RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 264 - Testo della trasmissione di mercoledì 21 settembre 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Dio, incarnatosi nella storia in Cristo, offre protezione e sostegno all’umanità. Così il Papa all’udienza generale. Benedetto XVI parla anche di sport, che definisce uno strumento educativo e veicolo di valori umani e spirituali se praticato nel rispetto delle regole: con noi Luigi Agnolin

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

“E’ la politica in favore della famiglia la vera priorità non i PACS”: è quanto dichiara ai nostri microfoni  Maria Luisa Santolini, presidente del Forum delle Associazioni Familiari

 

In Sudan primo governo di unità nazionale, ad 8 mesi dall’accordo di pace che ha messo fine a 21 anni di guerra civile: intervista con mons. Cesare Mazzolari

 

Consegnato all’arcivescovo Claudio Maria Celli il Premio Freinademetz 2005 per il suo impegno nel curare le relazioni fra Cina e Santa Sede: intervista col presule e  con padre Antonio Pernia

 

Sì ad una scuola parificata per i musulmani in Italia. Ma anche reciprocità per i cattolici che vivono nei Paesi islamici: così padre Bruno Mioli della Fondazione Migrantes  della CEI

 

Oggi a Bruxelles incontro tra vescovi europei e statunitensi su sicurezza e pace: il commento di  mons. Giuseppe Merisi

 

Oggi si celebra la Giornata dell’Alzheimer: 18 milioni i malati nel mondo. Le famiglie devono sostenere tutto il peso dell’assistenza. Ce ne parla Gabriella Salvini Porro

 

CHIESA E SOCIETA’:

Dichiarazione congiunta dei vescovi tedeschi e polacchi a 40 anni  dallo storico scambio di lettere tra i due episcopati “per perdonare e chiedere perdono” per i fatti della Seconda Guerra Mondiale

 

Si terrà a Benevento il VII Congresso nazionale dell’Associazione Fatebenefratelli  per la ricerca biomedica e sanitaria

 

Il richiamo del Papa “La Chiesa non deve aver paura dei media” al centro dell’Assemblea plenaria della Commissione episcopale europea per i media

 

Concluso a Roma il Convegno ecumenico europeo sulla Cina, dedicato al tema “Diversi nell’unità”

 

15 anni fa veniva assassinato dalla mafia  il giudice  Rosario Livatino

 

24 ORE NEL MONDO:

Violenti scontri a Baghdad, mentre a Mossul sono stati uccisi due giornalisti iracheni

 

Il primo ministro giapponese Koizumi è stato reinsediato alla guida del Paese

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

21 settembre 2005

 

DIO, INCARNATOSI NELLA STORIA IN CRISTO, OFFRE PROTEZIONE

E SOSTEGNO ALL’UMANITA’. ALL’UDIENZA GENERALE,

IL PAPA DEFINISCE LO SPORT UNO STRUMENTO

EDUCATIVO E VEICOLO DI VALORI UMANI E SPIRITUALI

 

La centralità dell’Incarnazione di Cristo nella storia dell’umanità e l’importanza dell’etica sportiva nella formazione odierna dei giovani. Sono i due temi portanti che hanno impegnato Benedetto XVI nella catechesi dell’udienza generale di stamattina e nei saluti del dopo udienza. Dopo il giro iniziale tra la folla, a bordo della camionetta bianca, il Papa si è rivolto ai 26 mila fedeli, come sempre affettuosi nei suoi confronti, parlando del Salmo 131. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Un Salmo tra storia e profezia, tra il racconto di un atto che segnò la storia dell’antico Israele – la traslazione dell’Arca dell’alleanza a Gerusalemme - e la premonizione di un avvenimento che avrebbe cambiato quella dell’umanità: la nascita di Cristo. Sono i due piani interpretativi del Salmo 131, che Benedetto XVI ha illustrato nella catechesi dell’udienza generale, dominando una Piazza San Pietro affollata di pellegrini di tutti e cinque i continenti e soprattutto riempita dalla vivace presenza di centinaia di calciatori in erba, protagonisti di una iniziativa sportiva internazionale.

 

(salmo)

 

Introducendo il Salmo, il Papa ha invitato i fedeli a immaginare il grandioso gesto del re Davide che mantiene il suo giuramento di trovare una dimora per l’Arca dell’alleanza, “segno della presenza del Signore” accanto a Israele. Dio stesso ricambia la fedeltà del re Davide con la promessa divina di benedirne la sua discendenza. Ad una condizione, che regola fin dall’inizio del mondo il rapporto tra il Creatore e le sue creature:

 

“Alla promessa e al dono di Dio, che non ha nulla di magico, deve rispondere l’adesione fedele e operosa dell’uomo in un dialogo che intreccia due libertà, la divina e l’umana”.

 

E’ questo tipo di intimità, ha spiegato Benedetto XVI, che permette all’uomo di “sperimentare la presenza di Dio in mezzo al suo popolo”: un Dio che le strofe del Salmo ritraggono come un “cittadino che vive con gli altri cittadini le vicende della storia”. Ma con la grandezza che gli è propria e che gli permette di offrire agli uomini “la potenza della sua benedizione”:

 

“Dio benedirà i raccolti, preoccupandosi dei poveri perché abbiano a sfamarsi; stenderà il suo manto protettivo sui sacerdoti offrendo loro la sua salvezza; farà sì che tutti i fedeli vivano nella gioia e nella fiducia (…) Il Salmo 131 diventa, allora, una celebrazione del Dio-Emmanuele che sta con le sue creature, vive accanto ad esse e le benefica, purché rimangano unite a lui nella verità e nella giustizia”.

 

Benedetto XVI ha concluso la catechesi ricordando che la parte del Salmo 131 presa oggi in esame è stata “abitualmente usata dai Padri della Chiesa” per descrivere l’incarnazione di Gesù nel grembo di Maria. E parlando a braccio, ha osservato:

 

E così vediamo nel grande arco che va dal Salmo antico fino all’incarnazione del Signore, la fedeltà di Dio. Nel Salmo appare e traspare già il mistero di un Dio che abita con noi, che diventa uno con noi nell’Incarnazione. E questa fedeltà di Dio è la nostra fiducia nei cambiamenti della storia, è la nostra gioia”. 

 

Al termine dei saluti in nove lingue ai 26 mila pellegrini presenti, il Papa – dopo aver espresso apprezzamento per il Congresso mondiale degli Oblati Benedettini - ha preso lo spunto dalla presenza in Piazza San Pietro delle delegazioni del Comitato esecutivo dell’UEFA e della Federazione Italiana Gioco Calcio, per parlare dell’importanza dello sport. Rivolgendosi in particolare ai numerosi ragazzi, di 16 Nazioni, partecipanti al progetto “Calcio-Cares”, allestito in collaborazione con il Pontificio Consiglio Cor Unum, il Pontefice ha detto:

 

“Cari amici, la vostra presenza mi offre l’opportunità di porre in luce l’importanza dello sport, disciplina che, se praticata nel rispetto delle regole, diventa strumento educativo e veicolo di importanti valori umani e spirituali. Possa anche l’odierna manifestazione ravvivare in ciascuno l’impegno a far sì che lo sport contribuisca a costruire una società improntata al reciproco rispetto, alla lealtà dei comportamenti e alla solidarietà fra tutti i popoli e le culture”.

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E in attesa dell’Udienza col Papa, la FIGC, Federazione Italiana Gioco Calcio, ha festosamente trasformato il sagrato di San Pietro in una vera palestra a cielo aperto: sono stati allestiti una decina di campetti, con tanto di porte contrassegnate da piccoli coni di plastica, su cui si sono esibiti decine di giovani sotto gli occhi divertiti dei presenti e dei tanti operatori sportivi. Tra costoro, vi era Luigi Agnolin, presidente del Settore Giovanile e Scolastico della FIGC, al quale Giancarlo La Vella ha chiesto che significato hanno avuto le parole pronunciate oggi dal Papa?

 

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R. – Ha un significato estremamente importante, perché si tratta di un punto basilare sul quale continuare a lavorare per cercare di migliorare gli elementi che contraddistinguono lo sport: gli aspetti positivi che sono insiti in questa attività. Nel contempo, è necessario mettere anche sull’avviso quanti debordano da quelle che sono le linee guida di questo insegnamento. I pericoli sono dietro l’angolo e di conseguenza è giusto che fin dalla più tenera età i ragazzi vivano gli atteggiamenti di serenità, di gioiosità, di socializzazione che devono essere alla base di una attività sportiva che si rispetti.

 

D. – Sono quelli dettati dal Papa i principi essenziali per migliorare lo sport mondiale, secondo lei?

 

R. – Sono principi basilari. Sono stati espressi e ribaditi oggi con il vigore e la forza di una persona che deve essere logicamente un punto di riferimento, il punto di riferimento per noi cristiani. Deve essere soprattutto significativo che quanti hanno e godono delle qualità, siano in grado di testimoniare con atteggiamenti positivi quello che è il percorso della loro vita in questo caso professionale.

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ALTRE UDIENZE

 

Al termine dell’udienza generale il Papa ha ricevuto due presuli : l’arcivescovo Gabriel Montalvo, nunzio apostolico negli Stati Uniti d'America e osservatore permanente presso l'Organizzazione degli Stati Americani, e l’arcivescovo  Mounged El-Hachem, nunzio apostolico in Kuwait, Bahrein,Yemen e Qatar, e delegato apostolico nella Penisola Arabica.

 

 

NOMINE

 

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di São Luís do Maranhão, in Brasile, presentata da mons. Paulo Eduardo Andrade Ponte, in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

 

Il Papa ha nominato arcivescovo metropolita di São Luís do Maranhão mons. José Belisário da Silva, dell’Ordine dei Frati Minori, finora vescovo di Bacabal. Mons. Belisário da Silva è nato a Carmópolis de Minas, nella diocesi di Oliveira, Stato di Minas Gerais, il 4 agosto 1945. E’ stato ordinato sacerdote il 13 dicembre 1969. Il 1° dicembre 1999 è stato nominato vescovo di Bacabal, ricevendo l’ordinazione episcopale il 19 febbraio successivo.   

 

Il Santo Padre ha poi nominato vescovo di Urdaneta, nelle Filippine, mons. Jacinto Agcaoili  Jose, del clero della diocesi di Laoag, della quale è stato finora amministratore diocesano. Mons. Jacinto Agcaoili Jose è nato Laoag City il 29 ottobre 1950. E’ stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1975 a Roma da Papa Paolo VI in una delle cerimonie programmate per la celebrazione dell'Anno Santo. Dal 7 giugno 2005 era amministratore diocesano di Laoag.

 

 

EREZIONE DELLA DIOCESI DI SERRINHA IN BRASILE

 

Il Santo Padre ha eretto la diocesi di Serrinha, in Brasile, con territorio dismembrato dall’arcidiocesi di Feira de Santana e dalla diocesi di Paulo Afonso, rendendola suffraganea della Chiesa metropolitana di Feira de Santana.

 

Il Papa  ha quindi nominato primo vescovo di questa diocesi padre Ottorino Assolari, della Congregazione della Sacra Famiglia, finora maestro dei novizi a Peabiru, nella diocesi di Campo Mourão.

 

Mons. Assolari è nato il 30 gennaio 1946 a Scanzorosciate, nella diocesi di Bergamo. E’ stato ordinato sacerdote l’8 settembre 1973. La diocesi di Serrinha ha una superficie di 17.169 km2 con una  popolazione di oltre 500 mila abitanti, di cui 467 mila cattolici.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l'udienza generale.

 

Servizio vaticano - Un articolo di Vincenzo Bertolone sull'attualità del Decreto del Vaticano II "Perfectae Caritatis".

 

Servizio estero - Nucleare: dopo che tre Paesi europei hanno fatto circolare a Vienna una bozza di Risoluzione, l'Iran minaccia ritorsioni sul "Trattato di non proliferazione" e sul petrolio se il dossier all'esame dell'AIEA arriverà all'ONU

 

Servizio culturale - Un articolo di Gaetano Vallini dal titolo "La continua ricerca di una giustizia lontana dalle logiche della vendetta"; la morte di Simon Wiesenthal: contribuì alla cattura di numerosi nazisti responsabili della Shoàh.

 

Servizio italiano - In evidenza il tema della legge elettorale.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

21 settembre 2004

 

 

“E’ LA POLITICA IN FAVORE DELLA FAMIGLIA LA VERA PRIORITA’ NON I PACS”:

COSI’ AI NOSTRI MICROFONI, MARIA LUISA SANTOLINI,

 PRESIDENTE DEL FORUM DELLE ASSOCIAZIONI FAMIGLIARI,

INTERVIENE NEL DIBATTITO IN CORSO IN ITALIA SU FAMIGLIA E COPPIE DI FATTO

 

E’ sempre acceso in Italia il confronto su famiglia e coppie di fatto, dopo la prolusione del cardinale vicario Camillo Ruini al consiglio permanente della CEI, lunedì scorso. In riferimento ai PACS, i Patti Civili di Solidarietà, il porporato ha sottolineato che “la prima e vera preoccupazione dei legislatori” italiani “do­vrebbe essere il sostegno alla famiglia legittima oggi minacciata da una gravis­sima e persistente crisi della natalità che provocherà in futuro ingenti danni so­ciali”. Proprio da questo passaggio della prolusione, muove il ragionamento di Maria Luisa Santolini, presidente del Forum delle Associazioni familiari. Una ri­flessione raccolta da Alessandro Gisotti:

 

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R. – Qui è in gioco il futuro dei nostri figli e dovremmo lottare con molta più con­vinzione rispetto a quanto facciamo. Mi stupisco anche che contro chi pro­pone i PACS si siano sollevati soltanto i cattolici. La famiglia è una risorsa per tutti e questo dei PACS dovrebbe, quindi, essere un problema collettivo, generale. C’è, invece, un’area libertaria, quella che il Papa chiama “libertà anarchica”, che mi sembra molto pericolosa.

 

D. – I sostenitori dei PACS dicono, però, che si tratta di formule per eliminare di­scriminazioni. Cosa risponde?

 

R. – Che non è vero! Il vero obiettivo è distruggere la famiglia e quindi introdurre una normativa per le coppie gay. E questo perché le coppie di fatto sono pochissime e quindi si tratta di un problema irrilevante. Non mi pare che ci siano stuoli di coppie di fatto che manifestino per le strade, proprio perché hanno fatto una scelta di tipo privato e nell’anonimato vogliono rimanere. Non è certamente un’emergenza nazionale. La vera emergenza è la famiglia fondata sul matrimonio e non le convivenze che in Italia, tra l’altro, sono di diverso tipo perché sfociano – nel 95 per cento dei casi e forse anche di più – nel matrimonio. Sono quindi solo situazioni transitorie. Ci sono, inoltre, già delle protezioni, delle tutele e dei riconoscimenti. Come dice lo stesso cardinale Ruini, se vogliamo proprio dare tutele, rimaniamo nell’ambito delle scelte private. 

 

D. – Come giudica le reazioni alla prolusione del cardinale Ruini? Qualcuno ha parlato di ingerenza della Chiesa...

 

R. – Il cardinale Ruini, come tutti i vescovi, è cittadino di questa nostra Italia, vota ed ha diritto di dire quello che vuole, ciò che pensa! Se c’è poi un bel gruppo di cattolici che lo seguono e che gli danno ragione, questo fa parte della coscienza di ognuno di noi. Il cardinale Ruini non ha soldatini di piombo, tutti in fila; ha gente che ragiona e che gli dà ragione. Sulla fecon­dazione assistita, mi pare che la cosa sia stata chiarissima ed è questo che dà fastidio. Anche qui, in fondo in fondo, a mio avviso, c’è il voler ricacciare anche la fede, la scelta religiosa nell’ambito delle scelte private. Quindi il ragionamento è:la famiglia è un fatto privato ed ognuno fa quello che vuole; la fede è un fatto privato ed ognuno fa quello che vuole’ … così il ri­svolto sociale del matrimonio, della famiglia, di una fede, di un’appartenenza religiosa viene completamento negato.

 

D. – In un’intervista ad un quotidiano, il cardinale Angelo Sodano sottolinea oggi che non bisogna confondere desideri con diritti. E’ questo il nocciolo della questione?

 

R. – Sì, desideri con i diritti, ma anche non confondere i desideri con i bisogni. Si parte dai desideri che diventano bisogno e poi diventano diritti. Si tratta di una mistificazione molto forte. Sulle convivenze e sulle coppie di fatto in larga parte le tutele già ci sono. Allora mi domando: ma vogliamo definire delle vere priorità? Vogliamo difendere la famiglia fondata sul matrimonio, che con la sua stabilità e con il suo progetto di vita duraturo e fecondo, ga­rantisce il futuro di questo Paese?

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IN SUDAN PRIMO GOVERNO DI UNITA’ NAZIONALE,

AD 8 MESI DALL’ACCORDO DI PACE CHE HA MESSO FINE A 21 ANNI

DI GUERRA CIVILE NEL SUD DEL PAESE

- Intervista con mons. Cesare Mazzolari -

 

C’è soddisfazione in Sudan per la nascita del primo governo di unità na­zionale, otto mesi dopo la conclusione di un’intesa di pace che ha posto fine a 21 anni di guerra civile nel Sud del Paese, con un bilancio di un milione e mezzo di morti e 4 milioni di sfollati e profughi. Ad accordarsi nel gennaio scorso furono il regime di Khartoum e gli ex ribelli del Movimento popolare di liberazione del Su­dan (SPLA). L'esecutivo avrebbe dovuto insediarsi il 9 agosto scorso, ma la sua formazione era stata ritardata per la morte, il 30 luglio in un incidente d'elicot­tero, del leader del Sud, John Garang. Ma che significato assume oggi questo nuovo governo per il Sudan? Giada Aquilino lo ha chiesto a mons. Cesare Maz­zolari, vescovo di Rumbek, nel Sud Sudan:

 

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R. – La scelta di molti personaggi politici ed amministrativi del Sud ha un signifi­cato enorme per il prestigio che il Sud sperava di poter avere ed ottenere con il governo del Nord. Ho notato nomi di alcune persone del Sud che sono stati chiamati ad incarichi e funzioni molto importanti a livello di mini­stero degli Esteri e gente che avrà quindi anche dei contatti al di fuori del Sudan. Questo sembra essere uno sforzo molto pronunciato da parte di Omar Bashir per far capire che vuole appoggiare.

D. – Come si è arrivati a questo governo di unità nazionale?

 

R. – Anzitutto fondamentali sono stati gli sforzi e l’impegno del defunto John Garang, che è arrivato a creare questo senso di condivisione delle risorse, della sicurezza, del potere politico.

 

D. – E’ un governo ad interim che però deve guidare un Paese che esce da 21 anni di guerra civile. Che Paese è oggi il Sudan?

 

R. – Nel Nord c’è una grande prosperità, nel senso che esistono strade asfaltate enormi, esistono ristoranti ed alberghi, esistono scuole ed ospedali; mentre al Sud c’è la mancanza assoluta di strade, di educazione, di medicine. L’ultima statistica dell’UNICEF – mi pare – dice che solo il 6 per cento della popolazione del Sud sa leggere e scrivere.

 

D. – Qual è l’impegno della Chiesa sudanese in questo momento?

 

R. – Continuiamo ad offrire i nostri servizi allo scopo di evangelizzare, soprat­tutto nel campo dell’educazione, della salute e degli aiuti umanitari. Il no­stro grande desiderio è di riuscire ad avere sempre più un ruolo partecipa­tivo nella società civile rispetto a prima.

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CONSEGNATO ALL’ARCIVESCOVO CLAUDIO MARIA CELLI

IL PREMIO FREINADEMETZ 2005 PER IL SUO IMPEGNO

NEL CURARE LE DELICATE RELAZIONIFRA CINA E SANTA SEDE

- Intervista con mons. Claudio Maria Celli e padre Antonio Pernia -

 

Presso il Collegio del Verbo Divino a Roma, ieri l’arcivescovo Claudio Maria Celli ha ricevuto il premio Freinadametz 2005, un riconoscimento conferito dai missionari del Verbo Divino e dalle suore dello Spirito Santo, a persone che si sono distinte per aver contribuito ad una migliore comprensione fra i popoli e le culture della Cina e dell’Europa. Il presule, segretario dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA), ma con un recente passato da diplo­matico, si è impegnato nel curare il delicato rapporto fra Cina e Santa Sede. I particolari nel servizio di Eugenio Bonanata:

 

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Dialogare con le autorità cinesi in vista di una normalizzazione vera dei rap­porti tra Cina e Santa Sede. E’ questa la tensione che anima l’arcivescovo Celli, che anche da un punto di vista umano ha sempre avuto un amore partico­lare per la Cina. In  questo quadro il presule è diventato un punto di riferimento importante, ad esempio per i sacerdoti cinesi che arrivano in Europa per stu­diare. Ma tutti i membri del governo cinese sono stati spesso accompagnati da lui per le loro visite in Italia. Ma quali sono state le difficoltà affrontate dall’arcivescovo Celli in questo suo percorso? Risponde padre Antonio Pernia, su­periore generale dei Verbiti:

 

“Naturalmente esistono molte difficoltà, specialmente nel contesto di mantenere relazioni con un governo che non riconosce l’autorità del Santo Padre. In questo contesto le conversazioni non riescono sempre ad avere risultati, perciò si possono apprezzare molto di più questi piccoli risultati che ha raggiunto l’arcivescovo Celli”.

 

L’arcivescovo Celli, che si è detto lusingato di ricevere questo premio, ha precisato che non è corretto dire di ricominciare un dialogo con la Cina , visto che è iniziato già molti anni fa. Ha espresso in questo modo le sue speranze:

 

“Il passato, innegabilmente, lo consociamo tutti, ma nello stesso tempo c’è questa grande speranza per il domani. La Chiesa vuol essere, ancora una volta, a servizio di questo grande sviluppo, di questa possibilità del popolo cinese. La Santa Sede è desiderosa di pervenire ad una normalizzazione dei rapporti con la Cina, per il bene della Chiesa in Cina, ma anche perché la Chiesa, che guarda al mondo di oggi con questo suo contributo profonda alla pace, non può non dialogare con un Paese grande come la Cina. Quindi anche lo sviluppo e l’impegno per la pace esigono un rapporto nuovo con la Cina stessa”.

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IL PLURALISMO CULTURALE E’ UNA RICCHEZZA NON UNA FATALITA’.

LA CHIESA ITALIANA SI ESPRIME A FAVORE

DI  UNA SCUOLA PARIFICATA PER I MUSULMANI

MA SECONDO LE LEGGI DELLO STATO E SOLLECITA LA RECIPROCITA’ DI DIRITTI

 PER GLI STRANIERI NEI PAESI ISLAMICI

- Intervista con padre Bruno Mioli -

 

Studenti fate la vostra parte, “tendete la mano ai giovani stranieri che vi­vono in mezzo a noi”, “fate che la fiducia sia più forte della paura” e “il dialogo più forte dei timori che nascono dalle diversità”. Il richiamo, ieri, del presidente della Repubblica italiana Ciampi, all’apertura ufficiale dell’Anno scolastico s’inserisce nel dibattito più ampio di una società multiculturale. In tutto gli alunni stranieri in Italia – secondo il Ministero dell’Istruzione - sono circa 400 mila, e 50 mila sono i nuovi iscritti. La scuola italiana, già da una decina d’anni è aperta a tutti gli stranieri, che possono inserirsi in qualunque periodo dell’anno, pure se irregolari. Una realtà variegata e in continua mutazione, che ha posto interroga­tivi d’integrazione scolastica, soprattutto per i bambini e dei ragazzi di cultura araba ma soprattutto di religione islamica. Su questo tema Roberta Gisotti ha in­tervistato con padre Bruno Mioli, responsabile per la pastorale degli emigrati e dei profughi della Fondazione Migrantes della CEI:

 

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R. – Si parte dalla premessa che il pluralismo culturale in se stesso è un valore positivo. La Chiesa promuove, quindi, anzitutto questa persuasione: che dobbiamo accettare il pluralismo culturale, non come fatalità, non per ras­segnazione, ma dobbiamo andargli incontro con una grinta fiduciosa. I germi del Verbo sono seminati in tutte le culture e se queste culture non sono al di là degli oceani, ma sono in casa nostra, la Chiesa dice: “Coraggio, guardiamoci in faccia e facciamo un discorso costruttivo, cominciando dai banchi della scuola”. Quindi, le nostre scuole devono diventare veramente una palestra di convivenza, di pluralismo.

 

D. – Padre Mioli, il dibattito in Italia si è acceso intorno agli interrogativi “sì” o “no” a scuole confessionali musulmane e se sì con quale garanzia di equi­parazione con le scuole statali o paritarie, comunque assoggettate alla legi­slazione italiana. Ecco, come garantire uguali diritti per tutti? Diritti e do­veri…

 

R. – E’ chiaro. Non ci sarebbe stato questo allarme se non ci fossero state queste ‘spie’, che sono quelle del terrorismo più o meno recondito. Purtroppo, que­sto è un fenomeno che rischia di diffondersi. E perciò una scuola circa la quale ci sia il legittimo sospetto che venga gestita da chi si trova in questa mentalità, in queste attese, non di convivere con gli Italiani, ma di sopraf­fare gli Italiani, è chiaro che desti l’allarme. Quindi, un legittimo sospetto dovrebbe comportare anche particolari misure di controllo. Io credo che l’alternativa alla Scuola privata, gestita da islamici, gestita fuori da qualun­que controllo, non sia la Scuola statale, ma la Scuola pubblica in genere. Quindi, noi diciamo, abbiano anche i musulmani una loro scuola che diven­terebbe scuola parificata, ma che sia pubblica, venga fatta cioè secondo le leggi dello Stato, in cui si svolge un programma che è stato approvato dal Ministero e che sempre è soggetto ad un’ispezione, ad un controllo, e che al termine dell’anno può anche consegnare un titolo di studio che ha valore pubblico.

 

D. – Padre Mioli, se sta crescendo la coscienza dei cittadini musulmani, dei loro diritti civili, non si dovrebbe chiedere comunque reciprocità di diritti per i cittadini italiani che vivono nei Paesi arabi e che non godono spessissimo di alcun diritto di culto religioso?   

 

R. – Certo, il musulmano che qui in Italia gode della vera libertà, anche scola­stica, dovrebbe sentire lui stesso l’obbligo di fare pressione presso i rispet­tivi Paesi, perché veramente venga presa sul serio questa esigenza di reci­procità. Non sarà la Chiesa che vincola il suo comportamento alla legge della reciprocità, però la Chiesa ha tutto il diritto di premere sugli Stati, perché promuovano questa reciprocità, perché rientri negli accordi bilaterali fra Stato e Stato. Pensiamo a quanti accordi ha fatto in questi anni l’Italia con il Marocco, la Tunisia, l’Albania, etc. Però, ancora più importante è l’azione della base. Abbiamo centinaia di migliaia di musulmani ormai in Italia, circa 800 mila, che sono una base alla quale noi dobbiamo fare ap­pello. Tanti di loro tornano indietro e su di loro soprattutto si dovrebbe fare affidamento, perché quanto hanno gustato, sperimentato, qui in Italia, i cri­stiani, o comunque i non musulmani, possano sperimentarlo nei loro Paesi di origine.

 

D. – Quindi, padre Mioli, l’integrazione scolastica e il giusto rispetto dei diritti dei cittadini stranieri sono un veicolo per estendere la democrazia anche in Pa­esi dove attualmente non c’è?

 

R. – Certissimamente. Se gustare il frutto proibito può portare cattive conse­guenze, gustare il frutto delizioso, che è quello della bella convivenza, quello della libertà, può portare a delle belle conseguenze, anche molto lontano da noi.

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OGGI A BRUXELLES INCONTRO DEI VESCOVI EUROPEI E STATUNITENSI

SU SICUREZZA E PACE

- Intervista con mons. Giuseppe Merisi -

 

I vescovi dei Paesi dell’Unione Europea e degli Stati Uniti propongono ai governi suggerimenti perché ai popoli vengano garantite sicurezza e pace. Sull’etica della guerra e sul ruolo delle leggi e delle istituzioni internazionali si confrontano, questo pomeriggio a Bruxelles, alcuni rappresentanti della Chiesa d’Europa e statunitense per offrire agli Stati il punto di vista dei cattolici. All’incontro prende parte anche mons. Giuseppe Merisi, vescovo ausiliario della diocesi di Milano. Al microfono di Tiziana Campisi il presule spiega quali temati­che attualmente dividono America ed Europa:

 

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R. – Credo che mentre negli Stati Uniti la situazione presenta risvolti di altra na­tura, qui in Europa sul tema della pace c’è consenso, anche su tutte le cose ultimamente affermate dal Papa, ma presenti nel Catechismo della Chiesa Cattolica, nel Compendio della dottrina sociale della Chiesa, in tutti i pro­nunciamenti del Magistero. C’è la sensibilità di tutto il popolo di Dio. Il tema, invece, su cui possono esserci valutazioni diverse è quello della difesa dal terrorismo nel rispetto dei diritti umani fondamentali, per garantire la sicurezza a tutte le popolazioni.

 

D. – Quanto manca ancora oggi per l’applicazione delle norme fondamentali in tema di sicurezza e pace?

 

R. - All’interno dell’Unione Europea ci sono iniziative della Commissione europea, ma anche iniziative italiane specifiche, per fare in modo che ci sia maggiore impegno di coesione fra i diversi Stati componenti dell’Unione perché alcune decisioni, alcuni orientamenti diventino o direttive comunitarie o comunque impegni assunti da tutti gli Stati.

 

D. – A suo parere come è possibile superare i divari che sussistono tra i diversi governi per garantire sicurezza e pace a livello mondiale?

 

 

R. – Bisogna parlarne. C’ è anche il tema dell’ONU, della riforma necessaria dell’organizzazione delle Nazioni Unite. Occorre tenere insieme l’esigenza del rispetto della democrazia con l’esigenza della possibilità di intervento, del rispetto di tutte le posizioni.

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SI CELEBRA OGGI LA GIORNATA MONDIALE DELL’ALZHEIMER

- Intervista con Gabriella Salvini Porro -

 

“Noi possiamo fare la differenza”. È questo il tema della 12.ma giornata mondiale dell’Alzheimer che si celebra oggi, 21 settembre. Promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dall’Alzheimer’s Disease International, la manifestazione ha lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sui diritti dei pazienti e delle loro famiglie. Convegni, seminari e incontri, oltre alla distribu­zione di materiale informativo, verranno organizzati in tutta Italia per l’occasione. Il servizio di Lucia Carbone Sarinelli.

 

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Si stima che in tutto il mondo siano 18 milioni le persone colpite, di cui 600 mila solo in Italia. Ma il dato è destinato ad aumentare, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione.  Scoperta nel 1907 dal neurologo tedesco Alois Alzheimer questa malattia degenerativa colpisce le cellule del cervello, soprat­tutto le parti che governano la memoria, il linguaggio e la cognizione spazio-tem­porale, provocando con il tempo la totale perdita dell’autosufficienza. Attualmente l’Alzheimer non è curabile, anche se ci sono dei farmaci che possono migliorare alcuni sintomi. Ma a che punto è la ricerca e quali sono le cure attuali? Gabriella Salvini Porro, presidente della Federazione Alzheimer Italia:

 

R. – La ricerca in tutto il mondo è molto attiva, sia per quanto riguarda le cause, sia per quanto riguarda le terapie della malattia dell’Alzheimer. Le terapie attualmente disponibili sono quattro.

 

La famiglia nell’80 per cento dei casi rappresenta il luogo chiave dell’assistenza quotidiana del soggetto colpito da Alzheimer. Quali sono allora le difficoltà che si trova ad affrontare il nucleo familiare? Ancora, Gabriella Salvini Porro…

 

R. – Il problema attuale è che la famiglia è completamente o quasi completa­mente isolata e abbandonata. Non ci sono servizi, manca un po’ tutto. Quindi quello che noi chiediamo continuamente è che la famiglia sia sup­portata in questo compito che è pesantissimo.

 

La Giornata mondiale dell’Alzheimer rappresenta quindi una sfida contro l’indifferenza e la discriminazione spesso subita dai pazienti. In occasione della manifestazione, l’Alzheimer’s Disease International ha inviato una lettera a 192 rappresentanti della Sanità, affinché riconoscano come priorità quelli che sono i diritti delle persone affette da questo male.

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CHIESA E SOCIETA’

21 settembre 2005

 

 

40 ANNI FA, NEL 1965, LO STORICO SCAMBIO DI LETTERE

TRA GLI EPISCOPATI POLACCO E TEDESCO, A 20 ANNI

 DALLA FINE DELLA GUERRA MONDIALE, PER  PERDONARE E CHIEDERE PERDONO.

A SUGGELLARE L’ANNIVERSARIO, I VESCOVI DEI DUE PAESI

HANNO SOTTOSCRITTO UNA DICHIARAZIONE COMUNE, RIFLETTENDO SULLE SFIDE

DELLA SOCIETA’ ODIERNA,  PER AFFERMARE IL BENE COMUNE

E  RAFFORZARE L’IDENTITA’ CRISTIANA DELL’EUROPA UNITA

- A cura Roberta Gisotti -

 

FULDA. = Tornano a scriversi, questa volta firmando una Dichiarazione comune pubblicata oggi a Fulda, i vescovi della Polonia e della Germania, a suggellare il 40.mo anniversario dello scambio di Lettere tra gli episcopati dei due Paesi. Furono i presuli polacchi nel 1965 ad inviare un “Messaggio ai loro fratelli tedeschi nell’ufficio pastorale di Cristo”, a 20 anni “dalla fine della terribile esperienza della Seconda Guerra Mondiale”, invitandoli “al dialogo, alla riconciliazione e alla fratellanza”. Toccanti e profetiche le loro parole: “Perdoniamo e chiediamo il perdono”. E risposero i presuli tedeschi, in quei giorni a Roma, per la conclusione del Concilio Vaticano II: “Accogliamo con fraterno rispetto le mani tese… che lo spettro dell’odio non divida mi più le nostre mani. Sottolineano  oggi i vescovi che le loro Lettere furono “un passo decisivo”, “un atto coraggioso” cui riferirsi anche oggi, poiché non mancano motivi di “preoccupazione”, quando “il ricordo dei momenti cupi” della storia comune “genera non solo spirito di riconciliazione, ma conduce anche a squarciare le piaghe non ancora cicatrizzate e restaura uno spirito di regolamento dei torti subiti”. “Alcuni rappresentanti del mondo della politica e della vita pubblica – denunciano i presuli - sconsideratamente lacerano di continuo le piaghe ancor dolorose del passato delle nostre nazioni. Altri palesemente o addirittura spietatamente cercano di sfruttarle per fini personali e politici”. Perciò – scrivono i vescovi – dobbiamo “opporci con tutta la forza a questo contegno così irresponsabile”, anche di chi compie tali azioni richiamandosi alla giustizia”, che “da sola non basta e che, anzi, può condurre alla negazione e all'annientamento di se stessa, se non si consente a quella forza più profonda, che è l'amore, di plasmare la vita umana nelle sue varie dimensioni”, come insegnò Giovanni Paolo II, che sottoscrisse il Messaggio di 40 anni fa, quale arcivescovo di Cracovia”. “Da quel tempo – osservano ancora i presuli sono accadute molte cose”: il “potere totalitario e la perdita dell’indipendenza nazionale sono stati vinti pacificamente” e “la Polonia e la Germania ora partecipano insieme al processo di integrazione europea”, dando “testimonianza eloquente che l’ultima parola non appartiene alla guerra, all’odio e alla violenza”. I vescovi raccomandano infine l’impegno presente “per il bene comune di tutti i popoli” dell’Europa e il rafforzamento della sua identità cristiana”, di fronte “a nuove sfide”, per la “difesa della vita, del matrimonio, della famiglia”, e ai “nuovi compiti” nel “campo dalla bioetica”, spesso “corrotto e minacciato” da “interessi egoistici” della ricerca e dell’economia. La Dichiarazione verrà pubblicata sabato prossimo, 24 settembre, anche a Breslavia, in Polonia.

 

 

SI TERRA’ A BENEVENTO IL VII CONGRESSO NAZIONALE DELL’ASSOCIAZIONE

FATEBENEFRATELLI PER LA RICERCA BIOMEDICA E SANITARIA.

DAL 22 AL 24 SETTEMBRE, 300 RICERCATORI DA TUTTA EUROPA

 PRESENTERANNO I LORO STUDI

 

BENEVENTO. = “La ricerca per curare e prendersi cura”: questo il tema del VII Congresso dell’AFaR – Associazione Fatebenefratelli per la Ricerca Biomedica e Sanitaria, al via il 22 settembre fino al 24. Parteciperanno 300 ricercatori Fatebenefratelli provenienti da tutta Europa. Ad organizzare l’evento sarà ospedale Sacro Cuore di Gesù di Benevento, che ospiterà il convegno. L’associazione senza fini di lucro si propone di promuovere e realizzare attività di ricerca corrente e sperimentale in campo biomedico e di sanità pubblica. Alcuni dei temi che saranno trattati riguardano l’oncologia, la riabilitazione, la chirurgia tradizionale e mininvasiva, la biologia molecolare, le tecnologie digitali ed informatiche nella sanità, le malattie mentali, il dolore e i suoi aspetti etici, l’aids e le cellule staminali. Verranno presentati i vari studi effettuati su questi ambiti della medicina: uno dei più delicati è quello sugli aspetti etici del dolore, di cui si occupa una ricerca dell’Ospedale San Pietro di Roma, relativo alla terapia del dolore. Al convegno parteciperà il prof. Domenico Di Virgilio, sottosegretario al Ministero della Salute, che esporrà una relazione sulle cellule staminali. (R.R)

 

 

LA CHIESA NON DEVE AVER PAURA DEI MEDIA:

COSI’ BENEDETTO XVI ALL’INIZIO DEL SUO PONTIFICATO.

IL RICHIAMO DEL PAPA AL CENTRO DELL’ASSEMBLEA PLENARIA

DELLA COMMISSIONE EPISCOPALE EUROPEA PER I MEDIA

 

VARSAVIA. = La cultura giovanile è plasmata dall’universo dei mezzi di comunicazione. Di fronte alla diversità di percorsi verso la felicità offerti dai media, la Chiesa propone un diverso stile di vita tramite l’incontro con Cristo. Questa testimonianza deve essere comunicata in maniera autentica, con un linguaggio accessibile ai giovani, come la musica, che non conosce frontiere. Nel messaggio finale dell’Assemblea plenaria della Commissione episcopale europea per i Media (CEEM), conclusasi il 18 settembre, i vescovi accolgono positivamente i media, visti come dono di Dio, ma sottolineano la necessità di farne un uso responsabile e creativo. Questa è la sfida che la Chiesa si propone e deve accettare, perché una Chiesa assente o eccessivamente compiacente non sarà rispettata né dai media né dai giovani. Alla vigilia dell’Assemblea plenaria della CEEM, c’è stato l’incontro annuale degli addetti stampa e portavoce delle Conferenze episcopali d’Europa (CCEE), che ha confermato come la collaborazione si stia rafforzando sempre di più. Il tema sulle agenzie stampa cattoliche ha aperto l’incontro. Ci si è interrogati sul valore aggiunto che quest’ultime debbano avere rispetto a qualsiasi altra agenzia laica, e di come il mondo delle agenzie stampa stia cambiando alla luce della crescente presenza di siti internet che forniscono informazioni. L’Assemblea plenaria della CEEM quest’anno si è incentrata sull’analisi della cultura dei media, cercando di comprendere il rapporto che i giovani hanno con essa, nel tentativo di tracciare possibili nuove piste di lavoro della Chiesa con e per i giovani. (R.R)

 

 

CONCLUSO A ROMA IL V CONVEGNO ECUMENICO EUROPEO SULLA CINA,

DEDICATO  AL TEMA “DIVERSI NELL’UNITA’”.

CINQUE GIORNI DI INTENSO DIBATTITO TRA DELEGATI DI PAESI EUROPEI E CINESI, ALL’INSEGNA DELL’APERTURA VERSO IL GRANDE PAESI ASIATICO

E DELLE SFIDE PER I CRISTIANI

 

ROMA. = Cinque giorni intensi, impegnativi, incentrati sul tema “Diversi nell'unità”. Si è concluso a Roma il V Convegno ecumenico europeo sulla Cina nel segno dell’apertura al grande Paese asiatico in campo economico, culturale ma soprattutto religioso, con particolare rilievo per la presenza cristiana. “Diversi nell'unità” perché la diversità è una realtà nella crescita che la Cina sta sperimentando. Si tratta allora come cristiani, si legge nella nota conclusiva dei lavori, “di segnare un cammino verso l'unità senza cancellare le diversità”, combinando insieme i due aspetti. Si sono quindi delineate nuove sfide alle quali le Chiese cristiane cinesi sono chiamate a far fronte. Ci sono stati interventi di cattolici, protestanti e anche di cinesi che hanno espresso questa tendenza verso l'unità, e realtà a volte dolorose di separazioni o comunque di diversità. Molti partecipanti hanno maturato, da questo incontro, il bisogno, la volontà di lavorare per proseguire questo cammino evangelico unitario per il bene delle Chiese e della società cinese. Grande assente a Roma è stata la delegazione ufficiale cinese, il “Consiglio Cristiano Cinese”, che non ha avuto dal governo di Pechino il permesso di uscire dal Paese. Questo è stato avvertito dai partecipanti – sottolinea la Nota – “come un segno di divisione e non di diversità. Una divisione che esiste e resiste tra la politica e la realtà delle Chiese in Cina”. Il prossimo convegno ecumenico europeo si svolgerà tra tre anni, in una sede non ancora individuata. (R.G.)

 

 

15 ANNI FA VENIVA ASSASSINATO DALLA MAFIA  IL GIUDICE  ROSARIO LIVATINO.

AVEVA CONIUGATO FEDE CRISTIANA E SERVIZIO ALLO STATO.

IL PRESIDENTE CIAMPI LO RICORDA IN UN MESSAGGIO

 

AGRIGENTO. = Sono numerose le iniziative oggi in Sicilia, ma anche nel resto dell’Italia, per ricordare il XV anniversario dell’uccisione, per mano della mafia, del magistrato Rosario Livatino. I killer lo hanno assassinato mentre tornava nella sua casa di Canicattì, nei pressi di Agrigento: era la sera del 21 settembre 1990. Non aveva la macchina blindata né la protezione della scorta. Il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi ha sottolineato in un messaggio  il  coraggio e l’eroico sacrificio di questo giudice. Rosario Livatino era un uomo che aveva coniugato la fede cristiana con il servizio allo Stato e proprio la sua fede e il suo grande senso del dovere lo portarono a combattere con coraggio e senza sconti la criminalità organizzata. Un impegno senza compromessi pagato con la vita.

 

 

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24 ORE NEL MONDO

21 settembre 2005

 

- A cura di Fausta Speranza –

 

Violenti scontri tra le forze di sicurezza irachene e un gruppo di insorti sono scoppiati stamani nella parte occidentale di Baghdad. Durante gli scontri, secondo le prime informazioni, sono rimasti uccisi almeno due poliziotti e un numero imprecisato di ribelli. Secondo quanto riferiscono fonti di stampa sul posto, la polizia ha circondato un'abitazione del quartiere al Mansour, dove in base ad una segnalazione si nascondevano dei terroristi. Dalle finestre dell'edificio, gli insorti hanno però aperto il fuoco contro gli agenti, che hanno quindi chiesto il sostegno delle forze americane. L'emittente tv “al Hurra” ha affermato che tuta la zona è stata rapidamente isolata e nell'operazione sono stati. impiegati circa 2000 uomini tra forze irachene e americane, intervenute con mezzi blindati ed elicotteri. Non mancano poi altri episodi di violenza: due giornalisti del quotidiano iracheno “As Safir” sono stati uccisi in questi giorni a Mossul, nel nord dell’Iraq, a colpi d'arma da fuoco. Da Bassora giunge notizia che il governatore ha chiesto alle forze britanniche di riconsegnare ai corpi di sicurezza iracheni i due soldati del loro contingente liberati con la forza due giorni fa. Erano stati arrestati dalla  polizia locale al termine di una sparatoria, perché ritenuti responsabili della morte di un cittadino iracheno.

 

E sul tema Iraq, interviene il portavoce del ministero degli Esteri del vicino Iran, Hamid Reza Asefi. Lo fa rispondendo alle accuse di interferenze della Repubblica islamica tra la maggioranza sciita  in Iraq, avanzate ieri dal segretario alla Difesa americano, Donald Rumsfeld: Asefi afferma che con tali dichiarazioni Washington cerca di “nascondere l'incapacità delle forze occupanti di riportare la sicurezza nel Paese”. Secondo Asefi, la sicurezza in Iraq potrà essere garantita  solo dal ritiro delle truppe straniere e la delega dell'amministrazione agli Affari nazionali al popolo  iracheno.

 

Dopo le elezioni senza vincitori di domenica scorsa, in Germania proseguono le trattative politiche per dare al Paese un nuovo governo. Un richiamo al senso di responsabilità è stato lanciato ai partiti dal presidente tedesco Horst Koehler.“Il Paese – ha detto – ha bisogno di capacità di governo e in questi momenti difficili i partiti sono chiamati a rispondere”.

 

Sono donne il 41 per cento dei circa sei milioni di afghani che hanno votato domenica per le elezioni parlamentari: ad affermarlo è oggi la Commissione elettorale afghana. La ripartizione dei votanti - ha precisato il portavoce della Commissione, Sultan Baheen - corrisponde a quella degli iscritti al voto, e replica le percentuali delle elezioni presidenziali del 2004, nelle quali il 44 per cento degli iscritti e il 40 per cento dei votanti erano state donne.  Al termine dello spoglio dei voti, alle donne è stata assicurata l'attribuzione del 25% dei seggi della Wolesi jirga (Assemblea nazionale) e il 30 per cento di quelli dei consigli provinciali, che a loro volta designeranno una parte del Senato (Meshrano jirga). La commissione elettorale dovrebbe annunciare domani i dati definitivi dell'affluenza alle urne delle elezioni parlamentari, le prime dopo 29 anni.

 

Il primo ministro giapponese, Junichiro Koizumi, è stato reinsediato alla guida del Paese dal nuovo Parlamento uscito dalle elezioni anticipate dell'11  settembre scorso, che hanno sancito una vittoria senza precedenti del Partito liberaldemocratico (LDP) del premier. Il nostro servizio:

 

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Il mandato a Koizumi era stato quasi plebiscitario per il suo programma di riforme  incentrato sulla privatizzazione delle Poste.  Koizumi, al potere dall'aprile 2001, ha ottenuto alla Camera  bassa (dei deputati) 340 voti su 480 seggi. Alla Camera alta  (Senato) 134 voti su 241 seggi. E' una maggioranza di oltre due terzi, fatto senza  precedenti nel dopoguerra. Ed oggi, il premier ha  ottenuto 13 voti in più della sua maggioranza, annoverando quelli favorevoli di molti dei deputati formalmente indipendenti. Dunque, grazie a questi rapporti di forza, Koizumi dovrebbe riuscire  nella sessione straordinaria del Parlamento, che si apre oggi e che dovrebbe durare fino all'11 novembre, a far approvare il  progetto di legge per la privatizzazione delle poste. Progetto affossato lo scorso 8 agosto dal voto contrario del Senato. In serata, Koizumi terrà una conferenza stampa per chiarire  il suo programma di governo. Per il momento, fa sapere di confermare in carica tutti i ministri del suo precedente esecutivo, lasciando intendere che con un rimpasto riserverà posti chiave a esponenti del suo partito che aspirano a  succedergli. Subito dopo il trionfo elettorale, Koizumi aveva ribadito di voler lasciare comunque la guida del Paese nel settembre 2006, quando scadrà il suo mandato di presidente dell'LDP.

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Non sorprende gli Stati Uniti l’intenzione della Corea del Nord di non rinunciare al proprio deterrente nucleare se prima Washington non fornirà a Pyongyang un reattore atomico ad acqua leggera. A due giorni dall’intesa raggiunta a Pechino sul disarmo nucleare nord-coreano, il capo della delegazione americana ha dichiarato che “l'accordo verrà applicato” comunque. Il punto nel servizio di Riccardo Cascioli:

 

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L’accordo siglato lunedì prevedeva che Pyongyang rinunciasse al suo programma nucleare in cambio di aiuti e della garanzia degli Stati Uniti di non attaccare il Paese. Successivamente, gli Stati Uniti avrebbero pensato a dotare Pyongyang di un moderno reattore nucleare ad acqua per scopi civili: l’accordo, per quanto salutato con grande soddisfazione in tutta la regione, era però ancora vago e rimandava alla prossima tornata di colloquio di novembre il confronto sulle modalità di attuazione. Pyongyang non ha aspettato tanto. Nel giro di 24 ore, ha cambiato le carte in tavola affermando che non farà mai la prima mossa. In realtà, ci troviamo all’inizio di una lunga e difficile fase negoziale, alla cui radice c’è la profonda crisi economica che attanaglia la Corea del Nord. Non potendo contare per le sue responsabilità su aiuti umanitari del tipo di quelli goduti dai Paesi africani, ad esempio, il regime sta usando il suo potere nucleare come arma di scambio, per ottenere ciò di cui ha bisogno senza indebolire al contempo la sua posizione interna.

 

Per la Radio Vaticana, Riccardo Cascioli.

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Di ritorno da un sopralluogo nell'area devastata dall'uragano Katrina, il presidente Usa George W. Bush ha firmato, ieri sera a Washington, norme che aumentano i fondi per le vittime della catastrofe naturale disponibili con un programma di assicurazione anti-inondazioni e che prevedono altre forme di assistenza finanziaria.  Ma più che ai progressi per porre riparo ai guasti causati da Katrina, si guarda, in queste ore, alla minaccia del nuovo uragano Rita, attualmente forza 4, e potrebbe colpire la costa in un punto ancora indeterminato, dal Nord del Messico a tutto il Texas, alla Louisiana occidentale. L'arrivo di Rita non è, comunque, previsto prima del fine settimana e la perturbazione potrebbe ancora dissolversi, o prendere una direzione finora imprevista.

 

Almeno 36 persone sono morte,  alcune sono disperse, e 62 mila persone sono rimaste senza tetto  a causa della tempesta tropicale che si è abbattuta sul golfo  del Bengala, in India e in Bangladesh. Il golfo del Bengala è regolarmente battuto da tempeste  tropicali e tifoni nei mesi di settembre e ottobre, che provocano la morte ogni anno di centinaia di persone.

 

 

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