RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 55 - Testo della trasmissione di venerdì 24 febbraio
2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il Papa riceve il presidente albanese Alfred Moisiu
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Presentati ieri a Bologna gli
Atti della 44.ma Settimana sociale dei cattolici
italiani
Tentato golpe ai danni
della presidente Gloria Arroyo nelle Filippine : proclamato lo stato di emergenza
24
febbraio 2006
SIATE COSTRUTTORI DI PONTI, OPERATORI DI PACE:
COSI’, BENEDETTO XVI AI VESCOVI DELLA BOSNIA ED ERZEGOVINA,
RICEVUTI
AL TERMINE DELLA VISITA AD LIMINA.
IL PAPA HA QUINDI AUSPICATO LA CONCLUSIONE DI
ACCORDI
PER TUTELARE I DIRITTI DEGLI ESULI, DOPO GLI ANNI
TERRIBILI DELLA GUERRA
- Intervista con Franjo Komarica -
Operate per la pace e la riconciliazione: è quanto chiesto
da Benedetto XVI ai vescovi della Bosnia ed Erzegovina, ricevuti stamani al
termine della visita ad Limina. Il Papa
ha messo l’accento sul contributo che i presuli possono offrire al progresso
del Paese, dopo gli anni della guerra. Quindi, ha esortato tutti i fedeli e gli
uomini di buona volontà ad impegnarsi per attenuare le tensioni fra etnie
tuttora persistenti. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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I vescovi della Bosnia siano “costruttori di pace”: è
l’esortazione di Benedetto XVI ai presuli bosniaci, che ha detto, devono essere
“costruttori di ponti tra le diverse esigenze della comunità ecclesiale”.
Compito, ha aggiunto, particolarmente importante nella Bosnia ed Erzegovina di
oggi che riprende “il cammino della collaborazione per costruire il proprio
futuro di sviluppo sociale e di pace”:
“Dopo gli anni tristi della recente guerra, voi
oggi, quali operatori di pace, siete chiamati a rinsaldare la comunione e a
diffondere la misericordia, la comprensione e il perdono nel nome di Cristo sia
all’interno delle comunità cristiane che nel complesso tessuto sociale della Bosnia
ed Erzegovina”.
“So bene – ha riconosciuto – che la vostra non è una missione facile,
ma so pure che voi mantenete il vostro sguardo costantemente fisso su Cristo,
il quale, avendo amato tutti sino alla fine, ha assegnato ai suoi discepoli un
fondamentale compito che riassume tutti gli altri, quello di amare”. L’amore,
ha sottolineato, “per essere fecondo sul piano spirituale, non deve
semplicemente seguire leggi terrene, ma lasciarsi illuminare dalla verità che è
Dio e tradursi in quella superiore misura della
giustizia che è la misericordia”.
Mossi dall’amore, dunque, i vescovi non si scoraggino di fronte ai
problemi che assillano la Bosnia. Difficoltà sulle quali il Papa ha voluto
soffermarsi. In particolare, si è soffermato sulla
“situazione degli esuli, per i quali – ha detto – auspico la conclusione di
opportuni accordi che assicurino il rispetto dei diritti di tutti”. Tuttavia,
ha anche indicato “la necessaria uguaglianza fra i cittadini di diversa
religione”, “l’urgenza di misure che provvedano alla crescente mancanza di
lavoro per i giovani” e ancora ha invocato “l’attenuazione delle minacciose
tensioni fra etnie, retaggio delle complesse vicende storiche vissute dalle
vostre terre”.
In tale contesto, il Papa ha evidenziato come la recente nomina di un
nunzio residente mostri la vicinanza della Sede Apostolica alle varie istanze
del Paese. Ma Benedetto XVI non ha mancato di indicare alcune preoccupazioni
che riguardano taluni aspetti della vita delle diocesi bosniache. In
particolare, ha esortato i vescovi a fare “ogni sforzo perché cresca sempre più
l’unità del gregge di Cristo”. Unità tra i pastori e i religiosi, tra il clero
diocesano e le persone consacrate, ha affermato il Pontefice, ma anche tra
quanti “sono al servizio del popolo cristiano superando, se necessario,
incomprensioni e difficoltà legate ad eventi del passato”.
Dal canto suo, il cardinale Vinko Puljić, arcivescovo
di Sarajevo, ha ribadito l’impegno dell’episcopato per “riportare la pace e
creare un clima di riconciliazione”. E ciò nonostante le posizioni assunte dai
rappresentanti della Comunità internazionale e della Comunità europea che, ha
dichiarato, “regolarmente ignorano tutte le iniziative, le proposte e le richieste
avanzate” dai presuli.
Per comprendere quanto profondo sia
il nostro dolore, ha aggiunto il porporato, “è sufficiente ricordare che prima
del conflitto, circa 820.000 fedeli animavano la vita delle nostre quattro
diocesi, mentre ora ne sono rimasti 466.000”. Molti, ha spiegato, hanno lasciato
il nostro Paese e “pare ormai certo che non rientreranno”. Altri che, invece,
vorrebbero tornare, “percepiscono indifferenza ed apatia verso le loro
aspirazioni sia nei politici locali, sia nei rappresentanti della Comunità
Internazionale”. Ha così ribadito che “non poche chiese parrocchiali, canoniche,
conventi ed altri edifici sono stati distrutti o gravemente danneggiati”.
Nonostante ciò e “con molta fatica – ha assicurato – stiamo cercando di
infondere in tutti speranza anche attraverso il
ripristino di tali opere”.
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Ma ascoltiamo ora la testimonianza del vescovo di Banja Luka, Franjo
Komarica. Paolo Ondarza gli
ha chiesto un giudizio sugli accordi di Dayton che 10
anni fa posero fine al conflitto in Bosnia ed
Erzegovina:
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R. – Gli Accordi di Dayton sono
solamente il primo passo; sono necessari anche altri passi! Pensiamo quindi ad
un Dayton 2 e anche ad un Dayton
3. Per i nostri profughi, dieci anni sono tanti! Molti sono morti, molti sono
malati nell’anima: vorrebbero tornare ma non possono!
Io sono triste perché i responsabili internazionali non sono uniti nel prendere
decisioni per il futuro del Paese! Non hanno coraggio, non sono chiari; dicono
una cosa, ne fanno un’altra. Questo è il nostro dolore!
D. – Lei denunciava anche la situazione degli sfollati: i
cattolici che non ci sono più, che sono andati via. Ha citato anche dei numeri,
impressionanti …
R. – Nella Repubblica serba di Bosnia ce ne sono rimasti
pochissimi: da 80 mila, prima della guerra, oggi ne sono rimasti 6 mila,
praticamente tutti anziani.
D. – Lei ha detto che le ingiustizie verso i cattolici
sono aumentate, in questi dieci anni …
R. – Sì: a Banja
Luka, nella mia sede, molti dicono: “La vostra colpa
è: primo, che siete cattolici, secondo, che siete croati; la terza colpa è che
volete rimanere a Banja Luka,
la vostra città”.
La situazione è triste, per la Chiesa cattolica, in particolare per la mia diocesi
e per quella di Sarajevo.
D. – Che cosa vi aspettate da questo incontro con il Papa?
R. – Aiuto. Per cambiare questa situazione. Siamo soli.
Naturalmente, sappiamo che Dio è con noi, e anche la Chiesa cattolica,
specialmente il Santo Padre.
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IL
PAPA HA RICEVUTO STAMANE IL PRESIDENTE ALBANESE ALFRED MOISIU
Il Papa ha ricevuto stamane il presidente della
Repubblica di Albania, Alfred Moisiu,
con il seguito. Alfred Moisiu,
76 anni, ex generale in pensione, è stato eletto dal Parlamento alla massima
carica dello Stato il 24 giugno del 2002 grazie ad un’ampia convergenza delle
forze politiche. Di fede cristiana ortodossa, si è fatto sempre promotore del
dialogo e della convivenza pacifica tra le varie confessioni religiose del Paese.
In Albania su oltre 3 milioni di abitanti il 50% sono musulmani, il 25% sono
ortodossi e il 15% cattolici.
Il presidente albanese – ricordiamo – partecipò alla
cerimonia di beatificazione di madre Teresa di Calcutta il 19 ottobre del 2003.
Alfred Moisiu ha fortemente
voluto che questo giorno fosse proclamato festa nazionale in Albania per
celebrare la beata albanese. Richiesta accolta dal Parlamento di Tirana.
ALTRE
UDIENZE
Stamane il Papa ha
ricevuto, in successive udienze, anche l’arcivescovo Gabriel Montalvo, nunzio apostolico; mons. Hector
Miguel Cabrejos Vidarte, arcivescovo di Trujillo
(Perù); fratel Enzo Bianchi, priore di Bose.
Nel pomeriggio il Santo Padre riceverà mons. William Joseph Levada, prefetto della Congregazione
per
“DEUS CARITAS EST” AIUTA A SCOPRIRE IL
SENSO DELL’ESISTENZA: L’AMORE.
COSÌ
L’ARCIVESCOVO DI BOLOGNA CARLO CAFFARRA IERI SERA IN UN CONFRONTO
SULL’ENCICLICA CON LO PSICHIATRA VITTORINO ANDREOLI,
ORGANIZZATO
DALLA DIOCESI DI ROMA
Hanno risposto in tanti ieri sera all’invito della diocesi
di Roma a riflettere sulla prima Enciclica di Benedetto XVI Deus caritas est.
Gremita, nonostante il cattivo tempo, che avrebbe potuto scoraggiare tante
persone, la Basilica di San Giovanni in Laterano. A suscitare interesse il
confronto tra l’arcivescovo di Bologna mons. Carlo Caffarra,
che il 24 marzo sarà creato cardinale dal Papa, e lo psichiatra Vittorino Andreoli. Ad introdurre le riflessioni dei due oratori il
cardinale vicario Camillo Ruini. Il servizio di
Tiziana Campisi:
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“Vogliamo proporre le varie dimensioni dell’Enciclica in
modo da facilitare ancor di più il suo apprendimento e da dare maggiore impulso
alla pastorale diocesana, sia sul versante della pastorale della famiglia che,
evidentemente, è intimamente legato al tema dell’amore, sia anche su quello
dell’evangelizzazione”.
Il cardinale vicario Camillo Ruini
ha spiegato con queste parole lo scopo dell’incontro di ieri sera nella
Basilica di San Giovanni in Laterano. Rivolta a laici e, in particolare a consigli
pastorali, educatori parrocchiali, catechisti, insegnanti di religione, la
serata ha proposto alcune riflessioni sulla prima Enciclica di Benedetto XVI.
Ma con quale spirito leggere la Deus caritas est? Ancora il cardinale Camillo Ruini:
“Possibilmente, con lo stesso spirito con il quale il
Santo Padre l’ha scritta, cioè con l’intenzione di proporre il centro della
fede cristiana in stretto rapporto a quelle che sono le domande di sempre e
anche i problemi attuali dell’umanità. A partire dall’amore di Dio, infatti,
possiamo comprendere veramente chi siamo noi, qual è la nostra vocazione e anche
qual è l’universo al quale apparteniamo e nel quale siamo collocati”.
Allo psichiatra Vittorino Andreoli
il compito di analizzare le tematiche dell’Enciclica alla luce della realtà
odierna. Lo studioso ha affermato che una profonda solitudine oggi segna
l’uomo, una solitudine che conduce al dolore, un dramma che può essere superato
solo attraverso legami, sentimenti, l’incontro con l’altro: l’amore. Ma quale
il parere personale dello psichiatra sull’Enciclica?
“L’ho letta molto volentieri; con moltissimo interesse
perché, vede, l’amore è una terapia, per la città della terra prima che per
quella del cielo!, come elemento che dà forza, sicurezza
…”.
E per lui, la Deus caritas est può dar vita a …
“… molte meditazioni, per cercare di applicarle poi anche
nel vivere su questa terra!”.
E’ toccato poi all’arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra offrire un insegnamento teologico. Il presule si è
soffermato sul concetto di amore da intendere come realtà primordiale, ossia
come ciò che ha dato vita ad ogni cosa. Solo recuperando questo valore, ha
detto, è possibile comprendere l’amore, che è proprio il senso ultimo
dell’esistenza. Ed è immergendosi nel cuore di Cristo che l’uomo entra
nell’Amore. Ma ascoltiamo mons. Carlo Caffarra:
“Io credo che il Santo Padre abbia scritto questa
Enciclica per rispondere a questa domanda: quale è il fondo delle realtà, la
realtà primordiale? E il Santo Padre risponde: è l’amore. Credo che l’uomo oggi
avesse un enorme bisogno di sentirsi dire questa risposta,
lacerato com’è tra la negazione della realtà come dotata di un significato
positivo, oppure una sorta di disperazione per debolezza che porta l’uomo a
degradare se stesso e a ridursi a mero frammento della natura …”.
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L’EMBRIONE E‘ UN FIGLIO FIN DAL MOMENTO DEL SUO
CONCEPIMENTO
E LO
RIMANE ANCHE QUANDO SE NE MANIPOLANO O DISTRUGGONO LE CELLULE.
L’AFFERMAZIONE
DEL VESCOVO ELIO SGRECCIA IN SALA STAMPA VATICANA,
DOVE
E’ STATO PRESENTATO IL PROSSIMO CONVEGNO
DELLA
PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA
“L’embrione umano nella fase del preimpianto:
aspetti scientifici e considerazioni bioetiche”. Si intitola così il Congresso
internazionale che si svolgerà nell’Aula Nuova del Sinodo, in Vaticano, lunedì
e martedì prossimo. Ad organizzarlo è la Pontificia Accademia per la Vita, che
il 1° marzo terrà poi la sua 12.ma Assemblea
generale. Al centro del dibattito, che vedrà impegnati circa 350 esperti, tra
scienziati, medici e ricercatori, vi è la questione se l’embrione umano, nei
primissimi stadi del suo sviluppo, possa essere considerato
una persona umana e come tale detentrice di diritti. Se ne è parlato questa mattina,
in Sala Stampa vaticana, dove il presidente della Pontifica Accademia per la
Vita, il vescovo Elio Sgreccia, ha presentato il
convegno ai giornalisti con l’ausilio di alcuni relatori. Il servizio di
Alessandro De Carolis.
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Che cos’è quel piccolo complesso di cellule umane, che nei
primi 6-9 giorni dalla fecondazione non si è ancora impiantato nell’utero
materno? Un bambino in potenza, che ha diritto a svilupparsi e nascere, secondo
quanto afferma la Chiesa, o un mero agglomerato biologico di cui poter
disporre, ad esempio per fini medici, come sostengono alucni
nella comunità scientifica? E’ questo il quesito principale al quale
risponderanno gli specialisti partecipanti al Congresso internazionale promosso
dalla Pontificia Accademia per la Vita. Se l’embrione, soprattutto nella fase del
cosiddetto “pre-impianto”, sia o
meno un essere umano è una questione etica assai dibattuta. La Chiesa da
molti anni si è espressa affermando chiaramente che l’essere umano originato
dal concepimento dei due gameti maschile e femminile è una persona umana a
tutti gli effetti, da rispettare nel suo diritto alla vita intra
ed extrauterina. Presentando il Convegno in Sala Stampa,
mons. Sgreccia ha subito affermato: “L’embrione è comunque un figlio: un bambino o una bambina,
che ha una relazione speciale con i propri genitori e per chi crede ha anche
una relazione speciale con Dio”. Lo è,
ha proseguito, anche quando viene manipolato o
distrutto al punto da rappresentare “il nodo cruciale sia per l'antropologia,
sia per l'etica”. Ed ha poi aggiunto:
“Si sa che la posizione della Chiesa è apparsa come una
posizione aprioristica. Da qualcuno è stata ritenuta come ispirata a fattori
unicamente religiosi. Si sa che il Comitato Warnock in Inghilterra ha preso una posizione
diversa. Si sa che oggi molti sostengono che si può sperimentare, si può
congelare, si può somministrare la pillola del giorno dopo, si possono
costruire embrioni fatti apposta per la sperimentazione, per avere un fratello
uguale al fratello, e così via. Allora noi ci domandiamo in questa assise: la
posizione che è stata presa dalla Chiesa cattolica è una posizione che ha degli
argomenti scientifici a suo favore, filosofici a suo favore e quindi, eticamente, è sostenibile anche oggi questa posizione?
Vogliamo dare una risposta. Pensiamo di avere argomenti sufficienti, di averli
validi, e vogliamo proporli”.
Il Congresso, dunque, esaminerà gli aspetti scientifici
del dilemma per vedere se vi sia continuità tra il
momento iniziale - per così dire l’“ora zero” della fecondazione - e gli stadi
successivi, dettagliatamente illustrati in conferenza stampa dal prof. Adriano Bompiani, direttore dell’Istituto scientifico
internazionale (ISI) della Cattolica di Roma. Conoscere le singole fasi dello
sviluppo embrionale, ha affermato, permette anche di dare un’interpretazione
etica di quanto avviene nel grembo materno. E la biologia indica nelle prime
cellule embrionali l’esistenza di un’attività, di un’individualità, al punto da
ipotizzare la definizione di uno “status” anche per l’embrione pre-impiantatorio, proteggendolo dalla strumentalizzazione,
specialmente da ogni forma di sperimentazione distruttiva. Come quella del
congelamento degli embrioni da utilizzare per la fecondazione artificiale,
sulla quale si è soffermato lo stesso prof. Bompiani:
“Meno 96 gradi portano all’arresto dello sviluppo
embrionale, ma non portano alla regressione dello sviluppo. Possono però dare
delle grosse difficoltà per la ripresa dello sviluppo. Il 50% degli embrioni
sghiacciati riportati a temperatura normale non proseguono lo sviluppo, perché
in qualche modo sono lesi dal fatto del congelamento. Questo non si vuol dire,
non si vuol sapere, non si vuol far sapere alla gente, ma è una realtà, una realtà
di tutte le documentazioni scientifiche”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina - Rinsaldare la comunione e diffondere
la comprensione e il perdono: il discorso di Benedetto XVI ai presuli della
Conferenza episcopale di Bosnia ed Erzegovina.
Servizio vaticano - Una pagina dedicata ai temi sacerdotali.
Servizio estero - Filippine: dopo un fallito
tentativo di golpe è stato decretato lo stato d’emergenza.
Servizio culturale - Un articolo di Francesco
Licinio Galti dal titolo “Nel segno della ‘visionarietà’”:
il secondo volume dei romanzi di Anna Maria Ortese.
Servizio italiano - Elezioni. Fiamma Tricolore:
frasi inquietanti sulla Shoa; il partito si presenta
alle urne con la Cdl.
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24 febbraio 2006
Dopo la nuova ondata di violenze scatenate dalla
distruzione della moschea sciita di Samarra, l’Iraq è
dunque sconvolto da drammatici scontri tra sciiti e sunniti. Ma si
può parlare di un Paese sull’orlo di una guerra civile? Salvatore Sabatino lo
ha chiesto all’editorialista del quotidiano “La Repubblica”, Fuad Allam:
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R. - Credo che ci siano, purtroppo, tutte le premesse per
una deflagrazione. Se poi diventerà una guerra civile, questo non lo so. E’
certo, comunque, che il tentativo del terrorismo di matrice islamica sunnita tende a capovolgere la situazione, a far
precipitare il Paese non soltanto nella frattura intercomunitaria, ma in uno
scontro tra due segmenti opposti dell’Islam.
D. – Ma è sempre esistita in Iraq questa contrapposizione
così forte tra sunniti e sciiti dal punto di vista religioso, oppure si tratta,
in questo momento, di uno steccato più politico?
R. – C’è un aspetto meramente politico. MA la
contrapposizione fra sunniti e sciiti, non soltanto in Iraq, è storica ed
ancestrale. Basta pensare che comunque, anche in tutto l’impero ottomano, i
sunniti hanno sempre regnato in modo quasi assoluto,
indiscusso. La guerra in Iraq ha capovolto un po’ la dinamica storica e ha
fatto sì che, dopo secoli di storia, lo sciismo sia arrivato
al potere.
D. – I sunniti hanno deciso di sospendere i negoziati sul
governo. Quale dovrebbe essere a questo punto la risposta del nuovo esecutivo
iracheno?
R. – Si tratta di trovare, comunque, una soluzione a
questo problema perché altrimenti il rischio è quello di una frattura e di una
separazione fra sunniti e sciiti. Dobbiamo anche rilevare che, geograficamente
parlando, i sunniti si trovano in una parte dell’Iraq senza gas e petrolio.
D. – Quindi, in questo momento gli scontri sono basati
anche su un fattore economico?
R. – La politica porta l’economia e l’economia porta la
politica. Mi sembra un tutt’uno.
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Ma come sta vivendo questo conflitto, tra sciiti e sunniti,
la comunità cattolica irachena? Risponde, al microfono di Roberto Piermarini, il nunzio
apostolico a Baghdad, l’arcivescovo Fernando Filoni:
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R. – La preoccupazione è evidente, non solo per i
cristiani che, certamente, sono una piccola minoranza. I cristiani si trovano
in Iraq tra due grandi realtà, che sono appunto la comunità sciita e sunnita. Ma, certamente, il futuro per i cristiani diventa
sempre più preoccupante e penoso. I cristiani, per bocca del patriarca caldeo, hanno fatto una dichiarazione in cui hanno
manifestato solidarietà dopo l’attentato alla moschea di Samarra.
Quindi, si sono sentiti colpiti spiritualmente e sentimentalmente da questo
atto così grave. Però, adesso, la situazione è diventata anche molto grave in
seguito alle violenze innescate dall’attacco contro la moschea sciita. Quindi,
l’auspicio anche da parte del patriarca caldeo e
della Chiesa, è che la ragione abbia il sopravvento su quelle che sono alcune
forme di reazione immediata e certamente non accettabili.
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24 febbraio 2006
SI
ESPANDE L’EPIDEMIA DI INFLUENZA AVIARIA IN EUROPA,
OGGI A
VIENNA IL VERTICE DEI MINISTRI DELLA SALUTE
DELL’UE,
DELLA TURCHIA E DEI PAESI BALCANICI
- Servizio di Roberta Gisotti -
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VIENNA. = Sono 8 i Paesi in Europa “contagiati” dal virus
H5N1, e nella capitale austriaca i responsabili della salute europei sono
riuniti per verificare l’efficacia delle misure adottate e stabilire forse un
accordo di prevenzione. Sul tavolo di ministri della Sanità anche la proposta
dell’Italia di estendere a tutta l’Europa l’etichettatura obbligatoria per la tracciabilità delle carni, ovvero dalla produzione al banco
di vendita. Cresce dunque la preoccupazione. In Francia, il presidente Chirac ha annunciato la mobilitazione generale, stanziati
52 milioni di euro per il settore avicolo, ed oggi la conferma del virus H5 nei
tacchini morti nell’allevamento di Versailleux, non
lontano da dove giorni fa erano state rinvenute senza vita anatre selvatiche.
In Germania, nuovi casi di H5N1, tre anatre selvatiche e un cigno. E primi casi
di due uccelli selvatici anche in Slovacchia. E così anche il primo caso di un
cigno malato in Georgia. Spostandoci sul fronte più “caldo” dell’Asia: morte
sospetta ieri di una donna a Giakarta, in Indonesia,
dove il governo ha lanciato oggi una vasta campagna conto l’influenza aviaria.
Il ceppo virale è inoltre ricomparso dopo quasi un anno su tre anatre in
Cambogia. Infine il governo di Seul ha ammesso oggi 4 casi di infezione umana
nella Corea del Nord, ma senza conseguenze letali, fra la fine del 2003 e
l’inizio del 2004. Da ricordare che i contagi sull’uomo sono stati finora 170,
di cui 92 mortali, tutti in Paesi asiatici, e 4 in Turchia.
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IERI
NOTTE, UN INCENDIO È DIVAMPATO IN UNA FABBRICA TESSILE DI CHITTAGONG,
IN BANGLADESH. SONO ALMENO UNA
SESSANTINA I MORTI E PIÙ DI UN CENTINAIO
I FERITI. NEL PAESE, DOVE GLI
STANDARD DI SICUREZZA SONO PRATICAMENTE
INESISTENTI, SI TRATTA
DELL’ENNESIMO INCIDENTE
CHITTAGONG. = Almeno una sessantina di persone sono
morte e oltre cento sono rimaste ferite, nell’incendio divampato ieri, in una
fabbrica tessile di Chittagong, nel sud del Bangladesh. Secondo fonti locali,
il numero dei morti è destinato a salire, in quanto erano almeno 500, per la
maggior parte donne a lavorare ieri notte nella fabbrica K.T.S.
Textile Mills. Le fiamme
sprigionatesi nello stabilimento, a causa di un probabile corto circuito, hanno
reso difficoltoso il lavoro dei Vigili del fuoco, tanto che le autorità locali
hanno richiesto l’intervento dell’eser-cito. A peggiorare la situazione poi, la
chiusura dall’esterno, della porta di ingresso della fabbrica, che ha provocato
un rallentamento nei soccorsi. Il settore tessile rappresenta per il Bangladesh la più grande risorsa di esportazione, con un fatturato
annuo di circa 6 miliardi di dollari. Nel Paese, però, gli standard di sicurezza
sono talmente bassi che gli incendi di tale portata si verificano assai di frequente.
(A.E.)
PRESENTATI
IERI A BOLOGNA GLI ATTI DELLA 44.MA SETTIMANA SOCIALE
DEI
CATTOLICI ITALIANI, DEDICATA AL TEMA
“LA
DEMOCRAZIA: NUOVI SCENARI, NUOVI POTERI”
- A cura di Stefano Andrini -
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BOLOGNA. = “La 44° Settimana sociale dei cattolici di
Bologna, incentrata sul tema della democrazia ha avuto un esito inatteso: una
nuova vivacità del mondo cattolico italiano nelle sue diverse articolazioni.
Una realtà che, pur a partire da chiavi di lettura diverse della realtà, è però
arrivata a definire una sorprendente convergenza”. Lo ha affermato l’economista
Stefano Zamagni, nel corso della presentazione degli
“Atti” avvenuta nella sede dell’Istituto “Veritatis
Splendor”. In particolare, ha spiegato il professore, “occorre muovere passi
decisi verso un nuovo modello basato sulla centralità dei valori. Ci sono
problemi nuovi per aggredire e risolvere i quali non è più possibile scindere i
valori democratici dal riferimento al contenuto di verità dei valori stessi.
Una scoperta che il mondo cattolico italiano mette a disposizione anche di chi
non è credente per aprire una nuova stagione di dialogo”. Da parte sua Angelo Panebianco, docente di Relazioni internazionali
all’Università di Bologna, ha promosso a pieni voti il risultato complessivo
degli “Atti”. Quello che emerge, secondo Panebianco,
è “una grande vivacità intellettuale e culturale”. Da parte sua, il vescovo
ausiliare di Bologna, Ernesto Vecchi, ha commentato: “Bologna è stata molto
contenta di questa esperienza che adesso con questi “Atti” viene
rilanciata in un contesto non facile, perché la democrazia è una forma esigente
della carità e, quando questa manca, si finisce con il litigare”.
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PRESENTATA
OGGI DAL PRESIDENTE DELL’ASSEMBLEA GENERALE DELL’ONU,
ELIASSON,
UNA PROPOSTA DI COMPROMESSO PER L’ISTITUZIONE
DEL
CONSIGLIO DEI DIRITTI UMANI, CHE DOVRA’ SOSTITUIRE LA COMMISSIONE,
GIA’ DA DIVERSI ANNI CONTESTATA PER IL SUO OPERATO.
APPELLO
DI ANNAN AI PAESI MEMBRI PER APPROVARE IL DOCUMENTO
NEW YORK. = Il presidente dell'Assemblea generale
dell’ONU, Jan Eliasson, ha
presentato oggi a New York una proposta di compromesso per l'istituzione del Consiglio dei
diritti umani, che dovrà sostituire l'attuale Commissione, già da diversi anni
fortemente contestata per il suo operato. In una dichiarazione diffusa dal
Palazzo di Vetro, il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha chiesto ai Paesi
membri di approvare una risoluzione di appoggio al documento, appena possibile,
nei prossimi giorni. Secondo Annan, i cambiamenti
proposti ''sono più che cosmetici'', ovvero
sostanziali. Tra questi, Annan segnala l'elezione
diretta, da parte dell'Assemblea generale, dei futuri membri del Consiglio, la
revisione periodica della situazione dei diritti umani in tutti gli Stati
membri, con la possibilità di sanzioni. Nei giorni scorsi, i Paesi
dell'Organizzazione della Conferenza islamica (OCI) avevano suggerito la
possibilità di una condanna automatica, nei futuri statuti del Consiglio, di
qualsiasi atto di blasfemia e di insulti contro i profeti delle religioni
rivelate, dopo le tensioni scaturite dalla pubblicazione delle caricature di
Maometto. (R.G.)
“MONDO LATINO E MONDO ARABO: LE VIE DELLA CONTINUITA’ ”:
DIBATTITO
APERTO PER TRE GIORNI NELL’UNIVERSITA’ DI PALERMO
TRA
STUDIOSI ITALIANI, SPAGNOLI, FRANCESI ED ARABI.
- Servizio di Alessandra Zaffiro -
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PALERMO . = Un’occasione di incontro per porre l’accento
sui fondamenti storici e sulle reciproche influenze derivate dall’incontro tra latinità
e mondo arabo. E’ l’obiettivo della manifestazione intitolata “Mondo Latino e
Mondo Arabo: le vie della continuità”, promossa dall’Unione Latina insieme
all’ALECSO, Organizzazione araba per l’educazione, la cultura e le scienze, in
svolgimento fino a domani alla sede del Rettorato di Palermo. Tre giorni di
relazioni e dibattiti tra studiosi italiani, arabi, spagnoli e francesi per
sviluppare la storia dell’incontro fra Oriente e Occidente. Un confronto, oggi
più attuale che mai, che spazia dalla tradizione religiosa a quella
strettamente culturale linguistica, che mira ad approfondire il dialogo tra
Latini ed Arabi. “L’approfondimento del dialogo - è scritto in un messaggio del
capo di Stato italiano, Carlo Azeglio Ciampi, ai convegnisti - resta oggi essenziale
per il consolidamento della pace, della stabilità internazionale”. E proprio da
Bengasi, dove nei giorni scorsi si sono registrati gli scontri e l’assalto al
consolato italiano, arriva la testimonianza del prof. Giuseppe Mancuso, docente di arabo nell’ateneo palermitano e di
italiano a Bengasi. “Per l’università non c’è stato nessun pericolo - ha detto Mancuso - sia i miei 20 studenti che la gente comune
condannano l’aggressione”. Oltre al corso di italiano nell’Università di
Bengasi, l’unico in Libia di un ateneo occidentale, l’Università di Palermo ha
già attivato un’importante campagna di scavi archeologici che dovrebbe
riprendere tra aprile e maggio. Un tassello in più per continuare ad approfondire
il dialogo tra i Latini e gli Arabi e a fondare le basi scientifiche per
l’assimilazione dei progressi della ricerca storica.
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IL GOVERNO LONDINESE È ACCUSATO DI VIOLAZIONE DEI
DIRITTI UMANI,
A CAUSA DELLA SUA POLITICA ANTITERRORISTA.
LA DENUNCIA ARRIVA DA AMNESTY INTERNATIONAL
LONDRA. = Nel mirino di Amnesty
International è finito il governo britannico, accusato
di calpestare i diritti dell’uomo, in virtù della lotta al terrorismo. Il tutto
comprovato da un rapporto pubblicato ieri a Londra, che la segretaria generale
dell’Organizzazione umanitaria, Irene Khan, definisce come schiacciante. Amnesty rimprovera al governo di Tony Blair
di aver disatteso la promessa fatta nel 1997, di rispettare e promuovere i
diritti umani, tanto da adottare una politica antiterrorista poco rispettosa
dei diritti altrui. Gli stranieri sospettati di terrorismo vengono
spesso detenuti per anni sulla base di prove segrete e senza un regolare processo.
Queste persone sono effettivamente perseguitate - afferma Amnesty
– con tutte le conseguenze devastanti che ne derivano per loro e per le loro
famiglie. L’Organizzazione ha denunciato il trattamento crudele, inumano e degradante
a loro riservato nel carcere di alta sicurezza di Belmarsh,
a Londra. Amnesty International
ha anche accusato il governo di calpestare il divieto alla pratica della
tortura. La violazione scaturisce dal fatto che gli stranieri considerati
pericolosi per la sicurezza nazionale vengono
estradati proprio in quei Paesi dove si fa abitualmente ricorso a tale pratica,
e a nulla valgono le richieste fatte da Londra, di garanzie diplomatiche contro
la tortura. L’atteggiamento del Regno Unito potrebbe costituire quindi un
precedente pericoloso, per possibili violazioni dei diritti umani anche da
parte di altri Paesi. (A.E.)
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24 febbraio 2006
- A cura di Amedeo
Lomonaco-
Stato di emergenza
nelle Filippine dopo un tentato golpe ai danni della presidente Gloria Arroyo. Un gruppo di militari, appoggiati da forze
d'opposizione, ha infatti organizzato un colpo di
stato, poi soffocato dalle forze di polizia di Manila. Rientrate anche le
proteste di circa 3.000 manifestanti. Il tentativo di rovesciare la Arroyo cade in un giorno
particolare per le Filippine, come spiega al microfono di Giada Aquilino padre
Sebastiano D’Ambra, missionario del PIME a Zamboanga,
nel sud del Paese:
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R. - Oggi è l’anniversario della rivoluzione avvenuta
nelle Filippine nel 1986. Ogni anno si celebra questa ricorrenza. E’ importante
perché segna il passaggio dalla dittatura di Marcos
alla democrazia. In quel periodo Corazòn Aquino, vedova dell’ex senatore liberale Benigno Aquino, assassinato a Manila nel 1983, era il principale
candidato dell’opposizione. Ma la signora Aquino non
aveva, pur essendo una persona carismatica, un vero background politico.
D. – Ma che collegamento c’è tra i fatti di allora e ciò
che è successo oggi?
R. – Ci sono gruppi di opposizione che stanno cercando di
usare questa data e Aquino per far cadere il governo.
L’esecutivo di Manila ha senz’altro diverse cose da mettere in ordine però credo che riuscirà ad andare avanti. Il presidente
attuale, Gloria Arroyo, l’anno scorso è stata colpita
da uno scandalo: è stata accusata di aver manipolato le elezioni. Queste cose
si stanno accavallando. Ma ci sono anche elementi a suo favore: l’economia sta
diventando più solida, anche se la popolazione vive in genere una situazione di
grande povertà. C’è infatti un elite molto ricca, ma i
poveri costituiscono la maggior parte della popolazione. C’è, quindi, un
malcontento diffuso. Il principale fattore in favore della signora Arroyo è che molti sostengono di non sapere chi scegliere.
Gloria Arroyo può essere vista, quindi, come il male
minore.
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L’Iran sta facendo progressi nel suo programma
di arricchimento dell’uranio. Lo hanno riferito, stamani, fonti dell’Agenzia Internazionale
dell’ONU per l’Energia Atomica (AIEA). La prossima settimana sarà presentato,
intanto, un nuovo rapporto sul programma nucleare della Repubblica islamica.
Nel testo viene confermato che gli scienziati iraniani
stanno proseguendo i loro studi su dieci centrifughe speciali, alimentate
con un gas utilizzato per produrre uranio arricchito. Tali ricerche
possono portare alla realizzazione di una bomba atomica.
In Nigeria sono ripresi gli scontri tra musulmani e
cristiani: un musulmano è stato ridotto in fin di vita in seguito ad un
pestaggio condotto da un gruppo di giovani nella città di Enugu.
E’ salito inoltre a più di 150 morti il bilancio dei morti dei cinque giorni di
scontri tra musulmani e cristiani. A Onitsha, nel
sud-est del Paese africano, almeno 85 musulmani, sono stati uccisi tra martedì
e mercoledì dopo gli attacchi di sabato scorso costati la vita, nel nord della
Nigeria, a decine di cristiani. Intanto, nel Delta del Niger, un gruppo di guerriglieri
locali ha minacciato nuovi attacchi contro gli impianti petroliferi nel sud del
Paese ed ha mostrato foto dei sette ostaggi rapiti lo scorso 18 febbraio. Si
tratta di stranieri che lavorano per una società americana.
Cominciano ad affluire i primi
risultati delle elezioni presidenziali tenutesi in Uganda: Yoweri
Museveni, presidente uscente e al potere da 20 anni,
è in netto vantaggio sul suo principale avversario, Kizza
Beligye. Dopo lo scrutinio di quasi l’8 per cento
delle schede, Museveni ha ottenuto, infatti, quasi il
60 per cento delle preferenze. Per essere eletti al primo turno occorre
superare la soglia del 50 per cento dei voti.
Il primo ministro thailandese, Thaksin Shinawatra, ha sciolto la
Camera bassa del Parlamento. “La Camera è stata sciolta”, ha detto il premier
dopo essere stato ricevuto dal re Bhumibol Adulyadej. Il primo ministro ha preannunciato una dichiarazione
pubblica per motivare la propria decisione e formalizzare la convocazione di
elezioni anticipate da tenersi entro sessanta giorni.
Riprenderanno il 19 aprile nei pressi di Ginevra i colloqui
di pace tra il governo ed i ribelli tamil per
promuovere la riconciliazione nello Sri
Lanka, da trent’anni
sconvolto da una sanguinosa guerra civile. Lo hanno deciso le parti dopo
una serie di incontri e la mediazione norvegese. Già tre anni fa era stata raggiunta
un’intesa poi disattesa.
I magistrati facciano attenzione non solo
ad essere, ma anche ad apparire imparziali. Lo ha detto il presidente della
Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, rivolgendosi al congresso
dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM). Intanto, aprendo i lavori del Congresso,
il presidente dell’ANM, Ciro Riviezzo, ha difeso
l’operato della magistratura. “La magistratura italiana - ha detto Riviezzo - rivendica il merito di aver assicurato un effettivo
controllo di legalità”. C’è fastidio, ha aggiunto il presidente dell’ANM, per
il controllo su settori economicamente sensibili. E’ sbagliato – ha poi
precisato Riviezzo - coinvolgere i magistrati in campagna
elettorale.
In Gran Bretagna sono stati rubati
circa 75 milioni di euro. Si tratta della più grande rapina nella storia del
crimine in Gran Bretagna. Il colossale furto è stato compiuto martedì scorso da
una banda, formata da sei persone, che ha preso in ostaggio moglie e figlio del
manager del deposito della multinazionale della sicurezza “Securitas” per farsi aprire il
forziere.
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