RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 57 - Testo della trasmissione di domenica 26 febbraio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Le
nuove frontiere della telemedicina al servizio dei malati. Ce ne parla Raffaele
Bernardini -
CHIESA E SOCIETA’:
Il virus dell’influenza aviaria
continua a diffondersi in Germania e Francia
In Pakistan un cantante
cristiano picchiato per costringerlo a convertirsi all’Islam
Italia e Portogallo in prima
linea negli aiuti per i rifugiati Saharawi, in
Algeria
Si è conclusa in Brasile la IX
Assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese
Iniziata
in Camerun la campagna 2006 per le offerte al clero
Ancora violenze in Iraq: esplosione presso una moschea di Bassora
Appello congiunto di Kofi Annan e Lega Araba per stemperare la tensione innescata dalle vignette su Maometto
26
febbraio 2006
DIO
CHIEDERA’ CONTO A CHI SPARGE IN SUO NOME IL SANGUE DEL FRATELLO: ALL’ANGELUS,
BENEDETTO XVI CONDANNA GLI ATTI DI VIOLENZA IN NOME DELLA
RELIGIONE.
E NELLA DOMENICA CHE PRECEDE L’INIZIO
DELLA
QUARESIMA, IL PAPA ESORTA I FEDELI A VIVERE
QUESTO
TEMPO FORTE CON SPIRITO NUOVO
I fedeli affrontino il tempo quaresimale con lo spirito
nuovo di chi ha trovato in Gesù il senso della vita: è l’esortazione di
Benedetto XVI all’Angelus domenicale, ascoltato da migliaia di fedeli, che
hanno riempito una piazza San Pietro riscaldata da un
tiepido sole. Ma il Papa ha anche levato un vibrante appello per la riconciliazione
e la pace, in particolare in Iraq e Nigeria, ribadendo con forza che mai il
nome di Dio può essere usato per giustificare la violenza. Il servizio di Alessandro
Gisotti:
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Mai più guerre
in nome di Dio: nella domenica che precede, con il Mercoledì delle Ceneri,
l’inizio del periodo quaresimale, Benedetto XVI ha levato una vibrante invocazione
per la pace nel mondo. Il Papa ha ricordato le violenze in Iraq e gli attacchi
alle moschee. Azioni, ha affermato, che “seminano lutti, alimentano l’odio ed
ostacolano gravemente la già difficile opera di ricostruzione del Paese”. Non
ha mancato poi di rivolgere il pensiero alla Nigeria, scossa dagli scontri tra
cristiani e musulmani, con molte vittime e distruzione di chiese e moschee.
Quindi, ha ribadito che mai va usata la religione per giustificare la violenza:
I frutti della
fede in Dio non sono devastanti antagonismi, ma
spirito di fraternità e di collaborazione per il bene comune. Dio, Creatore e
Padre di tutti, chiederà conto ancor più severamente a chi sparge in suo nome
il sangue del fratello. Che tutti, per intercessione della Vergine Santa, si ritrovino
in Lui, che è la vera pace!
Il Papa ha
espresso “ferma condanna per la violazione dei luoghi di culto”, affidando al
Signore i defunti e coloro che li piangono. Ha poi invitato “tutti a più intensa
preghiera e penitenza, nel sacro tempo di Quaresima, affinché il Signore
allontani” la minaccia dei conflitti. Proprio al significato del periodo quaresimale
per i cristiani, il Papa ha dedicato la maggior parte delle sue riflessioni
prima della recita dell’Angelus. Prendendo spunto dall’odierno brano evangelico
sul tema del digiuno, ha sottolineato come la Quaresima costituisca “un grande
memoriale della passione del Signore”. Ha così indicato ai fedeli lo spirito
con il quale si debba vivere questo tempo forte, che
ci prepara alla Pasqua di Risurrezione:
Il tempo di
Quaresima non va affrontato con spirito “vecchio”, quasi fosse
un’incombenza pesante e fastidiosa, ma con lo spirito nuovo di chi ha trovato
in Gesù e nel suo mistero pasquale il senso della vita, e avverte che tutto
ormai deve riferirsi a Lui.
Era questo, ha
proseguito, “l’atteggiamento dell’apostolo Paolo, che affermava di essersi
lasciato tutto alle spalle per poter conoscere Cristo” Nell’itinerario quaresimale,
è stata infine l’invocazione del Papa, “ci sia guida e maestra Maria Santissima”
che “quando Gesù si diresse decisamente verso Gerusalemme per subirvi la
Passione, lo seguì con fede totale”. Dopo l’Angelus, il Papa ha salutato “con
particolare affetto” la comunità giovanile del Seminario vescovile di Treviso.
“Seguendo l’esempio di san Pio X, che fu Padre spirituale nel vostro Seminario
– ha detto il Pontefice – vi incoraggio a donare con gioia la vostra vita a
Gesù e ai fratelli”
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UN
INVITO AD AFFIDARSI ALLA MADONNA E A GUARDARE ALL’ESEMPIO DI SANTITÀ DI DON
ANDREA SANTORO. COSI’ IERI POMERIGGIO IL PAPA AGLI STUDENTI
DEL
SEMINARIO ROMANO MAGGIORE VISITATO NELLA FESTA
DELLA PATRONA, LA MADONNA DELLA FIDUCIA
Un invito ad affidarsi alla
Madonna e a San Giuseppe nel cammino verso il sacerdozio. Lo ha rivolto
Benedetto XVI ai seminaristi del Pontificio Seminario Romano Maggiore incontrati
ieri pomeriggio. Il Papa ha voluto ricordare don Andrea Santoro, che è stato
studente al Laterano, perché possa essere d’esempio
la sua santità. Il servizio di Tiziana Campisi.
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(Musica)
L’affetto per i 120 giovani che studiano nel Pontificio
Seminario Romano Maggiore, la preghiera per loro e per la missione che si
preparano a compiere nella Chiesa, un caro ricordo per don Andrea Santoro,
anche lui seminarista al Laterano. Benedetto XVI ha
voluto esprime questi sentimenti nel suo discorso tenuto nella cappella del
Seminario Maggiore. Al suo arrivo, a rivolgergli il saluto il rettore mons.
Giovanni Tani che ha manifestato le aspirazioni della
comunità del seminario:
“Vorremmo essere sempre più consapevoli della
responsabilità legata alla nostra vita. Sappiamo che la nostra vocazione porta
con sé esigenze molto alte e questo pensiero ci fa guardare intensamente a
Maria, Madre della Fiducia, che ci indica la strada della confidenza in Dio da
percorrere con coraggio e fortezza. Sì, fiducia non significa ripiegare in
atteggiamenti rassicuranti, ma guardare con chiarezza il compito che ci attende
confidando nell’aiuto di Dio”.
Nella festa della patrona del seminario, la Madonna della
Fiducia, il Papa ha ricordato che quanti si preparano al sacerdozio compiono il
loro cammino di risposta a Cristo grazie all’aiuto della Vergine.
“E’ con il suo aiuto
che voi, cari seminaristi, vi potete preparare oggi alla vostra missione di
presbiteri al servizio della Chiesa”.
Poi il pensiero a quanti sono passati nel Seminario
Romano:
“… penso, tra gli
altri, a don Andrea Santoro, ucciso recentemente in Turchia
mentre pregava. E così ho invocato la Madre del Redentore perché ottenga
anche a voi il dono della santità”.
(Musica)
Il Pontefice ha quindi proposto una riflessione su San
Giuseppe, sulla cui figura mon. Marco Frisina ha
composto l’oratorio di quest’anno proprio per la visita del Santo Padre al
seminario:
“… l’esempio di San
Giuseppe, “uomo giusto”, pienamente responsabile di fronte a Dio e di fronte a
Maria, costituisca per tutti un incoraggiamento nel
cammino verso il sacerdozio”.
Uomo sempre attento alla voce del
Signore, che guida gli avvenimenti della storia e pronto a seguirne le
indicazioni; sempre fedele, generoso e distaccato nel servizio; ha detto il
Papa di San Giuseppe, maestro efficace di preghiera e di lavoro nel
nascondimento di Nazaret. Chi ne chiede il sostegno
quotidianamente, ha
suggerito Benedetto XVI, potrà sperimentare tanti frutti spirituali. Infine
l’invito ai giovani seminaristi ad invocare la Madonna con le parole “Mater mea, fiducia mea”.
“Prego perché queste
parole si imprimano nel cuore di ciascuno di voi, e vi accompagnino sempre
durante la vostra vita e il vostro ministero sacerdotale”.
(Musica)
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AL VIA DOMANI, IN VATICANO, UN CONGRESSO INTERNAZIONALE
DELLA PONTIFICIA
ACCADEMIA PER LA VITA SULL’EMBRIONE UMANO NELLA FASE
DEL PREIMPIANTO
- Intervista con il vescovo Elio Sgreccia
-
Si tiene domani e martedì in Vaticano
il Congresso internazionale della Pontificia Accademia per la Vita su “L’embrione
umano nella fase del preimpianto: aspetti scientifici
e considerazioni bioetiche”. L’evento si svolge contestualmente alla XII
Assemblea Generale dell’Accademia, che si svolgerà il giorno dopo,
mercoledì primo marzo. I lavori si terranno nell’Aula Nuova del Sinodo.
In apertura, il vescovo Elio Sgreccia, presidente
della Pontificia Accademia, rivolgerà un indirizzo di saluto agli accademici ed
esperti invitati; interverrà quindi il cardinale Javier
Lozano Barragán, presidente
del pontificio consiglio per la Salute, che svolgerà la prolusione sul tema “La
cultura della morte contro la cultura della vita nell’insegnamento della Evangelium vitae”. I partecipanti raggiungeranno
quindi il Palazzo Apostolico per l’udienza con il Santo Padre
prevista, alle 12, in Sala Clementina. Le tre sessioni del congresso
porranno a fuoco questioni quali lo sviluppo dell’embrione preimpiantatorio,
la diagnosi prenatale e preimpiantatoria, lo statuto bio-antropologico dell’embrione pre-impiantatorio.
Al microfono di Giovanni Peduto, il vescovo Elio Sgreccia spiega gli obiettivi del congresso:
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R. – Si sa che l’embrione preimpiantatorio
è al centro oggi di un interesse particolare degli scienziati ed è anche al
centro di divergenze circa la sua identità e il suo valore. Faccio
un’esemplificazione: l’embrione preimpiantatorio è
quello che sta nei laboratori della fecondazione artificiale. Prima di essere
impiantato, da alcune correnti di pensiero, specialmente con il rapporto Warnock, in
Inghilterra, dagli anni ’80 a questa parte, lo si è
definito un pre-embrione. Lo si
congela, lo si usa per sperimentazione. Abbiamo poi, più vicino a noi, la
diffusione dell’impiego della pillola del giorno dopo. Questa agisce prima
dell’impianto, come si sa. Nel mentre che l’embrione inizia la fecondazione,
l’embrione transita dentro le tube e, prima che si
impianti, la pillola del giorno dopo ne impedisce l’impianto e quindi ne
provoca la dispersione. Questo tipo di embrione è sempre interessato dalla
clonazione, perché nella clonazione si costruisce un embrione anche senza
l’impiego dei gameti paterni e materni. E’ poi da lì che vengono
prese le cellule staminali. Tutto questo pone il
problema: è un essere umano con piena dignità o è un gruppo di cellule di cui
si può fare quello che la scienza o l’utilità immediata suggerisce? Si sa che i
pronunciamenti finora avuti dai documenti della Chiesa definiscono che, dal
momento della fecondazione, l’embrione umano possiede la dignità umana tutta.
E’ un individuo umano che è destinato alla nascita, ha diritto alla vita e ha
la dignità della persona umana. Così dice la Donum
Vitae. Lo studio, allora, che si farà in questi giorni è
di vedere l’aspetto biologico: che cosa manifesta l’embrione dal momento dalla
fecondazione in poi; quali sono le sue caratteristiche biologiche e la sua
attività; e se merita o non merita il nome di bambino, di figlio; se ha o non
ha questa dignità.
D. – L’Accademia si occuperà proprio di questo tema:
“L’embrione nella sua fase del preimpianto”.
Eccellenza, che cos’è il preimpianto?
R. – E’ quel tempo che va dalla fecondazione dell’embrione
fino all’impianto. Nella via naturale comprende i primi sei, nove giorni di
vita. Quando l’embrione è appena fecondato, nel tratto alto delle tube,
comincia a scendere pian piano e arriva all’utero, dove, se trova le condizioni
adatte, si impianta. Questo tratto di vita è preso in considerazione, alla luce
di questa domanda: “Merita o non merita tutta la stima e tutta la dignità di
creatura umana, di figlio di un padre e di una madre, che ha diritto di vita”?
D. – E di conseguenza quali sono gli aspetti scientifici e
le considerazioni bioetiche da fare?
R. – Gli aspetti scientifici: vedere se c’è continuità tra
il momento iniziale e tutti gli sviluppi successivi; se la biologia indica un
essere umano che ha una sua attività, una sua fisionomia, una sua
individualità, o no. E qui si pone sia l’aspetto
antropologico, cioè è una creatura umana di piena dignità, e l’aspetto etico,
come difenderlo da qualsiasi aggressione, strumentalizzazione, sperimentazione
distruttiva.
D. – Quando si parla di rispetto della vita non entra in
gioco la fede, ma i diritti umani. Quali sono le ragioni della Chiesa per dire
che l’embrione è persona?
R. – Le ragioni vengono dedotte
dalla realtà. Questo essere umano possiede in sé, sia sotto l’aspetto
biologico, sia sotto l’aspetto antropologico, tutte le caratteristiche che lo
qualificano come un individuo della specie umana. E come tale, anche nei suoi
primi giorni di vita, possiede i diritti e la dignità di uomo, della persona
umana. Merita lo stesso rispetto. Naturalmente questi diritti non è in grado di
difenderli da solo e allora proprio lì interviene un obbligo maggiore da parte
della società, dei genitori prima di tutto, e poi di tutta la società.
D. – Perché oggi la società fa così difficoltà ad
accettare la cultura della vita?
R. – Una società che è stata educata, nella sua più palese
spinta, alla ricerca dell’utilità, dell’efficienza, della produttività, e
magari anche del piacere materiale, trova difficoltà a prendere su di sé degli
impegni, dei sacrifici. La maternità è un impegno, è una responsabilità.
Portare a termine un figlio per una famiglia è un insieme di sacrifici, che se
fatti per amore sono amore essi stessi. Nella società di oggi, però, la
donazione di sé per la vita di nuove creature contrasta con l’educazione
all’edonismo che è piuttosto diffusa.
D. – Senza questo rispetto per la vita la nostra società
dove va a finire?
R. – Senza il rispetto della vita, valore fondamentale, la
società si inclina verso l’autodistruzione. Come del resto si vede lì dove le
nascite sono calate e dove c’è il rischio dell’autogenocidio,
che attualmente in alcuni Paesi europei e nelle società occidentali è
mascherato dalla mobilità e dall’emigrazione delle popolazioni. I sociologi e i
demografi hanno fatto il calcolo che entro qualche decina di anni, non molto in
là, potrebbero scomparire intere popolazioni, perché le nascite e i
concepimenti sono calati.
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26 febbraio 2006
STASERA
A TORINO, LA CERIMONIA DI CHIUSURA
DELLE
XX OLIMPIADI INVERNALI
- Con
noi, mons. Carlo Mazza -
Cerimonia di chiusura, stasera a
Torino, delle XX Olimpiadi Invernali 2006. I Giochi hanno assegnato in queste
ore gli ultimi allori: straordinaria la prova dell’italiano Giorgio Di Centa, che ha conquistato la medaglia d'oro nella 50 km di
fondo. Nel pomeriggio, l’ultima medaglia in palio con la finale di Hockey su
ghiaccio tra Finlandia e Svezia. Per 15 giorni, dunque, sui Giochi di Torino è
stata puntata l’attenzione di tutto il mondo. Ormai non solo evento meramente
sportivo, ma anche mediatico e politico, le Olimpiadi
rappresentano un importante sfida per il Paese ospitante. Giancarlo La Vella ha chiesto un bilancio di questa edizione a mons.
Carlo Mazza, responsabile dell’Ufficio Sport e tempo Libero della conferenza
episcopale italiana, assistente spirituale della Nazionale olimpica italiana:
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R. – Siamo giunti felicemente alla fine, io credo che sia
anche questo un dato bello da dire, perché con tutte le paure che c’erano
prima, il giudizio è molto positivo sia per l’accoglienza, sia anche per quello
che si è potuto fare in ordine alla testimonianza, all’essere in qualche modo
vicino ai ragazzi, vicino anche agli accompagnatori. Quindi un’esperienza
piena, un’esperienza molto bella, un’esperienza che rimane nel segno del
ricordo così ma anche nel cuore, nello spirito. E’ stata incisiva anche sotto
questi aspetti.
D. – Papa Benedetto XVI aveva auspicato che questo evento
fosse anche l’occasione per approfondire certi valori dal punto di vista
spirituale. Questo è stato realizzato in qualche modo?
R. – Direi proprio di sì. Il Santo Padre con parole molto
incisive, molto chiare, aveva aperto delle strade, dei percorsi possibili. Io
ho visto qui al villaggio e anche in altre parti dei siti olimpici che lo
spirito prevalente era quello dell’accoglienza, della fraternità, del costruire
la pace nel nostro piccolo. Il modello in cui si è vissuto, credo sia
rispondente a quelli che erano gli auspici e i desideri del Santo Padre. Non si dimentichi che qui sono presenti
ottanta nazioni, anche di provenienza islamica, e questa presenza di nature
così diverse sia dal punto di vista della nazionalità e della cultura, ma anche
della religione, ha permesso un dialogo profondo, amicale. Questa è stata una
cosa che ho costatato personalmente e devo dire che è stato molto bello e, sotto alcuni profili, commovente, perchè tutti
sanno cosa ci sia fuori da questo villaggio e pur sapendolo si è costruito un
minimo di convivenza e un massimo di fratellanza. Poi gli aspetti più ambigui,
negativi, certamente ci sono. Anche qua si vedono. Certo questa
sorta di eccesso di investimenti, di affari, questo eccesso di spettacolarizzazione oggi è fatale. Non si può fare a meno
di dire che onestamente lo sport è un’altra cosa. Vivendolo così occorre
arginare quelli che sono gli aspetti negativi e far emergere e prevalere gli
aspetti positivi che credo non manchino, e che anzi sono stati vissuti e testimoniati.
D. – Alla fine possiamo dire che lo sport ha vinto…
R. – Credo proprio che possiamo terminare così: lo sport
ha vinto! Possiamo dire, come il nostro presidente Ciampi: ‘Viva
le Olimpiadi’, nel senso dei grandi valori che qui si
sono vissuti, testimoniati e praticati.
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Tanti paesi del mediterraneo insieme, per uno
sviluppo condiviso
dei siti archeologici: per due giorni a modica, in
Sicilia,
un’iniziativa culturale e’ stata occasione di dialogo e
di impegno
sottoscritto da paesi che vivono conflitti o serie tensioni
- Con
noi Giuseppe Drago e Gaballah Ali Gaballah
-
Tanti Paesi del Mediterraneo, anche quelli in cui si
vivono conflitti o serie tensioni, si sono ritrovati insieme per parlare di
sviluppo condiviso di siti archeologici e dunque di valori culturali: è
accaduto a Modica, in Sicilia, questa settimana. Il servizio di Fausta
Speranza:
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Dall’Algeria alla Giordania, dal Marocco alla Siria: non è
mancato praticamente nessun Paese del Mediterraneo. E, soprattutto, lo stesso
tavolo ha visto seduti insieme i rappresentanti di Israele e dell’Autorità
Nazionale Palestinese, di Libano e di Siria, di Cipro e della Turchia. E poi,
ospiti su territorio italiano, Marocco, Malta, Grecia, Francia, Spagna, ma
anche Libia. La cosiddetta “carta di Modica” è l’impegno scritto che hanno
firmato: un impegno alla piena collaborazione. Un impegno al dialogo, che va
oltre l’arte, secondo quanto sottolinea il sottosegretario agli
Esteri italiano , Giuseppe Drago:
R. – Questa iniziativa è un’iniziativa di politica estera,
che ha come obiettivo fondamentale il dialogo tra i Paesi del Mediterraneo. Nel
rispetto della propria identità si dialoga per garantire una migliore
convivenza civile e prevenire i conflitti, facendo in modo che da questo
ragionamento culturale e turistico nasca un coordinamento complessivo che consenta
di dialogare sempre tra questi Paesi.
Per quanto riguarda l’esperienza concreta di questi
giorni, Giuseppe Drago racconta:
R. – Credo che il lavoro sia stato straordinario, così
come straordinaria sia stata l’atmosfera. Allo stesso tavolo erano seduti i
rappresentanti della Palestina e i rappresentanti di Israele, che parlavano e
discutevano di queste problematiche, superando qualunque pregiudizio legato
purtroppo agli scontri, al clima politico attuale. Italiani, francesi – i
francesi come osservatori – che parlavano con gli altri Paesi del Mediterraneo,
ciascuno non volendo affermare la propria supremazia, ma rispettando la
diversità dell’altro e cercando di capire anche quali siano le ragioni degli
altri, non solo da un punto di vista culturale, ma anche dal punto di vista
delle proprie abitudini, del proprio modo di vivere, del proprio modo di
amministrare, di governare. C’è stata una disponibilità all’ascolto da parte di
tutti, nei confronti di tutti.
Ma ecco la testimonianza uno dei
protagonisti della conferenza internazionale di Modica, il rappresentante del
governo egiziano, Gaballah Ali Gaballah,
che è consigliere archeologico del Cairo:
R. - WE
HAVE A COMMON HERITAGE THAT GOES BACK FOR THOUSANDS OF YEARS …
Abbiamo un patrimonio comune, che peraltro risale a
migliaia di anni fa. Le difficoltà a capirsi, in realtà, sono in superficie mentre è profondo il senso di unità. Il fatto che
tutte queste genti appartengono ad una medesima cultura, che condividono le
stesse preoccupazioni per la tutela del loro patrimonio li riporta insieme ed è
proprio così che ci scopriamo capaci di comunicare tra di
noi. Così tutti insieme è un’esperienza nuova: la speranza
per il futuro. Le persone che parlano di scontro tra civiltà non sanno di cosa
stanno parlando. Se vogliono imparare, devono ascoltare. Esiste un dialogo tra
le civiltà, non uno scontro. Dovrebbero venire nei Paesi del Mediterraneo e
allora potrebbero comprendere che noi, la gente del Mediterraneo, siamo quelli che “creano” la civiltà e che noi la
proteggeremo. La gente che fa affermazioni del genere, non ha civiltà, non ha
radici. Noi abbiamo radici e il nostro impegno per proteggere cultura e civiltà
è altissimo!
D. – Lei collabora ad un progetto culturale. Pensa che la
cultura abbia qualcosa di importante da insegnare alla politica?
R. – OF
COURSE! CULTURE IS THE GLUE THAT HOLDS PEOPLE TOGETHER! …
Assolutamente sì! La cultura è esattamente la ‘colla’ che
tiene unite le genti. Possiamo essere diversi in tante cose, ma mai saremo
diversi nel proteggere il nostro patrimonio culturale. Ecco perché affermo che
la cultura ci “lega”, ci unisce, certamente non ci divide. Ecco perché la
cultura dovrebbe sempre occupare un posto preminente nella strategia delle
genti e delle nazioni del Mediterraneo, se vogliamo fare del bene comune alle
nostre genti.
D. – Spesso si sente dire: è difficile il dialogo tra i
popoli; c’è uno scontro tra civiltà e via dicendo … A parte questi grandi
appuntamenti come conferenze
o eventi particolari, nel
mondo della cultura il dialogo è possibile?
R. – YOU
SEE, THAT’S WHAT I AM SAYING. I DO NOT AGREE WITH THE
FEAR OVER …
E’ quello che vado affermando. Io non condivido la paura
dello scontro tra civiltà. Per noi, popoli del Mediterraneo, è in realtà
un’idea ‘strana’. Chi parla di ‘scontro tra civiltà’
è gente che non sa cosa significhi ‘cultura’, che non conosce le radici della
cultura nel Mediterraneo. Questo è un concetto che non riesco assolutamente ad
accettare. L’unica cosa che posso condividere è che la cultura esiste per
promuovere il dialogo, non lo scontro. E anche se a volte sembra o suona difficile,
personalmente non ho mai trovato difficoltà: mai ho avuto problemi in alcun
Paese del Mediterraneo, sia esso stato l’Italia, la Grecia, la
Francia. E sempre troveremo qualcosa di comune!
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L’ORGANIZZAZIONE
UMANITARIA OXFAM LANCIA
L’ALLARME SICCITA’ IN AFRICA ORIENTALE
- Con noi, Sergio Marelli -
In Africa Orientale tarda l’erogazione
dei fondi promessi dalla comunità internazionale per fronteggiare una
spaventosa siccità. Al momento, dei 542 milioni di euro richiesti, solo il 30%
è giunto a destinazione in Kenya, Somalia ed Etiopia. Questi dati sono stati
diffusi, nei giorni scorsi a Nairobi, dall’organizzazione umanitaria britannica
Oxfam, una delle ONG più impegnate nella regione, che
ha lanciato un appello ai donatori internazionali affinché intervengano
tempestivamente. Intanto la siccità ha provocato centinaia di vittime e la
decimazione di molti allevamenti. Il servizio di Eugenio Bonanata:
**********
Il pericolo
è che gli aiuti arrivino troppo tardi per scongiurare la tragedia. La situazione,
secondo i dati di Oxfam, è particolarmente grave in
Kenya dove 3 milioni di persone sono ridotte allo stremo. Qui la denutrizione
colpisce il 30% della popolazione. Ma sono oltre 10 milioni le persone che
rischiano di morire di fame. Questa situazione, come altre, dimostra che non
sempre il diritto all’alimentazione occupa il primo posto dell’agenda politica
dei governi. Proprio questo tema è stato al centro di un convegno che nei
giorni scorsi a Roma ha riunito diversi rappresentanti della società civile e
di organismi internazionali, come la FAO, il Programma Alimentare Mondiale (PAM)
e il Fondo Monetario Internazionale (FMI). Qui è stato ribadito che serve un
maggiore coordinamento di tutti gli attori per definire concrete politiche di
aiuto. Ma concretamente su cosa bisogna fare pressione per ricordare alle
istituzioni che sono obbligate a garantire l’alimentazione ai popoli? Lo
abbiamo chiesto a Sergio Marelli, presidente della
FOCSIV:
R. – Direi sicuramente sul fatto che gli impegni
ratificati a livello internazionale non sono i capricci di un momento, quanto
piuttosto obiettivi che certamente devono essere rispettati per i due miliardi
di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà nel mondo, ma anche e
sempre più degli obiettivi da mantenere per garantire sicurezza, prosperità e
benessere anche all’interno dei Paesi ricchi.
D. – Uno studio finanziato dalla Banca Mondiale e
dell’Università di Oslo avverte che un evento climatico come il “Niño” potrebbe mettere a repentaglio i raccolti di mais e
quindi l’alimentazione per 20 milioni di africani. Come prevenire questo scenario,
che, come l’attuale carestia in Africa, è ampiamente previsto?
R. – Direi anzitutto che bisogna passare da una logica di
andare a riparare i danni creati dalle grandi catastrofi naturali
all’applicazione di politiche di cooperazione a medio e lungo termine, tese
proprio a prevenire e a rimuovere le cause che ingenerano queste grandi
sciagure. E’ ormai ampiamente comprovato che il degrado ambientale e la non
attenzione alla sostenibilità e agli interventi eco-compatibili, siano una
delle maggiori cause che poi provocano disastri come quello del “Niño” che si abbattono sciaguratamente sulle popolazioni
già prostrate da economie in grande difficoltà.
D. – Secondo lei dove sta fallendo il commercio
internazionale?
R. – Sta fallendo fondamentalmente nel considerare che
anche gli interessi dei Paesi ricchi – che sono legittimi – si devono però
misurare anche con gli interessi della stragrande maggioranza dei Paesi esclusi
dai processi decisionali di questa organizzazione. L’Organizzazione Mondiale
del Commercio (WTO) deve arrendersi all’evidenza che le decisioni per la
comunità internazionale vanno assunte con il consenso – anche – dei Paesi in
via di sviluppo. Non è un caso che il WTO sia l’unica
organizzazione internazionale a non avere assunto come propri gli Obiettivi del
Millennio.
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LE
NUOVE FRONTIERE DELLA TELEMEDICINA A SERVIZIO DEI MALATI
E LE
POSSIBILI APPLICAZIONI FUTURE ANCHE NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO
-
Intervista con Raffaele Bernardini -
Nuove
frontiere per la cura del malato si aprono con la telemedicina, le cui applicazioni
sono ancora poco note ai cittadini, sebbene questa
tecnologia medica sia già operativa in diversi Paesi e sarà inserita anche in
Italia dopo la fase sperimentale nel Piano sanitario nazionale 2006-8. Ma cos’è
la telemedicina? Roberta Gisotti ha girato la domanda al dott. Raffaele Bernardini, direttore di “Telemeditalia”, giornale on line specializzato
sulle tecnologie sanitarie:
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R.- La telemedicina è il rilevamento e la trasmissione a
distanza di dati di interesse sanitario, per mezzo di strumenti telematici, ossia che si avvalgono della telecomunicazione
e dell’informatica, e utilizzano quindi la rete telefonica, la
radio-televisione o le reti informatiche. In particolare, un’area importante di
applicazione della telemedicina è la tele-cardiologia
per il monitoraggio dei paziente cardiopatici.
D. – Ci
sono anche altri malati che potranno usufruire della telemedicina?
R. – Ci sono sviluppi importanti anche per la tele-dialisi e la tele-chirurgia e la telemetria medica,
che è la misurazione a distanza di parametri medici, che è molto sfruttata
nello sport e nell’astronautica, per rilevare dati durante le prestazioni
sportive e le missioni spaziali.
D. –
Quali vantaggi ci saranno per i pazienti?
R. – La telemedicina ha due aspetti: un aspetto clinico,
ed è quello del monitoraggio di parametri clinici dei pazienti, e uno
assistenziale. Per esempio col cardio-telefono, che è
un dispositivo applicabilissimo a casa, non c’è bisogno per il paziente di
spostarsi, di accedere agli ambulatori, di fare file, prenotazioni, etc e quindi favorisce la semplificazione di procedure
sanitarie ed ha un positivo risultato di tipo anche psicologico. Oltre a questo
c’è la ricaduta sui costi: la spesa sanitaria si abbatte, perchè diminuiscono i
ricoveri ospedalieri, dato che il paziente si può controllare al proprio
domicilio.
D. – Quali sono i principali ostacoli da superare per
diffondere la telemedicina? Sono di tipo economico, per applicare questa
tecnologia nella casa dei pazienti o negli studi dei medici di base, o
piuttosto sono di tipo organizzativo, o anche culturale?
R. – In effetti, un primo elemento di turbamento è che qui
in Italia manca una vera e propria cultura di questa tecnologia. La tecnologia
perfeziona la tutela della salute e questo bisogna che i medici lo capiranno.
D. - Ci
sono delle applicazioni della telemedicina che riguardano anche i medici?
R. – Sicuramente un elemento importante dello sviluppo
della telemedicina è la formazione e l’aggiornamento continuo a distanza dei
medici.
D. –
Quali sono invece i Paesi più avanzati per la telemedicina?
R. - L’Italia è uno dei Paesi più indietro purtroppo nella
telemedicina. Abbiamo un Paese qui vicino a noi, la Grecia, che è molto più
avanzato dell’Italia. Per non parlare degli Stati Uniti, del Giappone,
dell’Australia. Paesi avanzatissimi.
D. – La
telemedicina apre nuove e più grandi possibilità, anche di esportare conoscenze
mediche nei Paesi poveri?
R. – Non c’è dubbio. Gli orizzonti della telemedicina si
dovranno aprire anche nei Paesi in via di sviluppo. Ma è tutto un sistema che
va elaborato, perché queste tecnologie possano approdare nei tempi consentiti
in quei Paesi.
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26 febbraio 2006
INFLUENZA
AVIARIA: IL VIRUS H5N1 CONTINUA A DIFFONDERSI IN GERMANIA E FRANCIA. REGISTRATI
I PRIMI CASI ANCHE IN SVIZZERA,
MENTRE
- A
cura di Isabella Piro -
STOCCARDA.=
L’influenza aviaria continua la sua corsa: in Germania, due anatre selvatiche
contagiate sono state scoperte sulle rive del Lago di Costanza, al confine con
IN PAKISTAN, UN CANTANTE CRISTIANO PICCHIATO PER COSTRINGERLO A
CONVERTIRSI ALL’ISLAM.
LAHORE.= Da
semplice rapina a tentativo di conversione forzata all’Islam: questa la disavventura
capitata nei giorni scorsi ad un famoso cantante cristiano a Lahore, in Pakistan. L’agenzia AsiaNews
riferisce che l’episodio è avvenuto di notte, mentre l’artista, A. Nayyar, stava tornando a casa. Circondato da sei uomini che
volevano rapinarlo, il cantante è stato immediatamente riconosciuto dai criminali
che hanno iniziato a picchiarlo ed offenderlo, chiedendogli di recitare il Salama-Tayyaba, la professione di fede islamica. Dopo l’aggressione,
i rapinatori sono fuggiti lasciando Nayyar a terra.
L’artista cristiano è stato poi soccorso da alcuni abitanti della zona. Al
momento, i responsabili della violenza non sono stati identificati, ma
l’artista – come rende noto
ITALIA E PORTOGALLO
IN PRIMA LINEA NEGLI AIUTI PER I RIFUGIATI SAHRAWI
IN
ALGERIA, COLPITI DALLE GRAVI INONDAZIONI DEI GIORNI SCORSI
ALGERI.= Sono oltre 440 le
tende trasportate dagli aerei cargo italiani e portoghesi nella regione di Tindouf, in Algeria occidentale. Destinatari degli aiuti
gli oltre 50mila rifugiati sahrawi, rimasti senza
casa dopo le piogge torrenziali e le inondazioni che hanno devastato la zona
nei giorni scorsi. Come riferisce l’agenzia Fides, oltre la metà delle abitazioni
nei campi di Awserd, Smara
e Laayoune è stata distrutta dalle alluvioni e un
altro 25% è stato gravemente danneggiato. Al momento, nessun ambulatorio medico
è utilizzabile e i depositi di farmaci hanno subito molti danni. Nei campi,
sono andate distrutte anche le scuole. L’Ufficio della Commissione Europea per
l’Assistenza Umanitaria sta fornendo 500mila euro per contribuire all’invio di
tende, coperte e altri aiuti, mentre, secondo l’Alto Commissariato delle
Nazioni Unite per i Rifugiati, occorreranno più di 25 voli aerei per
trasportare altre duemila tende, decine di coperte e materassi, teloni di
plastica e taniche per l’acqua. (I.P.)
LA SALVAGUARDIA DEL CREATO,
INTERRELIGIOSO: QUESTI I TEMI ANALIZZATI DALLA NONA ASSEMBLEA
DEL CONSIGLIO ECUMENICO DELLE CHIESE CONCLUSASI IN BRASILE
PORTO ALEGRE.=
Proteggere il Creato, porre fine alla violenza nel mondo, favorire il dialogo
tra i cristiani e tra le diverse religioni: sono stati questi i temi principali
trattati dalla nona assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese che si è
concluso a Porto Alegre, in Brasile, giovedì scorso. Titolo
dell’incontro, che per la prima volta si è svolto in un Paese dell’America
Latina: “Trasforma il mondo, o Dio, nella tua grazia”. E così, nella parte finale
del messaggio diffuso al termine dell’assemblea, i delegati delle 348 Chiese
che compongono il Consiglio Ecumenico hanno voluto pregare il Signore per
diventare “collaboratori di Dio, ricercando l’unità completa e visibile dell’unica
Chiesa di Gesù Cristo”. (I.P.)
CAMERUN: AL VIA
I FONDI RACCOLTI ANDRANNO A SOSTENERE LE PARROCCHIE,
LE SCUOLE CATTOLICHE E I CENTRI SANITARI
YAOUNDÉ.= “Mi
assumo la mia responsabilità di fedele, verso liberamente il mio contributo al
fondo per il clero per sostenere la mia Chiesa nelle sue azioni e nei suoi
progetti”. Così l’arcivescovo di Yaoundè, mons.
Victor Tony Bakot, ha lanciato la campagna 2006 per
le offerte al clero. La campagna prenderà il via insieme alla Quaresima e –
come ha ricordato il presule – servirà a sostenere le iniziative dell’arcidiocesi.
In particolare, i fondi raccolti saranno destinati alle scuole cattoliche, alle
parrocchie e ai centri sanitari. Per pubblicizzare la campagna, lo stesso
arcivescovo indirizzerà a tutte le famiglie dei fedeli una lettera particolare,
mentre saranno stampate inserzioni e opuscoli informativi. Imminente, inoltre,
l’attivazione di un “call center” per ottenere
informazioni e notizie sull’attività dell’arcidiocesi di Yaoundè.
(A.M./I.P.)
“ALL THE INVISIBLE CHILDREN”: SI INTITOLA COSÌ IL FILM DEDICATO AI
MILIONI DI BAMBINI NEL
MONDO CHE PATISCONO
REALIZZATA DA OTTO GRANDI
REGISTI,
DA VENERDÌ PROSSIMO
ROMA.= Bambini e
adolescenti affamati, sfruttati, privati dei loro diritti fondamentali, come
l’istruzione, a causa di guerre e violenze. A tutti loro è dedicato il film “All the Invisibile Children”, che
uscirà nelle sale italiane il 3 marzo, dopo l’anteprima in programma, per il 28
febbraio, all’Auditorium di via della Conciliazione di Roma. Alla serata, sarà
presente anche il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Sostenuta
dalla Cooperazione Italiana alla Sviluppo del ministero
degli Affari Esteri, la pellicola è stata realizzata da otto grandi registi,
tra cui Emir Kusturica, Spike Lee, Ridley
Scott e John Woo. Ognuno di loro ha raccontato una storia diversa sulla
situazione dei bambini in varie parti del mondo, in particolare sui minori che
ogni giorno devono lottare per vincere la fame, la povertà, lo sfruttamento del
lavoro, la guerra e le malattie. Ma il film vuole essere anche un’occasione
concreta di aiuto all’infanzia, per combattere soprattutto la malnutrizione dei
bambini africani: “All the Invisibile Children”, infatti, è anche un fondo, istituito dal PAM e
dall’UNICEF, in cui confluiranno i proventi della pellicola e delle iniziative
ad essa collegate, come mostre, video e cd musicali. (I.P.)
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26 febbraio 2006
- A cura di
Eugenio Bonanata-
La Duma, la Camera bassa del
parlamento russo, ha approvato una proposta di legge sulla lotta
antiterrorismo, che autorizza l'esercito ad abbattere un aereo di linea
dirottato o a colpire obiettivi terroristici all’estero. La proposta, approvata
da 423 deputati, deve essere ancora esaminata dalla Camera alta del parlamento
che generalmente conferma il voto della Duma. Il
provvedimento introduce un regime speciale di “minaccia terroristica” che
autorizza una restrizione dei diritti dei cittadini. Via libera dunque alle
intercettazioni telefoniche, alla sorveglianza della posta, compresa quella
elettronica, e al rafforzamento dei controlli di identità. La legge stabilisce,
inoltre, che la Russia si riserva il diritto di fare ricorso alla forza per
colpire obiettivi terroristici fuori dal suo
territorio. Una decisione questa che spetta al presidente. Una delle norme più
contestate del testo, che prevedeva la restrizione del lavoro dei media durante operazioni di antiterrorismo, è stata
cancellata nella seconda lettura del testo.
Ancora una giornata di sangue in Iraq. Diversi attentati
hanno provocato la morte di almeno 8 persone. Sul piano politico si registrano
segnali di apertura. Il premier Jaafari e
gli altri leader hanno raggiunto un accordo per placare la tensione e gli
scontri in atto nel Paese. Un’esortazione al dialogo è giunta anche dal leader
radicale sciita, Moqtada Al Sadr.
Il nostro servizio:
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L’unico nemico del Paese è il terrorismo. E’ uno dei punti
centrali dell’accordo raggiunto ieri sera dai leader politici iracheni. E’
stato il premier Jaafari ad annunciare questo
risultato. Condannando la violenza interconfessionale, le forze politiche hanno
chiesto agli imam che si adoperino
per rafforzare lo spirito di unità degli iracheni. Fra le altre misure,
l’intesa prevede il rilascio di tutti gli iracheni arrestati, la protezione dei
luoghi di culto e il risarcimento dei danni subiti dalla popolazione in questi
giorni. Intanto stamani a Bassora anche il leader sciita Moquata
Al Sadr, il cui movimento è accusato di essere a capo
di recenti violenze, ha esortato sciiti e sunniti ad interrompere le vendette
incrociate. Fra le sue richieste anche una manifestazione comune per ribadire
il ritiro delle forze americane. Poco dopo il suo discorso una violentissima
esplosione, avvenuta nei pressi di una moschea, ha ferito due persone. Intanto
per il terzo giorno consecutivo, Bagdad è una città
dalle strade vuote, in seguito al blocco della circolazione decretato fino a
domani per motivi di sicurezza. Anche questa misura, però, non è servita ad
evitare un attentato contro un veicolo militare statunitense che ha provocato
la morte di due soldati. Nella cittadina di Hilla, a
sud della capitale, altre 5 persone sono rimaste uccise per lo scoppio di un autobomba avvenuta nell’affollata stazione degli autobus.
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In centinaia si sono riuniti oggi a Teheran
davanti all’ambasciata britannica per protestare contro l'attentato alla
moschea sciita di Samarra, in Iraq, che è all’origine
dell’ondata di violenze nel Paese arabo. L’ambasciata era protetta da un
centinaio di agenti delle unità anti-sommossa e i manifestanti si sono limitati
a bruciare bandiere britanniche, intonando slogan ostili a Londra e all'occidente,
ritenuti responsabili di quanto accaduto alla moschea.
Un appello congiunto alla moderazione e al dialogo per
calmare la tensione esplosa nel mondo islamico per le vignette su Maometto è
giunto ieri da una riunione a Doha, nel Qatar, fra il
segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, i membri della Lega Araba e l'Organizzazione per la
Conferenza Islamica (OCI). Intanto non si placano le proteste. Circa 70 persone
sono state arrestate a Lahore, in Pakistan, poco
prima di una manifestazione non autorizzata dal governo. Nel centro di Hong
Kong, invece, si è svolto pacificamente il raduno di un migliaio di musulmani.
E’ alta la tensione tra Italia e Francia sul tema delle
aggregazioni in campo energetico. Il primo ministro francese de Villepin ieri ha annunciato con soddisfazione la fusione
tra la società Gaz de France
e quella franco-belga Suez-Electrabel. L’obiettivo
dell’operazione è di contrastare una possibile offerta pubblica di acquisto
dell’italiana ENEL su Suez. Il meccanismo di protezione francese non è piaciuto
al ministro italiano dell’Economia Tremonti, che ha
osservato: “le barriere dei singoli Stati potrebbero
portare ad un'implosione del mercato europeo”. Dal canto suo, il ministro delle
Attività Produttive, Scajola, ha annullato il vertice
francese con il collega Loos, previsto per domani.
In Italia, in attesa dei faccia a faccia televisivi, continua e si fa
sempre più aspro il confronto a distanza tra i candidati premier dei due
schieramenti. Ieri alla kermesse romana in cui l’Unione ha presentato il suo
programma, Romano Prodi ha promesso di liberare l’Italia da Berlusconi.
Da parte sua il premier è tornato ad attaccare l’intreccio tra magistratura,
sinistra e cooperative rosse. Il servizio di Giampiero Guadagni.
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I sondaggi continuano a dare l’Unione in vantaggio e la
Casa delle Libertà in leggero ma costante recupero. Situazione classica per
alzare, se ce ne fosse stato bisogno, il tono dello scontro. E così nel ring
elettorale, il centrosinistra tiene alta la guardia, mentre il centrodestra
prova ad affondare i colpi. Il round di ieri ha visto Romano Prodi presentare
il suo programma elettorale e attaccare quello del Polo. “La serietà paga”, ha
affermato il professore, “il tempo dell’illusionismo è finito”. Appuntamento
allora al 10 aprile, quando – assicura Prodi - “finirà l’inverno dell’Italia durato
cinque anni”. Il leader dell’Unione ha poi risposto a Berlusconi,
che ha criticato la magistratura per avere bloccato, con quella che il premier
ha definito ingerenza indebita, la scalata della Banca Popolare Italiana ad Antonveneta, poi finita in mani straniere. Lo stato in cui
si trova l’Italia, ha osservato Prodi, non è certo colpa dei magistrati. Ma
ieri Berlusconi ha insistito. E aprendo la campagna
elettorale di Forza Italia,
ha attaccato il sistema di intreccio di potere tra giunte rosse,
cooperative rosse, magistratura rossa e i DS, partito – ha detto il premier –
che “cambia nome ma è sempre lo stesso, cioè comunista”. Su questo fronte, il
premier incassa il sostanziale appoggio dei suoi alleati, anche se Fini e
Casini usano toni diversi. E soprattutto non rinunciano all’idea di candidarsi
a Palazzo Chigi, mentre Berlusconi
ribadisce di essere d’ora in poi l’unico leader della coalizione. Ma l’attesa è
tutta concentrata sul doppio confronto televisivo tra Berlusconi
e Prodi. Che la RAI ha fissato per il 13 marzo e il 3
aprile. Prodi ha fatto sapere che non se ne farà nulla se non saranno fissate
regole comuni. Il premier è convinto che il professore semplicemente abbia
paura del faccia e faccia. E agli sfidanti, il
presidente della RAI, Petruccioli,
fa sapere: aspetto una risposta definitiva entro una settimana.
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Iran e Russia sono pervenuti ad un accordo preliminare sul
nucleare. Lo ha affermato il capo dell’organizzazione iraniana dell’energia
atomica, Aghazadeh, senza tuttavia aggiungere altri
dettagli. La Russia ha proposto una moratoria per l'arricchimento di uranio da
parte dell'Iran e un trasferimento di questo programma in territorio russo. Una
simile iniziativa potrebbe fugare i timori sulla possibilità che il governo di Teheran usi il materiale nucleare arricchito per produrre
la bomba nucleare. L'Iran insiste sul suo diritto all'arricchimento e non
sembra ci siano progressi sulla proposta russa.
“Se Israele darà ai
palestinesi uno Stato e gli restituirà i suoi diritti, allora siamo pronti a
riconoscerli". E’ quanto afferma il premier designato palestinese, Haniyeh, esponente del movimento radicale islamico di
Hamas, in un’intervista rilasciata al "Washington Post". Per Haniyeh, Hamas è "pronta a riconoscere Israele"
se questo darà ai palestinesi pieni diritti e uno Stato nei territori occupati
nel 1967,compresi la Cisgiordania
e Gerusalemme Est. Tuttavia, il capo della lista parlamentare di Hamas nel
consiglio legislativo palestinese, Bardawil, ha affermato
che diversi passaggi dell’intervista sono inesatti. Secondo esponenti del governo
israeliano queste parole sono una trappola.
In Afghanistan, almeno 30 persone sono rimaste ferite in
seguito ad una rivolta in un carcere di Kabul dove sono detenuti anche molti
esponenti taleban. Lo hanno riferito fonti ufficiali
precisando che i disordini si sono verificati ieri sera
quando, durante protesta nata sulle regole di cambio dell'uniforme, i detenuti
hanno preso in ostaggio due guardie carcerarie donne. Il ministero della
Giustizia afgano ha confermato gli incidenti, ma non ha fornito un bilancio
preciso dei feriti.
Nel nord del Messico, sono tutti morti i 65 minatori
rimasti intrappolati domenica scorsa in una miniera di carbone a San Juan de Sabinas. I soccorsi, che
per tutta la settimana hanno cercato di raggiungerli, non sono riusciti a salvarli.
I dirigenti della miniera hanno comunicato alle famiglie dei minatori che non
vi sono più speranze.
Al via i primi provvedimenti del governo di Manila dopo il
tentativo di golpe e la dichiarazione dello stato d'emergenza da parte del
presidente, Arroyo. Il generale
Renato Miranda, comandante il corpo dei marine delle Filippine, è stato
sollevato dall'incarico. I marine filippini, secondo diverse voci, erano fra le
unità militari coinvolte nel tentativo di colpo di stato. Al posto di Miranda è
subentrato il suo vice, il generale di brigata Nelson Aliaga.
A Kampala, capitale dell’Uganda, la situazione appare
calma dopo il conteggio elettorale che ha assegnato a Museveni
la vittoria alle elezioni presidenziali. Il suo principale antagonista, Besigye, non riconosce ufficialmente i risultati delle urne
perche' “illegali”
e frutto di brogli.
Dopo le voci sull'arresto di Ratko
Mladic, poi smentite dal Tribunale del'Aia, ora sembra che le autorità serbe stiano negoziando
la resa del generale serbo bosniaco accusato di crimini di guerra nell'ex
Jugoslavia. E’ quanto fa sapere il ministro degli Esteri olandese, Ben Bot, riferendo in Parlamento. L’ex capo dell’esercito serbo
bosniaco era stato localizzato, secondo quanto riportavano i
media serbi, nella zona di Tuzla, in Bosnia,
non lontano dal confine con la Serbia.
Ieri, migliaia di persone sono scese in piazza a Madrid
per manifestare contro la politica di dialogo nei confronti dell’Eta, inaugurata dal governo del premier Zapatero.
Alla protesta, organizzata dall'Associazione vittime
del terrorismo (AVT), si sono aggiunti i popolari di Mariano Rajoy e dell’ex premier Aznar.
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