RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
270 - Testo della trasmissione di martedì 27 settembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Prosegue alla Gregoriana la conferenza sulla Nostra
Aetate
OGGI IN PRIMO PIANO:
Il
segretario generale della CEI mons. Betori: la Chiesa è libera di parlare per
il bene del Paese
Proseguono i raid israeliani contro la Striscia di Gaza: ai nostri microfoni Eric Salerno
Vittoria
del centro destra alle elezioni in Polonia: intervista con Roman Gutkowski
CHIESA E SOCIETA’:
Conferita al presidente italiano
Ciampi la cittadinanza onoraria di Roma
La Chiesa celebra oggi la memoria di
San Vincenzo de’ Paoli
Il governo
vietnamita concede al Seminario maggiore di Hanoi, di ammettere nuovi studenti
ogni anno
Almeno 10 morti per un
nuovo attentato kamikaze in Iraq
27 settembre 2005
DOMANI
MATTINA IL PAPA LASCIA LA RESIDENZA ESTIVA
DI
CASTEL GANDOLFO PER RIENTRARE IN VATICANO,
IN
OCCASIONE DELL’UDIENZA GENERALE IN PIAZZA SAN PIETRO.
IERI
POMERIGGIO IL SUO GRAZIE ALLE COMUNITA’ DELLA
CITTADINA LAZIALE
PER
AVERGLI ASSICURATO UN SERENO SOGGIORNO
Benedetto
XVI lascia domani mattina la sua residenza estiva di Castel Gandolfo per tornare
in Vaticano in occasione dell’udienza generale del mercoledì in Piazza San
Pietro. Ieri pomeriggio ha ricevuto, nella Sala degli Svizzeri del Palazzo
Apostolico di Castel Gandolfo, i rappresentanti delle comunità della cittadina
laziale, ringraziandoli per avergli garantito un sereno soggiorno nei mesi
estivi. All'udienza erano presenti, tra gli altri il vescovo di Castel
Gandolfo, mons. Marcello Semeraro, il parroco, le comunità religiose maschili e
femminili, il sindaco e i membri della Giunta e del Consiglio comunale, i
funzionari e gli agenti di Polizia, della Guardia di Finanza, i militari
dell'Arma dei Carabinieri che, in collaborazione con la Gendarmeria Vaticana e
la Guardia Svizzera Pontificia, e gli operatori dei vari servizi del
Governatorato che hanno prestato servizio durante la Sua permanenza nella
residenza estiva. Il servizio di Stefano Leszczynski.
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“Sento
il bisogno di esprimere la mia gratitudine – ha detto il Santo Padre - a coloro
che in questi mesi estivi mi hanno accolto e si sono adoperati per
assicurarmi un soggiorno sereno.” Benedetto XVI ha ricevuto quanti gli sono
stati vicini durante questo periodo e li ha salutati con affetto:
''Il mio saluto si estende alla
Comunità cittadina, che ho sentito tanto vicina in questo periodo. Essa è
sempre generosa verso i pellegrini che, come negli anni scorsi con l'amato
Giovanni Paolo II, anche quest'estate sono venuti a far visita al Papa. La
tradizionale ospitalità degli abitanti di Castel Gandolfo è ben nota. Grazie!”.
Un particolare pensiero è poi andato ai medici e
agli operatori dei vari Servizi del Governatorato e a quanti delle forze di
Polizia e di sicurezza italiane e vaticane gli hanno assicurato una permanenza
tranquilla e sicura nella cittadina di Castel Gandolfo. A ciascuno, il Papa ha
espresso la propria stima e il proprio apprezzamento, unendo ad essi anche un
ricordo affettuoso per le loro famiglie e per le persone care. Prima di
impartire la Benedizione apostolica Benedetto XVI ha assicurato ai convenuti le
proprie preghiere affinché il Signore benedica i loro familiari, il loro
lavoro, i progetti e le attese dell'intera Comunità di Castel Gandolfo.
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LA
DIGNITA’ DELLA PERSONA, CUORE DI OGNI CIVILTA’:
MESSAGGIO
DEL PAPA IN APERTURA DEL “PRIMO INCONTRO
DI CIVILTA”,
ORGANIZZATO
AD ANTIOCHIA, IN TURCHIA.
PRESENTI
LEADER DELLE DIVERSE RELIGIONI INSIEME
A UN
MIGLIAIO DI STUDIOSI, ESPERTI DI TEOLOGIA, STORIA E SOCIOLOGIA
E 40
AMBASCIATORI DI VARI PAESI
-
Servizio di Roberta Gisotti -
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“La
dignità della persona è sempre al cuore stesso di ogni vera civiltà”. Per
questo Benedetto XVI ha invitato i partecipanti ad essere determinati nel voler
“celebrare, nel patrimonio spirituale e culturale di ciascuno, quei valori che
riconoscono la centralità della persona e promuovono la comprensione, il
rispetto e la pace reciproci”. Sottolinea il Papa la particolare urgenza di
questo atteggiamento “in un'era di globalizzazione, in cui può esserci il
pericolo che valori fondamentali umani siano
sacrificati nel nome del progresso o che siano perduti a causa di
ideologie secolari distruttive”. “Ciò comporta - afferma il Santo Padre - di
trovare i mezzi e le strutture che assicurino che la vita in tutta la sua
ricchezza, sia rispettata: che tutti
abbiano accesso ad una condizione di vita dignitosa; che la sicurezza sia
garantita a tutti; che i giovani siano formati nella verità e con ideali
nobili; che le comunicazioni culturali fioriscano; e che la libertà religiosa,
inclusa quella delle minoranze, sia protetta”. Un Messaggio carico di impegni
da assumere e realizzare, che è stato letto da mons. Pier Luigi Celata,
segretario del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, presente ai
lavori a nome della Santa Sede insieme al nunzio in Turchia mons. Edmond
Farhat, e al segretario della prefettura per gli Affari economici, mons. Franco
Croci, mentre per la Conferenza episcopale turca partecipa mons. Luigi
Padovese, vescovo di Antiochia, la città dove i seguaci di Gesù Cristo – ricorda il Santo Padre – furono per la prima
volta chiamati cristiani, indicando che il messaggio del Vangelo non è
confinato ad un singolo popolo, ma attraversa tutti i confini etnici e
culturali”.
Alle
parole di “riconciliazione e pace” di Benedetto XVI aveva fatto eco il primo ministro turco Tayyp Erdogan,
inaugurando domenica sera l’incontro, i cui lavori si sono poi aperti ieri
mattina e proseguiranno fino al 30 settembre. “Dobbiamo dire di no allo scontro
delle civiltà e delle religioni e sì al dialogo e alla armonia”, ha affermato
il capo del governo turco, sottolineando che “il terrorismo non può essere
ascritto ad alcuna religione e perciò non si può parlare nemmeno di terrorismo
islamico”. “Il terrorismo è un delitto contro l'umanità e pertanto è fuori di
ogni religione”, ha aggiunto precisando che “la globalizzazione impone una
scelta tra terrorismo globale e pace globale. Quest'ultima – ha concluso Erdogan
- è una grande opportunità e deve essere la nostra scelta”.
Non
sono però mancati interventi che hanno lamentato ritardi e difficoltà nel dialogo
tra diverse confessioni in Turchia, e per una piena libertà religiosa nel
Paese, nonché la mancanza di una cultura di vera tolleranza verso seguaci di
fedi minoritarie.
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PROSEGUE ALLA PONTIFICIA UNIVERSITÀ GREGORIANA
IL CONVEGNO INTERNAZIONALE
SUI 40 ANNI DELLA
DICHIARAZIONE CONCILIARE “NOSTRA AETATE”.
OGGI ALLO STUDIO LE PROSPETTIVE
DEL DIALOGO CON IL MONDO BUDDISTA
- Servizio di Marco Cardinali -
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L’Asia con le sue comunità cattoliche che spesso non arrivano
nemmeno all’1% della popolazione, è da molti considerata “la periferia” della
Chiesa. Abitata dai due terzi della popolazione mondiale, con il 50% di
giovani, l’Asia è il continente del futuro. Ma per la Chiesa nessuna parte del
mondo è considerata periferia. Basti guardare i tanti viaggi di Giovanni Paolo
II in quella terra e la grande attenzione in questi ultimi quaranta anni per le
sue peculiari problematiche. Ma l’Asia è anche un concentrato di tradizioni
religiose antiche che si incontrano con le società più materialistiche e
secolarizzate. Basti pensare che le “tigri” più ruggenti del capitalismo
mondiale hanno sedi importanti proprio in Oriente. Le contraddizioni che
nascono da questo incontro-scontro creano in Asia molte difficoltà: minoranze
emarginate, poveri nelle periferie, fuori casta disprezzati. In più, le
tradizioni religiose intrecciate profondamente con le culture e gli Stati,
fanno guardare il cristianesimo come una religione straniera. Dentro questo
intreccio di tensioni il Papa Giovanni Paolo II non ha mai smesso di porre Gesù
Cristo e la dignità dell’uomo asiatico che deve essere il punto fondamentale di
discussione quando si parla degli sviluppi del continente.
Alla Gregoriana i relatori alla sessione plenaria di oggi
hanno parlato dell’attuale situazione in quella zona con particolare
riferimento al buddismo. Il punto nodale che si è evinto dalla relazione del
prof. Asanga Tilakaratne, dell’Istituto di Studi Pali e Buddisti dello Sri
Lanka, è un grande bisogno di proseguire negli sforzi comuni di incontro. La
Chiesa Cattolica con la dichiarazione conciliare “Nostra Aetate” ha dato un
grande impulso al dialogo e in epoca relativamente recente anche in ambito
buddista ci si è resi conto della necessità di trovare forme di dialogo permanenti
e idonee che fossero adatte alle situazioni di questo speciale momento storico,
anche se uno dei problemi più grandi è proprio il fatto che il Buddismo non ha
un’autorità centrale che possa essere preposta a intessere relazioni di dialogo
permanente. Ai Buddisti, secondo il professore, il compito di trovare nuove vie
di dialogo che passino dalle posizioni non ufficiali a qualcosa di più concreto,
ma per fare questo naturalmente c’è bisogno di un referente preciso che possa
dialogare con gli altri rappresentanti religiosi, questo anche senza far
violenza al carattere non gerarchico del Buddismo. Il prof Tilakaratne ha
detto, inoltre, che pur sembrando che le religione teistiche e non teistiche
rappresentano due universi troppo diversi e che sembra impossibile una conciliazione,
un incontro, è non solo lodevole, ma fondamentale per la pace e la concordia
dei popoli essere capaci di guardare le cose da un altro punto di vista, essere
cioè capaci di mutare il proprio campo di sguardi e questo è un lavoro che si
compie prima di tutto con la conoscenza reciproca, e quella delle proprie
tradizioni storiche e spirituali specifiche.
Dalla, Gregoriana, Marco Cardinali Radio Vaticana
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GIORNATA
MONDIALE DEL TURISMO NEL SEGNO DI JULES VERNE.
IL PAPA: PROMUOVERE UN TURISMO SANO E POPOLARE
NEL SEGNO DELLA SOLIDARIETA’
- Intervista con mons. Francesco Brugnaro -
Un turismo a misura d’uomo, che “si accompagni
sempre al rispetto per le persone e le culture e possa favorire il dialogo e la
comprensione”. E’ l’auspicio espresso all’Angelus di domenica scorsa da
Benedetto XVI per l’odierna Giornata mondiale del Turismo. Il Papa, in un
messaggio a firma del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, mette in
rilievo l’importanza di promuovere in questo settore “strutture che lo rendano
sano, popolare ed economicamente sostenibile”. Un turismo solidale, quindi, per
il quale da lungo tempo la Chiesa è impegnata in chiave missionaria e
pastorale. Lo conferma il nuovo osservatore della Santa Sede presso l’Organizzazione
Mondiale per il Turismo di Madrid, mons. Francesco Brugnaro, intervistato da
Alessandro De Carolis:
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R. – Credo che il Papa mette in evidenza il desiderio che
il turismo diventi più umano e la caratteristica dell’umanizzazione del turismo
consiste nella solidarietà. Fare cioè in modo che chi parte da casa propria,
dal proprio Paese, mosso dalle intenzioni più diverse - gli affari, la vacanza,
la visita di un Paese per le sue ricchezze paesaggistiche o culturali o
storiche - può spesso ingenerare l’idea che chi vi abita conserva queste
bellezze o queste ricchezze storiche abbia poco da condividere con il
visitatore o il pellegrino o il turista. Ecco allora che il termine solidarietà
lega insieme tutte e tre le componenti: chi parte, chi organizza il viaggio e
le comunità ospitanti, che siano solidali e con dei valori condivisi. Bisogna
togliere allora da questo anonimato indifferente tutte e tre le componenti del
turismo.
D. – Il Papa parla anche di turismo popolare ed
economicamente sostenibile. In particolare penso alle zone devastate dallo
tsunami che di turismo vivono: cosa significa,
in particolare proprio in queste zone, vivere un turismo sostenibile?
R. – Significa mettere in grado coloro che accolgono, e
quindi le popolazioni locali, di non vivere una sperequazione tra il turista
che arriva - con le sue esigenze che sono di solito molto diverse dalla
comunità che lo accoglie - e la loro situazione nel Paese ospitante. Un turismo
vissuto a questi livelli ha certamente
tre caratteristiche: può combattere la povertà, può mettere le popolazioni in
grado di uscire da quell’isolamento che le rende spesso anche più povere -
perché molto spesso non sanno niente del turista che arriva o pensano che tutto
il mondo sia ricco come il turista o magari povero come coloro che lo
accolgono. Terzo, essendo il turismo anche un ampio spazio di evasione, di
riposo, di distrazione legittima come può essere il periodo di ferie e di
vacanza, può permettere che questa possibilità venga fruita e goduta da un
quanto più largo margine di persone possibile.
D. – L’estate appena trascorsa ha avuto pagine
drammatiche, dove terrorismo ed incidenti hanno colpito molti turisti che erano
in vacanza. Pensa che quanto accaduto possa influire in qualche modo sul suo lavoro
di rappresentante della Santa Sede presso l’Organizzazione mondiale del turismo
e sulla missione della Chiesa in questi luoghi?
R. – Credo ci sia da recuperare quel senso che questi
grossi mali vissuti durante l’estate fa nascere nella gente e cioè un grande desiderio
di bene. Facciamo allora in modo che le Chiese locali sensibilizzino anzitutto
i propri fedeli ad essere accoglienti, a creare una solidarietà tra chi arriva
e chi accoglie, ma contemporaneamente anche a proteggere chi ospita, perché spesso
chi arriva, lo fa da un punto di vista di forza: sta poco tempo, arriva spesso
per divertirsi o per evadere e quindi non è sempre coinvolto nel dramma della
popolazione locale. Il turista sovente si rifugia nel grande albergo o in un
posto dove tutto è efficiente, e magari a dieci metri di distanza non c’è acqua
e non c’è corrente elettrica. La Chiesa ha allora questo grande compito: non di
bloccare il turismo, ma fare in modo che le componenti possano solidarizzare
insieme.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il
titolo "La nostra fede: Gesù Amore"; Benedetto XVI conduce il popolo
di Dio verso il Sinodo proseguendo la riflessione sul Mistero Eucaristico.
La solidarietà del Papa
per le popolazioni colpite dai disastri naturali.
Servizio vaticano - La
Dichiarazione Comune della Conferenza episcopale tedesca e della Conferenza
episcopale polacca in occasione del 40 anniversario dello scambio epistolare
del 1965.
Servizio estero - Medio
Oriente: nuove violenze insanguinano la Striscia di Gaza.
Servizio culturale - Un
articolo di Claudio Montuschi sulla mostra - all'Israel Museum - dedicata al
tema "Roma e Gerusalemme: quattro capolavori ebraici dalla Biblioteca Vaticana".
Un articolo di Marcello
Filotei dal titolo "La riscoperta di un compositore fuori dalle correnti":
"Nuovi spazi musicali" introduce con sei concerti a Roma il Festival
per i cento anni dalla nascita di Giacinto Scelsi.
Servizio italiano -
Finanziaria: nuovo allarme dell'FMI sui conti italiani.
Banca d'Italia: continua
il braccio di ferro con il Governo.
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27
settembre 2004
LA
CHIESA E’ LIBERA DI PARLARE PER IL BENE DEL PAESE. COSI’ MONS. BETORI
A CONCLUSIONE
DEI LAVORI DEL CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CEI
- Ai
nostri microfoni lo stesso presule -
A
conclusione dei lavori del Consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana,
i vescovi hanno condensato nel documento finale i molti temi sui quali si è
incentrato il dibattito in seno alla Chiesa italiana. Il documento presentato
stamane presso la nostra emittente si apre con una manifestazione di gratitudine
nei confronti del Santo Padre, che già in questi primi mesi di Pontificato, ha
offerto un ricco insegnamento pastorale. Infine, il richiamo forte alle
istituzioni internazionali e italiane al rispetto e alla tutela della persona,
della vita nascente e della famiglia. Il servizio è di Stefano Leszczynski.
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In relazione alla situazione
italiana i vescovi rilevano le crescenti tensioni sul versante politico con
l’approssimarsi della scadenza elettorale ed esprimono la loro preoccupazione
per gli effetti della crisi economica, in particolare sui ceti più deboli della
società italiana. La difesa della vita nascente e della famiglia richiedono una
maggiore e più attenta tutela – sottolinea la CEI - come già espresso nel corso
della sua visita al Quirinale da parte di Benedetto XVI con il suo richiamo ad
una sana laicità dello Stato, senza l’esclusione di quei riferimenti etici che trovano
il loro fondamento nella religione. E’ inaccettabile per la Chiesa – ha detto
mons. Giuseppe Betori, segretario generale della CEI - la proposta di
istituzionalizzazione delle unioni di fatto, che le assimilino alla famiglia:
“Preoccupa, se vogliamo, il fatto che questa pur significativa
problematica oscuri un’altra problematica che invece non riesce a decollare nei
progetti delle forze politiche e nei loro programmi, e cioè il problema del
sostegno reale alla famiglia fondata sul matrimonio. Mancano politiche a
sostegno della famiglia ormai da decenni e questo non sembra invece attrarre
pari attenzione da parte delle forze politiche: e ciò preoccupa”.
Il rispetto della specificità
dell’istituto familiare fondato sul matrimonio era già stato richiamato dal
cardinale Ruini presidente della CEI sulla base del magistero della Chiesa, la
quale ben lontana da qualsiasi intenzione di ingerenza negli affari dello Stato
italiano, non può certo rinunciare a quelli che sono i suoi principi fondamentali:
“La Chiesa non si lascia certo intimidire e non verrà mai meno,
nell’esercizio del discernimento evangelico e della carità pastorale, al suo
dovere di parlare in modo forte, in modo chiaro per illuminare i credenti e
tutti gli uomini di buona volontà sia su materie che riguardano la fede e la
vita ecclesiale, sia su temi di grande rilevanza morale, come la vita umana, la
famiglia, la giustizia, la solidarietà. Tali interventi della Chiesa non possono
in alcun modo essere considerati una indebita interferenza e tanto meno una
ingerenza nella vita del Paese. Rappresentano piuttosto il costruttivo contributo
del cattolicesimo al bene e allo sviluppo della nostra amata nazione”.
Una particolare preoccupazione è
stata espressa dai vescovi in merito alle recenti catastrofi naturali che hanno
colpito molte regioni del mondo ed hanno auspicato un urgente maggiore
attenzione verso la prevenzione e la protezione attraverso una maggiore tutela
dell’ambiente. Allo stesso modo sono stati a lungo dibattuti i principali temi
di politica internazionale soprattutto in relazione all’emergenza terrorismo ed
all’incessante crisi in Medio Oriente. La CEI non manca inoltre di osservare la
necessità di una ridefinizione degli obiettivi dell’Unione Europea alla luce di
principi di sussidiarietà e solidarietà, in particolare dopo gli esiti negativi
di alcuni referendum sul Trattato costituzionale europeo.
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PROSEGUONO I RAID ISRAELIANI CONTRO LA
STRISCIA DI GAZA
DOPO IL LANCIO DI MISSILI PALESTINESI
NEL NEGHEV. SHARON BATTE NETANYAHU.
RESPINTA DAL LIKUD LA MOZIONE DEL
RIVALE DI ANTICIPARE LE PRIMARIE
- Intervista con Eric Salerno -
Ancora una giornata
di tensione a Gaza e in Cisgiordania, nonostante l'annuncio venuto ieri da
Hamas di uno stop negli attacchi dalla Striscia contro il territorio
israeliano. A Tel Aviv, invece, il premier Ariel Sharon è riuscito nella notte
a sconfiggere in un voto del comitato centrale del Likud, cruciale per il suo
futuro politico, il grande rivale Benyamin Netanyahu. Ce ne parla Salvatore Sabatino:
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La vittoria di
Sharon è giunta con soli 100 voti di scarto. In sostanza, i 3000 membri dell'esecutivo
del grande partito conservatore hanno respinto la mozione di Netanyahu, che
chiedeva di anticipare a novembre l'elezione del nuovo leader, confermando
invece la scadenza naturale di aprile, sei mesi prima delle prossime elezioni
politiche. L'ex-ministro delle finanze puntava ad anticipare le primarie
contando sull'onda dello scontento in seno al partito contro il ritiro da Gaza
per battere Sharon e sostituirlo. Intanto Israele ha proseguito anche la scorsa
notte i raid aerei contro obiettivi palestinesi nella striscia di Gaza, nel
contesto della Operazione “Prima pioggia” intrapresa a partire da sabato per
mettere fine a bombardamenti palestinesi nel Neghev. Il braccio armato di Hamas,
Ezzedin al-Qassam, ha rivendicato la uccisione dell'israeliano Sasson Nuriel,
il cui ca-
davere è stato
trovato ieri a Ramallah, in Cisgiordania. Secondo Hamas, questi era in realtà
“un agente dello Shin Bet”, il servizio di sicurezza di Israele.
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La difficile
situazione politica di Sharon e le ultime tensioni tra israeliani e palestinesi,
sarebbero legate da un unico filo. Ne è convinto Eric
Salerno, corrispondente del quotidiano “il Messaggero” a Gerusalemme:
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R. – Uno dei motivi in questo
momento è lo scontro interno al Partito di Sharon. La sua necessità – e
l’abbiamo vista in questi giorni - è
quella di rafforzarsi e di riuscire a confermare i termini previsti per le
primarie, sconfiggendo il tentativo in questo di Netanyahu e dell’estrema
destra del Likud di mettere in difficoltà Sharon e di portare alla sua esclusione
dalla leadership del Partito. Un altro aspetto è quello del conflitto
all’interno del mondo palestinese, dove i vari schieramenti si stanno
posizionando per le elezioni legislative di gennaio. Hamas ha commesso un
errore ed ha ammesso di aver commesso questo errore nel lanciare una quarantina
di missili contro Sderot, cittadina israeliana, e appena si è reso conto del
grande sbaglio commesso ha riproclamato l’aderenza alla tregua in atto da mesi.
Questo non basta a Sharon, il quale deve continuare a far vedere che è l’uomo
forte, che intende difendere Israele con tutti i mezzi a disposizione e, forse,
come sostengono i giornali e gli analisti israeliani, c’è da vedere anche una
voglia di dare uno schiaffo pesante ad Hamas e ad impedire ad Hamas di presentarsi
– forse – alle prossime elezioni palestinesi.
D. – Sul quotidiano Mariv, in un
editoriale si parlava ieri di Sharon che non sarebbe intenzionato in questo
momento a giungere ad una trattativa definitiva con i palestinesi. E’, secondo
te, questa una teoria condivisibile?
R. – Ancora prima della morte di
Arafat, ma anche dopo, Sharon ha detto: “il disimpegno da Gaza è una mossa che
serve agli interessi di Israele. Ci farà sembrare belli di fronte a tutto il
mondo, ci diranno che siamo bravi. Questa mossa ci consentirà di concentrare le
nostre forze in Cisgiordania e di continuare anche a costruire negli insediamenti
e a rafforzare gli insediamenti in Cisgiordania”. Esattamente quello che sta
facendo. Perciò un negoziato, chiamiamolo, finale sulla sorte della Palestina è
nella sua visione – almeno fino adesso quello che abbiamo visto – una cosa da
rinviare di anni e non di mesi.
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VITTORIA DEL CENTRO DESTRA ALLE ELEZIONI IN
POLONIA.
AL PARTITO CONSERVATORE ''DESTRA E GIUSTIZIA'' IL
26,99% DEI VOTI.
AI LIBERALI DI “PIATTAFORMA CIVICA” IL 24,14%
- Intervista con Roman Gutkowski -
La vittoria del conservatori e
dei liberali alle elezioni legislative polacche è stata ufficialmente
confermata dalla Commissione elettorale nazionale. Il Partito conservatore
''Destra e Giustizia'' (Pis) ha ottenuto il 26,99% dei voti, i liberali di
Piattaforma civica (PO) hanno raccolto
il 24,14%: insieme hanno la maggioranza parlamentare. Al terzo posto si è
piazzato il partito populista
Samoobrona (Autodifesa), con l'11,41%; al quarto sono sprofondati i
socialdemocratici (Sld), finora al potere, che
hanno ottenuto l'11,31%. La lega delle Famiglie polacche (LPR),
ultra-cattolica e nazionalista, ha
ottenuto il 7,97% dei suffragi, mentre il
partito contadino (PLS) il 6,96%. Nessun altro partito ha superato la
soglia di sbarramento del 5 per cento.
Ma quali sono i commenti della gente al risultato di queste elezioni? Fausta
Speranza ha raggiunto telefonicamente a Varsavia il giornalista Roman Gutkowski:
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R. – I risultati di queste
elezioni, da una parte, sono conformi alle previsioni, dall’altra, sono sorprendenti.
Conformi alle previsioni perché la Polonia si è spostata a destra dopo i
quattro anni di governi postcomunisti. I polacchi volevano punire i
postcomunisti dell’Alleanza della sinistra democratica. Il risultato dell’11
per cento da loro ottenuto è quattro volte inferiore rispetto a quello di
quattro anni fa. E sono poi risultati sorprendenti perché in seno alla destra i
vincitori sono quelli del Partito conservatore, mentre tutte le previsioni
davano vincenti i liberali della piattaforma civica. Questo è un fatto sorprendente.
D.- Ci spieghi qual è la
differenza sostanziale di programma tra il partito conservatore e i liberali?
R. – I conservatori di “Destra e
Giustizia” sono guidati da uno dei fratelli gemelli Kaczynski, Jaroslav. Il
loro programma, per quanto riguarda l’economia, è piuttosto di sinistra e
questo è strano, perché essi vogliono un ruolo importante dello Stato
nell’economia e nell’assistenza. I liberali, invece, volevano imporre
un’imposta del 15 per cento che andrebbe bene per i più ricchi. I conservatori
di “Destra e Giustizia” dicevano che con questa misura i ricchi saranno più
ricchi e i poveri più poveri. E grazie a questo argomento hanno vinto le
elezioni. Non si sa quale sarà il futuro governo perché il partito conservatore
è diretto da uno dei fratelli gemelli. L’altro si candida alle elezioni presidenziali
e adesso si dice che il nuovo governo potrebbe essere formato solo dopo le
elezioni presidenziali, fra un mese. E questo perché i sondaggi dicono che i
polacchi non vogliono essere governati dai due fratelli gemelli, uno alla
presidenza del governo e l’altro alla presidenza della Repubblica.
D. – Quindi è difficile fare
ipotesi su quale sarà il programma politico ...
R. – Se parliamo di politica
estera, ad esempio, è più facile dire: si suppone che questo nuovo governo sarà
molto più filo americano, mentre le sue relazioni con la Germania, la Russia
saranno più difficili. La Polonia dovrebbe diventare molto più nazionalista e
quindi anche con l’Unione Europea, sul piano finanziario, dovrebbe essere più
difficile trovare un’intesa con gli altri Stati.
D. – Qual è la situazione
sociale oggi della Polonia, che da maggio 2004 è Paese membro dell’Unione
Europea?
R.- Il problema maggiore in
Polonia è la disoccupazione che alcune statistiche danno al 18 per cento, altre
al 20 per cento. Poi ci sono tante divergenze sociali. C’è un 1 per cento di
polacchi ricchi e poi un 60 per cento di polacchi che vive al di sotto del
minimo sociale. Il programma del nuovo governo prevede la creazione di numerosi
posti di lavoro, ma non si sa esattamente come sarà possibile farlo. La gente è
favorevole alla partecipazione all’Unione Europea, questo è vero, però i fondi
europei sono destinati soprattutto agli agricoltori per cui gli altri settori
sono scontenti.
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27
settembre 2005
CONFERITA
AL PRESIDENTE ITALIANO CIAMPI LA CITTADINANZA ONORARIA DI ROMA.
AL
TERMINE DELLA CERIMONIA, CIAMPI HA RICORDATO LE FRASI
IN
DIALETTO ROMANESCO PRONUNCIATE DA GIOVANNI PAOLO II
NEL
2004 NELL’INCONTRO CON IL CLERO ROMANO
- A
cura di Amedeo Lomonaco -
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L’IMPEGNO
DEI CATTOLICI È AL SERVIZIO DELL’UOMO. LO HA DETTO
IL
CARDINALE CAMILLO RUINI, PRESIDENTE DELLA CEI,
APRENDO
IERI A ROMA L’ANNO PASTORALE
ROMA. = La Chiesa non rappresenta un’enclave, né un residuo
del passato. Riaffermando i valori insiti nel proprio patrimonio culturale, che
è patrimonio di tutti, dà voce ad una profonda e diffusa convinzione. Lo ha
detto il cardinale Camillo Ruini, vicario del Papa per la diocesi di Roma e
presidente della Conferenza episcopale italiana (CEI), intervenendo ieri,
nell’auditorium del Santuario romano della Madonna del Divino Amore, al tradizionale
incontro per l’inizio dell’anno pastorale. Durante l’incontro, incentrato sulla
pastorale per i separati e per i divorziati risposati, il cardinale Ruini,
accolto da oltre 1200 tra sacerdoti e diaconi permanenti, ha sottolineato che
il risultato del referendum sulla fecondazione assistita è stato il frutto di
un impegno comune. Ora – ha spiegato il porporato - occorre mantenere questa
unità per rendere un grande servizio all’uomo. Un servizio – ha aggiunto il
cardinale – da attuare di fronte e a tutte le “grandi tematiche che riguardano
l’uomo, per le quali viene richiesto un intervento legislativo, come accade per
il tema delle unioni di fatto”. Il cardinale Ruini si è soffermato anche sul
ruolo dei sacerdoti: “Il prete – ha affermato – deve continuare ad essere uomo
della carità pastorale, sia per lo stile sia per le proposte dei contenuti, che
rispondono al vero bene dell’uomo e della società. La capacità di saper
interloquire con il vissuto della gente è fondamentale”. I sacerdoti e i
diaconi hanno confermato con un caloroso applauso “l’amicizia”, “la solidarietà”,
“la disponibilità al cammino comune” espressa dal vice gerente di Roma, mons.
Luigi Moretti, ringraziando il presidente della CEI per la “guida ferma ed
illuminata della diocesi romana e di tutta la Chiesa italiana”. (A.L.)
LA
REGIONE EMILIA ROMAGNA OFFRIRÀ L’OLIO PER LA LAMPADA VOTIVA IN OCCASIONE DELLA
FESTA DI SAN FRANCESCO, AD ASSISI IL
PROSSIMO 4 OTTOBRE.
LO HA RESO
NOTO IERI, IN CONFERENZA STAMPA L’ARCIVESCOVO DI BOLOGNA,
MONS.
CARLO CAFFARRA
- A cura di Stefano Andrini -
BOLOGNA. = Saranno la Regione
Emilia–Romagna e il Comune di Bologna a rappresentare, per la quarta volta da
quando la tradizione ha avuto inizio, tutti gli italiani all’offerta dell’olio
ed all’accensione della lampada votiva che si terrà ad Assisi il 4 ottobre, in
occasione della festa di san Francesco. “E’ un’occasione grande per
l’Emilia–Romagna” - ha detto il presidente della Conferenza episcopale
regionale Carlo Caffarra, in sede di presentazione del programma - “che ci aiuta
a riflettere sulle ricchezze che abbiamo avuto dalla corrente francescana in
campo culturale, teologico e della solidarietà. Che il presidente della
Regione, il sindaco del capoluogo e l’arcivescovo di Bologna si ritrovino insieme
attorno a Francesco è un fatto di alto significato simbolico”. Mons. Caffarra
ha poi indicato le cinque priorità, tipiche di Francesco, da recuperare:
interiorità, fraternità, riconciliazione, povertà come solidarietà, e la pace.
“Il messaggio che porteremo” ha sottolineato il presidente della Regione, Vasco
Errani “è in sintonia con i valori di pace, dialogo, cooperazione e solidarietà
che nella nostra comunità sono molto radicati”. “Il nostro compito” ha
ricordato il sindaco di Bologna, Sergio Cofferati “è molto impegnativo. In
questo modo si riconferma lo spirito di Assisi che ha come pilastro il tema
della pace”. Le celebrazioni inizieranno nel pomeriggio del 3 ottobre alla
Porziuncola, con la commemorazione del Transito di Francesco, che sarà
presieduta da mons. Giuseppe Verucchi, arcivescovo di Ravenna. Il 4 ottobre si
svolgerà la solenne celebrazione presieduta da mons. Caffarra. Toccherà al
sindaco Cofferati, prima del “Gloria”, accendere la lampada votiva dei Comuni
d’Italia. Alle 11.30 dalla Loggia del Sacro Convento ci saranno i saluti del ministro
generale dell’Ordine dei Frati minori conventuali p. Jachim Giermek, del
presidente Errani e il messaggio all’Italia del presidente del Consiglio,
Silvio Berlusconi. La giornata si concluderà alle 16 con i Vespri pontificali,
presieduti da mons. Paolo Rabitti, arcivescovo di Ferrara–Comacchio.
LA CHIESA CELEBRA OGGI
LA MEMORIA DI SAN VINCENZO DE’ PAOLI,
RICORDATO DOMENICA SCORSA DAL PAPA COME UNO DEI
GRANDI SANTI
DELLA CARITÀ
- A cura di Alessandro De Carolis -
ROMA. = Un pezzo di pane per gli
indigenti, un lavoro e uno scopo per gli accattoni, consolazione e assistenza
per carcerati o ammalati. E dall’altro lato, dei nullatenenti da poter servire
per i ricchi e nobili. Il tutto per dare sostanza a una convinzione, semplice e
diretta: “Dio ama i poveri e, per conseguenza, ama quelli che amano i poveri”.
E’ questa una delle frasi emblematiche di San Vincenzo de’ Paoli, il fondatore
delle Figlie della carità e dei Preti della missione, i Lazzaristi. Nella
Francia del Seicento - attraversata dall’ambizione degli ecclesiastici “di
carriera” che gettano un’ombra sul ministero del sacerdote - San Vincenzo de’
Paoli è un nuovo giullare di Dio: mite, affabile, dotato di uno humour
raffinato e soprattutto di una capacità di accoglienza delle miserie umane
senza limiti. La sua pietà e la sua umanità toccano il cuore dei fortunati che,
grazie a lui, sperimentano il privilegio cristiano della scelta degli ultimi. E
offrono un riscatto per chi, dalle masse rurali e quelle proletarie, ha bisogno
di una speranza che le vicende della vita sembrano rifiutare. San Vincenzo sa
che un cuore capace di misericordia non è il risultato di uno spirito filantropico
ma un dono di Dio: “Che ce ne riempia e che ce lo conservi”, scrive in una
delle sue lettere. “Il servizio dei poveri – continua - deve essere preferito a
tutto. Non ci devono essere ritardi. Se nell'ora dell'orazione avete da portare
una medicina o un soccorso a un povero, andatevi tranquillamente (...) Non è lasciare
Dio, quando si lascia Dio per Iddio, ossia un'opera di Dio per farne un'altra.
Se lasciate l'orazione per assistere un povero, sappiate che far questo è
servire Dio. La carità è superiore a tutte le regole, e tutto deve riferirsi ad
essa (...) Serviamo dunque con rinnovato amore i poveri e cerchiamo i più
abbandonati. Essi sono i nostri signori e padroni”.
IL GOVERNO VIETNAMITA CONCEDE AL
SEMINARIO MAGGIORE DI HANOI,
DI AMMETTERE NUOVI STUDENTI OGNI
ANNO. LA DISPOSIZIONE ATTUALE PREVEDE L’INGRESSO A NUOVI CANDIDATI, SELEZIONATI
DALLO STATO, OGNI DUE ANNI
HANOI. = Il governo vietnamita ha autorizzato il
Seminario maggiore S. Giuseppe di Hanoi ad ammettere nuovi seminaristi, ogni anno.
Il Vietnam è uno dei Paesi con il maggior numero di vocazioni al sacerdozio. Lo
Stato permette di far entrare nuovi seminaristi solo ogni due anni,
stabilendone inoltre il numero massimo. La notizia è stata accolta con grande
soddisfazione, ma l’arcivescovo di Hanoi, mons. Joseph Ngô Quang Kiêt, ha aggiunto che non ci sono posti per
tutti i nuovi 60 seminaristi. La struttura attuale è già sovraffollata, e la
Casa salesiana presa in prestito può contenere solo 50 seminaristi. Mons. Kiêt ha inoltrato la richiesta al
governo, per poter costruire una nuova casa “per poter essere in grado di accogliere
gli studenti ogni anno”. Il vescovo della diocesi di Hung Hoa, mons. Antoine Vu
Huy Chuong, ha spiegato all’agenzia ‘AsiaNews’, che “il Seminario di Hanoi aiuterà
a soddisfare le esigenze delle comunità cattoliche non solo del Vietnam del
nord ma anche del resto del territorio”. L’iniziativa costituisce un grande
passo avanti per il Paese. Dopo questa autorizzazione da parte del governo
vietnamita si spera, adesso, che il permesso venga esteso anche agli altri
cinque seminari maggiori del Vietnam. In tal caso, bisognerà anche costruire
nuovi edifici annessi alle diocesi, per contenere il grande numero di studenti.
(R.R)
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27
settembre 2005
- A cura di Fausta Speranza -
Tornano nel mirino dei
terroristi le folle di aspiranti poliziotti che fanno la fila per essere
reclutati nelle città irachene. Stamane un kamikaze si è mescolato a loro e si
è fatto saltare in aria, davanti ad un ufficio di reclutamento a Baquba (a nord
di Baghdad), provocando una strage: almeno 10 morti e 26 feriti, alcuni gravi.
Nelle stesse ore, a Kirkuk, è stato assassinato un alto funzionario del
Dipartimento dell'antiterrorismo iracheno. Da parte sua, il consigliere della
sicurezza nazionale, Muaffak al Rubaie, fa sapere che il numero due della rete
terroristica al Qaeda in Iraq, Abu Azzam, è stato ucciso nel corso di
un'operazione congiunta irachena-americana. Intanto, il segretario generale
della Nato, Jaap de Hoop Scheffer, ha inaugurato a Baghdad il quartier generale
della missione di formazione dell'organizzazione in Iraq. La struttura si trova
nella zona verde, l'area recintata e protetta al centro della capitale, dove
sono situate le ambasciate americana e britannica e la sede del governo
iracheno. Finora gli uffici della missione della NATO in Iraq erano ospitati
nell'Ambasciata americana.
Un “serio avvertimento” è stato
lanciato oggi dall'Iran all'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA). “Se l'agenzia e gli europei
avranno un atteggiamento duro con noi,
questo ci porterà ad una situazione in
cui prenderemo misure ancora più dure”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, Hamid
Reza Asefi, citato dall'agenzia
ufficiale Irna. Asefi ha confermato quanto detto ieri sera in un comunicato del
Ministero degli esteri, cioè che l'Iran sospenderà tutte le misure ''volontarie e temporanee''
assunte negli anni scorsi, se l'AIEA
dovesse riferire il caso al Consiglio di Sicurezza dell'ONU per eventuali sanzioni contro la Repubblica islamica.
Teheran riprenderebbe dunque l'arricchimento dell'uranio e sospenderebbe l'applicazione del Protocollo
aggiuntivo al Trattato di non
proliferazione nucleare (TNP), che consente ispezioni anche a sorpresa ai suoi
siti. Il Consiglio dei governatori dell’AIEA ha approvato sabato scorso una
risoluzione proposta da Francia, Germania e Gran Bretagna che apre la strada a un possibile trasferimento del caso al Consiglio di Sicurezza.
Il presidente Hosni Mubarak, al potere dal 1981, ha giurato oggi
davanti al parlamento quale primo presidente eletto del suo Paese. “Nel nome di
Allah, l'onnipotente - ha detto Mubarak - giuro di porre l'interesse del popolo
quale priorità... e difendere la sovranità e l'indipendenza della Repubblica”.
Mubarak, 77 anni, è uscito vincitore dalle prime elezioni presidenziali
pluraliste dei 52 anni di Repubblica egiziana. In realtà, è al suo quinto mandato
presidenziale che durerà sei anni. Ha conquistato l’89% dei voti ma alle urne
si è recato solo il 23 % dei 32 milioni di aventi diritto. Il presidente
egiziano ha assicurato che le promesse elettorali saranno realizzate.
In un'iniziativa senza precedenti, il vice premier e ministro
della Difesa libanese, Elias Murr, ferito in luglio in un attentato nei pressi
di Beirut, ha rivelato di essere stato minacciato dall'ex capo
dell'intelligence militare siriana in Libano, generale Rustom Ghazali. Il nostro servizio:
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Per la sua denuncia, il vice
premier Elias Murr ha scelto la Tv libanese LBC, per cui lavorava la
giornalista May Shidiak, a sua volta rimasta gravemente ferita due giorni fa in
un attentato. Murr ha affermato di essere entrato in contrasto con Ghazali, ex
capo dell'intelligence militare siriana in Libano, dopo la scoperta del gruppo
di sospetti integralisti islamici che stava pianificando attentati contro
l'ambasciata d'Italia e altri obiettivi a Beirut, nel settembre dello scorso
anno. Murr, ha raccontato che, all'epoca, in seguito a scontri tra libanesi e
immigrati siriani a Buorj-Hammud, alla periferia est di Beirut, Ghazali gli
avrebbe indirizzato ''frasi irrispettose e inammissibili'' tramite il capo
della gendarmeria, Said Eid. Ha parlato di minacce alla propria incolumità
personale il vice premier Murr, che è anche ministro della Difesa,
sottolineando di aver saputo che alcuni immigrati siriani erano stati
mobilitati contro di lui. Murr ha
parlato in collegamento telefonico da
Zurigo, dove si sta riprendendo dai postumi delle ferite riportate
nell'attentato del 12 luglio, in cui è rimasto ucciso un automobilista di
passaggio. ''Ne ho le scatole piene, dopo quello che ha subito May. Occorre che
parli. La vicenda lo impone'', ha spiegato Murr, riferendosi all'attentato
contro la giornalista di LBC, che ha dovuto subire l'amputazione del braccio e
della gamba sinistri. Resta da ricordare che il generale Ghazali, al comando dell'intelligence
militare fino al ritiro delle truppe
siriane, nell'aprile scorso, è uno degli ex capi dei servizi di sicurezza di
Damasco in Libano, che la scorsa
settimana sono stati interrogati in veste di testimoni dagli investigatori ONU che indagano
sull'uccisione dell'ex premier libanese, Rafik Hariri, nell'attentato di San
Valentino.
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Assolto ''perchè il fatto non è più previsto dalla legge come
reato”. Con questa formula si è chiuso ieri a Milano, dopo circa 10 anni, il
processo All Iberian, dove il presidente del
Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, era imputato insieme con tre ex
manager della Fininvest: Giancarlo
Foscale, Alfredo Zuccotti e Ubaldo Livolsi. Tutti, secondo l'accusa, avrebbero
falsificato i bilanci Fininvest tra il dicembre '89 e il dicembre '95. Critiche
dall'opposizione che sottolinea come Berlusconi sia stato assolto grazie ad una
legge ad personam che nel 2002 ha
cancellato il reato di falso in bilancio. Soddisfazione invece nel
centrodestra. Esponenti di Forza Italia ricordano che finalmente ''la verità è
emersa”, mentre “il castello accusatorio contro il premier si sgretola”.
Sono in corso nel Canale di Sicilia le ricerche di un barcone in
difficoltà con una sessantina di clandestini a bordo. A lanciare l'allarme è
stato ieri sera il fratello di uno degli immigrati, residente a Reggio
Calabria, che dopo avere ricevuto una telefonata dall'imbarcazione ha girato la
richiesta d'aiuto alle forze dell'ordine. Intanto, la notte scorsa sono giunti
nel porto di Lampedusa i 315 clandestini, tra cui 5 donne, intercettati a 35
miglia dall'isola da due motovedette della Guardia di finanza. Gli
extracomunitari hanno dichiarato di essere in gran parte pachistani. Altri 245
erano stati invece soccorsi ieri mattina a largo delle coste ragusane dopo
avere rifiutato alcune ore prima l'aiuto delle motovedette maltesi.
Un ordigno è esploso stamane in una centrale elettrica in disuso
nei pressi di Saragozza: l'attentato, che non ha provocato nessuna vittima, è
stato rivendicato dall'ETA, il movimento
armato basco. Lo riferiscono i media citando fonti della polizia. L'esplosione,
che era stata preannunciata, segue il comunicato con cui ETA affermava
oggi di vedere ''nuove opportunità” di
pace ma ribadiva la volontà di
continuare la lotta.
In Algeria, tre soldati, tra cui un ufficiale, sono stati uccisi
ieri dall'esplosione di una bomba artigianale a Ouzina, nella regione di
Djelfa, 275 km a sud della capitale Algeri. Lo riferisce il quotidiano Liberté nella sua edizione on line. Le
vittime erano a bordo di un camion di un convoglio militare che partecipava a
un'operazione di rastrellamento. La bomba è esplosa al passaggio del convoglio.
Domenica scorsa, tre membri delle Forze di sicurezza erano stati uccisi e altri
sei feriti in due attentati messi a segno da gruppi armati islamici a est e a
ovest di Algeri.
Ieri, 370 persone sono
state arrestate all'esterno della Casa Bianca e del Pentagono a Washington, in un giorno di manifestazioni di
protesta pacifiche contro la guerra in Iraq. E' finita in manette anche Cindy
Sheehan, la mamma di un soldato ucciso in Iraq diventata una leader del movimento
pacifista. Per tutti gli arrestati,
fotosegnalazione negli uffici della
polizia e una multa da 50 dollari per manifestazione non autorizzata, prima della scarcerazione.
Il rinvenimento di una coppia
di texani uccisi da un albero caduto sulla loro abitazione ha ulteriormente aggravato il bilancio delle
vittime dell'uragano Rita, che ha
fatto, direttamente o indirettamente, 11 morti, senza contare i 24 anziani bruciati nell'autobus che li portava
via da Houston giovedì scorso. Rita, abbattutasi all'alba di sabato tra Texas e
Louisiana, ha ucciso un'altra persona in Texas, una in Mississippi in un
tornado e due in Florida (due bagnanti
annegati durante una mareggiata). Inoltre, cinque persone sono
state trovate morte in un alloggio di
Beaumont, in Texas: i cinque, un uomo, una donna e tre bambini, sono stati
uccisi dai fumi di un generatore, che
avevano messo in funzione dopo che l'uragano aveva fatto saltare la luce. E c’è
poi un triste aggiornamento del numero delle vittime del precedente uragano
Katrina, che salgono a oltre mille morti, precisamente 1031.
Afghanistan: un soldato ed un marine statunitensi sono stati uccisi in due separati attacchi da
parte di guerriglieri taleban. Lo hanno
riferito fonti dell'esercito americano.
Il soldato è stato ucciso a Kandahar mentre il marine a Asadabad. Intanto, il
ministro dell'Interno afghano, Ali Ahmad Jalali, ha deciso dirassegnare le
dimissioni, secondo quanto ha reso noto una fonte governativa, apparentemente a
causa di contrasti con il presidente Hamid Karzai circa le nomine di funzionari
provinciali. “Sì, ha deciso di dimettersi”, ha confermato una fonte del
Ministero dell'interno, che ha chiesto di restare anonima e che non ha aggiunto
altri particolari. Jalali, ex giornalista e tecnocrate di formazione occidentale,
è tornato in Afghanistan nel 2002 dopo aver passato molti anni in esilio negli
Stati Uniti.
I servizi di sicurezza della marina filippina hanno sequestrato
oggi due tonnellate di nitrato
d'ammonio, prodotto chimico che può
essere utilizzato nella fabbricazione di ordigni esplosivi. Lo hanno
reso noto fonti militari. I militari hanno scoperto un deposito su un'isola a
largo di quella di Basilan, nel sud, bastione dell'organizzazione islamica Abu
Sayyaf, sequestrando 42 sacchi contenenti più di due tonnellate di nitrato
d'ammonio. Il nitrato d'ammonio è un
prodotto chimico usato come concime che, mescolato con la benzina, può
trasformarsi in esplosivo. Questo è il
metodo usato in molti attentati attribuiti a Abu Sayyaf, movimento accusato di
avere legami con la rete internazionale terroristica al Qaeda. In particolare,
l'organizzazione aveva usato questo esplosivo nell'attentato contro un traghetto attraccato al porto di
Basilan, che aveva provocato due morti
e una trentina di feriti a fine agosto.
Il presidente russo, Vladimir
Putin, ha oggi escluso in modo categorico negoziati con il Giappone sulla
sovranità delle isole Kurili, incorporate dall'URSS alla fine della seconda
Guerra mondiale e rivendicate da Tokyo. Rispondendo in diretta TV alle domande
del pubblico, il leader del Cremlino ha sottolineato che la sovranità della
Russia su quelle isole non può essere rimessa in discussione ed è sancita dal diritto internazionale.
Malgrado la secca puntualizzazione, Putin si è detto pronto a colloqui con il
Giappone alla ricerca di una soluzione “reciprocamente soddisfacente e benefica
per gli abitanti della regione”. L'irrisolto problema delle Kurili, che ha
finora impedito a Mosca e a Tokyo di firmare un formale trattato di pace a
conclusione del secondo conflitto mondiale, è stato affrontato da Putin
soltanto di passaggio.
Due ragazze sono morte in un
incendio scoppiato stanotte in un ostello studentesco a Mosca. Le fiamme sono
divampate verso le 4:00 del mattino ora locale, in uno dei 16 piani dell'edificio. I vigili del fuoco sono
riusciti ad evacuare circa 150 occupanti. Oltre alle due vittime, ci sono altri
quattro giovani che hanno riportato serie ustioni e sono ricoverati in
ospedale.
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