RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 338 - Testo
della trasmissione di lunedì 4 dicembre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Oltre 1000 le vittime del
tifone nelle Filippine: ce ne parla mons. Fernando Filoni
CHIESA E SOCIETA’:
Ieri,
nel Santuario di Javier, in Spagna, la solenne
chiusura dell’Anno saveriano
La parrocchia di Sant’Anna in Vaticano
dedica una settimana alle vocazioni
Hugo Chavez rieletto presidente del Venezuela
4 dicembre 2006
I VESCOVI DEL LAZIO DAL PAPA PER
- Intervista con il cardinale Camillo Ruini
-
Il Papa ha ricevuto stamani il primo gruppo di
vescovi del Lazio, in visita ad Limina,
guidati dal cardinale vicario Camillo Ruini,
accompagnato dagli ausiliari. Il Lazio è una regione ecclesiastica con più di 5
milioni e 200mila abitanti, 1456 parrocchie e oltre 8300 sacerdoti, tra
regolari e secolari. Sulla situazione ecclesiale di questa regione Paolo
Ondarza ha intervistato lo stesso cardinale Ruini,
che presiede
**********
R. –
D. – Quando si pensa al Lazio viene in mente Roma. Ma i
problemi delle altre diocesi della Regione sono diversi…
R. – C’è effettivamente una notevole diversità. Roma è una
grandissima città, mentre le altre sono certamente più piccole e con molti
territori di campagna. Inoltre sappiamo bene che Roma ha una sua unicità perché
è la diocesi del Papa, ma è anche vero che tutto il Lazio ha un rapporto
profondo con Roma e specialmente le diocesi più vicine a Roma, le diocesi suburbicarie.
Man mano che la storia si è sviluppata sempre più, Lazio Nord da una parte e
Lazio Sud dall’altra hanno scelto una loro configurazione autonoma ed hanno
anche, quindi, dei problemi propri. Possiamo anche dire che hanno un maggior
radicamento popolare della Chiesa rispetto a Roma, perché le parrocchie sono
piccole, c’è molto meno anonimato e via dicendo. Dall’altra parte, però, Roma
ha avuto forse più possibilità di assimilare il rinnovamento conciliare, perché
risulta più facile una presenza attiva dei laici delle grandi parrocchie ed
anche l’assunzione di responsabilità ai movimenti laicali è certamente più
facile da svilupparsi rispetto ad un territorio più rurale o caratterizzato da
piccole parrocchie.
D. – Veniamo ora alla risorse
della Regione ecclesiastica del Lazio. Cosa dire?
R. – Pensiamo, ad esempio, alle Università Pontificie,
alla grande presenza della vita consacrata a Roma, ai santuari del Lazio, al
seminario storico di Agnani-Alatri; pensiamo anche
alla presenza ancora abbastanza capillare del clero e al rinnovamento in atto
del laicato. Ci sono risorse, ma evidentemente abbiamo anche problemi e
problemi non piccoli perché la scristianizzazione
incide. Per la nostra pastorale si tratta, quindi, di far fronte a queste
grandi sfide.
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L’ARCIVESCOVO DI ATENE E DI
TUTTA
IL 14 DICEMBRE INCONTRERÀ A ROMA BENEDETTO XVI
PER
Prosegue il cammino ecumenico
della Chiesa. L’arcivescovo di Atene e di tutta
“L'arcivescovo – aggiunge
I CATTOLICI DELLA TURCHIA, INCORAGGIATI DALLA
VISITA DI BENEDETTO XVI
GUARDANO
CON RINNOVATA SPERANZA AL FUTURO: LO SOTTOLINEA IL PRESIDENTE DELL’EPISCOPATO
TURCO, MONS. RUGGERO FRANCESCHINI, ALL’INDOMANI
DELL’ANGELUS DEDICATO DAL PAPA AL VIAGGIO APOSTOLICO IN TERRA D’ANATOLIA
All’Angelus domenicale di ieri, Benedetto XVI è tornato
con il pensiero al suo viaggio apostolico in Turchia, dei giorni scorsi. Il
Papa ha auspicato che da questo avvenimento scaturisca
un proficuo dialogo con i musulmani ed ha rivolto un saluto particolarmente
affettuoso alla piccola comunità cattolica turca. Parole, queste, che hanno
incoraggiato i cattolici di Turchia, dopo la grande emozione vissuta nei giorni
scorsi. Ecco la testimonianza del presidente dell’episcopato turco, mons.
Ruggero Franceschini, raggiunto telefonicamente ad
Efeso da Alessandro Gisotti:
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R. – Il piccolo gregge si è fatto veramente in quattro per
il Papa! Il piccolo gregge ha pregato tanto, ha dato anche tanto personalmente.
Abbiamo potuto constatare come dal momento vissuto ad Efeso, un momento
unicamente di preghiera, di contatto, di incontro, la visita ha cambiato un po’
il tono ed è stata una visita pastorale, affettuosa e così è rimasta poi nel
cuore della gente. La gente adesso è contenta.
D. – Il Papa stesso ieri all’Angelus ha affermato che la
comunità cattolica di Turchia vive in condizioni spesso non facili. Può esserci
un incoraggiamento dalla visita del Santo Padre?
R. – Sì, facevamo fatica prima, adesso siamo consapevoli
che noi possiamo vivere queste due dimensioni che ci siamo dati e cioè
costituire delle presenze e dare delle testimonianze. Il resto non ci interessa
più di tanto, perché non possiamo fare apostolato, ma possiamo dare una
testimonianza di correttezza, di accoglienza, di collaborazione, di dialogo con
la gente. Siamo stati veramente incoraggiati in questo.
D. – D’altro canto, il Papa ha ribadito l’augurio che da
questa visita pastorale scaturisca un dialogo proficuo con i credenti
musulmani. Ecco in questo senso, può esserci un esito felice nei rapporti tra
la piccola comunità cattolica e la stragrande maggioranza di cittadini turchi
che sono di fede musulmana?
R. – Sì, soprattutto con il popolo. Il dialogo lo dobbiamo
mantenere anche con le autorità. Si è pensato alla possibile costituzione di
una commissione paritetica, che studi quei problemi che qualche volta creano un
po’ di frizione fra di noi. Ci sono dei problemi, come
ad esempio quello di non essere riconosciuti e così abbiamo tante difficoltà a
riparare le chiese e via dicendo. Non perdiamo tempo dopo queste aperture. Sono
stati veramente dei discorsi aperti, anche quelli di Ankara.
D. – Pensando anche ai timori della vigilia di questo
viaggio, si è poi visto quanto il Papa abbia saputo conquistare perfino
l’affetto del popolo turco…
R. – Questa è stata veramente la sorpresa più bella! Il
Papa si è posto anche nella dimensione migliore, disponibile a tutto e in
qualsiasi momento, sempre sorridente, molto accogliente. Si è visto un Papa Ratzinger che forse loro non conoscevano e che forse anche
noi non conosciamo in questa dimensione così umana, così buona, tanto è vero
che lo chiamavano Papa-Papà!
D. – Di questo viaggio c’è un momento particolare che lei
ricorda con maggior affetto, vista anche la sua vicinanza al Santo Padre, in
questi giorni in Turchia?
R. – Sorprendentemente mi sono trovato quasi sempre di
fronte al Papa durante i pranzi e le cene ed ho notato uno stile, uno stile
così buono e scherzoso. Abbiamo conosciuto questa dimensione buona, scherzosa,
disponibile… disponibile a salutare i bambini che venivano a mezzanotte sotto le
finestre ad Istanbul a cantare canzoni. Questo ci ha sorpreso grandemente.
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IL
CELIBATO PER I SACERDOTI NON E’ ALL’ORDINE DEL GIORNO DELLE AUTORITA’
ECCLESIASTICHE:
COSI’, IL CARDINALE CLAUDIO HUMMES, NEO PREFETTO
DELLA
CONGREGAZIONE PER IL CLERO, IN UNA DICHIARAZIONE
DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, A SEGUITO
DI UN’INTERVISTA RILASCIATA
DAL
PORPORATO AD UN QUOTIDIANO BRASILIANO
Il celibato per i sacerdoti
non è all’ordine del giorno delle autorità ecclesiastiche: è quanto ha precisato in una
dichiarazione, rilasciata dalla Sala Stampa vaticana, il cardinale brasiliano
Claudio Hummes, appena nominato da Benedetto XVI
prefetto della Congregazione per il Clero, in merito ad una intervista
rilasciata sull’argomento al quotidiano brasiliano “Estado
do Sao Paulo”. Il servizio di Alessandro Gisotti.
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“Nella Chiesa – sottolinea il cardinale Claudio Hummes –
è sempre stato chiaro che l’obbligo del celibato per i sacerdoti
non è un dogma, ma una norma disciplinare”. Tanto è vero, prosegue il porporato
che “essa vale per
Il nuovo prefetto della Congregazione per il Clero ricorda
poi che “anche nel recente Sinodo dei vescovi sui sacerdoti l’opinione più
diffusa fra i padri era che un allargamento della regola del celibato non
sarebbe stato una soluzione neppure per il problema della scarsità di
vocazioni, che è da collegare piuttosto ad altre cause a cominciare dalla
cultura secolarizzata moderna, come dimostra l’esperienza anche delle altre
confessioni cristiane, che hanno sacerdoti o pastori sposati”. Tale questione,
conclude il cardinale Hummes, “non è quindi attualmente
all’ordine del giorno delle autorità ecclesiastiche, come recentemente ribadito
dopo l’ultima riunione dei Capi dicastero” con Benedetto XVI.
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LA
SANTA SEDE CHIEDE ALLE AUTORITÀ ROMENE “
DELLA
COSTRUZIONE DI UN GRATTACIELO ATTIGUO ALLA STORICA CATTEDRALE
ROMANO-CATTOLICA
DI SAN GIUSEPPE A BUCAREST,
CHE
“RISCHIA DI VENIRE IRREPARABILMENTE DANNEGGIATA”
La Segreteria di Stato della Santa Sede ha chiesto alle
autorità romene “la sospensione immediata” della costruzione di un grattacielo
di 19 piani attiguo alla storica Cattedrale romano-cattolica di San Giuseppe a
Bucarest, che “rischia di venire irreparabilmente
danneggiata” dall’edificio. Lo ha reso noto oggi un comunicato della Sala Stampa
vaticana. Il grattacielo sorgerebbe a distanza di meno di dieci metri dalla
parete nord-est della Cattedrale. I timori sono aggravati – spiega la nota –
“dal precedente della Chiesa armena che, per analoghi motivi, ha subito gravi
lesioni”. Varie volte, l’arcivescovo ed il vescovo ausiliare di Bucarest sono
venuti in Segreteria di Stato per aggiornare sul caso, di cui si sta occupando
anche
La Segreteria di Stato chiede la revoca delle
autorizzazioni, “anche in considerazione delle disposizioni del Trattato
dell’Unione Europea circa le Condizioni Legali e le Misure per il Mantenimento
del Patrimonio Culturale, del
NUOVI INCONTRI DIPLOMATICI TRA GOVERNO ISRAELIANO
E SANTA SEDE
PER
REGOLARE ALCUNE QUESTIONI CHIAVE NEI RAPPORTI TRA STATO
E CHIESA
- Con
noi padre David Maria Jaeger -
Secondo fonti diplomatiche, il governo israeliano e
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R. – Io spero che da queste riunioni si possa arrivare al
tanto sospirato accordo, perché - come si sa da pubblicazioni precedenti - i
negoziati vanno avanti ormai dall’11 marzo 1999 ed hanno come finalità di
regolare questioni importantissime per la vita della Chiesa e nei rapporti tra
Stato e Chiesa.
D. – Come sono attualmente i rapporti tra Santa Sede ed
Israele?
R. – I rapporti di per sé sarebbero amichevoli dal momento
che Santa Sede ed Israele hanno allacciato rapporti diplomatici già nel giugno
del 1994. La qualità dei rapporti, comunque, come è poi evidente a tutti,
dipende dal grado, in qualsiasi momento dato, dell’adempimento dell’Accordo
Fondamentale firmato tra le parti nel 1993 e che definisce i rapporti
Chiesa-Stato in Israele e ne è – per così dire – la “magna charta”. Con la ripresa dei
negoziati è evidente a tutti che i rapporti si troveranno in uno stato
migliore. Credo che tutti – sia israeliani che cattolici – siano ora ansiosi,
affinché questi rapporti arrivino ad avere una stabilità amichevole, che la
conclusione degli accordi potrà dar loro.
D. – Padre Jaeger, a suo parere,
cosa andrebbe migliorato in questi rapporti?
R. – Anzitutto si dovrebbe arrivare all’accordo che si sta
ora negoziando, che ha l’intenzione di assicurare alla Chiesa la proprietà dei
Luoghi Santi che le appartengono, e di confermare le esenzioni fiscali,
riconosciute anche dal diritto internazionale. Con questa conferma e con queste
assicurazioni giuridiche,
D. – Padre Jaeger, qual è la
situazione delle comunità cristiane in Terra Santa?
R. – Questa è una questione veramente molto complessa,
perché le comunità cristiane in Terra Santa ci sono sia nei Territori
palestinesi occupati che in Israele. Inoltre in Israele ci sono i cristiani di
nazionalità, lingua e cultura araba e ci sono i cristiani di nazionalità,
lingua e cultura ebraica. C’è quindi una grande varietà di situazioni. In linea
di principio, così come risulta anche dalla natura della Chiesa stessa, i
cristiani fanno parte delle rispettive comunità umane, civili e nazionali e ne
condividono quindi le sorti. Non costituiscono una sorta di nazione a parte.
Per cui i cristiani dei territori palestinesi subiscono tutti i drammi e le
difficoltà comuni a tutti i loro connazionali palestinesi in questo tempo di
tensioni, di scontri e di attesa della pace. Fra i cristiani in Israele coloro
che appartengono alla minoranza nazionale araba ne condividono anche la
condizione, la condizione di cittadini, che però appartenendo ad una minoranza
non possono nella pratica godere di quella piena uguaglianza che la loro
cittadinanza gli dovrebbe conferire. I cristiani di espressione ebraica in
Israele, invece, partecipano alle ansie, alle speranze, alle esperienze dei
loro connazionali ebrei. La speranza sarebbe per tutti i cristiani che la loro
unità nella fede di questi appartenenti a popoli, nazioni e
lingue così differenti, fatta quanto più visibile, possa servire da
testimonianza al mondo che ci circonda. Una testimonianza, anzitutto, a Cristo,
in cui si trova la sola vera pace; una testimonianza, poi, alla possibilità per
uomini così diversi, di convivere pacificamente e in amicizia.
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INSIGNITI
CON MEDAGLIE DEL PONTIFICATO E DIPLOMI
I
VINCITORI DELLA 49.MA EDIZIONE DEL CERTAMEN
VATICANUM,
CURATO
DALLA FONDAZIONE LATINITAS, ISTITUITA 30 ANNI FA DA PAOLO VI
Sono i professori Flavio Fontana di Cormano,
località del milanese, e Oreste Carbonero di
Alessandria i vincitori del primo premio – rispettivamente nella sezione poesia
e nella sezione prosa - della 49.ma edizione del “Certamen Vaticanum”, l’annuale
concorso riservato agli studiosi e ai cultori della lingua latina. Ma numerosi
sono stati gli autori insigniti ieri pomeriggio dalla Fondazione Latinitas, curatrice del Premio, con le medaglie d’oro, d’argento
e di bronzo del Pontificato. Alla cerimonia di premiazione hanno partecipato
personalità accademiche e vaticane. Ce ne parla Alessandro De Carolis.
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Sono trascorsi trent’anni da quando Paolo VI si adoperò per garantire una futura
vitalità a un idioma antico per il quale specie l’onda del rinnovamento
post-Sessantotto voleva celebrare forzatamente le esequie. Il risultato è che
oggi il latino è lungi dall’essere una “lingua morta”, perché - oltre a trovare
ancora spazio nei programmi di studio - annovera estimatori in molte parti del
pianeta, in grado di comporre testi sintatticamente e stilisticamente al
livello dei tempi in cui, duemila anni fa, il latino era la lingua che
unificava le province romane. E da duemila anni il latino è la lingua della
Chiesa, dei suoi documenti ufficiali: è la lingua che molti Pontefici hanno
padroneggiato, come ha ricordato pochi mesi fa lo stesso Benedetto XVI,
rivelandone ancora adesso un uso quasi quotidiano. Grazie alla Fondazione Latinitas - istituita con il chirografo di Papa Montini Pontificio
Romani Sermonis - e al Certamen
Vaticanum, la Chiesa si pone come baluardo di difesa
del latino, definito dal Papa un “eccellentissimo strumento” la cui conoscenza
permette che non vadano perduti “tesori di memorie”, sacre ma non solo.
Ne sanno qualcosa i vincitori del Certamen
2006, a cominciare dal prof. Flavio Fontana e il suo “De primo consolatu Hadriani” – primo
classificato per la poesia in latino – o dai quattro ex aequo della stessa
sezione giunti al secondo posto: il prof. Oreste Carbonero di Alessandria autore di “Senectus”,
il prof. Luigi Carta di Nettuno con il componimento “Ad Circaeum”,
il prof. Giuseppe Suppa di Roseto degli Abruzzi compositore della “Sapphica
Lyra”, il prof. Florindo Di Monaco di Capua e il suo
“Victores in Simonae Atzori honorem”. La medaglia d'oro del Pontificato e
diploma del primo premio per la sezione prosa sono andati al prof. Oreste Carbonero di Alessandria per il componimento “Auri sacra fames”; il secondo
premio al prof. Luigi Luzzi di Salerno e al suo “Hoc si ita est, numquam
putaram”, il terzo al prof. Giancarlo Rossi di
Milano, autore del “Pilicrepus Latinus
Antiquarius de baculiludio”,
e ancora al prof. Florindo Di Monaco di Capua per il componimento “Tatiana”. La
cerimonia ha visto un primo momento nel pomeriggio di ieri, dominato
dall’esecuzione dell’intermezzo musicale “Apollo e Giacinto”, straordinaria
opera in latino composta da Mozart all’età di 10 anni: una rarità rappresentata in
Italia solo tre volte in tutto il Novecento, l'ultima risalente al 1956 alla
Rai. Quindi, la parte celebrativa di questa mattina, nella Sala dei Foconi, con
l’arcivescovo Luigi Dossena che ha letto il
telegramma augurale di Benedetto XVI e, successivamente, con il presidente
della Fondazione Latinitas, don Cleto Pavanetto, che ha messo in risalto il valore di
universalità insito nella lingua latina, che vide celebri autori interrogarsi
sui valori e sui destini più alti del genere umano sin dall’alba del pensiero
speculativo.
Una festa dai toni elevati, dunque, per un
idioma che induce alla solennità ma assolutamente idoneo a raccontare pure le
avventure di un giovane di oggi che, armato di zaino, o “sacciperum
dorsuale”, partecipi alla sua prima “venatio africana”, ovvero uno zoosafari.
Anche la creazione e la divulgazione dei neologismi latini è frutto
dell’ingegno e della ricerca della Fondazione Latinitas,
autrice del prestigioso “Lexicon recentis
latinitatis”. Un modo concreto di dimostrare che anche una lingua che viene dal
passato sa descrivere con ricchezza di significati l’evolversi dei costumi o
degli usi del mondo contemporaneo: un mondo che vanta memorie tecnologiche
sempre più ampie, ma spesso scarsa memoria delle sue radici.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano – “E' l'Avvento: Dio viene a
bussare alla porta di ogni uomo”. All'Angelus, Benedetto XVI invita i fedeli a
vivere il tempo di inizio dell'anno liturgico, risvegliando nei cuori l'attesa
del “Dio che viene”.
Servizio estero - In
evidenza le Filippine: sempre più tragiche le conseguenze del passaggio del
tifone Durian:
oltre mille fra morti e dispersi; trentuno villaggi sepolti dal fango,
staccatosi dal vulcano Mayon
Servizio culturale - Un articolo di Francesco
Napoli dal titolo “Nel laboratorio dell'ultimo Montale”: pubblicata una
raccolta di testi inediti composti tra il 1963 ed il 1980.
Servizio italiano - In rilievo il tema della
finanziaria.
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4 dicembre 2006
OLTRE
1000 LE VITTIME DEL TIFONE NELLE FILIPPINE:
LA TESTIMONIANZA DEL NUNZIO A MANILA, MONS.
FERNANDO FILONI
La colata di fango e macigni provocata dal tifone Durian
e che quattro giorni fa ha sommerso diversi villaggi sulle pendici del vulcano Mayon nelle Filippine ha fatto 1.049 morti o dispersi,
secondo l'ultimo bilancio reso noto da fonti della protezione civile.
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R. - La zona che è stata
colpita è la parte centrale dell’arcipelago. Si tratta di cinque o sei diocesi.
La regione più colpita è quella che è situata vicino al vulcano Mayon che nei giorni scorsi aveva eruttato molta cenere
che, unita alla violenza delle acque e dei venti, è caduta sotterrando i
villaggi che incontrava.
D. – Il bilancio si fa sempre
più drammatico…
R. – Naturalmente queste sono
ancora le cifre indicative che ci giungono. Già si parla di oltre 1000 morti,
almeno fino alle ultime stime di poco fa. Poi ci sono migliaia di feriti e
naturalmente in questo momento le autorità civili e anche tutte le
organizzazioni internazionali si stanno attivando. Ovviamente noi stiamo
operando con i primi aiuti attraverso le diocesi locali.
D. – Non c’era nessuna
possibilità di prevedere una catastrofe ambientale di questo tipo?
R. – Il tifone non è giunto improvviso ma si prevedeva che andasse verso il nord e
invece improvvisamente ha cambiato direzione tagliando praticamente a metà e
questo è stato un po’ inaspettato. In un certo senso poi c’è la tradizionale e
difficile situazione di queste zone che sono disboscate e comunque anche della
gente che abita proprio nelle zone attorno al vulcano. Naturalmente la
posizione geografica stessa, l’olografia del terreno è sempre inclemente e
lascia prevedere, in queste situazioni di piogge molto forti, di tifoni,
disastri terribili. Qui i giornali hanno anche molto apprezzato la solidarietà
del Papa che è giunta immediata: e noi speriamo che questo appello del Papa
possa anche tradursi in aspetti concreti con aiuti immediati a questa popolazione.
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DELLO SPIONAGGIO CHE ELUDE LE GARANZIE DEMOCRATICHE
-
Intervista con Luigi Bonanate -
Riguardo alla vicenda che ruota intorno al
Polonio 210 che ha ucciso l'ex agente russo del KGB Aleksandr
Litvinenko e contaminato l'ex consulente italiano
della commissione Mitrokhin, Mario Scaramella, Scotland Yard si
prepara ad inviare una squadra di investigatori del reparto antiterrorismo a
Mosca. I detective britannici sembra abbiano la priorità di interrogare a fondo
Andrei Lugovoi, uno dei tre uomini d'affari russi che
Litvinenko ha visto nell’albergo Millennium
di Londra il 1° novembre, lo stesso giorno in cui si è incontrato con Scaramella al Sushi bar di Piccadilly
ed ha incominciato poi a stare male. Intanto il ministro degli
Esteri italiano, Massimo D’Alema, fa sapere
che, nei suoi colloqui di domani a Mosca, chiederà che le autorità russe
offrano “una piena cooperazione” sul caso Litvinenko
alla magistratura e alle forze di polizia, affinché si faccia “piena luce” e
“chiarezza”. Queste vicende di spionaggio internazionale, con risvolti anche
drammatici, che interessano diversi Paesi europei, pongono seri interrogativi
ai cittadini comuni che si chiedono chi siano davvero queste spie o agenti segreti,
e per conto di chi operino. Roberta Gisotti ne ha
parlato con il prof. Luigi Bonanate, ordinario di
Relazioni internazionali all’Università di Torino:
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D. - Queste spie, professore, hanno estrazioni molto
diverse, a volte ricoprono perfino incarichi istituzionali, girano per il mondo
scambiando materiali e informazioni, rischiano e a volte perdono la vita,
spesso delinquono ma in base a quali normative
agiscono?
R. – A nessuna. La risposta è un po’ demoralizzante o
spaventosa, ma in realtà le Costituzioni e cioè i grandi enunciati di principi
si preoccupano sempre di salvaguardare il segreto dei cittadini e cioè della
vita di ciascuno di noi. Noi abbiamo diritto alla privacy, alla segretezza e
tutte le altre cose che ne conseguono. I funzionari dello Stato, invece no. Tutti coloro che agiscono in nome di una
istituzione pubblica hanno la proibizione di conservare dei segreti.
Lei, come chiunque altro, potrebbe dirmi: “Ma cosa sta dicendo? Il mondo non ha
mai funzionato così!”. E’ vero. E’ invalsa in passato l’idea che la sicurezza
dello Stato dovesse essere salvaguardata e garantita
proprio dal fatto che avendo delle spie si potesse controllare che, al di fuori
dei confini, nessuno stesse preparando qualcosa di nocivo per il nostro Paese.
Evidentemente tutto ciò non corrisponde più alla realtà politica internazionale
contemporanea. Già poco corrispondeva ai tempi della guerra fredda, ma dopo
l’89 e la fine del bipolarismo tutto ciò non ha più alcun senso.
D. – Come mai allora il fenomeno dello spionaggio è in
grande ripresa?
R. – Questa è una domanda ancora più delicata ed
imbarazzante, perché dietro a tutto ciò c’è soltanto una di queste due
possibilità: o il denaro e quindi una criminalità pura e semplice - sono un po’
duro ma credo che il momento lo richieda - oppure c’è
il tentativo di controllare la politica di questo o di quell’altro
Paese e non c’è modo migliore di farlo che con il ricatto. Il ricatto lo si realizza attraverso la conoscenza di segreti, di cui
si è venuti a conoscenza pagandoli, e dunque si può ricattare questo o quell’altro politico.
D. – Riguardo alla vicenda delle prigioni segrete
americane dislocate in Europa per aggirare le leggi nazionali ed anche
normative del diritto umanitario, abbiamo visto la collaborazione illegale
offerta da vari Paesi. Ma come è possibile che in democrazia il
popolo sovrano resti escluso da ogni decisione e possibilità di conoscere
la verità?
R. – E’ proprio come ha detto lei adesso. Il problema più
grande e la cosa scandalosa è che noi sappiamo, già da tanto tempo, che la
democrazia può essere definita come “il potere in pubblico”. Ogni volta cioè
che una azione politica entra in una zona d’ombra o
addirittura di riservatezza e poi di segreto, ebbene lì ‘gatta ci cova’: questo è il
momento in cui dobbiamo cominciare a preoccuparci. Democrazia e segreto non
possono coesistere. Del resto se noi guardiamo alla storia del nostro Paese,
sappiamo che ogni volta che è venuto fuori uno scandalo sui Servizi, abbiamo
poi sempre visto che si trattava di piccoli o grandi tentativi di attaccare la
democrazia.
D. – E’ venuto il momento, forse, di aprire un serio
dibattito in Europa, ma anche nei Parlamenti dei vari Paesi su questo problema?
R. – Senz’altro sì. Penso che il dibattito sarebbe
semplicissimo: aboliamo i Servizi segreti. Proviamo a chiederci – e mi rendo
conto che è un po’ scandaloso detto in questo modo - a cosa servano nel mondo
d’oggi? Sono forse serviti a farci arrestare Bin Laden? Sono forse serviti a farci trovare le armi di
distruzione di massa in Iraq? Sono forse serviti ad evitare guerre o conflitti?
Questo vuol dire che il segreto serve per diffondere notizie false e
tendenziose. Quando un potere politico diffonde delle notizie false, quello è
il momento dell’allarme sociale assoluto.
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4 dicembre 2006
IERI
NEL
QUINTO CENTENARIO DELLA NASCITA DI SAN FRANCESCO SAVERIO
- A
cura di padre Ignacio Arregui
-
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JAVIER. = Con la chiusura ieri, 3 dicembre, nel
Santuario-Castello di Javier dell’Anno saveriano, si sono concluse anche le diverse celebrazioni
che
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IMPORTANTE
ANNUNCIO AL CONGRESSO DELLA SOCIETA’ ITALIANA DI GERIATRIA,
A
FIRENZE: FORSE GIA’ NEL 2007 PRIMI TEST CON CELLULE
STAMINALI DEL CERVELLO PER
IL
PRESIDENTE ROBERTO BERNABEI - LE EVIDENZE SCIENTIFICHE TERAPEUTICHE
DELLE
CELLULE STAMINALI EMBRIONALI
FIRENZE. = Nel 2007 potrebbe partire la sperimentazione
sull'uomo di terapie con cellule staminali neurali per curare alcune patologie neurodegenerative che colpiscono prevalentemente gli
anziani, come il Parkinson e l'Alzheimer.
L'annuncio è stato fatto nei giorni scorsi dal prof. Angelo Vescovi, ordinario
di Biologia cellulare a Milano Bicocca, nel corso del 51mo Congresso nazionale
della Società italiana di gerontologia e geriatria (Sigg),
organizzato a Firenze. Secondo Vescovi, l'estrazione
di cellule staminali neurali dal cervello, la loro coltivazione in vitro e il
successivo trapianto nel cervello malato
potrebbero consentire nei prossimi anni di curare con successo una serie
importante di patologie degenerative e le lesioni del midollo spinale. “I
grandi scienziati del passato - ha detto Vescovi - ritenevano che il tessuto
cerebrale non si rigenerasse nel corso della vita umana ma
recentemente si è scoperto che in alcune
zone è in grado di rigenerarsi. Per questo le cellule staminali neurali operano
nel nostro cervello come potente agente antiinvecchiamento.
I risultati degli esperimenti condotti sugli animali sono promettenti e per
questo in tempi brevi passeremo a sperimentazioni sugli esseri umani”. Il
ricercatore ha inoltre prospettato la concreta possibilità nei prossimi 10 anni
di estrarre, subito dopo la nascita di un bambino, anche attraverso il cordone
ombelicale, una riserva di cellule staminali da utilizzare a fini terapeutici
nel corso della vita, come materiale per costruire i futuri “pezzi di
ricambio”. “Sarebbe inoltre molto interessante studiare i meccanismi cellulari
dell'invecchiamento - ha concluso Vescovi - ed in particolare il rapporto fra
stress ed invecchiamento cerebrale”. Infine, Vescovi ha ribadito le sue
perplessità sull’efficacia delle cellule staminali embrionali e ha concordato
con il presidente della Società di geriatria Roberto Bernabei,
che al momento esistono “poche evidenze scientifiche sulle loro applicazioni
terapeutiche”. (R.G.)
CRISTIANI E MUSULMANI UNITI PER
NEL SUD DELLE FILIPPINE, CON
E DEL PROF. AMINODDIN
BARRA, CHE HANNO RICHIAMATO I PRINCIPI RELIGIOSI
A
TUTELA DEL CREATO E A BENEFICIO DELL’INTERA UMANITA’
MINDANAO. = Cristiani e musulmani uniti per tutelare
l’ambiente naturale. L’iniziativa – riportata dall’agenzia “MISNA” - è stata promossa a Davao nel sud delle
Filippine, dove per l’occasione è stata organizzata una Conferenza cui ha
partecipato anche l’arcivescovo Orlando Quevedo di Cotabato, insieme al
prof. Hamid Aminoddin Barra
dell’Università “King Faisal
Center”, nell’isola di Mindanao. Entrambi i relatori
hanno sottolineato che i principi religiosi rendono sensibili al problema
ambientale. “Tutta la creazione è dono di Dio per il bene dell’umanità e in
quanto tale deve essere rispettata”, ha detto l’arcivescovo Quevedo.
Gli ha fatto eco il prof. Aminoddin Barra,
dichiarando: “Il Corano educa alla pace, alla costruzione di un mondo
armonioso, non solo per la società musulmana, ma anche per l’intera umanità”.
“Per favorire la tutela dell’ambiente – ha aggiunto il docente - non è
sufficiente dire cosa sia giusto o sbagliato fare ma bisogna anche intervenire
attivamente per evitare la sua distruzione”. L’incontro di Davao
ha sviluppato una serie di proposte comuni su possibili iniziative interreligiose
per la salvaguardia dell’ambiente. (R.G.)
SONO
RIPRESI I ‘SABATI MARIANI’ DALL’AVVENTO A PENTECOSTE,
PRESSO
- A
cura di Giovanni Peduto -
ROMA. = Il Centro di Cultura Mariana “Madre della Chiesa”,
in via del Corso a Roma, diretto da padre Ermanno Toniolo,
in collaborazione con le Suore Figlie della Chiesa, organizza da 29 anni i
‘Sabati Mariani’, dall’Avvento a Pentecoste. Lo scopo
è diffondere una solida conoscenza su Maria e formare persone spiritualmente
impegnate a lavorare ‘per un mondo nuovo’: sacerdoti,
religiose, religiose e laici, ogni anno su una diversa
tematica. Al centro degli incontri quest’anno il tema della figura di Maria
nell’enciclica di Benedetto XVI Deus Caritas Est. Insigni teologi, esperti in mariologia, si succederanno ogni sabato fino alla vigilia
di Pentecoste, ad illustrare la figura di Maria nel mistero di Dio. Una
specifica lezione tratterà di Maria nelle omelie di Benedetto XVI, oltre che
nella sua enciclica dove il Papa indica alla Chiesa l’esempio di amore dei
molti Santi che la onorano e, prima fra tutti, Santa fra i Santi, Maria, donna umile,
donna di fede, di speranza e di amore, alla quale anch’egli, il Papa cioè, come
tutti i fedeli, si rivolge supplice. L’appuntamento a Santa Maria in via Lata è dalle 16.00 alle 18.00,
mentre il 28, 29 e 30 di questo mese è in programma il 27.mo Convegno nazionale ‘Fine Anno con Maria’ per operatori pastorali italiani, presso
VENUTE
A MANCARE NEL CIAD ORIENTALE LE CONDIZIONI DI SICUREZZA,
L’ONU
ED ALTRE AGENZIE UMANITARIE HANNO DECISO DI RITIRARE
GRAN PARTE DEL PERSONALE
DAI
CAMPI PROFUGHI AL CONFINE CON IL SUDAN,
DOVE
SONO OSPITATI OLTRE 100 MILA RIFUGIATI DEL DARFUR
N'DJAMENA. = Allarme dell'ONU e delle organizzazioni non
governative impegnate nel Ciad orientale. L'offensiva dei ribelli avvenuta nei
giorni scorsi ad Abeche, dove era stato saccheggiato
un deposito dell'Alto commissariato dell'ONU, e gli scontri a Guereda hanno spinto le agenzie umanitarie a ritirare gran
parte del proprio personale dai campi profughi al confine con il Sudan, laddove
sono ospitati oltre 100 mila profughi provenienti dal vicino
Darfur. "Il personale umanitario sarà
riorganizzato a N'Djamena e ad Abeche",
ha informato Helene Caux,
portavoce dell'UNHCR. L'Alto Commissariato continuerà ad operare nei sei campi
profughi di Guereda, Iriba
e Bahai con uno staff ridotto al minimo. (R.G.)
UNA SOLENNE CELEBRAZIONE EUCARISTICA,
PRESIEDUTA DALL’ARCIVESCOVO RE,
INVIATO SPECIALE DEL PAPA, HA SUGGELLATO IERI
DELL’ANNO GIUBILARE, A RICORDO DEI NOVECENTO ANNI
DELLA DEDICAZIONE DELLA CATTEDRALE DELL’ASSUNTA
PARMA. = Con una solenne Celebrazione eucaristica,
presieduta dall’inviato speciale del Papa cardinale Giovanni Battista Re, prefetto
della Congregazione per i Vescovi si è concluso ieri pomeriggio a Parma l’Anno
giubilare convocato dalla diocesi per ricordare i novecento anni della
dedicazione della Cattedrale, che ha coinciso con la conclusione dei complessi
lavori di restauro iniziati ben 25 anni fa. Emblema della città, fulcro di una
delle più belle piazze del mondo,
LA
PARROCCHIA DI SANT’ANNA IN VATICANO
DEDICA UNA SETTIMANA ALLE VOCAZIONI. PREVISTI DIVERSI MOMENTI PER LA
MEDITAZIONE E LA PREGHIERA
ROMA. =
Ha inizio oggi nella parrocchia di Sant’Anna in
Vaticano una settimana di preghiera per le vocazioni sacerdotali. Fino al 7
dicembre, ogni pomeriggio, alcuni sacerdoti agostiniani offriranno meditazioni
e spunti di riflessione. A partire dalle 17.00 comincerà la recita del Rosario
cui seguiranno il canto del Vespro e alle 18.00 la celebrazione della Messa.
Domani invece, sempre alle 17.00, la liturgia sarà preceduta dall’adorazione
eucaristica. Giovedì a presiedere la Messa sarà mons. Leonardo Sandri, sostituto della segreteria di Stato. L’8 dicembre infine,
a conclusione della settimana di preghiera, la comunità parrocchiale festeggerà
il 25° anniversario dell’ordinazione sacerdotale del parroco di Sant’Anna, il padre agostiniano Bruno Silvestrini.
Per celebrare l’evento alle 12.15 si svolgerà una messa giubilare durante la
quale a tenere l’omelia sarà il vicario del Papa per la Città del vaticano
mons. Angelo Comastri. (T.C.)
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4 dicembre 2006
- A cura di Fausta Speranza -
Nove militari americani sono rimasti uccisi in Iraq in
diversi attacchi durante il fine settimana e ieri sono stati trovati in diverse
zone di Baghdad i corpi di 50 persone. Secondo l'ONU, nel mese di ottobre sono
stati massacrati ogni giorno in media 120 civili. Il primo ministro britannico,
Tony Blair, sarà mercoledì e giovedì a Washington per
discutere con il presidente americano, George W. Bush una revisione delle strategie in Iraq dove, secondo il
segretario generale dell'ONU, Kofi Annan, la situazione è ormai “peggiore della guerra
civile”. E c’è da dire che mercoledì sarà reso pubblico il rapporto della
Commissione dei “dieci saggi”, un gruppo bipartisan
guidato dall'ex segretario di Stato repubblicano, James
Baker, e dall'ex deputato democratico, Lee Hamilton, che dopo mesi di
incontri con esperti e protagonisti esporrà in un documento di circa cento
pagine i suoi suggerimenti per mettere fine al sanguinoso conflitto in Iraq e
giungere al rimpatrio graduale delle forze americane.
Intanto di Iraq ha parlato il primo ministro turco, Erdogan, negli incontri, conclusi ieri a Teheran, con la Guida suprema iraniana, ayatollah Ali Khamenei, e con il presidente Ahmadinejad. Hanno parlato
“del ruolo e delle responsabilità di Iran, Turchia e Siria nel rafforzare la stabilità nella
regione”, precisando che sono stati presi in esame anche gli sviluppi in
Palestina e Libano. In quest'ultimo Paese, la Turchia - primo Paese musulmano
a farlo - ha deciso di inviare propri soldati per rafforzare il contingente
militare dell'ONU, l'UNIFIL.
L'esercito israeliano ha arrestato questa mattina, poco
dopo l'alba, in Cisgiordania, 15 palestinesi ricercati per attività antisraeliane, con l'obiettivo di “prevenire gli attentati”. Ma la radio militare fa sapere
che nuove restrizioni sono state imposte ai militari israeliani impegnati in
Cisgiordania e ciò nel tentativo di evitare incidenti che potrebbero avere
effetto destabilizzante sulla tregua in corso a Gaza da una decina di giorni.
Secondo l’emittente, gli arresti di miliziani palestinesi proseguiranno, ma
avverranno con maggior cautela. Da parte loro, i gruppi armati palestinesi
ribadiscono di non poter accettare all'infinito una “tregua monca”, ossia
limitata alla sola zona di Gaza. Ieri, la Jihad
islamica ha avvertito che riprenderà la lotta contro Israele
mentre Hamas si è astenuto dal partecipare ad
una consultazione fra varie fazioni relativa alle modalità della tregua.
La NATO fa sapere di aver ucciso ieri
circa 70 talebani in combattimenti
durati quasi quattro ore nei pressi della località di Musa Qala, nel sud dell'Afghanistan. Il portavoce ha detto che
elicotteri da combattimento e un cacciabombardiere sono intervenuti in soccorso
di una pattuglia dell'ISAF che era stata attaccata “da un gran numero di
insorti”. E' stato il combattimento a Musa Qala, il
più violento di cui si abbia notizia da quando a settembre
è stato raggiunto un accordo fra le truppe britanniche dispiegate nella zona e
i capi tribù locali. Questi ultimi avevano assicurato che i talebani avrebbero
lasciato questo distretto se i soldati britannici si fossero ritirati.
I “sei” Paesi che negoziano sull'Iran si riuniranno domani
a Parigi, a livello dei direttori politici, per discutere del dossier nucleare.
Sarà presente l'alto rappresentante dell’Unione Europea, Javier
Solana. E’ quanto annuncia oggi il Ministero degli esteri francese. Intanto, anche in tema di nucleare si
è pronunciato il premier turco Erdogan, nel corso della sua
visita di ieri a Teheran: ha invitato la leadership iraniana a ''favorire una
soluzione diplomatica” alla controversia internazionale sulla questione del
nucleare iraniano ed ha inviato un messaggio esplicito al presidente americano Bush: se Washington vuole che Ankara faccia da mediatore con Teheran
deve ufficializzare questa richiesta.
Il presidente venezuelano, Hugo Chávez, così come indicano tutti i sondaggi, è stato rieletto
ieri per un altro mandato di sei anni con il 61% dei voti. Anche se i dati non
sono ancora completi e ufficiali, l'avversario socialdemocratico Manuel Rosales, che ha ottenuto il 38%, ha ammesso la sconfitta.
La prima volta, nel 1998, lo scarto a favore di Chávez
era di 800 mila voti. Oggi è di 3 milioni di voti, a conferma della popolarità
e del carisma del governante venezuelano. La nota di Luis
Badilla:
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Va subito detto che si tratta di una rielezione in linea
con la tendenza politica latinoamericana dominante negli 11 processi elettorali
che si sono registrati in quest'ultimo anno e che hanno coinvolto oltre 450
milioni di abitanti della regione. Solo nelle ultime settimane, tre esponenti
della sinistra latinoamericana hanno registrato una solida vittoria al secondo
turno: Rafael Correa in Ecuador, Luiz Inacio Lula da Silva in Brasile e
Daniel Ortega in Nicaragua. E' una realtà che cambia
drasticamente i termini dei rapporti internazionali e interregionali. Da un
lato, Washington dovrà
fare i conti con una maggioranza di governi riluttanti alla "solidarietà
continentale", più autonomi e anche ostili, come Chávez.
Dall'altro, con le sole eccezioni della Colombia e del Messico, e della neutralità
del Cile, l'intera regione appare molto favorevole, sia nelle questioni
geopolitiche sia in quelle economiche, alla diversificazione dei suoi rapporti,
con particolare interesse per l'Asia e poi l'Unione Europea. In Venezuela, con
la vittoria del presidente Chávez, cambia poco. Lo ha
dichiarato lui stesso promettendo
un ulteriore slancio alle riforme “bolivariane”, cioè
un misto di socialismo, libero mercato e populismo. A questo punto, la
“conseguenza” di questa rielezione è tutta internazionale e riguarda, in
concreto, il bilancio della politica dell’amministrazione Bush
nei confronti dell’America Latina.
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Si sono svolte ieri senza incidenti le elezioni
legislative e comunali in Mauritania, le prime dopo il colpo di Stato
dell'agosto 2005 e prima tappa del processo di transizione democratica
avviato dalla giunta militare al potere. Il servizio di Amina Belkassem:
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Si è svolto ieri, senza problemi e secondo le norme -
hanno rilevato gli osservatori internazionali - anche il secondo turno delle
prime elezioni libere della storia della Mauritania, tappa fondamentale per il
ritorno del potere in mano ai civili dopo il colpo di Stato che il 3 agosto
2005 ha rovesciato il regime ventennale di Taya,
promettendo di avviare un processo di democratizzazione nel Paese. La “Coalition des forces
du changement démocratique”, ex opposizione del regime mauritaneo, era uscita vincitrice al primo turno di queste
storiche elezioni amministrative e politiche conquistando il Consiglio comunale
della capitale e di Nouadhibou, seconda città del
Paese, oltre a 26 seggi in Parlamento sui 43 assegnati. Oltre 650 mila gli
elettori chiamati ieri al voto per assegnare i 52 seggi in ballottaggio dopo le
consultazioni di novembre, caratterizzate dall’entrata in Parlamento di due
deputati islamici e da una forte rappresentazione femminile. Un deputato su cinque
sarà infatti una donna grazie all’introduzione di una
quota rosa del 20 per cento imposta ad ogni partito. In gennaio, sarà la volta
delle elezioni del Senato e in marzo le presidenziali che segneranno la fine
del governo militare del colonnello Vall. Dalla sua
indipendenza nel 1960, la Mauritania non aveva mai conosciuto elezioni libere,
retta prima dal regime del presidente Moktar Ould Daddah, rovesciato nel ’84 da Taya,
attualmente in esilio in Katar.
Amina Belkassem, per la Radio
Vaticana.
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Si è concluso positivamente
l’arresto in Somalia del giornalista italiano, Massimo Alberizzi,
del “Corriere della Sera”. Il noto africanista era
giunto l’altro ieri a Mogadiscio, quando è stato
fermato, insieme con Emanuele Piano del quotidiano “Liberazione”, da militari
delle Corti islamiche, che controllano la capitale e gran parte del Paese.
Piano è stato immediatamente rilasciato, mentre l’inviato del Corriere ha
vissuto drammatiche ore di ansiosa attesa prima della liberazione. Sui motivi
dell’arresto, sentiamo proprio Massimo Alberizzi, che
Giancarlo La Vella è
riuscito a raggiungere telefonicamente a Nairobi:
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R. – Io credo siano stati
alcuni articoli che ho scritto con riferimento alle truppe eritree che sono
presenti accanto al corpo islamico in Somalia e combattono con loro. Questo è
uscito fuori proprio nell’ultima parte dell’interrogatorio cui sono stato sottoposto
all’aeroporto. Credo che sia dovuto a questo, perché
gli eritrei vogliono che la loro presenza in Somalia sia assolutamente segreta
e riservatissima.
D. – Qual è la situazione in
Somalia, da quello che hai potuto vedere?
R. – Le Corti islamiche
sicuramente hanno migliorato moltissimo le condizioni di vita della gente, dal
punto di vista almeno della sicurezza. Oggi a Mogadiscio si può circolare senza
scorta, si può andare in giro senza grossi problemi. Qualcuno mi diceva: “Sì,
oggi possiamo andare in giro, però poi non possiamo più parlare”. Quindi,
esiste anche un risvolto negativo. Comunque, rispetto a prima mi pare che
l’aeroporto sia stato riaperto, il porto sia stato riaperto, stanno costruendo
nuovi palazzi, stanno rimettendo in sesto lo stesso aeroporto. E’ sicuramente
migliorata.
D. – Dalla tua vicenda è
possibile dedurre che invece è più difficile il lavoro per i giornalisti che
vogliono raccontare cosa sta succedendo o no?
R. – C’è uno scontro
all’interno delle Corti islamiche che governano la Somalia
oggi, tra moderati e oltranzisti. Proprio nel mio caso si è potuto vedere che
hanno vinto i moderati: dopo il mio arresto e l’interrogatorio, c’è stata una
riunione del Parlamento somalo, nella notte, dove c’è stato uno scontro
violento tra i moderati, che intendevano rilasciarmi, e gli oltranzisti, che
invece chiedevano una punizione esemplare nei miei confronti. Hanno vinto i
moderati e questo devo dire è un buon segno. Non solo, perché mi hanno rilasciato,
ma anche un segno per la politica del Paese.
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Il Fronte Polisario per
l’indipendenza del Sahara Occidentale ha chiesto al segretario generale
dell'ONU, Kofi Annan,
“un'inchiesta internazionale urgente sul ruolo delle autorità coloniali
marocchine” sulla morte, la scorsa settimana, di 50 giovani sahrahui mentre tentavano di raggiungere via mare le Canarie spagnole.
Le prossime 48 ore saranno cruciali per l'ex dittatore
cileno, Augusto Pinochet, ricoverato nell'ospedale
militare di Santiagio del Cile, dopo essere stato
colpito da infarto del miocardio ed edema polmonare
acuto. Lo ha dichiarato in nottata il primario del reparto
di cardiologia, Juan
Ignacio Vergara.
Il principale consigliere del premier giapponese, Shinzo Abe, per le questioni di
sicurezza, la signora Yuriko Koike,
è in partenza per la Libia, dove è possibile che sia ricevuta dallo stesso
leader, Muammar Gheddafi.
La visita, secondo quanto indicato da fonti di stampa a Tokyo, avviene anche in
funzione di un eventuale riferimento al “modello libico” per un auspicato
disarmo nucleare nordcoreano. Durante il suo viaggio
in Medio Oriente, il consigliere parteciperà a una conferenza
internazionale di geopolitica
organizzata nel Bahrein dall'Istituto internazionale di studi strategici, che ha sede a Londra.
I tentativi di ricucire le relazioni Giappone-Cina,
dopo gli strappi dovuti alle controversie ideologiche degli scorsi anni,
cominciano a dare i primi frutti: secondo fonti informate
citate oggi dalla stampa nipponica, il premier Wen Jiabao potrebbe fare una visita a Tokyo all'inizio della primavera prossima. La visita
avverrebbe in restituzione di quella compiuta a Pechino l’ottobre scorso dal
capo del governo giapponese, Shinzo Abe, nel primo viaggio all'estero dopo il suo insediamento
alla fine di agosto. Le fonti citate hanno anche prospettato la possibilità che
il presidente cinese Hu Jintao
visiti Tokyo nella seconda metà del 2007, in vista di un completo rilancio
delle relazioni bilaterali a 35 anni dalla loro normalizzazione. I contatti al
vertice tra i due Paesi erano stati sospesi negli ultimi anni da Pechino per
protesta contro una serie di gesti del predecessore di Abe,
Junichiro Koizumi,
interpretati come
concessioni ideologiche al revanscismo nipponico.
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