RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 269 - Testo della trasmissione di lunedì 26  settembre 2005

 

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Papa ha ricevuto stamane un altro gruppo di vescovi messicani in visita “ad Limina”. Nel pomeriggio il saluto alle Comunità di Castel Gandolfo prima di rientrare, mercoledì prossimo, in Vaticano. Sabato scorso il colloquio con il prof. Hans Küng

 

L’Eucaristia, sorgente della carità evangelica, da riscoprire come energia spirituale nella vita quotidiana del cristiano: il commento di mons. Bruno Forte all’Angelus del Papa

 

Oggi si è aperto in Vaticano un simposio nel 40° del Decreto conciliare Perfectae Caritatis sul rinnovamento della vita religiosa: con noi mons. Franc Rodé

Nel dialogo con ebraismo e islam, è il “rispetto” la parola-chiave per un confronto nella verità e nella diversità: lo ha detto mons. Fitzgerald al convegno per i 40 anni della Nostra Aetate

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Oggi a Belfast l’atteso annuncio sul disarmo dell’IRA: ce ne parla Silvia Calamati

 

Delusione delle ONG per la limitata riduzione del debito dei Paesi poveri decisa da Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale: intervista con Antonio Tricarico

La Polonia cambia maggioranza: vittoria del centro-destra alle elezioni di ieri. Ai nostri microfoni Tadeusz Konopka

 

In Libano sono stabili le condizioni della giornalista cristiana vittima ieri di un attentato a Beirut: le sono stati amputati un braccio e una gamba. Ce ne parla Camille Eid

 

CHIESA E SOCIETA’:

Togo : oltre 400 morti nelle violenze scoppiate per le elezioni del maggio scorso. La denuncia dell’ONU

 

Argentina: nella Chiesa di Santa Cruz a Buenos Aires si celebra la commemorazione delle due suore francesi vittime della dittatura militare

 

Libano: fondato centro di preghiera e raccoglimento dedicato a padre Pio

 

Architetti da tutto il mondo chiamati a partecipare ad un concorso internazionale indetto dalla Thailandia per la costruzione di un monumento in memoria delle vittime dello tsunami

 

Le autorità indiane presentano un piano per migliorare la condizione femminile nel Paese

 

Va ai progetti per Haiti il premio statunitense per le organizzazioni umanitarie

 

24 ORE NEL MONDO:

        Iraq: è di almeno 10 morti il bilancio di un attentato suicida a Baghdad

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

26 settembre 2005

 

 

STAMANE IL PAPA HA  RICEVUTO  IL QUARTO GRUPPO DI VESCOVI MESSICANI

IN VISITA AD LIMINA. NEL POMERIGGIO, IL SALUTO ALLE COMUNITA’

DI CASTEL GANDOLFO PRIMA DEL SUO RIENTRO, MERCOLEDI’ PROSSIMO, IN VATICANO

 

Stamane il Papa ha ricevuto  nel Palazzo Apostolico di Castel  Gandolfo alcuni  vescovi messicani in visita “ad Limina”. Si tratta del quarto gruppo di presuli della Conferenza Episcopale del Messico, i cui membri hanno iniziato gli incontri con il Santo Padre a partire dal primo settembre. La visita “ad Limina” si concluderà il primo ottobre, alla vigilia dell’apertura del Sinodo sull’Eucaristia. Nel pomeriggio di oggi, alle 17, 30, Benedetto XVI saluterà le Comunità di Castel Gandolfo prima di lasciare la sua residenza estiva: mercoledì 28 settembre il Pontefice ritornerà infatti in Vaticano in occasione dell’udienza generale in Piazza San Pietro.

 

 

BENEDETTO XVI HA INCONTRATO SABATO SCORSO IL PROF. HANS KÜNG

 

Sabato scorso ha avuto luogo un colloquio tra Benedetto XVI e il prof. Hans Küng. Lo ha reso noto il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Joaquín Navarro-Valls, che ha rilasciato ai giornalisti la seguente dichiarazione:

 

“L’incontro si è svolto in un clima amichevole. Entrambi le parti erano d’accordo che non avesse senso entrare, nel quadro dell’incontro, in una disputa circa le questioni dottrinali persistenti tra Hans Küng e il Magistero della Chiesa Cattolica. Il colloquio si è concentrato, pertanto, su due tematiche che recentemente rivestono particolare interesse per il lavoro di Hans Küng: la questione del Weltethos (etica mondiale) e il dialogo della ragione delle scienze naturali con la ragione della fede cristiana. Il prof. Küng ha sottolineato che il suo progetto di Weltethos non è affatto una costruzione intellettuale astratta; si mettono in luce piuttosto i valori morali circa i quali le grandi religioni del mondo convergono, nonostante tutte le differenze, e che possono essere percepibili quali criteri validi – atteso la ragionevolezza convincente di essi – dalla ragione secolare. Il Papa ha apprezzato lo sforzo del prof. Küng di contribuire ad un rinnovato riconoscimento degli essenziali valori morali dell’umanità attraverso il dialogo delle religioni e nell’incontro con la ragione secolare. Ha sottolineato che l’impegno per una rinnovata consapevolezza dei valori che sostengono la vita umana è pure un obiettivo importante del suo Pontificato. Nel contempo il Papa ha riaffermato il suo accordo circa il tentativo del prof. Küng di ravvivare il dialogo tra fede e scienze naturali e di far valere, nei confronti del pensiero scientifico, la ragionevolezza e la necessità della Gottesfrage (la questione circa Dio). Da parte sua, il prof. Küng ha espresso il suo plauso circa gli sforzi del Papa a favore del dialogo delle religioni e anche circa l’incontro con i differenti gruppi sociali del mondo moderno”.

 

 

L’EUCARISTIA, SORGENTE DELLA CARITA’ EVANGELICA,

DA RISCOPRIRE COME ENERGIA SPIRITUALE NELLA VITA QUOTIDIANA DEL CRISTIANO.

UN COMMENTO ALL’ANGELUS DI MONS. BRUNO FORTE

 

         C’è uno stretto legame tra l’Eucaristia e la carità evangelica, perché fu Cristo stesso nell’Ultima Cena a dare ai discepoli e alla Chiesa nascente “l’esempio supremo di amore” - lavando i piedi dei Dodici - e affidando loro con il suo corpo e il suo sangue “la sua più preziosa eredità”. E’ l’insegnamento offerto ieri all’Angelus da Benedetto XVI, che ha voluto richiamare i cristiani sul valore della solidarietà e dell’accoglienza verso tutti, sull’esempio dei Santi. Un insegnamento che dimostra come l’amore cristiano abbia una radice profondamente spirituale, e non sia frutto di semplice filantropia. Lo ribadisce l’arcivescovo di Chiesti Vasto, Bruno Forte, intervistato da Alessandro De Carolis:

 

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R. – Ciò che Benedetto XVI ha voluto sottolineare è che l’Eucaristia è il Sacramento dell’agape, dell’amore con cui Cristo si è consegnato alla morte per noi. Ecco perché si potrebbe dire che il compendio di tutto il Vangelo Jesus Charitas: Gesù rivelazione e dono dell’amore che viene dall’alto. Ed ecco anche perché il prossimo Sinodo dei vescovi dovrà avere al centro l’attenzione su questo rapporto fra l’amore di Cristo, il Sacramento eucaristico e l’amore vissuto nella Chiesa sia a livello della comunione ecclesiale, sia a livello dell’impegno dei battezzati al servizio dei più deboli e dei più poveri.

 

D. – Ciò che Benedetto XVI fa notare è che, in fondo, non vi può essere azione concreta e quotidiana per un cristiano che non riceva – afferma – “energia spirituale” dall’Eucaristia. Un invito ad accostarsi di più a questo Sacramento?

 

R. – Certamente. Tutti coloro che fanno esperienza dell’Eucaristia quotidiana sanno quale immenso dono costituisca per la vita umana l’incontro di ogni giorno con il Signore Gesù, nel suo mistero pasquale. Non dimentichiamo che la parola “agape” è greca ed ha nell’etimologia anche il richiamo dell’“agonia”, ovvero della lotta e della passione. Non è facile, dunque, amare come l’agape ci chiede. Ecco perché per amare così sia necessaria una forza dall’alto e questa forza Gesù ce la offre quotidianamente nel Pane di vita della sua Eucaristia, dove offre se stesso. Ecco perché è così importante anche il richiamo ad una frequente partecipazione all’Eucaristia.

 

D. – Come lei stesso ha ricordato, fra pochi giorni inizierà il Sinodo sull’Eucaristia e la Chiesa si interrogherà su questo Sacramento a conclusione di un anno speciale dedicato interamente al mistero dell’Ultima Cena. Che bilancio è possibile fare? Che frutti ha portato, secondo la sua esperienza?

 

R. – Certamente c’è stata una rinnovata attenzione di tutte le Chiese alla centralità dell’Eucaristia per la vita della Chiesa stessa e, dunque, anche un rilancio dell’annuncio e dell’evangelizzazione, vorrei dire, dell’Eucaristia domenicale. Anch’io, personalmente, mi sono reso conto - sulla base delle reazioni, delle risposte, delle domande che mi sono state rivolte dai fedeli e non solo nella mia diocesi ma, come ho letto, anche in tante parti d’Italia e del mondo - di come ci sia questo grande bisogno di riscoprire il dono dell’Eucaristia, proprio come presenza viva di Cristo. Al centro del cristianesimo non c’è qualcosa, c’è Qualcuno: Jesus Charitas, Gesù amore, come ci diceva ieri il Papa. E Gesù amore si offre a noi proprio nel Pane della vita. Perciò è così necessario e così bello celebrare l’Eucaristia, incontrarsi con Gesù nell’Eucaristia: ogni domenica, come Pasqua della settimana, ma anche ogni giorno come auspicio che si possa fare ad ogni cristiano che possa farlo e che voglia vivere in pienezza la sequela di Cristo.

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OGGI SI E’ APERTO IN VATICANO UN SIMPOSIO NEL 40.MO

  DEL DECRETO CONCILIARE PERFECTAE CARITATIS

 SUL RINNOVAMENTO DELLA VITA RELIGIOSA

- Intervista con mons. Franc Rodé -

 

Si è aperto oggi in Vaticano un simposio nel 40° anniversario del Decreto conciliare Perfectae Caritatis sul rinnovamento della vita religiosa. Il documento ribadisce che l’obiettivo primario della vita consacrata è quella di raggiungere la perfetta carità per mezzo dei Consigli evangelici, seguendo Cristo in modo radicale e in un rinnovato dialogo con il mondo, condividendo le gioie e le sofferenze degli uomini e delle donne del nostro tempo. Ma quale cammino è stato compiuto in questi anni? Giovanni Peduto lo ha chiesto all’arcivescovo Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica:

 

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R. - Il cammino percorso in questi anni dalle persone Consacrate è stato notevole. Una prima stagione è stata segnata dalla gioia di ritornare ad abbeverarsi alle proprie sorgenti evangeliche e allo spirito delle origini, di riscoprire la pro­pria identità carismatica con i contenuti teologici e spirituali tipici della pro­pria vocazione, ed, infine, di poter ricercare un modo nuovo di essere e ope­rare nella Chiesa e nel mondo. Una seconda stagione è stata segnata dalla fatica di rinnovare la normativa, adeguandola agli insegnamenti del Conci­lio e alle mutate esigenze della vita ecclesiale e apostolica. E' stata la sta­gione più difficile! Le naturali tensioni tra la conservazione delle sane tradi­zioni e la spinta al rinnovamento sono state a volte esasperate dalle ten­sioni sociali e dal secolarismo invadente che hanno segnato specialmente gli anni 70/80. Si sono creati così conflitti, scoraggiamenti, ed anche dolorosi ab­bandoni. Tuttavia il rinnovamento della normativa ha preparato gli Istituti ad affrontare l' adeguamento delle strutture apostoliche degli Istituti alle mu­tate situazioni ecclesiali, sociali e culturali, che rappresenta la sfida di que­sto terzo momento che vivono oggi gli Istituti religiosi.

 

D. - Quali sono oggi le principali difficoltà della vita consacrata?

 

R. - Il cammino di questi anni, pur fecondo di vita e di santità, è stato quasi una battaglia che ha lasciato non poche ferite nella vita degli Istituti. Tutti siamo con­sapevoli delle prove e delle purificazioni a cui essa è oggi sottoposta. Si ha a volte l'impressione che alcuni consacrati abbiano perso il senso pro­fondo della loro consacrazione come prima e assoluta consegna a Dio, sosti­tuendo questo elemento essenziale e fondamentale con varie forme di attivi­smo dentro la comunità ecclesiale o dentro la società civile. Nella vita eccle­siale il naturale legame dei religiosi e delle religiose con il proprio Istituto e lo specifico servizio carismatico a volte non riesce a coniugarsi con la vita e la programmazione pastorale delle Chiese particolari, ma d'altra parte anche i Vescovi fanno fatica a considerare le Istituzioni dei religiosi come opere pasto­rali donate dallo Spirito alle loro diocesi. La diminuzione dei membri in molti Istituti e il loro invecchiamento, evidente in alcune parti del mondo, fanno sorgere in molti la domanda se la vita consacrata sia ancora una testimo­nianza visibile, capace di attrarre i giovani. Se, come si afferma in al­cuni luoghi, il terzo millennio sarà il tempo del protagonismo dei laici, delle asso­ciazioni e dei movimenti ecclesiali, possiamo domandarci: quale sarà il po­sto riservato alle forme tradizionali di vita consacrata? Essa, ci ricorda Gio­vanni Paolo II, ha una grande storia da costruire insieme a tutti i fedeli. C'è biso­gno di un colpo d'ala che ridia anzitutto vigore alla radicalità evangelica pro­pria della vita consacrata ed insieme di una fantasia della carità che ri­metta in moto la spinta a servire l'uomo prima di tutto con la forza del Van­gelo.

 

D. - Cosa direbbe a quanti sentono la vocazione alla vita consacrata?

 

R. - Innamorarsi perdutamente di Gesù Cristo è sempre l'avventura più grande che possa capitare ad un uomo o a una donna. A chi sente nel cuore la voce dello Spirito che lo chiama a seguire Cristo sulla via esigente, ma entusia­smante della vita consacrata, dico di non aver paura ... di guardare l'espe­rienza degli Apostoli, della Vergine Madre di Gesù ... di fidarsi dell' amore. Li in­viterei ad iniziare un cammino capace di suscitare e liberare le domande pro­fonde, troppo spesso nascoste nel loro cuore, di far emergere le attese più vere per la loro vita, iniziando a rispondere con gesti ed esperienze con­crete. Il miglior cammino di discernimento e di risposta ad una vocazione di spe­ciale consacrazione resta quello che ha proposto Gesù, quando dice a Gio­vanni ed Andrea che curiosi si erano messi a seguirlo: "venite e vedete".

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NEL DIALOGO CON EBRAISMO E ISLAM, E’ IL “RISPETTO” LA PAROLA-CHIAVE

PER UN CONFRONTO NELLA VERITA’ E NELLA DIVERSITA’:

IL TEMA SVILUPPATO DA MONS. FITZGERALD AL CONVEGNO

PER I 40 ANNI DELLA DIACHIARAZIONE NOSTRA AETATE

 

Nell’aula magna della Pontificia Università Gregoriana, si è aperto ieri sera, alla presenza di numerosi teologi ed esperti e studiosi di diverse religioni, il Convegno internazionale “Nostra Aetate oggi” per commemorare il 40° anniversario della Dichiarazione conciliare sui rapporti interreligiosi. Il servizio di Marco Cardinali.

 

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Il Simposio organizzato dalla Gregoriana si è aperto con un saluto del rettore magnifico, il gesuita  padre Gianfranco Ghirlanda, che ha sottolineato il lavoro scientifico e culturale che l’Università compie nella Chiesa in favore del dialogo. A seguire, la prolusione dell’arcivescovo Michael Fitzgerald, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, accolta con grande calore dal folto pubblico di esperti. La sua prima riflessione è partita da un punto essenziale, troppe volte dimenticato: la fondamentale unità del genere umano, la comune origine e il medesimo destino. Proprio da questa riflessione, ha detto il presule, era partito Giovanni Paolo II per la Giornata di preghiera per la pace, ad Assisi, il 27 ottobre 1986. Mons. Fitzgerald ha poi proseguito parlando dell’Incarnazione di Gesù di Nazareth e dei momenti salienti della sua vita terrena, a quegli atti che hanno dato luce, in maniera universale, anche alla vita di ogni essere umano. La Chiesa – ha detto – essendo il corpo di Cristo, è prolungamento della sua Incarnazione e, seppure nei limiti dell’umanità, deve essere segno di una tale grandezza e missione nel mondo di oggi.

 

Una domanda centrale su cui ancora dobbiamo riflettere, ha detto il presidente del dicastero pontificio, è questa: “Quando il cristiano guarda alle persone delle altre religioni, può comprendere ciò che esse hanno di buono e santo?” La parola chiave è “rispetto”, nella capacità illuminata di saper cogliere ciò che è buono e santo in una diversità che non distrugge la verità del cristianesimo ma la mette in risalto. In tale contesto, l’arcivescovo Fitzgerald ha chiesto di combattere insieme la paura e le tensioni verso l’Islam. C’è bisogno di un clima di fiducia per dialogare in favore di quella pace che oggi è il compito fondamentale su cui lavorare per le tre religioni monoteiste.

 

Il convegno proseguirà fino al 28 e nella sessione di oggi si è discusso sulle prospettive ebraico-cristiane: di quali passi si siano compiuti finora e quali si potranno compiere in futuro, soprattutto guardando alla grande attenzione che i Pontefici in questi 40 anni, e ancora con il Papa Benedetto XVI, hanno posto sul dialogo. Nella discussione si è centrato anche lo sguardo sul mondo giovanile sul come le nuove tecnologie, specialmente Internet, possano essere per i giovani veicoli di valori, di pace, di dialogo e rispetto, per far sì che, seppure nella diversità religiosa, i vari popoli costituiscano una sola comunità, poichè hanno in Dio l’unica origine e il medesimo fine.

 

Dall’Università Gregoriana, Marco Cardinali, Radio Vaticana.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il titolo "La nostra fede: Gesù Amore"; Benedetto XVI conduce il popolo di Dio verso il Sinodo proseguendo la riflessione sul Mistero Eucaristico.

La solidarietà del Papa per le popolazioni colpite dai disastri naturali.

 

Servizio vaticano - La Dichiarazione Comune della Conferenza episcopale tedesca e della Conferenza episcopale polacca in occasione del 40 anniversario dello scambio epistolare del 1965. 

 

Servizio estero - Medio Oriente: nuove violenze insanguinano la Striscia di Gaza.

 

Servizio culturale - Un articolo di Claudio Montuschi sulla mostra - all'Israel Museum - dedicata al tema "Roma e Gerusalemme: quattro capolavori ebraici dalla Biblioteca Vaticana".

Un articolo di Marcello Filotei dal titolo "La riscoperta di un compositore fuori dalle correnti": "Nuovi spazi musicali" introduce con sei concerti a Roma il Festival per i cento anni dalla nascita di Giacinto Scelsi.

 

Servizio italiano - Finanziaria: nuovo allarme dell'FMI sui conti italiani.

Banca d'Italia: continua il braccio di ferro con il Governo.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

26 settembre 2004

 

CONSEGNATO QUESTA MATTINA AI GOVERNI DI LONDRA E DUBLINO

IL RAPPORTO SULL'AVVENUTA DISTRUZIONE DELL'ARSENALE DELL'IRA

- Intervista con Silvia Calamati -

 

La commissione incaricata di supervisionare il disarmo dei gruppi paramilitari dell'Irlanda del Nord ha consegnato questa mattina ai governi di Londra e Dublino un rapporto sull'avvenuta distruzione dell'arsenale dell’IRA, l’Irish Republican Army.  Il generale canadese John De Chastelain,  capo della commissione, e due esponenti del clero, un cattolico ed un protestante che hanno assistito alla distruzione delle armi, terranno oggi alle 14.00 locali, le 15.00 in Italia, una .conferenza stampa a Belfast durante la quale riveleranno i particolari del processo di disarmo. Dopo oltre dieci anni di cessate-il-fuoco, la guerriglia a luglio aveva dichiarato la fine della lotta armata impegnandosi solennemente a perseguire con soli mezzi politici l'obiettivo della fine del dominio britannico sulle sei contee del Nord e la riunificazione dell'Irlanda. L’annuncio dell’avvenuto disarmo, dunque, rappresenta un passo storico che dovrebbe rilanciare il processo di pace nella provincia. Per capire il contesto in cui avviene, Fausta Speranza ha intervistato la giornalista Silvia Calamati che in Ulster ha vissuto e sull’Ulster ha scritto libri:

 

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R. – L’IRA non sta facendo altro che continuare i passi intrapresi dal cessate-il-fuoco nel 1997, il secondo nella sua storia. Tuttavia fa sorgere delle perplessità il modo in cui questo atto, che è sicuramente un atto storico, che rappresenta la parola fine a 30 anni di conflitto, verrà preso e considerato da parte degli unionisti.

 

D. – Perché, quali sono le riserve e i timori?

 

R. – I timori sono, e dal mio punto di vista ingiustificati, dovuti al fatto che gli unionisti da sempre hanno chiesto la verifica evidente della consegna delle armi da parte dell’IRA, ne richiedono il completo smantellamento dell’arsenale dell’IRA, cosa che comunque è prevista dall’accordo del Venerdì Santo. L’IRA, in questi anni, ha fatto tre volte una messa fuori uso delle armi e questo è stato verificato da una Commissione internazionale, che si è dichiarata soddisfatta. C’è stata poi una dichiarazione di fine della lotta armata e infine questo ultimo gesto. Dal punto di vista delle garanzie che il movimento repubblicano poteva dare, credo che nessuno possa avere dei dubbi. Gli unionisti, però, vogliono in qualche modo sempre qualcosa di più. Vogliono – come dicevo prima – prove fotografiche, vogliono che questo disarmo e questo seppellimento delle armi avvenga e sia verificato da esponenti del loro partito e vogliono in qualche modo esseri sicure che la fine della lotta armata nel loro Paese sia definitiva. Il problema che è al fondo di tutto è fondamentalmente questo: il governo inglese, il governo di Dublino e gli unionisti chiedono in modo molto severo ed intransigente al movimento repubblicano di dimostrare nei fatti che una violenza che è durata per vent’anni sia realmente finita. In questi mesi, però, noi abbiamo assistito al di là di questi passi concreti e molto grossi ad una violenza quotidiana portata avanti da centinaia di persone sul fronte lealista, vale a dire sul fronte di coloro che si ritengono fedeli alla Corona inglese e che però si oppongono al processo di pace. Questa violenza si è manifestata in questi mesi e in questi anni, nonostante i cessate-il-fuoco sotto forma di attacchi a case di cattolici ed abitazioni di nazionalisti: ultimamente, a seguito del rifiuto della Commissione per le parate di far svolgere una parata unionista lungo una via cattolica, ci sono stati notti intere di scontri con la polizia, una persona è rimasta uccisa, ma soprattutto c’è stato il blocco della città Belfast per tre giorni consecutivi con le persone che si trovavano in posti di lavoro e che non riuscivano a ritornare a casa la sera. Questo per dire che c’è una forte intransigenza – ripeto – necessaria nei confronti del movimento Repubblicano, ma non c’è nessuno che sollevi il problema delle armi che sono nelle mani dei lealisti e che non hanno rispettato il cessate-il-fuoco come lo stesso segretario di Stato per l’Irlanda del Nord ha dichiarato.

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DELUSIONE DELLE ONG PER LA LIMITATA RIDUZIONE DEL  DEBITO DEI PAESI POVERI

DECISA DALLA BANCA MONDIALE E DAL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE

- Intervista con Antonio Tricarico -

 

Soddisfazione tra i governi dei Paesi più industrializzati per l’intesa raggiunta al termine del Vertice di Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale  sulla riduzione di 40 miliardi di dollari di debiti dovuti da 18 Paesi poveri. “Credo che abbiamo fatto significativi progressi nel raggiungimento dei nostri obblighi verso le popolazioni più povere” ha dichiarato il presidente della Banca Mondiale, Paul Wolfowitz. Per le organizzazioni non governative però la riduzione, proposta già al G8 scozzese di agosto, non è che un primo passo nella lotta alla povertà. Al microfono di Andrea Cocco, ce ne parla da Washington Antonio Tricarico, della Campagna per la riforma della Banca Mondiale, che ha seguito il vertice:

 

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R. – Devo dire che esiste una certa delusione nella società civile, perché stiamo parlando del debito dei 18 Paesi più poveri al mondo, rispetto ad una lista di Paesi che hanno bisogno di beneficiare di ulteriori cancellazioni del debito, lista che ammonta a circa 70 Paesi. Di fatto parliamo di riserve che sono complessivamente limitate. L’altro elemento è che, nonostante questi Paesi in realtà abbiano già eseguito pedissequamente le istruzioni e le ricette economiche dettate dal Fondo Monetario e dalla Banca Mondiale per la risistemazione della loro economia, si impone ancora una volta un’ultima condizione, un ultimo test: prima di concedere questa cancellazione, bisognerà verificare se tutte le politiche sono in ordine.

 

D. -  Qual è stata invece la reazione da parte dei Paesi che dovrebbero beneficiare di questa riduzione?

 

R. – Molti Paesi vorrebbero sapere con esattezza se già entro quest’anno riusciranno a liberare risorse per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio, se questa cancellazione verrà attuata subito. Ma soprattutto c‘è sempre questo dubbio che, poi, in fondo, i Paesi più ricchi, per motivi di bilancio, non necessariamente allocheranno queste risorse addizionali esattamente entro la fine dell’anno, come richiesto appunto dal Fondo Monetario. Il rischio è che purtroppo questa iniziativa sia troppo sopravvalutata e faccia credere che in fondo in fondo il problema del debito sia risolto. Il problema del debito è ancora presente. E’ soltanto un primo timido passo, ma c’è ancora tanta strada da fare.

 

D. – Perché oggi si chiede a gran voce di rivedere le condizioni attraverso cui i prestiti ai Paesi vengono ceduti da parte delle istituzioni internazionali?

 

R. – Da un lato perché abbiamo ormai dati empirici che suffragano la tesi, secondo cui molte di queste condizioni, specialmente quelle economiche, di carattere strutturale, in realtà hanno portato più ad impatti negativi - sociali, ambientali - che ad impatti positivi. Di contro, le stesse istituzioni internazionali hanno ammesso molti fallimenti alla fine degli anni ’90. Si sono rese conto che effettivamente lo sviluppo è un processo molto complesso e ha bisogno di un coinvolgimento diretto di tutti gli ‘attori’, inclusi i governi del Sud, i parlamenti del Sud del mondo, la società civile del Sud del mondo, e hanno avviato tra l’altro anche processi di meccanismi che vanno in una direzione di maggiore controllo diretto da parte dei Paesi del Sud del mondo. E’ chiaro che questo fatto stride: dare maggiore ownership da un lato e dall’altro continuare ad imporre in maniera preconfezionata alcune condizioni, specialmente di carattere economico. Penso, per esempio, in questi mesi, alla grande spinta che si vuole dare alle liberalizzazioni commerciali dei mercati dei Paesi del sud del mondo, quando in molti Paesi africani hanno bisogno ancora di costruire i mercati e non necessariamente beneficeranno di una liberalizzazione che li riguarda direttamente.

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LA POLONIA CAMBIA MAGGIORANZA:

VITTORIA DEL CENTRO-DESTRA ALLE ELEZIONI DI IERI

- Ai nostri microfoni Tadeusz Konopka -

 

Previsioni elettorali della vigilia ampiamente rispettate in Polonia. A scrutinio praticamente concluso, la coalizione di centro-destra ha largamente vinto le elezioni legislative di ieri contro l’ex maggioranza di sinistra, sia alla Camera che al Senato, aggiudicandosi più del 50% delle preferenze. Un risultato significativo alla luce degli impegni che Varsavia dovrà rispettare dopo l’ingresso nell’Unione Europea e nonostante la scarsa affluenza alle urne: appena il 38% degli aventi diritto sono andati a votare. Si annunciano tempi brevi per la formazione del governo, guidato negli ultimi quattro anni dallo schieramento di sinistra. Il presidente Kwasnieski ha annunciato che entro pochi giorni nominerà il nuovo premier, scelta che, con tutta probabilità, cadrà su Jaroslaw Kaczynski, leader insieme con il fratello gemello Lech, del partito Diritto e Giustizia. Ma perché c’è stato uno spostamento così radicale nel voto polacco? Ci risponde Tadeusz Konopka, dell’Ansa di Varsavia, intervistato da Giancarlo La Vella:

 

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R. – In un certo senso, lo si deve alla formazione di sinistra, che è stata sconfitta, la quale nel corso degli ultimi quattro anni ha dimostrato una certa arroganza. Diversi casi di corruzione sono usciti fuori anche grazie alla Commissione d’indagine parlamentare, la prima nella storia della democrazia polacca, fondata su richiesta del Partito Diritto e Giustizia.

 

D. – Quali saranno gli impegni del prossimo governo?

 

R. – E’ ancora presto per dirlo. Il governo di centro-destra, che ha sostenuto l’integrazione della Polonia nell’Unione Europea, ha però un’opinione critica di fronte alla Costituzione europea, di fronte all’approccio dell’Unione Europea ai diversi problemi del mondo. Vuole che la partecipazione della Polonia alle azioni internazionali sia analizzata bene prima di essere realizzata. Il Partito Diritto e Giustizia dei fratelli Kaczynski è rappresentato nell’Europarlamento e ha sostenuto il referendum europeo, ma ha criticato il progetto della Costituzione europea.

 

D. – I due nuovi leader della Polonia sono ora i fratelli Kaczynski. Qual è la loro linea politica?

 

R. – Sono due fratelli gemelli di 56 anni. Hanno studiato diritto, sono stati collaboratori di Lech Walesa, il premio Nobel fondatore di Solidarnosc, già presidente della Polonia. Poi, sono stati anche i suoi più feroci critici. Ma dopo la sconfitta di Solidarnosc, nel 2001, sono riusciti a raccogliere gli eredi di Solidarnosc e a recuperare per loro una posizione forte politicamente.

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IN LIBANO SONO STABILI LE CONDIZIONI

 DELLA GIORNALISTA CRISTIANA VITTIMA IERI DI UN ATTENTATO A BEIRUT

- Intervista con Camille Eid -

 

Sgomento e dolore in libano per l’ennesimo atto intimidatorio contro i giornalisti. L’esplosione di una bomba ha provocato, ieri, il ferimento di May Shidiak, una giornalista di un’emittente cristiana libanese. A causa delle ferite riportate, la donna ha subito l’amputazione di un braccio e di una gamba. Su questo nuovo attentato in Libano, ascoltiamo il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Un attacco contro i principi fondamentali di una società democratica e contro il diritto della libertà di stampa. Con queste parole il segretario generale delle Nazioni Nnite, Kofi Annan, ha condannato l’attentato di ieri contro la giornalista libanese, che si trova in terapia intensiva in un ospedale di Beirut. Le condizioni di May Shidiak sono giudicate stabili Annan ha chiesto al governo libanese di assicurare alla giustizia i responsabili di questa drammatica azione e di porre fine al clima di impunità di cui godono anche gli autori dell’omicidio, a febbraio, dell’ex premier Hariri. May Shidiak, nota giornalista di fede cristiana, aveva ipotizzato il coinvolgimento siriano nell’attentato contro l’ex premier Hariri. L’attentato contro di lei segue quello contro un altro giornalista libanese noto per le sue posizioni antisiriane e ucciso lo scorso 2 giugno. Su questo attentato, un nuovo duro colpo contro la libertà di informazione in libano, ascoltiamo il giornalista libanese Camille Eid:

 

R. – Da un anno a questa parte gli attentati mirano soprattutto a colpire zone cristiane o personaggi cristiani. L’obiettivo dei terroristi è quello di creare delle divergenze fra le varie comunità del Libano. Questo rimane un attentato contro la libertà di stampa, contro la libertà di opinione perché la giornalista colpita ieri è stata protagonista della grande manifestazione che ha coinvolto un milione di manifestanti cristiani e musulmani per chiedere la fine dell’occupazione siriana. Quindi è stata vittima di un attacco come il giornalista Samir Kassir, che è morto in seguito all’attentato del 2 giugno. Questo dimostra l’incapacità totale dello Stato e del governo a proteggere non soltanto i politici, ma anche i giornalisti.

 

D. – Come ha reagito la Comunità cristiana a questo ennesimo attacco?

 

R. – Per questa sera è previsto un sit-in delle Organizzazioni studentesche nella Piazza dei Martiri a Beirut. Ovviamente gli studenti non sono soltanto cristiani, ma anche musulmani, perché il Libano ha ormai superato ‘clivage’ confessionale. Questa è una bella testimonianza di unità nazionale contro il terrorismo.

 

D. – Cosa vuol dire essere un giornalista con posizioni antisiriane in Libano?

 

R.- Vuol dire rischiare la vita. L’editore del giornale cristiano che si è opposto proprio durante gli anni dell’occupazione, e che è stato poi eletto deputato dal Parlamento, vive a Parigi perché il suo nome figura su una lista nera. Questa lista mira a colpire tutti coloro che hanno scritto o hanno avuto delle posizioni chiare contro l’occupazione.

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CHIESA E SOCIETA’

26 settembre 2005

 

 

TOGO : SPARIZIONI, TORTURE, DISTRUZIONI. SCONCERTA IL RAPPORTO DELL’ONU SULLE VIOLENZE SCOPPIATE A FEBBRAIO. ALMENO 400 I MORTI.

LA RESPONSABILITA’ SPETTA PRINCIPALMENTE AL GOVERNO

 

LOME’. = Le violenze scoppiate in Togo lo scorso febbraio alla morte del presidente Gnassigbé Eyadéma, e proseguite fino alle elezioni di maggio che hanno visto la nomina di suo figlio Faure, hanno fatto oltre 400 morti. E’ quanto sostengono le Nazioni Unite, che hanno reso noto oggi un rapporto sui violenti scontri che hanno visto contrapporsi, prima e dopo le operazioni di voto, i militanti dell’opposizione e le forze dell’ordine. Fino ad ora nessun bilancio ufficiale era stato fornito dal governo togolese, che aveva dato l’incarico di indagare a una speciale commissione di inchiesta. Proprio il governo e le varie forze dell’ordine intervenute per le strade delle principali città a reprimere le manifestazioni di dissenso dell’opposizione, sono ritenuti dalle Nazioni Unite i principali responsabili delle violenze. Nel rapporto consegnato oggi, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha rivelato come durante gli scontri si sia assistito a una massiccia e grave violazione dei diritti umani, attraverso l’uso sistematico di sequestri, torture e distruzione dei beni e proprietà dei sospettati. Neanche l’opposizione è tuttavia sfuggita alle forti critiche dell’Onu. Secondo Doudou Diène, a capo della missione Onu, i rappresentanti delle forze che hanno contestato l’elezione di Faure Gnassigbé hanno contribuito a inasprire il clima di intolleranza e si sono macchiati in alcuni casi di uccisioni e crimini ingiustificabili. (A.C.)

 

ARGENTINA: NELLA CHIESA DI SANTA CRUZ A BUENOS AIRES SI CELEBRA LA

COMMEMORAZIONE DELLE DUE SUORE FRANCESI VITTIME DELLA DITTATURA MILITARE

 

BUENOS AIRES.= Grande commozione ieri a Buenos Aires in occasione della cerimonia commemorativa per  Alice Domon e Léonie Duquet, le due suore di origine francese scomparse nel 1977, uno degli anni più bui della dittatura militare argentina. “Il martirio di Leonie e Alice è il martirio dei 30 mila desaparecidos della dittatura”, ha detto ieri Noelle Bellepoid, nipote di una delle vittime, sottolineando la necessità che le indagini sui crimini compiuti negli anni settanta e ottanta proseguano e che si giunga a punire i responsabili. “La giustizia - ha affermato- è ancora più importante della memoria”. Le due monache, che facevano parte di un gruppo di denuncia degli abusi militari, furono sequestrate insieme ad altre 10 persone nel dicembre 1977 da un comando guidato dal capitano di marina Alfredo Astiz. Di loro non si seppe più nulla, fino all’identificazione di cinque corpi avvenuta anni dopo il sequestro. La cerimonia di ieri, che si è svolta nella chiesa di Santa Cruz, la stessa da dove le suore furono prelevate, ha visto la partecipazione dell’ambasciatore francese in Argentina, dei rappresentanti del governo argentino e dell’associazione delle Madri de Plaza de Mayo. (A.C.)

 

 

LIBANO: UN FONDATO CENTRO DI PREGHIERA E RACCOGLIMENTO DEDICATO

 A PADRE PIO. CENTINAIA DI CRISTIANI E MUSULMANI GIUNTI DA TUTTO

IL PAESE PER L’INAUGURAZIONE

 

BEIRUT. = E’ stato inaugurato nei giorni scorsi, in Libano, un “centro di preghiera e raccoglimento” dedicato alla figura di Padre Pio. Alla celebrazione, avvenuta nel giorno liturgico della festa del santo di Pietrelcina, hanno partecipato centinaia di devoti cristiani e musulmani, giunti da tutto il Paese. L’edificio che sorge nella città di Feytroun, nella zona a nord-est di Beirut, è stato fondato da padre Charbel Haddan dell’ordine maronita della Beata Maria Vergine, insieme al vicario patriarcale maronita della diocesi di Sarba. La messa d’inaugurazione è stata celebrata dall’abate Semaan Abou Abdou, il quale ha sottolineato l’importanza di imitare il santo “straniero” e ha chiesto a tutti di pregare Padre Pio per la pace in Terra Santa, in Libano e in Iraq. Il nuovo centro di preghiera sarà un punto di riferimento per attività caritative e sociali realizzate da cristiani e musulmani. (R.R)

 

ARCHITETTI DA TUTTO IL MONDO CHIAMATI A PARTECIPARE AD UN CONCORSO

INTERNAZIONALE INDETTO DALLA THAILANDIA PER LA COSTRUZIONE DI

UN MONUMENTO IN MEMORIA DELLE VITTIME DELLO TSUNAMI

 

BANGKOK. = Il governo thailandese ha indetto una gara internazionale per la creazione di un monumento dedicato alle vittime dello tsunami, che il 26 dicembre 2004 investì diversi Paesi asiatici e toccò alcune località africane, devastando in modo gravissimo le coste e parte dell’entroterra. Una catastrofe naturale che costò la vita ad oltre 200 mila persone, tra cui più di cinquemila solo in Thailandia. Il monumento, che al suo interno ospiterà anche un museo, sorgerà nel Parco Nazionale di Khao Lak Lamru, nel distretto meridionale di Phang-nga. Il carattere internazionale del concorso rappresenta un gesto di ringraziamento da parte del governo di Bangkok a tutti i Paesi e alle persone che hanno offerto il loro aiuto in favore delle nazioni colpite. Il bando è aperto ad architetti di tutto il mondo, che presenteranno i loro progetti ad una giuria composta da cinque colleghi stranieri e due thailandesi. Il 26 dicembre 2006, primo anniversario della tragedia, saranno annunciati i cinque progetti finalisti, che riceveranno un premio. La selezione finale si svolgerà a maggio del prossimo anno ed il vincitore collaborerà con architetti locali alla realizzazione della struttura commemorativa, che dovrebbe concludersi entro dicembre 2008. (R.R) 

 

 

LE AUTORITA’ INDIANE PRESENTANO UN PIANO PER MIGLIORARE LA CONDIZIONE FEMMINILE NEL PAESE, ED EVITARE LA PRATICA DEGLI ABORTI SELETTIVI. DA MAGGIO, PER TUTTE LE DONNE, L’ISTRUZIONE SECONDARIA E UNIVERSITARIA SARA’ GRATUITA

 

NEW DELHI. = E’ stata annunciata una nuova iniziativa del governo indiano per migliorare la condizione delle donne ed eliminare la pratica degli aborti selettivi. Le autorità renderanno gratuita l’istruzione superiore e universitaria per le ragazze che sono figlie uniche. La misura punta a incoraggiare il proseguimento degli studi delle donne dopo le scuole elementari, che in India restano gratuite, e ridurre il tasso di analfabetismo femminile che in alcune zone arriva al 60 per cento. Il piano, che entrerà in vigore a partire da maggio, prevede oltre all’esenzione dalle tasse, anche la possibilità di usufruire di borse di studio mensili per scuole superiori, università e per gli studi post laurea. Lo scopo è migliorare la situazione delle donne in un Paese dove, per tradizione, le famiglie preferiscono avere figli maschi. Garantendo l’istruzione gratuita e prospettive di carriera alle femmine, le autorità puntano ad eliminare la pratica degli aborti usata dalle famiglie che vogliono a tutti i costi avere una discendenza maschile. Il rituale degli aborti selettivi e delle sterilizzazioni per controllare la crescita della popolazione sfortunatamente è ancora diffuso in diversi Paesi asiatici. Non tutti gli esperti indiani credono tuttavia che il progetto possa cambiare realmente la situazione nazionale. Secondo il direttore del Centro nazionale per gli studi dello sviluppo delle donne, “gli aborti selettivi sono molto diffusi anche tra la popolazione ricca dei centri urbani, che potrebbe permettersi di pagare gli studi alle figlie”. Per queste fasce sociali non è certo l’esenzione dalle tasse a costituire un incentivo per eliminare la pratica dell’aborto selettivo. (R.R)

 

 

AI PROGETTI PER HAITI VA IL PREMIO STATUNITENSE

PER LE ORGANIZZAZIONI UMANITARIE.

 

WASHINGTON. = Si chiama Partners in Health (PIH) ed è l’organizzazione umanitaria dell’anno. A deciderlo è stata la commissione dell’Hilton Prize, uno dei più prestigiosi premi per le iniziative filantropiche assegnato negli Stati Uniti. La PIH è stata giudicata la più meritevole grazie all’esperienza accumulata in diversi progetti gestiti ad Haiti. “Tutto ha inizio verso la fine degli anni ottanta - racconta il quotidiano statunitense Christian Science Monitor - quando Paul Farmer, presidente  dell’associazione, decide il suo primo progetto per l’assistenza sanitaria nell’isola. Con il tempo, l’organizzazione ha allargato i suoi orizzonti promuovendo iniziative di vario genere sempre sulla base delle richieste fatte dalla popolazione”. Attraversata da periodici disordini politici e da  frequenti catastrofi ambientali, Haiti riesce a sopravvivere anche grazie al lavoro di numerose Organizzazioni non governative, delle associazioni ecclesiastiche, delle iniziative di privati. Solo lo scorso settembre a causa di inondazioni devastanti, sono morte oltre 3000 persone. (A.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

26 settembre 2005

 

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

In Iraq, è di almeno 10 morti il bilancio di un attentato suicida a Baghdad contro un pullman che trasportava dipendenti del Ministero del petrolio. Tra le vittime ci sono anche due agenti. Sempre nella capitale, è stato rapito da uomini armati un egiziano, dipendente di una società egiziana di telefonia mobile che opera in Iraq. A Kirkuk, la guerriglia ha sferrato poi un attacco contro le strutture petrolifere destinate all’esportazione del greggio nel nord del Paese. La magistratura irachena ha emesso, intanto, un mandato di cattura per i due militari britannici arrestati dalla polizia lunedì scorso e liberati durante un raid dell'esercito britannico. I due soldati sono accusati, tra l’altro, di aver ucciso un poliziotto iracheno. L’esercito americano ha annunciato, inoltre, che oltre 1000 prigionieri attualmente rinchiusi nel carcere di Abu Ghraib saranno liberati in occasione del prossimo Ramadan.

 

In Israele, i circa 3 mila membri del Comitato centrale del Likud votano oggi sulla proposta di elezioni primarie anticipate. In caso di sconfitta, il premier Sharon potrebbe decidere di  lasciare il Likud, il partito da lui fondato nel 1973, e  tentare di formare una nuova lista di centro. In Cisgiordania, intanto, sono stati arrestati oltre 90 estremisti appartenenti ad Hamas. E’ stato cancellato, inoltre, l’incontro previsto per il due ottobre fra il premier israeliano, Ariel Sharon, ed il presidente palestinese, Abu Mazen.

 

In Germania si va sempre più verso un nuovo governo di Grosse Koalition (Cdu/Csu-Spd), ma  resta il nodo di chi lo dovrà guidare, se Gerhard Schroeder o Angela Merkel. Esponenti della Spd, il Partito socialdemocratico del  Cancelliere Schroeder, hanno respinto l'ultimatum della  Cdu/Csu che ha chiesto il riconoscimento pregiudiziale della  leadership di Angela Merkel alla cancelleria come condizione per  l'avvio ufficiale di negoziati in vista della possibile  formazione di un governo di Grosse Koalition.  ''Ora non è il momento di parlare di nomi, bisogna prima  affrontare le questioni di contenuto'', ha detto il ministro per la Famiglia, Renate Schmidt (Spd), ribadendo il concetto espresso  ieri sera in tv dallo stesso Schroeder. Secondo i leader della Cdu/Csu, spetta alla Merkel guidare il governo ed essere quindi cancelliere dal momento - osservano - che la Cdu/Csu ha preso più voti alle elezioni del 18  settembre.

 

Gli Svizzeri hanno approvato con il 56% di sì l'estensione dell'accordo sulla libera circolazione delle persone ai dieci nuovi Paesi membri dell'UE. Al termine dello spoglio dei voti del referendum nei 26 cantoni, risulta che il 56% dei votanti ha detto “sì” il 44 “no”. La partecipazione è stata del 54% circa.  Tra i cantoni che hanno bocciato l'estensione dell'accordo, il Ticino, dove il “no” ha sfiorato il 64%. Il presidente della Commissione europea, Jose' Manuel Durao Barroso, si è ''rallegrato vivamente'' per il “sì'” della Svizzera sottolineando che ''il voto dimostra che la Svizzera e l'Unione europea lavorano insieme con successo per promuovere l'integrazione dei  popoli e delle economie e per rafforzare la coesione dell'Europa''.

 

Molta documentazione, e le tracce  di trasferimenti di denaro all'estero (Belgio, Regno Unito e  Spagna) sono al vaglio della Guardia di Finanza di Milano che,  dalle prime luci dell'alba, sta compiendo una ventina di  perquisizioni relative a una presunta cellula algerina dedita al  sostegno del terrorismo nel loro Paese patria. Le indagini, coordinate dal pm Luigi Orsi, hanno portato all'individuazione di un magazzino di Milano, ritenuto la ''base  logistica della cellula'', e vedono indagati 11 algerini, tra i  quali figura il leader del gruppo, nonchè esponente di spicco  in Italia del disciolto Fronte islamico di salvezza. Alcuni dei nordafricani indagati facevano già parte di black list dell'Unione europea, degli USA e dell'ONU.

 

Operazione antiterrorismo anche a Parigi e in Normandia: sette le persone arrestate, sospettate di appartenere ad un gruppo integralista islamico che preparava attentati in Francia.

 

Banca popolare italiana (BPI) e i suoi alleati Stefano Ricucci, Emilio Gnutti e i fratelli Lonati hanno firmato il  contratto per il passaggio delle quote Antonveneta, attualmente sotto sequestro, all’istituto olandese Abn Amro,  segnando così la fine della dura battaglia per il controllo  dell'Istituto padovano. Il gruppo olandese, già azionista al  29,9%, si troverà così in mano fino al 69,2% del capitale  dell'Istituto padovano. Data la complessità del quadro, che vede le azioni dei concertisti in parte gravate da pegno e tutte sotto sequestro da  parte della Procura di Milano, in seguito al caso Bankitalia, il termine per la conclusione  dell'accordo è stato stabilito entro il 31 marzo 2006. Oltre a ottenere lo sblocco da  parte dei magistrati milanesi, come condizione all'intesa c'è  anche la revoca delle due offerte di BPI (Opas e Opa obbligatoria) da parte della Banca d'Italia e Consob. Se entro il 31 marzo, quindi, tutte le condizioni non si saranno avverate, il contratto sarà sciolto. Ricordiamo che, nata nel 1996 dalla fusione fra Banca Antoniana e Banca Popolare Veneta e dalla successiva incorporazione di BNA, Antonveneta rappresenta uno dei principali gruppi bancari italiani.

 

L’Eurostat, l'Ufficio statistico dell'Unione Europea, pubblica la seconda notifica dei dati su deficit e debito da parte degli Stati membri. Per quanto riguarda l’Italia emerge che il rapporto deficit-prodotto interno lordo per il 2003 e il 2004 è stato pari al 3,2%, cioè il disavanzo è cresciuto dello 0,1 % rispetto al dato di maggio scorso.  Ci sono poi  Grecia, Portogallo e Repubblica Ceca per i quali l’Eurostat esprime ''dubbi'' sulla ''qualità dei dati''. Nel caso della Grecia, restano alcune questioni aperte in  rapporto alla contabilizzazione di operazioni con l'UE, ai conti della sicurezza sociale e all'ammontare di altre voci di  pagamenti e riscossioni per gli anni 2002-2004. Riguardo al  Portogallo, invece, si sottolinea un possibile peggioramento del deficit, pari allo 0,03%, in relazione alle vicende della società pubblica EDM, Empresa de Desenvolvimento Mineiro. Quanto alla Repubblica ceca, vi sono discussioni in corso con Eurostat relative al deficit 2003, che potrebbe risultare inferiore al previsto, a causa della contabilizzazione di una  garanzia statale per il salvataggio di Investment Post Bank. 

 

''L'indipendenza e l'imparzialità continueranno a guidare il mio lavoro'': è quanto  ha affermato El Baradei dopo aver prestato giuramento davanti all'Assemblea dell'agenzia dell’Onu che lo ha riconfermato per acclamazione.  El Baradei è direttore generale dell'AIEA dal 1997. Nel giugno scorso, la sua rielezione a capo dell'agenzia fu possibile dopo che gli USA, per mesi schieratisi contro il diplomatico egiziano, ritirarono le loro obiezioni. Il suo terzo mandato scade nel 2009.

 

Iulia Timoshenko non rischia più l'arresto su richiesta di Mosca: la Procura Militare russa ha  revocato il mandato di cattura internazionale emesso nei  confronti dell'ex-premier ucraina nel quadro di una vecchia inchiesta per corruzione. Il provvedimento è stato annullato dopo che ieri la ''pasionaria della rivoluzione arancione'' ha compiuto nel massimo riserbo una visita-lampo a Mosca e si è fatta interrogare dalla magistratura russa. Secondo un portavoce della Procura militare, la Timoshenko -  che l'8 settembre ha perso la poltrona di premier in seguito ad  una clamorosa rottura con il presidente Viktor Yushenko tra reciproche accuse di malaffare - ''ha fornito le spiegazioni  chieste dagli investigatori'' e si è impegnata a ''proseguire  le visite volontarie in vista di ulteriori indagini''. Osservatori notano che la Timoshenko ha trovato un compromesso con la Procura militare proprio mentre a Kiev la rottura tra i due leader storici della ''rivoluzione arancione''  ha reso estremamente fluida la situazione politica. Tanto che qualcuno ipotizza  un'alleanza  anti-Yushenko tra la ''pasionaria'' e l'ex-premier filo-russo  Viktor Yanukovich, che il Cremlino avrebbe tanto voluto sulla  poltrona di capo dello Stato.

 

Il presidente George W. Bush è appena rientrato a Washington da un sopralluogo, che è stato il primo nell'area colpita dall'uragano Rita e il sesto in  quella colpita dall'uragano Katrina, e già progetta di  ritornare in Louisiana e Texas. In giornata, Bush farà visita al Dipartimento per l'Energia, per fare il punto sull'impatto degli uragani sulle riserve di carburante e su altri problemi energetici suscitati o acuiti dalle tempeste. I danni provocati dall'uragano Rita sono ingenti, ma poteva andare davvero peggio: i danni si conteranno in miliardi di dollari ma sembra non più di 5, dunque, senza paragone con i 200 miliardi stimati per Katrina.  Per  milioni di texani è iniziato il lungo e faticoso ritorno a  casa. Una tra le  principali preoccupazioni del governatore del Texas, Rick Perry, è di evitare gli intasamenti da incubo che avevano accompagnato  l'esodo di massa, quando circa tre milioni di persone si erano  messe in strada per fuggire da Rita, lasciando grandi città come Houston, con ingorghi durati diverse ore.  Si moltiplicano gli appelli per un rientro progressivo, nell'attesa che tutti i servizi di base vengano  ripristinati. Molte delle aree costiere colpite ieri dall'uragano, a cavallo tra il Texas e la Lousiana,  sono ancora sott'acqua, come più ad est anche alcuni dei quartieri di New Orleans già  colpiti da Katrina, che verranno prosciugati in pochi giorni.

 

Almeno due persone sono morte sull'isola di Hainan, nel sud della Cina, colpita oggi da un violento tifone. Il tifone, chiamato Damrey, è il più forte degli ultimi 30 anni secondo i metereologi. I danni alle case e alle coltivazioni sono ingenti.  Un funzionario locale ha detto che l'allarme non è finito e sono possibili ulteriori danni a causa del forte vento e di possibili straripamenti dei fiumi. Oltre 170 mila persone sono state evacuate dai villaggi costieri, i più esposti alla furia del ciclone. Tutti i voli da e per Hainan, una popolare località turistica, sono sospesi da ieri. Il tifone, con venti che soffiano a 200 chilometri all’ora, si sta ora dirigendo verso il Vietnam. L'allarme è stato dichiarato in una vasta zona della vicina provincia cinese del Guangdong dove, secondo l'agenzia Nuova Cina, circa 16mila persone sono state evacuate per sicurezza.

Quattro persone sono morte in Perù per una forte scossa sismica di magnitudo 7 gradi sulla scala Richter che ha colpito la scorsa notte la parte nord-orientale del Paese, provocando panico tra gli abitanti. Fortunatamente, la scossa ha avuto una profondità tale da assorbire in parte gli effetti. Il sisma, avvenuto alle 20.55 locali (le 3.55 italiane di oggi), è durato circa due minuti e ha avuto il suo epicentro a 90 chilometri a nord-est di Moyobamba, nel dipartimento di San Martin, a 115 chilometri sotto la crosta terrestre.  Località come Huaraz, Chimbote, Trujillo, Cajamarca, Chiclayo, Tumbes, Piura, Amazonas, Iquitos, e la stessa Lima, hanno avvertito chiaramente gli effetti del terremoto. Per alcune ore, è stata interrotta l'erogazione dell'energia elettrica, mentre sono stati sospesi anche i collegamenti

telefonici. 

In Indonesia, il ministero della Sanità ha reso noto che il recente decesso di una donna, avvenuto in un ospedale di Giakarta, è stato causato dal virus dei polli. Si tratta della quinta vittima per l’influenza aviaria in Indonesia. Con questo nuovo decesso è salito a 64 il numero di morti nel sudest asiatico per il virus dei polli.

 

 

 

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