RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
269 - Testo della trasmissione di lunedì 26
settembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Oggi a Belfast l’atteso annuncio sul disarmo dell’IRA:
ce ne parla Silvia Calamati
CHIESA E SOCIETA’:
Libano:
fondato centro di preghiera e raccoglimento dedicato a padre Pio
Le autorità indiane presentano un piano per migliorare
la condizione femminile nel Paese
Va ai
progetti per Haiti il premio statunitense per le organizzazioni umanitarie
Iraq: è di almeno 10 morti
il bilancio di un attentato suicida a Baghdad
26 settembre 2005
STAMANE
IL PAPA HA RICEVUTO IL QUARTO GRUPPO DI VESCOVI MESSICANI
IN
VISITA AD LIMINA. NEL POMERIGGIO, IL SALUTO ALLE
COMUNITA’
DI
CASTEL GANDOLFO PRIMA DEL SUO RIENTRO, MERCOLEDI’ PROSSIMO, IN VATICANO
Stamane il Papa ha ricevuto nel Palazzo Apostolico di Castel
Gandolfo alcuni vescovi
messicani in visita “ad Limina”. Si tratta del quarto gruppo di presuli della
Conferenza Episcopale del Messico, i cui membri hanno iniziato gli incontri con
il Santo Padre a partire dal primo settembre. La visita “ad Limina” si
concluderà il primo ottobre, alla vigilia dell’apertura del Sinodo
sull’Eucaristia. Nel pomeriggio di oggi, alle 17, 30, Benedetto XVI saluterà le
Comunità di Castel Gandolfo prima di lasciare la sua residenza estiva: mercoledì
28 settembre il Pontefice ritornerà infatti in Vaticano in occasione
dell’udienza generale in Piazza San Pietro.
BENEDETTO
XVI HA INCONTRATO SABATO SCORSO IL PROF. HANS KÜNG
Sabato
scorso ha avuto luogo un colloquio tra Benedetto XVI e il prof. Hans Küng. Lo ha reso noto il direttore della Sala
Stampa della Santa Sede, Joaquín Navarro-Valls, che ha rilasciato ai
giornalisti la seguente dichiarazione:
“L’incontro
si è svolto in un clima amichevole. Entrambi le parti erano d’accordo che non
avesse senso entrare, nel quadro dell’incontro, in una disputa circa le
questioni dottrinali persistenti tra Hans Küng e il Magistero della Chiesa
Cattolica. Il colloquio si è concentrato, pertanto, su due tematiche che recentemente
rivestono particolare interesse per il lavoro di Hans Küng: la questione del Weltethos
(etica mondiale) e il dialogo della ragione delle scienze naturali con la
ragione della fede cristiana. Il prof. Küng ha sottolineato che il suo progetto
di Weltethos non è affatto una costruzione intellettuale astratta; si
mettono in luce piuttosto i valori morali circa i quali le grandi religioni del
mondo convergono, nonostante tutte le differenze, e che possono essere
percepibili quali criteri validi – atteso la ragionevolezza convincente di essi
– dalla ragione secolare. Il Papa ha apprezzato lo sforzo del prof. Küng di
contribuire ad un rinnovato riconoscimento degli essenziali valori morali
dell’umanità attraverso il dialogo delle religioni e nell’incontro con la ragione
secolare. Ha sottolineato che l’impegno per una rinnovata consapevolezza dei
valori che sostengono la vita umana è pure un obiettivo importante del suo
Pontificato. Nel contempo il Papa ha riaffermato il suo accordo circa il
tentativo del prof. Küng di ravvivare il dialogo tra fede e scienze naturali e
di far valere, nei confronti del pensiero scientifico, la ragionevolezza e la
necessità della Gottesfrage (la questione circa Dio). Da parte sua, il
prof. Küng ha espresso il suo plauso circa gli sforzi del Papa a favore del
dialogo delle religioni e anche circa l’incontro con i differenti gruppi
sociali del mondo moderno”.
L’EUCARISTIA,
SORGENTE DELLA CARITA’ EVANGELICA,
DA
RISCOPRIRE COME ENERGIA SPIRITUALE NELLA VITA QUOTIDIANA DEL CRISTIANO.
UN COMMENTO
ALL’ANGELUS DI MONS. BRUNO FORTE
C’è uno
stretto legame tra l’Eucaristia e la carità evangelica, perché fu Cristo stesso
nell’Ultima Cena a dare ai discepoli e alla Chiesa nascente “l’esempio supremo
di amore” - lavando i piedi dei Dodici - e affidando loro con il suo corpo e il
suo sangue “la sua più preziosa eredità”. E’ l’insegnamento offerto ieri
all’Angelus da Benedetto XVI, che ha voluto richiamare i cristiani sul valore
della solidarietà e dell’accoglienza verso tutti, sull’esempio dei Santi. Un
insegnamento che dimostra come l’amore cristiano abbia una radice profondamente
spirituale, e non sia frutto di semplice filantropia. Lo ribadisce
l’arcivescovo di Chiesti Vasto, Bruno Forte, intervistato da Alessandro De
Carolis:
**********
R. – Ciò che Benedetto XVI ha voluto sottolineare è che
l’Eucaristia è il Sacramento dell’agape, dell’amore con cui Cristo si è
consegnato alla morte per noi. Ecco perché si potrebbe dire che il compendio di
tutto il Vangelo Jesus Charitas: Gesù
rivelazione e dono dell’amore che viene dall’alto. Ed ecco anche perché il
prossimo Sinodo dei vescovi dovrà avere al centro l’attenzione su questo
rapporto fra l’amore di Cristo, il Sacramento eucaristico e l’amore vissuto
nella Chiesa sia a livello della comunione ecclesiale, sia a livello
dell’impegno dei battezzati al servizio dei più deboli e dei più poveri.
D. – Ciò che Benedetto XVI fa notare è che, in fondo, non
vi può essere azione concreta e quotidiana per un cristiano che non riceva –
afferma – “energia spirituale” dall’Eucaristia. Un invito ad accostarsi di più
a questo Sacramento?
R. – Certamente. Tutti coloro che fanno esperienza
dell’Eucaristia quotidiana sanno quale immenso dono costituisca per la vita
umana l’incontro di ogni giorno con il Signore Gesù, nel suo mistero pasquale.
Non dimentichiamo che la parola “agape” è greca ed ha nell’etimologia anche il
richiamo dell’“agonia”, ovvero della lotta e della passione. Non è facile,
dunque, amare come l’agape ci chiede. Ecco perché per amare così sia necessaria
una forza dall’alto e questa forza Gesù ce la offre quotidianamente nel Pane di
vita della sua Eucaristia, dove offre se stesso. Ecco perché è così importante
anche il richiamo ad una frequente partecipazione all’Eucaristia.
D. – Come lei stesso ha ricordato, fra pochi giorni
inizierà il Sinodo sull’Eucaristia e la Chiesa si interrogherà su questo
Sacramento a conclusione di un anno speciale dedicato interamente al mistero
dell’Ultima Cena. Che bilancio è possibile fare? Che frutti ha portato, secondo
la sua esperienza?
R. – Certamente c’è stata una rinnovata attenzione di
tutte le Chiese alla centralità dell’Eucaristia per la vita della Chiesa stessa
e, dunque, anche un rilancio dell’annuncio e dell’evangelizzazione, vorrei
dire, dell’Eucaristia domenicale. Anch’io, personalmente, mi sono reso conto -
sulla base delle reazioni, delle risposte, delle domande che mi sono state
rivolte dai fedeli e non solo nella mia diocesi ma, come ho letto, anche in
tante parti d’Italia e del mondo - di come ci sia questo grande bisogno di
riscoprire il dono dell’Eucaristia, proprio come presenza viva di Cristo. Al
centro del cristianesimo non c’è qualcosa, c’è Qualcuno: Jesus Charitas, Gesù amore, come ci diceva ieri il Papa. E Gesù
amore si offre a noi proprio nel Pane della vita. Perciò è così necessario e
così bello celebrare l’Eucaristia, incontrarsi con Gesù nell’Eucaristia: ogni
domenica, come Pasqua della settimana, ma anche ogni giorno come auspicio che
si possa fare ad ogni cristiano che possa farlo e che voglia vivere in pienezza
la sequela di Cristo.
**********
OGGI SI E’ APERTO IN VATICANO UN
SIMPOSIO NEL 40.MO
DEL DECRETO
CONCILIARE PERFECTAE CARITATIS
SUL
RINNOVAMENTO DELLA VITA RELIGIOSA
- Intervista con mons. Franc Rodé -
Si è aperto oggi in Vaticano un
simposio nel 40° anniversario del Decreto conciliare Perfectae Caritatis sul rinnovamento della vita religiosa. Il
documento ribadisce che l’obiettivo primario della vita consacrata è quella di
raggiungere la perfetta carità per mezzo dei Consigli evangelici, seguendo
Cristo in modo radicale e in un rinnovato dialogo con il mondo, condividendo le
gioie e le sofferenze degli uomini e delle donne del nostro tempo. Ma quale
cammino è stato compiuto in questi anni? Giovanni Peduto lo ha chiesto
all’arcivescovo Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di
Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica:
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R. - Il cammino percorso in questi
anni dalle persone Consacrate è stato notevole. Una prima stagione è stata
segnata dalla gioia di ritornare ad abbeverarsi alle proprie sorgenti
evangeliche e allo spirito delle origini, di riscoprire la propria identità
carismatica con i contenuti teologici e spirituali tipici della propria
vocazione, ed, infine, di poter ricercare un modo nuovo di essere e operare
nella Chiesa e nel mondo. Una seconda stagione è stata segnata dalla fatica di
rinnovare la normativa, adeguandola agli insegnamenti del Concilio e alle
mutate esigenze della vita ecclesiale e apostolica. E' stata la stagione più difficile!
Le naturali tensioni tra la conservazione delle sane tradizioni e la spinta al
rinnovamento sono state a volte esasperate dalle tensioni sociali e dal
secolarismo invadente che hanno segnato specialmente gli anni 70/80. Si sono
creati così conflitti, scoraggiamenti, ed anche dolorosi abbandoni. Tuttavia il rinnovamento della
normativa ha preparato gli Istituti ad affrontare l' adeguamento delle
strutture apostoliche degli Istituti alle mutate situazioni ecclesiali,
sociali e culturali, che rappresenta la sfida di questo terzo momento che
vivono oggi gli Istituti religiosi.
D. - Quali sono oggi le principali difficoltà della vita
consacrata?
R. - Il cammino di questi anni, pur fecondo di vita e di
santità, è stato quasi una battaglia che ha lasciato non poche ferite nella
vita degli Istituti. Tutti siamo consapevoli delle prove e delle purificazioni
a cui essa è oggi sottoposta. Si ha a volte l'impressione che alcuni consacrati
abbiano perso il senso profondo della loro consacrazione come prima e assoluta
consegna a Dio, sostituendo questo elemento essenziale e fondamentale con
varie forme di attivismo dentro la comunità ecclesiale o dentro la società
civile. Nella vita ecclesiale il naturale legame dei religiosi e delle
religiose con il proprio Istituto e lo specifico servizio carismatico a volte
non riesce a coniugarsi con la vita e la programmazione pastorale delle Chiese
particolari, ma d'altra parte anche i Vescovi fanno fatica a considerare le
Istituzioni dei religiosi come opere pastorali donate dallo Spirito alle loro
diocesi. La diminuzione dei membri in molti Istituti e il loro invecchiamento,
evidente in alcune parti del mondo, fanno sorgere in molti la domanda se la
vita consacrata sia ancora una testimonianza visibile, capace di attrarre i
giovani. Se, come si afferma in alcuni luoghi, il terzo millennio sarà il
tempo del protagonismo dei laici, delle associazioni e dei movimenti
ecclesiali, possiamo domandarci: quale sarà il posto riservato alle forme
tradizionali di vita consacrata? Essa, ci ricorda Giovanni Paolo II, ha una
grande storia da costruire insieme a tutti i fedeli. C'è bisogno di un colpo
d'ala che ridia anzitutto vigore alla radicalità evangelica propria della vita
consacrata ed insieme di una fantasia della carità che rimetta in moto la
spinta a servire l'uomo prima di tutto con la forza del Vangelo.
D. - Cosa direbbe a quanti sentono la vocazione alla vita
consacrata?
R. - Innamorarsi perdutamente di Gesù Cristo è sempre
l'avventura più grande che possa capitare ad un uomo o a una donna. A chi sente
nel cuore la voce dello Spirito che lo chiama a seguire Cristo sulla via
esigente, ma entusiasmante della vita consacrata, dico di non aver paura ...
di guardare l'esperienza degli Apostoli, della Vergine Madre di Gesù ... di
fidarsi dell' amore. Li inviterei ad iniziare un cammino capace di suscitare e
liberare le domande profonde, troppo spesso nascoste nel loro cuore, di far
emergere le attese più vere per la loro vita, iniziando a rispondere con gesti
ed esperienze concrete. Il miglior cammino di discernimento e di risposta ad
una vocazione di speciale consacrazione resta quello che ha proposto Gesù,
quando dice a Giovanni ed Andrea che curiosi si erano messi a seguirlo:
"venite e vedete".
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NEL DIALOGO CON EBRAISMO E
ISLAM, E’ IL “RISPETTO” LA PAROLA-CHIAVE
PER UN CONFRONTO NELLA VERITA’ E NELLA DIVERSITA’:
IL TEMA SVILUPPATO DA MONS. FITZGERALD AL CONVEGNO
PER I 40 ANNI DELLA DIACHIARAZIONE NOSTRA AETATE
Nell’aula magna della Pontificia Università
Gregoriana, si è aperto ieri sera, alla presenza di numerosi teologi ed esperti
e studiosi di diverse religioni, il Convegno internazionale “Nostra Aetate
oggi” per commemorare il 40° anniversario della Dichiarazione conciliare sui
rapporti interreligiosi. Il servizio di Marco Cardinali.
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Il Simposio organizzato dalla Gregoriana si è aperto con
un saluto del rettore magnifico, il gesuita
padre Gianfranco Ghirlanda, che ha sottolineato il lavoro scientifico e
culturale che l’Università compie nella Chiesa in favore del dialogo. A
seguire, la prolusione dell’arcivescovo Michael Fitzgerald, presidente del
Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, accolta con grande calore
dal folto pubblico di esperti. La sua prima riflessione è partita da un punto
essenziale, troppe volte dimenticato: la fondamentale unità del genere umano,
la comune origine e il medesimo destino. Proprio da questa riflessione, ha
detto il presule, era partito Giovanni Paolo II per la Giornata di preghiera
per la pace, ad Assisi, il 27 ottobre 1986. Mons. Fitzgerald ha poi proseguito
parlando dell’Incarnazione di Gesù di Nazareth e dei momenti salienti della sua
vita terrena, a quegli atti che hanno dato luce, in maniera universale, anche
alla vita di ogni essere umano. La Chiesa – ha detto – essendo il corpo di
Cristo, è prolungamento della sua Incarnazione e, seppure nei limiti
dell’umanità, deve essere segno di una tale grandezza e missione nel mondo di oggi.
Una domanda centrale su cui ancora dobbiamo riflettere, ha
detto il presidente del dicastero pontificio, è questa: “Quando il cristiano
guarda alle persone delle altre religioni, può comprendere ciò che esse hanno
di buono e santo?” La parola chiave è “rispetto”, nella capacità illuminata di
saper cogliere ciò che è buono e santo in una diversità che non distrugge la
verità del cristianesimo ma la mette in risalto. In tale contesto,
l’arcivescovo Fitzgerald ha chiesto di combattere insieme la paura e le
tensioni verso l’Islam. C’è bisogno di un clima di fiducia per dialogare in
favore di quella pace che oggi è il compito fondamentale su cui lavorare per le
tre religioni monoteiste.
Il convegno proseguirà fino al 28 e nella sessione di oggi
si è discusso sulle prospettive ebraico-cristiane: di quali passi si siano
compiuti finora e quali si potranno compiere in futuro, soprattutto guardando
alla grande attenzione che i Pontefici in questi 40 anni, e ancora con il Papa
Benedetto XVI, hanno posto sul dialogo. Nella discussione si è centrato anche
lo sguardo sul mondo giovanile sul come le nuove tecnologie, specialmente
Internet, possano essere per i giovani veicoli di valori, di pace, di dialogo e
rispetto, per far sì che, seppure nella diversità religiosa, i vari popoli
costituiscano una sola comunità, poichè hanno in Dio l’unica origine e il
medesimo fine.
Dall’Università Gregoriana, Marco Cardinali, Radio
Vaticana.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo
"La nostra fede: Gesù Amore"; Benedetto XVI conduce il popolo di Dio
verso il Sinodo proseguendo la riflessione sul Mistero Eucaristico.
La solidarietà del Papa per le
popolazioni colpite dai disastri naturali.
Servizio vaticano - La
Dichiarazione Comune della Conferenza episcopale tedesca e della Conferenza
episcopale polacca in occasione del 40 anniversario dello scambio epistolare
del 1965.
Servizio estero - Medio
Oriente: nuove violenze insanguinano la Striscia di Gaza.
Servizio culturale - Un
articolo di Claudio Montuschi sulla mostra - all'Israel Museum - dedicata al
tema "Roma e Gerusalemme: quattro capolavori ebraici dalla Biblioteca Vaticana".
Un articolo di Marcello Filotei
dal titolo "La riscoperta di un compositore fuori dalle correnti":
"Nuovi spazi musicali" introduce con sei concerti a Roma il Festival
per i cento anni dalla nascita di Giacinto Scelsi.
Servizio italiano -
Finanziaria: nuovo allarme dell'FMI sui conti italiani.
Banca d'Italia: continua il
braccio di ferro con il Governo.
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26
settembre 2004
CONSEGNATO QUESTA MATTINA AI GOVERNI DI LONDRA E
DUBLINO
IL RAPPORTO SULL'AVVENUTA DISTRUZIONE
DELL'ARSENALE DELL'IRA
- Intervista con Silvia Calamati -
La commissione incaricata di
supervisionare il disarmo dei gruppi paramilitari dell'Irlanda del Nord ha
consegnato questa mattina ai governi di Londra e Dublino un rapporto sull'avvenuta
distruzione dell'arsenale dell’IRA, l’Irish Republican Army. Il generale canadese John De
Chastelain, capo della commissione, e
due esponenti del clero, un cattolico ed un protestante che hanno assistito
alla distruzione delle armi, terranno oggi alle 14.00 locali, le 15.00 in
Italia, una .conferenza stampa a Belfast durante la quale riveleranno i
particolari del processo di disarmo. Dopo oltre dieci anni di cessate-il-fuoco,
la guerriglia a luglio aveva dichiarato la fine della lotta armata impegnandosi
solennemente a perseguire con soli mezzi politici l'obiettivo della fine del
dominio britannico sulle sei contee del Nord e la riunificazione dell'Irlanda.
L’annuncio dell’avvenuto disarmo, dunque, rappresenta un passo storico che
dovrebbe rilanciare il processo di pace nella provincia. Per capire il contesto
in cui avviene, Fausta Speranza ha intervistato la giornalista Silvia Calamati
che in Ulster ha vissuto e sull’Ulster ha scritto libri:
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R. – L’IRA non sta facendo altro
che continuare i passi intrapresi dal cessate-il-fuoco nel 1997, il secondo
nella sua storia. Tuttavia fa sorgere delle perplessità il modo in cui questo
atto, che è sicuramente un atto storico, che rappresenta la parola fine a 30
anni di conflitto, verrà preso e considerato da parte degli unionisti.
D. – Perché, quali sono le
riserve e i timori?
R. – I timori sono, e dal mio
punto di vista ingiustificati, dovuti al fatto che gli unionisti da sempre
hanno chiesto la verifica evidente della consegna delle armi da parte dell’IRA,
ne richiedono il completo smantellamento dell’arsenale dell’IRA, cosa che
comunque è prevista dall’accordo del Venerdì Santo. L’IRA, in questi anni, ha
fatto tre volte una messa fuori uso delle armi e questo è stato verificato da
una Commissione internazionale, che si è dichiarata soddisfatta. C’è stata poi
una dichiarazione di fine della lotta armata e infine questo ultimo gesto. Dal
punto di vista delle garanzie che il movimento repubblicano poteva dare, credo
che nessuno possa avere dei dubbi. Gli unionisti, però, vogliono in qualche
modo sempre qualcosa di più. Vogliono – come dicevo prima – prove fotografiche,
vogliono che questo disarmo e questo seppellimento delle armi avvenga e sia
verificato da esponenti del loro partito e vogliono in qualche modo esseri
sicure che la fine della lotta armata nel loro Paese sia definitiva. Il
problema che è al fondo di tutto è fondamentalmente questo: il governo inglese,
il governo di Dublino e gli unionisti chiedono in modo molto severo ed
intransigente al movimento repubblicano di dimostrare nei fatti che una
violenza che è durata per vent’anni sia realmente finita. In questi mesi, però,
noi abbiamo assistito al di là di questi passi concreti e molto grossi ad una
violenza quotidiana portata avanti da centinaia di persone sul fronte lealista,
vale a dire sul fronte di coloro che si ritengono fedeli alla Corona inglese e
che però si oppongono al processo di pace. Questa violenza si è manifestata in
questi mesi e in questi anni, nonostante i cessate-il-fuoco sotto forma di
attacchi a case di cattolici ed abitazioni di nazionalisti: ultimamente, a
seguito del rifiuto della Commissione per le parate di far svolgere una parata
unionista lungo una via cattolica, ci sono stati notti intere di scontri con la
polizia, una persona è rimasta uccisa, ma soprattutto c’è stato il blocco della
città Belfast per tre giorni consecutivi con le persone che si trovavano in
posti di lavoro e che non riuscivano a ritornare a casa la sera. Questo per
dire che c’è una forte intransigenza – ripeto – necessaria nei confronti del
movimento Repubblicano, ma non c’è nessuno che sollevi il problema delle armi
che sono nelle mani dei lealisti e che non hanno rispettato il cessate-il-fuoco
come lo stesso segretario di Stato per l’Irlanda del Nord ha dichiarato.
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DELUSIONE DELLE ONG PER LA LIMITATA RIDUZIONE
DEL DEBITO DEI PAESI POVERI
DECISA DALLA BANCA MONDIALE E DAL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE
- Intervista con Antonio Tricarico -
Soddisfazione tra i governi dei Paesi più industrializzati per
l’intesa raggiunta al termine del Vertice di Banca Mondiale e Fondo Monetario
Internazionale sulla riduzione di 40 miliardi
di dollari di debiti dovuti da 18 Paesi poveri. “Credo che abbiamo fatto
significativi progressi nel raggiungimento dei nostri obblighi verso le
popolazioni più povere” ha dichiarato il presidente della Banca Mondiale, Paul
Wolfowitz. Per le
organizzazioni non governative però la riduzione, proposta già al G8 scozzese
di agosto, non è che un primo passo nella lotta alla povertà. Al microfono di
Andrea Cocco, ce ne parla da Washington Antonio Tricarico, della Campagna per
la riforma della Banca Mondiale, che ha seguito il vertice:
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R. –
Devo dire che esiste una certa delusione nella società civile, perché stiamo
parlando del debito dei 18 Paesi più poveri al mondo, rispetto ad una lista di
Paesi che hanno bisogno di beneficiare di ulteriori cancellazioni del debito, lista
che ammonta a circa 70 Paesi. Di fatto parliamo di riserve che sono
complessivamente limitate. L’altro elemento è che, nonostante questi Paesi in
realtà abbiano già eseguito pedissequamente le istruzioni e le ricette
economiche dettate dal Fondo Monetario e dalla Banca Mondiale per la risistemazione
della loro economia, si impone ancora una volta un’ultima condizione, un ultimo
test: prima di concedere questa cancellazione, bisognerà verificare se tutte le
politiche sono in ordine.
D. - Qual è stata invece la reazione da parte dei Paesi che dovrebbero
beneficiare di questa riduzione?
R. – Molti Paesi vorrebbero
sapere con esattezza se già entro quest’anno riusciranno a liberare risorse per
il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio, se questa
cancellazione verrà attuata subito. Ma soprattutto c‘è sempre questo dubbio
che, poi, in fondo, i Paesi più ricchi, per motivi di bilancio, non necessariamente
allocheranno queste risorse addizionali esattamente entro la fine dell’anno,
come richiesto appunto dal Fondo Monetario. Il rischio è che purtroppo questa
iniziativa sia troppo sopravvalutata e faccia credere che in fondo in fondo il
problema del debito sia risolto. Il problema del debito è ancora presente. E’
soltanto un primo timido passo, ma c’è ancora tanta strada da fare.
D. – Perché oggi si chiede a
gran voce di rivedere le condizioni attraverso cui i prestiti ai Paesi vengono
ceduti da parte delle istituzioni internazionali?
R. – Da un lato perché abbiamo
ormai dati empirici che suffragano la tesi, secondo cui molte di queste
condizioni, specialmente quelle economiche, di carattere strutturale, in realtà
hanno portato più ad impatti negativi - sociali, ambientali - che ad impatti
positivi. Di contro, le stesse istituzioni internazionali hanno ammesso molti
fallimenti alla fine degli anni ’90. Si sono rese conto che effettivamente lo
sviluppo è un processo molto complesso e ha bisogno di un coinvolgimento
diretto di tutti gli ‘attori’, inclusi i governi del Sud, i parlamenti del Sud
del mondo, la società civile del Sud del mondo, e hanno avviato tra l’altro
anche processi di meccanismi che vanno in una direzione di maggiore controllo
diretto da parte dei Paesi del Sud del mondo. E’ chiaro che questo fatto
stride: dare maggiore ownership da un lato e dall’altro continuare ad
imporre in maniera preconfezionata alcune condizioni, specialmente di carattere
economico. Penso, per esempio, in questi mesi, alla grande spinta che si vuole
dare alle liberalizzazioni commerciali dei mercati dei Paesi del sud del mondo,
quando in molti Paesi africani hanno bisogno ancora di costruire i mercati e
non necessariamente beneficeranno di una liberalizzazione che li riguarda
direttamente.
**********
LA POLONIA CAMBIA MAGGIORANZA:
VITTORIA DEL CENTRO-DESTRA ALLE ELEZIONI DI IERI
- Ai nostri microfoni Tadeusz Konopka -
Previsioni elettorali della vigilia
ampiamente rispettate in Polonia. A scrutinio praticamente concluso, la
coalizione di centro-destra ha largamente vinto le elezioni legislative di ieri
contro l’ex maggioranza di sinistra, sia alla Camera che al Senato,
aggiudicandosi più del 50% delle preferenze. Un risultato significativo alla luce
degli impegni che Varsavia dovrà rispettare dopo l’ingresso nell’Unione Europea
e nonostante la scarsa affluenza alle urne: appena il 38% degli aventi diritto
sono andati a votare. Si annunciano tempi brevi per la formazione del governo,
guidato negli ultimi quattro anni dallo schieramento di sinistra. Il presidente
Kwasnieski ha annunciato che entro pochi giorni nominerà il nuovo premier,
scelta che, con tutta probabilità, cadrà su Jaroslaw Kaczynski, leader insieme
con il fratello gemello Lech, del partito Diritto e Giustizia. Ma perché c’è
stato uno spostamento così radicale nel voto polacco? Ci risponde Tadeusz
Konopka, dell’Ansa di Varsavia, intervistato da Giancarlo La Vella:
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R. – In
un certo senso, lo si deve alla formazione di sinistra, che è stata sconfitta,
la quale nel corso degli ultimi quattro anni ha dimostrato una certa arroganza.
Diversi casi di corruzione sono usciti fuori anche grazie alla Commissione
d’indagine parlamentare, la prima nella storia della democrazia polacca,
fondata su richiesta del Partito Diritto e Giustizia.
D. – Quali saranno gli impegni
del prossimo governo?
R. – E’ ancora presto per dirlo.
Il governo di centro-destra, che ha sostenuto l’integrazione della Polonia
nell’Unione Europea, ha però un’opinione critica di fronte alla Costituzione
europea, di fronte all’approccio dell’Unione Europea ai diversi problemi del
mondo. Vuole che la partecipazione della Polonia alle azioni internazionali sia
analizzata bene prima di essere realizzata. Il Partito Diritto e Giustizia dei
fratelli Kaczynski è rappresentato nell’Europarlamento e ha sostenuto il referendum
europeo, ma ha criticato il progetto della Costituzione europea.
D. – I due nuovi leader della
Polonia sono ora i fratelli Kaczynski. Qual è la loro linea politica?
R. – Sono due fratelli gemelli
di 56 anni. Hanno studiato diritto, sono stati collaboratori di Lech Walesa, il
premio Nobel fondatore di Solidarnosc, già presidente della Polonia. Poi, sono
stati anche i suoi più feroci critici. Ma dopo la sconfitta di Solidarnosc, nel
2001, sono riusciti a raccogliere gli eredi di Solidarnosc e a recuperare per
loro una posizione forte politicamente.
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IN LIBANO SONO STABILI LE CONDIZIONI
DELLA
GIORNALISTA CRISTIANA VITTIMA IERI DI UN ATTENTATO A BEIRUT
- Intervista con Camille Eid -
Sgomento e dolore in libano per l’ennesimo atto intimidatorio contro i
giornalisti. L’esplosione di una bomba ha provocato, ieri, il ferimento di May
Shidiak, una giornalista di un’emittente cristiana libanese. A causa delle
ferite riportate, la donna ha subito l’amputazione di un braccio e di una
gamba. Su questo nuovo attentato in Libano, ascoltiamo il servizio di Amedeo
Lomonaco:
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Un attacco
contro i principi fondamentali di una società democratica e contro il diritto
della libertà di stampa. Con queste parole il segretario generale delle Nazioni
Nnite, Kofi Annan, ha condannato l’attentato di ieri contro la giornalista
libanese, che si trova in terapia intensiva in un ospedale di Beirut. Le
condizioni di May Shidiak sono giudicate stabili Annan ha chiesto al governo
libanese di assicurare alla giustizia i responsabili di questa drammatica
azione e di porre fine al clima di impunità di cui godono anche gli autori
dell’omicidio, a febbraio, dell’ex premier Hariri. May Shidiak, nota
giornalista di fede cristiana, aveva ipotizzato il coinvolgimento siriano
nell’attentato contro l’ex premier Hariri. L’attentato contro di lei segue
quello contro un altro giornalista libanese noto per le sue posizioni antisiriane
e ucciso lo scorso 2 giugno. Su questo attentato, un nuovo duro colpo contro la
libertà di informazione in libano, ascoltiamo il giornalista libanese Camille
Eid:
R. – Da un anno a questa parte gli attentati mirano soprattutto a colpire
zone cristiane o personaggi cristiani. L’obiettivo dei terroristi è quello di
creare delle divergenze fra le varie comunità del Libano. Questo rimane un
attentato contro la libertà di stampa, contro la libertà di opinione perché la
giornalista colpita ieri è stata protagonista della grande manifestazione che
ha coinvolto un milione di manifestanti cristiani e musulmani per chiedere la
fine dell’occupazione siriana. Quindi è stata vittima di un attacco come il
giornalista Samir Kassir, che è morto in seguito all’attentato del 2 giugno.
Questo dimostra l’incapacità totale dello Stato e del governo a proteggere non soltanto
i politici, ma anche i giornalisti.
D. –
Come ha reagito la Comunità cristiana a questo ennesimo attacco?
R. – Per questa sera è previsto un sit-in delle Organizzazioni
studentesche nella Piazza dei Martiri a Beirut. Ovviamente gli studenti non
sono soltanto cristiani, ma anche musulmani, perché il Libano ha ormai superato
‘clivage’ confessionale. Questa è una bella testimonianza di unità nazionale
contro il terrorismo.
D. – Cosa vuol dire essere un
giornalista con posizioni antisiriane in Libano?
R.- Vuol dire rischiare la vita.
L’editore del giornale cristiano che si è opposto proprio durante gli anni
dell’occupazione, e che è stato poi eletto deputato dal Parlamento, vive a
Parigi perché il suo nome figura su una lista nera. Questa lista mira a colpire
tutti coloro che hanno scritto o hanno avuto delle posizioni chiare contro
l’occupazione.
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26
settembre 2005
TOGO : SPARIZIONI, TORTURE, DISTRUZIONI.
SCONCERTA IL RAPPORTO DELL’ONU SULLE VIOLENZE SCOPPIATE A FEBBRAIO. ALMENO 400
I MORTI.
LA RESPONSABILITA’ SPETTA PRINCIPALMENTE AL GOVERNO
LOME’. = Le violenze scoppiate in Togo lo scorso febbraio alla morte del
presidente Gnassigbé Eyadéma, e proseguite fino alle elezioni di maggio che
hanno visto la nomina di suo figlio Faure, hanno fatto oltre 400 morti. E’
quanto sostengono le Nazioni Unite, che hanno reso noto oggi un rapporto sui
violenti scontri che hanno visto contrapporsi, prima e dopo le operazioni di
voto, i militanti dell’opposizione e le forze dell’ordine. Fino ad ora nessun
bilancio ufficiale era stato fornito dal governo togolese, che aveva dato
l’incarico di indagare a una speciale commissione di inchiesta. Proprio il
governo e le varie forze dell’ordine intervenute per le strade delle principali
città a reprimere le manifestazioni di dissenso dell’opposizione, sono ritenuti
dalle Nazioni Unite i principali responsabili delle violenze. Nel rapporto
consegnato oggi, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani
ha rivelato come durante gli scontri si sia assistito a una massiccia e grave
violazione dei diritti umani, attraverso l’uso sistematico di sequestri,
torture e distruzione dei beni e proprietà dei sospettati. Neanche
l’opposizione è tuttavia sfuggita alle forti critiche dell’Onu. Secondo Doudou
Diène, a capo della missione Onu, i rappresentanti delle forze che hanno
contestato l’elezione di Faure Gnassigbé hanno contribuito a inasprire il clima
di intolleranza e si sono macchiati in alcuni casi di uccisioni e crimini
ingiustificabili. (A.C.)
ARGENTINA: NELLA CHIESA DI
SANTA CRUZ A BUENOS AIRES SI CELEBRA LA
COMMEMORAZIONE DELLE DUE SUORE
FRANCESI VITTIME DELLA DITTATURA MILITARE
BUENOS
AIRES.= Grande commozione ieri a Buenos Aires in occasione della cerimonia
commemorativa per Alice Domon e
Léonie Duquet, le
due suore di origine francese scomparse nel 1977, uno degli anni più bui della
dittatura militare argentina. “Il martirio di Leonie e Alice è il martirio dei
30 mila desaparecidos della dittatura”, ha detto ieri Noelle Bellepoid, nipote di una delle vittime, sottolineando la
necessità che le indagini sui crimini compiuti negli anni settanta e ottanta
proseguano e che si giunga a punire i responsabili. “La giustizia - ha
affermato- è ancora più importante della memoria”. Le due monache, che facevano
parte di un gruppo di denuncia degli abusi militari, furono sequestrate insieme
ad altre 10 persone nel dicembre 1977 da un comando guidato dal capitano di marina
Alfredo Astiz. Di loro non si seppe più nulla, fino all’identificazione di
cinque corpi avvenuta anni dopo il sequestro. La cerimonia di ieri, che si è
svolta nella chiesa di Santa Cruz, la stessa da dove le suore furono prelevate,
ha visto la partecipazione dell’ambasciatore francese in Argentina, dei rappresentanti
del governo argentino e dell’associazione delle Madri de Plaza de Mayo. (A.C.)
LIBANO:
UN FONDATO CENTRO DI PREGHIERA E RACCOGLIMENTO DEDICATO
A PADRE PIO. CENTINAIA DI CRISTIANI E
MUSULMANI GIUNTI DA TUTTO
IL PAESE
PER L’INAUGURAZIONE
BEIRUT. = E’ stato
inaugurato nei giorni scorsi, in Libano, un “centro di preghiera e
raccoglimento” dedicato alla figura di Padre Pio. Alla celebrazione, avvenuta
nel giorno liturgico della festa del santo di Pietrelcina, hanno partecipato
centinaia di devoti cristiani e musulmani, giunti da tutto il Paese. L’edificio
che sorge nella città di Feytroun, nella zona a nord-est di Beirut, è stato
fondato da padre Charbel Haddan dell’ordine maronita della Beata Maria Vergine,
insieme al vicario patriarcale maronita della diocesi di Sarba. La messa
d’inaugurazione è stata celebrata dall’abate Semaan Abou Abdou, il quale ha
sottolineato l’importanza di imitare il santo “straniero” e ha chiesto a tutti
di pregare Padre Pio per la pace in Terra Santa, in Libano e in Iraq. Il nuovo
centro di preghiera sarà un punto di riferimento per attività caritative e
sociali realizzate da cristiani e musulmani. (R.R)
ARCHITETTI DA TUTTO IL MONDO
CHIAMATI A PARTECIPARE AD UN CONCORSO
INTERNAZIONALE INDETTO DALLA
THAILANDIA PER LA COSTRUZIONE DI
UN MONUMENTO IN MEMORIA DELLE
VITTIME DELLO TSUNAMI
BANGKOK. = Il governo thailandese ha indetto una gara
internazionale per la creazione di un monumento dedicato alle vittime dello tsunami, che il 26 dicembre 2004 investì
diversi Paesi asiatici e toccò alcune località africane, devastando in modo
gravissimo le coste e parte dell’entroterra. Una catastrofe naturale che costò
la vita ad oltre 200 mila persone, tra cui più di cinquemila solo in Thailandia.
Il monumento, che al suo interno ospiterà anche un museo, sorgerà nel Parco
Nazionale di Khao Lak Lamru, nel distretto meridionale di Phang-nga. Il
carattere internazionale del concorso rappresenta un gesto di ringraziamento da
parte del governo di Bangkok a tutti i Paesi e alle persone che hanno offerto
il loro aiuto in favore delle nazioni colpite. Il bando è aperto ad architetti
di tutto il mondo, che presenteranno i loro progetti ad una giuria composta da
cinque colleghi stranieri e due thailandesi. Il 26 dicembre 2006, primo
anniversario della tragedia, saranno annunciati i cinque progetti finalisti,
che riceveranno un premio. La selezione finale si svolgerà a maggio del
prossimo anno ed il vincitore collaborerà con architetti locali alla
realizzazione della struttura commemorativa, che dovrebbe concludersi entro dicembre
2008. (R.R)
LE AUTORITA’ INDIANE PRESENTANO
UN PIANO PER MIGLIORARE LA CONDIZIONE FEMMINILE NEL PAESE, ED EVITARE LA
PRATICA DEGLI ABORTI SELETTIVI. DA MAGGIO, PER TUTTE LE DONNE, L’ISTRUZIONE
SECONDARIA E UNIVERSITARIA SARA’ GRATUITA
NEW DELHI. = E’ stata annunciata
una nuova iniziativa del governo indiano per migliorare la condizione delle
donne ed eliminare la pratica degli aborti selettivi. Le autorità renderanno
gratuita l’istruzione superiore e universitaria per le ragazze che sono figlie
uniche. La misura punta a incoraggiare il proseguimento degli studi delle donne
dopo le scuole elementari, che in India restano gratuite, e ridurre il tasso di
analfabetismo femminile che in alcune zone arriva al 60 per cento. Il piano,
che entrerà in vigore a partire da maggio, prevede oltre all’esenzione dalle
tasse, anche la possibilità di usufruire di borse di studio mensili per scuole
superiori, università e per gli studi post laurea. Lo scopo è migliorare la
situazione delle donne in un Paese dove, per tradizione, le famiglie
preferiscono avere figli maschi. Garantendo l’istruzione gratuita e prospettive
di carriera alle femmine, le autorità puntano ad eliminare la pratica degli
aborti usata dalle famiglie che vogliono a tutti i costi avere una discendenza
maschile. Il rituale degli aborti selettivi e delle sterilizzazioni per
controllare la crescita della popolazione sfortunatamente è ancora diffuso in
diversi Paesi asiatici. Non tutti gli esperti indiani credono tuttavia che il
progetto possa cambiare realmente la situazione nazionale. Secondo il direttore
del Centro nazionale per gli studi dello sviluppo delle donne, “gli aborti
selettivi sono molto diffusi anche tra la popolazione ricca dei centri urbani,
che potrebbe permettersi di pagare gli studi alle figlie”. Per queste fasce
sociali non è certo l’esenzione dalle tasse a costituire un incentivo per
eliminare la pratica dell’aborto selettivo. (R.R)
AI
PROGETTI PER HAITI VA IL PREMIO STATUNITENSE
PER LE
ORGANIZZAZIONI UMANITARIE.
WASHINGTON. =
Si chiama Partners in Health (PIH) ed è l’organizzazione umanitaria dell’anno.
A deciderlo è stata la commissione dell’Hilton Prize, uno dei più prestigiosi
premi per le iniziative filantropiche assegnato negli Stati Uniti. La PIH è
stata giudicata la più meritevole grazie all’esperienza accumulata in diversi
progetti gestiti ad Haiti. “Tutto ha inizio verso la fine degli anni ottanta -
racconta il quotidiano statunitense Christian Science Monitor -
quando Paul Farmer, presidente
dell’associazione, decide il suo primo progetto per l’assistenza
sanitaria nell’isola. Con il tempo, l’organizzazione ha allargato i suoi
orizzonti promuovendo iniziative di vario genere sempre sulla base delle
richieste fatte dalla popolazione”. Attraversata da periodici disordini
politici e da frequenti catastrofi ambientali,
Haiti riesce a sopravvivere anche grazie al lavoro di numerose Organizzazioni
non governative, delle associazioni ecclesiastiche, delle iniziative di
privati. Solo lo scorso settembre a causa di inondazioni devastanti, sono morte
oltre 3000 persone. (A.C.)
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- A cura
di Fausta Speranza -
In Iraq, è di almeno 10 morti il bilancio di un attentato
suicida a Baghdad contro un pullman che trasportava dipendenti del Ministero
del petrolio. Tra le vittime ci sono anche due agenti. Sempre nella capitale, è
stato rapito da uomini armati un egiziano, dipendente di una società egiziana
di telefonia mobile che opera in Iraq. A Kirkuk, la guerriglia ha sferrato poi
un attacco contro le strutture petrolifere destinate all’esportazione del greggio
nel nord del Paese. La magistratura irachena ha emesso, intanto, un mandato di
cattura per i due militari britannici arrestati dalla polizia lunedì scorso e
liberati durante un raid dell'esercito britannico. I due soldati sono accusati,
tra l’altro, di aver ucciso un poliziotto iracheno. L’esercito americano ha
annunciato, inoltre, che oltre 1000 prigionieri attualmente rinchiusi nel
carcere di Abu Ghraib saranno liberati in occasione del prossimo Ramadan.
In
Israele, i circa 3 mila membri del Comitato centrale del Likud votano oggi
sulla proposta di elezioni primarie anticipate. In caso di sconfitta, il
premier Sharon potrebbe decidere di lasciare
il Likud, il partito da lui fondato nel 1973, e tentare di formare una nuova lista di centro. In Cisgiordania,
intanto, sono stati arrestati oltre 90 estremisti appartenenti ad Hamas. E’
stato cancellato, inoltre, l’incontro previsto per il due ottobre fra il
premier israeliano, Ariel Sharon, ed il presidente palestinese, Abu Mazen.
In Germania si va sempre più
verso un nuovo governo di Grosse Koalition (Cdu/Csu-Spd), ma resta il nodo di chi lo dovrà guidare, se
Gerhard Schroeder o Angela Merkel. Esponenti della Spd, il Partito
socialdemocratico del Cancelliere
Schroeder, hanno respinto l'ultimatum della
Cdu/Csu che ha chiesto il riconoscimento pregiudiziale della leadership di Angela Merkel alla cancelleria
come condizione per l'avvio ufficiale
di negoziati in vista della possibile
formazione di un governo di Grosse Koalition. ''Ora non è il momento di parlare di nomi, bisogna prima affrontare le questioni di contenuto'', ha
detto il ministro per la Famiglia, Renate Schmidt (Spd), ribadendo il concetto
espresso ieri sera in tv dallo stesso
Schroeder. Secondo i leader della Cdu/Csu, spetta alla Merkel guidare il
governo ed essere quindi cancelliere dal momento - osservano - che la Cdu/Csu
ha preso più voti alle elezioni del 18
settembre.
Gli Svizzeri hanno approvato con
il 56% di sì l'estensione dell'accordo sulla libera circolazione delle persone
ai dieci nuovi Paesi membri dell'UE. Al termine dello spoglio dei voti del
referendum nei 26 cantoni, risulta che il 56% dei votanti ha detto “sì” il 44
“no”. La partecipazione è stata del 54% circa.
Tra i cantoni che hanno bocciato l'estensione dell'accordo, il Ticino,
dove il “no” ha sfiorato il 64%. Il presidente della Commissione europea, Jose'
Manuel Durao Barroso, si è ''rallegrato vivamente'' per il “sì'” della Svizzera
sottolineando che ''il voto dimostra che la Svizzera e l'Unione europea
lavorano insieme con successo per promuovere l'integrazione dei popoli e delle economie e per rafforzare la
coesione dell'Europa''.
Molta documentazione, e le
tracce di trasferimenti di denaro
all'estero (Belgio, Regno Unito e
Spagna) sono al vaglio della Guardia di Finanza di Milano che, dalle prime luci dell'alba, sta compiendo
una ventina di perquisizioni relative a
una presunta cellula algerina dedita al
sostegno del terrorismo nel loro Paese patria. Le indagini, coordinate
dal pm Luigi Orsi, hanno portato all'individuazione di un magazzino di Milano,
ritenuto la ''base logistica della
cellula'', e vedono indagati 11 algerini, tra i quali figura il leader del gruppo, nonchè esponente di
spicco in Italia del disciolto Fronte
islamico di salvezza. Alcuni dei nordafricani indagati facevano già parte di
black list dell'Unione europea, degli USA e dell'ONU.
Operazione antiterrorismo anche
a Parigi e in Normandia: sette le persone arrestate, sospettate di appartenere
ad un gruppo integralista islamico che preparava attentati in Francia.
Banca popolare italiana (BPI) e
i suoi alleati Stefano Ricucci, Emilio Gnutti e i fratelli Lonati hanno firmato
il contratto per il passaggio delle
quote Antonveneta, attualmente sotto sequestro, all’istituto olandese Abn
Amro, segnando così la fine della dura
battaglia per il controllo
dell'Istituto padovano. Il gruppo olandese, già azionista al 29,9%, si troverà così in mano fino al 69,2%
del capitale dell'Istituto padovano.
Data la complessità del quadro, che vede le azioni dei concertisti in parte
gravate da pegno e tutte sotto sequestro da
parte della Procura di Milano, in seguito al caso Bankitalia, il termine
per la conclusione dell'accordo è stato
stabilito entro il 31 marzo 2006. Oltre a ottenere lo sblocco da parte dei magistrati milanesi, come
condizione all'intesa c'è anche la
revoca delle due offerte di BPI (Opas e Opa obbligatoria) da parte della Banca
d'Italia e Consob. Se entro il 31 marzo, quindi, tutte le condizioni non si
saranno avverate, il contratto sarà sciolto. Ricordiamo che, nata nel 1996
dalla fusione fra Banca Antoniana e Banca Popolare Veneta e dalla successiva
incorporazione di BNA, Antonveneta rappresenta uno dei principali gruppi
bancari italiani.
L’Eurostat, l'Ufficio statistico
dell'Unione Europea, pubblica la seconda notifica dei dati su deficit e debito
da parte degli Stati membri. Per quanto riguarda l’Italia emerge che il rapporto
deficit-prodotto interno lordo per il 2003 e il 2004 è stato pari al 3,2%, cioè
il disavanzo è cresciuto dello 0,1 % rispetto al dato di maggio scorso. Ci sono poi
Grecia, Portogallo e Repubblica Ceca per i quali l’Eurostat esprime
''dubbi'' sulla ''qualità dei dati''. Nel caso della Grecia, restano alcune
questioni aperte in rapporto alla
contabilizzazione di operazioni con l'UE, ai conti della sicurezza sociale e
all'ammontare di altre voci di
pagamenti e riscossioni per gli anni 2002-2004. Riguardo al Portogallo, invece, si sottolinea un
possibile peggioramento del deficit, pari allo 0,03%, in relazione alle vicende
della società pubblica EDM, Empresa de Desenvolvimento Mineiro. Quanto alla
Repubblica ceca, vi sono discussioni in corso con Eurostat relative al deficit
2003, che potrebbe risultare inferiore al previsto, a causa della
contabilizzazione di una garanzia
statale per il salvataggio di Investment Post Bank.
''L'indipendenza e
l'imparzialità continueranno a guidare il mio lavoro'': è quanto ha affermato El Baradei dopo aver prestato
giuramento davanti all'Assemblea dell'agenzia dell’Onu che lo ha riconfermato
per acclamazione. El Baradei è
direttore generale dell'AIEA dal 1997. Nel giugno scorso, la sua rielezione a
capo dell'agenzia fu possibile dopo che gli USA, per mesi schieratisi contro il
diplomatico egiziano, ritirarono le loro obiezioni. Il suo terzo mandato scade
nel 2009.
Iulia Timoshenko non rischia più
l'arresto su richiesta di Mosca: la Procura Militare russa ha revocato il mandato di cattura
internazionale emesso nei confronti
dell'ex-premier ucraina nel quadro di una vecchia inchiesta per corruzione. Il
provvedimento è stato annullato dopo che ieri la ''pasionaria della rivoluzione
arancione'' ha compiuto nel massimo riserbo una visita-lampo a Mosca e si è
fatta interrogare dalla magistratura russa. Secondo un portavoce della Procura
militare, la Timoshenko - che l'8
settembre ha perso la poltrona di premier in seguito ad una clamorosa rottura con il presidente Viktor
Yushenko tra reciproche accuse di malaffare - ''ha fornito le spiegazioni chieste dagli investigatori'' e si è
impegnata a ''proseguire le visite
volontarie in vista di ulteriori indagini''. Osservatori notano che la
Timoshenko ha trovato un compromesso con la Procura militare proprio mentre a
Kiev la rottura tra i due leader storici della ''rivoluzione arancione'' ha reso estremamente fluida la situazione
politica. Tanto che qualcuno ipotizza
un'alleanza anti-Yushenko tra la
''pasionaria'' e l'ex-premier filo-russo
Viktor Yanukovich, che il Cremlino avrebbe tanto voluto sulla poltrona di capo dello Stato.
Il presidente George W. Bush è
appena rientrato a Washington da un sopralluogo, che è stato il primo nell'area
colpita dall'uragano Rita e il sesto in
quella colpita dall'uragano Katrina, e già progetta di ritornare in Louisiana e Texas. In giornata,
Bush farà visita al Dipartimento per l'Energia, per fare il punto sull'impatto
degli uragani sulle riserve di carburante e su altri problemi energetici
suscitati o acuiti dalle tempeste. I danni provocati
dall'uragano Rita sono ingenti, ma poteva andare davvero peggio: i danni si
conteranno in miliardi di dollari ma sembra non più di 5, dunque, senza
paragone con i 200 miliardi stimati per Katrina. Per milioni di texani è
iniziato il lungo e faticoso ritorno a
casa. Una tra le principali preoccupazioni
del governatore del Texas, Rick Perry, è di evitare gli intasamenti da incubo
che avevano accompagnato l'esodo di
massa, quando circa tre milioni di persone si erano messe in strada per fuggire da Rita, lasciando grandi città come
Houston, con ingorghi durati diverse ore.
Si moltiplicano gli appelli per un rientro progressivo, nell'attesa che
tutti i servizi di base vengano
ripristinati. Molte delle aree costiere colpite ieri dall'uragano, a
cavallo tra il Texas e la Lousiana,
sono ancora sott'acqua, come più ad est anche alcuni dei quartieri di
New Orleans già colpiti da Katrina, che
verranno prosciugati in pochi giorni.
Almeno due persone sono morte
sull'isola di Hainan, nel sud della Cina, colpita oggi da un violento tifone.
Il tifone, chiamato Damrey, è il più forte degli ultimi 30 anni secondo i
metereologi. I danni alle case e alle coltivazioni sono ingenti. Un funzionario locale ha detto che l'allarme
non è finito e sono possibili ulteriori danni a causa del forte vento e di
possibili straripamenti dei fiumi. Oltre 170 mila persone sono state evacuate
dai villaggi costieri, i più esposti alla furia del ciclone. Tutti i voli da e
per Hainan, una popolare località turistica, sono sospesi da ieri. Il tifone,
con venti che soffiano a 200 chilometri all’ora, si sta ora dirigendo verso il
Vietnam. L'allarme è stato dichiarato in una vasta zona della vicina provincia
cinese del Guangdong dove, secondo l'agenzia Nuova Cina, circa 16mila persone
sono state evacuate per sicurezza.
Quattro persone sono morte in
Perù per una forte scossa sismica di magnitudo 7 gradi sulla scala Richter che
ha colpito la scorsa notte la parte nord-orientale del Paese, provocando panico
tra gli abitanti. Fortunatamente, la scossa ha avuto una profondità tale da
assorbire in parte gli effetti. Il sisma, avvenuto alle 20.55 locali (le 3.55
italiane di oggi), è durato circa due minuti e ha avuto il suo epicentro a 90
chilometri a nord-est di Moyobamba, nel dipartimento di San Martin, a 115
chilometri sotto la crosta terrestre.
Località come Huaraz, Chimbote, Trujillo, Cajamarca, Chiclayo, Tumbes,
Piura, Amazonas, Iquitos, e la stessa Lima, hanno avvertito chiaramente gli
effetti del terremoto. Per alcune ore, è stata interrotta l'erogazione
dell'energia elettrica, mentre sono stati sospesi anche i collegamenti
telefonici.
In
Indonesia, il ministero della Sanità ha reso noto che il recente decesso di una
donna, avvenuto in un ospedale di Giakarta, è stato causato dal virus dei
polli. Si tratta della quinta vittima per l’influenza aviaria in Indonesia. Con
questo nuovo decesso è salito a 64 il numero di morti
nel sudest asiatico per il virus dei polli.
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