RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
260 - Testo della trasmissione di sabato 17
settembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Prolungati a Pechino i negoziati a sei sul disarmo nucleare della Corea del Nord
17
settembre 2005
NON DOBBIAMO ABBANDONARE GLI STATI UNITI NEL
MOMENTO DEL BISOGNO:
IL MONITO DELL’ARCIVESCOVO CORDES AL RIENTRO DELLA
SUA MISSIONE
TRA LE POPOLAZIONI COLPITE DALL’URAGANO, QUALE
INVIATO DEL PAPA
- Intervista con l’arcivescovo Paul Cordes -
E’ rientrato a Roma dagli Stati Uniti l’arcivescovo Paul Cordes,
presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, incaricato da Benedetto XVI di
recare testimonianza della sua personale solidarietà insieme con l’aiuto
concreto della Chiesa alle popolazioni colpite dall’uragano Katrina, che si è
recentemente abbattuto lungo la costa del Golfo del Messico nel sud degli Stati
Uniti d’America, in particolare nella zona di New Orleans. Giovanni Peduto ha
intervistato il presule sull’esito della sua missione umanitaria:
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R. – Sono partito per il delta
del Mississippi lo scorso 10 settembre; per quattro giorni ho viaggiato tra
Baton Rouge, Biloxi e New Orleans, incontrando le comunità cattoliche,
visitando gli sfollati nei quartieri dove vivono ammassati. La presenza
personale di un inviato del Papa ha trovato ripetutamente parole di gratitudine
in ambito ecclesiale e anche in ambito civile. Sembra, tra l’altro, che il
Vaticano sia l’unico Stato al mondo ad avere incaricato un suo esponente di
governo di visitare le zone colpite.
D. – In questi giorni, quali
contatti ha avuto, eccellenza, con personalità degli Stati Uniti?
R. – Ho potuto parlare con la
governatrice Blanco della Louisiana, e anche con il vice ammiraglio Fed Ellen,
a Washington. Lui è incaricato personale del presidente Bush per gli aiuti
federali. Ho parlato certamente con i vescovi americani del luogo: mi ha
accompagnato tutto il tempo il cardinale McCarrick, arcivescovo di Washington.
Avevo contatto anche con i vertici della rete caritativa cattolica locale. La
Caritas americana, che si chiama Catholic Charities, sin dai primi giorni
dell’emergenza ha messo a disposizione sei milioni di dollari, frutto anche di
una colletta di varie Caritas nazionali. La mia visita ha risvegliato nuove
attenzioni, per raccogliere altri aiuti materiali. L’area colpita è assai vasta
e nelle zone disastrate giungono volontari da ogni parte degli USA. La ricostruzione
certamente richiederà mesi e anni. Durante il mio soggiorno ho visto scenari
terribili, ma anche gesti di grandissima umanità.
D. – E quale impressione ne ha
riportato, eccellenza?
R. – Molti sono rimasti – non
solo fuori dal Paese – impressionati dalla scoperta di una povertà a tratti
vergognosa nella ricca America. D’altra parte, non voglio nascondere un mio
personale timore: che la superpotenza possa isolarsi e rimanere isolata anche
nell’affrontare il disastro. In questo frangente drammatico, gli Stati Uniti
non devono essere abbandonati e ciò ci obbliga. C’è non solo la nostra ‘communio’ con i membri della nostra
Chiesa e la nostra solidarietà umana: c’è di più. Ha detto un alto
rappresentante che la debolezza vissuta negli Stati Uniti di fronte a questa
catastrofe rende sensibili anche per distruggere ogni nostra convinzione di
autosufficienza. Così, per me, nel male di questo evento c’è anche la speranza,
per molti cittadini, di vedere che il mondo è più grande degli Stati Uniti!
Nell’omelia pronunciata nella cattedrale di Baton Rouge l’11 settembre,
esattamente quattro anni dopo la distruzione delle Torri Gemelle a New York, ho
invitato i cattolici a riflettere sulla dimensione religiosa degli eventi,
anche di quelli più luttuosi e catastrofici. Ho tentato di spiegare alla grande
congregazione, in parte venuta anche da New Orleans, che la secolarizzazione ci
inganna, dividendo la fede, la profondità della nostra fede, dalla vita
quotidiana. Ma la fede vuole illuminare ogni momento che viviamo. Dio, infatti,
ci accompagna sempre, anche nei momenti più bui, sebbene non lo capiamo. Il credente
non deve dubitare mai – così ho detto – che Dio ci ama, e in questa convinzione
trova consolazione.
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UDIENZE
Il Papa ha ricevuto stamani, nel
Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, il cardinale Friedrich Setter,
arcivescovo di Monaco e Frisinga. Benedetto XVI era stato nominato nel 1977
arcivescovo di questa grande diocesi bavarese da Papa Paolo VI.
Il Santo Padre ha ricevuto anche
alcuni presuli della Conferenza episcopale del Messico, in visita “ad Limina”:
mons. Sergio Obeso Rivera, arcivescovo di Jalapa; mons. Rutilo Muñoz Zamora,
vescovo di Coatzacoalcos con il
vescovo emerito, mons. Carlos Talavera
Ramírez; mons. Eduardo
Porfirio Patiño Leal, vescovo di Córdoba; mons. Hipólito Reyes Larios, vescovo
di Orizaba; mons. Lorenzo Cárdenas Aregullín, vescovo di Papantla; mons. José
Trinidad Zapata Ortiz, vescovo di San Andrés Tuxtla con il vescovo emerito,
mons. Guillermo Ranzahuer González.
E’ NECESSARIA UNA RIFORMA DELLE NAZIONI UNITE PER
RENDERLE
PIU’ EFFICACI NEL MANTENIMENTO DELLA PACE E NELLA
LOTTA ALLA POVERTA’:
COSI’ IL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO, ANGELO
SODANO, NELL’INTERVENTO DI IERI AL PALAZZO DI VETRO. LA SANTA SEDE FAVOREVOLE
ALL’ISTITUZIONE
DI UNA
COMMISSIONE PER IL PEACEBUILDING. LE ONG CRITICANO
IL DOCUMENTO FINALE DEL VERTICE ONU, APPROVATO
NELLA NOTTE
- Con noi, Sergio Marelli -
La
riforma delle Nazioni Unite, l’istituzione di una commissione per il peace
building e la sfida dello sviluppo dei Paesi poveri: questi i temi chiave
affrontati dal cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, nel suo discorso,
ieri, all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a New York, in occasione del
Vertice straordinario per il 60.mo anniversario dell’istituzione dell’ONU.
Intervenendo a nome di Benedetto XVI, il porporato ha esortato la comunità
internazionale a rendere le Nazioni Unite più efficaci per affrontare le sfide
del XXI secolo, dal disarmo alla lotta per sradicare la povertà. Il servizio di
Alessandro Gisotti:
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LES PAUVRES NE PEUVENT PAS
ATTENDRE…
“I poveri non possono
aspettare”: il cardinale Angelo Sodano ha citato il richiamo di Giovanni Paolo
II, pronunciato nel suo viaggio apostolico in Cile nel 1987, per sottolineare
l’urgenza della sfida dello sviluppo. Il porporato ha avvertito che l’ONU, come
ogni realtà umana, mostra i segni del tempo e necessita dunque una riforma
della sua struttura. Una riforma che la renda un’organizzazione “capace di
prendere delle decisioni e di farle rispettare”. Troppi, infatti, sono
“scoraggiati dalle tante promesse fatte ma non mantenute”. Un’organizzazione
che “sia attenta alle esigenze dei popoli piuttosto che agli equilibri di
potere”. Il segretario di Stato vaticano si è quindi soffermato sulle
responsabilità dell’ONU nel mantenimento della pace a livello mondiale. Oggi lo
statuto delle Nazioni Unite va integrato con nuovi strumenti giuridici
internazionali - ha rilevato il cardinale Sodano - per affrontare problemi
quali il disarmo, la lotta al terrorismo e alla criminalità internazionale.
LA LONGUE HISTOIRE DES
OPERATIONS DE PAIX
“La lunga storia di operazioni
di mantenimento della pace con i suoi successi e insuccessi – ha
affermato – offrono un’esperienza per sviluppare dei mezzi di azione” più
efficaci. Per questo - ha detto il porporato - la Santa Sede è favorevole alla
creazione di un organismo come la Peacebuilding Commission, per radicare
la pace nei Paesi provati da conflitti. Anche sulla scorta delle tragedie nei
Balcani, in Africa e Medio Oriente - ha aggiunto - va “approfondita la
questione dell’uso della forza per disarmare l’aggressore”. Nel contesto della
riforma dell’ONU - ha dichiarato il cardinale Sodano - la “Santa Sede chiede
agli Stati di avere il coraggio di continuare le discussioni sui modi di
applicazione e sulle conseguenze pratiche del principio di responsabilità a
proteggere”. Ciò affinché “sia posto rimedio in modo opportuno, attraverso
l’intermediazione del Consiglio di Sicurezza” a “tutte quelle situazioni nelle
quali le autorità nazionali non vogliono o non possono proteggere le loro
popolazioni di fronte alle minacce interne ed esterne”.
SI L’ON CONSIDERE MAINTENANT
LE GRAND THEME DU DEVELOPPEMENT
Il Segretario di Stato vaticano
ha rivolto così l’attenzione al grande tema dello sviluppo. Il cardinale Sodano
si è rallegrato per alcune iniziative di finanziamento allo sviluppo, come
quelle prese all’ultimo vertice del G8 a Gleneagles in Scozia. D’altro canto,
ha esortato la comunità internazionale a lavorare “per una mobilitazione
economica e finanziaria solidale”. In tale contesto, ha ribadito che va risolto
il problema del debito estero dei Paesi poveri. Tuttavia - ha proseguito il
porporato - le azioni degli Stati ricchi vanno accompagnate da una rinnovata
responsabilità da parte dei governi dei Paesi in via di sviluppo, che devono
combattere la corruzione ed impegnarsi per l’educazione, la sicurezza e
l’assistenza sanitaria. La parte finale dell’intervento del cardinale Sodano è
stata dedicata proprio alle minacce alla salute. “Non possiamo – ha detto –
offrire una visione ambigua” o “peggio ancora ideologica della sanità”. Per
esempio - ha evidenziato il porporato - bisognerebbe “parlare chiaramente di
salute delle donne e dei bambini” piuttosto che “utilizzare il termine di
salute della riproduzione”.
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E nella notte è stato approvato
il documento finale del vertice straordinario dell’ONU. Il testo di 35 pagine
istituisce una nuova Commissione di Peacebuilding,
ma appaiono deludenti i passaggi che riguardano gli aiuti allo sviluppo e più
in generale l'attuazione degli “Obiettivi del Millennio”. Al microfono di
Alessandro Gisotti, il commento di Sergio Marelli, presidente dell’associazione
delle ONG italiane, che ha preso parte al Vertice ONU di New YorK:
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R. - Le
grandi aspettative che avevano accompagnato questo vertice non sono state
corrisposte dai risultati, cioè da questo documento finale. In particolare,
penso che l’aver tolto tutti i riferimenti quantitativi, le scadenze temporali,
avere eliminato anche quel risultato che sembrava veramente possibile alla
vigilia del vertice, cioè l’instaurazione di un Consiglio per i diritti umani,
lascia un poco l’amaro in bocca per una grande occasione persa per riformare
davvero le Nazioni Unite e raggiungere gli Obiettivi del Millennio. Si è parlato
moltissimo di lotta al terrorismo, di sicurezza, ma ancora una volta senza, dal
mio punto di vista, quel necessario e indissolubile aggancio con la lotta alla
povertà.
D. – Quindi, un testo che
contiene più aspirazioni che decisioni?
R. – Sì, che
rimanda la palla fondamentalmente all’Assemblea generale per quanto riguarda la
riforma delle Nazioni Unite. E sappiamo che il vertice dei capi di Stato aveva
proprio un grande significato, perché poteva prendere decisioni, dare
orientamenti chiari all’Assemblea generale. Ora, ripartire nel dibattito in
Assemblea generale lascia prevedere dei tempi molto lunghi e si comincia a
dubitare che possano esserci tempi abbastanza lunghi per rimettere in
carreggiata le Nazioni Unite e dare un funzionamento più efficace, più
efficiente, a questa organizzazione.
D. – Cosa possono fare le
Organizzazioni non governative, la società civile attraverso le sue
articolazioni, per far sì che si prendano decisioni senza ‘rimpallarsi’ le
responsabilità?
R. – Nel corso di giovedì
mattina c’è stato un Consiglio di sicurezza, al quale ho potuto assistere.
Penso che Tony Blair abbia usato un’espressione molto significativa. Ha detto
che il terrorismo è ormai diventato un movimento con una ideologia e con una
strategia. Ritengo che sia un’affermazione non priva di fondamento. Penso che
allora a questo movimento del terrore, della violenza, della violazione dei
diritti e della pace e della sicurezza per tutti, la società civile debba
continuare a contrapporre un movimento forte, con altrettanta ideologia, con
altrettanta strategia, ispirate alla giustizia sociale e alla pace!
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AL CONVEGNO “LA SACRA SCRITTURA NELLA VITA DELLA CHIESA”,
NEL QUARANTESIMO ANNIVERSARIO DELLA COSTITUZIONE DOGMATICA DEI
VERBUM, L’INTERVENTO DEL CARDINALE CARLO MARIA MARTINI
Si conclude oggi a Roma il convegno “La Sacra Scrittura nella vita della
Chiesa” organizzato nel quarantesimo anniversario della Costituzione Dogmatica
Dei Verbum. Ieri pomeriggio l’intervento del cardinale Carlo Maria Martini sul
ruolo centrale della Parola di Dio nella vita della Chiesa e l’animazione
biblica dell’esercizio pastorale”. Tiziana Campisi ce ne riassume i contenuti:
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Il cardinale Carlo Maria Martini
ha cominciato la sua relazione ricordando Giovanni Paolo II che nel suo libro
“Alzatevi, andiamo” ha voluto parlare ai vescovi come seminatori e servitori
della Parola. “La possibilità che noi abbiamo oggi di saziare abbondantemente
la fame della Parola di Dio di tanta gente è anche frutto e merito della Dei
Verbum”, ha detto. Il porporato ha poi sottolineato l‘importanza del documento
quando precisa che la Scrittura insegna fermamente, fedelmente e senza errore
la verità che Dio ha rivelato per la salvezza dell’uomo. “La lettura dei testi
sacri deve essere una lettura fatta sotto l’impulso dello Spirito santo – ha
detto – fatta nella Chiesa, nel solco della grande tradizione ecclesiastica,
nel quadro di tutte le verità di fede e in comunione con i pastori della
Chiesa”.
Il cardinale Martini ha anche ricordato quanto i cattolici, prima
del Concilio Vaticano II, fossero lontani dalla Sacra Scrittura ma che la motivazione
principale era quella di una certa diffidenza delle autorità ecclesiastiche
verso la lettura della Bibbia da parte dei laici. Il movimento biblico, invece,
caldeggiava un contatto diretto e una familiarità orante di tutti i fedeli con
l’intero testo della Scrittura nella lingua del popolo, tradotta dai testi originali.
Secondo il porporato, la lectio divina, ossia la lettura e la meditazione dei
testi sacri, rappresenta un antidoto efficace contro l’ateismo pratico della
nostra società soprattutto in Occidente, ed è fermento di comunione anche in
rapporto alle altre grandi religioni. Il cardinale Martini, a tal proposito, ha
raccontato delle numerose persone che a Milano, grazie all’approccio con la
Bibbia, hanno poi saputo orientare la loro vita secondo la volontà di Dio nella
grande città moderna e secolarizzata. Fedeli e sacerdoti - ha detto - hanno
trovato il modo per assicurare l’unità di vita in un’esistenza spesso
frammentata e lacerata da diverse esigenze e nella quale era necessario trovare
un punto fermo di riferimento.
L’approccio con la Bibbia - ha detto ancora Martini - aiuta ad
affrontare una delle più grandi sfide del nostro tempo: quella di vivere insieme
come diversi, non solo nella etnia, ma pure nella cultura, senza distruggersi a
vicenda e anche senza ignorarsi, rispettandosi e stimolandosi mutuamente per
una maggiore autenticità di vita. Cosa che - ha proseguito il porporato - vale
per ogni cammino ecumenico e anche per l’incontro tra le grandi religioni che
non deve portare né a conflitti né a steccati, ma piuttosto deve spingere
uomini e donne sinceramente religiosi a comprendere i tesori degli altri e a
far comprendere i propri. Così ciascuno può essere invitato a pervenire ad una
maggiore verità e trasparenza di fronte a Dio e alle sue chiamate. In un cuore
concentrato sulla Parola - ha concluso il cardinale Martini - è possibile
sperare in un rinnovamento della Chiesa.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima
pagina: Il cardinale Angelo Sodano è intervenuto al Vertice di Capi di Stato e
di Governo durante la 60 Assemblea Generale dell’ONU.
Servizio
vaticano - Due pagine dedicate alla Giornata mondiale delle Gioventù a Colonia
svoltasi un mese fa.
Servizio
esteri - USA-Russia: Bush e Putin alleati nella lotta contro il terrorismo.
Servizio
culturale - Un elzeviro di Mario Gabriele Giordano dal titolo “Lorenzo Valla e
Napoli”, il tema di un convegno internazionale.
Servizio
italiano - In rilievo la legge elettorale. Vertice a vuoto: ancora contrasti
nella Cdl. Da Prodi chiusura netta.
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17
settembre 2005
UNITÀ DEI CRISTIANI NON SIGNIFICA RINUNCIARE ALLE
PROPRIE PECULIARITÀ,
MA AGIRE IN COMUNIONE. COSÌ IL CARDINALE WALTER
KASPER ALLA CONFERENZA
INTERNAZIONALE “IL DIALOGO IN EUROPA” IN CORSO A GNIEZNO, IN POLONIA
Unità dei cristiani non vuol
dire rinunciare alle proprie peculiarità, ma agire in comunione per la difesa
dei valori e dei principi cristiani in Europa. Così il cardinale Walter Kasper,
presidente del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani, nel discorso di
apertura della seconda giornata dei lavori della Conferenza internazionale “Il
dialogo in Europa” in corso a Gniezno, in Polonia. Il cammino ecumenico ha
compiuto enormi progressi tanto in Occidente, quanto in Oriente, con il
riavvicinamento alla Chiesa ortodossa, e l’arcivescovo Hilarion, rappresentante
della Chiesa ortodossa russa a Bruxelles, auspica un’immediata unità d’azione
per contrastare le istanze anticristiane in Europa. Il servizio del nostro
inviato a Gniezno, Stefano Leszczynski:
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I cristiani devono lavorare
insieme per far riattecchire le radici cristiane dell’Europa e farle
germogliare nuovamente. Con questo auspicio il cardinale Walter Kasper,
presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, si è rivolto
alla platea di un migliaio di persone che prendono parte ai lavori della
Conferenza internazionale di Gniezno dedicata al dialogo ecumenico ed
interreligioso. L’ecumenismo - ha sottolineato il porporato - non ha soltanto
una motivazione religiosa o spirituale, ma anche ripercussioni molto concrete
sulla vita quotidiana che i cristiani europei sono chiamati ad affrontare. Così
anche la tesi dell’integrazione europea è molto più che un problema soltanto
economico, è anche un problema ecumenico. I cristiani devono operare su valori
comuni ed in unità per poter rinsaldare i principi di diritto e promuovere la
pace in tutto il mondo. Non si tratta - ha sottolineato il cardinale Kasper -
di fare dell’Europa un ‘club cristiano’, ma di garantire il rispetto dei valori
cristiani così come quelli delle altre confessioni e religioni. I cristiani,
pertanto, potranno godere appieno della propria libertà soltanto se saranno
capaci di porsi in difesa anche delle libertà religiose degli altri. L’Europa
non deve solo essere una grande democrazia, ma deve avere anche una forte
spiritualità, ha concluso il porporato.
Un messaggio questo che è stato
pienamente condiviso anche dal vescovo Hilarion, rappresentante della Chiesa
ortodossa di Mosca a Bruxelles, che ha auspicato una nuova alleanza tra le due
Chiese per far sì che cattolici ed ortodossi possano contrastare le derive
liberaliste e la secolarizzazione sempre più forti in Europa. Un’alleanza che
dovrà andare molto al di là di quelle che sono le competenze della Commissione
teologica mista, cattolica e ortodossa. Forse, per l’unità delle Chiese
ortodossa e cattolica dovremo aspettare ancora decenni – ha sottolineato
l’arcivescovo Hilarion –, ma nulla ci impedisce di agire nel frattempo come una
sola Chiesa per la difesa della cristianità in Europa.
Nel pomeriggio i lavori della
Conferenza proseguiranno con un dibattito sui rapporti tra Polonia e Germania
40 anni dopo il memorandum congiunto dei vescovi dei due Paesi sul perdono
reciproco. Al dibattito prenderanno parte anche l’ex Cancelliere tedesco,
Helmut Kohl, e l’ex ministro degli Esteri polacco, Wladislaw Bartoszewski.
Da Gniezno, in Polonia, Stefano Leszczynski, Radio
Vaticana.
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RUSH FINALE PER LA CAMPAGNA ELETTORALE IN
GERMANIA.
PRONOSTICI INCERTI TRA IL CANCELLIERE SCHROEDER
E LA
SFIDANTE ANGELA MERKEL
- Intervista con Angelo Bolaffi -
Lunga maratona elettorale in
Germania, dove domani si voterà per il rinnovo del Parlamento federale. Per la
prima volta dal dopoguerra i candidati potranno tenere comizi fino alla sera
che precede la consultazione. Intanto, è sempre testa a testa tra gli
schieramenti. Secondo i più recenti sondaggi, la coalizione cristiano
democratica, guidata da Angela Merkel, sarebbe in leggero vantaggio su quella
rosso-verde del cancelliere socialdemocratico, Gerhard Schroeder. In questo
quadro, nonostante le dichiarazioni contrarie dei due leader, l’ipotesi di una
grossa coalizione al governo si fa sempre più vicina. Ne è convinto, al microfono
di Eugenio Bonanata, il germanista Angelo Bolaffi:
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R. – La grande coalizione,
infatti, non la vuole nessuno o soltanto in pochi. Però, se alla fine i voti
non ci sono, la grande coalizione si farà. Ovviamente, se a guidarla sarà la
Merkel, Schröder non farà parte di questa grande coalizione. A seconda
dell’esito elettorale, che è molto incerto, sono possibili tantissime soluzioni
di governo. Realisticamente, ne sono possibili, secondo me, solo due, cioè la vittoria dei democristiani
con i liberali oppure una grande coalizione.
D. – Tuttavia, come potrà
cambiare la politica estera della Germania, pensando soprattutto alla sua
posizione in Europa?
R. – Schröder ha puntato, in
funzione polemica anti-Bush, ad un asse continentale Putin-Chirac. Questo asse,
evidentemente, vacilla, per motivi politici – debolezza di Chirac – per motivi
etici per il fatto che Putin certamente non sta introducendo le riforme
democratiche che aveva promesso ma sta invece incrudelendo la repressione in
Cecenia. D’altra parte, è anche vero che la linea Bush, cui la Merkel vorrebbe
dare più fiducia, sta incontrando crescenti difficoltà. Dopo il disastro
naturale di New Orleans e il disastro politico della guerra in Iraq, il modello
Bush vacilla. Sicuramente, la Merkel accentuerà un’attenzione verso la politica
dell’Europa unita che - bisogna dire - Schröder a differenza di Fischer non ha
particolarmente “curato”.
D. – Sono oltre quattro milioni
e mezzo i disoccupati nel Paese, e sono concentrati soprattutto nella ex
Germania dell’Est, dove ci sono anche salari mediamente più bassi. Secondo lei,
i cittadini dell’ex Germania Est si sentono messi da parte dal proprio Stato, o
in qualche modo traditi nelle aspettative derivanti dall’unificazione?
R. – La Germania, attualmente, è
tornata ad essere il più grande esportatore al mondo, quindi l’economia
funziona. Il problema è che il processo di razionalizzazione produttiva crea
pochissimi posti di lavoro. Di fronte a questo bisogna dire che ogni anno,
dalla Germania dell’Ovest alla ex Repubblica democratica di Germania, c’è un
trasferimento di ricchezza dell’ordine di 80 milioni di euro: questo ogni anno
per 15 anni. Quindi, certo, la disoccupazione è alta, però proprio non si può
dire che all’Est si sentano dimenticati, da un punto di vista economico. Certo,
c’è un problema di identità, ma questa – come dire – non può darla loro la
Germania occidentale. E’ un’identità che i tedeschi dell’Est debbono trovarsi
da soli, ritrovando un rapporto con la Germania, che sta diventando un altro
Paese grazie anche all’unificazione!
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DEL REGIME
ULTRACONSERVATORE DEI ‘SIGNORI DELLA GUERRA’,
DOMANI ELEZIONI
PARLAMENTARI IN AFGHANISTAN
- Intervista con
Francesco Martone -
Nella capitale afghana
Kabul, tre poliziotti sono stati uccisi da miliziani fedeli all’ex regime dei
talebani, mentre nei pressi di Kandahar, sette guerriglieri sono morti durante
un attacco ad un’auto delle forze di sicurezza. Non si placa, dunque, la
violenza alla vigilia delle elezioni. Domani, infatti, a quattro anni dalla
caduta del regime ultraconservatore dei ‘signori della guerra’, 12 milioni di
afghani si recano alle urne per eleggere i membri del futuro Parlamento. Ma che
significato può avere oggi parlare di “democrazia” per l’Afghanistan? E’ giusto
tentare di esportare modelli politici occidentali per un Paese culturalmente
molto diverso? Francesca Fialdini ne ha parlato con il senatore Francesco
Martone, segretario della Commissione per i diritti umani del Senato italiano:
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R. – La situazione sul campo in
Afghanistan è tale da dimostrarci che in effetti tutta questa retorica rispetto
all’esportazione di una democrazia di stampo filo-occidentale, di fatto deve
fare i conti con questioni più cruciali. Ci sono, da una parte, le condizioni
di vita delle popolazioni locali, dall’altro, la necessità di riconoscere che
non ci può essere democrazia in un Paese se non si fanno i conti con il
passato, se quindi non c’è un processo di rielaborazione della memoria storica,
di verità e di giustizia. Non possiamo esportare una democrazia pensando di
poterlo fare senza che coloro che dovrebbero fruire di questa democrazia o dei
benefici di questa democrazia, non siano messi loro in condizione di essere gli
artefici primi di un processo di liberazione e di emancipazione. Quindi,
piuttosto che esportare strumenti della democrazia che noi riteniamo essere
validi per tutto il mondo, dobbiamo cercare di contribuire ad aprire spazi di
agibilità democratica per dare poi la possibilità a quei popoli di poter
scegliere la loro via verso una società più giusta e libera. Per quanto
riguarda le donne, sono convinto che non basti dire che una percentuale di
donne parteciperà alla vita politica del Paese, quando poi, in effetti, non
esiste un raccordo tra coloro che rappresenteranno e coloro che dovrebbero
essere rappresentati. Tutto ciò non
significa che le donne potranno emanciparsi. Poi, al di là di ogni forma di
relativismo culturale o religioso, va compreso il ruolo delle donne
storicamente nella società afghana e nella storia afghana, e facendo i conti in
termini positivi con quella storia, con quella cultura, dobbiamo comprendere
come aiutare loro ad emanciparsi, secondo i loro criteri e le loro aspirazioni.
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Domani, 18 settembre, XXV
Domenica del Tempo Ordinario, la Liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù
racconta la parabola degli operai dell’ultima ora che ricevono dal padrone
della vigna la stessa paga di quelli che hanno lavorato l’intera giornata. Un
trattamento che suscita critiche e mormorazioni. Gesù parla della bontà di Dio
e dell’invidia dell’uomo. Quindi dice:
“Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi”.
Su questo brano evangelico
ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
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La
parabola degli operai dell’ultima ora fa tirare fuori dal cuore umano antichi
rancori e residui di peccato descritti nelle prime pagine del libro della
Genesi: la voglia di gestire Dio e di sottometterlo alle nostre categorie e ai
nostri criteri. Quando il padrone della vigna dà lo stesso salario a quelli che
hanno lavorato solo alla fine della giornata scatta il giudizio su Dio, come se
il cuore umano non riuscisse a gioire della bontà di Dio, come se non si
fidasse che Lui agisce secondo giustizia.
La storia umana è piena di cause
che gli uomini intentano contro Dio per il semplice fatto che Dio è buono. La
nostra volontà possessiva cozza continuamente contro l’amore sconfinato e
misericordioso di Dio. Dalla tentazione del serpente nell’Eden in poi l’uomo
continua ad essere tentato sullo stesso punto: non ammettere che Dio sia una
persona libera, piegarlo ai nostri piaceri e alle nostre convinzioni, come se
noi sapessimo meglio che cosa è il bene per noi.
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17
settembre 2005
IL PRIVILEGIO DI POTER SEMINARE LA PAROLA DI DIO
CON MEZZI MODERNI, QUALI
LA RADIO, INTERNET E LA TELEVISIONE: SOTTOLINEATO
DAL PRESIDENTE
DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI
SOCIALI,
MONS. JOHN FOLEY, ALL’INCONTRO IN CORSO A VARSAVIA
DELLA COMMISSIONE EPISCOPALE EUROPEA PER I
MEDIA
VARSAVIA. = Il privilegio di poter
seminare la parola di Dio con mezzi moderni, quali la radio, internet e la
televisione: sottolineato dal presidente del Pontificio Consiglio delle
Comunicazioni sociali, mons. John Foley, all’incontro in corso a Varsavia della
Commissione episcopale europea per i media. Il convegno, che si svolge nel Centro culturale dei Padri
Barnabiti, intende analizzare la relazione tra i mezzi di informazione, il
linguaggio dei giovani e la trasmissione della fede. Durante la Santa Messa
presieduta stamani dall’arcivescovo
John Foley, è stato affrontato proprio
il rapporto tra il mondo dei media e la diffusione del Vangelo. Nell’omelia il
presule, prendendo spunto dalla parabola del seminatore, ha sottolineato il privilegio di poter “seminare la parola di Dio con
l’uso dei mezzi più moderni”, aggiungendo che purtroppo gran parte di ciò che
seminiamo viene trascurato dalle persone che non aprono i loro cuori alla
dimensione religiosa e spirituale. Queste persone – ha spiegato mons. Foley -
sono così prese dalle loro vite che il diavolo non permetterà in loro la
nascita di domande fondamentali quali: “Perché”; “per quale scopo”; “quale è il
mio destino”. La nostra sfida – ha concluso il presule – è quella di rendere il
nostro messaggio attraente in modo che la gente possa accogliere il messaggio
di Dio. (A.L.)
SCONCERTO A LUCCA PER IL CONVOLGIMENTO IN
UN’INCHIESTA SU RICETTAZIONE
DI OPERE D’ARTE DEL DIRETTORE DEL MUSEO DIOCESANO E
RESPONSABILE DELL’UFFICIO PER L’ARTE SACRA E I BENI CULTURALI. MONS
GHILARDUCCI,
APPASSIONATO COLLEZIONISTA, HA SOSTENUTO DI AVERE
ACQUISTATO IN BUONA FEDE SUL MERCATO ANTIQUARIO LE OPERE RISULTATE RUBATE
LUCCA. = Sconcerto nella comunità ecclesiale di
Lucca per il coinvolgimento di mons. Giuseppe Ghilarducci in un’inchiesta dei
Carabinieri del Nucleo di tutela del patrimonio artistico di Firenze. Mons.
Ghilarducci, 70 anni, direttore del Museo della Cattedrale cittadina di San
Martino e responsabile dell'Ufficio diocesano per l'Arte sacra e i Beni
culturali, è stato accusato di presunta ricettazione. Coinvolti nelle indagini
anche cinque antiquari di Firenze e Lucca. A seguito di perquisizioni in
abitazioni di cui mons. Ghilarducci aveva disponibilità, i militari dell’Arma
hanno rivenuto in mezzo a centinaia di oggetti da collezione - fra cui tovaglie,
pizzi e paramenti sacri di ogni epoca, candelabri, inginocchiatoi e molti altri
pezzi - un piccolo altare in pietra rubato da una chiesa di Napoli, due
pregiatissimi calici rubati in chiese di Roma e Terni, e una tela di Giovanni
Marracci della seconda metà del ‘600, che rappresenta la Vergine del Soccorso,
scomparsa dalla chiesa di Gello di Pescaglia, nei pressi di Lucca. Mons.
Ghilarducci, posto agli arresti domiciliari, ha sostenuto che si è trattato di
acquisti fatti in buona fede, in quanto appassionato collezionista e non con la
volontà di ricettare opere d’arte rubate, così come hanno riferito i suoi
legali. Acquisti “effettuati costantemente sul mercato antiquario e non presso
privati o trafficanti”. I legali confidano quindi “in una rimeditazione
dell'ipotesi accusatoria da parte degli inquirenti”. (R.G.)
CELEBRATI
IERI A TURATE, IN PROVINCIA DI COMO, I FUNERALI DI ANGELO REDEALLI,
IL MISSIONARIO AGGREDITO E UCCISO IN CONGO
BRAZZAVILLE DOPO AVER
ACCIDENTALMENTE UCCISO
CON LA PROPRIA AUTO UNA BAMBINA DI 3 ANNI
COMO.
= Migliaia di persone hanno partecipato ieri a Turate, in provincia di Como, ai
funerali del missionario Angelo Redaelli, vittima lunedì scorso in Congo
Brazzaville di un linciaggio a colpi di machete. L’aggressione, avvenuta in un
villaggio della diocesi di Owando, è scattata quando il missionario si è
fermato a soccorrere una bambina che accidentalmente aveva investito e ucciso
con la propria auto. Il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, ha
invitato nell’omelia tutti i fedeli ad aprire il cuore alla convinzione che il
missionario “sia giunto al compimento massimo della sua vocazione, con un servizio
d’amore per gli altri fino alla donazione della propria vita”. Nato il 19 maggio 1965 a
Tradate, in provincia di Varese, fra’
Angelo Redaelli nel 1992 aveva fatto la
professione dei voti e nel 1995 era stato ordinato sacerdote. Prima di
intraprendere l’esperienza missionaria in Congo Brazzaville, si era laureato in
teologia morale ed era stato cappellano presso gli “Ospedali Civili” di
Brescia. (A.L.)
UNA CATTIVA ALIMENTAZIONE NEI LUOGHI DI LAVORO
NUOCE ALLA SALUTE E ALLA PRODUTTIVITÀ DEI LAVORATORI. E’ L’ALLARME LANCIATO,
CON UN RAPPORTO, DALL’UFFICIO INTERNAZIONALE DEL LAVORO
GINEVRA. = Il mondo è colpito da
un’emergenza alimentare di proporzioni gigantesche: la malnutrizione, una piaga
che colpisce circa un miliardo di persone nei Paesi in via di sviluppo. E’
quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’Ufficio internazionale del lavoro (ILO)
che propone anche un altro dato: negli Stati ricchi una persona su sei è obesa
o in sovrappeso. Lo studio, il primo ad analizzare le abitudini alimentari sui
luoghi di lavoro, sottolinea come una migliore alimentazione accrescerebbe il
tasso di produttività prevenendo malattie croniche. Le aree sviluppate e le
zone povere del mondo sono caratterizzate, nonostante gli stridenti contrasti,
da un fenomeno comune: un’alimentazione spesso non adeguata. Nei Paesi in via
di sviluppo, questa emergenza si traduce in un circolo vizioso che non rompe il
legame tra una dieta povera e una bassa produttività. La carenza di ferro, che
coinvolge quasi la metà della popolazione mondiale, riduce infatti le capacità
cognitive dei lavoratori e di conseguenza diminuisce la produttività.
Paradossalmente, diverse cause, ma stessi effetti nocivi per la produttività e
per la salute, si registrano nei Paesi ricchi. In particolare negli Stati
Uniti, dove più dei due terzi della popolazione è in sovrappeso e un regime
alimentare sproporzionato provoca un aumento delle spese sanitarie e può
ridurre la produttività del 20 per cento. Troppo spesso – si legge inoltre nel
rapporto – l’alimentazione sul lavoro è percepita come una questione
secondaria. Le mense offrono cibo mediocre, i distributori automatici
propongono generalmente alternative poco salubri e i ristoranti di quartiere
spesso si rivelano cari. Nel 2001 le malattie non trasmissibili legate ad uno
sbagliato regime alimentare, hanno superato il 46 per cento di tutte le
patologie ed hanno causato il 60 per cento dei decessi. (A.L.)
E’ IMPORTANTE TROVARE LA VERITA’
DI QUANTO ACCADUTO ANCHE SE PER IL CREDENTE C’E’ SEMPRE LA VERITA’ DEL VANGELO:
COSI’ IL VESCOVO DI LATINA AI FUNERALI
DEL CARABINIERE ALBERTO ANDREOLI, NELLA CATTEDRALE DI SAN MARCO,
PRESENTI 3000 PERSONE
LATINA. = “E’ importante trovare la verità e siamo
certi che il lavoro della magistratura ci consentirà di conoscerla, anche se il
nostro spirito di credenti ci spinge ad andare oltre, a trovare risposte nel
Vangelo”. E’ un passo dell’omelia pronunciata nella cattedrale di San Marco dal
vescovo di Latina, mons. Giuseppe Petrocchi, durante i funerali di Alberto Andreoli,
il carabiniere morto mercoledì scorso per l’esplosione di un ordigno nella
caserma in cui prestava servizio. Alla cerimonia hanno partecipato oltre tremila
persone, molte delle quali rimaste fuori dalla chiesa. Le esequie, precedute da
un picchetto d’onore, sono state caratterizzate da un’atmosfera di commozione,
interrotta da un lungo applauso che ha accompagnato l’uscita del feretro. Sono
stati molti i momenti toccanti della funzione e durante uno di questi, il
vescovo di Latina ha detto: la morte del carabiniere “non è un naufragio nel
vortice del nulla, ma il passaggio verso la gioia immensa del Paradiso”. Ai
funerali, hanno partecipato anche diverse autorità, tra le quali il ministro
dell’Interno Giuseppe Pisanu, il Capo della polizia Gianni de Gennaro, il
presidente della Regione Lazio Piero Marazzo e i sindaci di vari comuni. (R.R)
LE VENDITE DELLE COPIE DEL CATECHISMO DELLA CHIESA
CATTOLICA
HANNO SUPERATO IN DUE MESI, IN ITALIA, LE 625 MILA
COPIE
ROMA.
= Nei mesi di luglio e di agosto sono state vendute in Italia oltre 625 mila
copie del Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica, delle edizioni San
Paolo. A questo importante dato bisogna aggiungere le vendite delle versioni
dell’edizione tascabile, oltre 540 mila. Nonostante il numero elevato di copie
vendute, il successo editoriale è stato ignorato da molti quotidiani e il libro
non compare nella classifica di quelli più venduti. Chi rileva i dati sia in
forma telematica che in forma diretta dalle librerie – spiega all’Agenzia
‘Zenit’ il responsabile del marketing e della comunicazione delle edizioni San
Paolo, Alberto Porro - non tiene conto delle copie del Compendio vendute nelle
librerie religiose e attraverso la grande distribuzione. “Si tratta di criteri
accettati ma difficili da comprendere”, ha osservato Porro sottolineando che il
mondo dei media non si sofferma su un altro dato emblematico: la vendita, ogni
anno, di oltre un milione e mezzo di volumi della Bibbia. L’attuale
responsabile dei periodici della San Paolo ha aggiunto, infine, che il sistema
di rilevazione della vendita dei libri “guarda ai funghi che crescono nel
bosco, ma non si accorge degli alberi più grandi”. Il Compendio del Catechismo
della Chiesa cattolica è stato presentato da Papa Benedetto XVI lo scorso 28
giugno e propone, attraverso la tecnica della domanda e della risposta, i contenuti
della fede cristiana nella loro integrità e completezza. (A.L.)
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A cura di Dorotea Gambardella -
Medio Oriente. L’Autorità Nazionale Palestinese ha chiesto ad Israele di non interferire
nelle prossime elezioni legislative che dovrebbero tenersi in gennaio. La
richiesta arriva dopo che il premier israeliano Sharon ha minacciato di
boicottare le consultazioni se fra i candidati ci saranno esponenti di Hamas.
Sempre sul piano diplomatico, è stato
confermato l’incontro a New York, ad inizio ottobre, tra Sharon ed il
presidente palestinese Abu Mazen. Sul terreno, intanto, i servizi di sicurezza palestinesi hanno dispiegato 1.500 agenti a
Rafah, lungo il confine tra l'Egitto e la Striscia di Gaza. Si tratta di un primo
passo per chiudere la frontiera dove, dopo il ritiro delle truppe israeliane,
migliaia di persone erano passate illegalmente. Per evitare che avvenga lo stesso in territorio ebraico, anche
Israele ha adottato misure severe. Rimane, dunque, incandescente la situazione nei Territori.
Ce ne parla Aldo Baquis, dell’Ansa di Tel Aviv, intervistato da Antonella Palermo:
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R. – La zona più calda in questo
momento è nel sud della Striscia di Gaza, nella zona della città di Rafah: c’è
una situazione di grande ebollizione perché è una città divisa in due settori
dagli Accordi di pace israelo-egiziani del 1982. Il settore più a sud, che si
trova geograficamente nel Sinai settentrionale, è separato dall’altro settore,
quello palestinese, che si trova nella Striscia. Ci sono famiglie che sono
state divise per anni fisicamente, pur essendo molto vicine geograficamente. La
voglia di riallacciare contatti sociali ed umani è comprensibile. Certo, si è
creata nell’ultima settimana una situazione di assoluta anarchia nella zona di
Rafah, dove i gruppi armati dell’Intifadah hanno preso il controllo della situazione.
I miliziani di Hamas hanno aperto
brecce nella barriera di confine per consentire il libero flusso della
popolazione tra i due settori di Rafah, e quindi Israele avanza richieste
urgenti all’Egitto e all’Autorità nazionale palestinese affinché riportino
l’ordine su quella frontiera e impediscano l’afflusso di terroristi, di armi e
munizioni che potrebbero essere utilizzati subito dopo contro obiettivi
israeliani. La situazione resta quindi ancora in bilico, in quella zona.
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Restiamo in Medio Oriente. Sono stati rilasciati i due pastori
libanesi catturati dai soldati israeliani nella zona contesa delle Fattorie di
Shebaa, occupata dallo Stato ebraico nel 1967 e rivendicata dal Libano. Intanto,
si aggrava il bilancio dell'attentato avvenuto ieri sera in
un quartiere cristiano a Beirut. Si contano 22 feriti, di cui uno in condizioni
gravi, e un morto. La carica era composta da diversi chili di esplosivo. Si
tratta del dodicesimo attacco dinamitardo nel Paese dal 14 febbraio scorso,
quando fu assassinato l’ex premier Rafik al-Hariri.
Iraq. Almeno nove corpi di persone, uccise a sangue
freddo, sono stati rinvenuti dalla polizia locale in diversi punti della
capitale, Baghdad. I cadaveri sono stati ritrovati bendati e con mani e piedi
legati dietro alla schiena. Al momento nessuna delle salme è stata identificata.
Sangue anche a Baquba, dove un civile iracheno è rimasto ucciso e altri 17
feriti nella deflagrazione di un’autobomba vicino ad una scuola nel centro
della città.
Andranno avanti
anche domani i colloqui a sei sul disarmo nucleare della Corea del Nord.
Pechino ha quindi deciso di prolungare l'ultimatum, dopo che aveva chiesto alle altre delegazioni di
pronunciarsi entro oggi su un documento comune. Ai negoziati partecipano le due
Coree, la Cina, il Giappone, gli Stati Uniti e la Russia. L’incontro
di ieri, intanto, è stato segnato dal rifiuto da parte di Pyongyang della bozza cinese sulla denuclearizzazione
nordcoreana definita troppo vicina alle posizioni americane. Ce ne riferisce
Chiaretta Zucconi:
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Pyongyang definisce
‘inaccettabile’ la bozza dell’accordo sulla denuclearizzazione della penisola
coreana proposta dalla Cina poiché – affermano fonti diplomatiche nordcoreane –
“ricalca la posizione di Washington”. Nella bozza si parla della possibile
costruzione di un reattore ad acqua leggera richiesto dai nordcoreani, a
condizione che Pyongyang abbandoni tutti i programmi di sviluppo nucleare,
torni al Trattato di non proliferazione
atomica e accolga le ispezioni dell’AIEA. Dopo la bocciatura della Nord
Corea, è arrivato anche il giudizio delle altre delegazioni partecipanti ai
colloqui a sei, tutte insoddisfatte – chi per un verso, chi per l’altro – con
il documento. E’ quindi probabile che le consultazioni in corso si concludano
entro uno o due giorni senza il rilascio di alcuna dichiarazione congiunta.
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Continuano gli
scontri in Cecenia tra indipendentisti e polizia. Nelle ultime 24 ore sono
stati uccisi dalla guerriglia sette poliziotti, cinque durante un conflitto a
fuoco nella zona di Vedeno e gli altri due in un agguato a Grozny. Altri cinque
agenti sono rimasti feriti in modo grave. Le autorità russe hanno annunciato,
inoltre, l'uccisione di Akhmad Avdorkhanov, uno dei leader della guerriglia
separatista cecena, senza specificare le circostanze della sua morte. In passato, Avdorkhanov era stato il
responsabile della sicurezza di Aslan Mashkadov, ex presidente della repubblica
caucasica, assassinato dalle truppe federali russe nel marzo scorso.
Algeria. Due integralisti islamici armati e quattro membri delle
forze di sicurezza sono rimasti uccisi in diversi attacchi terroristici. È
quanto hanno riportato, oggi, molti quotidiani locali nelle loro edizioni on-line,
precisando che due “patrioti” - così sono chiamati i membri dei gruppi di
autodifesa formati spontaneamente da civili per proteggersi dalle violenze
delle milizie fondamentaliste - sono stati sgozzati ieri mattina nella regione
di Skikda, 510 km a est della capitale Algeri.
In un’intervista
alla televisione americana ABC, il presidente del Venezuela, Ugo Chavez, ha
detto che gli Stati Uniti hanno un piano, denominato “piano Balboa”, per invadere
il suo Paese. Chavez ha anche precisato di essere in possesso di documenti in
cui è specificato il numero di bombardieri e di navi da impiegare nell’invasione.
Nuovi negoziati di
pace sono stati annunciati, all’assemblea dell’ONU, dal ministro degli Esteri
sudanese Osmam Ismal per porre definitivamente fine alla crisi che ha investito
il Darfur, provincia occidentale del Sudan. Dal 2003 la regione è stata teatro
di violenti scontri, fra i guerriglieri arabi filo-governativi e le popolazioni
locali. Sono morte decine di migliaia di persone.
Elezioni
parlamentari in Nuova Zelanda. Il Partito Laburista del premier uscente, signora
Helen Clark, ha vinto la sfida con il Partito Nazionale ottenendo il 40,6 per
cento dei voti. Lo schieramento conservatore si è aggiudicato, invece, il 39,7
per cento dei consensi. La consultazione ha interessato circa tre milioni di
elettori.
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