RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
265 - Testo della trasmissione di giovedì 22 settembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il Papa riceve il
presidente del Malawi Bingu Wa Mutharika
Continua la visita ad Limina dei vescovi del Messico:
intervista con mons. Carlos Aguiar Retes
OGGI IN
PRIMO PIANO:
La Caritas Internationalis contro il traffico di
esseri umani: con noi suor Eugenia Bonetti
CHIESA E SOCIETA’:
Il Programma indiano della Radio Vaticana
celebra i suoi 40 anni di nascita
Conferenza mondiale a
Venezia sul futuro della scienza
Aperto ieri a Bucarest il 24.mo Convegno ecumenico di vescovi
amici del Movimento dei Focolari
I malay convertiti al cristianesimo non possono
secondo la legge rinunciare all’islam
Un terzo dei filippini abbandona gli studi,
soprattutto a causa di problemi economici
Italia: dopo le dimissioni del ministro
dell’economia Siniscalco, l’opposizione chiede nuove elezioni. Ma Berlusconi
annuncia: domani il nome del nuovo ministro
Oltre un milione di persone in fuga dalle
coste del Texas per l’uragano Rita
22 settembre 2005
IL PAPA RICEVE IL PRESIDENTE DEL MALAWI, BINGU WA MUTHARIKA
Benedetto
XVI ha ricevuto stamane, nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il
presidente della Repubblica del
Malawi, Bingu Wa Mutharika, con la consorte e il seguito. Il Malawi, già protettorato
britannico, è indipendente dal 1964 e nel 1993 ha introdotto il
multipartitismo. Il Paese sta attraversando una gravissima crisi alimentare a
causa, tra l’altro, della siccità. L’ONU ha lanciato in questi giorni un
appello per la raccolta di 88 milioni di dollari destinati ad attenuare la fame
di oltre quattro milioni di persone, quasi la metà della popolazione del
Malawi. Benedetto XVI in questi primi cinque mesi del Pontificato più volte ha
invitato la comunità internazionale a farsi carico dei problemi dell’Africa.
Sui circa 10 milioni di abitanti del Malawi il 50% circa sono cristiani, di cui
il 18% cattolici. I musulmani sono il 20 per cento.
CONTINUA LA VISITA AD LIMINA DEI VESCOVI DEL MESSICO
- Intervista con
mons. Carlos Aguiar Retes -
Il Papa ha ricevuto oggi a
Castel Gandolfo un altro gruppo di vescovi della Conferenza Episcopale del
Messico, in visita ad Limina. Finora Benedetto XVI ha rivolto due discorsi ai vescovi messicani in cui ha
sottolineato la necessità di una evangelizzazione permanente dei fedeli, molti
dei quali hanno perso la loro identità cristiana. La stessa società – ha detto
– esige dai cattolici coerenza e coraggio nella fede: tra i segni visibili di
credibilità il Papa ha citato la
testimonianza di vita, l’unità dei credenti e la difesa della dignità e dei
diritti dei più poveri. Sulla
situazione in questo Paese sentiamo il segretario generale della Conferenza
Episcopale messicana, mons. Carlos Aguiar Retes, vescovo di Texcoco,
intervistato da padre Pedro Rodríguez Gonzáles:
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R. – La maggioranza delle nostre
diocesi si trovano vicino alla grande città, cioè Città del Messico. Il grande
problema è quello dell’emigrazione e dell’immigrazione interna da una diocesi
all’altra. I problemi che abbiamo sono quelli dell’adattamento alla cultura
della grande città, ai problemi dell’urbanizzazione, e della fedeltà nel
partecipare alla vita della Chiesa.
D. – Cosa vi aspettate
dall’incontro con Benedetto XVI?
R. – Speriamo che la sua parola
ci aiuti a prendere una coscienza più forte di questo relativismo che si sente
nelle grandi città, e soprattutto a Città del Messico. E’ la sfida della
secolarizzazione che sta affrontando la nostra gente. Ci aspettiamo dunque dei
criteri che ci aiutino ad avere una comunione nei nostri piani pastorali.
D. – A proposito della sua
diocesi di Texcoco, quali sono i problemi?
R. – La diocesi di Texcoco è una
delle diocesi più vicine a Città del Messico. Il 50 per cento della popolazione
è nata lì e l’altro 50 per cento è rappresentato da immigrati che vengono dai
17 diversi Stati del nostro Paese. E’ un mosaico molto diverso nella cultura
e anche nel modo di essere cattolico.
Questa però è anche una ricchezza. La nostra sfida è quella di riuscire a
trovare il modo di avere l’unità e la comunione tra tutti i nostri cattolici.
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ALTRE UDIENZE
Nel pomeriggio il Papa riceverà,
sempre a Castel Gandolfo, il cardinale José Saraiva Martins, prefetto della
Congregazione delle Cause dei Santi, il cardinale Stephen Fumio Hamao,
presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli
Itineranti, mons. Luis Artemio Flores Calzado, vescovo di Valle de Calco, in
Messico, in visita "ad Limina", e l’arcivescovo Nikola Eterović,
segretario generale del Sinodo dei Vescovi.
IL PAPA RILASCIA LA PRIMA INTERVISTA TELEVISIVA
AL RESPONSABILE DEI PROGRAMMI CATTOLICI DELLA TV
PUBBLICA POLACCA:
SARA’ TRASMESSA Il 16 OTTOBRE. BENEDETTO XVI PARLA
DELLA SUA AMICIZIA
CON GIOVANNI PAOLO II
E DEL SUO
DESIDERIO DI RECARSI IN POLONIA L’ANNO PROSSIMO
- Intervista con padre Andrea Majewski -
Il Papa ha rilasciato un'intervista
alla Televisione pubblica polacca. Si tratta
della prima intervista televisiva concessa da Benedetto XVI dall'inizio del suo Pontificato ed e' stata
registrata nella residenza di Castel
Gandolfo dal padre gesuita Andrea
Majevski, responsabile dei programmi
cattolici della TV polacca. Ma
ascoltiamo quanto ci dice lo stesso padre Majewski:
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Martedì
sera il Papa ha ricevuto l’equipe della Televisione polacca nella sua residenza
a Castel Gandolfo e per la prima volta ha rilasciato un’intervista abbastanza
lunga ad una Televisione. L’argomento che abbiamo toccato riguardava
soprattutto la personalità del suo predecessore, cioè di Giovanni Paolo II,
dato che l’intervista andrà in onda in Polonia sul primo canale della
Televisione statale, il 16 ottobre di quest’anno, cioè nella cosiddetta
Giornata papale, che si celebra in Polonia proprio il 16 ottobre, giorno
dell’elezione del cardinale Karol Wojtyla alla Cattedra di Pietro. Durante
l’intervista, che è durata più di 15 minuti, il Papa molto cordialmente ha
ricordato il suo predecessore, i suoi contatti con lui e soprattutto la sua
amicizia con lui. Ha parlato a braccio e tutto è stato fatto in italiano,
naturalmente, lingua comune dei Papi. Ha toccato anche l’argomento della sua
prossima visita in Polonia. “Se Dio vuole”, ha detto il Papa, “mi piacerebbe
andare in Polonia l’anno prossimo”. Ha menzionato anche questo fatto nella sua
intervista.
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A QUARANT’ANNI DALLA PROMULGAZIONE DELLA
COSTITUZIONE CONCILIARE
DEI VERBUM ,
LA LECTIO DIVINA CONOSCE UNA NUOVA FIORITURA.
L’IMPORTANZA DELLA
LETTURA MEDITATA DELLA BIBBIA,
SOTTOLINEATA AI NOSTRI
MICROFONI DAL CARDINALE CARLO MARIA MARTINI
E DAL PREFETTO DELLA BIBLIOTECA AMBROSIANA,
MONS. GIANFRANCO RAVASI
“Solo chi si pone innanzitutto in
ascolto della Parola può poi diventarne annunciatore”: è l’esortazione di
Benedetto XVI a tutti i fedeli, espressa nei giorni scorsi durante l’udienza ai
partecipanti al Congresso Internazionale sulla Sacra Scrittura, tenutosi a Roma
per il 40.mo anniversario della Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione
“Dei Verbum”. In tale contesto, il
Papa ha sottolineato l’importanza della Lectio divina, lettura meditata
della Bibbia, accolta dal credente come Parola di Dio resa viva dallo Spirito
Santo. Un’antica tradizione, che conosce ora una nuova fioritura, soprattutto
nelle parrocchie. Lo sottolinea mons. Gianfranco Ravasi, prefetto della
Biblioteca Ambrosiana, intervistato da Alessandro Gisotti:
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R. – L’esperienza della Lectio
divina ha avuto una grande tradizione soprattutto in ambito monastico, in
passato, e ai nostri giorni, però, bisogna riconoscere, ha avuto una
rifioritura particolare. Ciò è la conseguenza, indubbiamente, di questo grande
evento che è stata la promulgazione di questo documento, la “Dei Verbum”, che
ha riportato la Bibbia maggiormente nell’interno della comunità cristiana. La
comunità cristiana si è riappropriata delle Scritture. E questa riappropiazione
è dovuta non soltanto a livello di conoscenza del testo, una conoscenza sempre
fondamentale e necessaria. La Lectio divina, infatti, che è successiva,
è possibile solo dopo che si è conosciuto bene il testo.
D. – Come descriverebbe la Lectio
divina? Quali sono le sue caratteristiche, i suoi momenti forti?
R. – Comprende sostanzialmente –
direi – due grandi momenti. Il primo è quello, appunto, del far emergere in
tutta la sua ricchezza, la parola di Dio, il messaggio. Questo messaggio noi
sappiamo che viene comunicato attraverso parole umane. Per cui esiste, per
certi versi, una sorta di movimento centripeto: bisogna ritornare alla radice,
bisogna ritornare al testo, bisogna ritornare alle parole, alla comprensione
profonda a saporosa della pagina biblica! Dall’altra parte, però, bisogna
ricordare che esiste un secondo movimento fondamentale, che chiamerei più di
tipo ‘centrifugo’, cioè dal centro, dal testo si va all’oggi, si va a me, alla
mia persona e si cerca di far sì che questa parola abbia a risuonare
all’interno della propria esistenza, non soltanto nell’interno della propria
conoscenza mentale. Ed è, questo, il momento nel quale la Bibbia diventa – come
dice la Bibbia stessa – “lampada per i passi nel cammino della vita”.
D. – Quindi si può dire che la Lectio
divina è un’esperienza che ci aiuta a comprendere che la Bibbia è parola
viva, parola sempre giovane?
R. – La Lectio divina ha
proprio questa funzione: quella di far comprendere che la Bibbia non è solo un
testo letterario che ha un suo fascino, una sua bellezza e non è soltanto un
testo storico ... è andare al di là di questa realtà, pur vera, per scoprire,
appunto, la Parola di Dio che permane in eterno. Lo studioso laico può essere
affascinato da questo testo e lo ascolta come un grande messaggio.
Naturalmente, la Lectio divina è qualcosa di più e di oltre: è scoprire
che nell’interno di quelle parole c’è, per eccellenza, la Parola!
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La Lectio divina, ha
sottolineato Benedetto XVI, è un “punto fermo della pastorale biblica” e va
“incoraggiata mediante l’utilizzo anche di metodi nuovi”, “al passo con i
tempi”. Impegno, questo, che esige “un salto di qualità”. Ne è convinto il
cardinale Carlo Maria Martini, tra i relatori al Congresso Internazionale per
il 40.mo anniversario della Dei Verbum, intervistato da Fabio
Colagrande:
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R. – Per pregare ci vuole una
grazia di Dio ed una rispondenza umana. E’ più facile fare una lettura
esegetica, storica, storicistica. Per fare una Lectio divina bisogna
passare al livello dell’ascolto, della parola come Parola di Dio, della
risposta come preghiera. Questo esige un certo salto di qualità, che è frutto
della grazia, ma è frutto anche della corrispondenza umana.
D. – L’animazione pastorale a
partire proprio dalla Bibbia: c’è ancora molto da fare?
R. – C’è moltissimo da fare,
perché le statistiche dicono che anche di quelli che vanno in chiesa – forse il
3 per cento - leggono forse un po’ di più di Scrittura oltre quello che sentono
la domenica. C’è quindi ancora il 97 per cento da riconquistare.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina: Stato
d'emergenza in Texas e in Louisiana; oltre un milione di persone in fuga.
L'uragano "Rita" acquista sempre più potenza distruttiva mentre
avanza sul Golfo del Messico.
Servizio vaticano - Una
pagina dedicata al cammino della Chiesa in Italia.
Servizio estero - Medio
Oriente: Hamas respinge l'appello al disarmo lanciato dal "quartetto"
internazionale.
Per la rubrica
dell'"Atlante geopolitico" un articolo di Giuseppe M. Petrone dal
titolo "Nucleare: incoraggiante l'accordo con Pyongyang".
Servizio culturale - Un
articolo di Clotilde Paternostro in merito alla mostra, a Castiglioncello, sul
tema: "Da Courbet a Fattori: i principi del vero".
Servizio italiano - In
evidenza l'articolo dal titolo "Il Paese guarda con preoccupazione alla
delicata situazione politica". Dimesso il ministro dell'Economia
Siniscalco - Contrasti sulla Finanziaria - Anche dall'estero allarme sui conti
pubblici.
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22
settembre 2004
''IL RICONOSCIMENTO DI TUTTI GLI STATI MEMBRI È
COMPONENTE NECESSARIA
DEL PROCESSO DI ADESIONE”: COSÌ L’UNIONE EUROPEA
ALLA TURCHIA
CHE AVEVA AFFERMATO CHE L'ESTENSIONE DEL
PROTOCOLLO DOGANALE A CIPRO
NON IMPLICAVA IL RICONOSCIMENTO DELL'ISOLA. DOPO
SETTIMANE
DI CONTATTI DIPLOMATICI, LA DICHIARAZIONE APRE LA STRADA
ALL’AVVIO DEI NEGOZIATI DI ADESIONE IL 3 OTTOBRE
PROSSIMO
- Intervista con Ruken Baris e Vakur Kaya -
“Il riconoscimento di tutti gli
Stati membri è componente necessaria del processo di adesione”: è questo il
passaggio saliente della controdichiarazione, ieri, dell'UE alla Turchia, venuta dopo settimane di contatti
diplomatici e in vista del 3 ottobre, data fissata per l’avvio dei negoziati
per l’adesione. Sul valore e le implicazioni di questa presa di posizione dei
25, il servizio di Fausta Speranza:
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L'UE sottolinea l'importanza
della normalizzazione delle relazioni fra Turchia e tutti i Paesi membri UE,
che si traduce con l’invito concreto a normalizzare i rapporti con la Repubblica
di Cipro, entrata nell’UE a maggio 2004.
Con questo documento, infatti, i 25 rispondono ad Ankara che aveva
affermato che l'estensione del protocollo doganale a Cipro non implicava il
riconoscimento dell'isola. Al momento, i 25, ribadendo che la Turchia deve
applicare in toto il protocollo a tutti i Paesi dell'UE, assicurano che la sua
attuazione sarà sottoposta a monitoraggio dall'UE nel 2006. “La comunità
europea e i suoi Paesi membri – si legge - sottolineano che l'apertura dei
negoziati sui vari capitoli dipende dall'attuazione da parte della Turchia dei
suoi obblighi nei confronti di tutti gli Stati dell'Ue”, salvo aspettarsi
“ripercussioni sul progresso complessivo dei negoziati”. Ricordiamo che la Repubblica
di Cipro è parte dell’isola cipriota, divisa dal 1974 fra comunità turco-cipriota
e greco-cipriota dall’invasione nella zona settentrionale di forze turche. In
definitiva, tra chiarimenti, sottolineature e avvertimenti, il documento dei 25
apre la strada verso l'avvio dei negoziati di adesione, il 3 ottobre. Anche se
va detto che resta da definire completamente il quadro negoziale: c’è, infatti,
una riserva scritta presentata dall'Austria, che verrà esaminata dagli
ambasciatori europei la prossima settimana. Ma andando in Turchia, e lasciando
il piano delle dichiarazioni politiche, si trovano le attese della gente che si
dichiara assolutamente a favore dell’entrata in Europa. Abbiamo chiesto il
perché alla giornalista turca Ruken Baris:
R. – MOST OF THE PEOPLE IN TURKY…
La
maggior parte dei turchi sono molti sinceri in questo: vogliono l’inizio della
democratizzazione e la crescita economica. Ma certamente la questione
principale è la democratizzazione, in quanto il potere in Turchia è in due
mani: in quelle dell’esercito e del governo. Questa lotta per la democrazia sta
ancora andando avanti, ma da quando sono state avviate le riforme abbiamo avuto
un miglioramento nel sistema democratico turco. Quindi, credo che la cosa
principale sia questo desiderio di democrazia della gente, di una vita economica
migliore, di un migliore sistema di sicurezza sociale.
D. – Come giudica le riforme
fatte finora?
R. – ACTUALLY, THERE HAS BEEN…
Veramente,
è stato fatto un grande sforzo da parte del governo, devo dire. Sono state
cambiate molte cose sulla carta, ma certamente ci sono ancora molte difficoltà
nel metterle in pratica. Specialmente, riguardo ai problemi delle minoranze. Ma
in Turchia ci vuole tempo. Così vanno le cose qui. Ma se posso fare un esempio,
un paio di anni fa non era possibile nemmeno articolare il nome dei curdi, ma
adesso possiamo dire che i curdi esistono, anche se dovrebbero avere maggiori
diritti di quanti ne hanno ora. Speriamo nel futuro.
L’IMPEGNO DI CARITAS INTERNATIONALIS
CONTRO IL TRAFFICO DI ESSERI UMANI
- Con noi,
suor Eugenia Bonetti -
Frutta tra i 7 e i 10 miliardi
di dollari ogni anno, quasi quanto il traffico internazionale di armi e di
droga, e coinvolge milioni di persone, avviate alla prostituzione, al lavoro
nero, all’accattonaggio e al commercio di organi. E’ il traffico di esseri
umani, che rappresenta una moderna forma di schiavitù. Per combattere questo
fenomeno, i rappresentanti delle Caritas e di organismi umanitari di tutto il
mondo si sono riuniti nei giorni scorsi a Roma, in un incontro promosso da
Caritas Internationalis, confederazione di 162 organizzazioni cattoliche
presente in 200 Paesi. Il servizio di Roberta Moretti:
**********
Un fenomeno generato dalla
povertà e dalla speculazione, dalla legge della domanda e dell’offerta, che
coinvolge soprattutto donne e bambini in cerca di un futuro migliore. E’
impossibile calcolare la reale portata del traffico di esseri
umani nel mondo, visto che la sua stessa natura implica la clandestinità.
Esistono comunque alcune stime: il governo degli Stati Uniti riferisce, ad esempio,
che ogni anno entrano illegalmente negli USA quasi 1 milione di persone.
Inoltre, secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO), nel 2000
sono stati trasportati attraverso i 5 continenti circa 1 milione e 200 mila
bambini. Per quanto riguarda l’Italia, poi, le stime Caritas 2004, riferite
esclusivamente alla presenza di prostitute straniere, rivelano che il numero
oscilla tra le 15 e le 22 mila, con una concentrazione di circa 5 mila soltanto
a Roma. La presenza più elevata, sempre secondo la Caritas, risulta quella
delle ragazze nigeriane, seguite dalle albanesi, e da quelle, in costante
aumento, provenienti da Romania, Bulgaria, Repubblica Ceca, Ucraina e Moldavia.
Quale strategia propone dunque Caritas Internationalis per combattere questo
fenomeno? Suor Eugenia Bonetti, responsabile del settore “Tratta” dell’USMI,
l’Unione superiore maggiori d’Italia:
R. – La strategia più importante
per noi è quella del lavoro in rete. Bisogna offrire a queste persone la
possibilità di una formazione, di un lavoro, in modo che possano essere
contente di rimanere a casa loro e di farsi una vita degna di ogni persona
umana. Questo, quindi, per quanto riguarda i Paesi di origine. Per quanto
riguarda poi i Paesi di destinazione, ci mette un po’ tutti in questione,
proprio per la grande richiesta che c’è e per la connivenza. Allora la Caritas
sta cercando di mettere in collegamento tutte le forze che lavorano nel mondo
per debellare questa terribile schiavitù del 2000.
La Chiesa, dunque, in prima
linea nella difesa della dignità umana, come emerge anche dal documento finale
del primo Incontro internazionale di pastorale per la liberazione delle donne
di strada, promosso lo scorso giugno a Roma dal Pontificio Consiglio della Pastorale
per i Migranti e gli Itineranti. Un impegno assunto negli ultimi anni anche a
livello delle Nazioni Unite, con la formulazione, a Palermo nel 2000, della
Convenzione ONU sulla Criminalità organizzata internazionale e, nel 2003, di
quella sulla Protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri
delle loro famiglie. Esiste poi il CAHTEH, Comitato ad hoc di azione contro il
traffico e la tratta di esseri umani, istituito dal Consiglio d’Europa per
redigere una Convenzione comunitaria in tal senso. Ma se gli strumenti cui
appellarsi non mancano, ora spetta agli Stati impadronirsene, ratificando le
singole Convenzioni.
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LA
DIMENSIONE MISSIONARIA DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA
AL CENTRO DEL VOLUME “IL BANCHETTO DEI POPOLI.
EUCARISTIA E MISSIONE”
-
Intervista con l’autore, padre Romeo Ballan -
E’ rivolto anche ai vescovi, che
si riuniranno in Vaticano dal 2 al 23 ottobre per il Sinodo dei vescovi sul
tema “L’Eucaristia fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa”,
il volume “Il banchetto dei popoli. Eucaristia e missione”. Frutto di diversi
contributi raccolti dal Centro Internazionale di Animazione Missionaria, il
libro, edito dalla Emi, vuole essere un sussidio per aiutare il cristiano
a vivere il mandato che scaturisce dall’Eucaristia. Ma qual è il messaggio
rivolto al Sinodo? Tiziana Campisi lo ha chiesto ad uno degli autori, padre Romeo
Ballan:
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R. - La nostra riflessione
vorrebbe portare tutto il mondo che lavora intorno al Sinodo, tutta la Chiesa
convocata in Sinodo, sulla ampiezza dei ministeri, su una maggior dinamicità
del servizio pastorale. Abbiamo pensato un approccio biblico, un approccio
teologico, un approccio missiologico, antropologico, morale, liturgico,
pastorale ecc. L’idea è di aiutare i cristiani, i fedeli che partecipano
all’Eucaristia, insieme con i sacerdoti, i pastori, a scoprire e ad
approfondire e a vivere sempre di più la dimensione missionaria che è insita
realmente in ogni celebrazione eucaristica.
D. - Perché il titolo il
“Banchetto dei Popoli”?
R. - Non è possibile celebrare
una Eucaristia senza avere davanti a sé il mondo intero. Non è possibile vivere
l’Eucaristia nelle sue diverse dimensioni senza tenere presente questo panorama
mondiale della vita della Chiesa nel mondo e del mondo intero con tutti i suoi
problemi, con tutte le sue speranze.
D. – Come si può costruire
questo ‘banchetto’?
R. – Anzitutto vivendo
intensamente l’Eucaristia come il momento in cui Cristo salva il mondo, il
momento in cui la Chiesa si associa a questa salvezza che Cristo offre al mondo.
Quindi è necessario un approfondimento da parte del cristiano, da parte di chi
celebra l’Eucaristia. Poi è necessario partire dalla celebrazione eucaristica
che guarda i lontani. I lontani sono quelli che battezzati non partecipano
all’Eucaristia, sono magari i familiari, sono amici, colleghi del lavoro. Lontani
sono quelli che ancora non hanno ricevuto il messaggio della fede cristiana.
Lontani sono anche quelli che non hanno la possibilità di una partecipazione
frequente all’Eucaristia. Penso soprattutto ai territori di missione.
D. – Concretamente, come
coinvolgere in questo ‘banchetto’ i più lontani?
R. – Tocca a noi, ai cristiani,
ai fedeli, ai pastori. Essere forse un po’ creativi anche nel trovare nuove
formule, in modo che a tutti veramente arrivi la ricchezza di questo banchetto
al quale il Padre della vita invita veramente tutti i popoli.
D. – Lei scrive: “il mandato ite
missa est che conclude la celebrazione eucaristica ha un solo significato
per il cristiano”. Ci ripete quale?
R. – La partenza dopo la
celebrazione eucaristica è un invio in missione, “andate!”, è il tempo della
missione, la missione che nasce da Cristo e la Messa è la missione di Gesù! E’
la missione della Chiesa, è la missione del cristiano. E’ la missione capace di
trasformare il mondo.
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22 settembre 2005
“MODIFICARE O SOPPRIMERE L’ARTICOLO DELLA BOZZA
COSTITUZIONALE
CHE VEDE NELL’ISLAM L’UNICA FONTE DEL DIRITTO”. LO
CHIEDONO I VESCOVI IRACHENI AL PRESIDENTE DELL’IRAQ, TALABANI
BAGHDAD. = I vescovi iracheni
continuano a chiedere la modifica della bozza della Costituzione irachena che
“rischia di introdurre la sharia, la legge islamica, nel sistema giudiziario”.
“Lo scorso 18 settembre – dice il patriarca caldeo di Baghdad, Emmanuel III
Delly, all’Agenzia SIR - ho incontrato il vice del presidente Jalal Talabani al
quale ho evidenziato alcune cose che possono essere migliorate per evitare
interpretazioni a sfavore dei non musulmani”. Il riferimento è all’articolo
della Costituzione nel quale si afferma che “l’Islam è una fonte principale di
diritto” e che “nessuna legge può essere contraria agli standard dell’Islam”.
“Abbiamo chiesto – sostiene il patriarca - la modifica o la soppressione di
questo articolo.”. “La risposta delle istituzioni irachene – prosegue mons.
Delly – è stata conciliante, invitandoci a non avere timore. Tuttavia,
continueremo a fare pressione senza sosta per migliorare la bozza”. Sulla
situazione in Iraq, il patriarca denuncia poi “la sempre maggiore mancanza di
sicurezza” ed una “grave crisi economica”. Per paura di violenze ed attacchi
terroristici - conclude - molti cristiani non si recano sui posti di lavoro e
aumenta la povertà. (A.L.)
IL PROGRAMMA INDIANO
CELEBRA 40 ANNI, UN ANNIVERSARIO CHE RIBADISCE L’IMPEGNO A SERVIZIO DEL PAPA
E DELLE POPOLAZIONI DEL SUBCONTINENTE INDIANO
CITTA’ DEL VATICANO = Da 40 anni
il programma indiano della Radio Vaticana diffonde nell’Asia meridionale
notizie sul Papa e sull’attività della Santa Sede. Le trasmissioni della
sezione indiana della nostra emittente sono cominciate infatti in via
sperimentale nel maggio del 1965, un anno dopo il pellegrinaggio di Papa Paolo
VI a Bombay dal 2 dicembre al 5 dicembre del 1964. Inizialmente, la durata dei
programmi della sezione indiana era, ogni giorno, di 10 minuti. Le lingue erano
il malayalam, l’inglese, il tamil e l’hindi. Il primo grande cambiamento si
registra nel 1986, in occasione della visita in India di Papa Giovanni Paolo
II, dal 31 gennaio all’11 febbraio: l’offerta informativa del programma indiano
viene arricchita con un’edizione giornaliera di 15 minuti in tamil e in hindi e
un programma serale di 6 minuti nelle quattro lingue. Nel 1993, la durata delle
edizioni viene estesa a 20 minuti e viene inaugurato un programma in lingua
urdu, intitolato ‘La porta è aperta’. “La nostra – spiega il responsabile del
programma indiano, padre Alfie Benjamin – è una radio cristiana e il nostro
movente è Gesù Cristo”. I programmi di Radio Vaticana – aggiunge padre Benjamin
– hanno aiutato molti ascoltatori non cristiani a vivere una vita più
significativa e a portare un messaggio di armonia e fraternità in diversi
ambiti e situazioni. La Radio Vaticana è presente in Asia meridionale con
cinque centri, dislocati in India, Nepal e Sri Lanka. Ogni mese viene stampato
in oltre 100 mila copie un bollettino in cinque lingue (inglese, tamil, hindi,
urdu, malayalam). Su Internet è presente, inoltre, uno spazio web del programma
indiano all’interno del sito della Radio Vaticana (http://www.radiovaticana.va/in1/index.asp).
(A.L.)
IL RAPPORTO TRA SCIENZA E RELIGIONE HA
CARATTERRIZZATO I LAVORI DI IERI ALL’ISOLA DI SAN GIORGIO A VENEZIA, DOVE
SECONDO UNA ANTICA TRADIZIONE
DI STUDI E RICERCHE SONO RIUNITE CIRCA 400 PERSONE DI TUTTO IL MONDO,
INVITATE A CONDIVIDERE CONTRIBUTI E IDEE SUL FUTURO DELLA SCIENZA
E SUI SUOI RAPPORTI CON LA SOCIETÀ
- A cura di Maria Laura
Conte -
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VENEZIA. = Ha aperto i lavori il vescovo Marcelo Sánchez
Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze, che ha parlato
della libertà e della verità come fini del sapere. Il presule ha sottolineato
anche l’inseparabilità della verità scientifica e della verità teologica, e
della verità del bene. “Ogni sapere – ha osservato mons. Sorondo – trae la
propria nobiltà e dignità dalla verità che cerca, trova ed esprime”. “Soltanto
nella ricerca disinteressata, ogni conoscenza - e in particolare la scienza -
conserva la propria libertà”. L’oncologo Umberto Veronesi, uno degli ideatori
dell’iniziativa, ha lanciato un appello: “Non sia la paura, ma solo la ragione
a fissare i limiti etici entro i quali può agire la scienza”. Un appello che si
intreccia all’intento di far emergere una vera e propria ‘Carta di Venezia’, la
cui ambizione sia quella di porre le fondamenta di un’alleanza tra conoscenza
scientifica e mondo sociale. Ricercatori, teologi, politici, economisti e
giuristi, grazie a questa sorta di Camera alta, dovrebbero cercare insieme di
capire, secondo l’oncologo, quale possa essere il futuro dell’umanità, sulla
base delle potenzialità degli sviluppi scientifici. Sviluppi che dovranno
sempre più essere oggetto di informazione, secondo Marco Tronchetti Provera, dell’omonima
Fondazione, perché sia colmata la distanza tra scienza e società.
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“LA PRESENZA DEL RISORTO IN MEZZO AL SUO POPOLO:
CENTRO DELLA VITA ECCLESIALE E FULCRO DELLA NOSTRA
COMUNE TESTIMONIANZA”.
E’ IL TEMA DEL 24.MO CONVEGNO ECUMENICO DI VESCOVI
AMICI DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI, APERTOSI IERI A
BUCAREST
BUCAREST. = In Romania è
iniziato ieri il 24.mo Convegno ecumenico di vescovi amici del Movimento dei
focolari. L’incontro, al quale partecipano più di 40 vescovi provenienti da 19 Paesi,
è stato organizzato a Bucarest in risposta all’invito del patriarca ortodosso
di Romania, Teoctist I, e del suo Sinodo. Il Convegno, incentrato sul tema “La
presenza del Risorto in mezzo al suo popolo: centro della vita ecclesiale e
fulcro della nostra comune testimonianza”, vede anche la partecipazione di
rappresentanti anglicani, evangelici e luterani. L’incontro, arricchito da
molteplici interventi tra cui quello della fondatrice del Movimento dei
focolari Chiara Lubich, vuole anche favorire una più profonda comunione con la
Chiesa ortodossa e con le altre Chiese presenti in Romania. Momenti centrali
del Convegno, che si concluderà il prossimo 27 settembre, sono le testimonianze
di comunione fraterna offerte al popolo rumeno dai vescovi di diversi Continenti.
Un popolo, che al grido di “unitate, unitate”, ha saputo dare un impulso
indimenticabile all’unità dei cristiani, quando Papa Giovanni Paolo II visitò
la Romania nel 1999. (A.L.)
LA COMUNITA’ DI CRISTIANI IN
PAKISTAN E LA COMMISSIONE NAZIONALE
“GIUSTIZIA E PACE” CHIEDONO
L’ABROGAZIONE DELLA LEGGE SULLA BLASFEMIA,
CHE PUNISCE CON L’ERGASTOLO O LA
PENA DI MORTE
CHI OFFENDE IL CORANO O MAOMETTO
ISLAMABAD. = La comunità di cristiani in Pakistan
insieme con la Commissione nazionale di “Giustizia e Pace” chiede l’abrogazione
dell’articolo 295/c del Codice di procedura penale sulla blasfemia. La
legge in questione, introdotta in Pakistan nel 1986, condanna “quanti con
parole, scritti, gesti o rappresentazioni visibili, insinuazioni dirette o
indirette, insultano il sacro nome del profeta Maometto”. La violazione di tale
norma prevede l’ergastolo per chi offende il Corano e la pena di morte in caso
di offesa a Mamometto. Dopo i recenti episodi che hanno portato all’arresto di
cristiani, accusati di blasfemia, la Commissione ha pubblicato un comunicato in
cui chiede con urgenza l’abolizione della legge. La Commissione sostiene che
questa norma mina il benessere e l’equilibrio interreligioso in Pakistan. A
partire dal 1988 ad oggi, sono oltre 650 le persone arrestate in base a questo
ordinamento giudiziario. Sono inoltre almeno 20 i casi di persone condannate a
morte. Attualmente, sono più di 80 i cristiani incarcerati con questa accusa.
Dal rapporto presentato dalla Commissione risulta poi che il 50 per cento degli
imputati sono musulmani, il 37 per cento ahmadi, il 13 per cento cristiani e
l’1 per cento indù. In Pakistan, dove la popolazione supera i 155 milioni di
persone, i musulmani sono il 97 per cento e i cristiani il 2,5 per cento, tra i
quali più di un milione di cattolici. (R.R)
I MALAY CONVERTITI AL CRISTIANESIMO NON POSSONO
RINUNCIARE ALL’ISLAM.
CON
QUESTA MOTIVAZIONE, UNA CORTE DELLA MALAYSIA HA RESPINTO LA RICHIESTA DI UNA
DONNA DI ESSERE UFFICIALMENTE RICONOSCIUTA COME CRISTIANA
KUALA LAMPUR.
= Un malay è una persona che professa l’Islam, parla il malese e rispetta la
cultura della Malaysia. E’ quanto afferma la Costituzione del Paese asiatico
che sottolinea anche come non possa essere considerato malay chi rinuncia
all’Islam. Riprendendo questo passo del testo costituzionale, una Corte
giudiziaria ha respinto la richiesta di una donna convertitasi al cristianesimo
nel 1998. La donna si è recata davanti alla Corte per chiedere il
riconoscimento del cambio di religione e poter sposare con rito civile il
marito cristiano. Ma i giudici hanno dichiarato che la rinuncia all’Islam è
“impossibile senza il permesso delle autorità religiose musulmane”. I giudici
hanno anche aggiunto che la “legge non garantisce e non prevede una procedura
in grado di imporre a queste autorità l’assenso al cambio di fede”. Questa
situazione riguarda circa 15 mila malay che vorrebbero vivere liberamente la
loro fede cristiana. Nonostante la legge garantisca la libertà religiosa, i
convertiti al cristianesimo in Malaysia vivono nella paura, perché i musulmani
considerano l’apostasia come un crimine. Per questo molti malay cristiani,
soprattutto studenti che hanno cambiato la loro fede durante la permanenza
all’estero, temono la legge islamica della ‘sharia’ e non manifestano pubblicamente
la loro fede cristiana. (A.L.)
UN TERZO DEI FILIPPINI ABBANDONA GLI STUDI,
SOPRATTUTTO A CAUSA DI PROBLEMI ECONOMICI. E’
QUANTO EMERGE
DA UN RAPPORTO DELL’UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA
DELLE FILIPPINE
MANILA. = Un rapporto dell’Ufficio nazionale di
statistica di Manila riferisce che un terzo dei filippini in età scolastica,
dai sei ai 24 anni, non è mai andato a scuola o ha interrotto gli studi. Il
motivo principale dell’abbandono scolastico è dovuto a problemi economici: la
maggior parte degli studenti che lasciano gli studi, proviene infatti dalla
provincia di Mindanao, una delle aree più povere delle Filippine. Secondo i
dati diffusi, il 18 per cento di bambini non termina le elementari e più del 40
per cento non prosegue le scuole secondarie. Questi dati possono entrare in
contraddizione con l’alto tasso di alfabetizzazione del Paese, pari al 90 per
cento della popolazione tra i 10 e i 64 anni ma bisogna considerare
“l’analfabetismo di ritorno”. Questo fenomeno riguarda quelle persone che hanno
perso negli anni le conoscenze fondamentali apprese a scuola. (R.R.)
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A cura di Fausta Speranza -
Il governatore di Bassora Mohammed al Waili ha detto alla
Reuters che il Consiglio si è riunito ieri e ha deciso di bloccare ogni
cooperazione con i britannici fino a che non saranno accolte tre richieste. Le
tre richieste sono, ha precisato, “scusarsi per quanto accaduto, garantire che
non succeda di nuovo, e terzo fornire alcune compensazioni per tutti i danni
fatti durante l’operazione”. “Siamo al corrente di informazioni inerenti a un
boicottaggio, ma aspettiamo di avere certezze assolute prima di adottare un
piano”, ha detto un portavoce delle forze britanniche di stanza in Iraq, il
comandante Steve Melbourne. Lunedì le truppe britanniche avevano recuperato con
la forza due dei loro soldati, arrestati dalla polizia e successivamente rapiti
da miliziani.
Gli europei hanno rinunciato, per ora, a portare davanti
al Consiglio di sicurezza dell’ONU il programma nucleare iraniano: è quanto
risulta da una nuova bozza di risoluzione all’AIEA. Ieri era apparso evidente
che Russia, Cina e Paesi non allineati non avrebbero appoggiato la richiesta di
Francia, Germania e Gran Bretagna di rinvio al Consiglio di Sicurezza
dell’Iran, accusato di avere violato i suoi impegni internazionali in tema di
non proliferazione nucleare, riprendendo l’arricchimento dell’uranio. Secondo
il nuovo progetto di risoluzione che dovrebbe chiudere questa settimana di
riunione del Board of Governors dell’AIEA, il direttore generale
dell’agenzia nucleare dell’ONU, Mohamed El Baradei, è invitato a fare il suo
rapporto sull’Iran allo stesso organismo che poi farà un suo rapporto.
Un palestinese disarmato è stato ucciso dal fuoco di
soldati israeliani dopo essersi introdotto
in una base militare nel nord della Cisgiordania. Fonti militari hanno detto
che il palestinese si era infiltrato nella base di Dotan, che l’esercito sta
smantellando, in apparenza alla ricerca di oggetti di metallo abbandonati. I
soldati, hanno precisato le fonti, hanno aperto il fuoco dopo che il
palestinese aveva ignorato ripetute intimazioni di fermarsi. La base si trova
nell’area in cui sorgevano i quattro insediamenti ebraici di Ganim, Kadim, Homesh
e Sa-Nur, che Israele ha abbandonato.
Fanno
rumore nel mondo politico italiano le dimissioni del ministro dell’economia
Siniscalco. La decisione, presa ieri sera, è dovuta ai contrasti con il
Governatore della Banca d’Italia, Fazio, e alle critiche alla legge finanziaria
giunte ieri da UDC e Lega. Il premier Berlusconi questa mattina ha riferito
sulla situazione al capo dello Stato Ciampi e annuncerà domani il nome del
nuovo ministro. Siniscalco avrebbe dovuto partecipare alle riunioni del G7 e
del Fondo monetario internazionale, in programma da domani a Washington.
Stasera a Palazzo Chigi, vertice dei leader della maggioranza. Servizio di
Giampiero Guadagni:
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Dissensi ormai insanabili. Siniscalco ha preso ieri sera
carta e penna ed ha scritto a Berlusconi la lettera di dimissioni. Poche ore
prima due partiti della maggioranza, UDC e Lega, avevano in pratica affondato
la legge finanziaria che Siniscalco stava elaborando. Sotto accusa le misure
per la famiglia considerate insufficienti, ma anche il taglio di risorse per il
pubblico impiego e l’anticipo di riforma previdenziale. Ma sulla decisione di
Siniscalco ha indubbiamente pesato anche la vicenda Bankitalia. Il ministro
aveva chiesto senza ottenerlo un pronunciamento unanime del governo per le
dimissioni di Fazio dopo il caso della scalata Antonveneta. Insieme al
Governatore, ma quasi da ‘separati in casa’, Siniscalco avrebbe dovuto recarsi
domani a Washington per la riunione del G7 e del Fondo monetario
internazionale. Siniscalco sarà sostituito dal direttore generale del Tesoro
Grilli, mentre la presenza di Fazio è al momento confermata. Queste divisioni
sono un duro colpo all'immagine dell'Italia in campo internazionale. Il Governo
mantenga gli impegni presi sul deficit, si raccomanda il commissario europeo
Almunia. E certamente non aiutano i timidi segnali di ripresa dell’economia
italiana. E questa giustifica le preoccupazioni di Confindustria e sindacati.
In un contesto peraltro di campagna elettorale di fatto già iniziata. Romano
Prodi, a nome del centrosinistra, chiede elezioni anticipate e dice no ad un
governo tecnico. Berlusconi ieri aveva smentito l’ipotesi di elezioni
anticipate e nicchiava anche sul vertice di maggioranza sollecitato dal
vicepremier Fini. Che è stato convocato stasera alle 17. Domani il nome del
nuovo ministro. Ma per il centrodestra la questione vera è se e come ricucire
l’alleanza.
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Hamdi Issac è stato estradato in Gran Bretagna. Il volo,
un velivolo Hs 125, con a bordo il presunto attentatore dello scorso 21 luglio
a Londra, è decollato dall’aeroporto di Ciampino alle 12.12. Top secret la
destinazione in Gran Bretagna del velivolo con a bordo Issac. Hamdi Issac
appena toccherà terra sarà arrestato e incriminato per concorso in tentato
omicidio ed omicidio e violazione della legge sugli esplosivi. Lo ha assicurato
un portavoce di Scotland Yard.
Viktor Yushenko ce l’ha fatta: i deputati della Duma hanno
dato la fiducia a Iuri Yekhanurov, il tecnocrate al quale il presidente ucraino
ha dato l’incarico di formare un nuovo governo in sostituzione di quello
capeggiato dalla ‘pasionaria’ della ‘rivoluzione arancione’ Iulia Timoshenko.
Yekhanurov, bocciato una prima volta due giorni fa, è passato stamattina con
l’appoggio di ben 289 deputati.
Yushenko ha licenziato la Timoshenko l’8 settembre, al culmine di una
crisi che ha mandato a pezzi il fronte della ‘rivoluzione arancione’ tra
reciproche accuse di inefficienza e corruzione tra il clan del presidente e
quello della premier messa da parte. Il presidente ucraino filo-occidentale
Yushenko ha cercato i voti per Yekhanurov un po’ ovunque, sia nel campo della
Timoshenko che in quello della vecchia guardia legata all’ex presidente Leonid
Kuchma e all’ex premier filo-russo Viktor Yanukovich, che lo scorso autunno è
stato il suo acerrimo nemico nella corsa alla presidenza. Ma questo fatto può
condizionare ora la politica di Yushenko? Roberto Piermarini lo ha chiesto al
corrispondente dell’ANSA a Mosca, Pierantonio Lacqua:
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R. –
Yushenko, molto realisticamente, ha cercato in Parlamento i voti che poteva e
lo ha fatto anche venendo a patti, in modo pesante, con quella che è la vecchia
guardia. La cosa importante, però, è che in questo modo c’è un tentativo da
parte di Yushenko di allearsi con chi rappresenta l’Ucraina orientale,
industrializzata, filo russa. Quindi, non è soltanto un’alleanza con i vecchi
apparati, ma un tentativo di allargare le alleanze all’est del Paese.
D. – Con il nuovo premier Yekhanurov che cosa cambia per
l’Ucraina?
R. – Timoshenko
ha pagato anche questo mancato decollo economico. C’è un discorso
poi anche di privatizzazioni contestate. Il nuovo premier è considerato invece
un tecnocrate molto più efficiente proprio sul piano della gestione tecnica
della cosa pubblica e dovrebbe mettere quindi un po’ di ordine. Yushenko vuole
limitare anche al massimo il numero di privatizzazioni controverse da rimettere
in discussione. Diciamo, però, che è inevitabilmente un periodo di transizione.
Tutti questi riposizionamenti, questi scontri, si capiscono se si pensa che nel
marzo dell’anno prossimo si rinnoverà il Parlamento. Diventa molto importante,
perché nel compromesso che ha portato appunto alla presidenza Yushenko c’è
anche un grosso cambiamento istituzionale. L’anno prossimo, l’Ucraina che fino
adesso è una Repubblica presidenziale, diventerà una Repubblica in buona parte
parlamentare. Parte del potere, quindi, passerà dal presidente al primo
ministro. Le elezioni del marzo prossimo sono fondamentali per capire chi
comanderà in Ucraina.
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Negli Stati Uniti 1 milione e 300 mila persone hanno
abbandonato le loro case nel Texas e nella Louisiana, in trepida attesa del
nuovo uragano “Rita”, potente e temibile – si dice - come “Katrina”, e che si
sta dirigendo verso il porto texano di Galveston, con venti fino a 280 km
l'ora, per poi abbattersi sulla vicina Houston. “Rita”, di forza 5 il massimo
grado possibile, secondo gli esperti del Centro nazionale uragani potrebbe
essere perfino più devastante di “Katrina”, che ha fatto un migliaio di morti.
Il suo arrivo è atteso nella notte tra venerdì e sabato. Le autorità federali,
statali e locali hanno disposto misure d'emergenza: chiuse già oggi in molte
località uffici e scuole per favorire l'esodo. Chiusura preventiva anche di due
centrali nucleari, e timori per le piattaforme petrolifere che “Rita” s'appresta
a travolgere sul suo cammino.
Un tifone abbastanza potente, con venti fino a 126 km
orari e ribattezzato Saloa dal nome di un bovino selvatico in lingua
vietnamita, si è formato nel Pacifico
centrale e sta dirigendosi verso l’arcipelago giapponese. Lo ha reso noto oggi
l’Ente meteorologico giapponese secondo il quale il tifone potrebbe colpire tra
due o tre giorni la parte centrale dell’isola di Honshu, la maggiore dell’arcipelago.
Saloa si trova attualmente a sud est dell’isoletta di Chichijima, circa 1000 km
a sud di Tokyo. Sta muovendosi in direzione ovest, nord-ovest ad una velocità
media di 25 km orari.
In Kirzighistan un deputato che aveva preso parte alla
‘rivoluzione dei tulipani’ a marzo, Baiaman Erkinbaiev, 38 anni, è stato ucciso
ieri sera a Bishkek. Lo ha comunicato oggi la polizia. Il parlamentare,
influente uomo d’affari e proprietario di numerosi alberghi e negozi al sud del
Paese, era già stato vittima di un tentato omicidio nell’aprile scorso. In
quella circostanza disse che il movente era politico e che qualcuno voleva
impadronirsi delle sue proprietà. Un mese prima aveva sostenuto la rivoluzione
popolare contro Askar Akaiev. In giugno un altro deputato era stato ucciso allo
stesso modo: l’uomo di affari Zhirgalbek Surabaldiev era stato crivellato di
colpi nel centro della capitale.
Un tribunale messicano ha respinto le accuse, per massacri
e rapimenti commessi a cavallo degli anni Settanta, formulate contro l’ex presidente
Luís Echeverria, ritenendo che le prove sono insufficienti. L’ordine di arresto
è stato perciò annullato. “Ho vinto, è la fine del processo”, ha commentato
l’avvocato difensore di Echeverria.
Almeno sei persone sono morte e altre 16 sono rimaste ferite
nell’esplosione di due bombe a Lahore, città del Pakistan orientale. Lo si è
appreso da fonti della polizia. La prima esplosione ha ucciso una persona e ne
ha ferite 13; pochi minuti più tardi, una seconda esplosione ha provocato la
morte di cinque persone e ne ha ferite tre.
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