RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L n. 55 - Testo della trasmissione di venerdì  24  febbraio 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Siate costruttori di ponti e operatori di pace: così, Benedetto XVI ai vescovi della Bosnia ed Erzegovina,  in visita ad limina : ai nostri microfoni, la testimonianza di mons. Franjo Komarica

 

Il Papa riceve il presidente albanese Alfred Moisiu

 

Il cardinale Camillo Ruini, l’arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra e lo psichiatra Vittorino Andreoli hanno partecipato ieri in Laterano ad un incontro  sull’Enciclica “Deus caritas est

 

L’embrione  e‘ un figlio fin dal momento del suo concepimento: così mons. Elio Sgreccia in Sala Stampa vaticana, dove e’ stato presentato il prossimo convegno della Pontificia Accademia per la Vita

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

In Iraq il governo impone il coprifuoco a Baghdad e in tre province, ma gli scontri tra sciiti e sunniti continuano: ce ne parlano Fuad Allam e mons. Fernando Filoni

 

CHIESA E SOCIETA’:

Si espande l’epidemia di influenza aviaria in Europa: oggi a Vienna il vertice dei ministri della Salute dell’UE, della Turchia e dei Paesi balcanici

 

Una sessantina di morti e un centinaio di feriti sono il bilancio di un incendio divampato ieri notte in una fabbrica tessile in Bangladesh

 

Presentati ieri a Bologna gli Atti della 44.ma Settimana sociale dei cattolici italiani

 

Appello di Kofi Annan affinché sia approvata dall’Assemblea generale dell’ONU una proposta di compromesso per l’istituzione del Consiglio dei diritti umani

 

Dibattito aperto per tre giorni nell’Università di Palermo tra studiosi italiani, spagnoli, francesi e arabi su: “Mondo latino e mondo arabo: le vie della continuità”

 

Amnesty International accusa il governo londinese di violazione dei diritti umani, a causa della sua politica antiterrorista

 

24 ORE NEL MONDO:

Tentato golpe ai danni della presidente Gloria Arroyo nelle Filippine : proclamato lo stato di emergenza

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

24 febbraio 2006

 

 

SIATE COSTRUTTORI DI PONTI, OPERATORI DI PACE: COSI’, BENEDETTO XVI AI VESCOVI DELLA BOSNIA ED ERZEGOVINA,

RICEVUTI AL TERMINE DELLA VISITA AD LIMINA.

IL PAPA HA QUINDI AUSPICATO LA CONCLUSIONE DI ACCORDI

PER TUTELARE I DIRITTI DEGLI ESULI, DOPO GLI ANNI TERRIBILI DELLA GUERRA

- Intervista con Franjo Komarica -

 

Operate per la pace e la riconciliazione: è quanto chiesto da Benedetto XVI ai vescovi della Bosnia ed Erzegovina, ricevuti stamani al termine della visita ad Limina. Il Papa ha messo l’accento sul contributo che i presuli possono offrire al progresso del Paese, dopo gli anni della guerra. Quindi, ha esortato tutti i fedeli e gli uomini di buona volontà ad impegnarsi per attenuare le tensioni fra etnie tuttora persistenti. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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I vescovi della Bosnia siano “costruttori di pace”: è l’esortazione di Benedetto XVI ai presuli bosniaci, che ha detto, devono essere “costruttori di ponti tra le diverse esigenze della comunità ecclesiale”. Compito, ha aggiunto, particolarmente importante nella Bosnia ed Erzegovina di oggi che riprende “il cammino della collaborazione per costruire il proprio futuro di sviluppo sociale e di pace”:

 

“Dopo gli anni tristi della recente guerra, voi oggi, quali operatori di pace, siete chiamati a rinsaldare la comunione e a diffondere la misericordia, la comprensione e il perdono nel nome di Cristo sia all’interno delle comunità cristiane che nel complesso tessuto sociale della Bosnia ed Erzegovina”.

 

“So bene – ha riconosciuto – che la vostra non è una missione facile, ma so pure che voi mantenete il vostro sguardo costantemente fisso su Cristo, il quale, avendo amato tutti sino alla fine, ha assegnato ai suoi discepoli un fondamentale compito che riassume tutti gli altri, quello di amare”. L’amore, ha sottolineato, “per essere fecondo sul piano spirituale, non deve semplicemente seguire leggi terrene, ma lasciarsi illuminare dalla verità che è Dio e tradursi in quella superiore misura della giustizia che è la misericordia”.

 

Mossi dall’amore, dunque, i vescovi non si scoraggino di fronte ai problemi che assillano la Bosnia. Difficoltà sulle quali il Papa ha voluto soffermarsi. In particolare, si è soffermato sulla “situazione degli esuli, per i quali – ha detto – auspico la conclusione di opportuni accordi che assicurino il rispetto dei diritti di tutti”. Tuttavia, ha anche indicato “la necessaria uguaglianza fra i cittadini di diversa religione”, “l’urgenza di misure che provvedano alla crescente mancanza di lavoro per i giovani” e ancora ha invocato “l’attenuazione delle minacciose tensioni fra etnie, retaggio delle complesse vicende storiche vissute dalle vostre terre”.

 

In tale contesto, il Papa ha evidenziato come la recente nomina di un nunzio residente mostri la vicinanza della Sede Apostolica alle varie istanze del Paese. Ma Benedetto XVI non ha mancato di indicare alcune preoccupazioni che riguardano taluni aspetti della vita delle diocesi bosniache. In particolare, ha esortato i vescovi a fare “ogni sforzo perché cresca sempre più l’unità del gregge di Cristo”. Unità tra i pastori e i religiosi, tra il clero diocesano e le persone consacrate, ha affermato il Pontefice, ma anche tra quanti “sono al servizio del popolo cristiano superando, se necessario, incomprensioni e difficoltà legate ad eventi del passato”.

 

Dal canto suo, il cardinale Vinko Puljić, arcivescovo di Sarajevo, ha ribadito l’impegno dell’episcopato per “riportare la pace e creare un clima di riconciliazione”. E ciò nonostante le posizioni assunte dai rappresentanti della Comunità internazionale e della Comunità europea che, ha dichiarato, “regolarmente ignorano tutte le iniziative, le proposte e le richieste avanzate” dai presuli.

 

Per comprendere quanto profondo sia il nostro dolore, ha aggiunto il porporato, “è sufficiente ricordare che prima del conflitto, circa 820.000 fedeli animavano la vita delle nostre quattro diocesi, mentre ora ne sono rimasti 466.000”. Molti, ha spiegato, hanno lasciato il nostro Paese e “pare ormai certo che non rientreranno”. Altri che, invece, vorrebbero tornare, “percepiscono indifferenza ed apatia verso le loro aspirazioni sia nei politici locali, sia nei rappresentanti della Comunità Internazionale”. Ha così ribadito che “non poche chiese parrocchiali, canoniche, conventi ed altri edifici sono stati distrutti o gravemente danneggiati”. Nonostante ciò e “con molta fatica – ha assicurato – stiamo cercando di infondere in tutti speranza anche attraverso il ripristino di tali opere”.

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Ma ascoltiamo ora la testimonianza del vescovo di Banja Luka, Franjo Komarica. Paolo Ondarza gli ha chiesto un giudizio sugli accordi di Dayton che 10 anni fa posero fine al conflitto in Bosnia ed Erzegovina:

 

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R. – Gli Accordi di Dayton sono solamente il primo passo; sono necessari anche altri passi! Pensiamo quindi ad un Dayton 2 e anche ad un Dayton 3. Per i nostri profughi, dieci anni sono tanti! Molti sono morti, molti sono malati nell’anima: vorrebbero tornare ma non possono! Io sono triste perché i responsabili internazionali non sono uniti nel prendere decisioni per il futuro del Paese! Non hanno coraggio, non sono chiari; dicono una cosa, ne fanno un’altra. Questo è il nostro dolore!

 

D. – Lei denunciava anche la situazione degli sfollati: i cattolici che non ci sono più, che sono andati via. Ha citato anche dei numeri, impressionanti …

 

R. – Nella Repubblica serba di Bosnia ce ne sono rimasti pochissimi: da 80 mila, prima della guerra, oggi ne sono rimasti 6 mila, praticamente tutti anziani.

 

D. – Lei ha detto che le ingiustizie verso i cattolici sono aumentate, in questi dieci anni …

 

R. – Sì: a Banja Luka, nella mia sede, molti dicono: “La vostra colpa è: primo, che siete cattolici, secondo, che siete croati; la terza colpa è che volete rimanere a Banja Luka, la vostra città”. La situazione è triste, per la Chiesa cattolica, in particolare per la mia diocesi e per quella di Sarajevo.

 

D. – Che cosa vi aspettate da questo incontro con il Papa?

 

R. – Aiuto. Per cambiare questa situazione. Siamo soli. Naturalmente, sappiamo che Dio è con noi, e anche la Chiesa cattolica, specialmente il Santo Padre.

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IL PAPA HA RICEVUTO STAMANE IL PRESIDENTE ALBANESE ALFRED MOISIU

 

Il Papa ha ricevuto stamane  il presidente della Repubblica di Albania, Alfred Moisiu, con il seguito. Alfred Moisiu, 76 anni, ex generale in pensione, è stato eletto dal Parlamento alla massima carica dello Stato il 24 giugno del 2002 grazie ad un’ampia convergenza delle forze politiche. Di fede cristiana ortodossa, si è fatto sempre promotore del dialogo e della convivenza pacifica tra le varie confessioni religiose del Paese. In Albania su oltre 3 milioni di abitanti il 50% sono musulmani, il 25% sono ortodossi e il 15% cattolici.

 

Il presidente albanese – ricordiamo – partecipò alla cerimonia di beatificazione di madre Teresa di Calcutta il 19 ottobre del 2003. Alfred Moisiu ha fortemente voluto che questo giorno fosse proclamato festa nazionale in Albania per celebrare la beata albanese. Richiesta accolta dal Parlamento di Tirana.

 

 

ALTRE UDIENZE

 

Stamane il Papa ha ricevuto, in successive udienze, anche l’arcivescovo Gabriel Montalvo, nunzio apostolico; mons. Hector Miguel Cabrejos Vidarte, arcivescovo di Trujillo (Perù); fratel Enzo Bianchi, priore di Bose.

 

Nel pomeriggio il Santo Padre riceverà mons. William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

 

 

DEUS CARITAS EST” AIUTA A SCOPRIRE IL SENSO DELL’ESISTENZA: L’AMORE.

COSÌ L’ARCIVESCOVO DI BOLOGNA CARLO CAFFARRA IERI SERA IN UN CONFRONTO SULL’ENCICLICA CON LO PSICHIATRA VITTORINO ANDREOLI,

ORGANIZZATO DALLA DIOCESI DI ROMA

 

Hanno risposto in tanti ieri sera all’invito della diocesi di Roma a riflettere sulla prima Enciclica di Benedetto XVI Deus caritas est. Gremita, nonostante il cattivo tempo, che avrebbe potuto scoraggiare tante persone, la Basilica di San Giovanni in Laterano. A suscitare interesse il confronto tra l’arcivescovo di Bologna mons. Carlo Caffarra, che il 24 marzo sarà creato cardinale dal Papa, e lo psichiatra Vittorino Andreoli. Ad introdurre le riflessioni dei due oratori il cardinale vicario Camillo Ruini. Il servizio di Tiziana Campisi:

 

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“Vogliamo proporre le varie dimensioni dell’Enciclica in modo da facilitare ancor di più il suo apprendimento e da dare maggiore impulso alla pastorale diocesana, sia sul versante della pastorale della famiglia che, evidentemente, è intimamente legato al tema dell’amore, sia anche su quello dell’evangelizzazione”.

 

Il cardinale vicario Camillo Ruini ha spiegato con queste parole lo scopo dell’incontro di ieri sera nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Rivolta a laici e, in particolare a consigli pastorali, educatori parrocchiali, catechisti, insegnanti di religione, la serata ha proposto alcune riflessioni sulla prima Enciclica di Benedetto XVI. Ma con quale spirito leggere la Deus caritas est? Ancora il cardinale Camillo Ruini:

 

“Possibilmente, con lo stesso spirito con il quale il Santo Padre l’ha scritta, cioè con l’intenzione di proporre il centro della fede cristiana in stretto rapporto a quelle che sono le domande di sempre e anche i problemi attuali dell’umanità. A partire dall’amore di Dio, infatti, possiamo comprendere veramente chi siamo noi, qual è la nostra vocazione e anche qual è l’universo al quale apparteniamo e nel quale siamo collocati”.

 

Allo psichiatra Vittorino Andreoli il compito di analizzare le tematiche dell’Enciclica alla luce della realtà odierna. Lo studioso ha affermato che una profonda solitudine oggi segna l’uomo, una solitudine che conduce al dolore, un dramma che può essere superato solo attraverso legami, sentimenti, l’incontro con l’altro: l’amore. Ma quale il parere personale dello psichiatra sull’Enciclica?

 

“L’ho letta molto volentieri; con moltissimo interesse perché, vede, l’amore è una terapia, per la città della terra prima che per quella del cielo!, come elemento che dà forza, sicurezza …”.

 

E per lui, la Deus caritas est può dar vita a …

 

“… molte meditazioni, per cercare di applicarle poi anche nel vivere su questa terra!”.

 

E’ toccato poi all’arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra offrire un insegnamento teologico. Il presule si è soffermato sul concetto di amore da intendere come realtà primordiale, ossia come ciò che ha dato vita ad ogni cosa. Solo recuperando questo valore, ha detto, è possibile comprendere l’amore, che è proprio il senso ultimo dell’esistenza. Ed è immergendosi nel cuore di Cristo che l’uomo entra nell’Amore. Ma ascoltiamo mons. Carlo Caffarra:

 

“Io credo che il Santo Padre abbia scritto questa Enciclica per rispondere a questa domanda: quale è il fondo delle realtà, la realtà primordiale? E il Santo Padre risponde: è l’amore. Credo che l’uomo oggi avesse un enorme bisogno di sentirsi dire questa risposta, lacerato com’è tra la negazione della realtà come dotata di un significato positivo, oppure una sorta di disperazione per debolezza che porta l’uomo a degradare se stesso e a ridursi a mero frammento della natura …”.

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L’EMBRIONE  E‘ UN FIGLIO FIN DAL MOMENTO DEL SUO CONCEPIMENTO

E LO RIMANE ANCHE QUANDO SE NE MANIPOLANO O DISTRUGGONO LE CELLULE.

L’AFFERMAZIONE DEL VESCOVO ELIO SGRECCIA IN SALA STAMPA VATICANA,

DOVE E’ STATO PRESENTATO IL PROSSIMO CONVEGNO

DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA

 

“L’embrione umano nella fase del preimpianto: aspetti scientifici e considerazioni bioetiche”. Si intitola così il Congresso internazionale che si svolgerà nell’Aula Nuova del Sinodo, in Vaticano, lunedì e martedì prossimo. Ad organizzarlo è la Pontificia Accademia per la Vita, che il 1° marzo terrà poi la sua 12.ma Assemblea generale. Al centro del dibattito, che vedrà impegnati circa 350 esperti, tra scienziati, medici e ricercatori, vi è la questione se l’embrione umano, nei primissimi stadi del suo sviluppo, possa essere considerato una persona umana e come tale detentrice di diritti. Se ne è parlato questa mattina, in Sala Stampa vaticana, dove il presidente della Pontifica Accademia per la Vita, il vescovo Elio Sgreccia, ha presentato il convegno ai giornalisti con l’ausilio di alcuni relatori. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Che cos’è quel piccolo complesso di cellule umane, che nei primi 6-9 giorni dalla fecondazione non si è ancora impiantato nell’utero materno? Un bambino in potenza, che ha diritto a svilupparsi e nascere, secondo quanto afferma la Chiesa, o un mero agglomerato biologico di cui poter disporre, ad esempio per fini medici, come sostengono alucni nella comunità scientifica? E’ questo il quesito principale al quale risponderanno gli specialisti partecipanti al Congresso internazionale promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita. Se l’embrione, soprattutto nella fase del cosiddetto “pre-impianto”, sia o meno un essere umano è una questione etica assai dibattuta. La Chiesa da molti anni si è espressa affermando chiaramente che l’essere umano originato dal concepimento dei due gameti maschile e femminile è una persona umana a tutti gli effetti, da rispettare nel suo diritto alla vita intra ed extrauterina. Presentando il Convegno in Sala Stampa, mons. Sgreccia ha subito affermato: “L’embrione è comunque un figlio: un bambino o una bambina, che ha una relazione speciale con i propri genitori e per chi crede ha anche una relazione speciale con Dio”. Lo è, ha proseguito, anche quando viene manipolato o distrutto al punto da rappresentare “il nodo cruciale sia per l'antropologia, sia per l'etica”. Ed ha poi aggiunto:

 

“Si sa che la posizione della Chiesa è apparsa come una posizione aprioristica. Da qualcuno è stata ritenuta come ispirata a fattori unicamente religiosi. Si sa che il Comitato Warnock in Inghilterra ha preso una posizione diversa. Si sa che oggi molti sostengono che si può sperimentare, si può congelare, si può somministrare la pillola del giorno dopo, si possono costruire embrioni fatti apposta per la sperimentazione, per avere un fratello uguale al fratello, e così via. Allora noi ci domandiamo in questa assise: la posizione che è stata presa dalla Chiesa cattolica è una posizione che ha degli argomenti scientifici a suo favore, filosofici a suo favore e quindi, eticamente, è sostenibile anche oggi questa posizione? Vogliamo dare una risposta. Pensiamo di avere argomenti sufficienti, di averli validi, e vogliamo proporli”.

 

Il Congresso, dunque, esaminerà gli aspetti scientifici del dilemma per vedere se vi sia continuità tra il momento iniziale - per così dire l’“ora zero” della fecondazione - e gli stadi successivi, dettagliatamente illustrati in conferenza stampa dal prof. Adriano Bompiani, direttore dell’Istituto scientifico internazionale (ISI) della Cattolica di Roma. Conoscere le singole fasi dello sviluppo embrionale, ha affermato, permette anche di dare un’interpretazione etica di quanto avviene nel grembo materno. E la biologia indica nelle prime cellule embrionali l’esistenza di un’attività, di un’individualità, al punto da ipotizzare la definizione di uno “status” anche per l’embrione pre-impiantatorio, proteggendolo dalla strumentalizzazione, specialmente da ogni forma di sperimentazione distruttiva. Come quella del congelamento degli embrioni da utilizzare per la fecondazione artificiale, sulla quale si è soffermato lo stesso prof. Bompiani:

 

“Meno 96 gradi portano all’arresto dello sviluppo embrionale, ma non portano alla regressione dello sviluppo. Possono però dare delle grosse difficoltà per la ripresa dello sviluppo. Il 50% degli embrioni sghiacciati riportati a temperatura normale non proseguono lo sviluppo, perché in qualche modo sono lesi dal fatto del congelamento. Questo non si vuol dire, non si vuol sapere, non si vuol far sapere alla gente, ma è una realtà, una realtà di tutte le documentazioni scientifiche”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina - Rinsaldare la comunione e diffondere la comprensione e il perdono: il discorso di Benedetto XVI ai presuli della Conferenza episcopale di Bosnia ed Erzegovina.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata ai temi sacerdotali.

 

Servizio estero - Filippine: dopo un fallito tentativo di golpe è stato decretato lo stato d’emergenza.

 

Servizio culturale - Un articolo di Francesco Licinio Galti dal titolo “Nel segno della ‘visionarietà’”: il secondo volume dei romanzi di Anna Maria Ortese

 

Servizio italiano - Elezioni. Fiamma Tricolore: frasi inquietanti sulla Shoa; il partito si presenta alle urne con la Cdl.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

24 febbraio 2006

 

 

IN IRAQ IL GOVERNO IMPONE IL COPRIFUOCO A BAGHDAD E IN TRE PROVINCE

MA GLI SCONTRI TRA SCIITI E SUNNITI: UCCISI 5 MEMBRI DI

UNA FAMIGLIA SCIITA A SUD DELLA CAPITALE

- Interviste con Fuad Allam e l’arcivescovo Fernando Filoni -

 

L’Iraq è un Paese stretto tra timori e violenze: a Baghdad sono state collocate barriere di sicurezza in vari quartieri e nei punti caldi della capitale, soprattutto nelle aree a maggioranza sciita, le forze dell’ordine sono impegnate a far rispettare il coprifuoco. Ma la serie di scontri tra sunniti e sciiti non si arresta. Il servizio di Amedeo Lomonaco:


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Nel giorno dedicato dai musulmani alla preghiera del venerdì, il governo iracheno ha imposto il coprifuoco a Baghdad e nelle zone limitrofe per cercare di arginare le violenze tra sciiti e sunniti, innescate dall’attentato di mercoledì scorso contro la moschea di Samarra. Il richiamo del governo è chiaro: nessuno può uscire di casa ma le violenze continuano: a Latifiyah, a sud di Baghdad, alcuni uomini armati hanno fatto irruzione in una abitazione di una famiglia sciita e hanno ucciso cinque persone. A Bassora, nel sud dell’Iraq, sono stati rapiti poi tre figli di un deputato sciita. Questi nuovi episodi seguono la lunga e drammatica serie di attacchi sferrati, ieri, da estremisti sciiti costati la vita ad oltre 130 persone, in gran parte sunniti. Il Consiglio degli Ulema, principale autorità religiosa sunnita, ha anche riferito che sono state assaltate più di 150 moschee e uccisi almeno 10 imam. Sul versante politico, il presidente degli Stati Uniti, George Bush, ha lanciato un appello alla calma. L’inviato dell’ONU ha invitato, inoltre, tutte le parti a partecipare a colloqui per trovare una via d’uscita alla crisi più grave che l’Iraq si trovi ad affrontare dalla fine dell’intervento militare, nel 2003. Ma agli scontri sul terreno si aggiungono anche fratture politiche: la principale coalizione sunnita ha annunciato, infatti, la sospensione dei negoziati per la formazione del nuovo governo.

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Dopo la nuova ondata di violenze scatenate dalla distruzione della moschea sciita di Samarra, l’Iraq è dunque sconvolto da drammatici scontri tra sciiti e sunniti. Ma si può parlare di un Paese sull’orlo di una guerra civile? Salvatore Sabatino lo ha chiesto all’editorialista del quotidiano “La Repubblica”, Fuad Allam:

 

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R. - Credo che ci siano, purtroppo, tutte le premesse per una deflagrazione. Se poi diventerà una guerra civile, questo non lo so. E’ certo, comunque, che il tentativo del terrorismo di matrice islamica sunnita tende a capovolgere la situazione, a far precipitare il Paese non soltanto nella frattura intercomunitaria, ma in uno scontro tra due segmenti opposti dell’Islam.

 

D. – Ma è sempre esistita in Iraq questa contrapposizione così forte tra sunniti e sciiti dal punto di vista religioso, oppure si tratta, in questo momento, di uno steccato più politico?

 

R. – C’è un aspetto meramente politico. MA la contrapposizione fra sunniti e sciiti, non soltanto in Iraq, è storica ed ancestrale. Basta pensare che comunque, anche in tutto l’impero ottomano, i sunniti hanno sempre regnato in modo quasi assoluto, indiscusso. La guerra in Iraq ha capovolto un po’ la dinamica storica e ha fatto sì che, dopo secoli di storia, lo sciismo sia arrivato al potere.

 

D. – I sunniti hanno deciso di sospendere i negoziati sul governo. Quale dovrebbe essere a questo punto la risposta del nuovo esecutivo iracheno?

 

R. – Si tratta di trovare, comunque, una soluzione a questo problema perché altrimenti il rischio è quello di una frattura e di una separazione fra sunniti e sciiti. Dobbiamo anche rilevare che, geograficamente parlando, i sunniti si trovano in una parte dell’Iraq senza gas e petrolio.

 

D. – Quindi, in questo momento gli scontri sono basati anche su un fattore economico?

 

R. – La politica porta l’economia e l’economia porta la politica. Mi sembra un tutt’uno.

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Ma come sta vivendo questo conflitto, tra sciiti e sunniti, la comunità cattolica irachena? Risponde, al microfono di Roberto Piermarini, il nunzio apostolico a Baghdad, l’arcivescovo Fernando Filoni:

 

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R. – La preoccupazione è evidente, non solo per i cristiani che, certamente, sono una piccola minoranza. I cristiani si trovano in Iraq tra due grandi realtà, che sono appunto la comunità sciita e sunnita. Ma, certamente, il futuro per i cristiani diventa sempre più preoccupante e penoso. I cristiani, per bocca del patriarca caldeo, hanno fatto una dichiarazione in cui hanno manifestato solidarietà dopo l’attentato alla moschea di Samarra. Quindi, si sono sentiti colpiti spiritualmente e sentimentalmente da questo atto così grave. Però, adesso, la situazione è diventata anche molto grave in seguito alle violenze innescate dall’attacco contro la moschea sciita. Quindi, l’auspicio anche da parte del patriarca caldeo e della Chiesa, è che la ragione abbia il sopravvento su quelle che sono alcune forme di reazione immediata e certamente non accettabili.

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CHIESA E SOCIETA’

24 febbraio 2006

 

 

SI ESPANDE L’EPIDEMIA DI INFLUENZA AVIARIA IN EUROPA,

OGGI A VIENNA IL VERTICE DEI MINISTRI DELLA SALUTE

DELL’UE, DELLA TURCHIA E DEI PAESI BALCANICI

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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VIENNA. = Sono 8 i Paesi in Europa “contagiati” dal virus H5N1, e nella capitale austriaca i responsabili della salute europei sono riuniti per verificare l’efficacia delle misure adottate e stabilire forse un accordo di prevenzione. Sul tavolo di ministri della Sanità anche la proposta dell’Italia di estendere a tutta l’Europa l’etichettatura obbligatoria per la tracciabilità delle carni, ovvero dalla produzione al banco di vendita. Cresce dunque la preoccupazione. In Francia, il presidente Chirac ha annunciato la mobilitazione generale, stanziati 52 milioni di euro per il settore avicolo, ed oggi la conferma del virus H5 nei tacchini morti nell’allevamento di Versailleux, non lontano da dove giorni fa erano state rinvenute senza vita anatre selvatiche. In Germania, nuovi casi di H5N1, tre anatre selvatiche e un cigno. E primi casi di due uccelli selvatici anche in Slovacchia. E così anche il primo caso di un cigno malato in Georgia. Spostandoci sul fronte più “caldo” dell’Asia: morte sospetta ieri di una donna a Giakarta, in Indonesia, dove il governo ha lanciato oggi una vasta campagna conto l’influenza aviaria. Il ceppo virale è inoltre ricomparso dopo quasi un anno su tre anatre in Cambogia. Infine il governo di Seul ha ammesso oggi 4 casi di infezione umana nella Corea del Nord, ma senza conseguenze letali, fra la fine del 2003 e l’inizio del 2004. Da ricordare che i contagi sull’uomo sono stati finora 170, di cui 92 mortali, tutti in Paesi asiatici, e 4 in Turchia.

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IERI NOTTE, UN INCENDIO È DIVAMPATO IN UNA FABBRICA TESSILE DI CHITTAGONG,

IN BANGLADESH. SONO ALMENO UNA SESSANTINA I MORTI E PIÙ DI UN CENTINAIO

I FERITI. NEL PAESE, DOVE GLI STANDARD DI SICUREZZA SONO PRATICAMENTE

INESISTENTI, SI TRATTA DELL’ENNESIMO INCIDENTE

 

CHITTAGONG. = Almeno una sessantina di persone sono morte e oltre cento sono rimaste ferite, nell’incendio divampato ieri, in una fabbrica tessile di Chittagong, nel sud del Bangladesh. Secondo fonti locali, il numero dei morti è destinato a salire, in quanto erano almeno 500, per la maggior parte donne a lavorare ieri notte nella fabbrica K.T.S. Textile Mills. Le fiamme sprigionatesi nello stabilimento, a causa di un probabile corto circuito, hanno reso difficoltoso il lavoro dei Vigili del fuoco, tanto che le autorità locali hanno richiesto l’intervento dell’eser-cito. A peggiorare la situazione poi, la chiusura dall’esterno, della porta di ingresso della fabbrica, che ha provocato un rallentamento nei soccorsi. Il settore tessile rappresenta per il Bangladesh la più grande risorsa di esportazione, con un fatturato annuo di circa 6 miliardi di dollari. Nel Paese, però, gli standard di sicurezza sono talmente bassi che gli incendi di tale portata si verificano assai di frequente. (A.E.)

 

 

PRESENTATI IERI A BOLOGNA GLI ATTI DELLA 44.MA SETTIMANA SOCIALE

DEI CATTOLICI ITALIANI, DEDICATA AL TEMA

“LA DEMOCRAZIA: NUOVI SCENARI, NUOVI POTERI”

- A cura di Stefano Andrini -

 

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BOLOGNA. = “La 44° Settimana sociale dei cattolici di Bologna, incentrata sul tema della democrazia ha avuto un esito inatteso: una nuova vivacità del mondo cattolico italiano nelle sue diverse articolazioni. Una realtà che, pur a partire da chiavi di lettura diverse della realtà, è però arrivata a definire una sorprendente convergenza”. Lo ha affermato l’economista Stefano Zamagni, nel corso della presentazione degli “Atti” avvenuta nella sede dell’Istituto “Veritatis Splendor”. In particolare, ha spiegato il professore, “occorre muovere passi decisi verso un nuovo modello basato sulla centralità dei valori. Ci sono problemi nuovi per aggredire e risolvere i quali non è più possibile scindere i valori democratici dal riferimento al contenuto di verità dei valori stessi. Una scoperta che il mondo cattolico italiano mette a disposizione anche di chi non è credente per aprire una nuova stagione di dialogo”. Da parte sua Angelo Panebianco, docente di Relazioni internazionali all’Università di Bologna, ha promosso a pieni voti il risultato complessivo degli “Atti”. Quello che emerge, secondo Panebianco, è “una grande vivacità intellettuale e culturale”. Da parte sua, il vescovo ausiliare di Bologna, Ernesto Vecchi, ha commentato: “Bologna è stata molto contenta di questa esperienza che adesso con questi “Atti” viene rilanciata in un contesto non facile, perché la democrazia è una forma esigente della carità e, quando questa manca, si finisce con il litigare”.

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PRESENTATA OGGI DAL PRESIDENTE DELL’ASSEMBLEA GENERALE DELL’ONU,

ELIASSON, UNA PROPOSTA DI COMPROMESSO PER L’ISTITUZIONE

DEL CONSIGLIO DEI DIRITTI UMANI, CHE DOVRA’ SOSTITUIRE LA COMMISSIONE,

GIA’ DA DIVERSI ANNI CONTESTATA PER IL SUO OPERATO.

APPELLO DI ANNAN AI PAESI MEMBRI PER APPROVARE IL DOCUMENTO

 

NEW YORK. = Il presidente dell'Assemblea generale dell’ONU, Jan Eliasson, ha presentato oggi a New York una proposta di compromesso per l'istituzione del  Consiglio dei diritti umani, che dovrà sostituire l'attuale Commissione, già da diversi anni fortemente contestata per il suo operato. In una dichiarazione diffusa dal Palazzo di Vetro, il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha chiesto ai Paesi membri di approvare una risoluzione di appoggio al documento, appena possibile, nei prossimi giorni. Secondo Annan, i cambiamenti proposti ''sono più che cosmetici'', ovvero sostanziali. Tra questi, Annan segnala l'elezione diretta, da parte dell'Assemblea generale, dei futuri membri del Consiglio, la revisione periodica della situazione dei diritti umani in tutti gli Stati membri, con la possibilità di sanzioni. Nei giorni scorsi, i Paesi dell'Organizzazione della Conferenza islamica (OCI) avevano suggerito la possibilità di una condanna automatica, nei futuri statuti del Consiglio, di qualsiasi atto di blasfemia e di insulti contro i profeti delle religioni rivelate, dopo le tensioni scaturite dalla pubblicazione delle caricature di Maometto. (R.G.)

 

 

“MONDO LATINO E MONDO ARABO: LE VIE DELLA CONTINUITA’ ”:

DIBATTITO APERTO PER TRE GIORNI NELL’UNIVERSITA’ DI PALERMO

TRA STUDIOSI ITALIANI, SPAGNOLI, FRANCESI ED ARABI.

- Servizio di Alessandra Zaffiro -

 

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PALERMO . = Un’occasione di incontro per porre l’accento sui fondamenti storici e sulle reciproche influenze derivate dall’incontro tra latinità e mondo arabo. E’ l’obiettivo della manifestazione intitolata “Mondo Latino e Mondo Arabo: le vie della continuità”, promossa dall’Unione Latina insieme all’ALECSO, Organizzazione araba per l’educazione, la cultura e le scienze, in svolgimento fino a domani alla sede del Rettorato di Palermo. Tre giorni di relazioni e dibattiti tra studiosi italiani, arabi, spagnoli e francesi per sviluppare la storia dell’incontro fra Oriente e Occidente. Un confronto, oggi più attuale che mai, che spazia dalla tradizione religiosa a quella strettamente culturale linguistica, che mira ad approfondire il dialogo tra Latini ed Arabi. “L’approfondimento del dialogo - è scritto in un messaggio del capo di Stato italiano, Carlo Azeglio Ciampi, ai convegnisti - resta oggi essenziale per il consolidamento della pace, della stabilità internazionale”. E proprio da Bengasi, dove nei giorni scorsi si sono registrati gli scontri e l’assalto al consolato italiano, arriva la testimonianza del prof. Giuseppe Mancuso, docente di arabo nell’ateneo palermitano e di italiano a Bengasi. “Per l’università non c’è stato nessun pericolo - ha detto Mancuso - sia i miei 20 studenti che la gente comune condannano l’aggressione”. Oltre al corso di italiano nell’Università di Bengasi, l’unico in Libia di un ateneo occidentale, l’Università di Palermo ha già attivato un’importante campagna di scavi archeologici che dovrebbe riprendere tra aprile e maggio. Un tassello in più per continuare ad approfondire il dialogo tra i Latini e gli Arabi e a fondare le basi scientifiche per l’assimilazione dei progressi della ricerca storica.

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IL GOVERNO LONDINESE È ACCUSATO DI VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI,

A CAUSA DELLA SUA POLITICA ANTITERRORISTA.

LA DENUNCIA ARRIVA DA AMNESTY INTERNATIONAL

 

LONDRA. =  Nel mirino di Amnesty International è finito il governo britannico, accusato di calpestare i diritti dell’uomo, in virtù della lotta al terrorismo. Il tutto comprovato da un rapporto pubblicato ieri a Londra, che la segretaria generale dell’Organizzazione umanitaria, Irene Khan, definisce come schiacciante. Amnesty rimprovera al governo di Tony Blair di aver disatteso la promessa fatta nel 1997, di rispettare e promuovere i diritti umani, tanto da adottare una politica antiterrorista poco rispettosa dei diritti altrui. Gli stranieri sospettati di terrorismo vengono spesso detenuti per anni sulla base di prove segrete e senza un regolare processo. Queste persone sono effettivamente perseguitate - afferma Amnesty – con tutte le conseguenze devastanti che ne derivano per loro e per le loro famiglie. L’Organizzazione ha denunciato il trattamento crudele, inumano e degradante a loro riservato nel carcere di alta sicurezza di Belmarsh, a Londra. Amnesty International ha anche accusato il governo di calpestare il divieto alla pratica della tortura. La violazione scaturisce dal fatto che gli stranieri considerati pericolosi per la sicurezza nazionale vengono estradati proprio in quei Paesi dove si fa abitualmente ricorso a tale pratica, e a nulla valgono le richieste fatte da Londra, di garanzie diplomatiche contro la tortura. L’atteggiamento del Regno Unito potrebbe costituire quindi un precedente pericoloso, per possibili violazioni dei diritti umani anche da parte di altri Paesi. (A.E.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

24 febbraio 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco-

 

Stato di emergenza nelle Filippine dopo un tentato golpe ai danni della presidente Gloria Arroyo. Un gruppo di militari, appoggiati da forze d'opposizione, ha infatti organizzato un colpo di stato, poi soffocato dalle forze di polizia di Manila. Rientrate anche le proteste di circa 3.000 manifestanti. Il tentativo di rovesciare la Arroyo cade in un giorno particolare per le Filippine, come spiega al microfono di Giada Aquilino padre Sebastiano D’Ambra, missionario del PIME a Zamboanga, nel sud del Paese:

 

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R. - Oggi è l’anniversario della rivoluzione avvenuta nelle Filippine nel 1986. Ogni anno si celebra questa ricorrenza. E’ importante perché segna il passaggio dalla dittatura di Marcos alla democrazia. In quel periodo Corazòn Aquino, vedova dell’ex senatore liberale Benigno Aquino, assassinato a Manila nel 1983, era il principale candidato dell’opposizione. Ma la signora Aquino non aveva, pur essendo una persona carismatica, un vero background politico.

 

D. – Ma che collegamento c’è tra i fatti di allora e ciò che è successo oggi?

 

R. – Ci sono gruppi di opposizione che stanno cercando di usare questa data e Aquino per far cadere il governo. L’esecutivo di Manila ha senz’altro diverse cose da mettere in ordine però credo che riuscirà ad andare avanti. Il presidente attuale, Gloria Arroyo, l’anno scorso è stata colpita da uno scandalo: è stata accusata di aver manipolato le elezioni. Queste cose si stanno accavallando. Ma ci sono anche elementi a suo favore: l’economia sta diventando più solida, anche se la popolazione vive in genere una situazione di grande povertà. C’è infatti un elite molto ricca, ma i poveri costituiscono la maggior parte della popolazione. C’è, quindi, un malcontento diffuso. Il principale fattore in favore della signora Arroyo è che molti sostengono di non sapere chi scegliere. Gloria Arroyo può essere vista, quindi, come il male minore.

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L’Iran sta facendo progressi nel suo programma di arricchimento dell’uranio. Lo hanno riferito, stamani, fonti dell’Agenzia Internazionale dell’ONU per l’Energia Atomica (AIEA). La prossima settimana sarà presentato, intanto, un nuovo rapporto sul programma nucleare della Repubblica islamica. Nel testo viene confermato che gli scienziati iraniani stanno proseguendo i loro studi su dieci centrifughe speciali, alimentate con un gas utilizzato per produrre uranio arricchito. Tali ricerche possono portare alla realizzazione di una bomba atomica.

 

In Nigeria sono ripresi gli scontri tra musulmani e cristiani: un musulmano è stato ridotto in fin di vita in seguito ad un pestaggio condotto da un gruppo di giovani nella città di Enugu. E’ salito inoltre a più di 150 morti il bilancio dei morti dei cinque giorni di scontri tra musulmani e cristiani. A Onitsha, nel sud-est del Paese africano, almeno 85 musulmani, sono stati uccisi tra martedì e mercoledì dopo gli attacchi di sabato scorso costati la vita, nel nord della Nigeria, a decine di cristiani. Intanto, nel Delta del Niger, un gruppo di guerriglieri locali ha minacciato nuovi attacchi contro gli impianti petroliferi nel sud del Paese ed ha mostrato foto dei sette ostaggi rapiti lo scorso 18 febbraio. Si tratta di stranieri che lavorano per una società americana.

 

Cominciano ad affluire i primi risultati delle elezioni presidenziali tenutesi in Uganda: Yoweri Museveni, presidente uscente e al potere da 20 anni, è in netto vantaggio sul suo principale avversario, Kizza Beligye. Dopo lo scrutinio di quasi l’8 per cento delle schede, Museveni ha ottenuto, infatti, quasi il 60 per cento delle preferenze. Per essere eletti al primo turno occorre superare la soglia del 50 per cento dei voti.

Il primo ministro thailandese, Thaksin Shinawatra, ha sciolto la Camera bassa del Parlamento. “La Camera è stata sciolta”, ha detto il premier dopo essere stato ricevuto dal re Bhumibol Adulyadej. Il primo ministro ha preannunciato una dichiarazione pubblica per motivare la propria decisione e formalizzare la convocazione di elezioni anticipate da tenersi entro sessanta giorni.

 

Riprenderanno il 19 aprile nei pressi di Ginevra i colloqui di pace tra il governo ed i ribelli tamil per promuovere la riconciliazione nello Sri Lanka, da trent’anni sconvolto da una sanguinosa guerra civile. Lo hanno deciso le parti dopo una serie di incontri e la mediazione norvegese. Già tre anni fa era stata raggiunta un’intesa poi disattesa.

 

I magistrati facciano attenzione non solo ad essere, ma anche ad apparire imparziali. Lo ha detto il presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, rivolgendosi al congresso dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM). Intanto, aprendo i lavori del Congresso, il presidente dell’ANM, Ciro Riviezzo, ha difeso l’operato della magistratura. “La magistratura italiana - ha detto Riviezzo - rivendica il merito di aver assicurato un effettivo controllo di legalità”. C’è fastidio, ha aggiunto il presidente dell’ANM, per il controllo su settori economicamente sensibili. E’ sbagliato – ha poi precisato Riviezzo - coinvolgere i magistrati in campagna elettorale.

 

In Gran Bretagna sono stati rubati circa 75 milioni di euro. Si tratta della più grande rapina nella storia del crimine in Gran Bretagna. Il colossale furto è stato compiuto martedì scorso da una banda, formata da sei persone, che ha preso in ostaggio moglie e figlio del manager del deposito della multinazionale della sicurezza “Securitas” per farsi aprire il forziere.

 

 

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