiano di far ulteriormente alzare la tensione tra i due Paesi. Tensione
scaturita dal rifiuto di Kiev ad aderire al nuovo prezzo del gas, che per Gazprom deve essere adeguato a quello europeo, cioè
intorno a 230 dollari per mille metri cubi. Yushchenko sostiene invece che al
suo Paese debba essere applicato un prezzo reale, non virtuale, cioè intorno a
80 dollari a fronte dei 50 attuali. Tuttavia la posta in palio è ancora più
alta, visto che la Russia, in collaborazione con la Germania, ha annunciato la
realizzazione di nuovi gasdotti entro il 2010 che attraverso il Mar Baltico
porteranno gas all’estero, scavalcando, dunque, l’Ucraina.
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Ma che cosa c’è dietro
l’intransigenza di Putin verso Kiev? Roberto Piermarini lo ha chiesto a Fulvio
Scaglione, vice-direttore di Famiglia Cristiana ed esperto di area
ex-sovietica:
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R. – Putin ha speso finora gran parte delle sue energie
per ristrutturare il settore energetico russo perché lo ha sempre considerato
l’asset decisivo economico e politico in mano alla Russia. Adesso che quella
ristrutturazione, in un modo o nell’altro, col randello nel caso Yukos, con
l’astuzia in altri casi, è stata completata, secondo me Putin regola alcuni
conti che aveva lasciato in sospeso e quello con l’Ucraina è un tipico conto
che aveva in sospeso. Bisogna ricordarsi quello che successe con la rivoluzione
arancione, quello che gli ucraini dissero a proposito della Russia. Un altro
conto che Putin ha voluto regolare, sempre servendosi dell’arma energetica è
quello con i Paesi baltici. Anche lì grandi polemiche con la Russia,
manifestazioni, desiderio di allontanarsi dall’orbita di Mosca. Putin ha
stipulato con la Germania un accordo per un gasdotto che taglia fuori sia la
Polonia che i Paesi baltici.
D. – Ma la crisi tra Russia e Ucraina è economica o
politica?
R. – La crisi è politica perché Putin sta cercando, direi
anche con un certo successo, di recuperare pian piano tutta l’influenza sullo
spazio ex sovietico che, negli anni turbolenti di Yeltsin, sia l’Unione
Europea, sia la Nato, quindi in definitiva gli Stati Uniti, avevano appunto
rosicchiato a Mosca.
D. – Perché Stati Uniti e Unione Europea sono così cauti
con Mosca?
R. – Sono così cauti perché ne hanno bisogno. In più,
oltre ad averne bisogno hanno scoperto adesso, con gravissimo ritardo di aver sottovalutato la Russia, di aver
pensato che la Russia fosse ormai fuori dai grandi giochi, che l’avanzata verso
Est sia dell’Unione Europea, sia della Nato l’avessero stretta in un angolo,
ahimé, mentre loro si cullavano in questa convinzione, distratti anche
dall’idea che tutti i problemi del mondo si concentrassero nel confronto con
l’estremismo islamico, mentre tutto questo avveniva a Stati Uniti e Unione
Europea, Putin lavorava per ricostruire e ridare alla Russia un’arma di
influenza apolitica, che adesso vediamo in azione.
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DOPO
L’INCONTRO DI MILANO, LA COMUNITA’ DI TAIZE’ IN PELLEGRINAGGIO
A
SOTTO IL MONTE, PAESE NATALE DI GIOVANNI XXIII, PER RICODARE
I
VINCOLI CHE LEGAVANO FRÈRE ROGER AL “PAPA BUONO”
Una visita
con il valore di una tappa dello spirito. Hanno voluto onorare così la memoria
di Frère Roger i membri della Comunità di Taizé, che stanno trascorrendo la
giornata di oggi nella casa natale di Giovanni XXIII a Sotto il Monte, la
località bergamasca che diede i natali a Papa Roncalli. Una giornata di preghiera
e di incontro con mons. Loris Capovilla, che del “Papa buono” fu segretario,
dopo il tradizionale raduno giovanile animato da Taizé, conclusosi ieri a
Milano. Il servizio di Alessandro De Carolis.
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“Santità”, chiese una volta Frère Roger Schutz a Giovanni
XXIII, “perché vi fidate così tanto di noi?”. E il “Papa buono” rispose:
“Perché avete gli occhi innocenti dei bambini”. Con gli occhi dei propri
ricordi, i fratelli di Taizé avranno visto rivivere oggi il loro fondatore –
tragicamente scomparso l’agosto scorso - accanto ad un Pontefice che aveva
fatto della schietta bonomia della sua terra bergamasca la cifra del suo
ministero, fino al soglio di Pietro. Dopo l’incontro di fine anno con i
giovani, nella metropoli milanese, oggi per i figli spirituali di Frère Roger
Schutz è stato il giorno della riflessione a Sotto il Monte. Ecco un commento a
caldo di uno dei presenti, Frère John:
R. - Penso che Papa Giovanni sia stato l’uomo che ha
segnato la vita di Frère Roger probabilmente più di ogni altro e quindi il
rapporto con lui è sempre stato forte. Frère Roger ne parlava sempre, anche
negli ultimi mesi della sua vita, e allora, venendo a Milano, molto vicino a
Sotto il Monte, abbiamo voluto fare un pellegrinaggio alle fonti, si può dire.
E’ c’è stata la bella possibilità di incontrare mons. Capovilla che è un po’ il
testimone vivo di questo rapporto. Mons. Capovilla ha parlato sia di Papa
Giovanni sia di frère Roger definendoli come anziani-bambini, rimasti piccoli
per l’innocenza e per la trasparenza degli occhi e del cuore, un carisma che
avevano entrambi. E poi ha parlato molto dell’importanza dell’umiltà, del
cammino ecumenico: un bel richiamo all’essenzialità della nostra vocazione.
D. – Voi venite da Milano dove avete celebrato l’incontro
tradizionale di fine anno della comunità di Taizé con 50 mila giovani. Qual è
stata l’atmosfera di questo primo raduno dalla morte di Frère Roger?
R. – Possiamo dire che siamo stati contenti al di là delle
aspettative, perché l’accoglienza delle parrocchie e delle famiglie è stata
stupenda, e poi soprattutto è stato un incontro molto più partecipato e molto
più silenzioso, incentrato sull’essenziale, come se la morte di Frère Roger
avesse dato questa profondità più ancora che in passato, anche se tutti gli
incontri sono importanti. In quest’ultimo, però, si sentiva qualcosa di
particolare. In questo senso, è stato un incontro più spirituale con il Signore
e tra le persone che erano lì.
D. – E’ stato un po’ come un nuovo inizio?
R. – Sì, in un certo senso possiamo definirlo così: un
piccolo nuovo inizio.
Polenta tutti i giorni e bollito di manzo nella festa,
cascinali tra i campi e strade lastricate di ciottoli, terra da dissodare e
povertà. Era questo il piccolo centro rurale di Sotto il Monte quando il 28
ottobre 1958 fu attraversato dal suono delle campane a festa. Angelo Roncalli,
figlio di quella terra, era diventato Papa. Oggi, grazie a quell’avvenimento,
Sotto il Monte è diventato il maggior centro di pellegrinaggio della
Bergamasca, con i suoi 3 mila 300 abitanti e soprattutto l’eredità di un
Pontefice e di un Beato del quale è ancora possibile vistare i luoghi
dell’infanzia. La casa natale, gestita dai Missionari del PIME, è divenuta un
piccolo museo, con la lunga teoria di vetri che racconta per immagini la vita
di Giovanni XXIII. Ma la modernizzazione non ha intaccato la tranquillità di
una zona naturale che chi ci vive e chi l’ha visitata preferisce chiamarla “un
grande santuario all’aperto”.
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IL
MESTIERE DEL GIORNALISTA SEMPRE PIU’ A RISCHIO IN UN MONDO
DOVE
LA LIBERTA’ DI STAMPA VIENE CONTRASTATA ANCHE
NELLE
DEMOCRAZIE LIBERALI. UN BILANCIO DI FINE ANNO 2005
CHE
PONE INQUIETANTI INTERROGATIVI
- Intervista con Stefano Marcelli
-
Tempo di bilanci per l’anno che è appena passato anche nel
campo dell’informazione, della tutela della professione giornalistica, del
diritto alla comunicazione. Anzitutto si ricordano i giornalisti morti a causa
del loro lavoro: quanti sono stati nel 2005 e quali sono stati i Paesi più a
rischio? Roberta Gisotti lo ha chiesto a Stefano Marcelli, presidente di Information Safety and Freedom,
associazione a difesa della libertà di stampa e di espressione nel mondo:
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R. – Nel 2005 sono stati 69 ma vorrei subito dire che si
sommano agli 89 del 2004, e ai 64 del 2003. 222 colleghi uccisi negli ultimi tre
anni. Siamo dentro una escalation che non si arresta e che è cominciata una
decina di anni fa. Fare il giornalista è un mestiere sempre più a rischio
proprio per l’incolumità fisica. Naturalmente l’Iraq con la guerra ha dato il
suo contributo con 76 giornalisti uccisi, ma vorrei anche segnalare 29 omicidi
di giornalisti nelle Filippine dove c’è una situazione terribile, assolutamente
dimenticata da tutti, o i 24 nella Colombia. E’ proprio un brutto periodo per
la libertà di stampa.
D. – Oltre al tributo di sangue, ci sono poi giornalisti
che hanno subito vessazioni e limiti comunque alla loro libertà e ce ne sono
molti tutt’ora incarcerati in tanti Paesi…
R. – Purtroppo è un conto che supera le centinaia e va
nelle migliaia. Un dato recente ha colpito molti osservatori perché gli Stati
Uniti si collocano incredibilmente al sesto posto per i giornalisti arrestati.
Va anche detto che è comunque una situazione diversa dall’Iran o dalla Cina
dove vengono tenuti in celle di isolamento e torturati. Voglio qui ricordare
anche l’iniziativa che abbiamo lanciato come associazione per liberare Akbar
Ganji, scrittore, filosofo, giornalista iraniano che ormai da quasi cinque anni
si trova in una cella di isolamento a Teheran, solo perché ha denunciato, tra
l’altro, omicidi politici commessi per conto del regime degli Ayatollah. Akbar
è malato gravemente di asma, non viene curato ed è sotto-alimentato ed è stato recentemente di nuovo minacciato di
morte. Migliaia di studenti dell’Università di Teheran continuano a manifestare
chiedendo la sua liberazione insieme con Premi Nobel e a tutte le più
importanti associazioni umanitarie nel mondo. Credo sia importante che tutti
gli uomini di buona volontà si mobilitino per salvare un uomo che è anche il
simbolo della voglia di libertà e di democrazia del popolo iraniano.
D. – Il tema della libertà di stampa è stato quest’anno
oggetto di dibattito acceso anche in diversi Paesi occidentali, in particolare
negli Stati Uniti ma anche in relazione all’Italia. E c’è chi accusa le democrazie
occidentali di limitare il diritto all’informazione di fronte alle insicurezze
che ha posto il terrorismo internazionale e di celarsi poi dietro questo alibi
per imbavagliare la stampa per altri scopi … Qual è la sua opinione?
R. – Diciamo che, la tragicità, ma anche la brutalità
della guerra in Iraq è evidenziata anche dalla morte di molti giornalisti. Metà
sono stati uccisi dalla Coalizione occidentale, e l’altra metà sono stati
sgozzati barbaramente da quello che si chiama terrorismo o resistenza. Nessuno
vuole testimoni in questo mondo. Tutti i più importanti sociologici da Bauman a
Zacarias, che guardano la situazione delle nostre democrazie, ci avvertono da
anni che la democrazia liberale sta passando un periodo involutivo, con una
svolta autoritaria. Politici e grande finanza controllano il mondo
dell’informazione e vogliono propaganda, esattamente come coloro che gli si
contrappongono. Per questo noi lanciamo l’allarme, l’abbiamo fatto anche
assieme ai colleghi dell’Associazione Americana CPJ. C’è veramente un pericolo
a livello globale, - usiamo questa parola - per la libertà d’informazione. Pare
che di questi tempi nessuno voglia lasciare gli uomini liberi di sapere, di
pensare, di esprimersi.
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DOSSIER
OGM: MINACCIA O SPERANZA ?
-
Intervista con Giuseppe Politi, Federica Ferrario, Edoardo Ferri,
Domenico
Mariotti e don Paolo Tarchi -
E’ uno dei temi caldi che da qualche anno sta dividendo il
mondo scientifico: l’utilizzo degli OGM in agricoltura. Da una parte c’è chi
teme che gli organismi geneticamente modificati produrranno conseguenze
imprevedibili sulla salute umana e sull’ambiente, dall’altra c’è chi afferma
che il biotech è semplicemente un’evoluzione delle pratiche agronomiche:
perfettamente controllabile e assolutamente non dannoso. Variegato lo scenario
attuale sulle le normative e le teorie
sulla manipolazione genetica vegetale. A fine 2005 la Svizzera ha deciso di
sospendere la coltivazione di questo tipo di piante, per 5 anni. Ma gli OGM
sono una speranza o una minaccia? Il servizio è di Massimiliano Menichetti.
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(Musica)
OGM, organismi geneticamente modificati. Per molti la loro
applicazione in agricoltura risolverà il problema della fame nel mondo, per
altri rappresentano un rischio per la salute umana e per l’ambiente. L’uomo,
con la nascita dell’agricoltura, ha da sempre selezionato le piante. Nell’’800
Mendel diede avvio ai processi di ibridazione, oggi si manipola il DNA per
avere piante più resistenti e più produttive. Secondo il Servizio internazionale
per l’acquisizione delle applicazioni agrobiotecnologiche, nel 2004 la
superficie mondiale coltivata con piante biotech ha raggiunto 81 milioni di
ettari. In prima linea gli Stati Uniti, poi Argentina, Canada, Brasile e Cina.
Tra gli altri si affacciano anche India, Sudafrica, Australia, in Europa la
Spagna. La Svizzera con il referendum ha da poco bocciato le coltivazioni OGM
per i prossimi 5 anni. L’Italia è aperta alla sperimentazione, ma non alla
coltivazione. Giuseppe Politi, presidente della Confederazione italiana agricoltori:
R. – Gli OGM
non servono all’agricoltura italiana. Questo non significa che bisogna chiudere
le porte a tutto ciò che riguarda l’innovazione. Noi abbiamo tanti prodotti
fortemente legati al territorio e questo tipo di diversificazione fa forte
l’agricoltura italiana.
In Italia dal 2004 è obbligatorio indicare sulle etichette
gli alimenti e i mangimi geneticamente modificati. Rimane il problema dei
prodotti derivati da animali nutriti con OGM, che non sono indicati, come la
carne, latte e uova. E molti continuano a sostenere la loro pericolosità.
Federica Ferrario, responsabile Campagna OGM di Greenpeace Italia:
R. –
Assolutamente, adesso la strada non è percorribile. Non abbiamo abbastanza informazioni,
non siamo in grado di gestire e di conoscere a fondo un organismo geneticamente
modificato. Con gli OGM parliamo di organismi viventi, quindi organismi che
cercano di riprodursi, di adattarsi all’ambiente, di interagire con l’ambiente
e adesso non siamo in grado di controllarli. Per quanto riguarda poi la
situazione a livello europeo, la prima cosa da fare sarebbe quella di
ristrutturare dalla base l’attuale sistema ‘autorizzativo’, perché non sta
tutelando né i consumatori europei, né tanto meno l’ambiente.
In pratica si chiede che l’autorità europea per la
sicurezza alimentare compia ricerche indipendenti per accertare la sicurezza
dei prodotti transgenici, piuttosto che valutare come accade oggi i risultati
forniti da chi propone il prodotto da approvare. Sotto tiro le grandi
multinazionali, come la statunitense Monsanto, accusata di scarsi controlli.
Edoardo Ferri, responsabile Relazioni istituzionali di Monsanto Italia:
R. – La
Monsanto conduce dei test che sono indicati nelle singole normative approvate
dai singoli Paesi o dalle confederazioni di Stati. Gli OGM sono chiaramente i
prodotti alimentari più studiati al mondo, per cui le garanzie di sicurezza
sono addirittura più alte rispetto ai cibi convenzionali. Questo è quello che
ha detto anche la Commissione europea nel 2001, presentando studi condotti da
400 gruppi di ricerca indipendenti per 15 anni sugli OGM.
Paure sono espresse anche per la biodiversità,
ovvero la possibilità che prodotti naturali siano contaminati da pollini OGM.
Ma quindi gli OGM sono sicuri per l’uomo e per l’ambiente? Domenico Mariotti,
direttore dell’Istituto di biologia e biotecnica agraria del Centro nazionale
ricerche:
R. – Tutte le prove fatte non manifestano nessun tipo di
pericolosità, né per l’uomo né per l’ambiente. Per quanto riguarda il possibile
danno ambientale, sappiamo bene che il rischio di contaminazione di culture non
transgeniche da parte di culture transgeniche è decisamente molto basso e
comunque sempre controllabile con una buona pratica agronomica.
Anche la Chiesa si è interrogata e si interroga sugli OGM.
Molti sono stati i convegni organizzati sul tema e la posizione è stata
ribadita all’interno del Compendio della Dottrina sociale della Chiesa. Don
Paolo Tarchi, direttore dell’Ufficio nazionale della CEI per i problemi sociali
e il lavoro:
R. – Anche il
recente Compendio della Dottrina sociale della Chiesa ha inserito un capitolo
molto puntuale che aiuta a fare discernimento in ordine ad una biotecnologia
che non sia fine a se stessa, ma che abbia sempre nei parametri etici i suoi
riferimenti, attraverso quello che si chiama il principio della precauzione.
Il Compendio precisa che le biotecnologie devono seguire i
criteri etici di giustizia, politica ed economica e di solidarietà, intesa
anche nei confronti dei Paesi in via di sviluppo, cercando di favorire e non
monopolizzando quindi i mezzi per il sostentamento e la crescita.
(Musica)
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2 gennaio 2006
IL GOVERNO DI TIANJIN, IN CINA, HA PROMESSO DI
RICONOSCERE I DIRITTI DI
PROPRIETÀ
DELLA CHIESA PER ALCUNI EDIFICI DELLA CITTÀ
TAIYUAN.
= Secondo quanto ha promesso il governo di Tianjin, in Cina, verranno riconosciuti
alla Chiesa i diritti di proprietà per alcuni edifici della città. Nelle scorse
settimane, un gruppo di sacerdoti, suore e laici delle diocesi di Taiyuan e
Yuci avevano occupato uno degli edifici e avevano subito pestaggi violenti da
parte di “teppisti” che volevano espellerli. Come riporta l’agenzia AsiaNews,
padre Antonio Han Huide, procuratore della diocesi, ha dichiarato che il
vicesindaco di Tianjin ha verificato la validità dei reclami presentati dai
sacerdoti e ha promesso di risolvere la disputa seguendo le direttive sulla
politica religiosa del governo centrale. Come segno di buona volontà, il
vicesindaco ha anche consegnato ai sacerdoti la chiave dell’edificio, che si
trova nella via Jinbu, vicino alla stazione ferroviaria di Tianjin. Il
funzionario ha invitato i sacerdoti a usarla tutte le volte che giungono in
città, ma ha chiesto loro di terminare l’occupazione e ritornare nello Shanxi, aspettando
che il governo prepari i documenti per la cessione delle proprietà. I fedeli di
Taiyuan e Yuci temono però che anche queste nuove promesse finiscano nel nulla.
Negli anni scorsi, due petizioni inviate dalle diocesi per reclamare il diritto
sulle proprietà erano rimaste inascoltate. (R.M.)
HANNO DATO RISULTATI NEGATIVI ALL'INFLUENZA
AVIARIA GLI ACCERTAMENTI
SU CINQUE PERSONE NELLA TURCHIA ORIENTALE, TRA CUI L'AUTOPSIA DI
UN QUATTORDICENNE DECEDUTO IERI
VAN. = Hanno dato risultati negativi i test su
cinque persone che si temeva avessero contratto l’influenza aviaria nella
Turchia orientale. Lo ha reso noto questa mattina il Ministero turco della
sanità. Un ragazzo di 14 anni colpito dalla malattia era morto ieri
nell’ospedale di Van, vicino al confine con l’Iran. I test erano particolarmente
importanti perché, se fossero risultati positivi, si sarebbe trattato dei primi
casi di contagio umano e del primo decesso da influenza aviaria in Turchia.
L’adolescente morto ieri, Mohammet Ali Kocyigit, originario della località di
Dogubeyazit, vicino alla frontiera con l’Iran, era stato ricoverato insieme a
tre suoi fratelli. “E’ morto nonostante tutti gli sforzi”, ha dichiarato ai
giornalisti, senza fornire particolari, Huseyin Avni Sahin, primario del
nosocomio. I volatili dell’allevamento da cui provenivano i polli che il
ragazzo e i suoi fratelli avevano mangiato – ha precisato il dottor Sahin –
sono stati abbattuti dopo aver manifestato i sintomi della malattia 15 giorni
fa. Nell’ospedale erano poi ricoverate altre due persone con sintomi della
malattia. (R.M.)
DECRETATO, IN KENYA, LO STATO DI “DISASTRO NAZIONALE”, PER LA SICCITÀ E
LA CARESTIA
CHE STANNO COLPENDO 2 MILIONI E MEZZO DI CITTADINI
NAIROBI. = Accogliendo la
richiesta di un gruppo di parlamentari appartenenti a differenti schieramenti
politici, il presidente del Kenya, Mwai Kibaki, ha decretato “disastro nazionale”
la siccità e la carestia che stanno colpendo circa 2 milioni e mezzo di cittadini,
“per garantire che ci siano interventi adeguati sul terreno”. Nel suo discorso
di inizio anno al Paese, Kibaki ha rinnovato “l’appello ai partner nazionali e
internazionali ad unirsi al governo per dare una mano ai fratelli e alle
sorelle che stanno sperimentando questa difficile situazione”, soprattutto
nelle regioni nord-orientali e costiere del Paese, dove almeno 30 persone sono
già decedute. Decretare lo stato di “disastro nazionale”, secondo il
responsabile operativo della “Kenyan Red Cross Society” (KCRS), Farid
Abdulkadir, “è una mossa giusta da parte del governo, che consentirà di
utilizzare tutte le risorse disponibili”. Abdulkadir ha riferito che le
operazioni di soccorso sono state intensificate anche con il dispiegamento
dell’esercito, incaricato di distribuire i generi di prima necessità, e grazie
alla solidarietà di un grande numero di privati. Nei distretti di Wajir,
Mandera e Marsabit sono già arrivati circa 100 tonnellate di cibo e aiuti per
373 mila dollari da donatori internazionali. Anche nella vicina Tanzania lo
scenario è preoccupante: il presidente, Jakaya Kikwete, ha avvertito che, a
causa delle scarse piogge, “in molte aree del Paese già scarseggiano gli
alimenti”. (R.M.)
PREVISTA,
IL 9 FEBBRAIO PROSSIMO, L’INAUGURAZIONE DEL NUOVO VILLAGGIO
DI
PERIAVILAI,
NELLO STATO INDIANO DEL TAMIL NADU, PESANTEMENTE DANNEGGIATO DALLO TSUNAMI DEL 26 DICEMBRE 2004. L’OPERA È
STATA PORTATA A TERMINE GRAZIE AI FONDI RACCOLTI DALL’ASSOCIAZIONE NAPOLETANA,
MONDO AMICO (AMA)
NAPOLI. = Grazie all’impegno
dell’Associazione napoletana Mondo Amico (AMA), il 9 febbraio prossimo sarà
inaugurato in India, nello Stato del Tamil Nadu, il nuovo villaggio di
Periavilai, pesantemente danneggiato dallo tsunami
del 26 dicembre 2004. “Abbiamo raccolto 450 mila euro in sei mesi – spiega Luca
Trapanese, responsabile dei volontari dell’associazione partenopea – e, a
distanza di un anno, abbiamo ricostruito il villaggio con 450 case e 525
famiglie, dove prima dello tsunami
vivevano prevalentemente pescatori”. L’AMA già operava in un’altra piccola
città dello Stato del Tamil Nadu, Orikottai: “Abbiamo finanziato – racconta
Trapanese - un piccolo asilo voluto da sister Lincy Cherian, dell’ordine Holy
Cross, rivolto a bambini disabili. Suore dell’Holy Cross vivevano anche a Periavilai,
così sister Lincy, informata delle drammatiche condizioni in cui versava il
villaggio, ha chiesto il nostro aiuto”. Per finanziare il progetto,
l’associazione ha mandato 500 salvadanai in giro per Napoli e fuori città, mettendo insieme circa 90 mila
euro. Altri fondi sono stati raccolti con una serata al Teatro Augusteo, cui
hanno partecipato gratuitamente molti artisti napoletani, con un’asta
organizzata da una galleria, con donazioni e libere offerte, non solo da Napoli
e dal resto d’Italia, ma anche dall’estero. “Abbiamo anche ricevuto dal governo
indiano una medaglia d’oro – ricorda Trapanese – come la migliore associazione
che ha operato dopo lo tsunami,
perché siamo i primi a consegnare un villaggio ricostruito nei tempi previsti.
(R.M.)
A CAUSA DELLA GLOBALIZZAZIONE, DELLE 6 MILA LINGUE PARLATE OGGI NEL
MONDO, ENTRO IL 2100 NE RESTERANNO SOLO
CHE
TUTELA LA CULTURA E
- A cura di Roberta Moretti -
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PARIGI. = Delle 6 mila lingue parlate oggi nel mondo, fra
un secolo ne resteranno solo la metà: è l’allarme lanciato ieri a Parigi
dall’UNESCO, l’organizzazione delle Nazioni Unite che tutela la cultura e la
scienza. Attualmente, le lingue più parlate sono il cinese, l’inglese, lo
spagnolo, il russo, il francese e l’hindi/urdu. Nel 2100, le maggioritarie saranno
le lingue asiatiche, come il cinese e l’hindi, l’inglese, lo spagnolo e
l’arabo. Il ritmo della scomparsa sarà regolato dai tempi sempre più stretti
della globalizzazione economica, che porta con sé l’esodo dalle campagne e lo
smarrimento degli indigeni nelle metropoli e negli Stati più industrializzati.
Per questo, la perdita degli idiomi sarà forte soprattutto in Australia e negli
Stati Uniti. Inoltre – spiega al quotidiano parigino Le Monde la linguista,
Colette Grinevald – con la cancellazione delle lingue scompariranno anche
numerose conoscenze, perché proprio gli
idiomi locali permettono di vedere il mondo in modo diverso e di mostrare le
varie sfaccettature del genio umano”. “La scomparsa di una lingua – sottolinea
ancora la studiosa – può creare inoltre dei problemi d’identità, perché il modo
di parlare permette di radicarsi in una storia”: “Nell’America Latina, ad esempio,
molti hanno dovuto rinunciare alla propria lingua a vantaggio dell’inglese o
dello spagnolo, con il risultato di creare un’anomia, ovvero, un’assenza di
regole, in cui nessuna delle due lingue è padroneggiata”. “Una situazione –
aggiunge
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E’ SCOMPARSO IERI
A ROMA VITTORIO PERI, STORICO DELLA CHIESA E
FIGURA DI SPICCO DELLA CULTURA CATTOLICA.
I FUNERALI, DOMANI ALLE 11
NELLA PARROCCHIA DI NOSTRA SIGNORA
DI COMOROTO
ROMA. = Si svolgeranno domani alle 11, nella parrocchia
romana di Nostra Signora di Comoroto, i funerali di Vittorio Peri, storico
della Chiesa, figura di spicco della cultura cattolica e postulatore della
Causa di Beatificazione di Giorgio
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2
gennaio 2006
- A cura di Eugenio Bonanata -
Sono ore di attesa per la sorte dei 5 turisti italiani
rapiti ieri nello Yemen da esponenti di un gruppo tribale della provincia del
Marib. Le autorità yemenite avrebbero raggiunto un accordo con i rapitori dei
cinque italiani, la cui liberazione sarebbe dunque imminente. Lo riferiscono
fonti italiane, citando alcuni media locali. Il presidente Ciampi, dal canto
suo, ha assicurato che si stanno facendo tutti gli sforzi perché la crisi si
risolva al più presto.
In Medio Oriente l’aviazione israeliana e' tornata a
colpire durante la notte la Striscia di Gaza, in risposta al lancio di missili
palestinesi in territorio ebraico. Il primo ministro israeliano, Sharon, sarà
ricoverato giovedì prossimo per un lieve intervento al cuore. La salute di
Sharon è al centro dell’attenzione politica locale e internazionale visto che
l’anziano premier, alla guida del nuovo partito Kadima, è indicato dai sondaggi
come il grande favorito delle elezioni che si terranno il 28 marzo.
Sul versante palestinese, dopo la liberazione del
pacifista italiano ad opera delle forze di sicurezza, non si placa il
malcontento della polizia palestinese per la situazione di anarchia nei
Territori. Circa duecento poliziotti in borghese questa mattina hanno fatto irruzione
in diverse sedi dell'amministrazione di Rafah, nella Striscia di Gaza, per denunciare
l'inazione dell'Autorità Nazionale palestinese di fronte al caos che regna
nella Striscia di Gaza. Intanto, decine di osservatori europei, partiti alla
volta delle principali città della Cisgiordania e di Gaza, hanno dato il via ai
preparativi in vista delle elezioni politiche del 25 gennaio.
Ancora violenze in Iraq, dove almeno cinque poliziotti
governativi sono stati uccisi e altri cinque feriti da un’autobomba che è
esplosa contro il loro pullman a Baquba, a nord di Baghdad. Gli agenti
avrebbero dovuto prendere servizio in una città curda più a nord.
I ribelli maoisti, che dal 1996 combattono armi in pugno
la monarchia del Nepal, hanno affermato oggi la fine del “cessate-il-fuoco”
proclamato quattro mesi fa annunciando che sarà ripresa l'offensiva contro “il
regime autocratico” di re Gyanendra. La sospensione delle ostilità aveva
permesso tra l'altro una convergenza politica tra i maoisti e i sette
principali partiti nepalesi con il fine di ristabilire la democrazia. Il 1
febbraio 2005 il re ha assunto i pieni poteri, licenziando il governo, a suo
dire incapace e passivo davanti ai progressi militari maoisti. Lo scorso 13
agosto l'Unione Europea ha condannato i ribelli
per l'indottrinamento e l'impiego di bambini soldato nella guerra
civile, che finora ha fatto oltre 12.500 morti.
In Afghanistan, un attentatore suicida ha lanciato oggi la
sua automobile imbottita di tritolo contro un convoglio di soldati appartenenti
alla forza multinazionale. Nessuna vittima fra i militari, mentre una passante
è rimasta ferita. L’attacco, reso noto dal governatore regionale, Abdullah
Khan, è avvenuto presso la città di Kandahar, nella parte meridionale del
Paese. Non è stata specificata la nazionalità dei soldati feriti, tuttavia,
nella zona operano soprattutto truppe americane.
La commissione delle Nazioni Unite che indaga
sull'omicidio dell’ex premier libanese, Rafic Hariri, vuole interrogare il
presidente siriano, Bashar Assad. Lo ha reso noto la portavoce della
commissione. Oltre al presidente, gli inquirenti dell’ONU avrebbero chiesto di
sentire anche il ministro degli Esteri di Damasco. Dal canto suo, il
presidente libanese pro-siriano, Emile Lahoud, ha respinto tutte le accuse
contro di lui mosse dall’ex vice presidente siriano, Khaddam. Secondo Khaddam,
Lahoud avrebbe condotto delle campagne denigratorie contro il premier libanese
Rafic Hariri, poi ucciso nel febbraio dello scorso anno.
In Indonesia, cresce il numero
delle vittime provocate dall’esondazione di un fiume, avvenuta stamani a Panti,
località nella parte centrale del Paese. Le autorità locali hanno fatto sapere
che i morti sono almeno 34 e i feriti 30. Non si hanno notizie della sorte degli
abitanti di due villaggi colpiti dall’inondazione. Centinaia di abitazioni e
alcune scuole sono andate completamente distrutte. Intanto, nel quadro
dell’inchiesta sull’attentato di sabato in un mercato della provincia di
Sulawesi, la polizia indonesiana ha annunciato ieri il fermo di un uomo. Posto
sotto interrogatorio, potrebbe essere uno degli autori dell’azione criminosa
che ha causato 7 morti e una cinquantina di feriti.
Non accenna a fermarsi la locomotiva dell’economia cinese.
Il prodotto interno lordo del Paese nel 2005 è cresciuto del 9,8%, quattro
decimi di punto più del previsto. Lo ha reso noto Qu Xinquian, vice ministro
dello Sviluppo nazionale e della commissione Riforme. “Questi dati - ha
spiegato il vice ministro - sono stati rielaborati dopo gli aggiustamenti del
PIL del 2004”, recentemente rivisto al rialzo al 16,8%.
Dodici uomini sono stati uccisi da militari nigeriani
perchè sorpresi a prelevare petrolio greggio da un oleodotto nello Stato
meridionale del Delta. Lo ha annunciato il capo della “Task Force” governativa,
Isiaka Pachiko.
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