RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 363 - Testo
della trasmissione di venerdì 29 dicembre
2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
“Pietà e chiarezza”: l’Osservatore Romano
pubblica un editoriale sul caso Welby
CHIESA E SOCIETA’:
Arrestati in Cina nove sacerdoti cattolici
Trovato morto a Roma un clochard stroncato dal freddo
Via libera, negli Stati Uniti, alla
vendita di carne e latte di animali clonati
Calma carica di tensione in Somalia: migliaia i
profughi, ma sono ripresi i voli umanitari
29 dicembre 2006
LA
CHIESA SI APPRESTA A CELEBRARE LA FINE DEL 2006,
UN
ANNO VISSUTO INTENSAMENTE DA BENEDETTO XVI,
“PASTORE MITE E FERMO DELLA SUA CHIESA”
La Chiesa si appresta a celebrare la fine dell’anno 2006.
Domenica 31 dicembre, alle ore 18 nella Basilica Vaticana, Benedetto XVI
presiederà la celebrazione dei Primi Vespri della Solennità di Maria Santissima
Madre di Dio e il “Te Deum” di ringraziamento per
l’anno trascorso. Al termine della celebrazione, il Papa visiterà il Presepe di
Piazza San Pietro. Sarà l’atto conclusivo di un 2006 vissuto con grande
intensità dal Pontefice. Scandito da quattro indimenticabili viaggi apostolici
internazionali, l’anno che volge al termine ha visto anche la pubblicazione
della prima Enciclica del Papa. Ripercorriamo, dunque, alcuni momenti salienti
del ministero petrino di Benedetto XVI, in questi ultimi 12 mesi, nel servizio
di Alessandro Gisotti:
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(musica)
Verità e Carità: il binomio con il quale Benedetto XVI si
è presentato al mondo nella sua Messa di inizio Pontificato, il 24 aprile del
2005, è la chiave di lettura per comprendere al meglio l’anno 2006 del 264.mo Successore di Pietro. Il 9 gennaio, il Papa incontra il
Corpo Diplomatico e avverte: “Chi è impegnato per la verità non può non rifiutare
la legge del più forte” che tante volte ha “segnato di
tragedie la storia dell’uomo”. All’amore cristiano, alla Carità, il Papa dedica
la sua prima Enciclica: il 25 gennaio viene pubblicata
la Deus caritas est. “All'inizio
dell'essere cristiano – scrive - non c'è una decisione etica o una grande idea,
bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo
orizzonte e con ciò la direzione decisiva”. Parlando dell’Enciclica al
Pontificio Consiglio Cor Unum, il Pontefice
si sofferma sulla parola amore oggi, “così sciupata, così consumata e abusata”:
“Noi non possiamo semplicemente abbandonarla, ma dobbiamo riprenderla,
purificarla e riportarla al suo splendore originario, perché possa illuminare
la nostra vita e portarla sulla retta via. È stata questa consapevolezza che mi
ha indotto a scegliere l'amore come tema della mia prima Enciclica”.
L’Enciclica diventa un best
seller: solo in Italia, nei primi dieci giorni dalla pubblicazione, ne viene venduto un milione di copie. Il 5 febbraio la Chiesa viene scossa dall’uccisione di don Andrea Santoro, a
Trebisonda in Turchia. All’udienza generale del mercoledì, il Papa lo ricorda
con parole commosse:
“Il Signore colga
l’anima di questo silenzioso e coraggioso servitore del Vangelo e faccia sì che
il sacrificio della sua vita contribuisca alla causa del dialogo fra le
religioni e della pace tra i popoli”.
Il 3 marzo, Benedetto XVI visita la sua Radio. A Palazzo
Pio, il Papa incontra la grande comunità della Radio Vaticana, nel 75.mo anniversario di fondazione.
Tre settimane dopo, si celebra il primo concistoro indetto da Benedetto XVI. Il
Papa crea 15 nuovi porporati, di cui 12 elettori: tra loro spicca il nome del
cardinale cinese, Zen Ze Kiun.
Nel solco della testimonianza coraggiosa della verità si inserisce il discorso
del Pontefice ai parlamentari del Partito Popolare Europeo. E’ il 30 marzo,
Benedetto XVI ribadisce che la tutela della vita, la difesa della famiglia
naturale e il diritto dei genitori all’educazione dei figli sono principi non
negoziabili. Il 19 aprile, poi, nel primo anniversario della sua elezione,
Benedetto XVI chiede ai fedeli di sostenerlo:
“A ciascuno chiedo
di continuare a sostenermi pregando Iddio perché mi conceda di essere pastore
mite e fermo della sua Chiesa”.
Il 25 maggio il Papa è in Polonia, per il suo secondo
viaggio apostolico internazionale. E’ una visita che rende omaggio al suo
grande e amato predecessore, Karol Wojtyla. Ma nella storia rimarrà soprattutto
l’immagine del Pontefice che prega nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, mentre la sua bianca veste sembra quasi
essere accarezzata da un arcobaleno:
“Prendere la parola
in questo luogo di orrore, di accumulo di crimini contro Dio e contro l'uomo
che non ha confronti nella storia, è quasi impossibile – ed è particolarmente
difficile e opprimente per un cristiano, per un Papa che proviene dalla Germania. In un luogo come questo
vengono meno le parole, in fondo può restare soltanto uno sbigottito silenzio:
un silenzio che è un interiore grido verso Dio: Perché, Signore, hai taciuto?”
Di ritorno dalla Polonia, il Papa
incontra i movimenti ecclesiali in un grande raduno in Piazza San Pietro. Il 3
giugno, Veglia di Pentecoste, 400 mila persone si stringono attorno a Benedetto
XVI che le incoraggia ad essere testimoni della vera
libertà:
“I Movimenti
ecclesiali vogliono e devono essere scuole di questa libertà vera. In questo
mondo, così pieno di libertà fittizie che distruggono l'ambiente e l'uomo,
vogliamo, con la forza dello Spirito Santo, imparare insieme la libertà vera”.
Nel mese di giugno, il giorno 22, il Pontefice prende una
decisione di rilievo per il governo della Chiesa. Viene, infatti, annunciato
che dal 15 settembre, il cardinale Tarcisio Bertone sostituirà il cardinale
Angelo Sodano alla guida della Segreteria di Stato. Dall’8 al 9 luglio il Papa
è a Valencia in Spagna per il V Incontro Mondiale delle Famiglie. Di fronte al
secolarismo che avanza nella società spagnola come nel resto dell’Occidente, il
Papa propone la bellezza della fede. “Aiutare la famiglia”, ribadisce Benedetto
XVI, “è uno dei più importanti servizi che si possono rendere al bene degli
uomini e della società”. A fine viaggio, un altro avvicendamento significativo:
padre Federico Lombardi prende il posto di Joaquín Navarro-Valls alla direzione
della Sala Stampa della Santa Sede. L’estate di Benedetto XVI, in parte
trascorsa a Les Combes in
Valle d’Aosta, è contrassegnata da un impegno a tutto campo per la fine della
guerra israelo-libanese. Il Papa indice una giornata
di preghiera e penitenza per il 23 luglio. Poi, il 30, dopo la strage di
bambini nella città libanese di Cana, leva un
accorato appello per la pace:
“Nel nome di Dio mi
rivolgo a tutti i responsabili di questa spirale di violenza, perché
immediatamente si depongano le armi da ogni parte! Ai Governanti e alle
Istituzioni internazionali chiedo di non risparmiare nessuno sforzo per
ottenere questa necessaria cessazione delle ostilità e per poter iniziare così
a costruire, mediante il dialogo, una durevole e stabile convivenza di tutti i
popoli del Medio Oriente”.
Il primo settembre, il Pontefice si reca in pellegrinaggio
al Santuario abbruzzese del Volto Santo a Manoppello.
Poi, dal 9 al 14, è in Baviera sua terra natale. Torna con il fratello Georg nei luoghi della sua infanzia e prega sulla tomba dei
genitori. Il viaggio sarà, tuttavia, ricordato per la lezione magistrale tenuta
dal Papa nell’ateneo di Ratisbona, dove il giovane Joseph
Ratzinger aveva insegnato
teologia. Qui, Benedetto XVI pronuncia un discorso su “Fede, ragione ed
università”. Ma l’attenzione dei media è tutta per una
citazione di un dialogo medievale islamo-cristiano
che, male interpretato, innesca accese proteste nel mondo musulmano. E’ il Papa
stesso, all’udienza generale del 20 settembre, a ribadire il vero significato
della sua lezione:
“La mia intenzione
era ben diversa: partendo da ciò che Manuele II successivamente dice in modo
positivo, con una parola molto bella, circa la ragionevolezza che deve guidare
nella trasmissione della fede, volevo spiegare che non religione e violenza, ma religione e ragione vanno insieme”.
“Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo”: questo il
tema del IV Convegno ecclesiale nazionale, a Verona dal 16 al 20 ottobre. Il
Papa si reca nella città veneta per incontrare le diverse anime della Chiesa
italiana. Nel suo discorso, Benedetto XVI si sofferma sul cambiamento radicale
della nostra identità che ci deriva dall’incontro con Cristo:
“Il mio proprio io mi viene tolto e viene inserito in un nuovo
soggetto più grande, nel quale il mio io c'è di nuovo, ma trasformato,
purificato, ‘aperto’ mediante l'inserimento nell'altro, nel quale acquista il
suo nuovo spazio di esistenza. Diventiamo così ‘uno in Cristo’
(Gal 3, 28), un unico soggetto
nuovo, e il nostro io viene liberato dal suo
isolamento. ‘Io, ma non più io’: è
questa la formula dell'esistenza cristiana fondata nel Battesimo, la formula
della risurrezione dentro al tempo, la formula della ‘novità’ cristiana
chiamata a trasformare il mondo”.
L’ultima parte del 2006 è
dedicata dal Papa in particolare all’ecumenismo, al dialogo interreligioso e
alla promozione della pace. Il 23 novembre, riceve in Vaticano l’arcivescovo di
Canterbury, Rowan Williams. Con il primate della
Comunione anglicana, Benedetto XVI firma una Dichiarazione comune. Le
difficoltà non vengono disconosciute, ma il dialogo
continua. Significativo poi, l’incontro, sempre a Roma, con l’arcivescovo di
Atene e di tutta la Grecia, Christodoulos, il 13 dicembre. Un evento preceduto
dallo storico viaggio apostolico di Benedetto XVI in Turchia, dal 28 novembre
al primo dicembre. Nonostante le preoccupazioni della vigilia, il Papa
conquista tutti. Ben presto, la tensione si scioglie in calore affettuoso. Alla
fine del viaggio, i giornali turchi parlano di un Papa-papà.
Resta negli occhi l’immagine del Pontefice che si raccoglie in meditazione
nella Moschea Blu di Istanbul e il fraterno abbraccio con il Patriarca ecumenico
Bartolomeo I. All’udienza generale successiva al ritorno a Roma, il Papa
esprime l’auspicio che il suo viaggio in Turchia dia
buoni frutti:
“Aiuti Iddio
onnipotente e misericordioso il popolo turco, i suoi governanti e i
rappresentanti delle diverse religioni, a costruire insieme un futuro di pace,
sì che la Turchia possa essere un ‘ponte’ di amicizia
e di fraterna collaborazione fra l’Occidente e l’Oriente”.
Pace, dunque, nel cuore di Benedetto XVI che alla persona
umana consacra il 40.mo
Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del primo gennaio 2007. “La pace
– afferma - è dono di Dio”, ma è anche “un compito”
dell’uomo, “un impegno che non conosce sosta”. E, ancora una volta, chiede
chiarezza nel riconoscere e difendere quel patrimonio di valori che è proprio
dell’uomo in quanto tale. Quel rispetto, senza condizioni, della vita che è il
vero fondamento della pace.
(musica)
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UDIENZE
E NOMINE
Il Papa ha ricevuto oggi il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione
dei Popoli.
Il Santo Padre ha nominato vescovo coadiutore della Prelatura di Aquile, in Bolivia, il padre francescano Jorge Herbas Balderrama,
segretario per la formazione e gli studi della Provincia Francescana di San
Antonio e presidente del Tribunale Ecclesiastico di Prima Istanza
dell’arcidiocesi di Cochabamba. Padre Jorge
Herbas Balderrama è nato il
1° giugno
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Tre pagine dedicate alla
celebrazione del Natale nelle Diocesi
Servizio estero - Per la rubrica dell’”Atlante
geopolitico” un articolo di Giuseppe Fiorentino dal titolo “Sri Lanka: un Paese dilaniato dalla violenza”.
Servizio culturale - Un articolo di Irene Iarocci dal titolo “Il Natale negli scritti di Takashi Nagai”.
Servizio italiano - In rilievo sempre il tema
delle pensioni.
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29 dicembre 2006
PER IL PREMIER IRACHENO AL MALIKI
È INEVITABILE L’ESECUZIONE DI SADDAM HUSSEIN. AI NOSTRI MICROFONI
IL NUNZIO APOSTOLICO A BAGHDAD
MONS. FRANCIS CHULLIKATT:
- Intervista con mons.
Francis Assisi Chullikatt -
Polemiche in Iraq e nel mondo sulla condanna a morte di
Saddam Hussein. La sentenza “non sarà rivista” e l’esecuzione “non sarà
rinviata” e “nessuno può opporsi”, ha dichiarato oggi il primo ministro
iracheno Nouri al Maliki,
mentre il ministero della Giustizia ha smentito di aver preso in custodia dagli
americani l’ex presidente – cosi come era stato annunciato stamani dai suoi
avvocati – aggiungendo che non sarà giustiziato prima di un mese. Ma ad opporsi
alla condanna è l’Unione Europea: “Quella sentenza non dovrebbe essere
applicata” ha dichiarato oggi a Bruxelles il ministro degli esteri finlandese Erkki Tuomioja, presidente di
turno del Consiglio UE. Riguardo il tema della pena
capitale alcuni vescovi iracheni ricordano la sacralità e il valore della vita
di ogni uomo. Luca Collodi, ha intervistato mons. Francis Assisi Chullikatt,
nunzio apostolico a Baghdad:
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R. – Alcuni vescovi sono intervenuti sull’argomento e per
loro la questione dovrebbe essere trattata secondo l’insegnamento della Chiesa.
La Chiesa ha sempre difeso la vita e il rispetto della vita viene
difeso dai vescovi locali.
D. – Mons. Chullikatt, più
volte, in questo tempo di Natale, il Papa si è detto preoccupato per la
situazione in Iraq …
R. – Il Santo Padre è preoccupato per tutte le questioni
che
D. – Mons. Chullikatt, sul
fronte della libertà religiosa c’è qualche passo in avanti?
R. – Questo è un tema che viene
continuamente dibattuto anche nel contesto della nuova Costituzione. Stanno
rivedendo alcuni articoli, tra i quali anche questo della libertà religiosa. Si
spera, quindi, che ci sia una riaffermazione nella Costituzione, perché - come
lei sa – attualmente non è facile esercitare questa libertà religiosa, che è
garantita costituzionalmente. Ma nel testo stesso della Costituzione ci sono
tanti equivoci. Si spera, quindi, che la libertà religiosa venga
enunciata in modo più chiaro, dopo l’emendamento della Costituzione. Da parte
sua
D. – Il futuro ritiro delle truppe militari dall’Iraq può
facilitare il ritorno all’unità del Paese?
R. – Il ritiro delle truppe – come si è detto varie volte
– dovrebbe essere concordato con il governo iracheno. Un ritiro delle truppe
immediate non credo che porti frutti positivi per il governo iracheno, per come
stanno ora le cose.
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IL
PRIMO INCONTRO DELLA COMUNITA’ DI TAIZE’
IN CROAZIA, A ZAGABRIA:
OBIETTIVO,
COSTRUIRE LA PACE NELL’EUROPA CHE HA SMARRITO DIO
-
Intervista con il priore, frère Alois -
E’ un
incontro storico quello che la Comunità di Taizé ha organizzato come di consueto
per invitare i giovani a pregare e a riflettere insieme tra la fine di un anno
e l’inizio del nuovo: per la prima volta il raduno internazionale si svolge in
Croazia, a Zagabria. Da ieri e fino al 1°gennaio 2007, 50 mila giovani di tutta
Europa e non solo stanno scrivendo una nuova tappa di quel “pellegrinaggio di
fiducia sulla terra” che caratterizza gli eventi di Taizé. Alessandro De
Carolis ha raggiunto telefonicamente a Zagabria il priore della Comunità, frère
Alois:
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R. – E’ stato bellissimo vedere arrivare tutti questi
giovani. Abbiamo aspettato tanti anni per poter fare un incontro qui in
Croazia. Prima, al tempo del comunismo, non era stato possibile. Dopo c’è stata
la guerra. Ma adesso, finalmente, siamo qui. E’ stata una lunga attesa, adesso
realizzata. Ieri sera grande è stata la gioia, percepibile, durante gli arrivi
e l’accoglienza.
D. – Dunque, l’Incontro della comunità di Taizè in Croazia è stato un sogno realizzato. Un sogno
realizzato forse anche nel segno di Frère Roger…
R. – Sì, è stato un sogno di Frère Roger. Nell’‘87 avevamo
potuto fare un incontro internazionale in Slovenia. Vicino a
Zagabria, dunque, ma non qui. Frère Roger è passato da Zagabria per pregare
sulla tomba del cardinale Franjo Šeper, che lui amava
molto. Questa piccola visita è stata una cosa importante per Frère Roger. Oggi,
quindi, è vero: si è compiuto un suo sogno. Anche perché qui, in Croazia, c’è
una fede profonda. Ci sono tanti giovani nelle parrocchie. E questo non lo
vediamo in tutti i Paesi d’Europa.
D. – Voi proponete ai giovani che partecipano al vostro
Incontro di compiere insieme con voi un “pellegrinaggio di fiducia sulla
terra”. Perché questa parola, “fiducia”?
R. – Perché è tanto importante che si faccia qualcosa per
la pace nel mondo, per creare la fiducia tra i popoli, tra i diversi cristiani,
per preparare la pace. Questo vogliono i giovani. Sono tanti i giovani che
vogliono fare qualcosa per la pace. Una proposta che farò questo
sera è di non trasmettere alla prossima generazione i sentimenti feriti
che si portano in cuore. Forse i giovani si possono impegnare in questo, perché
qui in Croazia ancora qualche anno fa c’era la guerra e ancora vi sono le
vittime.
D. – Benedetto XVI ha più volte denunciato, dall’inizio
del suo Pontificato, la progressiva perdita del senso di Dio, soprattutto in
Europa. Come si sentono coinvolti in questa sfida i giovani di Taizé?
R. – Oggi c’è paura per l’avvenire. Molti giovani non
sanno quale sarà il futuro delle nostre società, l’avvenire della Chiesa. Per
questo dobbiamo sapere che Dio è presente nella storia del mondo, ma anche
nella storia di ognuno Dio è presente: penso che molto dipenda da questa
capacità di sapere che Dio è presente nella storia.
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L’OSSERVATORE
ROMANO PUBBLICA UN EDITORIALE SUL CASO WELBY
“Pietà e chiarezza”: è il titolo di un’editoriale
pubblicato sul numero odierno dell’Osservatore Romano a firma del prof.
Francesco D’Agostino, presidente dell’Unione dei Giuristi Cattolici, che torna
sul caso Welby. Una questione che nella sua complessa
drammaticità continua a suscitare nuove polemiche e
interrogativi. Ce ne parla Sergio Centofanti:
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“La pietà, la massima pietà – scrive D’Agostino - è richiesta quando
ci si concentra su di un caso umano come quello di Piergiorgio Welby, un caso straziante, ancor più che doloroso.
Chiarezza, la massima chiarezza, è quella invece richiesta da un caso politico,
come lo stesso Welby ha voluto che si considerasse il
suo caso”. Secondo il prof. D’Agostino “la figura, la personalità, le
sofferenze, l'immagine stessa di Piergiorgio Welby
sono state strumentalizzate, sia pure col suo consenso e forse anche su sua
stessa iniziativa (ma l'auto-strumentalizzazione è pur sempre una
strumentalizzazione), per far giungere all'opinione pubblica un falso
messaggio, obiettivamente necrofilo, e cioè che la morte è l'unica risposta
possibile a malattie degenerative terribilmente invalidanti come quella da cui
egli era afflitto e più in generale a tutte le malattie giunte alla fase
terminale. Il messaggio autentico – scrive - è esattamente l'opposto: la vera risposta a tutte le situazioni
tragiche di malattie invalidanti croniche e di malattie di fine vita non sta nell'abbandono
terapeutico (di cui l'eutanasia è la forma estrema), ma nella vicinanza calda e
compassionevole del terapeuta al paziente, intesa come un vero e proprio
diritto, che rientra nel più generale diritto alla salute di cui siamo tutti
titolari”.
Sul caso Welby molti sono stati
gli interventi in questi giorni, in particolare sul rifiuto dei funerali religiosi. Interessante la riflessione di Davide Rondoni
su Avvenire: parla della misericordia eterna di Dio che tuttavia non elimina la
libertà degli uomini. “Per rispetto alla libertà stessa del defunto – scrive –
si è deciso di non celebrare il rito del funerale religioso. L’atto compiuto
deliberatamente da Welby era contro la concezione
della vita che
Per il teologo Giuseppe Lorizio
la scelta del Vicariato è stata “certamente scomoda, ma non avrebbe giovato un
atteggiamento buonista a un atto come quello di Welby, compiuto in maniera pubblica e a suo modo motivata.
E’ bene – afferma Lorizio – che ci sia
stata questa presa di distanza, che non toglie nulla alla misericordia di Dio …
Servire la verità su questi valori che, come ci dice il Papa non sono
negoziabili - rileva – è un modo per dare contenuto alla misericordia”.
Mons. Luigi Moretti,
vicegerente della diocesi di Roma, ha sottolineato da
parte sua che l’appartenenza alla Chiesa non è “semplicemente un qualcosa di
soggettivo. La scelta della fede è una scelta di libertà” che richiede “la
scelta della coerenza nella fede”. Non si tratta di giudicare una persona –
conclude mons. Moretti - quanto di “prendere atto di una volontà” libera e
responsabile “che porta con sé delle conseguenze”.
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29 dicembre 2006
ARRESTATI NOVE
SACERDOTI NELLA PROVINCIA SETTENTRIONALE CINESE DELL’HEBEI
BAODING.
= In Cina, la polizia della provincia settentrionale dell’Hebei
ha arrestato lo scorso 27 dicembre nove sacerdoti della diocesi di Baoding. Lo riferisce l’agenzia del PIME, AsiaNews, che elenca i nomi dei fermati: padre Wen Daoxiu; padre Li Shujun; padre Li Yongshun; padre Wang Quanjun; padre Wang Qiongwei; padre Pang Yongxing; padre Pang Haixing; padre Dong Guoyin e padre Liu Honggeng. Il gruppo era riunito insieme per studiare in una
località a circa 30 chilometri a sud della città. Ignoto il motivo
dell’arresto. I fermi, secondo AsiaNews, rientrano in
una campagna per sottomettere vescovi, sacerdoti e fedeli dell’Hebei, la regione cinese con il più alto numero di
cattolici, con un milione e mezzo di credenti. Tra l’altro, nella stessa
regione dell’Hebei non si hanno notizie del vescovo
ordinario di Baoding, mons. Giacomo Su Zhimin, 73 anni, arrestato nel 1996. Il vescovo ausiliare
di Baoding, mons. Francesco An
Shuxin, è stato invece liberato il 24 agosto dalle
autorità cinesi dopo 10 anni di prigionia. (R.M.)
IL
VESCOVO EMERITO DI SAN PEDRO, IN PARAGUAY, MONS. LUGO
MÉNDEZ,
HA
ANNUNCIATO CHE ACCETTERÀ LA CANDIDATURA ALLE ELEZIONI PRESIDENZIALI
DEL 2008.
NEI GIORNI SCORSI, LA SEVERA “AMMONIZIONE CANONICA”
DALLA
CONGREGAZIONE PER I VESCOVI
- A
cura di Luis Badilla -
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SAN PEDRO. = Nonostante la severa “ammonizione canonica”
ricevuta nei giorni scorsi, il vescovo emerito di San Pedro,
in Paraguay, mons. Fernando Armindo Lugo Méndez, ha annunciato che accetterà la candidatura alle
elezioni presidenziali del 2008, che gli era stata offerta da una coalizione di
partiti che si oppongono al presidente in carica, Nicanor
Duarte, candidato per un secondo mandato. “E’ giunta
l’ora di puntare su un nuovo Paraguay – ha affermato
il presule lo scorso 25 dicembre, davanti alla porta della casa materna, ad Encarnacion – Mi pongo al servizio del popolo attraverso la
politica e, pur se la mia rinuncia mi addolora, sono felice perché da oggi la
mia cattedrale sarà l’intero Paese”. “L'ideologia è in secondo piano – ha
aggiunto – non mi sento né di sinistra, né di destra”. Nei giorni scorsi, mons.
Lugo Méndez aveva ricevuto l’“ammonizione
canonica” dalla Congregazione per i Vescovi, con la firma del cardinale prefetto
Giovanni Battista Re, che aveva intimato al presule di rinunciare ai suoi
propositi, altrimenti sarebbe stato “sospeso”. Da parte sua, il vescovo aveva
già affermato: “Dopo 29 anni di sacerdozio, mi possono sospendere, ma chiedo a
Benedetto XVI la sua benedizione per il compito che mi aspetta”. Sempre nella
lettera di ammonizione, il cardinale Re si era detto “sorpreso” che alcuni
partiti politici avessero appoggiato il presule nella
sua corsa alla presidenza. Il porporato aveva poi sottolineato che le
dichiarazioni di mons. Lugo Méndez
avevano “già creato un grave sconcerto tra i pastori e i fedeli del Paraguay” e che, pertanto, si era visto costretto “a
rendere pubblico questo ammonimento canonico”.
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DINIEGO
DELL’ARCIVESCOVO DI CORDOBA, MONS. ASENJO PELEGRINA,
ALLA RICHIESTA DELLA GIUNTA ISLAMICA DI SPAGNA DI CONDIVIDERE COME LUOGO DI
CULTO
LA MOSCHEA-CATTEDRALE
DELLA CITTÀ: “CREEREBBE SOLO CONFUSIONE
E
ALIMENTEREBBE UN SENTIMENTO DI INDIFFERENZA
NEI CONFRONTI
DELLA RELIGIONE”
- A
cura di Davide Dionisi -
CORDOBA. = A seguito della richiesta avanzata dalla Giunta
islamica di Spagna di condividere come luogo di culto la moschea-cattedrale di
Cordoba, il vescovo della città, mons. Juan José Asenjo Pelegrina,
ha diramato una nota ufficiale nella quale spiega i motivi del suo diniego. Il
presule chiarisce che “la diocesi è impegnata a costruire relazioni di rispetto
e di stima con i musulmani e, seguendo le linee della dichiarazione del
Concilio Vaticano II, Nostra Aetate, sostiene costantemente il dialogo
interreligioso, secondo le indicazioni della Santa Sede e nel pieno rispetto di
ciascun credo religioso”. Ma, osserva il presule, “un uso comune di luoghi di
culto creerebbe solo confusione e alimenterebbe un sentimento di indifferenza
nei confronti della religione”. “Luoghi di culto condivisi – sottolinea – possono
essere gli aeroporti o i grandi spazi aperti che, in ogni caso, non sono
propriamente templi, ma luoghi dove è possibile
pregare. Diverso è invece il discorso di una cattedrale”. La nota precisa
inoltre che “la diocesi, grazie alle testimonianze storiche certificate da
indagini archeologiche, ha pieno titolo per utilizzare in via esclusiva la cattedrale”.
E aggiunge: “La stessa diocesi ritiene che i musulmani debbano poter contare su
luoghi di culto dignitosi, rispondenti alle esigenze qualitative e quantitative
dei fedeli all’Islam. Nel caso di Cordoba, si tratta di un numero ridotto, così
come indicano le statistiche”. Mons. Asenjo Pelegrina rileva inoltre
che “nella cattedrale di Cordoba, così come in tutte le cattedrali, c’è il
Signore nel Santissimo Sacramento, e ciò non consente di celebrare riti di
altre confessioni al suo interno”. “Le radici e la storia
cristiana 17 volte centenaria della città – aggiunge – meritano
rispetto”. Il presule conclude sottolineando che “i cattolici di Cordoba
desiderano vivere in pace con i fedeli di altre confessioni, ma non sono
disposti a cedere a pressioni che non contribuiscono ad alimentare un clima di
armonia”.
LA “COMUNE VOLONTÀ
DI COMPRENSIONE RECIPROCA E PACE” AL CENTRO
DELLA VISITA DI ALCUNI LEADER
RELIGIOSI MUSULMANI ALL’ARCIVESCOVO CALDEO
DI
KIRKUK, IN IRAQ, MONS. SAKO, PER GLI AUGURI DI NATALE
KIRKUK.
= Imam sciiti e sunniti a Kirkuk,
in Iraq, hanno fatto di persona gli auguri di Natale all’arcivescovo caldeo, mons. Louis Sako, in un clima che i presenti hanno definito di “sincera
volontà di dialogo e comprensione reciproca”. A dare la notizia ad AsiaNews è
stato lo stesso clero diocesano iracheno: “Una delegazione di leader religiosi
musulmani, arabi, curdi e turcomanni,
ha visitato l’arcivesco-vado di Kirkuk dei Caldei per porgere gli auguri ai cristiani in occasione del
Natale”. I presenti riferiscono che “entrambe le parti hanno espresso come
comune obiettivo quello di raggiungere una convivenza pacifica tra le varie comunità
locali e hanno sottolineato la necessità di aumentare le visite reciproche al
fine di una maggiore conoscenza”. “In un contesto come quello iracheno attuale –
commentano alcuni cittadini di Kirkuk – eventi di
questo tipo ci danno la speranza che non tutto è perduto e che attraverso il
dialogo e la comprensione si possano allontanare la disgrazia e pericolose
divisioni sociali”. (R.M.)
L’ARCIVESCOVO DI
NAPOLI, IL CARDINALE CRESCENZIO SEPE,
HA OFFERTO IERI UN PRANZO NATALIZIO IN
CURIA PER 250 POVERI:
“LA CHIESA È LA CASA DI TUTTI E, IN
MODO PARTICOLARE, DI CHI NON HA CASA”,
HA AFFERMATO IL PORPORATO, CHE HA ANCHE
SERVITO AI TAVOLI
NAPOLI. =
Un pranzo natalizio per 250 poveri nel salone di rappresentanza del Palazzo arcivescovile
di Napoli: lo ha offerto ieri l’arcivescovo del capoluogo partenopeo, il cardinale
Crescenzio Sepe, che ha anche servito a tavola italiani e stranieri: cattolici, ma anche musulmani
e buddisti senza fissa dimora, raccolti nelle strade della città. L’iniziativa
rientra negli appuntamenti previsti per il primo Natale del cardinale Sepe alla guida spirituale di Napoli. “La chiesa è la casa
di tutti – ha affermato il porporato – e direi, in modo particolare, è la casa
di chi non ha casa”. “Se partiamo dagli umili – ha aggiunto – se mostriamo, con
gesti concreti, che gli siamo vicini e che oltre alle parole vogliamo fare
anche dei fatti, allora è possibile qualsiasi ricostruzione”. A Napoli, ha
raccontato il cardinale, ha trovato la povertà che ha visto in ogni parte del
mondo. “Quello che bisogna vincere qui – ha concluso – è la povertà che nasce
dallo scoraggiamento, dall’abbat-timento e dal pessimismo. (…)
E credo che si possa vincere facendo dei gesti che siano delle testimonianze
vere, sincere, sentite. Bisogna farli sentire veramente fratelli, non solo a parole”.
Domenica prossima il cardinale Sepe sarà a Poggioreale tra i detenuti e poi nella chiesa di San
Ferdinando per il tradizionale Te Deum. Lunedì, messa solenne in Duomo in occasione della
Giornata mondiale della Pace e incontro alle 18 sul sagrato della Cattedrale
con i partecipanti alla Marcia della Pace promossa dalla Comunità di Sant’Egidio. (R.M.)
PRECISAZIONE
DEL VICARIATO DI ROMA, DOPO LA DENUNCIA CONTRO UN PARROCO
CHE HA CHIESTO UN CONTRIBUTO PER LA
CELEBRAZIONE DEL SACRAMENTO
DEL MATRIMONIO: “SI È ATTENUTO ALLE
DISPOSIZIONI AMMINISTRATIVE DIOCESANE”, CHE FISSANO L’OFFERTA PER CHI NON SI
SPOSA NELLA PROPRIA PARROCCHIA
ROMA. =
Solo un’offerta libera per chi si sposa nella propria parrocchia; un contributo
massimo di 270 euro per chi sceglie un’altra chiesa: lo ribadisce il Vicariato
di Roma, in seguito alla notizia, apparsa ieri su alcuni giornali italiani, di
una denuncia presentata contro un parroco che ha chiesto tale contributo per la
celebrazione del sacramento del matrimonio. In un comunicato, il vicariato precisa
“che il parroco di Santa Maria della Fiducia si è attenuto alle disposizioni amministrative
diocesane che prevedono la celebrazione del matrimonio nella propria parrocchia
a offerta libera e il pagamento di un contributo per chi decide di sposarsi in altra
chiesa, fissato nel tetto massimo di 270 euro per evitare sperequazioni”. “Tale
contributo – ricorda il Vicariato – viene destinato in
parte al Fondo per l’aiuto alle parrocchie povere della diocesi di Roma, in
parte alle spese di cancelleria sostenute dal parroco della parrocchia che
istruisce la pratica matrimoniale e in parte alla chiesa scelta dagli sposi ai
fini del decoroso svolgimento della celebrazione. Restano a carico degli sposi
le eventuali spese per l’organista, il fotografo e l’arredo floreale”. Quanto
alle ragioni di questo contributo, il Vicariato “ribadisce il principio che il
conferimento dei sacramenti non ha e non può avere un corrispettivo in denaro;
sottolinea tuttavia che gli atti preparatori e la celebrazione stessa del
matrimonio comportano inevitabili e precise spese. Inoltre, va ricordato che,
secondo l’insegnamento apostolico della Chiesa, i fedeli sono educati al dovere
di giustizia per coprire le spese del loro matrimonio, ma anche alla sensibilità
cristiana di aiutare la comunità ecclesiale”. Il Vicariato di
Roma ricorda infine che per “propria parrocchia” si intende “la chiesa parrocchiale
della sposa, dello sposo, o dove gli sposi sono inseriti pastoralmente
nella vita di una comunità ecclesiale; la chiesa succursale di una delle tre
parrocchie suindicate; o, infine, la chiesa nazionale
per gli sposi di quella nazionalità”. (R.M.)
TROVATO
MORTO A ROMA UN CLOCHARD STRONCATO DAL FREDDO.
PER FAR FRONTE ALL’EMERGENZA, LA
PROVINCIA HA ALLESTITO SEI TENDE
NEI PUNTI STRATEGICI DELLA CAPITALE
ROMA. = A
Roma, un clochard è stato trovato morto ieri pomeriggio in Piazzale Flavio
Biondo, davanti alla stazione Trastevere. L’uomo, di
circa 40 anni, non aveva documenti, ma secondo il racconto un altro clochard,
era di origine polacca e si chiamava Roman. La sua
morte, causata dal freddo e dagli stenti, si aggiunge a quella di un altro
senza fissa dimora di Brescia, che l’altro ieri è rimasto ucciso dalle rigide temperature
che stanno attanagliando l’Italia. E proprio per fronteggiare l’improvvisa emergenza freddo, la Provincia di Roma ha
allestito sei tende in alcuni punti strategici della capitale, dove le condizioni
di vita dei clochard sono più a rischio. L’iniziativa rientra nell’ambito del
progetto “Soli mai”, dedicato a coloro che a Natale e a capodanno si ritrovano
senza compagnia. (R.M.)
VIA LIBERA, NEGLI
STATI UNITI, ALLA VENDITA DI CARNE E LATTE
DI ANIMALI CLONATI:
LO HA DECISO L’ENTE FEDERALE USA CHE
REGOLA CIBI E FARMACI,
CHE HA DATO TRE MESI DI TEMPO AGLI
AMERICANI PER ESPRIMERE IL LORO PARERE
NEW YORK.
= Carne e latte di animali clonati sono “virtualmente indistinguibili” da
quelli naturali e fra qualche mese potranno essere messi in vendita sugli scaffali
dei negozi americani di alimentari: è questo il verdetto pronunciato ieri dal Food and Drug Administration (FDA), l’ente federale USA che regola
cibi e farmaci, che ha dato tre mesi di tempo agli americani per esprimere il loro parere prima di dare l’approvazione finale alle
vendite. Secondo l’FDA, i prodotti clonati sono sicuri e non dovranno essere
distinti dagli altri con etichette particolari. Nel 2001, l’agenzia aveva
imposto una moratoria volontaria sulla vendita di prodotti derivati da animali
clonati per verificarne i potenziali rischi per la salute. (R.M.)
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29 dicembre 2006
- A cura di
Roberta Gisotti -
Cambio di regime in Somalia e calma oggi a Mogadiscio,
dopo la presa ieri della capitale da parte delle truppe governative appoggiate
dai militari dell’Etiopia, che non hanno incontrato resistenza dalle Corti
islamiche già fuggite via. La cronaca nel nostro servizio:
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Non c’è stato il temuto bagno di sangue, pochi combattimenti
e sporadici casi di razzia a Mogadiscio, dove però migliaia di persone –
secondo testimoni locali - hanno manifestato oggi contro l’Etiopia, che per
voce del suo premier, Zenawi, ha detto che i soldati
etiopici lasceranno la Somalia al massimo tra giorni
o, al più, tra alcune settimane. Intanto, il premier del governo federale di
transizione somalo (TGF), Ali Gedi, è entrato nella
capitale ed ha annunciato da domani, e per tre mesi,
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E per un aggiornamento sulla critica situazione umanitaria
nel Paese, ascoltiamo l’intervista a Davide Bernocchi,
direttore della Caritas Somalia, al microfono di Stefano Leszczynski:
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R. – Le condizioni della popolazione, in particolare nel
centro-sud della Somalia, sono estremamente precarie
da 15 anni a questa parte. In questo ultimo anno, c’è stata poi una carestia
che ha investito tutto il Corno d’Africa e, a seguire, ci sono state una serie
di inondazioni. Le Nazioni Unite hanno stimato che, nelle ultime settimane,
sono un milione e 800 mila le persone con urgente
necessità di aiuti: ovviamente il conflitto ha paralizzato gli aiuti per circa
una decina di giorni e questo non ha fatto altro che aggravare la situazione.
D. – Voi siete stati in Somalia proprio nel periodo in cui
le Corti islamiche dilagavano. Sapete spiegarvi come mai questa rotta da parte
delle Corti islamiche, che sembravano così ben posizionate?
R. – Sicuramente la disparità di forze militari era
evidente già sulla carta e fin dall’inizio. Io non so se si possa parlare
veramente di rotta delle Corti islamiche o oppure se dopo, ovviamente, le
sconfitte militari subite intorno a Baidoa, si sia
trattata in realtà di una scelta per preservare l’arsenale ancora disponibile e
portare quindi la guerra su un altro piano.
D. – Cosa si aspettano i somali da un governo di
transizione? Ha una qualche base popolare il governo di transizione?
R. – Le istituzioni federali di transizione hanno
rappresentato per un certo periodo una grande speranza per la
Somalia. Dobbiamo, però, dire che sicuramente il fatto che siano state
spalleggiate dall’Etiopia ne ha diminuito la popolarità. Questo non rappresenta
certo un giudizio definitivo. E questo perché la mia impressione è che il
popolo somalo cerchi semplicemente pace, stabilità e sicurezza. E quindi
proprio su questo banco di prova i somali giudicheranno il governo nelle
prossime settimane.
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Sul fronte iracheno, 10 morti oggi ed 11 feriti, per un
attentato suicida
vicino alla moschea sciita di Khalis. Tra le
vittime della guerra, anche il fratello dell’ex ambasciatore palestinese,
rapito tre giorni fa e ucciso ieri a Baghdad da miliziani sciiti. Intanto, il
presidente americano, George Bush, ha annunciato di
aver compiuto “buoni progressi” verso il varo di una nuova strategia per l’Iraq
nel 2007, ma di avere ancora bisogno di consultazioni prima di decidere. E sono
stati intanto liberati i due diplomatici di Teheran
che erano detenuti in Iraq dall’Eserci-to americano, e che sarebbero stati
consegnati alle autorità irachene. Il loro arresto, il 25 dicembre, aveva
suscitato il risentimento del presidente iracheno Talabani, che li aveva
invitati a Baghdad per parlare di cooperazione nel campo della sicurezza. I due
diplomatici erano stati accusati di aver fornito armi a “gruppi illegali
iracheni”.
Un piano politico per una soluzione del conflitto israelo-palestinese. E’ quanto ha messo a punto il ministro
degli esteri israeliano Tzipi Lvini
che, in un’intervista al quotidiano “Haaretz”, ha
ribadito la necessità di creare due Stati distinti.
In Iran, si registra la morte ieri del ministro della
Giustizia, il cinquantenne Jamal Karimi-Rad,
perito in un incidente stradale in una località al centro del Paese.
Continua il braccio di ferro tra Russia e Bielorussia sul
gas. Se ieri pomeriggio un’intesa fra Mosca e Minsk sembrava vicina, in serata
il quadro si è nuovamente complicato. Un portavoce del colosso energetico russo
Gazprom ha infatti riferito
che nessun passo avanti è stato compiuto. L’Unione Europea, intanto, teme una
crisi analoga a quella dello scorso anno con l’Ucraina e il conseguente taglio
delle forniture di metano al Vecchio Continente. Il servizio da Mosca di Giuseppe
D’Amato:
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Per anni Minsk ha goduto di uno status particolare, simile a quello di
una qualsiasi regione russa, grazie al progetto di unione con Mosca. Adesso, il
Cremlino ha cambiato i suoi rapporti economici con le ex Repubbliche sovietiche:
solo prezzi di mercato. Le trattative si sono così arenate irrimediabilmente.
“Se ci chiudete il gas, noi fermeremo quello in transito” è la minaccia bielorussa. L’enclave russo sul Baltico di Kaliningrad rimarrà per primo senza approviggionamento.
Problemi vi saranno anche in Lituania, Polonia ed in
parte in Germania. I retroscena di questa disputa sono soprattutto politici. Il
presidente Putin ha dimostrato di non essere in
sintonia con il collega bielorusso, Lukashenko, definito dagli americani l’ultimo dittatore di
Europa, e considerato persona non grata in territorio UE. Secondo alcuni
influenti analisti, il Cremlino vuole ora forzare la mano a Minsk
ed imporre l’unione dei due Paesi alle proprie condizioni.
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In Thailandia, sospetti separatisti hanno ucciso e poi
dato alle fiamme due insegnanti buddisti nel sud musulmano del Paese,
insanguinato da tre anni di ribellione che hanno causato oltre 1800 morti. Le
Forze di sicurezza paventano nuovi attacchi ad installazioni civili, militari e
governative in vista del terzo anniversario dello scoppio delle violenze, il 4
gennaio. Solo in questa settimana, 110
edifici scolastici sono stati assaliti e dal gennaio 2004 sono state 71 le vittime,
tra insegnanti e personale scolastico.
Nuovo governatore per la provincia indonesiana di Aceh, dove Irwandi Yusuf, ex ribelle del Movimento di Liberazione, ha vinto le
prime elezioni dirette, conquistando il 38 per cento dei voti, contro il 16,6
per cento ottenuti del suo rivale, Ahmad Humam Hamid.
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