RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
266 - Testo della trasmissione di venerdì 23 settembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Appello
della Santa Sede per il bando totale degli esperimenti nucleari
OGGI IN PRIMO PIANO:
La Chiesa ricorda oggi San Pio da Pietrelcina: ai
nostri microfoni padre Luciano Lotti
CHIESA E
SOCIETA’:
Sulla scia della GMG
celebrato in Papua Nuova Guinea un festival giovanile con 1.500 partecipanti
Al via ieri,
in Cisgiordania, il “Festival cinematografico delle donne arabe”
Milano: resi noti
questa mattina i finalisti alla 57.ma
edizione del Prix Italia
Turbolenta la situazione politica in Italia: dopo la
nomina di Tremonti come nuovo ministro dell’economia si apre formalmente nel
centrodestra la questione della leadership
23
settembre 2005
LO STATO LAICO PROTEGGA LA PRATICA RELIGIOSA DEI
SUOI CITTADINI: E’
IL RICHIAMO DI BENEDETTO XVI CONTENUTO NEL
DISCORSO AL NUOVO
AMBASCIATORE MESSICANO PRESSO LA SANTA SEDE. IL
PAPA HA RIBADITO
IL VALORE IRRINUNCIABILE DELLA FAMIGLIA, CHE NON
VA EQUIPARATA O CONFUSA
CON ALTRE FORME DI UNIONE
- Servizio di Alessandro Gisotti -
“Uno Stato democratico laico è
quello che protegge la pratica religiosa dei suoi cittadini”: così, Benedetto
XVI nel discorso al nuovo ambasciatore del Messico presso la Santa Sede, Luis
Felipe Bravo Mena, ricevuto stamani nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo
per la presentazione delle Lettere credenziali. Nel suo intervento, il Papa ha
ribadito la centralità del messaggio cristiano di fronte al crescente laicismo.
D’altro canto, il Pontefice ha parlato della difesa della famiglia ed ha
affrontato alcuni problemi che affliggono la società messicana, dalla povertà
al narcotraffico. Il servizio di Alessandro Gisotti:
**********
(ANTE EL CRECIENTE LAICISMO…)
“Di fronte al crescente laicismo
che pretende di ridurre la vita religiosa dei suoi cittadini alla sfera
privata”, la Chiesa “sa bene che il messaggio cristiano rinforza ed illumina i
principi basilari di ogni convivenza” dalla sacralità della vita alla dignità
della persona umana. E’ il richiamo di Benedetto XVI contenuto nel suo discorso
al nuovo ambasciatore del Messico. Quindi, il Papa si è soffermato sul “valore
irrinunciabile del matrimonio e della famiglia, che non si può equiparare né
confondere con altre forme di unione”.
(LA INSTITUCION FAMILIAR…)
“L’istituzione
famigliare – ha detto ancora il Pontefice – in Messico come negli altri Paesi
necessita di un sostegno particolare, perché va perdendo progressivamente la
sua vitalità”. E qui, Benedetto XVI ha ribadito che “uno Stato democratico
laico è quello che protegge la pratica religiosa dei suoi cittadini”, senza
preferenze né limitazioni. Compito, questo, sottolineato più volte e in diversi
documenti dall’episcopato messicano. “La Chiesa – ha aggiunto - ritiene che
nelle società moderne e democratiche possa e debba esserci piena libertà religiosa”. D’altra parte, il Papa ha constatato che dal
1992, anno nel quale sono state stabilite le relazione diplomatiche tra Messico
e Santa Sede, si è stabilito un clima di mutuo rispetto e collaborazione.
Ha così rivolto il pensiero ad alcuni
problemi che affliggono la società messicana. “Un’attenzione speciale – ha
constato il Papa – merita il grave problema del narcotraffico” che incide
sull’economia nazionale e alimenta la corruzione con grave danno per tutta la
società. Benedetto XVI ha riconosciuto gli sforzi compiuti dallo Stato per
sanare questa piaga. Tuttavia, ha avvertito, non va dimenticato che “una delle
radici del problema è la profonda disuguaglianza economica che non permette il
giusto sviluppo di una buona parte della popolazione”. Di qui l’urgenza, è
l’esortazione del Papa, di “sradicare questo male attraverso la diffusione di
autentici valori umani e la costruzione di una vera cultura della vita”.
“Guardando alla storia del Messico”, ha
proseguito, è evidente la pluralità delle sue popolazioni indigene. Per questo,
ha esortato il Papa, va promossa l’integrazione di queste popolazioni, “sempre
rispettando i loro costumi e le forme di organizzazione delle loro comunità”. E
qui ha ricordato le parole di Giovanni Paolo II in occasione della canonizzazione
dell’indio Juan Diego: “Il Messico ha bisogno dei suoi indigeni, gli indigeni
hanno bisogno del Messico”. Infine, il Papa ha espresso l’auspicio che le
prossime elezioni politiche del 2006 divengano un’occasione per rafforzare i
significativi progressi compiuti dal Paese sul fronte della democratizzazione.
L’attività politica del Messico, ha concluso, deve servire a promuovere il
rispetto della vita e la difesa della libertà e della giustizia.
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Il nuovo ambasciatore messicano, Luis Felipe Bravo Mena, è nato il 28
settembre 1952 a León Guanajuato. Sposato, è padre di quattro figli si è
laureato in Legge all’Università di Guanajuato e si è specializzato in
Filosofia Politica e Sociale all’Università Panamericana, dove è stato docente
proprio di Filosofia Politica e Sociale. E’ stato deputato federale (1991-1994)
e senatore della Repubblica per lo Stato del Messico. È autore di saggi in
materie giuridiche e finanziarie.
LA CHIESA SIA VICINA AI PROBLEMI DELLA GENTE,
SOPRATTUTTO AI POVERI
E A QUANTI SI SONO ALLONTANATI DALLA FEDE, PER
TESTIMONIARE CHE DIO
NON ABBANDONA IL SUO POPOLO: COSI’ BENEDETTO XVI
AD UN NUOVO GRUPPO DI VESCOVI MESSICANI IN VISITA
AD LIMINA
La Chiesa sia vicina ai problemi
della gente, attenta soprattutto ai più poveri, capace di testimoniare la
speranza cristiana in un tempo difficile, che mette a dura prova la comunità
dei credenti. E’ il messaggio che Benedetto XVI ha lasciato oggi al terzo
gruppo di vescovi messicani, ricevuti a Castel Gandolfo a conclusione della
visita ad Limina. I presuli erano guidati dal cardinale Norberto Rivera Carrera,
arcivescovo di Città del Messico. Il servizio di Sergio Centofanti.
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Il Papa esorta i vescovi a non
cadere nello scoraggiamento di fronte alle difficoltà del nostro tempo, davanti
al secolarismo che colpisce anche tanti fedeli. “Davanti ad un panorama mutevole e complesso come quello attuale
– ha detto Benedetto XVI – la virtù della speranza è sottoposta a dura prova
nella comunità dei credenti”. Per questo occorre essere testimoni della
speranza “che confidano con gioia nelle promesse di Dio” che “mai abbandona il
suo popolo”. In particolare il Papa ha invitato i presuli a rivolgere il ministero
pastorale verso tutti, sia “ai fedeli che partecipano attivamente alla vita
della comunità” sia a quanti “si sono allontanati e che cercano il senso della
propria vita”. Bisogna però “conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo,
le sue attese, le sue aspirazioni e il suo carattere spesso drammatico”.
Bisogna anche “proporre la Parola di Dio…con un linguaggio e una forma adatta
al nostro tempo” che dia “una risposta alle difficoltà e ai problemi che
maggiormente opprimono e angustiano gli uomini”.
Certo – sottolinea il Papa – ci
vuole entusiasmo, ma soprattutto occorre ricordare che è lo Spirito a dare la
forza necessaria. I vescovi sono chiamati a promuovere tra i fedeli “la vita
comunitaria”, perché il cammino di fede non sia solitario e individualistico.
“La Chiesa sarà così capace di rispondere alle speranze del mondo con la testimonianza
della esperienza cristiana dell’unità” che non dimentica “mai la comunione
cristiana dei beni”. Una testimonianza – afferma il Pontefice – che deve
guardare concretamente ai problemi sociali che affliggono il Paese con
un’attenzione “prioritaria a quanti sono in una situazione di grande povertà,
solitudine o emarginazione”. Infine Benedetto XVI invita i vescovi a “curare
con particolare attenzione la formazione dei seminaristi” e a “dedicare le migliori
cure ed energie ai sacerdoti”, che hanno bisogno di amicizia, fraternità e
sostegno: a nessun sacerdote – ha detto – “manchino i mezzi necessari per
vivere degnamente la sua sublime vocazione”. Il sacerdote – ha concluso il Papa
– deve essere un uomo “di preghiera assidua”, che vive in una dimensione
eucaristica e contemplativa, immersa “nel mistero di Dio”.
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ALTRE UDIENZE
Il Papa stamane ha ricevuto,
sempre a Castel Gandolfo, anche l’ambasciatore del Marocco, Mohamed Sbihi, in
visita di congedo.
E sempre oggi, alle 18.00, il
Santo Padre riceverà i dipendenti delle Ville Pontificie con i familiari.
AUMENTA LA PRESSIONE
INTERNAZIONALE PER LA MESSA AL BANDO TOTALE
DEI TEST
NUCLEARI. LA SANTA SEDE SI APPELLA AGLI STATI
CHE ANCORA IMPEDISCONO L’ENTRATA IN VIGORE DEL
TRATTATO
- Servizio di Roberta Gisotti -
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“L’uso delle
armi non deve produrre mali e disordini più gravi che il male da eliminare”:
l’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede
presso le Nazioni Unite, ha lanciato il suo monito alla quarta Conferenza, in
corso nella sede dell’Onu a New York, dei Paesi aderenti al Trattato per il
bando totale degli esperimenti nucleari. Un Trattato già approvato 9 anni fa
dall’Assemblea generale dell’Onu, ma non ancora in vigore per il rifiuto alla
ratifica di 11 Paesi di un gruppo più ampio di 44 Stati, che detengono
programmi nucleari. Hanno detto finora ‘no’ al trattato Stati Uniti, Cina,
Pakistan, India, Corea del Nord, Israele, Colombia, Vietnam, Egitto, Iran e
Indonesia. Un ‘no’ che pesa sull’intera comunità internazionale, come ha
rimproverato in apertura della Conferenza il segretario generale dell’ONU, Kofi
Annan, perché ciò “aumenta il rischio che alcuni in qualche parte del mondo
facciano esperimenti di armi atomiche”.
Gli ha fatto
eco ieri l’arcivescovo Migliore, ricordando che oggi ben 176 Paesi hanno firmato
il Trattato e 125 lo hanno già ratificato. E questo dimostra “che la grande
maggioranza degli Stati vuole andare verso un mondo libero dalle armi
atomiche”. Allo stesso tempo tutta l’umanità – ha avvertito il presule - deve
essere preoccupata che le armi nucleari stanno divenendo una caratteristica
permanente di alcune dottrine militari”. Il concetto di deterrenza nucleare
affermatosi durante la Guerra Fredda – ha ricordato ancora - anche se era in
nome della sicurezza collettiva, diviene sempre più “indifendibile”. “Infatti
sta diventando una minaccia all’esistenza di popoli in varie parti del mondo e
potrebbe essere usata infine come conveniente pretesto per accrescere la
capacità nucleare”. Per questo il rappresentante vaticano ha sollecitato
una legislazione internazionale per liberare
il mondo dalla minaccia atomica, di cui il Trattato per il bando totale degli
esperimenti nucleari dovrebbe essere “un pilastro”, “un incoraggiamento per successive
misure, come la sistematica distruzione di tutte le testate atomiche e dei loro
vettori”, rafforzando l’architettura di un nuovo regime di sicurezza per
l’umanità.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il titolo "La testimonianza del sacerdote orante in una
società che rivela segni di secolarismo": il discorso di Benedetto XVI ai
presuli della Conferenza Episcopale del Messico.
Servizio
vaticano - Nel discorso al nuovo ambasciatore del Messico, il Papa ha richiamato
l'esigenza di rafforzare l'ordinamento democratico orientandolo verso politiche
ispirate alla promozione integrale dei cittadini.
Servizio
estero - Iraq: l'ayatollah Al Sistani invita a votare "sì" alla nuova
bozza della Costituzione che sarà sottoposta a referendum il 15 ottobre.
Servizio
culturale - Un articolo di Giovanni Marchi sulle due opere di Marguerite Yourcenar
"Memorie di Adriano" e "Moneta di sogno".
Servizio
italiano - In evidenza l'articolo dal titolo "Tremonti torna al ministero
dell'economia e raggiunge Fazio a Washington"; il governatore della Banca
d'Italia "sfiduciato" dal presidente del Consiglio italiano.
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23
settembre 2004
UNA NUOVA FASE POLITICA SI APRE PER L’UCRAINA:
VIA LIBERA IERI DEL PARLAMENTO AL NUOVO PRIMO
MINISTRO IURI YEKHANUROV,
DESIGNATO
DAL PRESIDENTE YUSHENKO IN SOSTITUZIONE
DELLA COSIDDETTA PASIONARIA DELLA ‘RIVOLUZIONE
ARANCIONE’
- Intervista con il prof. Domenico Caccamo -
Si apre una nuova fase politica
per l’Ucraina dopo che ieri il
Parlamento ha dato la fiducia al nuovo premier designato dal presidente Viktor Yushenko in sostituzione dell’ex
alleata della 'rivoluzione arancione' Iulia Timoshenko. La cosiddetta ‘pasionaria’
era stata esautorata l’8 settembre scorso. Ed ora l’incarico di governo va a
quello che viene definito un “tecnocrate moderato”, Iuri Yekhanurov. Per
ottenere l’approvazione della Duma il capo dello Stato è dovuto scendere a
patti con il suo ex sfidante alla presidenza Viktor Yanukovic, primo ministro
sotto il vecchio potere di Leonid Kuchma
e accerrimo nemico delle piazze di Kiev
appena pochi mesi fa. Ma per capire innanzitutto chi sia il nuovo capo
di governo e in quale fase storica entri l’Ucraina, Fausta Speranza ha
intervistato il prof. Domenico Caccamo, docente presso l’Università La Sapienza
di Roma e direttore di un Master in geopolitica:
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R. – Sicuramente è un tecnocrate,
ma è da lungo tempo impegnato nella politica e viene dalla regione più
sensibile e più caratterizzata etnicamente come regione russa. E’ la regione
orientale, quella del Bacino del Dombas, che è diversa dall’Ucraina occidentale,
perché è abitata prevalentemente da russi che sono arrivati verso la fine del
secolo scorso nel processo di industrializzazione ancora di epoca zarista. E’
un amministratore che è anche un politico, che appartiene alla squadra di
Yushenko e, al tempo stesso, sembra non abbia rotto tutti i rapporti con gli
ambienti di Kuchma, il precedente presidente.
D. – Cosa implicherà il fatto
che il presidente per l’elezione del nuovo premier sia sceso a patti con l’ex
sfidante e dunque con la vecchia guardia?
R. – Senza dubbio c’è un
mutamento radicale, che è evidente. L’idea della “rivoluzione arancione”, una
rivoluzione combattuta in nome della libertà, di un alto ideale contro gli
oppositori ed i rappresentanti di un antico regime, è un’idea che diventa uno
schema insostenibile. Si tratta di un luogo comune. Mi sembra che siamo di
fronte alla fine di quella che avevamo definito un’altra rivoluzione di velluto.
In ogni caso, al di là di questo luogo comune, una svolta verso il realismo
politico potrebbe anche essere un fatto positivo. Certo di rivoluzione di
velluto sarebbe difficile parlare, poichè si trovano d’accordo due poli
opposti, per mettere nell’angolo una protagonista della rivoluzione di velluto.
D. – Parliamo proprio di chi
resta fuori da questo patto degli estremi…
R. – In realtà chi resta fuori
lo decideranno le elezioni del marzo 2006 alle quali si preparano entrambe le
figure principali della politica ucraina in questo momento: il partito
dell’attuale presidente, che si troverà ad affrontare il partito del capo del
governo uscente.
D. – In definitiva, è come se
non fosse successo niente, come se tutti gli slogan filo-occidentali, le
domande di trasparenza e la gente in piazza colorata di arancione non ci
fossero stati?
R. – No, no. Qualcosa è
successo. Anzitutto, l’attuale presidente del Consiglio è una persona che
appartiene al gruppo di Yushenko, che è stato un protagonista della rivoluzione
arancione, e non è quindi un esponente dell’antico regime. Sicuramente c’è un
accordo con l’ambiente di Kuchma. Si apre, quindi, un’epoca ed un momento
complesso di trattative tra vari elementi politici. L’idea che ci eravamo fatti
di due poli, uno – diciamo - occidentale che combatte contro l’altro polo “negativo”,
è un’idea insostenibile. Non siamo tornati all’epoca precedente, si apre
semplicemente un nuovo momento di riflessione politica realistica, basata sul
riconoscimento di diverse forze costituenti dell’Ucraina attuali. Non è vero,
quindi, che si tratta di un passo verso il passato. Crolla semplicemente questo
sciocco slogan di una serie di rivoluzioni libertarie ed occidentaliste, che
cominciano dalla Georgia e proseguono avanti all’infinito. E’ una falsa
illusione che muore. Questo processo è stato costruito dal segretario di Stato
americano, ma non corrisponde alla realtà.
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APERTURA AL DIALOGO E AFFERMAZIONE DELL’IDENTITÀ
CRISTIANA AL CENTRO DELL’INCONTRO DEI DELEGATI NAZIONALI PER LA PASTORALE UNIVERSITARIA
DEL CONSIGLIO DELLE CONFERENZE EPISCOPALI EUROPEE (CCEE),
AL VIA OGGI FINO A DOMENICA
- Intervista con l’arcivescovo Cesare Nosiglia -
Delineare le prossime tappe del cammino delle università d’Europa, attraverso
un rinnovato impegno formativo e spirituale: con questo scopo, prende il via
nel pomeriggio a Budapest l’Incontro dei delegati nazionali per la pastorale
universitaria del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (CCEE). Tra i
temi dell’assise, in corso fino a domenica, anche una sessione dedicata
all’eredità della Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia. Ma quali sono le
prospettive d’impegno della pastorale universitaria in Europa? Roberta Moretti
lo ha chiesto al delegato CCEE per la catechesi, arcivescovo Cesare Nosiglia:
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R. – Alcuni ambiti di lavoro
importanti sono l’accoglienza di uno strumento che abbiamo elaborato in questi
anni, Lineamenta di pastorale universitaria
in Europa, che dà linee di indirizzo culturale e pastorale nelle varie
università. Vogliamo poi anche avviare un progetto informativo per i giovani
universitari, per confrontarsi con la verità di Cristo, di annunciarlo e di
testimoniarlo anche agli altri. Abbiamo poi dei laboratori culturali che sono
stati avviati dopo il Giubileo: all’interno della singola facoltà, docenti ed
universitari possono lavorare insieme attorno a tematiche sempre di rapporto
tra fede e cultura. Infine c’è questa rete dei cappellani che lancia iniziative
che saranno prese anche nei prossimi anni, come la IV Giornata europea degli universitari,
sabato 11 marzo a Roma, e l’incontro europeo dei docenti universitari per il
giugno 2007. Infine nel 2010 si terrà il grande Simposio europeo degli
universitari.
D. – Come mettere insieme
l’apertura al dialogo e allo stesso tempo l’affermazione dell’identità
cristiana in Europa attraverso la pastorale universitaria?
R. – Il dialogo e l’identità
possono camminare insieme quando c’è un approfondimento sulla propria fede e
partendo da questo si guarda all’altro, riscoprendo i valori dell’altro. Quindi
i giovani cristiani, soprattutto i giovani cattolici, all’interno dell’Università
possono con serenità sviluppare un dialogo con tutti gli altri amici, anche di
altre religioni, proponendo però con sincerità anche i valori della loro fede,
senza però sminuirli, perché l’annuncio di Cristo non è imposizione, ma è
proposta ed è una proposta che noi sappiamo corrisponde alle attese più vere anche
del cuore di ogni ragazzo.
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LE CONFERENZE EPISCOPALI DI POLONIA E GERMANIA
UNITE
PER PROMUOVERE
L’INTEGRAZIONE EUROPEA
- Intervista
con mons. Henryk Muzynski e padre Josef
Kloch -
Avverrà
domani a Wroclaw in Polonia la controfirma del documento sul processo di
riconciliazione tedesco – polacco da parte del presidente della Conferenza episcopale
polacca, mons. Jozef Michalik. Il contenuto di questo importante documento nel
Quarantesimo anniversario della storica lettera sul perdono reciproco, siglata
all’indomani del Concilio Vaticano II dai rappresentanti della Chiesa polacca e
tedesca, è stato reso noto ieri in occasione della presentazione avvenuta nella
città di Fulda in Germania. Il servizio è di Stefano Leszczynski.
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“Perdoniamo e chiediamo perdono”
con queste parole nel 1965 i vescovi polacchi di ritorno dal Concilio si
rivolgevano ai vescovi tedeschi aprendo la strada al lento processo di
riconciliazione tra i due popoli. Oggi, in un Europa ormai unita politicamente
ed economicamente, i due episcopati rinnovano l’impegno a sostenere il processo
d’integrazione europeo e a promuovere il dialogo tra le rispettive Chiese, come
ci spiega il metropolita di Gniezno, arcivescovo Henryk Muzynski:
“Il processo della
riconciliazione è un qualcosa che matura nel tempo e noi – come Chiesa
cattolica - cerchiamo di assumerci la responsabilità per promuovere non
soltanto il dialogo, ma le mutue relazioni cristiane e così cerchiamo di dare
il nostro contributo spirituale all’unità dell’Europa. Il Santo Padre Giovanni
Paolo II, proprio qui a Gniezno diceva che non ci sarà un’Europa unita finché
gli europei non troveranno un minimo di unità spirituale tra di loro”.
Nel
testo del documento che verrà controsiglato a Wroclaw dal vescovo Josef Michalik,
presidente della Conferenza episcopale polacca, vengono condannate le tendenze
espresse da alcuni uomini politici che, per ragioni strumentali o di mero
potere personale, tendono a creare tensioni fra i due Paesi. Il commento di
padre Josef Kloch, portavoce della Conferenza episcopale polacca:
“Questi sono problemi che
verranno discussi dai nostri Stati. Non sono questioni che rientrino nelle
competenze della Chiesa. Si tratta di questioni giuridiche difficili come per
esempio quelle relative ai risarcimenti per la perdita di beni immobili durante
e dopo la II Guerra Mondiale. Ma, ovviamente in quanto cristiani possiamo dire
che l’amore è il principale comandamento sia per i polacchi che per i tedeschi,
la base fondamentale per i rapporti tra i cittadini dei due Paesi”.
Una riconciliazione che
avviene nel nome dei due Pontefici, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, quasi un
simbolo del cammino di riconciliazione e di perdono nel solco della drammatica
storia d’Europa.
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LA CHIESA RICORDA OGGI
SAN PIO DA PIETRELCINA,
IL FRATE CAPPUCCINO
CANONIZZATO TRE ANNI FA DA GIOVANNI PAOLO II
CHE HA VISSUTO CON PARTICOLARE INTENSITÀ
IL MISTERO
DELL’EUCARISTIA E DELLA CROCE
- Intervista con padre Luciano Lotti -
La Chiesa ricorda oggi San Pio
da Pietrelcina, il frate cappuccino canonizzato tre anni fa da Giovanni Paolo
II e che durante tutta la sua vita ha vissuto con particolare intensità il
mistero dell’Eucaristia e della Croce. Tiziana Campisi ne ha parlato con padre
Luciano Lotti, direttore della rivista “Studi su Padre Pio”.
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R. – Padre Pio si rifugiava
nell’Eucaristia, aveva l’Eucaristia proprio come punto di riferimento della sua
vita spirituale, ed era veramente Gesù Eucaristia l’appoggio della sua
esistenza. Questa caratteristica la conserverà per tutta la vita. La Messa è diventata
non solo il punto di riferimento e della devozione, ma è diventato il luogo
dove Padre Pio viveva maggiormente la sua immolazione. Lui durante la Messa si
offriva a beneficio dei fratelli, tanto che lo stesso Giovanni Paolo II nel
discorso della canonizzazione dice che nella Messa di Padre Pio c’è realmente
tutta la Passione e la Risurrezione di Cristo. Per questa sua partecipazione
personale al sacrificio di Gesù.
D. – Se Padre Pio viveva il
mistero dell’Eucaristia, in che modo i fedeli partecipavano a questo mistero?
R. – La Messa di Padre Pio è
diventata realmente una scuola. L’aspetto esteriore di Padre Pio durante la
Messa era così coinvolgente che lui riusciva veramente a farli entrare nel
mistero. Per Padre Pio la Messa era soprattutto questo mistero di salvezza che
Cristo dà agli uomini.
D. – Lei ha conosciuto Padre
Pio. Che ricordi ha?
R. – E’ morto quando io avevo 13
anni. Io sono stato battezzato da lui, quindi sono vissuto un po’ nell’ambiente
del convento. Era una persona molto affettuosa, molto calda, anche, come
carattere. Quando si andava da lui, io ricordo la sera, salutava noi ragazzi,
noi sentivamo proprio il bacio di Padre Pio sulle nostre guance. Un carattere
così intenso, anche così ricco, che sapeva essere anche un carattere forte nel
momento in cui si accorgeva che l’uomo aveva bisogno di quello scossone per convertirsi.
Ecco perché certe volte Padre Pio aveva degli atteggiamenti un po’ forti. Però,
erano sempre quegli atteggiamenti tesi alla conversione che poi, in un modo
strano, che a volte lasciava anche perplessi, metteva insieme una grande bontà
ma anche una grande severità.
D. – Tra i suoi insegnamenti,
cosa imparare anzitutto?
R. –
Un giorno disse a Carlo Campinnini: “Carletto, tutti vogliono che io vi tolga
la Croce, ma nessuno vuole aiutarmi a portarla”. Ecco, Padre Pio viene visto
spesso dalla gente come il Santo dei Miracoli. Ma il vero miracolo di Padre Pio
non è tanto la guarigione, ma la capacità che dà di vedere nel dolore il
discorso di fede.
D. – Quale frutti ha fatto
maturare la santità di Padre Pio?
R. – Quella notte, a San
Giovanni Rotondo c’erano 30 mila persone; Padre Pio continua a parlarci: ci
sono ogni giorno migliaia e migliaia di persone che vengono a San Giovanni
Rotondo. Direi che forse ciò che colpisce di più è che Padre Pio è la persona
che dà ancora speranza al mondo di oggi. Io, tante volte, quando parlo con i
giovani, dico: “Mi colpisce il fatto che proprio quei divi dello spettacolo che
voi vedete in televisione, che voi vorreste imitare, poi vengono a San Giovanni
Rotondo, aprono il loro cuore e fanno vedere come in realtà sono venuti da
Padre Pio per cercare la felicità. Forse è proprio lui che dà quella speranza
nuova, diversa.
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23 settembre 2005
LETTERA DI “STIMA E AFFETTO” DEL SANTO PADRE
A MONS. JAVIER ECHEVARRIA RODRIGUEZ,
PER I 50 ANNI DI SACERDOZIO,
FESTEGGIATI IERI,
CON UNA MESSA DI RINGRAZIAMENTO
NELLA BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIORE, A ROMA
ROMA. =
Festa ieri in casa dell’Opus Dei, per i 50 anni di sacerdozio del suo prelato
mons. Javier Echevarria Rodriguez, che per l’occasione ha celebrato nel
pomeriggio una Messa di ringraziamento nella Basilica di Santa Maria Maggiore a
Roma, con alcuni sacerdoti della Prelatura provenienti da diversi Paesi. A
suggellare l’anniversario è giunta a mons. Echevarria una lettera di “stima e
affetto” del Santo Padre, che è stata letta prima dell’omelia di fronte a più
di duemila persone raccolte nella basilica. Un cammino sacerdotale, quello
percorso dal successore di San Escrivà de Balanguer, fondatore dell’Opus Dei,
senza dubbio – come osserva Benedetto XVI -
segnato da “molteplici impegni e difficoltà superati con la grazia
divina”, ma anche da “tanti lieti eventi concessi da Dio” a lui e alla sua
Prelatura personale. Alla cerimonia liturgica sono intervenuti numerosi vescovi
e cardinali, tra cui Sodano e Ruini, e altre personalità ecclesiastiche insieme
a diverse autorità civili, tra cui il presidente della Camera Casini e il
sindaco di Roma Veltroni. (R.G.)
MONITO DEI VESCOVI MALAYSIANI AI CATTOLICI DEL PAESE:
APOSTASIA E CRESCENTI CONVERSIONI STRUMENTALI
ALL’ISLAM
MINANO LA SOLIDITA’ DELLA COMUNITA’ ECCLESIALE LOCALE
KUALA LUMPUR. = La società malaysiana? Si islamizza troppo
velocemente. E’ la preoccupazione dei vescovi del Paese asiatico, nel quale la
diffusione della religione musulmana risale agli anni Sessanta. In questi
decenni, riferisce l’agenzia AsiaNews, l’islamizzazione ha fatto da sponda al
partito di maggioranza, l’UMNO, l’United Malays National Organization,
Organizzazione nazionale dei Malay uniti, per rafforzare le posizioni
economiche e politiche dell’etnia Malay e per accrescere il consenso nazionale.
Ma anche il PAS, il Partito islamico della Malaysia cavalca il processo con
l’intento, si afferma, di arrivare all’instaurazione di uno Stato islamico.
Nonostante gli sforzi attuali del premier Badawi, che punta sul dialogo
interreligioso, nel Paese - prosegue la nota di AsiaNews - ben 13 Stati hanno
approvato la sharia, la legge
islamica. A metà dello scorso agosto, dalle colonne del settimanale cattolico Herald, l’episcopato malaysiano ha preso
posizione sull’argomento con un documento intitolato: “Le implicazioni legali
della conversione all’Islam”. L’apostasia e le conversioni all’islam per
motivi strumentali, oltre che superficiali dal punto di vista eminentemente
religioso, sono stati i punti stigmatizzati dai presuli. “Sempre più spesso –
scrive AsiaNews - giovani e ragazze cattolici si innamorano di musulmani e pur
di sposarsi, accettano anche di divenire musulmani. Altri diventano musulmani
per ricevere vantaggi economici”. Un gesto grave, affermano i vescovi della
Malaysia, “che ha conseguenze radicali non solo a livello di fede, ma anche nel
loro stato legale e civile”. Anche perché, l’imposizione della sharia ai neoconvertiti renderebbe
difficile un loro eventuale ripensamento. “Sebbene la Costituzione federale
garantisca la libertà dell’indivi-duo di scegliere la propria religione, i
musulmani, e soprattutto i Malay – chiosa la nota - hanno la proibizione di
farlo”. (A.D.C.)
SULLA SCIA DELLA GMG DI
COLONIA, CELEBRATO IN PAPUA NUOVA GUINEA
UN FESTIVAL GIOVANILE CON 1.500 PARTECIPANTI,
CHE HANNO
RIBADITO IL LORO SI’ NELLA SEQUELA DI CRISTO,
SECONDO GLI AUSPICI DI BENEDETTO XVI
PORT MORESBY. = La Giornata
mondiale della gioventù ha ritrovato i suoi spunti spirituali e l’ormai
caratteristico folklore nel Festival svoltosi di recente in Papua Nuova Guinea.
Oltre 1500 giovani hanno rinnovato il loro impegno sulle orme di Cristo durante
un festoso appuntamento svoltosi nella capitale Port Moresby, presso la “Don
Bosco Techichal School”. Organizzato dai Salesiani, l’incontro è stato titolato
“Ricordiamo… celebriamo… ci impegniamo”, sulla scia di quanto vissuto in agosto
a Colonia, con Benedetto XVI. Un momento di formazione e preghiera, è stato
definito dai partecipanti, importante per i giovani cattolici della nazione. Le
parole del Papa durante il suo soggiorno a Colonia hanno fatto da filo
conduttore del Festival, durante il quale, racconta l’agenzia Fides, i giovani
hanno manifestato la loro volontà di “vivere in pienezza la propria vocazione e
missione”. Tra momenti di confronto, giochi, canto e danze, è stata ricordata
ai giovani anche la figura di don Stefano Savio, molto conosciuto e amato dai
giovani dell’Oceania, grazie alle missioni Salesiane. Nel suo intervento, il
rettore maggiore dei Salesiani, padre Pascual Chavez, ha ricordato che,
“sull’esempio di don Bosco, per educare occorre farsi umili, semplici, poveri,
dando priorità agli altri, aiutando chi è nel bisogno”, invitando i giovani a
condividere esperienze positive, collaborare con gli altri, ascoltare, pregare.
Secondo i sacerdoti e gli educatori presenti, i giovani rappresentano sempre un
campo di evangelizzazione privilegiato e costituiscono un banco di prova per
verificare l’efficacia della pastorale. Una considerazione tutt’altro che
scontata se si considera che in Papua Nuova Guinea la piaga della violenza
giovanile affligge la società, creando notevoli preoccupazioni a livello
politico, oltre che religioso. La Chiesa in Papua Nuova Guinea opera con
diverse attività di pastorale giovanile, soprattutto nel campo dell’istruzione.
Le Chiese cristiane oggi gestiscono il 70% delle strutture educative nel Paese.
(A.D.C.)
VERRA’ PRESENTATO OGGI,
NELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO,
IL LIBRO
“L’EUROPA DI BENEDETTO NELLA CRISI DELLE CULTURE”,
SCRITTO PRIMA DELL’ELEZIONE PONTIFICIA DAL
CARDINALE JOSEPH RATZINGER.
DURANTE LA CERIMONIA, VERRA’ ANNUNCIATA LA NASCITA
DI UNA FONDAZIONE
PER IL MAGISTERO SOCIALE DELLA CHIESA, INTITOLATA
A GIOVANNI PAOLO II
SAN
MARINO. = Un libro che “suggerisce come Dio
possa tornare nella coscienza degli uomini d’oggi”, in un’era in cui il
progresso tecnologico iniziato con l’Illumi-nismo ed evolutosi fino ad oggi ha
instillato nell’uomo l’idea di “vivere
come se Dio non esistesse”. E’ il grande tema di fondo del volume “L’Europa di Benedetto
nella crisi delle culture”, scritto da Joseph Ratzinger prima della sua elezione al soglio
pontificio con una introduzione del presidente del Senato, Marcello Pera. Un libro già noto e dibattuto, che
oggi pomeriggio, alle 17, godrà di una nuova ribalta nella Repubblica di San Marino,
dove il volume verrà presentato nella Sala di Castello di Borgo Maggiore.
Illustre il parterre degli ospiti e
dei relatori, tra i quali figurano Pier Ferdinando Casini, presidente della
Camera dei Deputati italiana, il vescovo Rino Fisichella, rettore della
Pontificia Università Lateranense, e il vescovo Luigi Negri, vescovo della
Diocesi di San Marino-Montefeltro. La presentazione dell’opera, che
chiarisce uno dei punti più importanti del pensiero di Benedetto XVI – ovvero che l’idea di Dio, caduta nel dubbio e nell’incertezza nel corso del XIX
secolo, ha bisogno di diventare nuovamente credibile e viva nella coscienza umana - vedrà anche uno speciale
annuncio da parte di mons. Luigi Negri: la costituzione della “Fondazione Internazionale
Giovanni Paolo II per il Magistero Sociale della Chiesa”, sostenuta e
presentata da un Comitato d’Onore e da un Comitato scientifico con nomi illustri
del mondo ecclesiale, istituzionale ed accademico. Nata lo scorso luglio, la
Fondazione, che non ha scopo di lucro, si propone testualmente “l’incremento scientifico del Magistero Sociale
della Chiesa nel suo impatto con il variare delle condizioni
antropologiche, culturali, politiche, sociali ed economiche del terzo
millennio, attraverso la celebrazione di convegni di studio ad alto livello
scientifico”, anche attraverso “la creazione
di una ‘Scuola del Magistero sociale
della Chiesa’ tesa alla formazione di operatori impegnati nella
società e nella politica per la difesa e la promozione del bene comune”.
IL “FESTIVAL CINEMATOGRAFICO DELLE DONNE ARABE”,
PROMOSSO DA UNA ORGANIZZAZIONE PALESTINESE
RAMALLAH.
= Giornata “storica”, ieri sera, nei Territori palestinesi, per l’inaugurazione
del primo “Festival cinematografico delle donne arabe”: un evento di una
settimana, che si svolgerà in Cisgiordania, tra Ramallah, Betlemme e Nablus. Si
tratta della prima rassegna al mondo dedicata a registe o produttrici arabe. La
direttrice dell’organizzazione palestinese che gestisce l’evento, Alia
Arsaghli, ha spiegato come “anche quando una donna araba è protagonista di un
film”, sia “costretta a seguire le altrui direttive” e non abbia “la
possibilità di esprimere se stessa”. Il ministro palestinese delle Pari
opportunità, Zahira Kamal, nel commentare l’iniziativa ha affermato che si
tratta di “un evento di qualità che permette alle creative arabe di uscire
dall’oscurità”. Il Festival si è aperto con la proiezione del film “Yasmine”,
storia di una pakistana residente in Gran Bretagna, divisa tra la necessità di
seguire i dettami conservatori della famiglia d’origine e il desiderio di una
vita indipendente. Otto film presenti alla rassegna sono stati prodotti o
diretti da donne palestinesi, mentre sei sono stati girati da cineaste
provenienti da Marocco, Algeria, Tunisia, Libano ed Egitto. (R.R)
I PROGRAMMI RADIOTELEVISIVI ED I WEB
FINALISTI ALLA 57.MA EDIZIONE
DEL PRIX ITALIA SONO STATI RESI NOTI
QUESTA MATTINA A MILANO, DOVE LA MANIFESTAZIONE
ORGANIZZATA DALLA RAI SI CHIUDERÀ DOMANI SERA.
- A cura di Antonella Palermo -
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MILANO. = Una fiction britannica
sul traffico della prostituzione, la storia di alcuni operai di Glasgow, un
programma danese sul giovane scrittore Andersen, un documentario finlandese
sulla guerra in Cecenia, uno giapponese sulla tragedia dello tsunami, un
viaggio nell’universo della cecità prodotto dalla Francia, un film musicale in
memoria di Auschwitz. Sono questi alcuni dei prodotti per la tv finalisti al
Prix Italia. La giuria dei programmi radiofonici musicali ha apprezzato la
freschezza dei canti d’amore e di guerra, realizzato dalla Germania, un
incrocio di generi musicali da Shakespeare ai giorni nostri, ma in finale c’è
anche un programma canadese sull’impatto dell’elettricità sulla musica e un
viaggio musicale tra le montagne slovene. Fra i documentari radiofonici la
storia di Uno straniero in Alsazia e un’analisi dei terremoti in
Giappone. Dall’associazione cattolica internazionale Signis è stata
esaltata all’unanimità l’eccellente qualità dei programmi presentati in questa
edizione. Ha premiato un programma della Repubblica Ceca sull’intensa relazione
umana tra due donne anziane e un programma tedesco sulla figura di Hitler e di
altri leader della Germania nazista. Merito alla Francia per un documentario
sulle responsabilità dei media e alla Spagna per un reportage
sull’immigrazione. La giuria del Premio “Granarolo-Comunicazione per la vita”
ha evidenziato che “i filmati in concorso hanno il pregio di affrontare con
coraggio e schiettezza molte delle situazioni di crisi del mondo anche se non
sempre il livello tecnico è adeguato alla passione del racconto”. In finale L’Asia
negli occhi di un bambino: desiderare la mamma prodotto dalla tv giapponese
e ambientato nelle Filippine. Un cucchiaino per la vita è un breve e
intenso filmato sulle donne polacche che hanno sfidato l’olocausto. E poi
ancora un pregiato pezzo di giornalismo investigativo britannico sulla poco
nota vicenda delle popolazioni delle isole Chagos espulse brutalmente dal loro
Paese tra gli anni’ 60 e ’70 dal governo inglese. Menzione di merito per il
documentario francese Il treno dei miracoli che percorre le regioni più
remote del Sudafrica. La Rai si è aggiudicata una speciale menzione per il web
con la sua enciclopedia online che mette a disposizione delle scuole 1000 ore
di materiale audiovisivo.
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- A cura
di Fausta Speranza -
Mentre si leva l'alba sull'arco
di costa statunitense sul Golfo del Messico, l'uragano Rita conserva forza 4 e
mantiene la rotta su Port Arthur, al confine tra Texas e Louisiana. Le
previsioni per la notte e la mattina
parlano di una sorta di marea alta fino a 7 metri, accompagnata da mareggiate e
da almeno 30 centimetri di pioggia e forti venti. I venti rotatori si sono
rafforzati. L'uragano, il cui occhio è a circa 400 chilometri dalla costa, ma
le cui propaggini già la sfiorano, avanza a circa 15 chilometri l'ora e
dovrebbe approdare fra poco più di 24 ore. Rita incontra nel suo cammino un quarto
delle capacità di raffinazione degli Stati Uniti. L'impatto dell'uragano sui
prezzi della benzina s'è già fatto sentire. Sono due milioni le persone toccate
dagli ordini d'evacuazione. Gli ingorghi sulle strade sono stati mostruosi,
ieri, con decine di migliaia di persone che hanno trascorso la notte in auto,
ai bordi delle strade. Il presidente Bush compie oggi un ennesimo sopralluogo
nelle zone colpite dall'uragano Katrina e intende anche verificare i preparativi
per Rita.
Nella
pagina politica italiana continua a tenere banco il repentino cambio al
ministero dell’Economia, con le dimissioni di Siniscalco e il ritorno di Tremonti.
Oggi a Washington, per le riunioni del G7 e del Fondo Monetario Internazionale,
Tremonti rappresenta l’Italia assieme al Governatore, Antonio Fazio, sfiduciato
ieri da Berlusconi. Nel centrodestra intanto è formalmente aperta la questione
della leadership, mentre l’opposizione attacca Tremonti, chiede chiarezza su
Bankitalia e sollecita elezioni anticipate. Il servizio di Giampiero Guadagni:
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Insieme, ma quasi da separati in casa.
All’assemblea del Fondo Monetario Internazionale di Washington va in scena
l’imbarazzante incontro tra il neoministro dell'Economia e il governatore di
Bankitalia. Tremonti è tornato al dicastero quattordici mesi dopo le sue
dimissioni, causate proprio dai contrasti con Fazio, allora difeso da Alleanza
Nazionale e Lega. Ma ora a sostegno di Fazio c’è solo il partito di Bossi. E
ieri Berlusconi ha usato parole forti: “Il Governatore è incompatibile con la
credibilità nazionale, la sua permanenza in carica non è opportuna”. Berlusconi
ha poi sfumato la critica: “Non ho mai dubitato della correttezza del suo
operato, ma c’è ormai sfiducia negli ambienti finanziari e internazionali”. Il
premier ha poi rivelato che la soluzione Tremonti era considerata dal capo
dello Stato Ciampi la migliore soluzione possibile. Non sembra pensarla così
l’opposizione. Osserva Romano Prodi: “Tremonti aveva fatto una finanziaria
disastrosa, da lui non ne possiamo accettare un’altra”. Aggiunge il leader
dell’Unione: “Per Washington è partito un Governatore sfiduciato inseguito da
un ministro che lo vorrebbe sfiduciare in pubblico. Questa anomalia deve
finire”, dice Prodi che insiste nella richiesta di elezioni anticipate.
Un’ipotesi che il centrodestra non vuole prendere in considerazione. Il vertice
di ieri sera, oltre alla scelta di Tremonti, è stato dedicato ai difficili
rapporti interni, dopo le manifestazioni di insofferenza crescente soprattutto
da parte dell’UDC. Abbiamo ritrovato un’unità sostanziale, assicura il
vicepremier Fini. Ma intanto si è aperta ufficialmente la questione della
leadership. Il leader, UDC, Follini ha detto: “Berlusconi non è il miglior
candidato premier, facciamo le primarie”. Berlusconi si dice pronto a discutere
ma alle primarie preferisce una convention degli eletti. Una soluzione che non
piace all’UDC. E il braccio di ferro è destinato a continuare.
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Un’atmosfera
“costruttiva”. Così
ieri Angela Merkel, leader cristiano-democratica, vincitrice di misura alle
recenti elezioni tedesche, ha definito il primo incontro con i
social-democratici del premier uscente, Gerhard Schröder. Dopo diverse ipotesi,
dunque, in Germania sembra concretizzarsi la possibilità di una coalizione di
governo tra i due maggiori partiti, sinora avversari. Ma si tratta di una
soluzione davvero praticabile? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Marina Verna,
corrispondente da Berlino del quotidiano La Stampa:
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R. – La Grande Coalizione,
stando ai numeri, è l’unica proposta possibile, ed è tra l’altro anche
storicamente un vecchio accordo. Già nel ’68 ci fu una Grande Coalizione che
durò per tre anni; in molti governi locali, i cristiano-democratici governano
con i socialdemocratici: per esempio, a Brema da dieci anni c’è un governo
SPD-CDU. Diciamo che i partiti sono abituati a collaborare. Il problema è che
né Schröder né Merkel vogliono rinunciare alla Cancelleria, quindi si stanno
scontrando su questo punto.
D. – Quali sono gli ostacoli
maggiori a questo storico accordo?
R. – Schröder si considera
vincitore, sostenendo che la SPD è il partito che ha preso la maggioranza dei
voti. Merkel ribatte che è lei la vincitrice, perché il suo partito, la CDU, è
storicamente alleato con la CSU e insieme hanno un gruppo parlamentare. Ora, il
punto è questo: Schröder sostiene che i due partiti si presentano sempre
distinti ai talk-show, godono di tutti i vantaggi di tutti i partiti singoli, e
quindi non possono essere contati insieme. E’ chiaro che è una lotta tra due
elefanti, come si dice qui in Germania. Una delle possibili soluzioni è che
tutti e due perdano e che venga fuori una nuova generazione di giovani leoni
40-50enni e che loro trovino l’accordo.
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Il valico di Rafah fra la
Striscia palestinese di Gaza e il territorio egiziano del Sinai del Nord è
stato aperto oggi, per la prima volta dal 1967, senza alcun controllo
israeliano. A quanto pare si tratta di un’apertura di carattere transitorio,
volta ad alleviare questioni umanitarie. Fra i primi palestinesi ammessi in
Egitto figurano infatti persone che
necessitano di cure mediche e studenti iscritti in istituti egiziani. Le
autorità hanno precisato che il valico sarà nuovamente chiuso fra 48 ore.
Intanto, è salito a tre il numero dei militanti palestinesi uccisi dai militari israeliani nei dintorni della città
di Tulkarem, in Cisgiordania, nel corso di un’operazione mirata all'arresto di
palestinesi ricercati. Si tratta della prima incursione israeliana in
territorio palestinese con vittime dalla fine del ritiro dalla Striscia di Gaza
e da quattro colonie ebraiche cisgiordane.
Un'autobomba è esplosa nel
centro di Baghdad, causando 5 morti e un numero imprecisato di feriti.
L'esplosione ha avuto luogo nella piazza al Tarayan, nel quartiere di Al
Shabab, dove gli insorti colpiscono di frequente soldati USA e militari
iracheni. E in due diversi episodi sono morti due soldati americani: uno nei
pressi della base aerea di Al-Taqaddum, circa 70 chilometri a ovest di Baghdad;
un altro ucciso a colpi d'arma da fuoco dagli insorti nella città irachena di
Ramadi, nel cosiddetto 'triangolo sunnita'.
Un dirigente
''internazionalmente noto'' di al Qaeda e due suoi complici sono stati
arrestati la scorsa notte nel corso di uno scontro a fuoco ad Hargeisa, capitale del Somaliland, ampia
regione a nord ovest della Somalia autoproclamatasi indipendente nel maggio del
'91. Lo ha reso noto il ministro dell'Interno, Ishmael Aden, precisando che
altri quattro presunti terroristi sono in fuga, ma braccati, mentre tre
poliziotti che hanno preso parte allo scontro armato sono rimasti feriti. Il
ministro sostiene che il gruppo si apprestava a compiere atti terroristici e
che il leader ha militato in Pakistan ed Afghanistan. Giovedì prossimo la
popolazione del Somaliland sarà chiamata ad eleggere il Parlamento in un'elezione multipartitica.
In
Turchia, il governo ha condannato come ''antidemocratica'' la decisione di un
tribunale amministrativo di Istanbul di
cancellare, giusto alla vigilia, la conferenza tra studiosi, che due università
di Istanbul avevano organizzato per
questa mattina nella stessa Istanbul, sui massacri degli armeni avvenuti nel
1915-16 ad opera dell'impero ottomano. ''Non è possibile che io approvi la
decisione in una fase di passi per una democrazia più avanzata e per una
Turchia più libera”, ha dichiarato il premier Tayyip Erdogan. Forti critiche
anche da parte della Commissione Europea:
“Noi deploriamo fortemente questo nuovo tentativo di vietare alla società turca
di discutere la sua storia”, ha detto Krisztina Nagy, portavoce del commissario
UE all'allargamento. La stessa conferenza dal titolo “Gli armeni ottomani nella
fase del declino dell'impero” era già stata annullata una prima volta in maggio
dopo che il portavoce del governo, il ministro della Giustizia, Cemil Cicek,
aveva definito “traditori” gli organizzatori ed i partecipanti alla conferenza
stessa.
Intanto, continuano nell'est
della Turchia scontri ed attentati, nonostante il prolungamento al 3
ottobre (data di inizio del negoziato
Turchia-UE) della tregua di un mese prevista fino al 20 settembre e non rispettata. Il prolungamento era
stato annunciato tre giorni fa dalla
guerriglia curda del PKK. A Diyarbakir, centro della regione curdofona turca,
sei artificieri delle forze di sicurezza turche sono rimasti feriti mentre a
Van, ai confini orientali con l'Iran, un membro della stessa organizzazione
separatista armata curda è stato ucciso nel corso di uno scontro armato con le
forze di sicurezza turche.
Un’imboscata delle Forze Armate
Rivoluzionarie della Colombia (FARC) ha causato ieri a Tajumbina, località del
dipartimento di Narino, la morte di
otto agenti di polizia, un ufficiale ed un sottufficiale. Lo riferiscono
i media a Bogotà, secondo cui altre quattro persone sono rimaste ferite. Le
forze dell'ordine, si è inoltre appreso, erano impegnate in un’operazione di
distruzione di coltivazioni illegali di coca quando il veicolo su cui viaggiavano
è saltato in aria per lo scoppio di un rudimentale ordigno collocato dalla
guerriglia. E' il terzo attacco portato a termine dalle FARC che hanno colpito
anche a Roberto Payan, sulla costa del Pacifico, ed a Samaniego.
E' di 40 feriti il bilancio
dell'esplosione di una bomba ieri sera presso un ristorante del centro di
Vitebsk, nella parte orientale della Bielorussia: lo ha reso noto oggi il
ministero per le situazioni di emergenza. E’ il secondo attentato di questo
genere nel giro di pochi giorni a Vitebsk: una settimana fa l'esplosione di una bomba aveva causato due
feriti.
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