RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 266 - Testo della trasmissione di venerdì 23 settembre 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Lo Stato laico protegga la pratica religiosa dei suoi cittadini: lo ha detto Benedetto XVI  al nuovo ambasciatore messicano presso la Santa Sede

 

La Chiesa sia vicina ai problemi della gente, soprattutto ai poveri e a quanti si sono allontanati dalla fede, per testimoniare che Dio non abbandona il suo popolo: così Benedetto XVI ad un nuovo gruppo di vescovi messicani in visita ad Limina

 

Appello della Santa Sede per il bando totale degli esperimenti nucleari

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Nuova fase politica per l’Ucraina: via libera  al nuovo primo ministro Iuri Yekhanurov, al posto della pasionaria della ‘Rivoluzione arancione’: con noi il prof. Domenico Caccamo

 

Apertura al dialogo e identità cristiana al centro dell’incontro dei delegati nazionali per la pastorale universitaria dei vescovi europei: intervista con l’arcivescovo Cesare Nosiglia

 

Le Conferenze episcopali di Polonia e Germania unite per l’integrazione europea: interviste con mons. Henryk Muzynski e padre Josef Kloch

 

La Chiesa ricorda oggi San Pio da Pietrelcina: ai nostri microfoni padre Luciano Lotti

 

CHIESA E SOCIETA’:

Lettera di “stima e affetto” del Santo Padre a mons. Javier Echevarria Rodriguez, prelato dell’Opus Dei, per i  50 anni di sacerdozio

 

Monito dei vescovi malaysiani ai cattolici del Paese: apostasia e crescenti conversioni all’islam, per motivi di convenienza, minano la solidità della comunità ecclesiale locale

 

Sulla scia della GMG celebrato in Papua Nuova Guinea un festival giovanile con 1.500 partecipanti

 

Verrà presentato oggi, nella Repubblica di San Marino, il libro “l’Europa di Benedetto nella crisi delle culture”, scritto prima dell’elezione Pontificia dal cardinale Joseph Ratzinger

 

Al via ieri, in Cisgiordania, il “Festival cinematografico delle donne arabe”

 

Milano: resi noti questa mattina i  finalisti alla 57.ma edizione del Prix Italia

 

24 ORE NEL MONDO:

Turbolenta la situazione politica in Italia: dopo la nomina di Tremonti come nuovo ministro dell’economia si apre formalmente nel centrodestra la questione della leadership

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

23 settembre 2005

 

 

LO STATO LAICO PROTEGGA LA PRATICA RELIGIOSA DEI SUOI CITTADINI: E’

IL RICHIAMO DI BENEDETTO XVI CONTENUTO NEL DISCORSO AL NUOVO

AMBASCIATORE MESSICANO PRESSO LA SANTA SEDE. IL PAPA HA RIBADITO

IL VALORE IRRINUNCIABILE DELLA FAMIGLIA, CHE NON VA EQUIPARATA O CONFUSA

CON ALTRE FORME DI UNIONE

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

“Uno Stato democratico laico è quello che protegge la pratica religiosa dei suoi cittadini”: così, Benedetto XVI nel discorso al nuovo ambasciatore del Messico presso la Santa Sede, Luis Felipe Bravo Mena, ricevuto stamani nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo per la presentazione delle Lettere credenziali. Nel suo intervento, il Papa ha ribadito la centralità del messaggio cristiano di fronte al crescente laicismo. D’altro canto, il Pontefice ha parlato della difesa della famiglia ed ha affrontato alcuni problemi che affliggono la società messicana, dalla povertà al narcotraffico. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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(ANTE EL CRECIENTE LAICISMO…)

 

“Di fronte al crescente laicismo che pretende di ridurre la vita religiosa dei suoi cittadini alla sfera privata”, la Chiesa “sa bene che il messaggio cristiano rinforza ed illumina i principi basilari di ogni convivenza” dalla sacralità della vita alla dignità della persona umana. E’ il richiamo di Benedetto XVI contenuto nel suo discorso al nuovo ambasciatore del Messico. Quindi, il Papa si è soffermato sul “valore irrinunciabile del matrimonio e della famiglia, che non si può equiparare né confondere con altre forme di unione”.

 

(LA INSTITUCION FAMILIAR…)

 

“L’istituzione famigliare – ha detto ancora il Pontefice – in Messico come negli altri Paesi necessita di un sostegno particolare, perché va perdendo progressivamente la sua vitalità”. E qui, Benedetto XVI ha ribadito che “uno Stato democratico laico è quello che protegge la pratica religiosa dei suoi cittadini”, senza preferenze né limitazioni. Compito, questo, sottolineato più volte e in diversi documenti dall’episcopato messicano. “La Chiesa – ha aggiunto - ritiene che nelle società moderne e democratiche possa e debba esserci piena libertà religiosa”.  D’altra parte, il Papa ha constatato che dal 1992, anno nel quale sono state stabilite le relazione diplomatiche tra Messico e Santa Sede, si è stabilito un clima di mutuo rispetto e collaborazione.

 

 Ha così rivolto il pensiero ad alcuni problemi che affliggono la società messicana. “Un’attenzione speciale – ha constato il Papa – merita il grave problema del narcotraffico” che incide sull’economia nazionale e alimenta la corruzione con grave danno per tutta la società. Benedetto XVI ha riconosciuto gli sforzi compiuti dallo Stato per sanare questa piaga. Tuttavia, ha avvertito, non va dimenticato che “una delle radici del problema è la profonda disuguaglianza economica che non permette il giusto sviluppo di una buona parte della popolazione”. Di qui l’urgenza, è l’esortazione del Papa, di “sradicare questo male attraverso la diffusione di autentici valori umani e la costruzione di una vera cultura della vita”.

 

 “Guardando alla storia del Messico”, ha proseguito, è evidente la pluralità delle sue popolazioni indigene. Per questo, ha esortato il Papa, va promossa l’integrazione di queste popolazioni, “sempre rispettando i loro costumi e le forme di organizzazione delle loro comunità”. E qui ha ricordato le parole di Giovanni Paolo II in occasione della canonizzazione dell’indio Juan Diego: “Il Messico ha bisogno dei suoi indigeni, gli indigeni hanno bisogno del Messico”. Infine, il Papa ha espresso l’auspicio che le prossime elezioni politiche del 2006 divengano un’occasione per rafforzare i significativi progressi compiuti dal Paese sul fronte della democratizzazione. L’attività politica del Messico, ha concluso, deve servire a promuovere il rispetto della vita e la difesa della libertà e della giustizia.

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Il nuovo ambasciatore messicano, Luis Felipe Bravo Mena, è nato il 28 settembre 1952 a León Guanajuato. Sposato, è padre di quattro figli si è laureato in Legge all’Università di Guanajuato e si è specializzato in Filosofia Politica e Sociale all’Università Panamericana, dove è stato docente proprio di Filosofia Politica e Sociale. E’ stato deputato federale (1991-1994) e senatore della Repubblica per lo Stato del Messico. È autore di saggi in materie giuridiche e finanziarie.

 

 

LA CHIESA SIA VICINA AI PROBLEMI DELLA GENTE, SOPRATTUTTO AI POVERI

E A QUANTI SI SONO ALLONTANATI DALLA FEDE, PER TESTIMONIARE CHE DIO

NON ABBANDONA IL SUO POPOLO: COSI’ BENEDETTO XVI

AD UN NUOVO GRUPPO DI VESCOVI MESSICANI IN VISITA AD LIMINA

 

La Chiesa sia vicina ai problemi della gente, attenta soprattutto ai più poveri, capace di testimoniare la speranza cristiana in un tempo difficile, che mette a dura prova la comunità dei credenti. E’ il messaggio che Benedetto XVI ha lasciato oggi al terzo gruppo di vescovi messicani, ricevuti a Castel Gandolfo a conclusione della visita ad Limina. I presuli erano guidati dal cardinale Norberto Rivera Carrera, arcivescovo di Città del Messico. Il servizio di Sergio Centofanti.

 

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Il Papa esorta i vescovi a non cadere nello scoraggiamento di fronte alle difficoltà del nostro tempo, davanti al secolarismo che colpisce anche tanti fedeli.  “Davanti ad un panorama mutevole e complesso come quello attuale – ha detto Benedetto XVI – la virtù della speranza è sottoposta a dura prova nella comunità dei credenti”. Per questo occorre essere testimoni della speranza “che confidano con gioia nelle promesse di Dio” che “mai abbandona il suo popolo”. In particolare il Papa ha invitato i presuli a rivolgere il ministero pastorale verso tutti, sia “ai fedeli che partecipano attivamente alla vita della comunità” sia a quanti “si sono allontanati e che cercano il senso della propria vita”. Bisogna però “conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo, le sue attese, le sue aspirazioni e il suo carattere spesso drammatico”. Bisogna anche “proporre la Parola di Dio…con un linguaggio e una forma adatta al nostro tempo” che dia “una risposta alle difficoltà e ai problemi che maggiormente opprimono e angustiano gli uomini”.

 

Certo – sottolinea il Papa – ci vuole entusiasmo, ma soprattutto occorre ricordare che è lo Spirito a dare la forza necessaria. I vescovi sono chiamati a promuovere tra i fedeli “la vita comunitaria”, perché il cammino di fede non sia solitario e individualistico. “La Chiesa sarà così capace di rispondere alle speranze del mondo con la testimonianza della esperienza cristiana dell’unità” che non dimentica “mai la comunione cristiana dei beni”. Una testimonianza – afferma il Pontefice – che deve guardare concretamente ai problemi sociali che affliggono il Paese con un’attenzione “prioritaria a quanti sono in una situazione di grande povertà, solitudine o emarginazione”. Infine Benedetto XVI invita i vescovi a “curare con particolare attenzione la formazione dei seminaristi” e a “dedicare le migliori cure ed energie ai sacerdoti”, che hanno bisogno di amicizia, fraternità e sostegno: a nessun sacerdote – ha detto – “manchino i mezzi necessari per vivere degnamente la sua sublime vocazione”. Il sacerdote – ha concluso il Papa – deve essere un uomo “di preghiera assidua”, che vive in una dimensione eucaristica e contemplativa, immersa “nel mistero di Dio”.

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ALTRE UDIENZE

 

Il Papa stamane ha ricevuto, sempre a Castel Gandolfo, anche l’ambasciatore del Marocco, Mohamed Sbihi, in visita di congedo.

 

E sempre oggi, alle 18.00, il Santo Padre riceverà i dipendenti delle Ville Pontificie con i familiari.

 

 

AUMENTA LA PRESSIONE INTERNAZIONALE PER LA MESSA AL BANDO TOTALE

 DEI TEST NUCLEARI. LA SANTA SEDE SI APPELLA AGLI STATI

CHE ANCORA IMPEDISCONO L’ENTRATA IN VIGORE DEL TRATTATO

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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“L’uso delle armi non deve produrre mali e disordini più gravi che il male da eliminare”: l’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha lanciato il suo monito alla quarta Conferenza, in corso nella sede dell’Onu a New York, dei Paesi aderenti al Trattato per il bando totale degli esperimenti nucleari. Un Trattato già approvato 9 anni fa dall’Assemblea generale dell’Onu, ma non ancora in vigore per il rifiuto alla ratifica di 11 Paesi di un gruppo più ampio di 44 Stati, che detengono programmi nucleari. Hanno detto finora ‘no’ al trattato Stati Uniti, Cina, Pakistan, India, Corea del Nord, Israele, Colombia, Vietnam, Egitto, Iran e Indonesia. Un ‘no’ che pesa sull’intera comunità internazionale, come ha rimproverato in apertura della Conferenza il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, perché ciò “aumenta il rischio che alcuni in qualche parte del mondo facciano esperimenti di armi atomiche”.

 

Gli ha fatto eco ieri l’arcivescovo Migliore, ricordando che oggi ben 176 Paesi hanno firmato il Trattato e 125 lo hanno già ratificato. E questo dimostra “che la grande maggioranza degli Stati vuole andare verso un mondo libero dalle armi atomiche”. Allo stesso tempo tutta l’umanità – ha avvertito il presule - deve essere preoccupata che le armi nucleari stanno divenendo una caratteristica permanente di alcune dottrine militari”. Il concetto di deterrenza nucleare affermatosi durante la Guerra Fredda – ha ricordato ancora - anche se era in nome della sicurezza collettiva, diviene sempre più “indifendibile”. “Infatti sta diventando una minaccia all’esistenza di popoli in varie parti del mondo e potrebbe essere usata infine come conveniente pretesto per accrescere la capacità nucleare”. Per questo il rappresentante vaticano ha sollecitato una  legislazione internazionale per liberare il mondo dalla minaccia atomica, di cui il Trattato per il bando totale degli esperimenti nucleari dovrebbe essere “un pilastro”, “un incoraggiamento per successive misure, come la sistematica distruzione di tutte le testate atomiche e dei loro vettori”, rafforzando l’architettura di un nuovo regime di sicurezza per l’umanità.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il titolo "La testimonianza del sacerdote orante in una società che rivela segni di secolarismo": il discorso di Benedetto XVI ai presuli della Conferenza Episcopale del Messico.

 

Servizio vaticano - Nel discorso al nuovo ambasciatore del Messico, il Papa ha richiamato l'esigenza di rafforzare l'ordinamento democratico orientandolo verso politiche ispirate alla promozione integrale dei cittadini.

 

Servizio estero - Iraq: l'ayatollah Al Sistani invita a votare "sì" alla nuova bozza della Costituzione che sarà sottoposta a referendum il 15 ottobre.

 

Servizio culturale - Un articolo di Giovanni Marchi sulle due opere di Marguerite Yourcenar "Memorie di Adriano" e "Moneta di sogno".

 

Servizio italiano - In evidenza l'articolo dal titolo "Tremonti torna al ministero dell'economia e raggiunge Fazio a Washington"; il governatore della Banca d'Italia "sfiduciato" dal presidente del Consiglio italiano.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

23 settembre 2004

 

 

UNA NUOVA FASE POLITICA SI APRE PER L’UCRAINA:

VIA LIBERA IERI DEL PARLAMENTO AL NUOVO PRIMO MINISTRO IURI YEKHANUROV,

 DESIGNATO DAL PRESIDENTE YUSHENKO IN SOSTITUZIONE

DELLA COSIDDETTA PASIONARIA DELLA ‘RIVOLUZIONE ARANCIONE’

- Intervista con il prof. Domenico Caccamo -

 

Si apre una nuova fase politica per l’Ucraina dopo che ieri  il Parlamento ha dato la fiducia al nuovo premier designato dal presidente  Viktor Yushenko in sostituzione dell’ex alleata della 'rivoluzione arancione' Iulia Timoshenko. La cosiddetta ‘pasionaria’ era stata esautorata l’8 settembre scorso. Ed ora l’incarico di governo va a quello che viene definito un “tecnocrate moderato”, Iuri Yekhanurov. Per ottenere l’approvazione della Duma il capo dello Stato è dovuto scendere a patti con il suo ex sfidante alla presidenza Viktor Yanukovic, primo ministro sotto il vecchio  potere di Leonid Kuchma e accerrimo nemico delle piazze di Kiev  appena pochi mesi fa. Ma per capire innanzitutto chi sia il nuovo capo di governo e in quale fase storica entri l’Ucraina, Fausta Speranza ha intervistato il prof. Domenico Caccamo, docente presso l’Università La Sapienza di Roma e direttore di un Master in geopolitica:

 

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R. – Sicuramente è un tecnocrate, ma è da lungo tempo impegnato nella politica e viene dalla regione più sensibile e più caratterizzata etnicamente come regione russa. E’ la regione orientale, quella del Bacino del Dombas, che è diversa dall’Ucraina occidentale, perché è abitata prevalentemente da russi che sono arrivati verso la fine del secolo scorso nel processo di industrializzazione ancora di epoca zarista. E’ un amministratore che è anche un politico, che appartiene alla squadra di Yushenko e, al tempo stesso, sembra non abbia rotto tutti i rapporti con gli ambienti di Kuchma, il precedente presidente.

 

D. – Cosa implicherà il fatto che il presidente per l’elezione del nuovo premier sia sceso a patti con l’ex sfidante e dunque con la vecchia guardia?

 

R. – Senza dubbio c’è un mutamento radicale, che è evidente. L’idea della “rivoluzione arancione”, una rivoluzione combattuta in nome della libertà, di un alto ideale contro gli oppositori ed i rappresentanti di un antico regime, è un’idea che diventa uno schema insostenibile. Si tratta di un luogo comune. Mi sembra che siamo di fronte alla fine di quella che avevamo definito un’altra rivoluzione di velluto. In ogni caso, al di là di questo luogo comune, una svolta verso il realismo politico potrebbe anche essere un fatto positivo. Certo di rivoluzione di velluto sarebbe difficile parlare, poichè si trovano d’accordo due poli opposti, per mettere nell’angolo una protagonista della rivoluzione di velluto.

 

D. – Parliamo proprio di chi resta fuori da questo patto degli estremi…

 

R. – In realtà chi resta fuori lo decideranno le elezioni del marzo 2006 alle quali si preparano entrambe le figure principali della politica ucraina in questo momento: il partito dell’attuale presidente, che si troverà ad affrontare il partito del capo del governo uscente.

 

D. – In definitiva, è come se non fosse successo niente, come se tutti gli slogan filo-occidentali, le domande di trasparenza e la gente in piazza colorata di arancione non ci fossero stati?

 

R. – No, no. Qualcosa è successo. Anzitutto, l’attuale presidente del Consiglio è una persona che appartiene al gruppo di Yushenko, che è stato un protagonista della rivoluzione arancione, e non è quindi un esponente dell’antico regime. Sicuramente c’è un accordo con l’ambiente di Kuchma. Si apre, quindi, un’epoca ed un momento complesso di trattative tra vari elementi politici. L’idea che ci eravamo fatti di due poli, uno – diciamo - occidentale che combatte contro l’altro polo “negativo”, è un’idea insostenibile. Non siamo tornati all’epoca precedente, si apre semplicemente un nuovo momento di riflessione politica realistica, basata sul riconoscimento di diverse forze costituenti dell’Ucraina attuali. Non è vero, quindi, che si tratta di un passo verso il passato. Crolla semplicemente questo sciocco slogan di una serie di rivoluzioni libertarie ed occidentaliste, che cominciano dalla Georgia e proseguono avanti all’infinito. E’ una falsa illusione che muore. Questo processo è stato costruito dal segretario di Stato americano, ma non corrisponde alla realtà.

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APERTURA AL DIALOGO E AFFERMAZIONE DELL’IDENTITÀ CRISTIANA AL CENTRO DELL’INCONTRO DEI DELEGATI NAZIONALI PER LA PASTORALE UNIVERSITARIA

DEL CONSIGLIO DELLE CONFERENZE EPISCOPALI EUROPEE (CCEE),

AL VIA OGGI FINO A DOMENICA

- Intervista con l’arcivescovo Cesare Nosiglia -

 

Delineare le prossime tappe del cammino delle università d’Europa, attraverso un rinnovato impegno formativo e spirituale: con questo scopo, prende il via nel pomeriggio a Budapest l’Incontro dei delegati nazionali per la pastorale universitaria del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (CCEE). Tra i temi dell’assise, in corso fino a domenica, anche una sessione dedicata all’eredità della Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia. Ma quali sono le prospettive d’impegno della pastorale universitaria in Europa? Roberta Moretti lo ha chiesto al delegato CCEE per la catechesi, arcivescovo Cesare Nosiglia:

 

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R. – Alcuni ambiti di lavoro importanti sono l’accoglienza di uno strumento che abbiamo elaborato in questi anni, Lineamenta di pastorale universitaria in Europa, che dà linee di indirizzo culturale e pastorale nelle varie università. Vogliamo poi anche avviare un progetto informativo per i giovani universitari, per confrontarsi con la verità di Cristo, di annunciarlo e di testimoniarlo anche agli altri. Abbiamo poi dei laboratori culturali che sono stati avviati dopo il Giubileo: all’interno della singola facoltà, docenti ed universitari possono lavorare insieme attorno a tematiche sempre di rapporto tra fede e cultura. Infine c’è questa rete dei cappellani che lancia iniziative che saranno prese anche nei prossimi anni, come la IV Giornata europea degli universitari, sabato 11 marzo a Roma, e l’incontro europeo dei docenti universitari per il giugno 2007. Infine nel 2010 si terrà il grande Simposio europeo degli universitari.

 

D. – Come mettere insieme l’apertura al dialogo e allo stesso tempo l’affermazione dell’identità cristiana in Europa attraverso la pastorale universitaria?

 

R. – Il dialogo e l’identità possono camminare insieme quando c’è un approfondimento sulla propria fede e partendo da questo si guarda all’altro, riscoprendo i valori dell’altro. Quindi i giovani cristiani, soprattutto i giovani cattolici, all’interno dell’Università possono con serenità sviluppare un dialogo con tutti gli altri amici, anche di altre religioni, proponendo però con sincerità anche i valori della loro fede, senza però sminuirli, perché l’annuncio di Cristo non è imposizione, ma è proposta ed è una proposta che noi sappiamo corrisponde alle attese più vere anche del cuore di ogni ragazzo.

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LE CONFERENZE EPISCOPALI DI POLONIA E GERMANIA UNITE

PER PROMUOVERE L’INTEGRAZIONE EUROPEA

- Intervista con mons. Henryk Muzynski  e padre Josef Kloch -

 

Avverrà domani a Wroclaw in Polonia la controfirma del documento sul processo di riconciliazione tedesco – polacco da parte del presidente della Conferenza episcopale polacca, mons. Jozef Michalik. Il contenuto di questo importante documento nel Quarantesimo anniversario della storica lettera sul perdono reciproco, siglata all’indomani del Concilio Vaticano II dai rappresentanti della Chiesa polacca e tedesca, è stato reso noto ieri in occasione della presentazione avvenuta nella città di Fulda in Germania. Il servizio è di Stefano Leszczynski.

 

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“Perdoniamo e chiediamo perdono” con queste parole nel 1965 i vescovi polacchi di ritorno dal Concilio si rivolgevano ai vescovi tedeschi aprendo la strada al lento processo di riconciliazione tra i due popoli. Oggi, in un Europa ormai unita politicamente ed economicamente, i due episcopati rinnovano l’impegno a sostenere il processo d’integrazione europeo e a promuovere il dialogo tra le rispettive Chiese, come ci spiega il metropolita di Gniezno, arcivescovo Henryk Muzynski:

 

“Il processo della riconciliazione è un qualcosa che matura nel tempo e noi – come Chiesa cattolica - cerchiamo di assumerci la responsabilità per promuovere non soltanto il dialogo, ma le mutue relazioni cristiane e così cerchiamo di dare il nostro contributo spirituale all’unità dell’Europa. Il Santo Padre Giovanni Paolo II, proprio qui a Gniezno diceva che non ci sarà un’Europa unita finché gli europei non troveranno un minimo di unità spirituale tra di loro”.

 

Nel testo del documento che verrà controsiglato a Wroclaw dal vescovo Josef Michalik, presidente della Conferenza episcopale polacca, vengono condannate le tendenze espresse da alcuni uomini politici che, per ragioni strumentali o di mero potere personale, tendono a creare tensioni fra i due Paesi. Il commento di padre Josef Kloch, portavoce della Conferenza episcopale polacca:

 

“Questi sono problemi che verranno discussi dai nostri Stati. Non sono questioni che rientrino nelle competenze della Chiesa. Si tratta di questioni giuridiche difficili come per esempio quelle relative ai risarcimenti per la perdita di beni immobili durante e dopo la II Guerra Mondiale. Ma, ovviamente in quanto cristiani possiamo dire che l’amore è il principale comandamento sia per i polacchi che per i tedeschi, la base fondamentale per i rapporti tra i cittadini dei due Paesi”. 

 

Una riconciliazione che avviene nel nome dei due Pontefici, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, quasi un simbolo del cammino di riconciliazione e di perdono nel solco della drammatica storia d’Europa.

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LA CHIESA RICORDA OGGI SAN PIO DA PIETRELCINA,

IL FRATE CAPPUCCINO CANONIZZATO TRE ANNI FA DA GIOVANNI PAOLO II

CHE  HA VISSUTO CON PARTICOLARE INTENSITÀ

IL MISTERO DELL’EUCARISTIA E DELLA CROCE

- Intervista con padre Luciano Lotti -

 

La Chiesa ricorda oggi San Pio da Pietrelcina, il frate cappuccino canonizzato tre anni fa da Giovanni Paolo II e che durante tutta la sua vita ha vissuto con particolare intensità il mistero dell’Eucaristia e della Croce. Tiziana Campisi ne ha parlato con padre Luciano Lotti, direttore della rivista “Studi su Padre Pio”.

 

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R. – Padre Pio si rifugiava nell’Eucaristia, aveva l’Eucaristia proprio come punto di riferimento della sua vita spirituale, ed era veramente Gesù Eucaristia l’appoggio della sua esistenza. Questa caratteristica la conserverà per tutta la vita. La Messa è diventata non solo il punto di riferimento e della devozione, ma è diventato il luogo dove Padre Pio viveva maggiormente la sua immolazione. Lui durante la Messa si offriva a beneficio dei fratelli, tanto che lo stesso Giovanni Paolo II nel discorso della canonizzazione dice che nella Messa di Padre Pio c’è realmente tutta la Passione e la Risurrezione di Cristo. Per questa sua partecipazione personale al sacrificio di Gesù.

 

D. – Se Padre Pio viveva il mistero dell’Eucaristia, in che modo i fedeli partecipavano a questo mistero?

 

R. – La Messa di Padre Pio è diventata realmente una scuola. L’aspetto esteriore di Padre Pio durante la Messa era così coinvolgente che lui riusciva veramente a farli entrare nel mistero. Per Padre Pio la Messa era soprattutto questo mistero di salvezza che Cristo dà agli uomini.

 

D. – Lei ha conosciuto Padre Pio. Che ricordi ha?

 

R. – E’ morto quando io avevo 13 anni. Io sono stato battezzato da lui, quindi sono vissuto un po’ nell’ambiente del convento. Era una persona molto affettuosa, molto calda, anche, come carattere. Quando si andava da lui, io ricordo la sera, salutava noi ragazzi, noi sentivamo proprio il bacio di Padre Pio sulle nostre guance. Un carattere così intenso, anche così ricco, che sapeva essere anche un carattere forte nel momento in cui si accorgeva che l’uomo aveva bisogno di quello scossone per convertirsi. Ecco perché certe volte Padre Pio aveva degli atteggiamenti un po’ forti. Però, erano sempre quegli atteggiamenti tesi alla conversione che poi, in un modo strano, che a volte lasciava anche perplessi, metteva insieme una grande bontà ma anche una grande severità.

 

D. – Tra i suoi insegnamenti, cosa imparare anzitutto?

 

R. – Un giorno disse a Carlo Campinnini: “Carletto, tutti vogliono che io vi tolga la Croce, ma nessuno vuole aiutarmi a portarla”. Ecco, Padre Pio viene visto spesso dalla gente come il Santo dei Miracoli. Ma il vero miracolo di Padre Pio non è tanto la guarigione, ma la capacità che dà di vedere nel dolore il discorso di fede.

 

D. – Quale frutti ha fatto maturare la santità di Padre Pio?

 

R. – Quella notte, a San Giovanni Rotondo c’erano 30 mila persone; Padre Pio continua a parlarci: ci sono ogni giorno migliaia e migliaia di persone che vengono a San Giovanni Rotondo. Direi che forse ciò che colpisce di più è che Padre Pio è la persona che dà ancora speranza al mondo di oggi. Io, tante volte, quando parlo con i giovani, dico: “Mi colpisce il fatto che proprio quei divi dello spettacolo che voi vedete in televisione, che voi vorreste imitare, poi vengono a San Giovanni Rotondo, aprono il loro cuore e fanno vedere come in realtà sono venuti da Padre Pio per cercare la felicità. Forse è proprio lui che dà quella speranza nuova, diversa.

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CHIESA E SOCIETA’

23 settembre 2005

 

 

LETTERA DI “STIMA E AFFETTO” DEL SANTO PADRE

A MONS. JAVIER ECHEVARRIA RODRIGUEZ,

PER I 50 ANNI DI SACERDOZIO, FESTEGGIATI IERI,

CON UNA MESSA DI RINGRAZIAMENTO

NELLA BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIORE, A ROMA

 

ROMA. = Festa ieri in casa dell’Opus Dei, per i 50 anni di sacerdozio del suo prelato mons. Javier Echevarria Rodriguez, che per l’occasione ha celebrato nel pomeriggio una Messa di ringraziamento nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, con alcuni sacerdoti della Prelatura provenienti da diversi Paesi. A suggellare l’anniversario è giunta a mons. Echevarria una lettera di “stima e affetto” del Santo Padre, che è stata letta prima dell’omelia di fronte a più di duemila persone raccolte nella basilica. Un cammino sacerdotale, quello percorso dal successore di San Escrivà de Balanguer, fondatore dell’Opus Dei, senza dubbio – come osserva Benedetto XVI -  segnato da “molteplici impegni e difficoltà superati con la grazia divina”, ma anche da “tanti lieti eventi concessi da Dio” a lui e alla sua Prelatura personale. Alla cerimonia liturgica sono intervenuti numerosi vescovi e cardinali, tra cui Sodano e Ruini, e altre personalità ecclesiastiche insieme a diverse autorità civili, tra cui il presidente della Camera Casini e il sindaco di Roma Veltroni. (R.G.)

 

 

MONITO DEI VESCOVI MALAYSIANI AI CATTOLICI DEL PAESE:

APOSTASIA E CRESCENTI CONVERSIONI STRUMENTALI ALL’ISLAM

MINANO LA SOLIDITA’ DELLA COMUNITA’ ECCLESIALE LOCALE

 

KUALA LUMPUR. = La società malaysiana? Si islamizza troppo velocemente. E’ la preoccupazione dei vescovi del Paese asiatico, nel quale la diffusione della religione musulmana risale agli anni Sessanta. In questi decenni, riferisce l’agenzia AsiaNews, l’islamizzazione ha fatto da sponda al partito di maggioranza, l’UMNO, l’United Malays National Organization, Organizzazione nazionale dei Malay uniti, per rafforzare le posizioni economiche e politiche dell’etnia Malay e per accrescere il consenso nazionale. Ma anche il PAS, il Partito islamico della Malaysia cavalca il processo con l’intento, si afferma, di arrivare all’instaurazione di uno Stato islamico. Nonostante gli sforzi attuali del premier Badawi, che punta sul dialogo interreligioso, nel Paese - prosegue la nota di AsiaNews - ben 13 Stati hanno approvato la sharia, la legge islamica. A metà dello scorso agosto, dalle colonne del settimanale cattolico Herald, l’episcopato malaysiano ha preso posizione sull’argomento con un documento intitolato: “Le implicazioni legali della conversione all’Islam”.  L’apostasia e le conversioni all’islam per motivi strumentali, oltre che superficiali dal punto di vista eminentemente religioso, sono stati i punti stigmatizzati dai presuli. “Sempre più spesso – scrive AsiaNews - giovani e ragazze cattolici si innamorano di musulmani e pur di sposarsi, accettano anche di divenire musulmani. Altri diventano musulmani per ricevere vantaggi economici”. Un gesto grave, affermano i vescovi della Malaysia, “che ha conseguenze radicali non solo a livello di fede, ma anche nel loro stato legale e civile”. Anche perché, l’imposizione della sharia ai neoconvertiti renderebbe difficile un loro eventuale ripensamento. “Sebbene la Costituzione federale garantisca la libertà dell’indivi-duo di scegliere la propria religione, i musulmani, e soprattutto i Malay – chiosa la nota - hanno la proibizione di farlo”. (A.D.C.)

 

 

SULLA SCIA DELLA GMG DI COLONIA, CELEBRATO IN PAPUA NUOVA GUINEA

UN FESTIVAL GIOVANILE CON 1.500 PARTECIPANTI,

 CHE HANNO RIBADITO IL LORO SI’ NELLA SEQUELA DI CRISTO,

SECONDO GLI AUSPICI DI BENEDETTO XVI

 

PORT MORESBY. = La Giornata mondiale della gioventù ha ritrovato i suoi spunti spirituali e l’ormai caratteristico folklore nel Festival svoltosi di recente in Papua Nuova Guinea. Oltre 1500 giovani hanno rinnovato il loro impegno sulle orme di Cristo durante un festoso appuntamento svoltosi nella capitale Port Moresby, presso la “Don Bosco Techichal School”. Organizzato dai Salesiani, l’incontro è stato titolato “Ricordiamo… celebriamo… ci impegniamo”, sulla scia di quanto vissuto in agosto a Colonia, con Benedetto XVI. Un momento di formazione e preghiera, è stato definito dai partecipanti, importante per i giovani cattolici della nazione. Le parole del Papa durante il suo soggiorno a Colonia hanno fatto da filo conduttore del Festival, durante il quale, racconta l’agenzia Fides, i giovani hanno manifestato la loro volontà di “vivere in pienezza la propria vocazione e missione”. Tra momenti di confronto, giochi, canto e danze, è stata ricordata ai giovani anche la figura di don Stefano Savio, molto conosciuto e amato dai giovani dell’Oceania, grazie alle missioni Salesiane. Nel suo intervento, il rettore maggiore dei Salesiani, padre Pascual Chavez, ha ricordato che, “sull’esempio di don Bosco, per educare occorre farsi umili, semplici, poveri, dando priorità agli altri, aiutando chi è nel bisogno”, invitando i giovani a condividere esperienze positive, collaborare con gli altri, ascoltare, pregare. Secondo i sacerdoti e gli educatori presenti, i giovani rappresentano sempre un campo di evangelizzazione privilegiato e costituiscono un banco di prova per verificare l’efficacia della pastorale. Una considerazione tutt’altro che scontata se si considera che in Papua Nuova Guinea la piaga della violenza giovanile affligge la società, creando notevoli preoccupazioni a livello politico, oltre che religioso. La Chiesa in Papua Nuova Guinea opera con diverse attività di pastorale giovanile, soprattutto nel campo dell’istruzione. Le Chiese cristiane oggi gestiscono il 70% delle strutture educative nel Paese. (A.D.C.)

 

 

VERRA’ PRESENTATO OGGI, NELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO,

 IL LIBRO “L’EUROPA DI BENEDETTO NELLA CRISI DELLE CULTURE”,

SCRITTO PRIMA DELL’ELEZIONE PONTIFICIA DAL CARDINALE JOSEPH RATZINGER.

DURANTE LA CERIMONIA, VERRA’ ANNUNCIATA LA NASCITA DI UNA FONDAZIONE

PER IL MAGISTERO SOCIALE DELLA CHIESA, INTITOLATA A GIOVANNI PAOLO II

 

SAN MARINO. = Un libro che “suggerisce come Dio possa tornare nella coscienza degli uomini d’oggi”, in un’era in cui il progresso tecnologico iniziato con l’Illumi-nismo ed evolutosi fino ad oggi ha instillato nell’uomo l’idea di “vivere come se Dio non esistesse”. E’ il grande tema di fondo del volume “L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture”, scritto da Joseph Ratzinger prima della sua elezione al soglio pontificio con una introduzione del presidente del Senato, Marcello Pera. Un libro già noto e dibattuto, che oggi pomeriggio, alle 17, godrà di una nuova ribalta nella Repubblica di San Marino, dove il volume verrà presentato nella Sala di Castello di Borgo Maggiore. Illustre il parterre degli ospiti e dei relatori, tra i quali figurano Pier Ferdinando Casini, presidente della Camera dei Deputati italiana, il vescovo Rino Fisichella, rettore della Pontificia Università Lateranense, e il vescovo Luigi Negri, vescovo della Diocesi di San Marino-Montefeltro. La presentazione dell’opera, che chiarisce uno dei punti più importanti del pensiero di Benedetto XVI – ovvero che lidea di Dio, caduta nel dubbio e nell’incertezza nel corso del XIX secolo, ha bisogno di diventare nuovamente credibile e viva nella coscienza umana - vedrà anche uno speciale annuncio da parte di mons. Luigi Negri: la costituzione della “Fondazione Internazionale Giovanni Paolo II per il Magistero Sociale della Chiesa”, sostenuta e presentata da un Comitato d’Onore e da un Comitato scientifico con nomi illustri del mondo ecclesiale, istituzionale ed accademico. Nata lo scorso luglio, la Fondazione, che non ha scopo di lucro, si propone testualmente “l’incremento scientifico del Magistero Sociale della Chiesa nel suo impatto con il variare delle condizioni antropologiche, culturali, politiche, sociali ed economiche del terzo millennio, attraverso la celebrazione di convegni di studio ad alto livello scientifico”, anche attraverso “la creazione di una ‘Scuola del Magistero sociale della Chiesa’ tesa alla formazione di operatori impegnati nella società e nella politica per la difesa e la promozione del bene comune”.

 

 

AL VIA IERI, IN CISGIORDANIA,

IL “FESTIVAL CINEMATOGRAFICO DELLE DONNE ARABE”,

PROMOSSO DA UNA ORGANIZZAZIONE PALESTINESE

 

RAMALLAH. = Giornata “storica”, ieri sera, nei Territori palestinesi, per l’inaugurazione del primo “Festival cinematografico delle donne arabe”: un evento di una settimana, che si svolgerà in Cisgiordania, tra Ramallah, Betlemme e Nablus. Si tratta della prima rassegna al mondo dedicata a registe o produttrici arabe. La direttrice dell’organizzazione palestinese che gestisce l’evento, Alia Arsaghli, ha spiegato come “anche quando una donna araba è protagonista di un film”, sia “costretta a seguire le altrui direttive” e non abbia “la possibilità di esprimere se stessa”. Il ministro palestinese delle Pari opportunità, Zahira Kamal, nel commentare l’iniziativa ha affermato che si tratta di “un evento di qualità che permette alle creative arabe di uscire dall’oscurità”. Il Festival si è aperto con la proiezione del film “Yasmine”, storia di una pakistana residente in Gran Bretagna, divisa tra la necessità di seguire i dettami conservatori della famiglia d’origine e il desiderio di una vita indipendente. Otto film presenti alla rassegna sono stati prodotti o diretti da donne palestinesi, mentre sei sono stati girati da cineaste provenienti da Marocco, Algeria, Tunisia, Libano ed Egitto. (R.R)

 

 

I PROGRAMMI RADIOTELEVISIVI ED I WEB

FINALISTI ALLA 57.MA EDIZIONE DEL PRIX ITALIA SONO STATI RESI NOTI

QUESTA MATTINA A MILANO, DOVE LA MANIFESTAZIONE

 ORGANIZZATA DALLA RAI SI CHIUDERÀ DOMANI SERA.

- A cura di Antonella Palermo -

 

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MILANO. = Una fiction britannica sul traffico della prostituzione, la storia di alcuni operai di Glasgow, un programma danese sul giovane scrittore Andersen, un documentario finlandese sulla guerra in Cecenia, uno giapponese sulla tragedia dello tsunami, un viaggio nell’universo della cecità prodotto dalla Francia, un film musicale in memoria di Auschwitz. Sono questi alcuni dei prodotti per la tv finalisti al Prix Italia. La giuria dei programmi radiofonici musicali ha apprezzato la freschezza dei canti d’amore e di guerra, realizzato dalla Germania, un incrocio di generi musicali da Shakespeare ai giorni nostri, ma in finale c’è anche un programma canadese sull’impatto dell’elettricità sulla musica e un viaggio musicale tra le montagne slovene. Fra i documentari radiofonici la storia di Uno straniero in Alsazia e un’analisi dei terremoti in Giappone. Dall’associazione cattolica internazionale Signis è stata esaltata all’unanimità l’eccellente qualità dei programmi presentati in questa edizione. Ha premiato un programma della Repubblica Ceca sull’intensa relazione umana tra due donne anziane e un programma tedesco sulla figura di Hitler e di altri leader della Germania nazista. Merito alla Francia per un documentario sulle responsabilità dei media e alla Spagna per un reportage sull’immigrazione. La giuria del Premio “Granarolo-Comunicazione per la vita” ha evidenziato che “i filmati in concorso hanno il pregio di affrontare con coraggio e schiettezza molte delle situazioni di crisi del mondo anche se non sempre il livello tecnico è adeguato alla passione del racconto”. In finale L’Asia negli occhi di un bambino: desiderare la mamma prodotto dalla tv giapponese e ambientato nelle Filippine. Un cucchiaino per la vita è un breve e intenso filmato sulle donne polacche che hanno sfidato l’olocausto. E poi ancora un pregiato pezzo di giornalismo investigativo britannico sulla poco nota vicenda delle popolazioni delle isole Chagos espulse brutalmente dal loro Paese tra gli anni’ 60 e ’70 dal governo inglese. Menzione di merito per il documentario francese Il treno dei miracoli che percorre le regioni più remote del Sudafrica. La Rai si è aggiudicata una speciale menzione per il web con la sua enciclopedia online che mette a disposizione delle scuole 1000 ore di materiale audiovisivo.

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24 ORE NEL MONDO

23 settembre 2005

 

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

Mentre si leva l'alba sull'arco di costa statunitense sul Golfo del Messico, l'uragano Rita conserva forza 4 e mantiene la rotta su Port Arthur, al confine tra Texas e Louisiana. Le previsioni per la notte e la  mattina parlano di una sorta di marea alta fino a 7 metri, accompagnata da mareggiate e da almeno 30 centimetri di pioggia e forti venti. I venti rotatori si sono rafforzati. L'uragano, il cui occhio è a circa 400 chilometri dalla costa, ma le cui propaggini già la sfiorano, avanza a circa 15 chilometri l'ora e dovrebbe approdare fra poco più di 24 ore. Rita incontra nel suo cammino un quarto delle capacità di raffinazione degli Stati Uniti. L'impatto dell'uragano sui prezzi della benzina s'è già fatto sentire. Sono due milioni le persone toccate dagli ordini d'evacuazione. Gli ingorghi sulle strade sono stati mostruosi, ieri, con decine di migliaia di persone che hanno trascorso la notte in auto, ai bordi delle strade. Il presidente Bush compie oggi un ennesimo sopralluogo nelle zone colpite dall'uragano Katrina e intende anche verificare i preparativi per Rita.

 

Nella pagina politica italiana continua a tenere banco il repentino cambio al ministero dell’Economia, con le dimissioni di Siniscalco e il ritorno di Tremonti. Oggi a Washington, per le riunioni del G7 e del Fondo Monetario Internazionale, Tremonti rappresenta l’Italia assieme al Governatore, Antonio Fazio, sfiduciato ieri da Berlusconi. Nel centrodestra intanto è formalmente aperta la questione della leadership, mentre l’opposizione attacca Tremonti, chiede chiarezza su Bankitalia e sollecita elezioni anticipate. Il servizio di Giampiero Guadagni:

 

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Insieme, ma quasi da separati in casa. All’assemblea del Fondo Monetario Internazionale di Washington va in scena l’imbarazzante incontro tra il neoministro dell'Economia e il governatore di Bankitalia. Tremonti è tornato al dicastero quattordici mesi dopo le sue dimissioni, causate proprio dai contrasti con Fazio, allora difeso da Alleanza Nazionale e Lega. Ma ora a sostegno di Fazio c’è solo il partito di Bossi. E ieri Berlusconi ha usato parole forti: “Il Governatore è incompatibile con la credibilità nazionale, la sua permanenza in carica non è opportuna”. Berlusconi ha poi sfumato la critica: “Non ho mai dubitato della correttezza del suo operato, ma c’è ormai sfiducia negli ambienti finanziari e internazionali”. Il premier ha poi rivelato che la soluzione Tremonti era considerata dal capo dello Stato Ciampi la migliore soluzione possibile. Non sembra pensarla così l’opposizione. Osserva Romano Prodi: “Tremonti aveva fatto una finanziaria disastrosa, da lui non ne possiamo accettare un’altra”. Aggiunge il leader dell’Unione: “Per Washington è partito un Governatore sfiduciato inseguito da un ministro che lo vorrebbe sfiduciare in pubblico. Questa anomalia deve finire”, dice Prodi che insiste nella richiesta di elezioni anticipate. Un’ipotesi che il centrodestra non vuole prendere in considerazione. Il vertice di ieri sera, oltre alla scelta di Tremonti, è stato dedicato ai difficili rapporti interni, dopo le manifestazioni di insofferenza crescente soprattutto da parte dell’UDC. Abbiamo ritrovato un’unità sostanziale, assicura il vicepremier Fini. Ma intanto si è aperta ufficialmente la questione della leadership. Il leader, UDC, Follini ha detto: “Berlusconi non è il miglior candidato premier, facciamo le primarie”. Berlusconi si dice pronto a discutere ma alle primarie preferisce una convention degli eletti. Una soluzione che non piace all’UDC. E il braccio di ferro è destinato a continuare.

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Un’atmosfera “costruttiva”. Così ieri Angela Merkel, leader cristiano-democratica, vincitrice di misura alle recenti elezioni tedesche, ha definito il primo incontro con i social-democratici del premier uscente, Gerhard Schröder. Dopo diverse ipotesi, dunque, in Germania sembra concretizzarsi la possibilità di una coalizione di governo tra i due maggiori partiti, sinora avversari. Ma si tratta di una soluzione davvero praticabile? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Marina Verna, corrispondente da Berlino del quotidiano La Stampa:

 

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R. – La Grande Coalizione, stando ai numeri, è l’unica proposta possibile, ed è tra l’altro anche storicamente un vecchio accordo. Già nel ’68 ci fu una Grande Coalizione che durò per tre anni; in molti governi locali, i cristiano-democratici governano con i socialdemocratici: per esempio, a Brema da dieci anni c’è un governo SPD-CDU. Diciamo che i partiti sono abituati a collaborare. Il problema è che né Schröder né Merkel vogliono rinunciare alla Cancelleria, quindi si stanno scontrando su questo punto.

 

D. – Quali sono gli ostacoli maggiori a questo storico accordo?

 

R. – Schröder si considera vincitore, sostenendo che la SPD è il partito che ha preso la maggioranza dei voti. Merkel ribatte che è lei la vincitrice, perché il suo partito, la CDU, è storicamente alleato con la CSU e insieme hanno un gruppo parlamentare. Ora, il punto è questo: Schröder sostiene che i due partiti si presentano sempre distinti ai talk-show, godono di tutti i vantaggi di tutti i partiti singoli, e quindi non possono essere contati insieme. E’ chiaro che è una lotta tra due elefanti, come si dice qui in Germania. Una delle possibili soluzioni è che tutti e due perdano e che venga fuori una nuova generazione di giovani leoni 40-50enni e che loro trovino l’accordo.

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Il valico di Rafah fra la Striscia palestinese di Gaza e il territorio egiziano del Sinai del Nord è stato aperto oggi, per la prima volta dal 1967, senza alcun controllo israeliano. A quanto pare si tratta di un’apertura di carattere transitorio, volta ad alleviare questioni umanitarie. Fra i primi palestinesi ammessi in Egitto figurano infatti persone che  necessitano di cure mediche e studenti iscritti in istituti egiziani. Le autorità hanno precisato che il valico sarà nuovamente chiuso fra 48 ore. Intanto, è salito a tre il numero dei militanti palestinesi uccisi dai  militari israeliani nei dintorni della città di Tulkarem, in Cisgiordania, nel corso di un’operazione mirata all'arresto di palestinesi ricercati. Si tratta della prima incursione israeliana in territorio palestinese con vittime dalla fine del ritiro dalla Striscia di Gaza e da quattro colonie ebraiche cisgiordane. 

 

Un'autobomba è esplosa nel centro di Baghdad, causando 5 morti e un numero imprecisato di feriti. L'esplosione ha avuto luogo nella piazza al Tarayan, nel quartiere di Al Shabab, dove gli insorti colpiscono di frequente soldati USA e militari iracheni. E in due diversi episodi sono morti due soldati americani: uno nei pressi della base aerea di Al-Taqaddum, circa 70 chilometri a ovest di Baghdad; un altro ucciso a colpi d'arma da fuoco dagli insorti nella città irachena di Ramadi, nel cosiddetto 'triangolo sunnita'.

 

Un dirigente ''internazionalmente noto'' di al Qaeda e due suoi complici sono stati arrestati la scorsa notte nel corso di uno scontro a fuoco  ad Hargeisa, capitale del Somaliland, ampia regione a nord ovest della Somalia autoproclamatasi indipendente nel maggio del '91. Lo ha reso noto il ministro dell'Interno, Ishmael Aden, precisando che altri quattro presunti terroristi sono in fuga, ma braccati, mentre tre poliziotti che hanno preso parte allo scontro armato sono rimasti feriti. Il ministro sostiene che il gruppo si apprestava a compiere atti terroristici e che il leader ha militato in Pakistan ed Afghanistan. Giovedì prossimo la popolazione del Somaliland sarà chiamata ad eleggere il Parlamento in un'elezione  multipartitica.

 

In Turchia, il governo ha condannato come ''antidemocratica'' la decisione di un tribunale amministrativo  di Istanbul di cancellare, giusto alla vigilia, la conferenza tra studiosi, che due università di Istanbul avevano  organizzato per questa mattina nella stessa Istanbul, sui massacri degli armeni avvenuti nel 1915-16 ad opera dell'impero ottomano. ''Non è possibile che io approvi la decisione in una fase di passi per una democrazia più avanzata e per una Turchia più libera”, ha dichiarato il premier Tayyip Erdogan. Forti critiche anche da parte della  Commissione Europea: “Noi deploriamo fortemente questo nuovo tentativo di vietare alla società turca di discutere la sua storia”, ha detto Krisztina Nagy, portavoce del commissario UE all'allargamento. La stessa conferenza dal titolo “Gli armeni ottomani nella fase del declino dell'impero” era già stata annullata una prima volta in maggio dopo che il portavoce del governo, il ministro della Giustizia, Cemil Cicek, aveva definito “traditori” gli organizzatori ed i partecipanti alla conferenza stessa.

 

Intanto, continuano nell'est della Turchia scontri ed attentati, nonostante il prolungamento al 3 ottobre  (data di inizio del negoziato Turchia-UE) della tregua di un mese prevista fino al 20 settembre e  non rispettata. Il prolungamento era stato  annunciato tre giorni fa dalla guerriglia curda del PKK. A Diyarbakir, centro della regione curdofona turca, sei artificieri delle forze di sicurezza turche sono rimasti feriti mentre a Van, ai confini orientali con l'Iran, un membro della stessa organizzazione separatista armata curda è stato ucciso nel corso di uno scontro armato con le forze di sicurezza turche.

 

Un’imboscata delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) ha causato ieri a Tajumbina, località del dipartimento di Narino, la morte di  otto agenti di polizia, un ufficiale ed un sottufficiale. Lo riferiscono i media a Bogotà, secondo cui altre quattro persone sono rimaste ferite. Le forze dell'ordine, si è inoltre appreso, erano impegnate in un’operazione di distruzione di coltivazioni illegali di coca quando il veicolo su cui viaggiavano è saltato in aria per lo scoppio di un rudimentale ordigno collocato dalla guerriglia. E' il terzo attacco portato a termine dalle FARC che hanno colpito anche a Roberto Payan, sulla costa del Pacifico, ed a  Samaniego.

 

E' di 40 feriti il bilancio dell'esplosione di una bomba ieri sera presso un ristorante del centro di Vitebsk, nella parte orientale della Bielorussia: lo ha reso noto oggi il ministero per le situazioni di emergenza. E’ il secondo attentato di questo genere nel giro di pochi giorni a Vitebsk: una settimana fa  l'esplosione di una bomba aveva causato due feriti.

 

 

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