RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L n. 59 - Testo della trasmissione di martedì 28 febbraio 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Gli auspici e l’incoraggiamento di Benedetto XVI in tema di economia e solidarietà: nel telegramma inviato dal cardinale Sodano a conclusione della Conferenza internazionale sul microcredito in Vaticano

 

Presentato in sala stampa vaticana il documento della Santa Sede “Orientamenti per una pastorale degli zingari”. Mons. Marchetto: l’integrazione delle popolazioni nomadi nelle società occidentali è una “causa di liberazione e di dignità”. Ai nostri microfoni, il presule

 

Diagnosi preimpianto e prenatale hanno soprattutto finalità eugenetiche: a sottolinearlo gli studiosi intervenuti alla seconda giornata del Congresso internazionale sull’embrione, in Vaticano

 

La visita di studio a Roma di docenti e studenti dell’Università di Atene: ieri l’udienza dal Papa, oggi la visita alla Radio Vaticana: intervista con padre Dimitri Salakas

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Nell’ambito della vicenda Enel-Suez, il ministro italiano dell’Economia incontrerà oggi a Bruxelles il commissario UE alla concorrenza. Dibattito sul cosiddetto “neo protezionismo” in Europa: con noi Edgardo Curcio e Andrea Bonanni

 

30 morti in Iraq e attacco, senza vittime, contro un convoglio militare italiano a Nassirya. Sulla situazione attuale interviene l’associazione internazionale per la libertà di stampa “Information Safety and Freedom: ce ne parla Roberto Reale

 

Bambini e adolescenti al centro di tante storie difficili, nel film ad episodi All the Invisibile Children: stasera l’anteprima a Roma con il presidente Ciampi e venerdì l’uscita nelle sale italiane:  il commento di Stefano Veneruso

 

CHIESA E SOCIETA’:

Vietnam: nei primi 9 mesi del 2005 si sono registrati 74.264 aborti

 

Una riflessione del presidente della Repubblica Ciampi sulle responsabilità degli operatori dei media alla cerimonia di consegna dei premi Ischia per il giornalismo oggi al Quirinale

 

Il sindacato Solidarnosc si sta battendo in questi giorni per garantire agli operai polacchi della Fiat GM Powertrain Polska, a Bielsko, il sabato libero

 

Inaugurata ieri a Nairobi, in Kenya, la prima stazione cinese FM d’oltre mare: China Radio International (CRI)

 

24 ORE NEL MONDO:

Slittano a domani i colloqui fra Russia e Iran sul progetto nucleare di Teheran 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

28 febbraio 2006

 

 

GLI  AUSPICI E L’INCORAGGIAMENTO DI  BENEDETTO XVI  IN TEMA DI ECONOMIA

E SOLIDARIETA’: NEL TELEGRAMMA INVIATO DAL CARDINALE SODANO A CONCLUSIONE DELLA CONFERENZA INTERNAZIONALE  SUL MICROCREDITO IN VATICANO

 

Un “rinnovato impegno per la promozione della cultura della solidarietà   ispirata ai valori evangelici” è  l’auspicio e l’incoraggiamento che Benedetto XVI, tramite un telegramma a firma del Segretario di Stato, cardinale Angelo Sodano, ha fatto pervenire ai partecipanti alla Conferenza internazionale organizzata dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e conclusasi oggi su “Microcredito e lotta alla povertà”.

 

La giornata conclusiva, dopo la tavola rotonda di ieri pomeriggio  con la presentazione di diverse esperienze  sul fronte dei finanziatori, ha offerto stamani uno spaccato dei risultati raggiunti dal microcredito da parte di gruppi ecclesiali operanti nel settore, con la partecipazione di personalità africane, mediorientali, americane, asiatiche ed europee. Ne è scaturita l’affermazione che l’accesso al credito è oggi una imprescindibile esigenza di giustizia e, come al tempo in cui sorsero nel Quattrocento ad opera dei francescani le prime istituzioni creditizie  a favore dei più poveri, così anche oggi bisogna inventare nuove possibilità di accesso al credito per chi ne è normalmente escluso in ambito bancario. Le testimonianze provenienti da vari Paesi, dall’Etiopia al Rwanda, dal Perù all’India, dalla Cambogia alla Germania e all’Italia, hanno indicato nel microcredito – pur con limiti e rischi da tenere presenti – una delle chiavi importanti  per sostenere lo sviluppo, dando un reale contributo al raggiungimento del più ambizioso degli   obiettivi del Millennio: la riduzione della povertà nel mondo.

 

Illustrando la prospettiva morale del tema oggetto della Conferenza, la prof.ssa Margareth Pfeill dell’Università statunitense Notre Dame, nell’ultima relazione del convegno, ha sottolineato l’esigenza che i programmi di microcredito tendano allo sviluppo integrale di ciascun partecipante, la persona che è soggetto dell’attività economica. “A questo scopo – ha detto - le iniziative di microcredito  possono al meglio realizzarsi come strumenti di finanza etica coltivando l’ethos della solidarietà, uno spirito di condivisione dei beni della creazione e le proprie capacità in risposta di gratitudine agli abbondanti frutti dell’amore di Dio, facendo sì che l’amore dia forma alle esigenze di giustizia in attuazione del bene comune”.

 

Nelle osservazioni conclusive, il presidente del Pontificio Consiglio, cardinale Renato Martino, definendo la Conferenza “una stimolante esperienza ricca di sfide e di salutari provocazioni”,  ha sottolineato che il microcredito “va concepito come uno strumento finanziario che deve funzionare in vista di inserire i poveri dentro processi virtuosi di sviluppo, caratterizzati da una cultura della partecipazione e dell’esperienza solidale del protagonismo dei poveri stessi nel dare risposte adeguate ai loro problemi”. Di qui la necessità di una “sinergia degli strumenti e di una più dinamica operatività tra le iniziative della cooperazione internazionale, dentro uno cultura caratterizzata dalla solidarietà e dalla sussidiarietà”. Il porporato ha anche messo in guardia dal “rischio, né lontano né irreale, che il microcredito venga considerato da alcuni come una ghiotta opportunità di allargare i propri mercati finanziari, guidati unicamente dall’idea della massimizzazione del profitto”. I cattolici dovranno pertanto essere in prima linea in quella “fantasia della carità”, sociale, economico-finanziaria e politica, capace di sostenere ciò che la corrente razionalità finanziaria considera una specie di contraddizione: la bancabilità dei non bancabili.

 

 

“ORIENTAMENTI PER UNA PASTORALE DEGLI ZINGARI”:

PRESENTANDO IL DOCUMENTO DELLA SANTA SEDE IN SALA STAMPA VATICANA,

MONS. MARCHETTO PARLA DELL’“INTEGRAZIONE DELLE POPOLAZIONI NOMADI

NELLE SOCIETA’ OCCIDENTALI COME UNA “CAUSA DI LIBERAZIONE E DI DIGNITÀ”

 

Un popolo in viaggio spesso colpito, nel corso dei secoli, da persecuzioni e segnato a dito da discriminazioni e pregiudizi, in gran parte figli di un’incomprensione culturale. Si tratta degli Zingari, ai quali la Chiesa, attraverso il Pontificio Consiglio per la Pastorale per i Migranti e gli itineranti, ha dedicato un documento che contiene una visione d’insieme dell’azione della Chiesa per l’evangelizzazione delle popolazioni nomadi. Il documento - in gestazione sin dal 2001 per la sua notevole complessità - si intitola “Orientamenti per una pastorale degli Zingari” ed è stato presentato questa mattina in Sala stampa vaticana, con gli interventi del presidente del dicastero vaticano, il cardinale Fumio Hamao, e del segretario, l’arcivescovo Agostino Marchetto. A quest’ultimo, Giovanni Peduto ha chiesto di illustrare le linee-guida del testo:

 

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R. – Il testo si apre con una Premessa, che motiva la sua pubblicazione. Il documento nasce da una sincera preoccupazione della Chiesa per gli Zingari, in risposta alle esigenze di una realtà pastorale particolare, inserita nel suo slancio missionario e di promozione umana. Gli Orientamenti sono frutto di un lungo studio, cui hanno contribuito vari Operatori pastorali, anche Zingari, e alcuni esperti. Sono state interpellate, inoltre, istanze ecclesiali non direttamente coinvolte in questo tipo di pastorale, in modo tale da situarla adeguatamente nella più ampia cornice della missione universale della Chiesa. Considerato, poi, che le popolazioni zingare pur nella loro identità culturale sono segnate anche da diversità, spetterà alle Chiese locali adeguare criteri, indicazioni e suggerimenti contenuti nel documento alle situazioni concrete di luogo e di tempo.

 

D. – Qual è il contenuto di questi “Orientamenti”?

 

R. – I sei capitoli del testo possono essere suddivisi in due grandi sezioni: quella che presenta la Chiesa e gli Zingari in visione d'insieme, e la sezione più propriamente pastorale. La prima offre alcune nozioni generali sugli Zingari (cap. I), attesta la sollecitudine della Chiesa nei loro confronti e presenta la visione biblica dell’itineranza, nonché il rapporto tra cattolicità della Chiesa e pastorale per gli Zingari (cap. II). I capitoli III e IV sono dedicati invece allo studio del vincolo profondo che unisce evangelizzazione, inculturazione della fede e promozione umana. Mentre il capitolo III si sofferma sull'attenzione alla cultura zingara nel processo di evangelizzazione, sulla sua purificazione, elevazione e sul suo compimento in Cristo, il capitolo successivo tratta dei diritti umani e civili degli Zingari, delle condizioni del loro sviluppo integrale e della prospettiva cristiana di promozione umana. La seconda sezione (capp. V e VI) costituisce - si può dire - il cuore del documento, in quanto tratta temi più propriamente pastorali. Il capitolo V è dedicato interamente agli aspetti specifici della pastorale per gli Zingari, mentre il VI presenta le strutture e le persone dedite a tale apostolato.

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Nel corso dei vari interventi in Sala Stampa, il cardinale Hamao ha ribadito il “diritto ad una propria identità” per gli zingari, per i quali – ha ricordato - Giovanni Paolo II ebbe modo di spendere in più occasioni parole di comprensione e di rispetto, culminate con la Messa del Perdono del Giubileo, quando Papa Wojtyla invitò i cristiani a “pentirsi delle parole e dei comportamenti” indotti dall’odio e dall’orgoglio verso le minoranze, come appunto gli zingari. Da parte sua, mons. Marchetto ha definito la solidarietà e la spinta alla conoscenza delle varie famiglie nomadi “una causa di liberazione e di dignità”. Il presule ha parlato del numero dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose di origine zingara (Rom, Sinti ecc..) – una trentina circa - che operano attualmente in varie diocesi d’Europa. Per quanto riguarda l’istruzione e la formazione dei giovani zingari – sono 4 milioni gli adolescenti e i ragazzi in età scolare in tutta Europa – lo stesso mons. Marchetto ha parlato, tra l’altro, dell’“opportunità di tradurre la Bibbia, i testi liturgici e i libri di preghiera nella lingua usata dai vari gruppi etnici delle diverse regioni”.

 

 

DIAGNOSI PREIMPIANTO E PRENATALE HANNO SOPRATTUTTO

FINALITA’ EUGENETICHE: A SOTTOLINEARLO, GLI STUDIOSI INTERVENUTI

ALLA SECONDA GIORNATA DEL CONGRESSO INTERNAZIONALE, IN VATICANO, SULL’EMBRIONE NELLA FASE DEL PREIMPIANTO

 

Seconda e ultima giornata di lavori, in Vaticano, del Congresso internazionale promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita sull’embrione umano nella fase del preimpianto. Ieri, nell’udienza ai partecipanti all’evento scientifico, Benedetto XVI aveva ribadito con forza il “carattere sacro e inviolabile di ogni vita umana, dal suo concepimento sino alla sua fine naturale”. Un “giudizio morale”, ha affermato il Papa, che “vale già agli inizi della vita di un embrione, prima ancora che si sia impiantato nel seno materno”. Ma torniamo alla sessione di stamani del Congresso con il servizio di Alessandro Gisotti:        

 

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La diagnosi preimpianto “è la tappa più avanzata della selezione eugenetica”: è quanto affermato stamani dal prof. Angelo Fiori, che ha aperto la sessione mattutina del Congresso, incentrato sull’embrione umano nella diagnosi preimpiantatoria. Il prof. Fiori, emerito di Medicina Forense all’Università cattolica del Sacro Cuore ha messo l’accento sui problemi tecnici di questa diagnosi. Sono, infatti, sempre in agguato “falsi negativi e falsi positivi”. Ma ancor più gravi, ha affermato, sono i problemi di natura etica:

 

“Qui è inutile usare giri di parole. Già la diagnosi prenatale, qualunque argomento si possa portare avanti, in una sua quota non irrilevante è  finalizzata alla soppressione dell’embrione e, quindi, alla selezione di quegli embrioni che si ritiene siano affetti da malattia”.

 

Opinione condivisa dal prof. Carlo Bellieni, pediatra al Policlinico di Siena, che nel suo intervento ha messo l’accento sui propositi eugenetici e non curativi di questo tipo di diagnosi:

 

“Nella diagnosi prenatale, nella diagnosi preimpianto, il punto di fondo sta nel fatto che non è una diagnosi curativa per il malato, se non in rarissimi casi, ma è una diagnosi eliminatoria, cioè si eliminano i feti o gli embrioni che hanno quel tratto caratteristico che a noi non piace. Cosa significa questo? Significa che, per esempio, si avrà una perdita degli embrioni in eccesso. In uno studio del 2005, preso come esempio, si parte da 33 embrioni, che vengono creati per arrivare ad una sola gravidanza”.

 

Queste perplessità, ha aggiunto il prof. Bellini, non vengono sollevate solo da chi ha una visione religiosa della vita. Sono in molti, nella comunità scientifica, che cominciano ad interrogarsi sui rischi collegati a questo tipo di diagnosi. Da ultimo, ha constatato, “preoccupazioni sono state espresse dalla commissione per la genetica umana del governo britannico”. Dal canto suo, la prof.ssa Marie Odile Rethoré, genetista all’Ospedale Necker di Parigi, ha affermato che la diagnosi genetica preimpiantatoriaviene proposta come mezzo di selezione fra gli embrioni”. La finalità è dunque di “scegliere quelli le cui vite corrispondono ai requisiti essenziali per trovare posto nella nostra società”. Una società, è stata la sua denuncia, dove le persone disabili non sono gradite.

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LA VISITA DI STUDIO A ROMA DI DOCENTI E STUDENTI

DELL’UNIVERSITA’ DI ATENE, NELL’AMBITO DEGLI SCAMBI CULTURALI

TRA LA CHIESA ORTODOSSA DI GRECIA E LA CHIESA CATTOLICA:

IERI L’UDIENZA DAL PAPA, OGGI LA VISITA ALLA RADIO VATICANA

- Intervista con padre Dimitri Salakas -

 

Una visita di studio che apre nuovi orizzonti di conoscenza reciproca e di dialogo ecumenico, quella organizzata a Roma dal Collegio teologico Apostoliki Diaconia della Chiesa ortodossa di Grecia, i cui studenti e docenti sono stati ricevuti ieri in udienza dal Papa. Benedetto XVI ha lodato questa iniziativa e tante altre promosse negli ultimi anni dall’arcidiocesi ortodossa di Atene, dalla Diaconia apostolica e dal Comitato cattolico per la collaborazione culturale con le Chiese ortodosse, in seno al Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani. E proprio stamane il gruppo, allargato anche ad altre Facoltà dell’Università di Atene, è stato ospite della Radio Vaticana, accompagnato dal vescovo di Fanarion, Agathanghelos, direttore generale della Diaconia apostolica. Sulle attese di questa esperienza ‘romana’ Giovanni Peduto ha intervistato padre Dimitri Salakas, consultore presso il Dicastero vaticano per l’unità dei cristiani:

 

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R. – Anzitutto bisogna sottolineare che è la seconda visita di questo tipo che viene effettuata a Roma. Due anni fa c’è stato un altro incontro di sacerdoti a Roma, che sono stati ricevuti anche da Giovanni Paolo II. Queste visite sono un segno molto positivo, promettente dei rapporti che si sono allacciati specialmente dopo la visita del Santo Padre in Grecia, nel maggio 2001.

 

D. – Ci sono delle esperienze particolari di questi scambi?

 

R. – Noi sappiamo che il Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani dà delle borse di studio e la stessa cosa fanno loro con noi ad Atene da qualche anno, e si ripeterà anche questo anno. Un gruppo di nostri studenti e  sacerdoti cattolici andrà in Grecia per imparare e conoscere anche dal punto di vista culturale la lingua, la spiritualità e la vita della Chiesa ortodossa.

 

D. – Quanto questi incontri possono influire sul cammino ecumenico?

 

R. – Possono influire positivamente perché  il dialogo e i rapporti non sono soltanto a livello così ufficiale, a livello di gerarchie e a livello del dialogo universale che grazie a Dio riprende adesso, ma anche a livello di sacerdoti, di studenti di teologia, etc. Insomma è un ecumenismo alla base. Possiamo dire che questi incontri aiuteranno anche al rafforzamento dei rapporti a livello del popolo di Dio, di sacerdoti, di monaci, etc. Quindi è un dialogo che continua, è un dialogo della carità, della conoscenza.

 

D. – Come stanno crescendo i rapporti tra cattolici e ortodossi greci?

 

R. – Possiamo dire che questi rapporti si intensificano lentamente con prudenza. Noi sappiamo le difficoltà che ci sono anche in Grecia. Non è che tutti questi gesti, questi movimenti sono senza riserve da parte di ambienti che non sono tanto aperti, alcuni ambienti anche monastici. Anche qualche volta da parte di gerarchi, etc. Quindi il dialogo si sta sviluppando. L’arcivescovo Christodoulos con molta decisione e molta prudenza intende assolutamente allacciare questi rapporti tenendo conto che la Grecia fa parte dell’UE e la Chiesa ortodossa di Grecia cerca di avere il suo ruolo nell’ambito della presenza della Grecia in Europa, in collaborazione anche con la Chiesa cattolica in Europa.

 

D. – Benedetto XVI ha detto che l’ecumenismo è una priorità del suo Pontificato: come è visto in Grecia?

 

R. – Il Santo Padre Benedetto XVI è conosciuto molto bene in Grecia anzitutto come teologo. Molti sono stati gli studenti che lo hanno avuto come docente, come maestro. Conosce molto bene la Chiesa ortodossa in genere ma conosce anche la Chiesa greca, i greci, i presuli, i teologi, tanti professori universitari. C’è molta speranza e conoscendo bene la Chiesa greca, la teologia greca, le difficoltà, tutto questo porta una speranza che il dialogo proceda.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

 

Apre la prima pagina l’Iraq dove l’imperversare delle violenze semina nuovi lutti.

 

Servizio vaticano - La presentazione del Documento: “Orientamenti per una pastorale degli zingari”.

 

Servizio estero - La crisi umanitaria nel Nord dell’Uganda: in merito due interventi, alle Nazioni Unite, dell’arcivescovo di Gulu, mons. John Baptist Odama.

 

Servizio culturale - Per la rubrica “Incontri”, il compositore Giorgio Battistelli intervistato da Marcello Filotei.

Per l’“Osservatore libri”, un articolo di Armando Rigobello dal titolo “Una dottrina teologica vicina alla mistica renana”: “In principio. Ilmistero’ di Maria nei manoscritti di Wilhelm Klein” di Giuseppe Trentin.  

 

Servizio italiano - Energia; scalata ENEL: nuove polemiche. Buttiglione: “Qualche colpa ce l’abbiamo”.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

28 febbraio 2006

 

 

NELL’AMBITO DELLA VICENDA ENEL-SUEZ, IL MINISTRO ITALIANO DELL’ECONOMIA INCONTRERA’ OGGI A BRUXELLES

IL COMMISSARIO UE ALLA CONCORRENZA.

RESTA IL DIBATTITO SUL COSIDDETTO “NEO PROTEZIONISMO” IN EUROPA

- Con noi Edgardo Curcio e Andrea Bonanni -

 

L’Italia studia le mosse di difesa dopo la decisione francese di bloccare il tentativo di scalata dell’ENEL sulla società energetica SUEZ. Il ministro italiano dell’Economia Tremonti, oggi è a Bruxelles dove nel pomeriggio incontrerà il commissario alla concorrenza, Kroes, mentre domani vedrà il responsabile del mercato interno, Mccreevy. Dopo la proposta di intervento invocata dall’Italia, Bruxelles, pur non apprezzando la manovra francese perché contraria allo “spirito europeo”, ha parlato di mancanza di indizi concreti per verificare una violazione della circolazione di capitali in Europa. Ma da più parti si parla di neo-protezionismo. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Edgardo Curcio, presidente dell’Associazione Italiana Economisti dell’energia:

 

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R. – Prima la Spagna, adesso anche la Francia si stanno avviando verso un protezionismo forse un po’ troppo spinto. E’ vero che l’energia riguarda soprattutto i cittadini di ogni Paese e che quindi i governi tendono a difendere il problema della sicurezza degli approvvigionamenti; ma qui non era in discussione nessun problema di sicurezza …

 

D. – Per quanto riguarda l’Italia, la legge sull’OPA è più aperta rispetto agli altri Paesi europei. Questo aspetto richiama il principio della reciprocità …

 

R. – Il principio dovrebbe essere applicato! Non dimentichiamoci che poi l’energia è un mercato essenzialmente liberalizzato; l’energia dovrebbe essere un bene che si scambia tra i vari Paesi. Le varie aziende che operano in questo settore dovrebbero essere libere di poter vendere e comprare non solo energie ma anche altre aziende. Tra l’altro, c’è un precedente che è quello dell’EDF, entrato nel mercato italiano, per un certo periodo è stato ostacolato dal governo ma poi successivamente, con un accordo che ha previsto anche una contropartita per l’ENEL, il governo italiano ha dato il via libera al fatto che l’EDF diventasse in Italia la seconda azienda elettrica.

 

D. – In questo momento si parla anche di un’Europa che non cresce, a causa di troppo protezionismo …

 

R. – E’ verissimo. Si confonde il discorso della sicurezza degli approvvigionamenti con il gas ancora con il petrolio per l’Europa, che è dipendente essenzialmente dall’estero, con un principio che non ha niente a che fare con il discorso della sicurezza. Si difendono, invece, campioni nazionali con un protezionismo che va solo ed esclusivamente nell’interesse economico del Paese!

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Di protezionismo e di limiti per l’Europa Fausta Speranza ha parlato con Andrea Bonanni, analista di questioni europee del quotidiano La Repubblica:  

 

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R. – E’ una nuova forma di protezionismo, che non è un protezionismo dell’Europa verso il resto del mondo, ma è un protezionismo degli Stati membri dell’Unione Europea verso i loro partner, che pure dovrebbero essere partner nel mercato unico. La cosa paradossale è che probabilmente si tratta di un protezionismo autolesionista, nel senso che ci disperiamo tutti perché in Europa fluiscono pochi capitali e quando i capitali arrivano corriamo ai ripari e cerchiamo di respingerli. Del resto va anche detto che vista in un’ottica francese, l’operazione, del blocco di un’opa Enel per una rinazionalizzazione di Suez, probabilmente da un punto di vista economico è una scelta che danneggia sicuramente gli azionisti di Suez e, probabilmente, creando una situazione di semimonopolio, finirà anche per danneggiare i consumatori francesi.

 

D. – E sul fronte italiano ci sarebbero osservazioni da fare?

 

R. – Interessante da dire sarebbe che in realtà tutta questa vicenda ha un cotè un po’ assurdo, perché se noi vediamo bene, questa famosa opa di Enel su Suez è stata annunciata e non fatta. E a parte il fatto che questa è una cosa che non si fa, tutte le reazioni giustamente preoccupate da parte dell’opinione pubblica e del governo italiano, sono reazioni ad una situazione ipotetica, perché di fatto, finora, l’opa non è stata presentata.

 

D. – Ecco, misure di protezionismo si possono mettere in atto, ovviamente, in qualsiasi campo. In questo momento si parla di energia e, dunque, c’ entra in qualche modo la guerra dell’energia che il presidente russo Putin sta conducendo anche, in qualche modo, su scala europea?

 

R. – C’ entra sicuramente, nel senso che è in corso una manovra dei grandi produttori, cioè Russia ed Algeria, che da soli hanno il 50 per cento delle importazioni di gas in Europa, per cercare di arrivare direttamente sul mercato dei consumatori. Questo mette in moto una catena di eventi, per cui tutto il mercato dell’energia si trova a mobilitarsi e i distributori hanno naturalmente uno stimolo in più per allargare le loro dimensioni e per cercare di far fronte alla questione dei produttori. Diciamo che questa è la palla di neve   iniziale che poi determina una valanga, le conseguenze della quale sono tutti questi tentativi di acquisizione o di assorbimento, spesso transnazionali.

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IN IRAQ LA GUERRA CIVILE INIZIATA TRE ANNI FA VIENE ‘NASCOSTA’ DAI MEDIA:

 LA DENUNCIA DI “INFORMATION SAFETY AND FREEDOM”.

 DECINE I GIORNALISTI IRACHENI MARTIRI IN NOME DELLA LIBERTA’ DI STAMPA E

DELLA CONVIVENZA DEMOCRATICA.

 OLTRE 30 I MORTI STAMANE IN UNA SERIE DI ATTENTATI A BAGHDAD

 

         Continua a peggiorare il bilancio di una serie di attentati che stamane hanno colpito Baghdad. Sono almeno 32 i morti accertati è più di un centinaio di feriti. Non ha provocato vittime invece l’attacco sferrato contro una pattuglia italiana a Nassyria, mentre due soldati britannici hanno perso la vita in uno stesso episodio. In questo quadro di sangue è ripreso il processo a Saddam Hussein. Ce ne parla Eugenio Bonanata:

 

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         A nulla sono serviti gli appelli alla tregua dei leader politici iracheni. Dopo l’attacco alla moschea sciita di Samara le violenze hanno provocato più di 300 morti a Baghdad. E mentre si susseguono i ritrovamenti di cadaveri giustiziati a sangue freddo, stamani nel centro di Baghdad, in zone abitate prevalentemente da sciiti, un kamikaze e due autobomba hanno compiuto l’ennesimo bagno di sangue. Gli attacchi, in rapida sequenza, hanno fatto più di 30 morti, secondo un bilancio ancora provvisorio. E la guerriglia non risparmia le forze militari. Nella zona di Bassora due militari britannici sono morti per l’esplosione di un ordigno al passaggio del loro convoglio. Stessa tecnica a Nassirya, contro gli Italiani. Nessun militare italiano è rimasto ferito, però nell’attacco due civili iracheni hanno perso la vita. Intanto nella super fortificata zona verde di Baghdad, l’ex presidente Saddam Hussein è tornato in tribunale. Questa volta si sono presentati anche gli avvocati della difesa, ma due di loro hanno abbandonato l'aula subito dopo, per protestare contro il rifiuto della Corte di destituire il presidente del tribunale e di aggiornare l’udienza.

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         Si continua dunque a paventare lo scoppio di una guerra civile in Iraq, ma c’è chi come l’associazione internazionale per la libertà di stampa “Information Safety and Freedom” denuncia che “la guerra civile in Iraq è cominciata tre anni fa, quando è stata dichiarata la fine della guerra contro Saddam. “Una guerra - si legge nel comunicato dell’associazione - sanguinaria, fatta di attentati, torture, squadre della morte, violenze alle donne e pulizia etnica”. Roberta Gisotti ha intervistato Roberto Reale, segretario generale dell’ISF:

 

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D. – Perché fin’ora come voi dite nessuno, né media, né governi ha voluto vederla questa guerra in Iraq?

 

R. – Le ragioni sono eminentemente politiche. Si spera, si lavora per una svolta democratica in Iraq mentre in realtà nel Paese accade il contrario. Sono decine e decine di migliaia i morti, vittime civili, c’è chi dice oltre 100 mila e credo sia una cifra assolutamente realistica, purtroppo. Le notizie di questi ultimi giorni, dopo l’attentato a Samarra, parlano di 1300, 1400 morti, una vera e propria strage in corso, protagonisti sia bande terroristiche, sia squadroni della morte, mentre gli Eserciti occupanti non sanno bene come comportarsi e se si comportano, si comportano male. Insomma un quadro assolutamente terribile.

 

D. – E’ dunque un’ipocrisia quella di ogni giorno di paventare lo scoppio di una guerra civile, un’ipocrisia della stampa occidentale?

 

R. – E’ assolutamente un’ipocrisia. Lo è fino in fondo nel senso che non si vuole guardare in faccia le cose che stanno avvenendo. Per esempio in questo momento c’è la tensione dei grandi media internazionali per il processo a Saddam, quasi che si trattasse di una situazione normale. Proprio in queste ore tre attentati hanno devastato Baghdad con oltre trenta morti, numero che probabilmente crescerà ancora. Tra l’altro il conflitto potrebbe anche espandersi ai Paesi vicini, un conflitto tra sciiti e sunniti potrebbe essere devastante. E, poi ci sono anche dei contrasti all’interno della stessa comunità sciita. E’ tutta una situazione che sta scappando di mano ma i media non hanno il coraggio di dirlo.

 

D. – C’è pure un altro silenzio assordante sulla morte in Iraq di decine di giornalisti iracheni, ultima la giornalista Attwar Bahjat, della tv di DubaiAl Araba, all’indomani dell’attentato alla moschea, uccisa con due operatori della sua troupe che avrebbero tentato di difenderla. Chi era questa giovane collega?

 

R. – Era una bellissima persona, nata con quella generazione di giornalisti iracheni che dopo la caduta di Saddam ha vissuto un momento di grande speranza, di ritorno finalmente alla democrazia, alla libertà di espressione; una donna che ha voluto affermarsi nel lavoro, con una madre sciita e un papà sunnita; quindi un’irachena che in qualche modo rappresentava tutto il suo popolo. In una delle sue ultime corrispondenze aveva detto: “Non siamo divisi fra noi, il nostro popolo, il popolo iracheno è unito dalla paura per il futuro che ci si prospetta”. E’ una vicenda terribile e Stefano Marcelli che è il presidente dell’ISF ha preso posizione ‘gridando’, perché c’è stato tutto questo silenzio dei media intorno a questi colleghi iracheni che vengono uccisi, sterminati: ne sono morti una cinquantina soltanto negli ultimi mesi. Si uccide la libertà di informazione come si uccidono i civili in questo momento in Iraq e i grandi media occidentali tacciono oppure ne parlano poco. C’è anche una giornalista americana, Gill Carroll, nelle mani dei rapitori, anche su questo se n’è parlato pochissimo e questo è molto grave.

 

D. - Sarebbe invece il momento di far emergere queste storie di ‘martiri’ della libertà di stampa, ma soprattutto l’affermazione di una convivenza civile, democratica…

 

R. – Assolutamente sì, perché se noi vogliamo difendere un’idea, che è quella di un Iraq che sia libero, che si autogoverni, che si autodetermini, questi giornalisti, tutti giovani - Attwar aveva meno di trent’anni - rappresentano la speranza e il futuro di questo Paese. Nel momento in cui con determinazione e con estrema perfidia, li si liquida, si liquida anche questa speranza e quindi è assolutamente necessario capire che un futuro democratico del Paese passa soltanto se alcune persone riescono ad essere protette, difese, se le loro storie vengono raccontate. Purtroppo la comunità occidentale è assolutamente inetta rispetto a quanto sta accadendo e per certi aspetti è anche addirittura complice perché questo silenzio fa solo il gioco degli assassini e di chi vuole veramente che questa guerra civile precipiti ulteriormente in una strage senza fine.

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BAMBINI E ADOLESCENTI AL CENTRO DI TANTE STORIE DIFFICILI,

NEL FILM AD EPISODI ALL THE INVISIBILE CHILDREN: STASERA L’ANTEPRIMA A ROMA

CON IL PRESIDENTE CIAMPI E VENERDÌ L’USCITA NELLE SALE ITALIANE

 

Bambini e adolescenti affamati, sfruttati, privati dei loro diritti fondamentali, come l’istruzione, a causa di guerre e violenze. A tutti loro è dedicato il film ad episodi All the Invisibile Children, che uscirà nelle sale italiane il 3 marzo. Stasera l’anteprima a Roma, all’Auditorium di via della Conciliazione. Vi prenderà parte il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi. La pellicola è stata prodotta da MK Film e da Rai Cinema sulla base di un progetto a favore delle Agenzie delle Nazioni Unite PAM e UNICEF che ha coinvolto sette grandi registi provenienti da culture e religioni diverse. Luca Pellegrini:

 

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Non è che i bambini siano invisibili, ma siamo noi che troppo spesso li rendiamo invisibili. E rendendoli invisibili ai nostri occhi, li rendiamo ancor più vulnerabili e indifesi. All the Invisibile Children è un film polifonico: sette episodi dedicati all’infanzia girati ciascuno con stile e prospettive diversi da sette grandi registi, tra cui Spike Lee, Jordan e Ridley Scott, John Woo, Emir Kusturica. Bambini abbandonati, bambini soldato, bambini alle prese con famiglie problematiche, con le guerre degli adulti, con povertà e violenze, con terribili malattie e prevaricazioni. Ciascuno degli episodi ha una sua personale presa emotiva e ciascuno risponde al dovere e all’urgenza morale di aprire gli occhi e di pensare che quei bambini sono il nostro presente e il nostro futuro. Stefano Veneruso, oltre che essere regista di un episodio ambientato a Napoli, è stato ideatore e produttore del progetto. Gli abbiamo chiesto come e quando è nato:

 

R. – Il progetto nasce quattro anni fa da un’idea di Chiara Pilesi, che è una giovane produttrice. Chiara mi ha chiamato quattro anni fa e mi ha proposto questo progetto. Mi è sembrata subito un’idea straordinaria e ci siamo messi subito al lavoro. Quindi, ha il coinvolgimento di tutte le istituzioni, dell’UNICEF e del World Food Program, del Programma Alimentare Mondiale. I profitti del film andranno al fondo che si chiama proprio come il film “I bambini invisibili”, gestito dall’UNICEF e dal World Food Program.    

 

D. – Secondo lei, qual è il possibile collante che lega le singole storie?

 

R. – Sicuramente sono i bambini. Le storie, quasi per magia, si legano perfettamente. Abbiamo anche trovato sul piano creativo, da un certo punto di vista, una buona soluzione. C’è un intervallo davvero brevissimo e quindi tra il primo e il secondo segmento si crea un legame che poi diventa automatico.

 

D. – Che cosa dovremmo ricordare di questi bambini e con quali sentimenti?

 

R. – Il tutto mi sembra racchiuso in una frase di Saint-Exupery de Il Piccolo Principe, cioè che “tutti i grandi sono stati bambini, ma pochi di essi se ne ricordano”. Perché credo che spesso anche da dichiarazioni che uno legge in generale, anche parlando con le persone – ovviamente avendo lavorato a questo film è diventato il tema centrale della nostra vita in questi quattro anni – spesso c’è un’idea sbagliata delle persone che vivono in queste condizioni, perché un bambino non può commettere un errore, se non con la complicità di un adulto. Io non ci credo. Si fanno le marachelle, ma gli errori gravi sono dettati dalle disattenzioni degli adulti. Quindi, un bambino non è mai colpevole. Questo è il fatto che mi fa più male, se penso alla criminalità, alla microcriminalità o ad altre cose. 

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CHIESA E SOCIETA’

28 febbraio 2006

 

 

VIETNAM: NEI PRIMI 9 MESI DEL 2005 SI SONO REGISTRATI 74.264 ABORTI.

 ECCO LA RAGIONE DI UNA TRE GIORNI DI INCONTRI DAL TEMA: “PROTEGGERE LA VITA UMANA CONTRO LA CULTURA DELLA MORTE”.

 

HO CHI MINH CITY. = In Vietnam, la pratica dell’aborto è molto diffusa: secondo i dati forniti dal “Centro per la protezioni delle madri e dei bambini”, a Ho Chi Minh City, nei primi 9 mesi del 2005 si sono registrati 74.264 aborti, di cui 554 di ragazze sotto i 18 anni. A fronte di questa situazione, si è appena conclusa una tre giorni di incontri nella parrocchia di Me Hang Cuu Giup, dal tema: “Proteggere la vita umana contro la cultura della morte”. Come riferisce l’agenzia AsiaNews, uno degli organizzatori, padre Joseph, ha sostenuto la necessità di compiere azioni concrete per mettere in atto programmi per la protezione della vita umana, per respingere la cultura di morte presente nella società vietnamita, e per prevenire gravi mali sociali come gli abusi sessuali sui minori e l’aborto. Al termine degli incontri, sono state sollevate tutta una serie di questioni sociali, che hanno destato particolare interesse nei parrocchiani presenti, che per la prima volta si confrontavano su temi di tale importanza. (A.E.)

 

 

LA SFIDA DEL FUTURO SI GIOCA SULLE CAPACITÀ DI TROVARE CIÒ CHE UNISCE

E DI SUPERARE CIÒ CHE DIVIDE, QUINDI ALIMENTARE IL DIALOGO ATTRAVERSO

 I MEZZI DI INFORMAZIONE. È QUESTO IL MESSAGGIO LANCIATO OGGI AL QUIRINALE, DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DURANTE LA CERIMONIA DI CONSEGNA

 DEI PREMI ISCHIA PER IL GIORNALISMO

 

ROMA. = “Il giornalismo deve costruire ponti tra le civiltà, avvicinare culture diverse per diffondere e consolidare una cultura della pace e dell’integrazione. Valorizziamo questo impegno, rafforziamo questo compito”. Sono le parole del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, pronunciate oggi in Quirinale, durante la consegna dei premi Ischia per il giornalismo. Ciampi con un evidente anche se implicito richiamo alle vicende di questi ultimi giorni, relative alle vignette, ha voluto sottolineare l’importanza del dialogo che va alimentata anche attraverso i mezzi di informazione. Infatti, - ha sottolineato – la sfida del futuro si gioca anche sulle capacità di trovare ciò che unisce e di superare ciò che divide. Con il suo messaggio il Presidente ha voluto “riaffermare la centralità del ruolo dell’informazione, caposaldo dei valori costituzionali, capace di favorire un percorso di consolidamento di una coscienza collettiva matura e consapevole nella difesa dei diritti e nell’adempimento dei doveri”. A conclusione della cerimonia, il Capo dello Stato ha rivolto un ringraziamento particolare ai giornalisti che hanno operato e che operano in situazioni di conflitto e di alto rischio anche a costo della vita. “È al loro coraggio – ha concluso – e alla loro perseveranza nella ricerca della verità, e alla loro fiducia nel compito che svolgono che i più giovani devono guardare con attenzione e rispetto”. (A.E.)

 

 

PER POTENZIARE LA PRODUZIONE NON È NECESSARIO

CAMBIARE IL SISTEMA DI LAVORO.

A SOSTENERLO È IL SINDACATO POLACCO DI SOLIDARNOSC, CHE SI STA BATTENDO

IN QUESTI GIORNI PER GARANTIRE IL SABATO LIBERO AGLI OPERAI

DELLO STABILIMENTO FIAT GM POWERTRAIN POLSKA DI BIELSKO, NEL SUD DEL PAESE

 

VARSAVIA. = Il sindacato Solidarnosc si sta battendo in questi giorni, per garantire agli operai polacchi, impiegati nello stabilimento della Fiat Gm Powertrain Polska a Bielsko, nel sud della Polonia, il sabato libero. Infatti, secondo il quotidiano Gazeta Wyborcza, la direzione dell’azienda avrebbe vincolato il progetto di aumento della produzione di motori diesel per la Fiat Punto e Panda, già avviata nel 2003, all’accordo con i sindacati per il passaggio della giornata lavorativa da cinque a sei giorni a settimana. È un investimento da 50 milioni di euro, che prevede l’incremento della capacità produttiva, dai 551 mila motori prodotti all’anno ai 700-800 mila esemplari per il 2007. Il sindacato polacco ritiene, però, che per potenziare la produzione non sia affatto necessario modificare il sistema di lavoro, ragion per cui ha indetto un referendum fra i 1300 operai dell’azienda. Al momento, la situazione è in una fase di stallo, l’unica nota negativa, pare arrivare secondo il giornale polacco, dalla direzione italiana dello stabilimento industriale. Infatti, in caso di mancato accordo con i sindacati, i dirigenti avrebbero minacciato di spostare la produzione dei motori in Brasile. (A.E.)  

 

 

INAUGURATA IERI A NAIROBI, IN KENYA, LA PRIMA STAZIONE CINESE FM D’OLTRE MARE: CHINA RADIO INTERNATIONAL (CRI). OBIETTIVO DICHIARATO DEL PROGETTO

 È IL DIALOGO CON I POPOLI AFRICANI

 

NAIROBI. = Ieri nella capitale kenyota, inaugurata la prima stazione FM d’oltre mare di China Radio International (CRI): è un progetto unico nel suo genere. Secondo il direttore generale di CRI, Wang Gengnian, l’obiettivo della radio è quello di promuovere una comprensione reciproca tra i due popoli e avviare una collaborazione tra i governi dei rispettivi Paesi. La nuova emittente trasmetterà in tre lingue diverse: inglese, swahili e cinese. Inoltre, ai circa due milioni di ascoltatori di Nairobi, sarà proposta una programmazione variegata, che tratterà di economia, sviluppo sociale e culturale della Cina, ma anche di dialogo con gli altri popoli africani. La CRI, conosciuta in passato come Radio Beijing, è nata nel 1941 e fornisce un servizio oltre che in cinese e in quattro dialetti cinesi, anche in altre 40 lingue. Secondo quanto riferisce la MISNA, negli ultimi anni, il governo di Pechino ha realizzato investimenti in 49 Paesi africani, per un giro d’affari valutato oltre un miliardo di dollari. Tanto che gli scambi bilaterali tra Cina e Africa, sono passati da circa 10,8 miliardi di dollari nel 2000, ai 30 del 2004. Le attività cinesi riguardano soprattutto Sudafrica, Egitto, Sudan e Zambia e, in misura sembrerebbe minore altri Paesi. (A.E.)

 

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24 ORE NEL MONDO

28 febbraio 2006

 

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

 La delegazione iraniana arriverà domani a Mosca per continuare i complessi  negoziati con la Russia sulla questione nucleare. Lo ha annunciato ufficialmente l’ufficio stampa del Consiglio  russo per la sicurezza nazionale, dopo una disorientante ridda di voci su come e quando le trattative andranno avanti. Oltre lo scetticismo della Casa Bianca, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) afferma in un rapporto che la natura del programma nucleare iraniano non potrà essere accertata se Teheran continua a bloccare le indagini.

 

L'Iran vorrebbe che il Giappone collaborasse allo sviluppo del programma nucleare nazionale, per dimostrare che esso ha solo finalità pacifiche. L'invito  è stato formulato oggi dal ministro degli Esteri iraniano, Manouchehr Mottaki, nel corso di un incontro con il primo ministro giapponese Junichiro Koizumi.  Il capo della diplomazia iraniana, già ambasciatore del suo Paese a Tokyo, ha detto di aver suggerito in particolare la partecipazione delle società giapponesi alle attività svolte in 10 dei 15 impianti nucleari nazionali destinati alla produzione di energia elettrica. Il collega giapponese Taro Aso ha auspicato che Teheran rispetti le risoluzioni internazionali concernenti il programma nucleare iraniano.

 

Intanto in Iran, due scosse sismiche, a pochi minuti di distanza, hanno colpito la zona di Bam, nel sud del Paese. La prima ha avuto una magnitudo di 5,8 gradi Richter; la seconda di 5,6. Secondo fonti locali, nella sola località di Kahnuj, oltre 1.400 case sono state danneggiate, ma non vi sarebbero né feriti né morti. A dicembre del 2003 la città di Bam fu distrutta da un sisma di magnitudo 6,7, che causò oltre 30 mila morti.

 

La mediazione russa prosegue anche sul fronte mediorientale. Si svolgeranno nell’arco di due giorni, il 3 e 4 marzo prossimi, i negoziati che una delegazione di Hamas avrà a Mosca con il governo russo. I rappresentanti del movimento radicale palestinese avranno come principale interlocutore il viceministro degli Esteri, Saltanov, ma non è escluso un incontro con il ministro degli Esteri, Lavrov. Secondo fonti russe i negoziati si svolgeranno al ministero degli Esteri. L’obiettivo di Mosca è spingere Hamas a rinunciare al terrorismo e a riconoscere lo Stato di Israele.

 

Sarebbe “importante politicamente” che Israele sbloccasse il trasferimento dei  proventi doganali nei confronti dei palestinesi. Il commissario europeo alle relazioni esterne, Benita Ferrero Waldner, ha argomentato così la decisione della Commissione di stanziare 120 milioni di euro per venire incontro alle esigenze primarie dei palestinesi. Secondo il commissario, Israele dovrebbe pagare “questi soldi che sono palestinesi”. Per l'inviato del Quartetto, Wolfensohn, l’ANP rischia il collasso in 15 giorni.

 

Il premier ceceno Serghei Abramov, coinvolto a novembre in un grave incidente automobilistico a Mosca, si è dimesso per ragioni di salute. A darne l’annuncio è stato il presidente ceceno Alu Alkhanov, dopo aver ricevuto la lettera di dimissioni in cui l’ex premier spiega l’impossibilità di svolgere le sue funzioni. Da novembre il governo è nelle mani del primo vicepremier Kadyrov, ma a detta del presidente Alkhanov “è presto” per dire chi sostituirà Abramov. L’ambizioso Kadyrov, potentissimo grazie al controllo di una spietata milizia privata, punta in effetti a diventare primo ministro ma ha ancora 29 anni quando ce ne vogliono almeno 30 per ricoprire la carica.

 

Sale la tensione fra Cina e Taiwan. Pechino ha  condannato oggi la  decisione del presidente taiwanese Chen Shui-bian di abolire il Consiglio Nazionale per   l’Unificazione (Cnu). L’Ufficio per gli affari di Taiwan del Partito Comunista e quello del governo, in un comunicato diffuso dall’agenzia Nuova Cina, affermano che si tratta di una “attività secessionista”, che “mette in grave pericolo la pace nella regione”. In un editoriale pubblicato oggi dal quotidiano ‘China Daily’ si afferma che l’abolizione del Consiglio porterà ad una “grave crisi” nelle relazioni tra Taipei e Pechino. 

 

Il presidente del Consiglio italiano, Berlusconi, è giunto a Washington per una missione di due giorni negli Stati Uniti. Per oggi è in programma una colazione di lavoro con Bush, poi  un incontro di lavoro nello Studio Ovale seguito da dichiarazioni alla stampa. Domani, invece, il premier pronuncerà un discorso davanti al Congresso in seduta plenaria. Punti centrali, le relazioni bilaterali con richiami ai principi fondanti la democrazia e ai problemi principali di attualità politica, come la lotta al terrorismo internazionale. Giovedì il premier si trasferirà a New York per ricevere il premio "Intrepid Freedom 2006".

 

Si è conclusa con 4 morti e 20 feriti la rivolta sobillata dai detenuti talebani nel penitenziario di Pul-i-Charkhi, il più grande dell'Afghanistan. “La situazione è totalmente sotto controllo', ha detto il comandante della forza di reazione rapida della polizia, Mahboob Amiri, accusando un centinaio di detenuti talebani e stranieri simpatizzanti di al-Qaeda di esser stati i promotori dell’ammutinamento.

 

Il Forum per il Cambio  Democratico (FDC), il maggiore partito di opposizione in Uganda,  ha annunciato che farà ricorso in tribunale contro i risultati delle elezioni che hanno visto la vittoria del presidente uscente Musuveni. La formazione sconfitta ha annunciato la creazione di un team di avvocati per contestare i risultati. Il 23 febbraio in Uganda si sono tenute le prime elezioni  multipartitiche dopo 25 anni. Il presidente Musuveni, al  potere dal gennaio del 1986, ha vinto con il 59,2%, mentre Besigye del Forum per il cambio democratico, ha ottenuto il 37,3%.

 

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