RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 363 - Testo della trasmissione di venerdì 29 dicembre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La comunità ecclesiale si appresta a celebrare la fine del 2006, un anno vissuto intensamente da Benedetto XVI, “pastore mite e fermo della sua Chiesa”

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Per il premier iracheno al Maliki è inevitabile l’esecuzione di Saddam Hussein. Con noi, il nunzio apostolico a Baghdad, mons. Francis Assisi Chullikatt: la Chiesa difende sempre la vita

 

In corso, a Zagabria, il primo incontro della Comunità di Taizé in terra croata, con l’obiettivo di costruire la pace nell’Europa che ha smarrito Dio: intervista con frère Alois

 

 “Pietà e chiarezza”: l’Osservatore Romano pubblica un editoriale sul caso Welby

 

CHIESA E SOCIETA’:

Arrestati in Cina nove sacerdoti cattolici

 

Il vescovo emerito di San Pedro, in Paraguay, mons. Fernando Lugo, ha annunciato che accetterà la candidatura alle elezioni presidenziali del 2008 nonostante l’ammonizione canonica

 

Diniego dell’arcivescovo di Cordoba, mons. Asenjo Pelegrina, alla richiesta della Giunta islamica di Spagna di condividere come luogo di culto la moschea-cattedrale della città

 

La “comune volontà di comprensione reciproca e pace” al centro della visita di alcuni leader religiosi musulmani all’arcivescovo caldeo di Kirkuk, in Iraq, mons. Sako, per gli auguri di Natale

 

L’arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe, ha servito ieri personalmente i poveri durante un pranzo natalizio in Curia

 

Precisazione del Vicariato di Roma, dopo la denuncia contro un parroco che ha chiesto un contributo per la celebrazione del matrimonio

 

Trovato morto a Roma un clochard stroncato dal freddo

 

Via libera, negli Stati Uniti, alla vendita di carne e latte di animali clonati

 

24 ORE NEL MONDO:

Calma carica di tensione in Somalia: migliaia i profughi, ma sono ripresi i voli umanitari

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

29 dicembre 2006

 

LA CHIESA SI APPRESTA A CELEBRARE LA FINE DEL 2006,

UN ANNO VISSUTO INTENSAMENTE DA BENEDETTO XVI,

 “PASTORE MITE E FERMO DELLA SUA CHIESA”

 

La Chiesa si appresta a celebrare la fine dell’anno 2006. Domenica 31 dicembre, alle ore 18 nella Basilica Vaticana, Benedetto XVI presiederà la celebrazione dei Primi Vespri della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio e il “Te Deum” di ringraziamento per l’anno trascorso. Al termine della celebrazione, il Papa visiterà il Presepe di Piazza San Pietro. Sarà l’atto conclusivo di un 2006 vissuto con grande intensità dal Pontefice. Scandito da quattro indimenticabili viaggi apostolici internazionali, l’anno che volge al termine ha visto anche la pubblicazione della prima Enciclica del Papa. Ripercorriamo, dunque, alcuni momenti salienti del ministero petrino di Benedetto XVI, in questi ultimi 12 mesi, nel servizio di Alessandro Gisotti:

 

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(musica)

 

Verità e Carità: il binomio con il quale Benedetto XVI si è presentato al mondo nella sua Messa di inizio Pontificato, il 24 aprile del 2005, è la chiave di lettura per comprendere al meglio l’anno 2006 del 264.mo Successore di Pietro. Il 9 gennaio, il Papa incontra il Corpo Diplomatico e avverte: “Chi è impegnato per la verità non può non rifiutare la legge del più forte” che tante volte ha “segnato di tragedie la storia dell’uomo”. All’amore cristiano, alla Carità, il Papa dedica la sua prima Enciclica: il 25 gennaio viene pubblicata la Deus caritas est. “All'inizio dell'essere cristiano – scrive - non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”. Parlando dell’Enciclica al Pontificio Consiglio Cor Unum, il Pontefice si sofferma sulla parola amore oggi, “così sciupata, così consumata e abusata”:

 

“Noi non possiamo semplicemente abbandonarla, ma dobbiamo riprenderla, purificarla e riportarla al suo splendore originario, perché possa illuminare la nostra vita e portarla sulla retta via. È stata questa consapevolezza che mi ha indotto a scegliere l'amore come tema della mia prima Enciclica”.

 

L’Enciclica diventa un best seller: solo in Italia, nei primi dieci giorni dalla pubblicazione, ne viene venduto un milione di copie. Il 5 febbraio la Chiesa viene scossa dall’uccisione di don Andrea Santoro, a Trebisonda in Turchia. All’udienza generale del mercoledì, il Papa lo ricorda con parole commosse:

 

“Il Signore colga l’anima di questo silenzioso e coraggioso servitore del Vangelo e faccia sì che il sacrificio della sua vita contribuisca alla causa del dialogo fra le religioni e della pace tra i popoli”.

 

Il 3 marzo, Benedetto XVI visita la sua Radio. A Palazzo Pio, il Papa incontra la grande comunità della Radio Vaticana, nel 75.mo anniversario di fondazione. Tre settimane dopo, si celebra il primo concistoro indetto da Benedetto XVI. Il Papa crea 15 nuovi porporati, di cui 12 elettori: tra loro spicca il nome del cardinale cinese, Zen Ze Kiun. Nel solco della testimonianza coraggiosa della verità si inserisce il discorso del Pontefice ai parlamentari del Partito Popolare Europeo. E’ il 30 marzo, Benedetto XVI ribadisce che la tutela della vita, la difesa della famiglia naturale e il diritto dei genitori all’educazione dei figli sono principi non negoziabili. Il 19 aprile, poi, nel primo anniversario della sua elezione, Benedetto XVI chiede ai fedeli di sostenerlo:

 

“A ciascuno chiedo di continuare a sostenermi pregando Iddio perché mi conceda di essere pastore mite e fermo della sua Chiesa”.

 

Il 25 maggio il Papa è in Polonia, per il suo secondo viaggio apostolico internazionale. E’ una visita che rende omaggio al suo grande e amato predecessore, Karol Wojtyla. Ma nella storia rimarrà soprattutto l’immagine del Pontefice che prega nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, mentre la sua bianca veste sembra quasi essere accarezzata da un arcobaleno:

 

“Prendere la parola in questo luogo di orrore, di accumulo di crimini contro Dio e contro l'uomo che non ha confronti nella storia, è quasi impossibile – ed è particolarmente difficile e opprimente per un cristiano, per un Papa che proviene dalla Germania. In un luogo come questo vengono meno le parole, in fondo può restare soltanto uno sbigottito silenzio: un silenzio che è un interiore grido verso Dio: Perché, Signore, hai taciuto?”

 

Di ritorno dalla Polonia, il Papa incontra i movimenti ecclesiali in un grande raduno in Piazza San Pietro. Il 3 giugno, Veglia di Pentecoste, 400 mila persone si stringono attorno a Benedetto XVI che le incoraggia ad essere testimoni della vera libertà:

 

I Movimenti ecclesiali vogliono e devono essere scuole di questa libertà vera. In questo mondo, così pieno di libertà fittizie che distruggono l'ambiente e l'uomo, vogliamo, con la forza dello Spirito Santo, imparare insieme la libertà vera”.

 

Nel mese di giugno, il giorno 22, il Pontefice prende una decisione di rilievo per il governo della Chiesa. Viene, infatti, annunciato che dal 15 settembre, il cardinale Tarcisio Bertone sostituirà il cardinale Angelo Sodano alla guida della Segreteria di Stato. Dall’8 al 9 luglio il Papa è a Valencia in Spagna per il V Incontro Mondiale delle Famiglie. Di fronte al secolarismo che avanza nella società spagnola come nel resto dell’Occidente, il Papa propone la bellezza della fede. “Aiutare la famiglia”, ribadisce Benedetto XVI, “è uno dei più importanti servizi che si possono rendere al bene degli uomini e della società”. A fine viaggio, un altro avvicendamento significativo: padre Federico Lombardi prende il posto di Joaquín Navarro-Valls alla direzione della Sala Stampa della Santa Sede. L’estate di Benedetto XVI, in parte trascorsa a Les Combes in Valle d’Aosta, è contrassegnata da un impegno a tutto campo per la fine della guerra israelo-libanese. Il Papa indice una giornata di preghiera e penitenza per il 23 luglio. Poi, il 30, dopo la strage di bambini nella città libanese di Cana, leva un accorato appello per la pace:

 

“Nel nome di Dio mi rivolgo a tutti i responsabili di questa spirale di violenza, perché immediatamente si depongano le armi da ogni parte! Ai Governanti e alle Istituzioni internazionali chiedo di non risparmiare nessuno sforzo per ottenere questa necessaria cessazione delle ostilità e per poter iniziare così a costruire, mediante il dialogo, una durevole e stabile convivenza di tutti i popoli del Medio Oriente”.

 

Il primo settembre, il Pontefice si reca in pellegrinaggio al Santuario abbruzzese del Volto Santo a Manoppello. Poi, dal 9 al 14, è in Baviera sua terra natale. Torna con il fratello Georg nei luoghi della sua infanzia e prega sulla tomba dei genitori. Il viaggio sarà, tuttavia, ricordato per la lezione magistrale tenuta dal Papa nell’ateneo di Ratisbona, dove il giovane Joseph Ratzinger aveva insegnato teologia. Qui, Benedetto XVI pronuncia un discorso su “Fede, ragione ed università”. Ma l’attenzione dei media è tutta per una citazione di un dialogo medievale islamo-cristiano che, male interpretato, innesca accese proteste nel mondo musulmano. E’ il Papa stesso, all’udienza generale del 20 settembre, a ribadire il vero significato della sua lezione:

 

“La mia intenzione era ben diversa: partendo da ciò che Manuele II successivamente dice in modo positivo, con una parola molto bella, circa la ragionevolezza che deve guidare nella trasmissione della fede, volevo spiegare che non religione e violenza, ma religione e ragione vanno insieme”.

 

“Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo”: questo il tema del IV Convegno ecclesiale nazionale, a Verona dal 16 al 20 ottobre. Il Papa si reca nella città veneta per incontrare le diverse anime della Chiesa italiana. Nel suo discorso, Benedetto XVI si sofferma sul cambiamento radicale della nostra identità che ci deriva dall’incontro con Cristo:

 

“Il mio proprio io mi viene tolto e viene inserito in un nuovo soggetto più grande, nel quale il mio io c'è di nuovo, ma trasformato, purificato, ‘aperto’ mediante l'inserimento nell'altro, nel quale acquista il suo nuovo spazio di esistenza. Diventiamo così ‘uno in Cristo’ (Gal 3, 28), un unico soggetto nuovo, e il nostro io viene liberato dal suo isolamento. ‘Io, ma non più io’: è questa la formula dell'esistenza cristiana fondata nel Battesimo, la formula della risurrezione dentro al tempo, la formula della ‘novità’ cristiana chiamata a trasformare il mondo”.

 

L’ultima parte del 2006 è dedicata dal Papa in particolare all’ecumenismo, al dialogo interreligioso e alla promozione della pace. Il 23 novembre, riceve in Vaticano l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams. Con il primate della Comunione anglicana, Benedetto XVI firma una Dichiarazione comune. Le difficoltà non vengono disconosciute, ma il dialogo continua. Significativo poi, l’incontro, sempre a Roma, con l’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, Christodoulos, il 13 dicembre. Un evento preceduto dallo storico viaggio apostolico di Benedetto XVI in Turchia, dal 28 novembre al primo dicembre. Nonostante le preoccupazioni della vigilia, il Papa conquista tutti. Ben presto, la tensione si scioglie in calore affettuoso. Alla fine del viaggio, i giornali turchi parlano di un Papa-papà. Resta negli occhi l’immagine del Pontefice che si raccoglie in meditazione nella Moschea Blu di Istanbul e il fraterno abbraccio con il Patriarca ecumenico Bartolomeo I. All’udienza generale successiva al ritorno a Roma, il Papa esprime l’auspicio che il suo viaggio in Turchia dia buoni frutti:

 

“Aiuti Iddio onnipotente e misericordioso il popolo turco, i suoi governanti e i rappresentanti delle diverse religioni, a costruire insieme un futuro di pace, sì che la Turchia possa essere unponte’ di amicizia e di fraterna collaborazione fra l’Occidente e l’Oriente”.

 

Pace, dunque, nel cuore di Benedetto XVI che alla persona umana consacra il 40.mo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del primo gennaio 2007. “La pace – afferma -  è  dono di Dio”, ma è anche “un compito” dell’uomo, “un impegno che non conosce sosta”. E, ancora una volta, chiede chiarezza nel riconoscere e difendere quel patrimonio di valori che è proprio dell’uomo in quanto tale. Quel rispetto, senza condizioni, della vita che è il vero fondamento della pace.

 

(musica)

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UDIENZE E NOMINE

 

Il Papa ha ricevuto oggi il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli.

 

Il Santo Padre ha nominato vescovo coadiutore della Prelatura di Aquile, in Bolivia, il padre francescano Jorge Herbas Balderrama, segretario per la formazione e gli studi della Provincia Francescana di San Antonio e presidente del Tribunale Ecclesiastico di Prima Istanza dell’arcidiocesi di Cochabamba. Padre  Jorge Herbas Balderrama è nato il 1° giugno 1963 a Mizque, nella Prelatura di Aiquile. Ha conseguito il Dottorato in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Antonianum, in Roma. Il 27 dicembre 1990 è stato ordinato sacerdote.

        

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - Tre pagine dedicate alla celebrazione del Natale nelle Diocesi

 

Servizio estero - Per la rubrica dell’”Atlante geopolitico” un articolo di Giuseppe Fiorentino dal titolo “Sri Lanka: un Paese dilaniato dalla violenza”.

 

Servizio culturale - Un articolo di Irene Iarocci dal titolo “Il Natale negli scritti di Takashi Nagai”.

 

Servizio italiano - In rilievo sempre il tema delle pensioni.   

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

29 dicembre 2006

 

 

PER IL PREMIER IRACHENO AL MALIKI È INEVITABILE L’ESECUZIONE DI SADDAM HUSSEIN. AI NOSTRI MICROFONI IL NUNZIO APOSTOLICO A BAGHDAD

MONS. FRANCIS  CHULLIKATT: LA CHIESA DIFENDE SEMPRE LA VITA

-  Intervista con mons. Francis Assisi Chullikatt -

 

Polemiche in Iraq e nel mondo sulla condanna a morte di Saddam Hussein. La sentenza “non sarà rivista” e l’esecuzione “non sarà rinviata” e “nessuno può opporsi”, ha dichiarato oggi il primo ministro iracheno Nouri al Maliki, mentre il ministero della Giustizia ha smentito di aver preso in custodia dagli americani l’ex presidente – cosi come era stato annunciato stamani dai suoi avvocati – aggiungendo che non sarà giustiziato prima di un mese. Ma ad opporsi alla condanna è l’Unione Europea: “Quella sentenza non dovrebbe essere applicata” ha dichiarato oggi a Bruxelles il ministro degli esteri finlandese Erkki Tuomioja, presidente di turno del Consiglio UE. Riguardo il tema della pena capitale alcuni vescovi iracheni ricordano la sacralità e il valore della vita di ogni uomo. Luca Collodi, ha intervistato mons. Francis Assisi Chullikatt, nunzio apostolico a Baghdad:

        

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R. – Alcuni vescovi sono intervenuti sull’argomento e per loro la questione dovrebbe essere trattata secondo l’insegnamento della Chiesa. La Chiesa ha sempre difeso la vita e il rispetto della vita viene difeso dai vescovi locali.

 

D. – Mons. Chullikatt, più volte, in questo tempo di Natale, il Papa si è detto preoccupato per la situazione in Iraq …

 

R. – Il Santo Padre è preoccupato per tutte le questioni che la Chiesa in Iraq deve affrontare. Nel suo messaggio natalizio il Santo Padre ha menzionato in modo esplicito la questione irachena. Quindi, qui è stata recepita molto bene questa sollecitudine espressa dal Santo Padre. Credo che questa sollecitudine sia stata apprezzata anche a livello governativo. In più, nel messaggio a tutti i cattolici del Medio Oriente, il Papa tocca un punto molto importante sulla questione dell’esodo silenzioso dei cristiani dalla Palestina, ma specialmente qui dall’Iraq. Si crede, almeno secondo un calcolo recente che è stato fatto, che quasi oltre il 40 per cento di quanti emigrano dal Paese siano cristiani. La maggior parte vanno in Siria, altri in Giordania, in Libano e parecchi nei Paesi occidentali. Quindi, questo esodo silenzioso dei cristiani è una questione che preoccupa non solo il Santo Padre, ma anche la Chiesa locale. Stanno cercando di convincere i cristiani a rimanere nel Paese e a dare questa testimonianza viva e diretta, come il Papa stesso chiede ai cristiani del Medio Oriente, così che la Chiesa possa sempre avere una presenza viva anche in Iraq.

 

D. – Mons. Chullikatt, sul fronte della libertà religiosa c’è qualche passo in avanti?

 

R. – Questo è un tema che viene continuamente dibattuto anche nel contesto della nuova Costituzione. Stanno rivedendo alcuni articoli, tra i quali anche questo della libertà religiosa. Si spera, quindi, che ci sia una riaffermazione nella Costituzione, perché - come lei sa – attualmente non è facile esercitare questa libertà religiosa, che è garantita costituzionalmente. Ma nel testo stesso della Costituzione ci sono tanti equivoci. Si spera, quindi, che la libertà religiosa venga enunciata in modo più chiaro, dopo l’emendamento della Costituzione. Da parte sua la Chiesa farà tutto il possibile. Credo che tutto questo debba essere impostato a livello della riconciliazione nazionale, perchè i diritti delle minoranze vengano rispettati e riconosciuti a livello nazionale.

 

D. – Il futuro ritiro delle truppe militari dall’Iraq può facilitare il ritorno all’unità del Paese?

 

R. – Il ritiro delle truppe – come si è detto varie volte – dovrebbe essere concordato con il governo iracheno. Un ritiro delle truppe immediate non credo che porti frutti positivi per il governo iracheno, per come stanno ora le cose.

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IL PRIMO INCONTRO DELLA COMUNITA’ DI TAIZE’ IN CROAZIA, A ZAGABRIA:

OBIETTIVO, COSTRUIRE LA PACE NELL’EUROPA CHE HA SMARRITO DIO

- Intervista con il priore, frère Alois -

 

E’ un incontro storico quello che la Comunità di Taizé ha organizzato come di consueto per invitare i giovani a pregare e a riflettere insieme tra la fine di un anno e l’inizio del nuovo: per la prima volta il raduno internazionale si svolge in Croazia, a Zagabria. Da ieri e fino al 1°gennaio 2007, 50 mila giovani di tutta Europa e non solo stanno scrivendo una nuova tappa di quel “pellegrinaggio di fiducia sulla terra” che caratterizza gli eventi di Taizé. Alessandro De Carolis ha raggiunto telefonicamente a Zagabria il priore della Comunità, frère Alois:

 

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R. – E’ stato bellissimo vedere arrivare tutti questi giovani. Abbiamo aspettato tanti anni per poter fare un incontro qui in Croazia. Prima, al tempo del comunismo, non era stato possibile. Dopo c’è stata la guerra. Ma adesso, finalmente, siamo qui. E’ stata una lunga attesa, adesso realizzata. Ieri sera grande è stata la gioia, percepibile, durante gli arrivi e l’accoglienza.

 

D. – Dunque, l’Incontro della comunità di Taizè in Croazia è stato un sogno realizzato. Un sogno realizzato forse anche nel segno di Frère Roger…

 

R. – Sì, è stato un sogno di Frère Roger. Nell’‘87 avevamo potuto fare un incontro internazionale in Slovenia. Vicino a Zagabria, dunque, ma non qui. Frère Roger è passato da Zagabria per pregare sulla tomba del cardinale Franjo Šeper, che lui amava molto. Questa piccola visita è stata una cosa importante per Frère Roger. Oggi, quindi, è vero: si è compiuto un suo sogno. Anche perché qui, in Croazia, c’è una fede profonda. Ci sono tanti giovani nelle parrocchie. E questo non lo vediamo in tutti i Paesi d’Europa.

 

D. – Voi proponete ai giovani che partecipano al vostro Incontro di compiere insieme con voi un “pellegrinaggio di fiducia sulla terra”. Perché questa parola, “fiducia”?

 

R. – Perché è tanto importante che si faccia qualcosa per la pace nel mondo, per creare la fiducia tra i popoli, tra i diversi cristiani, per preparare la pace. Questo vogliono i giovani. Sono tanti i giovani che vogliono fare qualcosa per la pace. Una proposta che farò questo sera è di non trasmettere alla prossima generazione i sentimenti feriti che si portano in cuore. Forse i giovani si possono impegnare in questo, perché qui in Croazia ancora qualche anno fa c’era la guerra e ancora vi sono le vittime.

 

D. – Benedetto XVI ha più volte denunciato, dall’inizio del suo Pontificato, la progressiva perdita del senso di Dio, soprattutto in Europa. Come si sentono coinvolti in questa sfida i giovani di Taizé?

 

R. – Oggi c’è paura per l’avvenire. Molti giovani non sanno quale sarà il futuro delle nostre società, l’avvenire della Chiesa. Per questo dobbiamo sapere che Dio è presente nella storia del mondo, ma anche nella storia di ognuno Dio è presente: penso che molto dipenda da questa capacità di sapere che Dio è presente nella storia.

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“PIETA’ E CHIAREZZA”:

L’OSSERVATORE ROMANO PUBBLICA UN EDITORIALE SUL CASO WELBY

 

“Pietà e chiarezza”: è il titolo di un’editoriale pubblicato sul numero odierno dell’Osservatore Romano a firma del prof. Francesco D’Agostino, presidente dell’Unione dei Giuristi Cattolici, che torna sul caso Welby. Una questione che nella sua complessa drammaticità continua a suscitare nuove polemiche e interrogativi. Ce ne parla Sergio Centofanti:

 

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 “La pietà, la massima pietà – scrive D’Agostino -  è richiesta quando ci si concentra su di un caso umano come quello di Piergiorgio Welby, un caso straziante, ancor più che doloroso. Chiarezza, la massima chiarezza, è quella invece richiesta da un caso politico, come lo stesso Welby ha voluto che si considerasse il suo caso”. Secondo il prof. D’Agostino  “la figura, la personalità, le sofferenze, l'immagine stessa di Piergiorgio Welby sono state strumentalizzate, sia pure col suo consenso e forse anche su sua stessa iniziativa (ma l'auto-strumentalizzazione è pur sempre una strumentalizzazione), per far giungere all'opinione pubblica un falso messaggio, obiettivamente necrofilo, e cioè che la morte è l'unica risposta possibile a malattie degenerative terribilmente invalidanti come quella da cui egli era afflitto e più in generale a tutte le malattie giunte alla fase terminale. Il messaggio autentico – scrive -  è esattamente l'opposto:  la vera risposta a tutte le situazioni tragiche di malattie invalidanti croniche e di malattie di fine vita non sta nell'abbandono terapeutico (di cui l'eutanasia è la forma estrema), ma nella vicinanza calda e compassionevole del terapeuta al paziente, intesa come un vero e proprio diritto, che rientra nel più generale diritto alla salute di cui siamo tutti titolari”.

 

Sul caso Welby molti sono stati gli interventi in questi giorni, in particolare sul rifiuto  dei funerali religiosi.  Interessante la riflessione di Davide Rondoni su Avvenire: parla della misericordia eterna di Dio che tuttavia non elimina la libertà degli uomini. “Per rispetto alla libertà stessa del defunto – scrive – si è deciso di non celebrare il rito del funerale religioso. L’atto compiuto deliberatamente da Welby era contro la concezione della vita che la Chiesa insegna….Sarebbe stato mancare di rispetto alla libertà di quell’uomo fare finta di niente. E pretendere, con  la celebrazione di un rito, di rendere tutto uguale”. “La Chiesa – afferma Rondoni – ha grande rispetto per la libertà, non pretende di essere il notaio di tutti”. D’altra parte -  fa notare Pino Ciociola sempre su Avvenire – il fratello di  Welby ha affermato che “è meglio che sia finita così” in quanto “rispecchia la volontà di Piergiorgio che non era cristiano”.

 

Per il teologo Giuseppe Lorizio la scelta del Vicariato è stata “certamente scomoda, ma non avrebbe giovato un atteggiamento buonista a un atto come quello di Welby, compiuto in maniera pubblica e a suo modo motivata. E’ bene – afferma Lorizio – che ci sia stata questa presa di distanza, che non toglie nulla alla misericordia di Dio … Servire la verità su questi valori che, come ci dice il Papa non sono negoziabili - rileva – è un modo per dare contenuto alla misericordia”.

 

Mons. Luigi Moretti, vicegerente della diocesi di Roma, ha sottolineato da parte sua che l’appartenenza alla Chiesa non è “semplicemente un qualcosa di soggettivo. La scelta della fede è una scelta di libertà” che richiede “la scelta della coerenza nella fede”. Non si tratta di giudicare una persona – conclude mons. Moretti - quanto di “prendere atto di una volontà” libera e responsabile “che porta con sé delle conseguenze”.

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CHIESA E SOCIETA’

29 dicembre 2006

 

ARRESTATI NOVE SACERDOTI NELLA PROVINCIA SETTENTRIONALE CINESE DELL’HEBEI

 

BAODING. = In Cina, la polizia della provincia settentrionale dell’Hebei ha arrestato lo scorso 27 dicembre nove sacerdoti della diocesi di Baoding. Lo riferisce l’agenzia del PIME, AsiaNews, che elenca i nomi dei fermati: padre Wen Daoxiu; padre Li Shujun; padre Li Yongshun; padre Wang Quanjun; padre Wang Qiongwei; padre Pang Yongxing; padre Pang Haixing; padre Dong Guoyin e padre Liu Honggeng. Il gruppo era riunito insieme per studiare in una località a circa 30 chilometri a sud della città. Ignoto il motivo dell’arresto. I fermi, secondo AsiaNews, rientrano in una campagna per sottomettere vescovi, sacerdoti e fedeli dell’Hebei, la regione cinese con il più alto numero di cattolici, con un milione e mezzo di credenti. Tra l’altro, nella stessa regione dell’Hebei non si hanno notizie del vescovo ordinario di Baoding, mons. Giacomo Su Zhimin, 73 anni, arrestato nel 1996. Il vescovo ausiliare di Baoding, mons. Francesco An Shuxin, è stato invece liberato il 24 agosto dalle autorità cinesi dopo 10 anni di prigionia. (R.M.)

 

 

IL VESCOVO EMERITO DI SAN PEDRO, IN PARAGUAY, MONS. LUGO MÉNDEZ,

HA ANNUNCIATO CHE ACCETTERÀ LA CANDIDATURA ALLE ELEZIONI PRESIDENZIALI

DEL 2008. NEI GIORNI SCORSI, LA SEVERA “AMMONIZIONE CANONICA”

DALLA CONGREGAZIONE PER I VESCOVI

- A cura di Luis Badilla -

 

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SAN PEDRO. = Nonostante la severa “ammonizione canonica” ricevuta nei giorni scorsi, il vescovo emerito di San Pedro, in Paraguay, mons. Fernando Armindo Lugo Méndez, ha annunciato che accetterà la candidatura alle elezioni presidenziali del 2008, che gli era stata offerta da una coalizione di partiti che si oppongono al presidente in carica, Nicanor Duarte, candidato per un secondo mandato. “E’ giunta l’ora di puntare su un nuovo Paraguay – ha affermato il presule lo scorso 25 dicembre, davanti alla porta della casa materna, ad Encarnacion – Mi pongo al servizio del popolo attraverso la politica e, pur se la mia rinuncia mi addolora, sono felice perché da oggi la mia cattedrale sarà l’intero Paese”. “L'ideologia è in secondo piano – ha aggiunto – non mi sento né di sinistra, né di destra”. Nei giorni scorsi, mons. Lugo Méndez aveva ricevuto l’“ammonizione canonica” dalla Congregazione per i Vescovi, con la firma del cardinale prefetto Giovanni Battista Re, che aveva intimato al presule di rinunciare ai suoi propositi, altrimenti sarebbe stato “sospeso”. Da parte sua, il vescovo aveva già affermato: “Dopo 29 anni di sacerdozio, mi possono sospendere, ma chiedo a Benedetto XVI la sua benedizione per il compito che mi aspetta”. Sempre nella lettera di ammonizione, il cardinale Re si era detto “sorpreso” che alcuni partiti politici avessero appoggiato il presule nella sua corsa alla presidenza. Il porporato aveva poi sottolineato che le dichiarazioni di mons. Lugo Méndez avevano “già creato un grave sconcerto tra i pastori e i fedeli del Paraguay” e che, pertanto, si era visto costretto “a rendere pubblico questo ammonimento canonico”.

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DINIEGO DELL’ARCIVESCOVO DI CORDOBA, MONS. ASENJO PELEGRINA, ALLA RICHIESTA DELLA GIUNTA ISLAMICA DI SPAGNA DI CONDIVIDERE COME LUOGO DI CULTO

LA MOSCHEA-CATTEDRALE DELLA CITTÀ: “CREEREBBE SOLO CONFUSIONE

E ALIMENTEREBBE UN SENTIMENTO DI INDIFFERENZA

NEI CONFRONTI DELLA RELIGIONE”

- A cura di Davide Dionisi -

 

CORDOBA. = A seguito della richiesta avanzata dalla Giunta islamica di Spagna di condividere come luogo di culto la moschea-cattedrale di Cordoba, il vescovo della città, mons. Juan José Asenjo Pelegrina, ha diramato una nota ufficiale nella quale spiega i motivi del suo diniego. Il presule chiarisce che “la diocesi è impegnata a costruire relazioni di rispetto e di stima con i musulmani e, seguendo le linee della dichiarazione del Concilio Vaticano II, Nostra Aetate, sostiene costantemente il dialogo interreligioso, secondo le indicazioni della Santa Sede e nel pieno rispetto di ciascun credo religioso”. Ma, osserva il presule, “un uso comune di luoghi di culto creerebbe solo confusione e alimenterebbe un sentimento di indifferenza nei confronti della religione”. “Luoghi di culto condivisi – sottolinea – possono essere gli aeroporti o i grandi spazi aperti che, in ogni caso, non sono propriamente templi, ma luoghi dove è possibile pregare. Diverso è invece il discorso di una cattedrale”. La nota precisa inoltre che “la diocesi, grazie alle testimonianze storiche certificate da indagini archeologiche, ha pieno titolo per utilizzare in via esclusiva la cattedrale”. E aggiunge: “La stessa diocesi ritiene che i musulmani debbano poter contare su luoghi di culto dignitosi, rispondenti alle esigenze qualitative e quantitative dei fedeli all’Islam. Nel caso di Cordoba, si tratta di un numero ridotto, così come indicano le statistiche”. Mons. Asenjo Pelegrina rileva inoltre che “nella cattedrale di Cordoba, così come in tutte le cattedrali, c’è il Signore nel Santissimo Sacramento, e ciò non consente di celebrare riti di altre confessioni al suo interno”. “Le radici e la storia cristiana 17 volte centenaria della città – aggiunge – meritano rispetto”. Il presule conclude sottolineando che “i cattolici di Cordoba desiderano vivere in pace con i fedeli di altre confessioni, ma non sono disposti a cedere a pressioni che non contribuiscono ad alimentare un clima di armonia”.

 

 

LA “COMUNE VOLONTÀ DI COMPRENSIONE RECIPROCA E PACE” AL CENTRO

DELLA VISITA DI ALCUNI LEADER RELIGIOSI MUSULMANI ALL’ARCIVESCOVO CALDEO

DI KIRKUK, IN IRAQ, MONS. SAKO, PER GLI AUGURI DI NATALE

 

KIRKUK. = Imam sciiti e sunniti a Kirkuk, in Iraq, hanno fatto di persona gli auguri di Natale all’arcivescovo caldeo, mons. Louis Sako, in un clima che i presenti hanno definito di “sincera volontà di dialogo e comprensione reciproca”. A dare la notizia ad AsiaNews è stato lo stesso clero diocesano iracheno: “Una delegazione di leader religiosi musulmani, arabi, curdi e turcomanni, ha visitato l’arcivesco-vado di Kirkuk dei Caldei per porgere gli auguri ai cristiani in occasione del Natale”. I presenti riferiscono che “entrambe le parti hanno espresso come comune obiettivo quello di raggiungere una convivenza pacifica tra le varie comunità locali e hanno sottolineato la necessità di aumentare le visite reciproche al fine di una maggiore conoscenza”. “In un contesto come quello iracheno attuale – commentano alcuni cittadini di Kirkuk – eventi di questo tipo ci danno la speranza che non tutto è perduto e che attraverso il dialogo e la comprensione si possano allontanare la disgrazia e pericolose divisioni sociali”. (R.M.)

 

 

L’ARCIVESCOVO DI NAPOLI, IL CARDINALE CRESCENZIO SEPE,

HA OFFERTO IERI UN PRANZO NATALIZIO IN CURIA PER 250 POVERI:

“LA CHIESA È LA CASA DI TUTTI E, IN MODO PARTICOLARE, DI CHI NON HA CASA”,

HA AFFERMATO IL PORPORATO, CHE HA ANCHE SERVITO AI TAVOLI

 

NAPOLI. = Un pranzo natalizio per 250 poveri nel salone di rappresentanza del Palazzo arcivescovile di Napoli: lo ha offerto ieri l’arcivescovo del capoluogo partenopeo, il cardinale Crescenzio Sepe, che ha anche servito a tavola italiani e stranieri: cattolici, ma anche musulmani e buddisti senza fissa dimora, raccolti nelle strade della città. L’iniziativa rientra negli appuntamenti previsti per il primo Natale del cardinale Sepe alla guida spirituale di Napoli. “La chiesa è la casa di tutti – ha affermato il porporato – e direi, in modo particolare, è la casa di chi non ha casa”. “Se partiamo dagli umili – ha aggiunto – se mostriamo, con gesti concreti, che gli siamo vicini e che oltre alle parole vogliamo fare anche dei fatti, allora è possibile qualsiasi ricostruzione”. A Napoli, ha raccontato il cardinale, ha trovato la povertà che ha visto in ogni parte del mondo. “Quello che bisogna vincere qui – ha concluso – è la povertà che nasce dallo scoraggiamento, dall’abbat-timento e dal pessimismo. (…) E credo che si possa vincere facendo dei gesti che siano delle testimonianze vere, sincere, sentite. Bisogna farli sentire veramente fratelli, non solo a parole”. Domenica prossima il cardinale Sepe sarà a Poggioreale tra i detenuti e poi nella chiesa di San Ferdinando per il tradizionale Te Deum. Lunedì, messa solenne in Duomo in occasione della Giornata mondiale della Pace e incontro alle 18 sul sagrato della Cattedrale con i partecipanti alla Marcia della Pace promossa dalla Comunità di Sant’Egidio. (R.M.)

 

 

PRECISAZIONE DEL VICARIATO DI ROMA, DOPO LA DENUNCIA CONTRO UN PARROCO

CHE HA CHIESTO UN CONTRIBUTO PER LA CELEBRAZIONE DEL SACRAMENTO

DEL MATRIMONIO: “SI È ATTENUTO ALLE DISPOSIZIONI AMMINISTRATIVE DIOCESANE”, CHE FISSANO L’OFFERTA PER CHI NON SI SPOSA NELLA PROPRIA PARROCCHIA

 

ROMA. = Solo un’offerta libera per chi si sposa nella propria parrocchia; un contributo massimo di 270 euro per chi sceglie un’altra chiesa: lo ribadisce il Vicariato di Roma, in seguito alla notizia, apparsa ieri su alcuni giornali italiani, di una denuncia presentata contro un parroco che ha chiesto tale contributo per la celebrazione del sacramento del matrimonio. In un comunicato, il vicariato precisa “che il parroco di Santa Maria della Fiducia si è attenuto alle disposizioni amministrative diocesane che prevedono la celebrazione del matrimonio nella propria parrocchia a offerta libera e il pagamento di un contributo per chi decide di sposarsi in altra chiesa, fissato nel tetto massimo di 270 euro per evitare sperequazioni”. “Tale contributo – ricorda il Vicariato – viene destinato in parte al Fondo per l’aiuto alle parrocchie povere della diocesi di Roma, in parte alle spese di cancelleria sostenute dal parroco della parrocchia che istruisce la pratica matrimoniale e in parte alla chiesa scelta dagli sposi ai fini del decoroso svolgimento della celebrazione. Restano a carico degli sposi le eventuali spese per l’organista, il fotografo e l’arredo floreale”. Quanto alle ragioni di questo contributo, il Vicariato “ribadisce il principio che il conferimento dei sacramenti non ha e non può avere un corrispettivo in denaro; sottolinea tuttavia che gli atti preparatori e la celebrazione stessa del matrimonio comportano inevitabili e precise spese. Inoltre, va ricordato che, secondo l’insegnamento apostolico della Chiesa, i fedeli sono educati al dovere di giustizia per coprire le spese del loro matrimonio, ma anche alla sensibilità cristiana di aiutare la comunità ecclesiale”. Il Vicariato di Roma ricorda infine che per “propria parrocchia” si intende “la chiesa parrocchiale della sposa, dello sposo, o dove gli sposi sono inseriti pastoralmente nella vita di una comunità ecclesiale; la chiesa succursale di una delle tre parrocchie suindicate; o, infine, la chiesa nazionale per gli sposi di quella nazionalità”. (R.M.)

 

 

TROVATO MORTO A ROMA UN CLOCHARD STRONCATO DAL FREDDO.

PER FAR FRONTE ALL’EMERGENZA, LA PROVINCIA HA ALLESTITO SEI TENDE

NEI PUNTI STRATEGICI DELLA CAPITALE

 

ROMA. = A Roma, un clochard è stato trovato morto ieri pomeriggio in Piazzale Flavio Biondo, davanti alla stazione Trastevere. L’uomo, di circa 40 anni, non aveva documenti, ma secondo il racconto un altro clochard, era di origine polacca e si chiamava Roman. La sua morte, causata dal freddo e dagli stenti, si aggiunge a quella di un altro senza fissa dimora di Brescia, che l’altro ieri è rimasto ucciso dalle rigide temperature che stanno attanagliando l’Italia. E proprio per fronteggiare l’improvvisa emergenza freddo, la Provincia di Roma ha allestito sei tende in alcuni punti strategici della capitale, dove le condizioni di vita dei clochard sono più a rischio. L’iniziativa rientra nell’ambito del progetto “Soli mai”, dedicato a coloro che a Natale e a capodanno si ritrovano senza compagnia. (R.M.)

 

 

VIA LIBERA, NEGLI STATI UNITI, ALLA VENDITA DI CARNE E LATTE

DI ANIMALI CLONATI:

LO HA DECISO L’ENTE FEDERALE USA CHE REGOLA CIBI E FARMACI,

CHE HA DATO TRE MESI DI TEMPO AGLI AMERICANI PER ESPRIMERE IL LORO PARERE

 

NEW YORK. = Carne e latte di animali clonati sono “virtualmente indistinguibili” da quelli naturali e fra qualche mese potranno essere messi in vendita sugli scaffali dei negozi americani di alimentari: è questo il verdetto pronunciato ieri dal Food and Drug Administration (FDA), l’ente federale USA che regola cibi e farmaci, che ha dato tre mesi di tempo agli americani per esprimere il loro parere prima di dare l’approvazione finale alle vendite. Secondo l’FDA, i prodotti clonati sono sicuri e non dovranno essere distinti dagli altri con etichette particolari. Nel 2001, l’agenzia aveva imposto una moratoria volontaria sulla vendita di prodotti derivati da animali clonati per verificarne i potenziali rischi per la salute. (R.M.)

 

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24 ORE NEL MONDO

29 dicembre 2006

 

- A cura di Roberta Gisotti -

 

Cambio di regime in Somalia e calma oggi a Mogadiscio, dopo la presa ieri della capitale da parte delle truppe governative appoggiate dai militari dell’Etiopia, che non hanno incontrato resistenza dalle Corti islamiche già fuggite via. La cronaca nel nostro servizio:

 

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Non c’è stato il temuto bagno di sangue, pochi combattimenti e sporadici casi di razzia a Mogadiscio, dove però migliaia di persone – secondo testimoni locali - hanno manifestato oggi contro l’Etiopia, che per voce del suo premier, Zenawi, ha detto che i soldati etiopici lasceranno la Somalia al massimo tra giorni o, al più, tra alcune settimane. Intanto, il premier del governo federale di transizione somalo (TGF), Ali Gedi, è entrato nella capitale ed ha annunciato da domani, e per tre mesi, la Legge marziale “per porre fine - ha detto - all’anarchia e ristabilire la sicurezza”, promettendo “mano forte contro le bande armate”. Caccia etiopici hanno sorvolato stamane Chisimaio nel sud del Paese, ultimo bastione strategico nelle mani degli islamici somali, dove si sarebbero ritirati anche i leader delle Corti scappati da Mogadiscio, che hanno annunciato di non volersi arrendere. Una buona notizia per la popolazione somala stremata da anni di siccità, di inondazioni e di guerra: l’ONU ha ripreso gli aiuti umanitari, dopo il via libera del governo di transizione. Sono infatti decine di migliaia i somali già fuggiti e tutt’ora in fuga dal Paese, e si cercano ancora i 140 dispersi nel naufragio di due barconi capovoltisi al largo alle coste dello Yemen, in cui hanno perso la vita 17 persone.

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E per un aggiornamento sulla critica situazione umanitaria nel Paese, ascoltiamo l’intervista a Davide Bernocchi, direttore della Caritas Somalia, al microfono di Stefano Leszczynski:

 

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R. – Le condizioni della popolazione, in particolare nel centro-sud della Somalia, sono estremamente precarie da 15 anni a questa parte. In questo ultimo anno, c’è stata poi una carestia che ha investito tutto il Corno d’Africa e, a seguire, ci sono state una serie di inondazioni. Le Nazioni Unite hanno stimato che, nelle ultime settimane, sono un milione e 800 mila le persone con urgente necessità di aiuti: ovviamente il conflitto ha paralizzato gli aiuti per circa una decina di giorni e questo non ha fatto altro che aggravare la situazione.

 

D. – Voi siete stati in Somalia proprio nel periodo in cui le Corti islamiche dilagavano. Sapete spiegarvi come mai questa rotta da parte delle Corti islamiche, che sembravano così ben posizionate?

 

R. – Sicuramente la disparità di forze militari era evidente già sulla carta e fin dall’inizio. Io non so se si possa parlare veramente di rotta delle Corti islamiche o oppure se dopo, ovviamente, le sconfitte militari subite intorno a Baidoa, si sia trattata in realtà di una scelta per preservare l’arsenale ancora disponibile e portare quindi la guerra su un altro piano.

 

D. – Cosa si aspettano i somali da un governo di transizione? Ha una qualche base popolare il governo di transizione?

 

R. – Le istituzioni federali di transizione hanno rappresentato per un certo periodo una grande speranza per la Somalia. Dobbiamo, però, dire che sicuramente il fatto che siano state spalleggiate dall’Etiopia ne ha diminuito la popolarità. Questo non rappresenta certo un giudizio definitivo. E questo perché la mia impressione è che il popolo somalo cerchi semplicemente pace, stabilità e sicurezza. E quindi proprio su questo banco di prova i somali giudicheranno il governo nelle prossime settimane.

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Sul fronte iracheno, 10 morti oggi ed 11 feriti, per un attentato suicida  vicino alla moschea sciita di Khalis. Tra le vittime della guerra, anche il fratello dell’ex ambasciatore palestinese, rapito tre giorni fa e ucciso ieri a Baghdad da miliziani sciiti. Intanto, il presidente americano, George Bush, ha annunciato di aver compiuto “buoni progressi” verso il varo di una nuova strategia per l’Iraq nel 2007, ma di avere ancora bisogno di consultazioni prima di decidere. E sono stati intanto liberati i due diplomatici di Teheran che erano detenuti in Iraq dall’Eserci-to americano, e che sarebbero stati consegnati alle autorità irachene. Il loro arresto, il 25 dicembre, aveva suscitato il risentimento del presidente iracheno Talabani, che li aveva invitati a Baghdad per parlare di cooperazione nel campo della sicurezza. I due diplomatici erano stati accusati di aver fornito armi a “gruppi illegali iracheni”.

        

Un piano politico per una soluzione del conflitto israelo-palestinese. E’ quanto ha messo a punto il ministro degli esteri israeliano Tzipi Lvini che, in un’intervista al quotidiano “Haaretz”, ha ribadito la necessità di creare due Stati distinti. La Livni ha aggiunto che la barriera di separazione in Cisgiordania potrebbe rappresentare il confine ideale. L’ufficio del premier israeliano Olmert ha negato che ci sia un nuovo piano di pace, mentre da parte palestinese è ritenuta inaccettabile la frontiera proposta. Intanto, due razzi palestinesi sono stati sparati da Gaza, nella tarda mattinata, in territorio palestinese.

        

In Iran, si registra la morte ieri del ministro della Giustizia, il cinquantenne Jamal Karimi-Rad, perito in un incidente stradale in una località al centro del Paese.

 

Continua il braccio di ferro tra Russia e Bielorussia sul gas. Se ieri pomeriggio un’intesa fra Mosca e Minsk sembrava vicina, in serata il quadro si è nuovamente complicato. Un portavoce del colosso energetico russo Gazprom ha infatti riferito che nessun passo avanti è stato compiuto. L’Unione Europea, intanto, teme una crisi analoga a quella dello scorso anno con l’Ucraina e il conseguente taglio delle forniture di metano al Vecchio Continente. Il servizio da Mosca di Giuseppe D’Amato:

 

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Per anni Minsk ha goduto di uno status particolare, simile a quello di una qualsiasi regione russa, grazie al progetto di unione con Mosca. Adesso, il Cremlino ha cambiato i suoi rapporti economici con le ex Repubbliche sovietiche: solo prezzi di mercato. Le trattative si sono così arenate irrimediabilmente. “Se ci chiudete il gas, noi fermeremo quello in transito” è la minaccia bielorussa. L’enclave russo sul Baltico di Kaliningrad rimarrà per primo senza approviggionamento. Problemi vi saranno anche in Lituania, Polonia ed in parte in Germania. I retroscena di questa disputa sono soprattutto politici. Il presidente Putin ha dimostrato di non essere in sintonia con il collega bielorusso, Lukashenko, definito dagli americani l’ultimo dittatore di Europa, e considerato persona non grata in territorio UE. Secondo alcuni influenti analisti, il Cremlino vuole ora forzare la mano a Minsk ed imporre l’unione dei due Paesi alle proprie condizioni.

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In Thailandia, sospetti separatisti hanno ucciso e poi dato alle fiamme due insegnanti buddisti nel sud musulmano del Paese, insanguinato da tre anni di ribellione che hanno causato oltre 1800 morti. Le Forze di sicurezza paventano nuovi attacchi ad installazioni civili, militari e governative in vista del terzo anniversario dello scoppio delle violenze, il 4 gennaio.  Solo in questa settimana, 110 edifici scolastici sono stati assaliti e dal gennaio 2004 sono state 71 le vittime, tra insegnanti e personale scolastico.

 

Nuovo governatore per la provincia indonesiana di Aceh, dove Irwandi Yusuf, ex ribelle del Movimento di Liberazione, ha vinto le prime elezioni dirette, conquistando il 38 per cento dei voti, contro il 16,6 per cento ottenuti del suo rivale, Ahmad Humam Hamid.

 

 

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