RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 265 - Testo della trasmissione di giovedì 22 settembre 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Papa riceve il presidente del Malawi Bingu Wa Mutharika

 

Continua la visita ad Limina dei vescovi del Messico: intervista con mons. Carlos Aguiar Retes

 

Il Papa rilascia la prima intervista televisiva al responsabile dei programmi cattolici della TV pubblica polacca: sarà trasmessa il 16 ottobre. Ai nostri microfoni padre Andrea Majewski

 

A quarant’anni dalla promulgazione della costituzione conciliare Dei Verbum, la Lectio divina conosce una nuova fioritura: il commento del cardinale Carlo Maria Martini e di mons. Gianfranco Ravasi

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il riconoscimento di Cipro deve rimanere la base per l’avvio dei negoziati di adesione: così l’Unione Europea alla Turchia. Ce ne parla Ruken Baris

 

La Caritas Internationalis contro il traffico di esseri umani: con noi suor Eugenia Bonetti

 

La dimensione missionaria della celebrazione eucaristica al centro del volume “Il banchetto dei popoli. Eucaristia e missione”: intervista con padre Romeo Ballan

 

CHIESA E SOCIETA’:

Iraq: il patriarca caldeo di Baghdad Emmanuel III Delly chiede la modifica di un articolo della Costituzione che rischia di introdurre la sharia, la legge islamica, nel sistema giudiziario iracheno

 

Il Programma indiano della Radio Vaticana celebra i suoi 40 anni di nascita

 

Conferenza mondiale a Venezia sul futuro della scienza

 

Aperto ieri a Bucarest il 24.mo Convegno ecumenico di vescovi amici del Movimento dei Focolari

 

La comunità di cristiani in Pakistan chiede l’abrogazione della legge sulla blasfemia che punisce con l’ergastolo o la pena di morte chi offende il Corano o Maometto

 

I malay convertiti al cristianesimo non possono secondo la legge rinunciare all’islam

 

Un terzo dei filippini abbandona gli studi, soprattutto a causa di problemi economici

 

24 ORE NEL MONDO:

Italia: dopo le dimissioni del ministro dell’economia Siniscalco, l’opposizione chiede nuove elezioni. Ma Berlusconi annuncia: domani il nome del nuovo ministro

 

Oltre un milione di persone in fuga dalle coste del Texas per l’uragano Rita

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

22 settembre 2005

 

 

IL PAPA RICEVE IL PRESIDENTE DEL MALAWI, BINGU WA MUTHARIKA

 

Benedetto XVI ha ricevuto stamane, nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il presidente della Repubblica del Malawi, Bingu Wa Mutharika, con la consorte e il seguito.  Il Malawi, già protettorato britannico, è indipendente dal 1964 e nel 1993 ha introdotto il multipartitismo. Il Paese sta attraversando una gravissima crisi alimentare a causa, tra l’altro, della siccità. L’ONU ha lanciato in questi giorni un appello per la raccolta di 88 milioni di dollari destinati ad attenuare la fame di oltre quattro milioni di persone, quasi la metà della popolazione del Malawi. Benedetto XVI in questi primi cinque mesi del Pontificato più volte ha invitato la comunità internazionale a farsi carico dei problemi dell’Africa. Sui circa 10 milioni di abitanti del Malawi il 50% circa sono cristiani, di cui il 18% cattolici. I musulmani sono il 20 per cento.

 

 

CONTINUA LA VISITA AD LIMINA DEI  VESCOVI DEL MESSICO

- Intervista con mons. Carlos Aguiar Retes -

 

Il Papa ha ricevuto oggi a Castel Gandolfo un altro gruppo di vescovi della Conferenza Episcopale del Messico, in visita ad Limina. Finora Benedetto XVI  ha rivolto due discorsi ai vescovi messicani in cui ha sottolineato la necessità di una evangelizzazione permanente dei fedeli, molti dei quali hanno perso la loro identità cristiana. La stessa società – ha detto – esige dai cattolici coerenza e coraggio nella fede: tra i segni visibili di credibilità il Papa ha citato  la testimonianza di vita, l’unità dei credenti e la difesa della dignità e dei diritti dei più poveri.  Sulla situazione in questo Paese sentiamo il segretario generale della Conferenza Episcopale messicana, mons. Carlos Aguiar Retes, vescovo di Texcoco, intervistato da padre Pedro Rodríguez Gonzáles:

 

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R. – La maggioranza delle nostre diocesi si trovano vicino alla grande città, cioè Città del Messico. Il grande problema è quello dell’emigrazione e dell’immigrazione interna da una diocesi all’altra. I problemi che abbiamo sono quelli dell’adattamento alla cultura della grande città, ai problemi dell’urbanizzazione, e della fedeltà nel partecipare alla vita della Chiesa.

 

D. – Cosa vi aspettate dall’incontro con Benedetto XVI?

 

R. – Speriamo che la sua parola ci aiuti a prendere una coscienza più forte di questo relativismo che si sente nelle grandi città, e soprattutto a Città del Messico. E’ la sfida della secolarizzazione che sta affrontando la nostra gente. Ci aspettiamo dunque dei criteri che ci aiutino ad avere una comunione nei nostri piani pastorali.

 

D. – A proposito della sua diocesi di Texcoco, quali sono i problemi?

 

R. – La diocesi di Texcoco è una delle diocesi più vicine a Città del Messico. Il 50 per cento della popolazione è nata lì e l’altro 50 per cento è rappresentato da immigrati che vengono dai 17 diversi Stati del nostro Paese. E’ un mosaico molto diverso nella cultura e  anche nel modo di essere cattolico. Questa però è anche una ricchezza. La nostra sfida è quella di riuscire a trovare il modo di avere l’unità e la comunione tra tutti i nostri cattolici.

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ALTRE UDIENZE

 

Nel pomeriggio il Papa riceverà, sempre a Castel Gandolfo, il cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il cardinale Stephen Fumio Hamao, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, mons. Luis Artemio Flores Calzado, vescovo di Valle de Calco, in Messico, in visita "ad Limina", e l’arcivescovo Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei Vescovi.

 

 

 

IL PAPA RILASCIA LA PRIMA INTERVISTA TELEVISIVA

AL RESPONSABILE DEI PROGRAMMI CATTOLICI DELLA TV PUBBLICA POLACCA:

SARA’ TRASMESSA Il 16 OTTOBRE. BENEDETTO XVI  PARLA DELLA SUA AMICIZIA

CON GIOVANNI PAOLO II

 E DEL SUO DESIDERIO DI RECARSI IN POLONIA L’ANNO PROSSIMO

- Intervista con padre Andrea Majewski -

 

Il Papa ha rilasciato un'intervista alla Televisione pubblica polacca. Si tratta  della prima intervista televisiva concessa da Benedetto XVI  dall'inizio del suo Pontificato ed e' stata registrata  nella residenza di Castel Gandolfo dal  padre gesuita Andrea Majevski,  responsabile dei programmi cattolici della TV polacca.  Ma ascoltiamo quanto ci dice lo stesso padre Majewski:

 

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Martedì sera il Papa ha ricevuto l’equipe della Televisione polacca nella sua residenza a Castel Gandolfo e per la prima volta ha rilasciato un’intervista abbastanza lunga ad una Televisione. L’argomento che abbiamo toccato riguardava soprattutto la personalità del suo predecessore, cioè di Giovanni Paolo II, dato che l’intervista andrà in onda in Polonia sul primo canale della Televisione statale, il 16 ottobre di quest’anno, cioè nella cosiddetta Giornata papale, che si celebra in Polonia proprio il 16 ottobre, giorno dell’elezione del cardinale Karol Wojtyla alla Cattedra di Pietro. Durante l’intervista, che è durata più di 15 minuti, il Papa molto cordialmente ha ricordato il suo predecessore, i suoi contatti con lui e soprattutto la sua amicizia con lui. Ha parlato a braccio e tutto è stato fatto in italiano, naturalmente, lingua comune dei Papi. Ha toccato anche l’argomento della sua prossima visita in Polonia. “Se Dio vuole”, ha detto il Papa, “mi piacerebbe andare in Polonia l’anno prossimo”. Ha menzionato anche questo fatto nella sua intervista.

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A QUARANT’ANNI DALLA PROMULGAZIONE DELLA COSTITUZIONE CONCILIARE

DEI VERBUM , LA LECTIO DIVINA CONOSCE UNA NUOVA FIORITURA.

L’IMPORTANZA DELLA LETTURA MEDITATA DELLA BIBBIA,

SOTTOLINEATA AI NOSTRI MICROFONI DAL CARDINALE CARLO MARIA MARTINI

 E DAL PREFETTO DELLA BIBLIOTECA AMBROSIANA, MONS. GIANFRANCO RAVASI

 

“Solo chi si pone innanzitutto in ascolto della Parola può poi diventarne annunciatore”: è l’esortazione di Benedetto XVI a tutti i fedeli, espressa nei giorni scorsi durante l’udienza ai partecipanti al Congresso Internazionale sulla Sacra Scrittura, tenutosi a Roma per il 40.mo anniversario della Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione “Dei Verbum”. In tale contesto, il Papa ha sottolineato l’importanza della Lectio divina, lettura meditata della Bibbia, accolta dal credente come Parola di Dio resa viva dallo Spirito Santo. Un’antica tradizione, che conosce ora una nuova fioritura, soprattutto nelle parrocchie. Lo sottolinea mons. Gianfranco Ravasi, prefetto della Biblioteca Ambrosiana, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. – L’esperienza della Lectio divina ha avuto una grande tradizione soprattutto in ambito monastico, in passato, e ai nostri giorni, però, bisogna riconoscere, ha avuto una rifioritura particolare. Ciò è la conseguenza, indubbiamente, di questo grande evento che è stata la promulgazione di questo documento, la “Dei Verbum”, che ha riportato la Bibbia maggiormente nell’interno della comunità cristiana. La comunità cristiana si è riappropriata delle Scritture. E questa riappropiazione è dovuta non soltanto a livello di conoscenza del testo, una conoscenza sempre fondamentale e necessaria. La Lectio divina, infatti, che è successiva, è possibile solo dopo che si è conosciuto bene il testo.

 

D. – Come descriverebbe la Lectio divina? Quali sono le sue caratteristiche, i suoi momenti forti?

 

R. – Comprende sostanzialmente – direi – due grandi momenti. Il primo è quello, appunto, del far emergere in tutta la sua ricchezza, la parola di Dio, il messaggio. Questo messaggio noi sappiamo che viene comunicato attraverso parole umane. Per cui esiste, per certi versi, una sorta di movimento centripeto: bisogna ritornare alla radice, bisogna ritornare al testo, bisogna ritornare alle parole, alla comprensione profonda a saporosa della pagina biblica! Dall’altra parte, però, bisogna ricordare che esiste un secondo movimento fondamentale, che chiamerei più di tipo ‘centrifugo’, cioè dal centro, dal testo si va all’oggi, si va a me, alla mia persona e si cerca di far sì che questa parola abbia a risuonare all’interno della propria esistenza, non soltanto nell’interno della propria conoscenza mentale. Ed è, questo, il momento nel quale la Bibbia diventa – come dice la Bibbia stessa – “lampada per i passi nel cammino della vita”.

 

D. – Quindi si può dire che la Lectio divina è un’esperienza che ci aiuta a comprendere che la Bibbia è parola viva, parola sempre giovane?

 

R. – La Lectio divina ha proprio questa funzione: quella di far comprendere che la Bibbia non è solo un testo letterario che ha un suo fascino, una sua bellezza e non è soltanto un testo storico ... è andare al di là di questa realtà, pur vera, per scoprire, appunto, la Parola di Dio che permane in eterno. Lo studioso laico può essere affascinato da questo testo e lo ascolta come un grande messaggio. Naturalmente, la Lectio divina è qualcosa di più e di oltre: è scoprire che nell’interno di quelle parole c’è, per eccellenza, la Parola!

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La Lectio divina, ha sottolineato Benedetto XVI, è un “punto fermo della pastorale biblica” e va “incoraggiata mediante l’utilizzo anche di metodi nuovi”, “al passo con i tempi”. Impegno, questo, che esige “un salto di qualità”. Ne è convinto il cardinale Carlo Maria Martini, tra i relatori al Congresso Internazionale per il 40.mo anniversario della Dei Verbum, intervistato da Fabio Colagrande:

 

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R. – Per pregare ci vuole una grazia di Dio ed una rispondenza umana. E’ più facile fare una lettura esegetica, storica, storicistica. Per fare una Lectio divina  bisogna passare al livello dell’ascolto, della parola come Parola di Dio, della risposta come preghiera. Questo esige un certo salto di qualità, che è frutto della grazia, ma è frutto anche della corrispondenza umana.

 

D. – L’animazione pastorale a partire proprio dalla Bibbia: c’è ancora molto da fare?

 

R. – C’è moltissimo da fare, perché le statistiche dicono che anche di quelli che vanno in chiesa – forse il 3 per cento - leggono forse un po’ di più di Scrittura oltre quello che sentono la domenica. C’è quindi ancora il 97 per cento da riconquistare.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina: Stato d'emergenza in Texas e in Louisiana; oltre un milione di persone in fuga. L'uragano "Rita" acquista sempre più potenza distruttiva mentre avanza sul Golfo del Messico.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Italia.

Servizio estero - Medio Oriente: Hamas respinge l'appello al disarmo lanciato dal "quartetto" internazionale.

Per la rubrica dell'"Atlante geopolitico" un articolo di Giuseppe M. Petrone dal titolo "Nucleare: incoraggiante l'accordo con Pyongyang".

 

Servizio culturale - Un articolo di Clotilde Paternostro in merito alla mostra, a Castiglioncello, sul tema: "Da Courbet a Fattori: i principi del vero".

 

Servizio italiano - In evidenza l'articolo dal titolo "Il Paese guarda con preoccupazione alla delicata situazione politica". Dimesso il ministro dell'Economia Siniscalco - Contrasti sulla Finanziaria - Anche dall'estero allarme sui conti pubblici.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

22 settembre 2004

 

 

''IL RICONOSCIMENTO DI TUTTI GLI STATI MEMBRI È COMPONENTE NECESSARIA

DEL PROCESSO DI ADESIONE”: COSÌ L’UNIONE EUROPEA ALLA TURCHIA

CHE AVEVA AFFERMATO CHE L'ESTENSIONE DEL PROTOCOLLO DOGANALE A CIPRO

NON IMPLICAVA IL RICONOSCIMENTO DELL'ISOLA. DOPO SETTIMANE

DI CONTATTI DIPLOMATICI,  LA DICHIARAZIONE APRE LA STRADA

ALL’AVVIO DEI NEGOZIATI DI ADESIONE IL 3 OTTOBRE PROSSIMO

- Intervista con Ruken Baris e Vakur Kaya -

 

“Il riconoscimento di tutti gli Stati membri è componente necessaria del processo di adesione”: è questo il passaggio saliente della controdichiarazione, ieri,  dell'UE alla Turchia, venuta dopo settimane di contatti diplomatici e in vista del 3 ottobre, data fissata per l’avvio dei negoziati per l’adesione. Sul valore e le implicazioni di questa presa di posizione dei 25, il servizio di Fausta Speranza:

 

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L'UE sottolinea l'importanza della normalizzazione delle relazioni fra Turchia e tutti i Paesi membri UE, che si traduce con l’invito concreto a normalizzare i rapporti con la Repubblica di Cipro, entrata nell’UE a maggio 2004.  Con questo documento, infatti, i 25 rispondono ad Ankara che aveva affermato che l'estensione del protocollo doganale a Cipro non implicava il riconoscimento dell'isola. Al momento, i 25, ribadendo che la Turchia deve applicare in toto il protocollo a tutti i Paesi dell'UE, assicurano che la sua attuazione sarà sottoposta a monitoraggio dall'UE nel 2006. “La comunità europea e i suoi Paesi membri – si legge - sottolineano che l'apertura dei negoziati sui vari capitoli dipende dall'attuazione da parte della Turchia dei suoi obblighi nei confronti di tutti gli Stati dell'Ue”, salvo aspettarsi “ripercussioni sul progresso complessivo dei negoziati”. Ricordiamo che la Repubblica di Cipro è parte dell’isola cipriota, divisa dal 1974 fra comunità turco-cipriota e greco-cipriota dall’invasione nella zona settentrionale di forze turche. In definitiva, tra chiarimenti, sottolineature e avvertimenti, il documento dei 25 apre la strada verso l'avvio dei negoziati di adesione, il 3 ottobre. Anche se va detto che resta da definire completamente il quadro negoziale: c’è, infatti, una riserva scritta presentata dall'Austria, che verrà esaminata dagli ambasciatori europei la prossima settimana. Ma andando in Turchia, e lasciando il piano delle dichiarazioni politiche, si trovano le attese della gente che si dichiara assolutamente a favore dell’entrata in Europa. Abbiamo chiesto il perché alla giornalista turca Ruken Baris:  

 

R. – MOST OF THE PEOPLE IN TURKY…

La maggior parte dei turchi sono molti sinceri in questo: vogliono l’inizio della democratizzazione e la crescita economica. Ma certamente la questione principale è la democratizzazione, in quanto il potere in Turchia è in due mani: in quelle dell’esercito e del governo. Questa lotta per la democrazia sta ancora andando avanti, ma da quando sono state avviate le riforme abbiamo avuto un miglioramento nel sistema democratico turco. Quindi, credo che la cosa principale sia questo desiderio di democrazia della gente, di una vita economica migliore, di un migliore sistema di sicurezza sociale.        

 

D. – Come giudica le riforme fatte finora?

 

R. – ACTUALLY, THERE HAS BEEN…

Veramente, è stato fatto un grande sforzo da parte del governo, devo dire. Sono state cambiate molte cose sulla carta, ma certamente ci sono ancora molte difficoltà nel metterle in pratica. Specialmente, riguardo ai problemi delle minoranze. Ma in Turchia ci vuole tempo. Così vanno le cose qui. Ma se posso fare un esempio, un paio di anni fa non era possibile nemmeno articolare il nome dei curdi, ma adesso possiamo dire che i curdi esistono, anche se dovrebbero avere maggiori diritti di quanti ne hanno ora. Speriamo nel futuro.

  

 

L’IMPEGNO DI CARITAS INTERNATIONALIS

CONTRO IL TRAFFICO DI ESSERI UMANI

 - Con noi, suor Eugenia Bonetti -

 

Frutta tra i 7 e i 10 miliardi di dollari ogni anno, quasi quanto il traffico internazionale di armi e di droga, e coinvolge milioni di persone, avviate alla prostituzione, al lavoro nero, all’accattonaggio e al commercio di organi. E’ il traffico di esseri umani, che rappresenta una moderna forma di schiavitù. Per combattere questo fenomeno, i rappresentanti delle Caritas e di organismi umanitari di tutto il mondo si sono riuniti nei giorni scorsi a Roma, in un incontro promosso da Caritas Internationalis, confederazione di 162 organizzazioni cattoliche presente in 200 Paesi. Il servizio di Roberta Moretti:

 

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Un fenomeno generato dalla povertà e dalla speculazione, dalla legge della domanda e dell’offerta, che coinvolge soprattutto donne e bambini in cerca di un futuro migliore. E’ impossibile  calcolare  la reale portata del traffico di esseri umani nel mondo, visto che la sua stessa natura implica la clandestinità. Esistono comunque alcune stime: il governo degli Stati Uniti riferisce, ad esempio, che ogni anno entrano illegalmente negli USA quasi 1 milione di persone. Inoltre, secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO), nel 2000 sono stati trasportati attraverso i 5 continenti circa 1 milione e 200 mila bambini. Per quanto riguarda l’Italia, poi, le stime Caritas 2004, riferite esclusivamente alla presenza di prostitute straniere, rivelano che il numero oscilla tra le 15 e le 22 mila, con una concentrazione di circa 5 mila soltanto a Roma. La presenza più elevata, sempre secondo la Caritas, risulta quella delle ragazze nigeriane, seguite dalle albanesi, e da quelle, in costante aumento, provenienti da Romania, Bulgaria, Repubblica Ceca, Ucraina e Moldavia. Quale strategia propone dunque Caritas Internationalis per combattere questo fenomeno? Suor Eugenia Bonetti, responsabile del settore “Tratta” dell’USMI, l’Unione superiore maggiori d’Italia:

 

R. – La strategia più importante per noi è quella del lavoro in rete. Bisogna offrire a queste persone la possibilità di una formazione, di un lavoro, in modo che possano essere contente di rimanere a casa loro e di farsi una vita degna di ogni persona umana. Questo, quindi, per quanto riguarda i Paesi di origine. Per quanto riguarda poi i Paesi di destinazione, ci mette un po’ tutti in questione, proprio per la grande richiesta che c’è e per la connivenza. Allora la Caritas sta cercando di mettere in collegamento tutte le forze che lavorano nel mondo per debellare questa terribile schiavitù del 2000.

 

La Chiesa, dunque, in prima linea nella difesa della dignità umana, come emerge anche dal documento finale del primo Incontro internazionale di pastorale per la liberazione delle donne di strada, promosso lo scorso giugno a Roma dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. Un impegno assunto negli ultimi anni anche a livello delle Nazioni Unite, con la formulazione, a Palermo nel 2000, della Convenzione ONU sulla Criminalità organizzata internazionale e, nel 2003, di quella sulla Protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie. Esiste poi il CAHTEH, Comitato ad hoc di azione contro il traffico e la tratta di esseri umani, istituito dal Consiglio d’Europa per redigere una Convenzione comunitaria in tal senso. Ma se gli strumenti cui appellarsi non mancano, ora spetta agli Stati impadronirsene, ratificando le singole Convenzioni.

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LA DIMENSIONE MISSIONARIA DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA

 AL CENTRO DEL VOLUME “IL BANCHETTO DEI POPOLI. EUCARISTIA E MISSIONE”

- Intervista con l’autore, padre Romeo Ballan -

 

E’ rivolto anche ai vescovi, che si riuniranno in Vaticano dal 2 al 23 ottobre per il Sinodo dei vescovi sul tema “L’Eucaristia fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa”, il volume “Il banchetto dei popoli. Eucaristia e missione”. Frutto di diversi contributi raccolti dal Centro Internazionale di Animazione Missionaria, il libro, edito dalla Emi, vuole essere un sussidio per aiutare il cristiano a vivere il mandato che scaturisce dall’Eucaristia. Ma qual è il messaggio rivolto al Sinodo? Tiziana Campisi lo ha chiesto ad uno degli autori, padre Romeo Ballan:

 

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R. - La nostra riflessione vorrebbe portare tutto il mondo che lavora intorno al Sinodo, tutta la Chiesa convocata in Sinodo, sulla ampiezza dei ministeri, su una maggior dinamicità del servizio pastorale. Abbiamo pensato un approccio biblico, un approccio teologico, un approccio missiologico, antropologico, morale, liturgico, pastorale ecc. L’idea è di aiutare i cristiani, i fedeli che partecipano all’Eucaristia, insieme con i sacerdoti, i pastori, a scoprire e ad approfondire e a vivere sempre di più la dimensione missionaria che è insita realmente in ogni celebrazione eucaristica.

 

D. - Perché il titolo il “Banchetto dei Popoli”?

 

R. - Non è possibile celebrare una Eucaristia senza avere davanti a sé il mondo intero. Non è possibile vivere l’Eucaristia nelle sue diverse dimensioni senza tenere presente questo panorama mondiale della vita della Chiesa nel mondo e del mondo intero con tutti i suoi problemi, con tutte le sue speranze.

 

D. – Come si può costruire questo ‘banchetto’?

 

R. – Anzitutto vivendo intensamente l’Eucaristia come il momento in cui Cristo salva il mondo, il momento in cui la Chiesa si associa a questa salvezza che Cristo offre al mondo. Quindi è necessario un approfondimento da parte del cristiano, da parte di chi celebra l’Eucaristia. Poi è necessario partire dalla celebrazione eucaristica che guarda i lontani. I lontani sono quelli che battezzati non partecipano all’Eucaristia, sono magari i familiari, sono amici, colleghi del lavoro. Lontani sono quelli che ancora non hanno ricevuto il messaggio della fede cristiana. Lontani sono anche quelli che non hanno la possibilità di una partecipazione frequente all’Eucaristia. Penso soprattutto ai territori di missione.

 

D. – Concretamente, come coinvolgere in questo ‘banchetto’ i più lontani?

 

R. – Tocca a noi, ai cristiani, ai fedeli, ai pastori. Essere forse un po’ creativi anche nel trovare nuove formule, in modo che a tutti veramente arrivi la ricchezza di questo banchetto al quale il Padre della vita invita veramente tutti i popoli.

 

D. – Lei scrive: “il mandato ite missa est che conclude la celebrazione eucaristica ha un solo significato per il cristiano”. Ci ripete quale?

 

R. – La partenza dopo la celebrazione eucaristica è un invio in missione, “andate!”, è il tempo della missione, la missione che nasce da Cristo e la Messa è la missione di Gesù! E’ la missione della Chiesa, è la missione del cristiano. E’ la missione capace di trasformare il mondo.

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CHIESA E SOCIETA’

22 settembre 2005

 

“MODIFICARE O SOPPRIMERE L’ARTICOLO DELLA BOZZA COSTITUZIONALE

CHE VEDE NELL’ISLAM L’UNICA FONTE DEL DIRITTO”. LO CHIEDONO I VESCOVI IRACHENI AL PRESIDENTE DELL’IRAQ, TALABANI

 

BAGHDAD. = I vescovi iracheni continuano a chiedere la modifica della bozza della Costituzione irachena che “rischia di introdurre la sharia, la legge islamica, nel sistema giudiziario”. “Lo scorso 18 settembre – dice il patriarca caldeo di Baghdad, Emmanuel III Delly, all’Agenzia SIR - ho incontrato il vice del presidente Jalal Talabani al quale ho evidenziato alcune cose che possono essere migliorate per evitare interpretazioni a sfavore dei non musulmani”. Il riferimento è all’articolo della Costituzione nel quale si afferma che “l’Islam è una fonte principale di diritto” e che “nessuna legge può essere contraria agli standard dell’Islam”. “Abbiamo chiesto – sostiene il patriarca - la modifica o la soppressione di questo articolo.”. “La risposta delle istituzioni irachene – prosegue mons. Delly – è stata conciliante, invitandoci a non avere timore. Tuttavia, continueremo a fare pressione senza sosta per migliorare la bozza”. Sulla situazione in Iraq, il patriarca denuncia poi “la sempre maggiore mancanza di sicurezza” ed una “grave crisi economica”. Per paura di violenze ed attacchi terroristici - conclude - molti cristiani non si recano sui posti di lavoro e aumenta la povertà. (A.L.)

 

 

IL PROGRAMMA INDIANO CELEBRA 40 ANNI, UN ANNIVERSARIO CHE RIBADISCE L’IMPEGNO A SERVIZIO DEL PAPA

E DELLE POPOLAZIONI DEL SUBCONTINENTE INDIANO

 

CITTA’ DEL VATICANO = Da 40 anni il programma indiano della Radio Vaticana diffonde nell’Asia meridionale notizie sul Papa e sull’attività della Santa Sede. Le trasmissioni della sezione indiana della nostra emittente sono cominciate infatti in via sperimentale nel maggio del 1965, un anno dopo il pellegrinaggio di Papa Paolo VI a Bombay dal 2 dicembre al 5 dicembre del 1964. Inizialmente, la durata dei programmi della sezione indiana era, ogni giorno, di 10 minuti. Le lingue erano il malayalam, l’inglese, il tamil e l’hindi. Il primo grande cambiamento si registra nel 1986, in occasione della visita in India di Papa Giovanni Paolo II, dal 31 gennaio all’11 febbraio: l’offerta informativa del programma indiano viene arricchita con un’edizione giornaliera di 15 minuti in tamil e in hindi e un programma serale di 6 minuti nelle quattro lingue. Nel 1993, la durata delle edizioni viene estesa a 20 minuti e viene inaugurato un programma in lingua urdu, intitolato ‘La porta è aperta’. “La nostra – spiega il responsabile del programma indiano, padre Alfie Benjamin – è una radio cristiana e il nostro movente è Gesù Cristo”. I programmi di Radio Vaticana – aggiunge padre Benjamin – hanno aiutato molti ascoltatori non cristiani a vivere una vita più significativa e a portare un messaggio di armonia e fraternità in diversi ambiti e situazioni. La Radio Vaticana è presente in Asia meridionale con cinque centri, dislocati in India, Nepal e Sri Lanka. Ogni mese viene stampato in oltre 100 mila copie un bollettino in cinque lingue (inglese, tamil, hindi, urdu, malayalam). Su Internet è presente, inoltre, uno spazio web del programma indiano all’interno del sito della Radio Vaticana (http://www.radiovaticana.va/in1/index.asp). (A.L.)

 

 

IL RAPPORTO TRA SCIENZA E RELIGIONE HA CARATTERRIZZATO I LAVORI DI IERI ALL’ISOLA DI SAN GIORGIO A VENEZIA, DOVE SECONDO UNA ANTICA TRADIZIONE

DI STUDI E RICERCHE SONO RIUNITE CIRCA 400 PERSONE DI TUTTO IL MONDO,

INVITATE A CONDIVIDERE CONTRIBUTI E IDEE SUL FUTURO DELLA SCIENZA

E SUI SUOI RAPPORTI CON LA SOCIETÀ

- A cura di Maria Laura Conte -

 

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VENEZIA. = Ha aperto i lavori il vescovo Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze, che ha parlato della libertà e della verità come fini del sapere. Il presule ha sottolineato anche l’inseparabilità della verità scientifica e della verità teologica, e della verità del bene. “Ogni sapere – ha osservato mons. Sorondo – trae la propria nobiltà e dignità dalla verità che cerca, trova ed esprime”. “Soltanto nella ricerca disinteressata, ogni conoscenza - e in particolare la scienza - conserva la propria libertà”. L’oncologo Umberto Veronesi, uno degli ideatori dell’iniziativa, ha lanciato un appello: “Non sia la paura, ma solo la ragione a fissare i limiti etici entro i quali può agire la scienza”. Un appello che si intreccia all’intento di far emergere una vera e propria ‘Carta di Venezia’, la cui ambizione sia quella di porre le fondamenta di un’alleanza tra conoscenza scientifica e mondo sociale. Ricercatori, teologi, politici, economisti e giuristi, grazie a questa sorta di Camera alta, dovrebbero cercare insieme di capire, secondo l’oncologo, quale possa essere il futuro dell’umanità, sulla base delle potenzialità degli sviluppi scientifici. Sviluppi che dovranno sempre più essere oggetto di informazione, secondo Marco Tronchetti Provera, dell’omonima Fondazione, perché sia colmata la distanza tra scienza e società.

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“LA PRESENZA DEL RISORTO IN MEZZO AL SUO POPOLO:

CENTRO DELLA VITA ECCLESIALE E FULCRO DELLA NOSTRA COMUNE TESTIMONIANZA”.

E’ IL TEMA DEL 24.MO CONVEGNO ECUMENICO DI VESCOVI

AMICI DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI, APERTOSI IERI A BUCAREST

 

BUCAREST. = In Romania è iniziato ieri il 24.mo Convegno ecumenico di vescovi amici del Movimento dei focolari. L’incontro, al quale partecipano più di 40 vescovi provenienti da 19 Paesi, è stato organizzato a Bucarest in risposta all’invito del patriarca ortodosso di Romania, Teoctist I, e del suo Sinodo. Il Convegno, incentrato sul tema “La presenza del Risorto in mezzo al suo popolo: centro della vita ecclesiale e fulcro della nostra comune testimonianza”, vede anche la partecipazione di rappresentanti anglicani, evangelici e luterani. L’incontro, arricchito da molteplici interventi tra cui quello della fondatrice del Movimento dei focolari Chiara Lubich, vuole anche favorire una più profonda comunione con la Chiesa ortodossa e con le altre Chiese presenti in Romania. Momenti centrali del Convegno, che si concluderà il prossimo 27 settembre, sono le testimonianze di comunione fraterna offerte al popolo rumeno dai vescovi di diversi Continenti. Un popolo, che al grido di “unitate, unitate”, ha saputo dare un impulso indimenticabile all’unità dei cristiani, quando Papa Giovanni Paolo II visitò la Romania nel 1999. (A.L.)

 

 

LA COMUNITA’ DI CRISTIANI IN PAKISTAN E LA COMMISSIONE NAZIONALE

“GIUSTIZIA E PACE” CHIEDONO L’ABROGAZIONE DELLA LEGGE SULLA BLASFEMIA,

CHE PUNISCE CON L’ERGASTOLO O LA PENA DI MORTE

CHI OFFENDE IL CORANO O MAOMETTO

 

ISLAMABAD. = La comunità di cristiani in Pakistan insieme con la Commissione nazionale di “Giustizia e Pace” chiede l’abrogazione dell’articolo 295/c del Codice di procedura penale sulla blasfemia. La legge in questione, introdotta in Pakistan nel 1986, condanna “quanti con parole, scritti, gesti o rappresentazioni visibili, insinuazioni dirette o indirette, insultano il sacro nome del profeta Maometto”. La violazione di tale norma prevede l’ergastolo per chi offende il Corano e la pena di morte in caso di offesa a Mamometto. Dopo i recenti episodi che hanno portato all’arresto di cristiani, accusati di blasfemia, la Commissione ha pubblicato un comunicato in cui chiede con urgenza l’abolizione della legge. La Commissione sostiene che questa norma mina il benessere e l’equilibrio interreligioso in Pakistan. A partire dal 1988 ad oggi, sono oltre 650 le persone arrestate in base a questo ordinamento giudiziario. Sono inoltre almeno 20 i casi di persone condannate a morte. Attualmente, sono più di 80 i cristiani incarcerati con questa accusa. Dal rapporto presentato dalla Commissione risulta poi che il 50 per cento degli imputati sono musulmani, il 37 per cento ahmadi, il 13 per cento cristiani e l’1 per cento indù. In Pakistan, dove la popolazione supera i 155 milioni di persone, i musulmani sono il 97 per cento e i cristiani il 2,5 per cento, tra i quali più di un milione di cattolici. (R.R)

 

 

I MALAY CONVERTITI AL CRISTIANESIMO NON POSSONO RINUNCIARE ALL’ISLAM.

CON QUESTA MOTIVAZIONE, UNA CORTE DELLA MALAYSIA HA RESPINTO LA RICHIESTA DI UNA DONNA DI ESSERE UFFICIALMENTE RICONOSCIUTA COME CRISTIANA

 

KUALA LAMPUR. = Un malay è una persona che professa l’Islam, parla il malese e rispetta la cultura della Malaysia. E’ quanto afferma la Costituzione del Paese asiatico che sottolinea anche come non possa essere considerato malay chi rinuncia all’Islam. Riprendendo questo passo del testo costituzionale, una Corte giudiziaria ha respinto la richiesta di una donna convertitasi al cristianesimo nel 1998. La donna si è recata davanti alla Corte per chiedere il riconoscimento del cambio di religione e poter sposare con rito civile il marito cristiano. Ma i giudici hanno dichiarato che la rinuncia all’Islam è “impossibile senza il permesso delle autorità religiose musulmane”. I giudici hanno anche aggiunto che la “legge non garantisce e non prevede una procedura in grado di imporre a queste autorità l’assenso al cambio di fede”. Questa situazione riguarda circa 15 mila malay che vorrebbero vivere liberamente la loro fede cristiana. Nonostante la legge garantisca la libertà religiosa, i convertiti al cristianesimo in Malaysia vivono nella paura, perché i musulmani considerano l’apostasia come un crimine. Per questo molti malay cristiani, soprattutto studenti che hanno cambiato la loro fede durante la permanenza all’estero, temono la legge islamica della ‘sharia’ e non manifestano pubblicamente la loro fede cristiana. (A.L.)

 

 

UN TERZO DEI FILIPPINI ABBANDONA GLI STUDI,

SOPRATTUTTO A CAUSA DI PROBLEMI ECONOMICI. E’ QUANTO EMERGE

DA UN RAPPORTO DELL’UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA DELLE FILIPPINE

 

MANILA. = Un rapporto dell’Ufficio nazionale di statistica di Manila riferisce che un terzo dei filippini in età scolastica, dai sei ai 24 anni, non è mai andato a scuola o ha interrotto gli studi. Il motivo principale dell’abbandono scolastico è dovuto a problemi economici: la maggior parte degli studenti che lasciano gli studi, proviene infatti dalla provincia di Mindanao, una delle aree più povere delle Filippine. Secondo i dati diffusi, il 18 per cento di bambini non termina le elementari e più del 40 per cento non prosegue le scuole secondarie. Questi dati possono entrare in contraddizione con l’alto tasso di alfabetizzazione del Paese, pari al 90 per cento della popolazione tra i 10 e i 64 anni ma bisogna considerare “l’analfabetismo di ritorno”. Questo fenomeno riguarda quelle persone che hanno perso negli anni le conoscenze fondamentali apprese a scuola. (R.R.)

 

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24 ORE NEL MONDO

22 settembre 2005

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

Il governatore di Bassora Mohammed al Waili ha detto alla Reuters che il Consiglio si è riunito ieri e ha deciso di bloccare ogni cooperazione con i britannici fino a che non saranno accolte tre richieste. Le tre richieste sono, ha precisato, “scusarsi per quanto accaduto, garantire che non succeda di nuovo, e terzo fornire alcune compensazioni per tutti i danni fatti durante l’operazione”. “Siamo al corrente di informazioni inerenti a un boicottaggio, ma aspettiamo di avere certezze assolute prima di adottare un piano”, ha detto un portavoce delle forze britanniche di stanza in Iraq, il comandante Steve Melbourne. Lunedì le truppe britanniche avevano recuperato con la forza due dei loro soldati, arrestati dalla polizia e successivamente rapiti da miliziani.

 

Gli europei hanno rinunciato, per ora, a portare davanti al Consiglio di sicurezza dell’ONU il programma nucleare iraniano: è quanto risulta da una nuova bozza di risoluzione all’AIEA. Ieri era apparso evidente che Russia, Cina e Paesi non allineati non avrebbero appoggiato la richiesta di Francia, Germania e Gran Bretagna di rinvio al Consiglio di Sicurezza dell’Iran, accusato di avere violato i suoi impegni internazionali in tema di non proliferazione nucleare, riprendendo l’arricchimento dell’uranio. Secondo il nuovo progetto di risoluzione che dovrebbe chiudere questa settimana di riunione del Board of Governors dell’AIEA, il direttore generale dell’agenzia nucleare dell’ONU, Mohamed El Baradei, è invitato a fare il suo rapporto sull’Iran allo stesso organismo che poi farà un suo rapporto.

 

Un palestinese disarmato è stato ucciso dal fuoco di soldati israeliani dopo essersi  introdotto in una base militare nel nord della Cisgiordania. Fonti militari hanno detto che il palestinese si era infiltrato nella base di Dotan, che l’esercito sta smantellando, in apparenza alla ricerca di oggetti di metallo abbandonati. I soldati, hanno precisato le fonti, hanno aperto il fuoco dopo che il palestinese aveva ignorato ripetute intimazioni di fermarsi. La base si trova nell’area in cui sorgevano i quattro insediamenti ebraici di Ganim, Kadim, Homesh e Sa-Nur, che Israele ha abbandonato.

 

Fanno rumore nel mondo politico italiano le dimissioni del ministro dell’economia Siniscalco. La decisione, presa ieri sera, è dovuta ai contrasti con il Governatore della Banca d’Italia, Fazio, e alle critiche alla legge finanziaria giunte ieri da UDC e Lega. Il premier Berlusconi questa mattina ha riferito sulla situazione al capo dello Stato Ciampi e annuncerà domani il nome del nuovo ministro. Siniscalco avrebbe dovuto partecipare alle riunioni del G7 e del Fondo monetario internazionale, in programma da domani a Washington. Stasera a Palazzo Chigi, vertice dei leader della maggioranza. Servizio di Giampiero Guadagni:

 

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Dissensi ormai insanabili. Siniscalco ha preso ieri sera carta e penna ed ha scritto a Berlusconi la lettera di dimissioni. Poche ore prima due partiti della maggioranza, UDC e Lega, avevano in pratica affondato la legge finanziaria che Siniscalco stava elaborando. Sotto accusa le misure per la famiglia considerate insufficienti, ma anche il taglio di risorse per il pubblico impiego e l’anticipo di riforma previdenziale. Ma sulla decisione di Siniscalco ha indubbiamente pesato anche la vicenda Bankitalia. Il ministro aveva chiesto senza ottenerlo un pronunciamento unanime del governo per le dimissioni di Fazio dopo il caso della scalata Antonveneta. Insieme al Governatore, ma quasi da ‘separati in casa’, Siniscalco avrebbe dovuto recarsi domani a Washington per la riunione del G7 e del Fondo monetario internazionale. Siniscalco sarà sostituito dal direttore generale del Tesoro Grilli, mentre la presenza di Fazio è al momento confermata. Queste divisioni sono un duro colpo all'immagine dell'Italia in campo internazionale. Il Governo mantenga gli impegni presi sul deficit, si raccomanda il commissario europeo Almunia. E certamente non aiutano i timidi segnali di ripresa dell’economia italiana. E questa giustifica le preoccupazioni di Confindustria e sindacati. In un contesto peraltro di campagna elettorale di fatto già iniziata. Romano Prodi, a nome del centrosinistra, chiede elezioni anticipate e dice no ad un governo tecnico. Berlusconi ieri aveva smentito l’ipotesi di elezioni anticipate e nicchiava anche sul vertice di maggioranza sollecitato dal vicepremier Fini. Che è stato convocato stasera alle 17. Domani il nome del nuovo ministro. Ma per il centrodestra la questione vera è se e come ricucire l’alleanza.

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Hamdi Issac è stato estradato in Gran Bretagna. Il volo, un velivolo Hs 125, con a bordo il presunto attentatore dello scorso 21 luglio a Londra, è decollato dall’aeroporto di Ciampino alle 12.12. Top secret la destinazione in Gran Bretagna del velivolo con a bordo Issac. Hamdi Issac appena toccherà terra sarà arrestato e incriminato per concorso in tentato omicidio ed omicidio e violazione della legge sugli esplosivi. Lo ha assicurato un portavoce di Scotland Yard.

 

Viktor Yushenko ce l’ha fatta: i deputati della Duma hanno dato la fiducia a Iuri Yekhanurov, il tecnocrate al quale il presidente ucraino ha dato l’incarico di formare un nuovo governo in sostituzione di quello capeggiato dalla ‘pasionaria’ della ‘rivoluzione arancione’ Iulia Timoshenko. Yekhanurov, bocciato una prima volta due giorni fa, è passato stamattina con l’appoggio di ben 289 deputati.  Yushenko ha licenziato la Timoshenko l’8 settembre, al culmine di una crisi che ha mandato a pezzi il fronte della ‘rivoluzione arancione’ tra reciproche accuse di inefficienza e corruzione tra il clan del presidente e quello della premier messa da parte. Il presidente ucraino filo-occidentale Yushenko ha cercato i voti per Yekhanurov un po’ ovunque, sia nel campo della Timoshenko che in quello della vecchia guardia legata all’ex presidente Leonid Kuchma e all’ex premier filo-russo Viktor Yanukovich, che lo scorso autunno è stato il suo acerrimo nemico nella corsa alla presidenza. Ma questo fatto può condizionare ora la politica di Yushenko? Roberto Piermarini lo ha chiesto al corrispondente dell’ANSA a Mosca, Pierantonio Lacqua:

 

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R. – Yushenko, molto realisticamente, ha cercato in Parlamento i voti che poteva e lo ha fatto anche venendo a patti, in modo pesante, con quella che è la vecchia guardia. La cosa importante, però, è che in questo modo c’è un tentativo da parte di Yushenko di allearsi con chi rappresenta l’Ucraina orientale, industrializzata, filo russa. Quindi, non è soltanto un’alleanza con i vecchi apparati, ma un tentativo di allargare le alleanze all’est del Paese.

 

D. – Con il nuovo premier Yekhanurov che cosa cambia per l’Ucraina?

 

R. – Timoshenko ha pagato anche questo mancato decollo economico. C’è un discorso poi anche di privatizzazioni contestate. Il nuovo premier è considerato invece un tecnocrate molto più efficiente proprio sul piano della gestione tecnica della cosa pubblica e dovrebbe mettere quindi un po’ di ordine. Yushenko vuole limitare anche al massimo il numero di privatizzazioni controverse da rimettere in discussione. Diciamo, però, che è inevitabilmente un periodo di transizione. Tutti questi riposizionamenti, questi scontri, si capiscono se si pensa che nel marzo dell’anno prossimo si rinnoverà il Parlamento. Diventa molto importante, perché nel compromesso che ha portato appunto alla presidenza Yushenko c’è anche un grosso cambiamento istituzionale. L’anno prossimo, l’Ucraina che fino adesso è una Repubblica presidenziale, diventerà una Repubblica in buona parte parlamentare. Parte del potere, quindi, passerà dal presidente al primo ministro. Le elezioni del marzo prossimo sono fondamentali per capire chi comanderà in Ucraina.

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Negli Stati Uniti 1 milione e 300 mila persone hanno abbandonato le loro case nel Texas e nella Louisiana, in trepida attesa del nuovo uragano “Rita”, potente e temibile – si dice - come “Katrina”, e che si sta dirigendo verso il porto texano di Galveston, con venti fino a 280 km l'ora, per poi abbattersi sulla vicina Houston. “Rita”, di forza 5 il massimo grado possibile, secondo gli esperti del Centro nazionale uragani potrebbe essere perfino più devastante di “Katrina”, che ha fatto un migliaio di morti. Il suo arrivo è atteso nella notte tra venerdì e sabato. Le autorità federali, statali e locali hanno disposto misure d'emergenza: chiuse già oggi in molte località uffici e scuole per favorire l'esodo. Chiusura preventiva anche di due centrali nucleari, e timori per le piattaforme petrolifere che “Rita” s'appresta a  travolgere sul suo cammino.

 

Un tifone abbastanza potente, con venti fino a 126 km orari e ribattezzato Saloa dal nome di un bovino selvatico in lingua vietnamita, si è formato nel  Pacifico centrale e sta dirigendosi verso l’arcipelago giapponese. Lo ha reso noto oggi l’Ente meteorologico giapponese secondo il quale il tifone potrebbe colpire tra due o tre giorni la parte centrale dell’isola di Honshu, la maggiore dell’arcipelago. Saloa si trova attualmente a sud est dell’isoletta di Chichijima, circa 1000 km a sud di Tokyo. Sta muovendosi in direzione ovest, nord-ovest ad una velocità media di 25 km orari.

 

In Kirzighistan un deputato che aveva preso parte alla ‘rivoluzione dei tulipani’ a marzo, Baiaman Erkinbaiev, 38 anni, è stato ucciso ieri sera a Bishkek. Lo ha comunicato oggi la polizia. Il parlamentare, influente uomo d’affari e proprietario di numerosi alberghi e negozi al sud del Paese, era già stato vittima di un tentato omicidio nell’aprile scorso. In quella circostanza disse che il movente era politico e che qualcuno voleva impadronirsi delle sue proprietà. Un mese prima aveva sostenuto la rivoluzione popolare contro Askar Akaiev. In giugno un altro deputato era stato ucciso allo stesso modo: l’uomo di affari Zhirgalbek Surabaldiev era stato crivellato di colpi nel centro della capitale.

 

Un tribunale messicano ha respinto le accuse, per massacri e rapimenti commessi a cavallo degli anni Settanta, formulate contro l’ex presidente Luís Echeverria, ritenendo che le prove sono insufficienti. L’ordine di arresto è stato perciò annullato. “Ho vinto, è la fine del processo”, ha commentato l’avvocato difensore di Echeverria.

 

Almeno sei persone sono morte e altre 16 sono rimaste ferite nell’esplosione di due bombe a Lahore, città del Pakistan orientale. Lo si è appreso da fonti della polizia. La prima esplosione ha ucciso una persona e ne ha ferite 13; pochi minuti più tardi, una seconda esplosione ha provocato la morte di cinque persone e ne ha ferite tre.

 

 

 

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