RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 259 - Testo della trasmissione di venerdì 16  settembre 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Solo chi si pone in ascolto della Parola di Dio può diventarne un annunciatore: così il Papa al Congresso per il 40.mo della Costituzione conciliare “Dei Verbum”. Benedetto XVI invita i fedeli alla lettura assidua delle Sacre Scritture e raccomanda la Lectio divina.  La relazione dell’arcivescovo nigeriano  John Onayekan sui problemi di diffusione della Bibbia in Africa

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

La sfida del dialogo con le altre religioni: messaggio di Benedetto XVI al VI Convegno internazionale di Gniezno, in Polonia. Con noi mons. Henryk Muszyńki

 

Con l’uccisione di un altro candidato, il settimo in 5 mesi, si è chiusa la campagna elettorale in Afghanistan, domenica alle urne per le legislative: intervista con Alberto Negri

 

Riparte la Carovana internazionale antimafie: ai nostri microfoni don Luigi Ciotti

 

CHIESA E SOCIETA’:

“Aspettavamo questa notizia”: è il commento del presidente dei vescovi turchi, mons. Franceschini all’invito ufficiale rivolto ieri dal presidente turco a Benedetto XVI di visitare la Turchia nel 2006

 

Burkina Faso: ad ottobre aprirà la terza università pubblica

 

Nell’ambito del Prix Italia, riunione a Milano, da oggi a lunedì, della comunità radiotelevisiva italofona, cui partecipa anche la Radio Vaticana

 

Scoprire le ricchezze culturali di dodici musei diocesani, tra Monaco a Paderborn: la proposta della Chiesa tedesca, in vista della Giornata Mondiale del Turismo

 

Giunto alla sua terza edizione il Festival de las andalucías atlánticas,  che si svolge quest’anno nella città marocchina di Esauira  

 

24 ORE NEL MONDO:

“I palestinesi hanno diritto ad uno Stato”: così, ieri Sharon al Vertice ONU

 

In Germania, a due giorni dal voto, i sondaggi danno i cristiano democratici di Angela Merkel in vantaggio sui socialdemocratici del cancelliere Gerhard Schroeder

 

Entro tre anni, la Cina diventerà il secondo esportatore al mondo: lo afferma l’OCSE

IL PAPA E LA SANTA SEDE

16 settembre 2005

 

 

SOLO CHI SI PONE IN ASCOLTO DELLA PAROLA DI DIO

PUO’ DIVENTARNE UN ANNUNCIATORE:

COSI’ IL PAPA AL CONGRESSO PER IL 40.MO DELLA “DEI VERBUM”.

BENEDETTO XVI INVITA I FEDELI ALLA LETTURA ASSIDUA DELLA BIBBIA E RICORDA:

LA PAROLA DI DIO NON INVECCHIA MAI,

PER QUESTO LA CHIESA DEVE SEMPRE RINNOVARSI E RINGIOVANIRE

 

“Solo chi si pone innanzitutto in ascolto della Parola può poi diventarne annunciatore” perché quella che si deve insegnare non è una “propria sapienza ma la sapienza di Dio”.  E’ quanto ha detto stamane a Castel Gandolfo il Papa ai partecipanti al Congresso Internazionale sulla Sacra Scrittura, in corso a Roma per il 40° anniversario della Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione “Dei Verbum”. Si tratta - ha detto Benedetto XVI - di “uno dei documenti più importanti del Concilio Vaticano II”. Il Pontefice ha invitato tutti alla lettura assidua della Bibbia perché, come dice San Girolamo, chi ignora le Sacre Scritture ignora Cristo. La Parola di Dio - ha poi  sottolineato - “non invecchia mai” e per questo “la Chiesa deve sempre rinnovarsi”. Ma ascoltiamo il servizio di Sergio Centofanti:

 

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Il Papa ricorda di essere stato tra i testimoni della elaborazione 40 anni fa della “Dei Verbum”,  partecipando “in prima persona come giovane teologo alle vivaci discussioni che l’accompagnarono”. La Costituzione conciliare – sottolinea Benedetto XVI – si apre con una frase di profondo significato: “In religioso ascolto della Parola di Dio e proclamandola con ferma fiducia”.  La Chiesa, infatti,  “è una comunità che ascolta ed annuncia la Parola di Dio”:

 

“La Chiesa non vive di se stessa ma del Vangelo e dal Vangelo sempre e nuovamente trae orientamento per il suo cammino. È una annotazione che ogni cristiano deve raccogliere ed applicare a se stesso: solo chi si pone innanzitutto in ascolto della Parola può poi diventarne annunciatore. Egli infatti non deve insegnare una sua propria sapienza, ma la sapienza di Dio, che spesso appare stoltezza agli occhi del mondo”.

 

“La Chiesa – ha affermato il Papa -  sa bene che Cristo vive nelle Sacre Scritture” e  proprio per questo “ha sempre tributato alle Divine Scritture una venerazione simile a quella riservata per il Corpo stesso del Signore”, tanto che san Girolamo poteva dire che “l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”. Quindi ribadisce che “Chiesa e Parola di Dio sono tra loro inscindibilmente legate” perché, come dice San Pietro, «nessuna Scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione”.

Benedetto XVI ricorda  che “in questi ultimi tempi, grazie anche all’impulso impresso dalla Costituzione dogmatica Dei Verbum, é stata più profondamente rivalutata l’importanza fondamentale della Parola di Dio”:

 

“E’ derivato da ciò  un rinnovamento nella vita della Chiesa, soprattutto nella predicazione, nella catechesi, nella teologia, nella spiritualità e nello stesso cammino ecumenico. La Chiesa  deve sempre rinnovarsi e ringiovanire e la Parola di Dio, che non invecchia mai né mai si esaurisce, è mezzo privilegiato a tale scopo. È infatti la Parola di Dio che, per il tramite dello Spirito Santo, ci guida sempre di nuovo alla verità tutta intera”.

 

In questo contesto il Papa ha raccomandato l’antica tradizione della Lectio divina:

 

“L’assidua lettura della Sacra Scrittura accompagnata dalla preghiera realizza quell’intimo colloquio in cui, leggendo, si ascolta Dio che parla e, pregando, Gli si risponde con fiduciosa apertura del cuore. Questa prassi, se efficacemente promossa, recherà alla Chiesa - ne sono convinto - una nuova primavera spirituale. Quale punto fermo della pastorale biblica, la Lectio divina va perciò ulteriormente incoraggiata, mediante l’utilizzo anche di metodi nuovi, attentamente ponderati, al passo con i tempi. Mai si deve dimenticare che la Parola di Dio é lampada per i nostri passi e luce sul nostro cammino”.

 

Il Papa infine ha espresso un auspicio:

 

Che la Parola del Signore corra  fino agli estremi confini della terra, affinché mediante l’annuncio della salvezza il mondo intero ascoltando creda, credendo speri, sperando ami”.

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E’ la scarsità di traduzioni della Bibbia nelle lingue o negli idiomi locali a impedire un’ampia diffusione del testo sacro in Africa. Dal Congresso internazionale sulla Dei Verbum, l’arcivescovo di Abuja, in Nigeria, John Onayekan, ha lanciato ieri una richiesta di aiuto durante un intervento articolato, durante il quale il presule ha toccato anche i temi del rapporto con la Bibbia tra i convertiti dall’islam e dell’opportunità di indire un Sinodo dei vescovi dedicato alla Parola di Dio. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Costa troppo tradurre una Bibbia in un dialetto africano e in pochi vi si dedicano perché rende poco: il risultato è che, nel continente, a conoscere i libri fondamentali della fede cristiana sono pochi privilegiati, che devono poter contare su catechisti bi-trilingue in grado, per esempio, di tradurre un brano sacro dall’inglese in quella che è la seconda e talvolta la terza lingua di chi ascolta. A scattare una preoccupata istantanea del rapporto tra Bibbia e Chiesa in Africa, al Convegno sulla Dei Verbum, è stato mons. John Onayekan, che ha subito messo in chiaro il fatto che la “Bibbia – ha detto – deve ancora essere tradotta nella maggior parte delle lingue del mondo”. Oltre alle difficoltà legate alla pubblicazione di traduzioni negli idiomi etnici, in Africa si incontra anche un altro tipo di ostacolo, che il presule ha ammesso con franchezza: “Spesso – ha dichiarato - sono gli stessi vescovi ad ostacolare la traduzione nelle lingue locali, un segno evidente di come le indicazioni del Concilio Vaticano II e la stessa Dei Verbum fatichino ad essere accettate dalla Chiesa”. C’è riluttanza, ha aggiunto, “a collaborare nelle traduzioni con le altre Chiese cristiane” e giacché quelle protestanti ricevono sovvenzioni per questo lavoro, sono le Bibbie da loro edite ad essere le più accessibili anche per i cattolici.

 

Una disamina schietta, dunque, che ha toccato un altro punto delicato: le traduzioni per i non cristiani. Mons. Onayekan ha preso ad esempio la situazione  e le difficoltà presenti nel suo Paese: “In Nigeria – ha raccontato - ci sono alcuni musulmani che si stanno convertendo al cristianesimo senza aver mai sentito predicare, soltanto ascoltando i commenti alla Bibbia. Ora - ha spiegato - si stanno facendo anche traduzioni della Bibbia in arabo, cosa che viene vista male dai fanatici musulmani, che lo ritengono una sorta di inganno. Dicono che la gente pensa di leggere il Corano e invece si trova la Bibbia”. Da uno spaccato poco confortante, l’arcivescovo di Abuja è passato ad una proposta concreta: utilizzare lo “strumento importantissimo” dei Sinodi episcopali – che già in passato, ha ricordato, ha permesso di rilanciare alcuni grandi temi del Vaticano II – dedicando un’assise dei vescovi alla Parola di Dio, l’altro caposaldo della fede cristiana insieme all’Eucaristia. “Penso che rappresenterebbe una ventata d’aria fresca - ha commentato mons. Onayekan - e una nuova ondata di entusiasmo di cui la chiesa del terzo millennio ha bisogno”.

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ALTRE UDIENZE

 

Sempre stamane, nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il Papa ha ricevuto alcuni presuli della Conferenza Episcopale del Messico, in visita "ad Limina": mons. Lázaro Pérez Jiménez, vescovo di Celaya; mons. José de Jesús Martínez Zepeda, vescovo di Irapuato ; mons. Rodrigo Aguilar Martínez, vescovo di Matehuala ; mons. Mario De Gasperín Gasperín, vescovo di Querétaro ; mons. Ramon Martínez Flores, amministratore diocesano di Tehuacan.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Apre la prima pagina il titolo "La Chiesa deve sempre rinnovarsi e ringiovanire attraverso la Parola di Dio che non invecchia ami": Bendetto XVI ai partecipanti al Congresso internazionale per il 40,mo anniversario della Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione "Dei Verbum".

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata alla visita del cardinale Crescenzio Sepe in Azerbaigian.

 

Servizio estero - Medio Oriente: Dalla tribuna della 60.ma Assemblea generale delle Nazioni Unite, Sharon afferma il diritto dei palestinesi alla libertà e a uno Stato sovrano.

 

Servizio culturale - Un articolo di Giuseppe Costa dal titolo "L'insuperata capacità di ritrarre la malinconica maschera della bellezza": i grandi fotografi del passato - Ghitta Carrel (1899-1972)

 

Servizio italiano - In rilievo la finanziaria: esclusi tagli alla spesa sanitaria; il governo smentisce voci sulla bozza.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

16 settembre 2005

 

 

LA SFIDA DEL RAPPORTO CON LE ALTRE RELIGIONI:

MESSAGGIO DI BENEDETTO XVI AL SESTO CONVEGNO INTERNAZIONALE DI GNIEZNO,

INTITOLATO “L’EUROPA DEL DIALOGO”

- Intervista con mons. Hnryk Muzynski -

 

Unità dei cristiani e capacità di dialogo con tutte le realtà della vita sociale, politica, culturale e religiosa. Questi i temi guida della prima giornata di lavori alla Conferenza internazionale di Gniezno, in Polonia, intitolata “l’Europa del Dialogo”. In mattinata, si sono avuti gli interventi del primate di Polonia, il cardinale Jozef Glemp, dell’arcivescovo ortodosso di Wroclaw e Szczecin, Jeremiasz, presidente del Consiglio ecumenico polacco, e dell’arcivescovo di Gniezno, Hnryk Muzynski, che ha dato lettura del messaggio inviato da Benedetto XVI. Da Gniezno, il servizio del nostro inviato, Stefano Leszczynski.

 

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E’ entrata subito nel vivo questa VI edizione del Convegno internazionale di Gniezno, cui prendono parte oltre 800 rappresentanti di movimenti e associazioni cristiane, dell’Unione Europea e delle tre religioni monoteiste, della Santa Sede e della Chiesa ortodossa. Nel corso della preghiera comune tra cattolici ortodossi ed evangelici, è stata subito sottolineata l’importanza di valori comuni come quello della famiglia naturale e santificata nel matrimonio, anticipando così uno dei grandi temi in discussione, e cioè quello del dialogo dei cristiani con il mondo laico e politico. Un appello al rispetto della diversità attraverso il dialogo è giunto dal primate di Polonia, il cardinale Josef Glemp, che ha sottolineato il grande valore della crescita comune sia in senso spirituale che nell’ambito della comune casa europea. Ci vuole coraggio – ha detto – e apertura perché il dialogo possa creare una realtà nuova, soprattutto in Europa. Per l’arcivescovo Jeremiasz, presidente del Consiglio ecumenico polacco, l’amore verso tutti generato dal dialogo può contribuire a risolvere quei conflitti che sono stati generati dalle diversità.

 

Nel suo messaggio ai partecipanti alla Conferenza, Benedetto XVI ha sottolineato le difficili sfide che i cristiani devono accettare tanto nella vita pubblica, quanto in quella spirituale e nel confronto con le altre realtà religiose. Un particolare saluto il Santo Padre lo rivolge ai non cristiani presenti ai lavori di Gniezno, che definisce una vera e propria scuola di dialogo per le comunità dell’Europa. Una nota particolare che emerge dal messaggio del Papa è il suo rammarico per non aver potuto soddisfare l’invito a prendere parte ai lavori, invito che gli era stato rivolto e che lui aveva accettato prima della sua elezione al soglio Pontificio. La mattinata si è conclusa con una preghiera dedicata a Giovanni Paolo II e a Frére Roger fondatore della comunità di Taizé ricordando il loro instancabile impegno ecumenico ed interreligioso.

 

Da Gniezno, in Polonia, Stefano Leszczynski, Radio Vaticana.

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Durante il Pontificato di Giovanni Paolo II, la Polonia è stata più volte chiamata in causa da Papa Wojtyla come via di collegamento del cristianesimo tra Est e Ovest. Un ruolo e una responsabilità che la Chiesa locale sente sempre molto vivi, come conferma il vescovo di Gniezno, Hnryk Muzynski, intervistato da Stefano Leszczynski:

 

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R. – Noi ci sentiamo come un ponte tra Oriente ed Occidente, perché la nostra cultura è sì occidentale, ma non dimentichiamo che Sant’Adalberto è venuto qui per prepararsi alla missione nella Chiesa orientale. Giovanni Paolo II è venuto a Gniezno per lanciare, proprio da qui, il messaggio per l’unità europea. Ed è venuto due volte. Si tratta di un messaggio certamente fondamentale per l’unità di tutta l’Europa. Noi tutti ci sentiamo eredi di questo messaggio.

 

D. – Al VI Convegno europeo a Gniezno, c’è stato un crescendo di impegno: quali sono i risultati più immediati che vi aspettate da questo dialogo?

 

R. – Direi che si tratta di un dialogo multiforme, un dialogo cioè interreligioso ed ecumenico. Per la prima volta, in terra polacca, ci rincontriamo con ebrei, musulmani e cristiani. Finora, non vi era un dialogo interreligioso. La situazione in Polonia, che è un Paese a maggioranza cattolica, è molto diversa rispetto ad altri Paesi europei. Ci sentiamo in qualche modo obbligati verso le altre Chiese ed è per questo che è necessario un dialogo interreligioso, come è necessario anche un dialogo con la cultura moderna - in gran parte laicista – ma anche con la vita pubblica e con la politica.

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TRA LE MINACCE DI ATTENTATI E L’UCCISIONE DI 7 CANDIDATI,

SI E’ CHIUSA LA CAMPAGNA ELETTORALE IN AFGHANISTAN,

 DOMENICA ALLE URNE PER LE LEGISLATIVE

- Intervista con Alberto Negri -

 

In un clima di tensione si è chiusa la campagna elettorale in Afghanistan, per le storiche votazioni legislative e provinciali di domenica. Le forze talebane hanno lanciato un ultimo appello, chiedendo alla popolazione di non andare a votare e denunciando le elezioni come “un complotto americano”, ma soprattutto annunciando attentati contro le forze straniere. Alle minacce si è aggiunto, inoltre, l’assassinio di un candidato al futuro Parlamento: il settimo dall'inizio della campagna elettorale. Ma come sta vivendo la popolazione afgana questa importante vigilia? Salvatore Sabatino lo ha chiesto ad Alberto Negri, inviato del Sole 24 ore a Kabul:

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R. – C’è attesa perché queste elezioni sono vissute con partecipazione, in giro per le strade: non solo a Kabul ma anche nelle province, e questo è interessante, si vedono migliaia e migliaia di manifesti dei candidati, dovunque. C’è anche, però, un clima di timore, di paura che è quello che si vive sempre in questi appuntamenti in Afghanistan, e che è comunque il leit-motiv della vita quotidiana in un Paese dove, dopo la caduta, nel 2001, del regime dei talebani, la guerriglia però non ha smesso di colpire.

 

D. – Il fatto che tra i candidati ci siano tante personalità dal passato non troppo limpido, per di più con ottime possibilità di essere elette, non condizionerà il futuro del Paese?

 

R. – Il futuro del Paese in effetti è presente, soprattutto è già condizionato da questi personaggi: “Signori della guerra”, capi delle milizie, ex talebani che si sono riciclati, e sono presenti abbondantemente in tutte le liste ma rappresentano anche proprio coloro che hanno in mano, comunque, spesso e volentieri il potere reale in questo Paese perché – ricordiamolo – il presidente Kharzai non ha una vera e propria base elettorale, anche se è stato eletto l’ottobre scorso. Ma non ha un partito, non ha un vero e proprio seguito suo, e quindi è evidente che in un Paese già così frammentato e diviso, siano poi a prevalere le spinte etniche e religiose.

 

D. – Si temono brogli e di fatto sono pochi gli osservatori internazionali che vigileranno su questa tornata elettorale. Secondo te, i risultati potranno comunque essere considerati attendibili?

 

R. – Bisogna vedere prima di tutto che cosa si intende per elezioni, democrazia, credibilità in un Paese come l’Afghanistan. Queste tre parole possono avere un determinato significato per noi e qui uno completamente opposto, diverso. Innanzitutto, gli osservatori internazionali sono pochissimi: coprirebbero neanche un 40.mo del territorio dell’Afghanistan che è molto vasto, montuoso e tortuoso e quindi difficile da raggiungere. Quindi, c’è una difficoltà reale a controllare se queste elezioni siano o meno regolari. Poi, in secondo luogo, queste elezioni si svolgono in uno stile afghano, perché è vero che i candidati sono oltre 5.800, ma è anche vero che queste elezioni si svolgono, appunto, secondo le regole settarie, etniche e tribali di un Paese dove ognuno ha sempre votato, e continuerà a votare ancora per molto tempo, per la propria etnia, per la propria tribù di appartenenza!

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RIPARTE TRA POCHI GIORNI LA CAROVANA INTERNAZIONALE ANTIMAFIE

- Ai nostri microfoni don Luigi Ciotti -

 

Oltre 2500 morti in Italia a causa della mafia negli ultimi 10 anni. Ma in questo sistema economico globale le mafie si sono internazionalizzate e i traffici illeciti e i commerci criminali sono un triste fenomeno anche fuori dei confini italiani. E’ quanto è emerso dalla conferenza “La Carovana internazionale antimafie, in viaggio per i diritti, la democrazia, la giustizia sociale”, presentata ieri a Roma. Obiettivo dell’iniziativa è quello di non abbassare mai la guardiA sul problema della mafia ed esprimere solidarietà a quanti sono impegnati nel combattere Cosa Nostra e continuano nel segno del cambiamento. Il servizio di Francesca Smacchia.

 

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La Carovana internazionale antimafia si rimette in marcia e dal 20 settembre al 15 dicembre sarà pronta ad intraprendere un viaggio lungo e difficile, ma pieno di impegno e solidarietà per quanti vogliono andare avanti con nuovi progetti per lottare contro la mafia, e arrivare insieme a costruire una società di giustizia. La meta non è dunque solo contrastare la mafia ed i poteri criminali, ma anche contribuire a creare più giustizia e più legalità. Questo progetto nasce in Sicilia, nel 1994, per mantenere alta l’attenzione sul fenomeno mafioso, denunciandone intrecci e connivenze. Tuttavia, negli anni il percorso della Carovana si è spostato su tutta la penisola italiana. Quest’anno, ha rafforzato il suo carattere internazionale e toccherà zone dei Balcani, la Svizzera, la Francia e il Maghreb per combattere le mafie internazionalizzate. Quali saranno le iniziative più significative di questa edizione? Don Luigi Ciotti, presidente dell’Associazione “Libera”:

 

R. – L’iniziativa più significativa è la continuità che poi si fa dopo la Carovana, si fa tutti i giorni. Non sono quegli eventi, quei momenti, quegli aspetti che possono essere un po’ chiusi su se stessi: no. C’è una quotidianità di tutti i giorni nel mondo della scuola, nel mondo di uno sport pulito e trasparente, nella promozione dello sviluppo nel territorio, nella lotta al doping, alle dipendenze, che ci vede impegnati tutti. Ad esempio, il nostro impegno per i beni confiscati ai mafiosi e l’apertura, sempre di più, di cooperative di lavoro, di lavoro vero sui beni confiscati. Ecco, allora, che sono questi i segni concreti.

 

E in questa battaglia per dire ‘basta’ all’indifferenza, ai soprusi, alla rassegnazione, un ricordo particolare è rivolto alla memoria di padre Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio “condannato a morte” per il suo impegno nel quartiere e ucciso 12 anni fa a Palermo dalla mafia.

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CHIESA E SOCIETA’

16 settembre 2005

 

 

“ASPETTAVAMO QUESTA NOTIZIA” :

 E’ IL COMMENTO DEL PRESIDENTE DEI VESCOVI TURCHI, MONS. FRANCESCHINI ALL’INVITO UFFICIALE RIVOLTO IERI DAL PRESIDENTE TURCO

 A BENEDETTO XVI PER UNA DI VISITARE IN TURCHIA NEL 2006.

UNA VISITA CALDEGGIATA DALLA CHIESA LOCALE

 

ANKARA. = “Aspettavamo questa notizia”. Così mons. Ruggero Franceschini, presidente della Conferenza episcopale turca, ha commentato l'invito ufficiale rivolto ieri a Benedetto XVI dal presidente della Repubblica turca, Ahmet Necdet Sezer, per una visita in Turchia nel 2006, al fine di “contribuire agli sforzi miranti a promuovere il dialogo tra le civiltà”. Una visita caldeggiata anche dai vescovi turchi con una lettera, datata 12 settembre, il cui contenuto è stato anticipato dal presule all’agenzia SIR: “Nel testo auspichiamo l’incontro con le autorità turche, quello con la Chiesa locale e nell’occasione anche una visita agli ortodossi”. In particolare, ha spiegato mons. Franceschini, “il nostro desiderio sarebbe quello che il Papa possa incontrare le autorità turche e parlare con loro soprattutto del riconoscimento giuridico della Chiesa. La visita sarebbe poi un’opportunità per far conoscere a tutti la realtà della Chiesa turca, i suoi tanti religiosi, i suoi vescovi, preti e fedeli. Abbiamo bisogno di essere sostenuti sia spiritualmente che materialmente”. Il presidente dei vescovi turchi ha proposto anche una visita a Smirne “dove musulmani, cattolici, protestanti, ortodossi vanno d’accordo”, dove già in passato si sono recati Giovanni XXIII e Paolo VI. (R.G.)

 

 

BUONE NOTIZIE SUL FRONTE SCOLASTICO IN BURKINA FASO: AD OTTOBRE APRIRA’

 UNA NUOVA UNIVERSITA’ PUBBLICA NELLA CITTA’ DI KOUDOUGOU, LA TERZA NELL’INTERO PAESE, OLTRE AD UN ATENEO PRIVATO. NEL PAESE AFRICANO SOLO

L’UN PER CENTO DEGLI STUDENTI DELLE SCUOLE PRIMARIE ACCEDE ALLE SECONDARIE

 

OUAGADOUGOU. = All’inizio del nuovo anno accademico, a ottobre, gli studenti del Burkina Faso troveranno una novità: aprirà i battenti la nuova Università statale di Koudougou, il terzo ateneo pubblico del Paese, dopo quelli di Ouagadougou, fondato nel 1974, e di Bobo Dioulasso, nato nel 1997. Situato a 140 chilometri dalla capitale, il polo universitario di Koudougou si affiancherà alla Scuola normale superiore locale, dove vengono attualmente formati gli insegnanti degli Istituti secondari: disporrà di cinque Facoltà di materie giuridiche ed economiche, ma anche letterarie e artistiche. “L’obiettivo è aumentare progressivamente l’accesso agli studi superiori dei giovani burkinabé, affinché possano contribuire allo sviluppo economico, sociale e culturale del Paese”, ha dichiarato il rettore del nuovo ateneo, Gérard Segda. Secondo le autorità scolastiche, sono 15 mila i neo-diplomati che si sono iscritti quest’anno all’Università: con i suoi 20 mila studenti, l’ateneo di Ouagadougou, il più grande del Burkina Faso, non dispone più di spazio sufficiente ad ospitarne altri. “Le strutture nella capitale sono insufficienti ormai da anni, grazie al nuovo Istituto di Koudougou finalmente si risolveranno alcuni problemi di sovraffollamento”, ha spiegato Segda. Attualmente, al fianco di una trentina di Istituti di studio superiori, il Paese ha una sola Università privata aperta un anno fa. Secondo statistiche dell’UNESCO solo l’un per cento degli studenti burkinabé usciti dalle primarie si iscrive alle scuole superiori. (R.G.)

 

 

 

 

 

NELL’AMBITO DEL PRIX ITALIA, RIUNIONE A MILANO, DA OGGI A LUNEDI’,

DELLA COMUNITA’ RADIOTELEVISIVA ITALOFONA, CUI PARTECIPA ANCHE

LA RADIO VATICANA. ALL’ORDINE DEL GIORNO: I TEMI DA PROMUOVERE

IL PROSSIMO ANNO NEI MEDIA CHE HANNO PROGRAMMI IN LINGUA ITALIANA

- A cura di Marco Cardinali -

 

MILANO. = Nell’ambito del Prix Italia, si svolgono da oggi a Milano le riunioni della Comunità radiotelevisiva italofona, di cui Radio Vaticana è membro fondatore insieme alla RAI, alla Radiotelevisione svizzera di lingua italiana, e ad altri media internazionali che all’interno del loro palinsesto hanno programmi in lingua italiana. Lunedì, la giornata conclusiva e allargata, che si occuperà dei temi importanti da lanciare nel prossimo anno nel mondo dell’italofonia. L’idea di “italicità”, idea portante della comunità, è trasversale alla stessa nazionalità e va al di là di qualsiasi passaporto, interessando uomini e donne di ogni ceto sociale e culturale che vedono nella lingua e cultura italiana un grande punto di riferimento. Questo non solo in termini di moda, cibo, cultura e arte, ma anche a livello di valori. La Comunità italofona si prefigge uno scambio di prodotti audiovisivi fra le varie emittenti, con lo scopo di arricchire il proprio palinsesto con trasmissioni di alto livello, che estendano la conoscenza di ciascuna area geografica, con notizie che interessino l’intero mondo italofono. Fra i suoi scopi, c’è anche la valorizzazione della lingua italiana che risulta un elemento culturale aggregante in tutto il mondo, in un messaggio di dialogo, di pace e di unione, così necessario nel mondo globalizzato del terzo millennio, che ha pur sempre bisogno di segni e identità in cui riconoscersi.

 

 

SCOPRIRE LE RICCHEZZE CULTURALI DI DODICI MUSEI DIOCESANI,

TRA MONACO E PADERBORN: LA PROPOSTA DELLA CHIESA TEDESCA,

 IN VISTA DELLA GIORNATA MONDIALE DEL TURISMO, IL 27 SETTEMBRE,

DEDICATA AL TEMA “VIAGGI E TRASPORTI”

 

BERLINO. = In vista della prossima Giornata mondiale del turismo, che si celebra il 27 settembre, dedicata quest’anno al tema “Viaggi e trasporti”, la Chiesa in Germania invita a visitare i dodici Musei diocesani, tra Monaco e Paderborn, per scoprirne le ricchezze culturali.” “Da sempre”, si legge in comunicato diffuso dalla Conferenza episcopale tedesca, “la Chiesa cattolica si considera “ecclesia peregrinans”, Chiesa pellegrina in viaggio verso la via per il Regno di Dio. Il motivo del viaggio è dunque presente anche nei musei diocesani, attraverso rappresentazioni storiche di tutte le epoche artistiche: come esodo del popolo di Israele, come viaggi degli Apostoli, come pellegrinaggio in Terra Santa o come simbolica traversata della nave della Chiesa”. “Da questo punto di vista”, ricorda la Conferenza dei vescovi tedeschi, “la Giornata mondiale del turismo è un’occasione per scoprire un tema attuale attraverso la rappresentazione simbolica dell’arte spirituale”. (R.G.)

 

 

UN FESTIVAL PER DARE RISALTO AI VALORI COMUNI.

MAROCCO, SPAGNA E AMERICA LATINA:

 L’UNIONE DI POPOLI DIVERSI CHE VOGLIONO INVIARE

UN MESSAGGIO DI TOLLERANZA

 

ESAUIRA. = Lottare contro l’intolleranza e dare risalto ai valori condivisi. E’ questo lo scopo del Festival de las Andalucías Atlánticas, giunto alla sua terza edizione, che si svolge quest’anno nella città marocchina di Esauira. Marocco, Spagna, specialmente l’Andalusia, e l’America Latina attraverso uno scambio culturale inviano un messaggio di pace e fratellanza dei popoli, in un mondo dove si da sempre più risalto alle diversità e dove l’intolleranza porta ad atti di violenza. Il consigliere di presidenza della Giunta dell’Andalusia, Gaspar Zarrías, crede che con una maggiore cooperazione tra le diverse culture si “potrà privare i terroristi di ogni appoggio popolare”. Durante il Festival, che si concluderà sabato 17 settembre, ci saranno spettacoli musicali, colloqui e dibattiti aperti al pubblico. Per questa edizione, il Paese in rappresentanza dell’America Latina è il Brasile, mentre nelle due precedenti edizioni sono stati Messico e Cuba. Il Festival de las Andalucías Atlánticas nasce dall’iniziativa della “Fondazione Alizés” di Esauira con l’appoggio della “Conserjería de Presidencia y Cultura” della Giunta dell’Andalusia. (R.R)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

16 settembre 2005

 

- A cura di Alessandro Gisotti e Amedeo Lomonaco -

 

 

“I palestinesi hanno diritto ad uno Stato loro, indipendente”. E’ quanto affermato ieri dal primo ministro israeliano Sharon nel suo intervento all'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Un discorso per certi versi storico, pronunciato a pochi giorni dal ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza, dopo 38 anni di occupazione. In primo piano, al Palazzo di Vetro, anche l’intervento del neo presidente iraniano Ahmadinejad. Da New York, Paolo Mastrolilli:

 

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Il capo del governo ebraico ha detto che dopo il ritiro da Gaza tocca ai palestinesi dimostrare il loro desiderio di pace. “Essi – ha aggiunto Sharon – meritano la libertà ed un’entità nazionale sovrana”, cioè lo Stato indipendente a cui ha accennato spesso anche il presidente americano Bush. Secondo Sharon, però, i palestinesi devono eliminare il terrore e la cultura dell’odio nelle relazioni con Israele. Poco prima, il nuovo presidente iraniano, Ahmadinejad, aveva suscitato preoccupazioni annunciando che il suo governo è pronto a trasferire la sua conoscenza nucleare agli altri Paesi islamici che ne avessero bisogno. Il leader di Teheran ha detto che i suoi scienziati stanno lavorando a programmi atomici civili, con lo scopo di produrre energia e non armi. La questione iraniana è al centro del dibattito in corso al Palazzo di Vetro perché gli Stati Uniti intendono portare all’attenzione del Consiglio di Sicurezza la possibilità di imporre sanzioni economiche. Washington accusa Teheran di volere sviluppare un programma nucleare finalizzato a scopi militari, ma soprattutto la Russia e la Cina frenano sull’ipotesi di investire il Consiglio di Sicurezza con il problema. Ieri ha parlato anche il capo del governo italiano, Berlusconi, dicendo che tutti hanno il dovere di garantire la libertà di ogni uomo. Il premier ha dichiarato che non bisogna fare forzature sulla riforma del Consiglio di Sicurezza, richiamando la proposta di Roma per un allargamento basato sul massimo consenso e limitato all’aggiunta di membri non permanenti.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Intanto, il governo israeliano ha annunciato di voler creare una “zona di sicurezza” nel settore settentrionale della Striscia di Gaza per impedire infiltrazioni di terroristi palestinesi nello Stato ebraico. Tale area – ha spiegato il portavoce del ministro della Difesa, Mofaz - sarà protetta da una recinzione dotata di sensori elettronici o da un muro. La zona – ha aggiunto – si estenderà per 150 metri all’interno del territorio sotto il controllo dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP).

 

In Iraq, 9 persone sono rimaste uccise per l’attacco ad una moschea a Tuz Khurmatu, nel centro del Paese. Due distinti agguati hanno causato inoltre la morte, a sud di Baghdad, di tre agenti iracheni, del sindaco di Iskandariya e di quattro delle sue guardie del corpo. Nella capitale, dove stamani è stato assassinato un religioso sciita, sono morti poi almeno due civili quando un gruppo di uomini armati ha sparato contro una folla di persone in cerca di lavoro. Proprio per combattere la piaga del terrorismo, il presidente Talabani ha lanciato ieri, durante il vertice Onu a New York, un appello alla comunità internazionale chiedendo di aiutare il popolo iracheno a sconfiggere le “forze delle oscurità” che dilaniano il Paese arabo. In Italia, intanto, il premier Berlusconi ha confermato, in una conferenza stampa a Palazzo Chigi, che prosegue il piano di ritiro delle truppe italiane dall’Iraq in accordo con gli alleati.

 

In Germania, la campagna per le elezioni anticipate, di domenica prossima, si avvia verso un finale incandescente per le rivelazioni della stampa sulla esistenza di un piano del ministro uscente delle Finanze, Hans Nichel, che prevede forti tagli allo Stato sociale, in caso di una vittoria della coalizione rosso-verde alle urne. Quotidiani e telegiornali lo hanno definito un “autogol” del governo in carica, che rischia di spegnere le residue speranze di rielezione di Gerhard Schröder. Il servizio di Giovanni Del Re:

 

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A due giorni dal voto, i sondaggi parlano chiaro: 41 per cento per la CDU contro il 34 per cento dei socialdemocratici. Dunque, la leader cristianodemocratica Angela Merkel ha davvero buone chances di diventare il primo Cancelliere-donna della storia tedesca. I sondaggi, però, indicano anche che non vi sono i numeri per una maggioranza, né – come appare più scontato – per l’attuale coalizione rosso-verde, ma neppure per una di centrodestra tra i cristianodemocratici ed i liberali. Eppure, sia la CDU sia i socialdemocratici continuano ad insistere di non volere assolutamente la grande coalizione, quella cioè tra i due grandi partiti; né, del resto, la vogliono i tedeschi: favorevole è solo il 35 per cento. Ieri il partito di Merkel ha dovuto più volte smentire una indiscrezione diffusa da un quotidiano secondo cui la CDU starebbe addirittura pensando al modo di avere subito dopo il voto di domenica ancora nuove elezioni per ottenere maggioranze più chiare. “Sciocchezze”, dicono gli uomini di Merkel, ma la voce ormai è nell’aria a testimoniare la tensione che si vive in Germania in queste ore. D’altro canto, i cristianodemocratici attaccano il governo Schröder accusandolo di stare pianificando giganteschi tagli di spese – 120 miliardi di euro – fino al 2009. Anche qui, pronta la smentita. E poi, monta la polemica anche sull’adesione della Turchia all’Unione Europea, principale tema di politica estera, con la CDU contraria e il governo rosso-verde favorevole. Infine, anche da Bruxelles c’è chi si inserisce nella campagna elettorale tedesca: il commissario olandese alla concorrenza, Neelie Kroes, abbandonando il tradizionale riserbo di Bruxelles nelle elezioni nazionali, dice in un’intervista: “Sarebbe un regalo per l’Europa se Merkel vincesse”.

 

Per la Radio Vaticana, Giovanni Del Re, AKI.

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New Orleans risorgerà”. Parlando all'America da Jackson Square, cuore della capitale del jazz, ridotto ormai a una piazza deserta, George W. Bush ha promesso “una delle più grandi opere di ricostruzione mai viste su questo pianeta”. Impegno, ha detto il presidente americano che sarà pagato in maggior parte dallo Stato. Bush ha ammesso che il sistema di emergenza non ha funzionato “a ogni livello di governo”, soprattutto nei giorni iniziali, e si è assunto le sue responsabilità. Bush poi ha annunciato di avere ordinato al Dipartimento per la Sicurezza Nazionale di far scattare una “immediata revisione” dei piani di emergenza per tutte le maggiori città statunitensi, ed ha chiesto più poteri allo Stato per  intervenire. Il bilancio ufficiale delle vittime dell’uragano Katrina è salito nelle ultime ore ad almeno 795 morti accertati. Intanto, l'uragano Ophelia – che ha perso forza – sembra quasi essersi fermato sulla Costa Est degli Stati Uniti, senza provocare, per ora, i disastri temuti.

 

Le autorità indonesiane hanno confermato che una donna morta la scorsa settimana era stata contagiata dal virus dei polli. Si tratta del quarto decesso in Indonesia a causa dell’influenza aviaria. La donna, 37 anni, viveva a sud di Giacarta vicino ad un allevamento di polli. Il virus è stato riscontrato in 22 delle 33 province dell’Indonesia e in quasi due anni ha causato la morte di oltre nove milioni e mezzo di polli.

 

Nel 2005 il Prodotto Interno Lordo cinese salirà del 9%, meno quindi del +9,5% segnato l'anno scorso. E’ quanto prevede l'OCSE, sottolineando che “in valore assoluto il PIL della Cina nel 2005 supererà quello canadese ed italiano”. Sull’imponente crescita dell’economia cinese degli ultimi anni, il nostro servizio:

 

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La Cina si appresta a diventare il secondo esportatore al mondo, alle spalle degli Stati Uniti. Nel 2008 l’export cinese supererà anche quello tedesco. Secondo l’OCSE, nel corso del prossimo decennio, Pechino supererà gli Stati Uniti e svilupperà da sola il 10% del commercio mondiale di beni e servizi. “La rapida integrazione della Cina nell'economia mondiale – spiega l’OCSE – é, in larga parte, il risultato dell'insediamento delle imprese straniere” nel Paese. La presenza di aziende straniere in Cina, secondo il rapporto, ha “effetti positivi anche in termini di maggiore concorrenza sul mercato interno”. La ricerca dell'OCSE rileva inoltre una serie di indicatori che mostrano la crescente diffusione del benessere nella società cinese: dal 1985 al 2003 il numero dei frigoriferi è salito da 1 a 46 ogni 100 abitanti, i televisori da 4 a 94, i computer da 0 a 12. Le raccomandazioni dell'OCSE riguardano soprattutto la necessità di ulteriori riforme del mercato del lavoro, nella direzione di una maggiore mobilità, anche geografica, e nella maggiore apertura dei mercati finanziari. D’altro canto, il tasso di cambio dello yuan, secondo l’OCSE, dovrebbe essere più flessibile, così da consentire alla politica economica cinese di diventare più efficiente.

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La delegazione della Cina ai colloqui sull'armamento nucleare nordcoreano, in corso a Pechino ha sottoposto a tutti i partecipanti un nuovo testo della  dichiarazione comune con la quale dovrebbe concludersi questa fase di trattative. La delegazione di Pechino ha chiesto di avere una risposta per sabato pomeriggio. Lo afferma l’agenzia d’informazione “Nuova Cina” citando fonti della delegazione sudcoreana.

        

Nel Myanmar, l’ex Birmania, dodici bambini hanno perso la vita e 20 persone sono rimaste ferite a causa di uno smottamento di terreno dovuto alle piogge torrenziali che hanno distrutto un istituto scolastico in un villaggio di Kyauk Kar, nei pressi del confine thailandese.

 

Sotto l’egida dell’Unione Africana si è aperta ieri ad Abuja, in Nigeria, una nuova tornata negoziale tra il governo di Khartoum e i ribelli del Darfur, la martoriata regione sudanese dove dal febbraio 2003 è in corso un sanguinoso conflitto interetnico, che ha provocato finora almeno 180.000 morti. Le trattative, secondo l’Unione Africana, si incentreranno sulla divisione dei poteri, delle ricchezze e della sicurezza. Nonostante diverse assenze da parte di alcuni leader dei ribelli, l’Unione Africana e il governo di Khartoum si sono detti ottimisti sull’esito dei colloqui.

 

In Italia è stato arrestato Paolo Di Lauro, al vertice dell’omonimo clan camorristico, che ha insanguinato nei mesi scorsi Napoli per strappare agli “scissionisti” il mercato della droga nei quartieri di Scampia e Secondigliano. Nell’arco di sei mesi, a partire da ottobre del 2004 fino a marzo 2005, i killer delle due cosche hanno scatenato una guerra che ha provocato più di 50 di morti. Di Lauro era considerato dal ministero dell’Interno italiano uno dei 30 malavitosi più pericolosi.

 

Sempre in Italia, si svolgeranno questo pomeriggio a Latina, nella cattedrale di san Marco, i funerali di Alberto Andreoli, il giovane carabiniere rimasto ucciso dall’esplosione di un ordigno nella caserma in cui svolgeva servizio. Il sindaco della città ha decretato per oggi il lutto cittadino. Sul fronte delle indagini, è stata esclusa la pista dell’attentato terroristico.

 

 

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