RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 273 - Testo della trasmissione di venerdì 30  settembre 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Assicurare ai piccoli che soffrono le cure più eccellenti, affiancando alla professionalità medica un’umanità solidale ispirata dal Vangelo: lo ha detto Benedetto XVI, in visita stamane  all’Ospedale “Bambino Gesù”  di  Roma: intervista con Marco Magheri

 

I cristiani prendano coscienza del fatto che il Vangelo non può essere tenuto per sé: così il Papa ai vescovi europei riuniti a Roma per discutere del futuro del continente: intervista con mons. Amédée Grab

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Fuga della disperazione dall’Africa verso l’Occidente: 5 i morti nell’assalto di 600 clandestini  ieri a Ceuta, enclave spagnola in Marocco: con noi Domininquez Inigo

 

Si apre nel pomeriggio a Lucca un Convegno internazionale promosso dal Rinnovamento nello Spirito Santo: il Papa auspica che si diffonda sempre di più la cultura della Pentecoste. Ce ne parla Salvatore Martinez

 

Oggi la Chiesa ricorda San Girolamo: l’ignoranza delle Sacre Scritture – diceva il grande studioso della Bibbia - è ignoranza di Cristo: ai nostri microfoni padre Mario Cimosa

 

CHIESA E SOCIETA’:

I vescovi spagnoli esprimono la loro preoccupazione riguardo la nuova legge sull’educazione

 

11 morti in Polonia in un incidente che ha coinvolto studenti in pellegrinaggio a Jasna Gora

 

Presentato ieri dal cardinale Martino, presso la sede della Confagricoltura, il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa

 

Ricco di appuntamenti a Pompei il mese di ottobre dedicato alla Madonna del Rosario

 

Ad Addis Abeba sarà costruita una Università cattolica internazionale

 

24 ORE NEL MONDO:

 Strage infinita in Iraq: in poche ore quasi 100 morti in diversi attentati

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

30 settembre 2005

 

 

ASSICURARE AI PICCOLI CHE SOFFRONO LE CURE PIU’ ECCELLENTI,

 AFFIANCANDO ALLA PROFESSIONALITA’ MEDICA UN’UMANITA’ SOLIDALE

 ISPIRATA DAL VANGELO:

LO HA DETTO BENEDETTO XVI, IN VISITA ALL’OSPEDELE PEDIATRICO “BAMBINO GESU’”

- Intervista con Marco Magheri -

 

“Un luogo dove si respiri speranza e serenità anche nei momenti di più acuta apprensione”, che abbia la Chiesa come “cuore” dell’attività - da assicurare su livelli di eccellenza professionale e di grande umanità - e dove lo stesso lavoro dei medici e dei paramedici sia un esempio di “testimonianza concreta ed efficace del Vangelo a contatto con l’umanità sofferente”. E’ l’identikit che Benedetto XVI ha tracciato questa mattina dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, dove si è recato per un visita commovente e insieme festosa. La cronaca dell’avvenimento, nel servizio del nostro inviato, Alessandro De Carolis:

 

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Sguardi intimiditi da bambino davanti a un adulto, occhi incuriositi dalla novità di quel “nonno” vestito di bianco e occhi fissi, inespressivi, che un male più forte della vitalità dei bambini ha reso incapaci di reagire a qualsiasi stimolo. Sono le istantanee della visita di Benedetto XVI al Bambino Gesù, struttura pediatrica di assoluta avanguardia sia in ambito italiano che internazionale. La visita di Benedetto XVI si è inserita nel solco di una tradizione iniziata a Natale del 1958 da Giovanni XXIII, anch’egli eletto Papa da pochi mesi, proseguita nel 1968 da Paolo VI, e ripresa da Giovanni Paolo II, che nel ’79 e nell’82 volle incontrare per due volte la realtà drammatica della sofferenza infantile ospitata dall’Ospedale pediatrico.

 

Una realtà che ha visto e toccato con mano questa mattina anche Benedetto XVI, accompagnato nel suo giro dal cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, e dal cardinale vicario Camillo Ruini, oltre che dalle autorità del nosocomio. In particolare, nel Reparto Neurotraumatologia e in quello di Cardiologia, il Papa ha potuto salutare alcuni piccoli pazienti, ha scambiato quando possibile qualche parola con loro, li ha benedetti insieme ai loro genitori. Una visita a contatto con la malattia e i suoi segni visibili - tanto più commoventi quanto più fragile era il fisico costretto a sopportarli - e insieme una visita nel segno di una gioia affettuosa, quella mostrata a più riprese con applausi e acclamazioni da tutti i presenti – degenti, famiglie, personale sanitario – assiepati lungo i numerosi corridoi che il Pontefice ha attraversato tra le 10.45 – ora d’inizio della visita – e le 12, quando Benedetto XVI ha tenuto il suo discorso davanti al presidente del Bambino Gesù, il dott. Francesco Silvano, e alle massime autorità della struttura sanitaria, affiancate da quelle civili di Roma.

 

Nel salutare i presenti, Il Papa ha subito chiarito il primo motivo della sua presenza nell’Ospedale: il desiderio di essere alla sequela di Gesù che, ha detto, aveva “una speciale predilezione per l’infanzia”. Ed ha aggiunto quindi il secondo motivo che lo ha spinto a questa visita:

 

“Per testimoniare anch’io l’amore di Gesù per i bambini, un amore che si effonde spontaneo dal cuore e che lo spirito cristiano accresce e rafforza. Il Signore ha detto: ‘Quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l’avete fatto a me’. In ogni persona sofferente, ancor più se piccola e indifesa, è Gesù che ci accoglie e attende il nostro amore”.

 

Ai medici e al personale che a vari livelli presta servizio al Bambino Gesù, il Papa ha mostrato grande apprezzamento e gratitudine per quell’insieme di “attenzione, spirito di sacrificio, pazienza e amore disinteressato per far sì – ha affermato – che le mamme e i papà possano trovare qui un luogo dove si respiri speranza e serenità anche nei momenti di più acuta apprensione:

 

“Qui è vostra preoccupazione assicurare un trattamento eccellente non solo sotto il profilo sanitario, ma anche sotto l’aspetto umano. Voi cercate di dare una famiglia ai degenti e ai loro accompagnatori, e questo richiede il contributo di tutti (...) Questo stile, che vale per ogni casa di cura, deve contraddistinguere in modo speciale quelle che si ispirano ai principi evangelici. Per i bambini, poi, non va lesinata alcuna risorsa. Al centro di ogni progetto e programma ci sia pertanto sempre il bene del malato, il bene del bambino ammalato”.

 

Un’“opera di alto valore umano”, dunque, ha proseguito Benedetto XVI che ha voluto “leggere” anche a un altro livello, più squisitamente pastorale – “da vescovo di Roma”, ha spiegato - il senso del lavoro che da decenni svolge con merito la struttura pediatrica vaticana:

 

“L’Ospedale ‘Bambino Gesù’, oltre ad essere una immediata e concreta opera di aiuto della Santa Sede verso i bambini ammalati, rappresenta un avamposto dell’azione evangelizzatrice della comunità cristiana nella nostra città. Qui si può offrire una testimonianza concreta ed efficace del Vangelo a contatto con l’umanità sofferente; qui si proclama con i fatti la potenza di Cristo che con il suo spirito guarisce e trasforma l’umana esistenza”.

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Per la visita del Papa i bambini  hanno preparato tanti  disegni e preghierine: sono state esposte nella ludoteca dell’Ospedale. Ce ne parla Sergio Centofanti.

 

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C’è un disegno con un grande sole e tanti cuori con il Papa che gioca con i bambini. C’è un piccolo foglietto con una croce colorata: un bambino la vuole regalare al Pontefice. C’è Davide che prega la Madonna: “Mi fai compagnia? Mi mandi all’asilo?” Andrea scrive invece  a Benedetto XVI: “Ciao Papa, prego Gesù e la Madonna perchè  il mio rene vada bene e così torno a casa e mamma e papà non piangono più per me”. Fabiana scrive alla Madre di Gesù: “Voglio ricamminare al più presto comunque ti ringrazio tanto tanto di avermi fatto fare tanti progressi”. Veronica chiede al Papa: “fa’ che questa sia l’ultima terapia. Ti voglio molto bene”. E Fabiola: “Caro Papa, prega per me la Madonna perché io non debba fare più la trasfusione. Fammi camminare così vado alle giostre con Simone e poi anche a scuola”. Un altro bambino fa una richiesta particolare al Papa: “che tu abbia sempre la pazienza di affacciarti dalla finestra di San Pietro per salutarci e benedirci”. Infine una bimba di 9 anni è preoccupata più per i genitori che per se stessa e chiede al Papa di spiegare alla mamma: “Gesù e la Madonna mi vogliono tanto bene così come sono e io sono felice”.

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L’Ospedale pediatrico “Bambino Gesù”, fondato nel 1869 dai duchi Salviati fu affidato alle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli che tuttora svolgono nell’Istituto la loro missione. Dal 1924 l’Ospedale  è proprietà della Santa Sede. Oggi vi lavorano 476 medici, quasi 1000 infermieri, circa 700 tra addetti tecnici e amministrativi.  Nel 2004 sono stati effettuati quasi 34 mila ricoveri, 18 mila interventi chirurgici, 93 mila accessi in “day ospital”, oltre 800 mila visite ambulatoriali e 55 mila prestazioni di “pronto soccorso”. All’Ospedale accorrono piccoli malati da tutta Italia. Sui motivi di questo successo Eliana Astorri ha intervistato Marco Maghèri, responsabile delle relazioni esterne del “Bambino Gesù”:

 

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R. – Con la dedizione di chi opera al suo interno, accogliendo i bambini con amorevole carità cristiana e con una professionalità sempre attenta all’aggiornamento del personale.

 

D. – In cosa è specializzato maggiormente il vostro ospedale?

 

R. – L’ospedale pediatrico “Bambino Gesù” assicura la possibilità di curare praticamente a 360 gradi tutte le patologie pediatriche. L’Ospedale punta cioè ad affrontare quelli che sono i casi che in altre realtà italiane e in molti casi straniere non riescono ad essere affrontati.

 

D. – Per quanto riguarda le attività scientifiche?

 

R. – C’è una significativa azione di ricerca e di collaborazione internazionale con i centri più importanti, sempre relativi alla pediatria, sia in Europa che negli Stati Uniti.

 

D. – C’è un’assistenza ed un’accoglienza per i genitori che accompagnano i loro bambini per interventi chirurgici, per un soggiorno presso l’Ospedale pediatrico “Bambino Gesù”?

 

R. – Parte integrante dell’assistenza riguarda ovviamente l’accoglienza nei confronti della famiglia in quanto tale. Non ci può essere salute se non c’è un generale stato di benessere psicofisico ed affettivo e sociale. Anche con l’aiuto del mondo del volontariato, l’Ospedale è impegnato nell’assicurare la presenza più decorosa possibile dei genitori accanto al bambino.

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UDIENZE

 

Oggi alle 18.00 il Papa riceverà mons. William Joseph Levada, arcivescovo emerito di San Francisco, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, con il segretario del medesimo dicastero, l’arcivescovo Angelo Amato.

 

 

RINUNCIA

 

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Dundee, in Sud Africa, presentata da mons. Michael Vincent Paschal Rowland, dell’Ordine dei frati Minori, per raggiunti limiti di età.

 

 

IL CONCILIO VATICANO II E IL RUOLO DELLA CHIESA IN EUROPA

AL CENTRO DEL MES­SGGIO DEL PAPA RIVOLTO

AI PARTECIPANTI DELL’ASSEMBLEA PLENARIA DEL CONSIGLIO

DELLE CONFERENZE EPISCOPALI D’EUROPA, APERTASI IERI A ROMA

- Intervista con mons. Amédée Grab -

 

Il 40.mo anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II, che ricorre quest’anno, e l’imminenza dell’apertura del Sinodo dei vescovi, il prossimo 2 ot­tobre, hanno fatto da sfondo all’Assemblea plenaria del Consiglio delle Confe­renze episcopali d’Europa, iniziata ieri a Roma. Proprio sul valore del Concilio Va­ticano II si è soffermato il Papa nel messaggio a firma del segretario di Stato, cardinale Angelo Sodano, rivolto ai presidenti dei 34 episcopati europei. Il servi­zio di Amedeo Lomonaco:

 

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Nel messaggio, Benedetto XVI riprende i temi al centro dell’incontro: la le­zione conciliare per la Chiesa oggi e per la società in Europa 40 anni dopo la con­clusione del Concilio Ecumenico Vaticano II; il ruolo dell’evangelizzazione in un’epoca in cui la caduta della cortina di ferro ha stimolato l’assunzione di re­sponsabilità nei riguardi delle popolazioni dell’Est; il binomio tra evangelizzazione e dialogo tenendo presenti le opportunità offerte dalla catechesi, dalla forma­zione e dai mezzi di comunicazione sociale. Benedetto XVI sottolinea come in Europa, dove è aumentato il pluralismo religioso e dove è forte la crescita della presenza di musulmani, sia ancora più importante ed urgente per i cristiani “prendere coscienza del fatto che il Vangelo non può essere tenuto per sé”. “Vi è poi – aggiunge il Papa – la responsabilità dell’Europa per l’evangelizzazione del mondo”. Dopo la lettura del messaggio, sono stati ricordati eventi fondamentali degli ultimi mesi quali la morte di Giovanni Paolo II, l’elezione di Benedetto XVI, gli attentati terroristici a Londra e i drammi provocati dal passaggio dell’uragano Katrina negli Stati Uniti. Per quanto riguarda l’Europa, è stato sottolineato come l’esito negativo del referendum sulla Costituzione in Francia e nei Paesi Bassi debba stimolare un dibattito più ricco sull’Unione Europea. Nella successiva pro­lusione del presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, mons. Amédée Grab, il presule ha  preso in esame, in particolare, il ruolo della Chiesa oggi e in Europa. Su cosa deve essere e su cosa deve fare la Chiesa in Europa, ascoltiamo proprio mons. Grab:

 

R. - La Chiesa deve testimoniare, perché la Chiesa non si deve sempre reinven­tare. La Chiesa deve scoprire le necessità del momento presente e quindi ri­spondere. Deve dare le risposte di sempre, in un linguaggio che però corri­sponda alle odierne necessità. Non soltanto nella formulazione, ma anche nel saper ravvisare quali siano gli obiettivi e le priorità della pastorale. Penso che tanti europei, che ignorano l’esistenza del Consiglio delle Confe­renze episcopali d’Europa anche se più della metà degli europei sono catto­lici, aspettano che venga dato un segno di luce e di vera chiarezza.

 

D. - Eccellenza, nella prolusione ha indicato alcune sfide da affrontare quali la confusione spirituale e la negatività, il male…

 

R. -  Sono due cose correlate fra di loro. La confusione spirituale porta alla ricerca di infinite e nuove vie, ma è una risposta alla consapevolezza del nulla. Effet­tivamente, il nichilismo è una delle tentazioni più forti del mondo di oggi. Si cercano quindi delle risposte, ma ognuno di noi ne trova diverse e si fabbrica così una sua ideologia, che chiama fede.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il titolo "Vorrei farvi sentire il conforto e la benedizione di Dio": Benedetto XVI visita l'Ospedale pediatrico "Bambino Gesù" e consegna ai bambini, alle famiglie, ai medici e ai paramedici un messaggio di fiducia e di speranza.

 

Sempre in prima l'Iraq, dove non conoscono tregua attentati ed agguati. L'ONU apre un centro per la ricerca delle persone scomparse.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Italia.

 

Servizio estero - L'intervento della Santa Sede, a New York, sulla riforma dell'ONU “Il riferimento ai doveri nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo ci ricorda che ogni diritto comporta una responsabilità e che l'uomo non è un isolato portatore di diritti, ma un membro solidale dell'unica famiglia umana”.

 

L'intervento della Santa Sede, a New York, alla IV Conferenza per facilitare l'entrata in vigore del Trattato sull'interdizione globale degli esperimenti nucleari: "La comunità internazionale deve mostrare coraggio e un alto senso di responsabilità per promuovere la cultura della pace".

 

Servizio culturale - Per la rubrica "Incontri", l'editore Giuseppe Sciascia intervistato da Giuseppe Costa.

 

Servizio italiano - In rilievo il tema della finanziaria.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

30 settembre 2004

 

FUGA DELLA DISPERAZIONE DALL’AFRICA VERSO L’OCCIDENTE:

CINQUE I MORTI NELL’ASSALTO DI 600 CLANDESTINI 

IERI A CEUTA, ENCLAVE SPAGNOLA IN MAROCCO

- Intervista con Domininquez Inigo -

 

Cinque clandestini sono morti e oltre 160 sono riusciti a entrare ieri a Ceuta, 'enclave' spagnola in territorio marocchino. Ad assaltare il muro sono state 600 persone dell’Africa subsahariana. Ed è notizia di queste ore che la polizia marocchina sta effettuando una massiccia retata tra quanti sono accampati nei boschi presso Ceuta. Il Marocco ha annunciato di avere inviato 1600 uomini delle sue forze di sicurezza, in parte a Ceuta e in parte all’altra enclave, Melilla, per tentare di evitare le valanghe di clandestini. La notizia è stata data dal ministro dell'interno marocchino al vertice bilaterale che si è svolto ieri a Siviglia con la partecipazione dei capi di governo dei due Paesi. La Spagna, da parte sua, ha inviato 480 soldati a rafforzare gli effettivi della Guardia Civil che pattugliano il 'muro' delle due enclaves in territorio marocchino. Il premier spagnolo Jose Luis Rodriguez Zapatero ha annunciato di avere concordato col suo collega marocchino Driss Jetu una “indagine immediata” sugli incidenti a Ceuta, mentre fonti inquirenti hanno indicato che due dei cinque morti sono stati colpiti da proiettili provenienti dal Marocco. Il fenomeno dell’immigrazione clandestina è sempre in primo piano in Spagna: molti infatti i tentativi di raggiungere il territorio in particolare attraverso lo Stretto di Gibilterra. E sono anche ripetuti i tentativi di penetrazione nelle enclave in territorio marocchino, ma che cosa può aver determinato il massiccio assalto di questi giorni? Fausta Speranza lo ha chiesto al giornalista di El Correo, Domininquez Inigo:

 

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R. – E’ un’unione di diversi fattori, soprattutto il fatto che nei prossimi mesi si eleverà l’altezza del filo spinato che c’è al confine e quindi sarà molto difficile salire, scalare. Adesso l’altezza è di tre metri ed è già alta comunque. A febbraio finiscono i lavori e arriverà a 6 metri. Quindi, sarà molto difficile. Queste persone, che arrivano da tutta l’Africa subsahariana, dalla Costa d’Avorio, dal Ghana, dal Mali, dal Camerun, dal Senegal, cioè da tutti i Paesi più impoveriti, attraversano il deserto verso il Marocco. Sono partiti magari un anno prima e arrivano lì vivendo nei boschi, nelle foreste vicino al confine, per molti mesi, aspettando un’opportunità. Mangiano di quello che gli offrono i vicini, della carità. Sopravvivono come possono. Un giorno, costruiscono le scale con gli alberi, con i rami degli alberi, e tentano questo salto.

 

D. – Ad indagare sarà una commissione mista ispano-marrocchina. C’è anche il fatto che alcuni proiettili che hanno colpito le vittime non sarebbero in dotazione delle forze spagnole. Si ipotizza, dunque, una responsabilità delle forze di sicurezza marocchine. A questo proposito, qual è il rapporto in relazione all’‘enclave’ tra il Marocco e la Spagna?

 

R. – E’ sempre stato storicamente un rapporto delicato, perché è una questione ovviamente ereditata dai secoli di presenza spagnola nel nord Africa. Queste sono le ultime proprietà rimaste. Diciamo che è una situazione accettata e stabilita ormai da secoli. Per caso, ieri, c’è stato un vertice bilaterale tra Marocco e Spagna a Siviglia con il presidente Zapatero. Hanno subito fatto una conferenza stampa e hanno detto che si farà un’inchiesta interna. E’ vero però che c’è un incrocio di accuse nel chiarire i fatti. I marocchini dicono che hanno sparato gli spagnoli e gli spagnoli che hanno sparato i marocchini. Questo sarà chiarito. C’è anche un rapporto di Medici senza Frontiere, che cura questi immigrati ai confini da anni, e che spesso ha denunciato la violenza durante questi salti nel tentativo di superare il confine. Ci sono spesso blitz, quasi giornalieri in questi boschi, da parte della polizia marocchina, pronta a catturare gli immigrati. Spesso fanno uso di una violenza sproporzionata. C’è tutto un rapporto di Medici senza Frontiere che parla di questo.

 

D. – Parliamo di quelle oltre 160 persone, che in questo assalto sono riuscite ad entrare a Ceuta. Che ne sarà di loro?

 

R. – Non è che si trovino in Europa o in un campo aperto. Stanno in una piccola cittadina intrappolata, incastrata, sul mare. E’ solo un piccolo porto con otto km di confine intorno al Marocco. Da una parte sta il mare e dall’altra sta il Marocco. Questa cittadina è molto piccola insomma, non è un grande porto. Stanno lì intrappolati e tentato di passare in Spagna con questi traghetti che percorrono i 10 km dello Stretto fino al sud della Spagna, ma poi lì al controllo della dogana vengono beccati. Quindi, non è che passando il confine sia fatta, non è fatta per niente.

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SI APRE NEL POMERIGGIO A LUCCA UN  CONVEGNO INTERNAZIONALE  PROMOSSO

DAL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTO: IL PAPA AUSPICA CHE SI DIFFONDA

SEMPRE DI PIÙ LA CULTURA DELLA PENTECOSTE

- Intervista con Salvatore Martinez -

 

Leggere nel XX secolo l’azione dello Spirito Santo. Questo l’obiettivo del convegno promosso dal Rinnovamento nello Spirito, il Movimento dei Focolari e la Comunità di Sant’Egidio che si apre a Lucca questo pomeriggio. Mercoledì scorso, all’udienza generale, Benedetto XVI salutando gli organizzatori ha detto che il secolo trascorso, costellato da tristi pagine di storia, è al contempo permeato da meravigliose testimonianze di risveglio spirituale e carismatico in ogni ambito del vivere e dell’agire umano. Ha auspicato per questo che lo Spirito Santo possa trovare sempre più feconda accoglienza nel cuore dei credenti e che si diffonda sempre più la cultura della Pentecoste. Ma come deve leggere il cristiano la storia? Tiziana Campisi lo ha chiesto al coordinatore del Rinnovamento nello Spirito Santo Salvatore Martinez:

 

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R. – C’è necessità in questo tempo di recuperare questi due verbi: vedere e sentire. Vedere e sentire con libertà, con una nuova umiltà, con una nuova disponibilità i segni veri che questo nostro tempo sta seminando, che sono bagaglio e deposito di ciò che il secolo appena trascorso ci ha consegnato. Si può leggere la storia in molti modi, non sempre la stampa e la cultura dominante ci aiutano a cogliere questi segni che sono poi caratteristici della cultura della Pentecoste. E’ la cultura dei piccoli, è la cultura dei poveri, è la cultura dei deboli, è la cultura di coloro che difficilmente hanno voce per gridare come si è capaci di conservare la speranza, davanti ad ogni forma di disperazione, di resistere davanti al male più grande. Questa è già cultura. Paolo VI diceva che questi testimoni fanno la cultura, ancor più che i Maestri.

 

D. – In che modo oggi ci si deve aprire ai disegni di Dio?

 

R. – L’esperienza di Maria è certamente una delle più significative. Non fece calcoli, non pose neanche confini in questa azione sovrabbondante di Dio nella sua vita. Seppe dire di sì e sì significa fidarsi, confidare. L’umiltà è forse un dato importante in questo nostro tempo. Abbiamo bisogno di maggiore pacatezza nei toni, di maggiore disponibilità all’ascolto, di maggiore silenzio.

 

D. – Quali esempi concreti ci mostra il XX secolo come frutti dell’azione dello Spirito?

 

R. – Intanto i martiri. Oltre il 50 per cento dei martiri dell’intero cristianesimo sono da ascriversi nel Novecento, più di 60 milioni. Il maggior numero di Beati e di Santi che la cristianità abbia dato si concentra proporzionalmente nel Novecento. Poi c’è la nascita dei nuovi carismi, dei nuovi movimenti, delle nuove comunità.

 

D. – L’azione dello Spirito dove sta conducendo l’umanità?

 

R. – Lo spirito permea di giusto, di bello, di vero, di autentico la storia. L’uomo ha bisogno di riscoprire tutto questo, altrimenti è destinato alla menzogna. C’è bisogno di verità in questo tempo. Lo spirito è verità, libertà, carità. Va verso queste vie nelle quali l’uomo trova il compimento della propria dignità e il soddisfacimento del proprio destino, già sulla terra.

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OGGI LA CHIESA RICORDA SAN GIROLAMO: L’IGNORANZA DELLE SACRE SCRITTURE

 – DICEVA IL GRANDE STUDIOSO DELLA BIBBIA -  È IGNORANZA DI CRISTO

- Intervista con padre Mario Cimosa -

 

A lui si deve, tra il IV e V secolo, la revisione dei testi in latino del Nuovo Testamento e la traduzione dall’ebraico di alcuni libri dell’Antico Testamento. San Girolamo, che la Chiesa oggi ricorda, uomo colto e brillante, fu segretario di Papa Dàmaso. Morì a Betlemme, dove si era ritirato a vita monastica e per perfezionare la conoscenza della lingua ebraica, il 30 settembre del 420. Ma quali aspetti della personalità di questo dottore della Chiesa sono meno noti? Tiziana Campisi lo ha chiesto a padre Mario Cimosa, ordinario di Scienze Bibliche della Pontificia Università Salesiana.

 

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R. – Tra le intuizioni e i meriti di Girolamo forse è meno rilevato il suo impegno per l’educazione e la formazione in modo particolare delle donne. Ha curato soprattutto la formazione delle fanciulle, quelle dedite ad una vita ascetica,ma anche impegnate, diremmo noi oggi, nel laicato, riconoscendo il diritto di avere una completa informazione in tutti, ponendo  così le basi per una maggiore promozione umana ed una più elevata spiritualità delle donne.

 

D. –Quali sono gli aspetti fondamentali nell’educazione della donna per Girolamo?

 

R. – Innanzitutto la centralità della Bibbia nella formazione culturale, spirituale, poi la proposta di modelli di santità, di figure di persone che hanno incarnato gli ideali del Cristianesimo. Poi un’educazione integrale non solo della donna, ma della persona umana in genere, i cui aspetti più rilevanti potrebbero essere la preghiera, incessante e continua, lo studio – la fanciulla deve imparare il latino il greco, utilizzare la Bibbia come testo fondamentale. Poi vari tipi,varie forme di lavoro.

 

D. – Benedetto XVI nel discorso ai partecipanti al Congresso internazionale per il 40.mo anniversario della Dei Verbum ha ricordato che per Girolamo l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo …

 

R. – E’ una citazione di Girolamo tratta dal suo commento al Libro di Isaia che appunto la Dei Verbum ha ripreso. Leggere la Bibbia è fondamentale per conoscere Dio. Non consiste solo in un lavoro, in una attività esegetica, cioè di interpretazione e di comprensione del messaggio biblico, ma leggere la Bibbia significa, come Girolamo stesso dice in una sua lettera, conversare con Dio.

 

D.- E’ proprio lo studio della Sacra Scrittura che è valso a Girolamo il titolo di dottore della Chiesa…

 

E. – E’ stato anche definito un “vir trilinguis”, cioè un uomo dalle tre lingue, latino, greco, ebraico. La prima attività è stata quella di unificare, revisionare i quattro Vangeli, le varie traduzioni latine che esistevano ai suoi tempi.Di questo fu incaricato da Papa Damaso, poi a Betlemme. Molti libri lui li ha tradotti, naturalmente dell’Antico Testamento, direttamente dall’ebraico in latino.

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CHIESA E SOCIETA’

30 settembre 2005

 

 

VESCOVI SPAGNOLI PREOCCUPATI DELLA NUOVA LEGGE SULL'EDUCAZIONE:

 NON TIENE CONTO DELLE SCELTE DEI GENITORI PER I FIGLI

E NON RISPETTA LA LIBERTÀ D’INSEGNAMENTO

 

MADRID. = I vescovi spagnoli hanno espresso “grande preoccupazione” per la bozza della Legge organica dell’educazione (Loe); a loro parere non tiene conto delle scelte dei genitori nell’educazione dei figli. E’ quanto riferisce l’agenzia Sir. “Si attribuisce alle Amministrazioni Pubbliche un potere tale che mira a far diventare lo Stato unico educatore”, scrive in una nota il Consiglio permanente della Conferenza episcopale spagnola, che ha chiuso ieri a Madrid la sua riunione. I vescovi sono contrari al progetto di legge perché “non rispetta la libertà di insegnamento” né la libertà dei genitori di scegliere la formazione religiosa e morale dei figli. Chiedono quindi, per i genitori, “più capacità decisionale, più pluralismo educativo e più potere”. Ricordano inoltre che “l’80 per cento  dei genitori sono favorevoli all’insegnamento della religione cattolica per i loro figli” e ritengono che “sia una materia fondamentale, offerta obbligatoriamente da tutti gli istituti e facoltativa per gli studenti”. I prelati si sono anche detti preoccupati per la nuova materia che l’attuale governo intende inserire, ossia “l’educazione alla cittadinanza”, perché potrebbe andare a discapito della “libertà ideologica e religiosa”. C’è inquietudine anche per la posizione degli insegnanti di religione: se la legge verrà approvata saranno “impiegati della Chiesa”, una realtà cui la Chiesa si oppone perché ritiene che sia lo Stato a doverne sostenere i costi. La Conferenza episcopale spagnola è disponibile a dialogare con il governo su tali questioni ma constata che “purtroppo non c’è stata risposta all’offerta reiterata di dialogo”. (T.C.)

 

 

POLONIA: SCONTRO TRA UN AUTOBUS CON A BORDO STUDENTI DI UNA SCUOLA

 IN PELLEGRINAGGIO ED UN CAMION. ALMENO UNDICI I MORTI

 

VARSAVIA. = Undici morti in Polonia in un incidente che ha coinvolto un autobus sul quale viaggiavano alunni di una scuola secondaria di Bialystok, e un camion di grossa cilindrata. Lo scontro lungo il percorso tra la città di Bialystok e Varsavia. Gli studenti si stavano recando in pellegrinaggio al santuario mariano di Jasna Gora. L’ispettore di polizia Jacek Dobrzanezi ha detto che i morti potrebbero aumentare per l’elevato numero di feriti gravi. Sconosciute le cause dell’impatto, si suppone che uno dei due conducenti abbia perso il controllo del proprio mezzo per un colpo di sonno. (T.C.)

 

 

UN UMANESIMO INTEGRALE E SOLIDALE BASATO SULLA DOTTRINA SOCIALE

 DELLA CHIESA. È QUANTO AUSPICA IL CARDINALE MARTINO IN UN VOLUME

 DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE PRESENTATO

 NELLA SEDE DELLA CONFAGRlCOLTURA

- A cura di Paolo Scappucci -

 

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ROMA. = La disponibilità degli agricoltori italiani a confrontarsi, in tempi tanto complessi e difficili, con le istanze provenienti dall'etica sociale cristiana è stata con soddisfazione sottolineata dal presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, cardinale Renato Raffaele Martino. La dichiarazione nella sede della Confagricoltura a Roma, dove ieri il porporato ha presentato insieme al presidente della Confederazione, Federico Vecchioni, e al ministro dell'Ambiente, Altero Matteoli, il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, recentemente pubblicato dal Dicastero vaticano. Nell'attuale contesto della globalizzazione, secondo Martino, il Compendio tratteggia per la famiglia umana un umanesimo integrale e solidale, alla cui realizzazione tutti - credenti e non credenti - possono e debbono contribuire, investendo sulla parte migliore della persona e dei popoli, sulle energie positive della storia. A questo scopo, per il cardinale Martino, bisogna anzitutto riscoprire il concetto di bene comune come bene di tutto l'uomo e di tutti gli uomini, in controtendenza con l'agenda della vita economica e politica attuale, che sembra invece orientata più verso il benessere in termini individualistici. Il presidente del Pontificio Consiglio ha insistito sulla necessità della regolazione del mercato secondo i principi di trasparenza e di democrazia, ma anche secondo la cultura e la tradizione dei popoli, compresa la religione, ed inoltre secondo la legittima conflittualità delle parti sociali. Il cardinale Martino non ha mancato di esprimere - secondo le chiare indicazioni del Compendio - riserve e perplessità verso certe forme di idolatria della natura, che confluiscono oggi in un ecologismo radicale. L'agire umano nei confronti della natura deve essere eticamente orientato, giacché - ha ammonito il porporato – “quando l'uomo vuole porsi al posto di Dio, perde di vista anche se stesso e la sua responsabilità di governo della natura". Dal canto suo, il presidente della Confagricoltura, Federico Vecchioni, dopo aver definito il Compendio della Dottrina sociale  della Chiesa  “un'opera ambiziosa e di alta qualità morale", si è soffermato sul capitolo specifico dedicato al ruolo sociale, culturale ed economico del mondo agricolo e all'importanza crescente che ha nella salvaguardia dell'ambiente naturale. Toccando poi il delicato e complesso problema delle biotecnologie e della possibile applicazione al settore agricolo, Vecchioni ha affermato che, a tal riguardo, il Compendio mette bene in luce tutta la capacità della Chiesa di guardare lontano e di fornire indicazioni che sfuggono alla logica degli interessi di parte. Ponendo in rilievo anche le parti del volume relative alla globalizzazione e alla liberalizzazione dei commerci, il Presidente della Confagricoltura ha evidenziato la giusta necessità di aprire nuovi spazi alle merci prodotte nei Paesi in via di sviluppo. Il ministro dell’Ambiente, Altero Matteoli, ha rilevato invece che "nell'orchestrare lo sviluppo economico è imprescindibile rispettare le risorse naturali, spesso limitate e non rinnovabili, andando così incontro ad un’attività economica che concilia le esigenze dello sviluppo con quelle della protezione ambientale".

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RICCO DI APPUNTAMENTI A POMPEI IL MESE DI OTTOBRE

DEDICATO  ALLA MADONNA DEL ROSARIO

- A cura di Giovanni Peduto -

 

POMPEI. = Il mese di ottobre, dedicato alla devozione al santo Rosario, è vissuto a Pompei, la città del famoso santuario mariano, con particolare intensità. I fedeli della Vergine del Rosario hanno già cominciato, nei giorni scorsi, la Novena d’Impetrazione alla Vergine. Tutto il mese sarà scandito da momenti forti di preghiera, di festa e di riflessione: il “Buongiorno a Maria”, alle 6.30 dei giorni feriali rinnoverà la gioia del mattino; il Santo Rosario con fiaccolata per la Pace Universale, tutte le domeniche alle 21.00, nel piazzale Beato Giovanni XXIII, concluderà in preghiera e riflessione il giorno del Signore. Domani, alle 18.00, inizierà la veglia mariana. Domenica mattina sarà il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, a presiedere la solenne concelebrazione eucaristica e la recita della Supplica a mezzogiorno. Mercoledì 5, festa liturgica del beato Bartolo Longo, fondatore del santuario e delle opere di carità annesse, processione dell’urna con le spoglie del beato per le vie della città. Da sabato 8 ottobre e per tutti i sabati del mese la Radio Vaticana trasmetterà, alle 20.40, il Rosario in diretta dal Santuario di Pompei. Domenica 9 ottobre, arriveranno a Pompei le reliquie di Santa Margherita Maria Alacoque, che a Paray-le-Monial ebbe le rivelazioni del Sacro Cuore. Fu in seguito ad un miracolo avvenuto proprio a Pompei, che la suora francese fu canonizzata nel 1920. Alle 19.00 di lunedì 10 il cardinale Michele Giordano, arcivescovo di Napoli, presiederà una solenne Concelebrazione Eucaristica in onore della Santa, alla quale prenderanno parte i vescovi della Campania. Mercoledì 26, 25° anniversario della Beatificazione di Bartolo Longo. Le sue reliquie saranno traslate al Centro Educativo “Bartolo Longo”. Alle 18.00 una solenne processione verso il santuario e a conclusione la concelebrazione eucaristica, presieduta dal prelato di Pompei mons. Carlo Liberati.

 

 

ADDIS ABEBA: FIRMATO UN PROTOCOLLO DAI MINISTRI DEGLI ESTERI E DELL’EDUCAZIONE E  DALL’ARCIVESCOVO DELLA CAPITALE ETIOPE PER LA COSTRUZIONE DI UNA UNIVERSITÀ CATTOLICA INTERNAZIONALE

 

ADDIS ABEBA. = Una nuova università cattolica internazionale sarà costruita ad Addis Abeba, capitale dell’Etiopia. Il 13 settembre scorso - si legge in un comunicato dell’Agenzia Fides - è stato siglato un protocollo che ufficializza la realizzazione dell’ateneo. Il documento è stato firmato dai ministri degli Esteri e dell’Educazione, dall’arcivescovo di Addis Abeba, mons. Berhaneyesus Demerew Souraphiel, e dal nunzio apostolico Ramiro Moliner Inglés. Il segretariato cattolico etiope, in una nota diffusa dall’ENA, Ethiopian News Agency, ha detto che l’università cattolica nella capitale è “un progetto al quale i vescovi cattolici dell’Etiopia stavano lavorando da tempo. L’accordo tra il governo e la Chiesa – si legge nella nota – è un riconoscimento del notevole contributo della Chiesa al sistema educativo del Paese”. L’arcivescovo di Addis Abeba ha voluto sottolineare l’importanza di questa università che apparterrà a tutti gli etiopi. Alla sede centrale, nella capitale etiope, verranno affiancate delle strutture nate dal potenziamento di alcuni Istituti superiori già operanti, tra cui anche l’Istituto Teologico di Addis Abeba. (R.R.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

30 settembre 2005

 

- A cura di Fausta Speranza e Amedeo Lomonaco  -

 

Cento morti in diversi attentati con autobombe in Iraq: 90 persone hanno perso la vita ieri a Balad, città sciita a nord della capitale, colpita da tre esplosioni, e questa mattina 10 persone sono morte in un mercato molto frequentato di Hilla, a sud di Baghdad. Nel primo caso i feriti sono oltre 100, nel secondo 12.  L’organizzazione  di Al Qaeda in Iraq, guidata dal terrorista giordano  al Zarqawi, aveva annunciato lo scorso 14 settembre “guerra totale” alla comunità sciita.

 

Ennesimo dramma in Medio Oriente: nel nord della Cisgiordania un bambino palestinese è morto in seguito ad un’operazione militare condotta da soldati israeliani. Intanto, il partito del presidente palestinese Abu Mazen, Al Fatah, ha vinto le elezioni amministrative svoltesi ieri in 104 comuni della Cisgiordania ottenendo il 60 per cento delle preferenze. Il gruppo radicale Hamas, presente per la prima volta con il proprio simbolo, ha conquistato il trenta per cento dei voti, risultando la seconda forza politica palestinese. L’affluenza è stata alta: si è recato alle urne l’81 per cento dei votanti. Subito dopo aver appreso l’esito della consultazione, il governo israeliano non ha nascosto i propri timori su Hamas che sembra destinato ad ottenere un buon risultato anche nelle politiche di gennaio. Il presidente Abu Mazen ha sottolineato, invece, che la partecipazione elettorale di Hamas costituisce una grande opportunità per condurre il movimento fondamentalista sui binari della democrazia. Sempre in Cisgiordania, due attivisti sono stati uccisi ieri in seguito a nuovi raid israeliani. Dopo questi ennesimi episodi di violenza, è salito a 4840 il numero di persone uccise dall’inizio dell’Intifada nel settembre del 2000. Le vittime sono in gran parte palestinesi.

 

Schiacciante vittoria dei “sì” al referendum sulla “Carta della pace” svoltosi ieri in Algeria. Oltre il 97 per cento degli aventi diritto si è espresso a favore della legge che consentirà al presidente Bouteflika di amnistiare i crimini commessi durante la sanguinosa guerra civile degli anni ’90. Il conflitto ha provocato 200 mila morti e 18 mila scomparsi. Alta l’affluenza al voto: più dell’80 per cento dei 18 milioni di aventi diritto sono andati alle urne. Il servizio da Algeri Amina Belkassem:

 

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Con il 97,43 per cento di sì l’Algeria approva massicciamente il progetto della Carta per la pace e la riconciliazione nazionale. Lo ha appena annunciato il ministro degli Interni che, sottolineando la forte affluenza nelle regioni maggiormente colpite dal terrorismo di matrice islamica degli anni ‘90, ha seccamente respinto qualsiasi illazione sulla veridicità dei risultati. Il 79,76 per cento dei 18 milioni di iscritti al voto si è recato ieri alle urne e anche la capitale, Algeri, con un’affluenza del 71,87 per cento, ha risposto come non faceva dal voto sull’autodeterminazione del 1962 alla campagna martellante portata avanti in tutto il Paese dal presidente Bouteflika. Mentre dall’opposizione già si levano proteste sull’ampiezza della partecipazione, il ministro degli Interni ha risposto alle riserve formulate dal dipartimento di Stato americano sul fatto che il referendum non sia stato preceduto da un dibattito nazionale, affermando che i problemi dell’Algeria vanno risolti dagli algerini.

 

Da Algeri, Amina Belkassem, per la Radio Vaticana.

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Si complica il percorso del negoziato per l’adesione della Turchia all'Unione Europea, il cui inizio è previsto per lunedì 3 ottobre in Lussemburgo. Ieri a Bruxelles infatti è stata rinviata l’approvazione del ''documento-cornice'' per le trattative, a causa dell'insistenza austriaca affinché nel testo si menzioni la possibilità del partenariato speciale per Ankara, da alternare alla piena adesione. Il Parlamento europeo di Strasburgo ha inoltre sollecitato le autorità turche a riconoscere la Repubblica di Cipro e il genocidio degli armeni del 1915-16. Domenica, comunque, si terrà un nuovo incontro dei 25 ministri degli esteri europei. Ma quali sono gli ostacoli all’apertura di questi negoziati? Giada Aquilino lo ha chiesto a Federiga Bindi, titolare della cattedra europea Jean Monnet all’università Roma Tor Vergata:

 

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R. -  Innanzitutto sembra esserci una forte resistenza della popolazione europea. D’altra parte ci sono alcune elezioni in corso, dalle regionali in Austria all’Italia che andrà al voto in primavera e poi c’è la Germania, dove non è ancora chiaro se i tedeschi torneranno a votare. Mi sembra che pochi vogliano sbilanciarsi a favore della Turchia. Ci sono inoltre degli ostacoli tecnici e cioè il fatto di menzionare o no la possibilità di partenariato speciale, nel caso non si arrivi all’adesione. E’ una richiesta dell’Austria, ma anche di altri Paesi. Infine, ci sono i grossi scogli del riconoscimento del genocidio degli armeni e di Cipro, che la Turchia vuol rimandare a dopo l’ingresso. Del genocidio degli armeni, dopo ormai quasi un secolo, si comincia finalmente a parlare, perché è stato un genocidio con oltre un milione di vittime, completamente dimenticato dalla storia. Per quanto riguarda il riconoscimento di Cipro, come può pensare la Turchia di fare un negoziato con i 25 membri se non ne riconosce il 25.mo?

 

D. – Rimane quindi valida l’opzione alternativa. Però sul partenariato speciale la Turchia non è d’accordo…

 

R. – Non dimenticando ciò che è successo con il Trattato costituzionale, ipotizziamo che si faccia un negoziato per l’adesione pura e semplice: ebbene, essendo questioni di diritto internazionale, ci saranno sicuramente in alcuni Paesi dei referendum. Quindi una volta che la Turchia avesse negoziato l’adesione con l’Unione Europea – che comunque richiederebbe 10 anni – e fosse stata firmata e ratificata dal Parlamento europeo, la procedura prevederebbe una ratifica da parte degli Stati membri secondo le procedure tipiche degli stessi Stati. Per cui, magari in Italia ci sarà una ratifica semplicemente a livello di Parlamento, in altri ci saranno dei referendum. Quindi il rischio è che si faccia un negoziato che poi venga bocciato. Il rischio per la Turchia è dunque quello di doversi accontentare all’ultimo momento di un partenariato speciale, come è successo per esempio nel caso della Norvegia.

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In Italia la maggioranza ha chiuso l’accordo sulla Finanziaria, una manovra da 20 miliardi  varata ieri dal Consiglio dei ministri. Rinviati invece  all’esame parlamentare i nodi, tra cui i condoni, su cui non è  stata raggiunta l’intesa. Una manovra da 20 miliardi, che rinvia la definizione del pacchetto famiglia, sulla quale verrà  chiesta la fiducia in Parlamento. Per  il premier Berlusconi e il ministro Giulio Tremonti si tratta di una finanziaria “assolutamente  responsabile” e “non elettorale”. Non prevede tagli -  sottolinea il premier -  ma “sacrifici di spesa” sì. Al di là delle voci certe per assicurare la  correzione dei conti concordata con l’Unione Europea, e alcune  altre poste più o meno obbligate, tutto il resto (dal bonus  bebè a quello per gli anziani disagiati, dai distretti  produttivi agli aiuti per i libri scolastici) sarà affrontato  nel percorso parlamentare.  Varata anche la relazione previsionale  2006: aumento dell’1,5 per cento del PIL e deficit al 3,8 per cento. Da parte sua, l’opposizione ha bocciato la  Finanziaria, bollata come “elettorale”. Prodi afferma che è una legge volta a colpire la parte più  debole del Paese. C‘è poi l’annuncio del capo dello Stato Ciampi che ha deciso una riduzione degli  stanziamenti per la presidenza. Il ministro Calderoni  approva una  riduzione del 10 per cento dello stipendio di tutti i ‘politici’.

 

Il  governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio è indagato dai  primi giorni di agosto dalla procura di Roma per abuso d'ufficio nell'ambito dell'inchiesta su Antonveneta. L’iscrizione di Fazio  nel registro degli indagati era stata tenuta segreta  per evitare  speculazioni. Intanto, il Consiglio superiore di Bankitalia ha  ribadito ieri la propria fiducia a Fazio.

 

E’ stata liberata la giornalista del New York Times, Judith Miller, arrestata lo scorso 6 luglio per aver rifiutato di rivelare la fonte anonima che gli aveva reso nota l’identità di un’agente della CIA, Valerie Plame. L’agente è la moglie di un ex diplomatico che contestò le affermazioni dell’amministrazione americana sulla presenza di armi di distruzione di massa in Iraq. L’uomo, Joseph Wilson, era stato inviato in Niger nel 2003 per indagare su un presunto accordo per l’acquisto di materiale nucleare da parte dell’ex presidente iracheno Saddam Hussein. Secondo il quotidiano ‘New York Times’, la fonte della giornalista sarebbe stato Lewis Libby, il capo di gabinetto del vicepresidente Cheney. La vicenda costituisce un ulteriore colpo per l’immagine del presidente Bush, criticato da molti americani per la guerra in Iraq e per la gestione della crisi umanitaria provocata dall’uragano Katrina.

 

La pioggia, il vento, le inondazioni: il Sud-Est asiatico è alle prese con una nuova emergenza maltempo che ha già provocato decine di vittime. Dopo aver attraversato parte della Cina e delle Filippine, il tifone Damrey è arrivato in Vietnam e in Thailandia. In Vietnam, in particolare, sono almeno 54 i morti nella provincia montagnosa di Yen Bai, a 200 chilometri a nord-ovest di Hanoi.

 

 

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