RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
256 - Testo della trasmissione di martedì 13 settembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
In Congo Brazzaville, trucidato un missionario francescano,
che aveva investito accidentalmente una bambina: intervista con padre Francesco Bravi
Si chiude stasera a Lione l’incontro interreligioso promosso dalla
Comunità di Sant’Egidio. Ribadita l’importanza del dialogo tra i popoli e le
religioni per sconfiggere le guerre e il terrorismo: ai nostri microfoni il cardinale
Walter Kasper, Amos Luzzatto e Perez Esquivel
Mentre in Italia si discute di Pacs, patto civile di solidarietà, dall’Osservatore
Romano il monito a non lacerare la famiglia. Ne parliamo con il giurista
Giuseppe Dalla Torre
La Chiesa ricorda oggi San Giovanni Crisostomo, nato ad Antiochia fra
il 340 e il 354. Di lui ci sono giunte molte opere, frutto in particolare della
sua predicazione: con noi Sever Voicu
CHIESA E SOCIETA’:
Chiusura ieri, a Beirut, del
Sinodo patriarcale
Nei festeggiamenti per il
ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza, 8 palestinesi annegano nel tratto di mare che fino a ieri era loro vietato
Salgono a
512 i morti provocati dall’uragano Katrina. 45 cadaveri in un ospedale di New
Orleans
India e
Pakistan liberano più di 580 detenuti nell’ambito del processo di pace
13 settembre 2005
IL CONGRESSO MONDIALE SULLA SACRA SCRITTURA NELLA
VITA DELLA CHIESA
- Intervista con mons. Eleuterio Fortino -
A 40 anni dalla promulgazione della Costituzione dommatica del Concilio
Vaticano II sulla Divina Rivelazione, la “Dei Verbum”, si tiene dal 14 al 18 di
questo mese a Roma un Congresso internazionale sul tema ‘La Sacra Scrittura
nella vita della Chiesa’. E’ organizzato congiuntamente dalla Federazione
Biblica cattolica e dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei
cristiani con 400 partecipanti di 98 Paesi, tra i quali un centinaio di vescovi
e i Delegati fraterni di Chiese e Comunità ecclesiali in dialogo, invitati ad
unirsi alla riflessione. Con noi, il
sottosegretario del Dicastero vaticano per l’unità dei cristiani, mons.
Eleuterio Fortino. Giovanni Peduto gli ha chiesto cosa rappresenti oggi la “Dei
Verbum” per la vita della Chiesa:
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R. – La “Dei Verbum”, la
Costituzione del Concilio Vaticano II sulla Sacra Scrittura, rappresenta un
momento essenziale di rinnovamento della vita cristiana. La Chiesa sorge dalla
convocazione della Parola di Dio, si nutre della sua Parola nella predicazione,
nella catechesi, nell’omelia in ogni celebrazione eucaristica. La Sacra
Scrittura orienta il nutrimento essenziale della teologia. Dal Vaticano II in
poi, era già sorto un movimento biblico che si è ulteriormente sviluppato,
accentuando appunto il ruolo della Parola di Dio. Il Convegno vuole ripercorrere
il percorso fatto dall’applicazione della “Dei Verbum” nei diversi continenti e
nei diversi contesti della catechesi, della liturgia, della predicazione, della
missione.
D. – Mons. Fortino, quale ruolo
ha la Sacra Scrittura nelle relazioni tra cristiani?
R. – La Sacra Scrittura è uno
l’elemento fondamentale che unisce tutti i cristiani. Tutti noi cristiani ci
riferiamo alla Parola di Dio; le divergenze, le difficoltà sorgono
dall’interpretazione, ma ogni dialogo inevitabilmente deve confrontarsi con la
Sacra Scrittura, così come con la tradizione e la teologia contemporanea, cioè
con l’interpretazione che della Scrittura e della Tradizione i teologi fanno
per il momento attuale. Il Convegno esprime questa realtà con la partecipazione
di delegazioni da quasi tutte le Chiese d’Oriente e d’Occidente. Sarà presente
un rappresentante del Patriarcato ecumenico, del Patriarcato ortodosso di
Alessandria, del Patriarcato greco-ortodosso di Antiochia, del Patriarcato di
Mosca, dell’Esarcato di Bielorussia, del Patriarcato di Serbia, del Patriarcato
di Romania, della Chiesa ortodossa di Grecia così come delle antiche Chiese
d’Oriente come la Chiesa armena, tanto del katholicossato di Etchmiergin quanto
di Cilicia; della Chiesa ortodossa di Etiopia, della Chiesa assira. Per le
comunità ecclesiali d’Occidente, sarà presente la Comunione anglicana, la
Federazione luterana mondiale, i Discepoli di Cristo, l’Alleanza battista
mondiale, la Chiesa, le Comunità e le Organizzazioni internazionali
pentecostali, così come – in modo generale – il Consiglio ecumenico delle
Chiese e la Conferenza delle Chiese europee. Questo mostra l’interesse che
anche gli altri cristiani hanno per la Sacra Scrittura e per il confronto con
la Chiesa cattolica sulla Sacra Scrittura. Dal Concilio in poi, si è sviluppato
anche un grande processo di cooperazione con le società bibliche per la
traduzione comune della Bibbia.
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NOMINA
Il Santo Padre ha nominato
vescovo di Paisley (Scozia) il reverendo Philip Tartaglia, del clero
dell’arcidiocesi di Glasgow, finora rettore del Pontificio Collegio Scozzese a
Roma. Mons. Philip Tartaglia è nato a Glasgow l’11 gennaio 1951. Si è formato al seminario minore St.
Vincent di Glasgow, al St. Mary's College, Blairs e alla St.
Mungo's Academy di Glasgow. Successivamente, come alunno del Pontificio
Collegio Scozzese a Roma, ha compiuto gli studi superiori alla Pontificia
Università Gregoriana, ottenendo le licenze in Filosofia e Teologia.
Dopo la sua ordinazione
sacerdotale, avvenuta il 30 giugno 1975 per l’arcidiocesi di Glasgow, è stato
per due anni viceparroco e poi è tornato a Roma per completare gli studi
conseguendo nel 1980 il Dottorato in Teologia alla Gregoriana. Rientrato in
patria ha svolto successivamente gli incarichi di viceparroco, direttore degli
studi, vice rettore e rettore del St. Peter's College a Chester. E’
stato pure membro di diverse commissioni ecumeniche. Dal 2004 rivestiva
l’incarico di rettore del Pontificio Collegio Scozzese a Roma.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l’Iraq; per il presidente Talabani gli Stati Uniti potrebbero
ritirare 50 mila soldati entro la fine dell’anno.
Allegato
al giornale un inserto speciale con i testi in lingua originale dei discorsi di
Benedetto XVI in occasione della XX Giornata mondiale della Gioventù a Colonia.
Sempre
in prima, Repubblica del Congo: missionario ucciso dalla folla in seguito ad un
tragico incidente stradale.
India:
nella diocesi di Simdega assassinato un sacerdote da fondamentalisti hindu
Servizio
vaticano - Un articolo sul convegno internazionale, a Lione, promosso dalla Comunità
di Sant’Egidio.
Servizio
esteri - Per la rubrica dell’“Atlante geopolitico” un articolo di Giuseppe
Fiorentino dal titolo “La Germania al voto: i temi della campagna elettorale”.
Servizio
culturale - Un articolo di Irene Iarocci dal titolo “Andersen tradotto in
giapponese e in arabo”: la fortuna dello scrittore in Estremo Oriente.
Per
l’“Osservatore libri”, sull’opera di Benedetto Croce “Taccuini di guerra” un articolo
di Francesco Licinio Galati dal titolo “Le acute annotazioni fanno luce su episodi
ed eventi che la storiografia di parte ha spesso falsato”.
Servizio
italiano - in evidenza la legge elettorale; proporzionale: la Cdl vicina all’accordo;
l’Unione prepara la battaglia.
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13 settembre 2005
IN CONGO
BRAZZAVILLE, TRUCIDATO UN MISSIONARIO FRANCESCANO
CHE AVEVA INVESTITO ACCIDENTALMENTE
UNA BAMBINA
- Intervista con padre Francesco Bravi
-
Aveva scelto di vivere
il suo sacerdozio da missionario, in mezzo alla gente di uno dei tanti angoli
di miseria dell’Africa: i villaggi del Congo Brazzaville. Tra quella stessa
gente vi ha trovato una morte violenta e sconcertante: padre Angelo Redaelli,
dei Francescani minori, ha perso la vita ieri mattina, all’età di 40 anni,
trucidato per essersi fermato a soccorrere una bambina sbucata all’improvviso
sulla strada e da lui accidentalmente investita mentre viaggiava con otto
persone, tra cui due confratelli e tre suore clarisse. La morte sul colpo della
piccola, avvenuta nei pressi di Owando, a 500 chilometri dalla capitale, ha
scatenato, come purtroppo è costume di molte tribù locali, una feroce rappresaglia.
La polizia locale ha successivamente arrestato il padre della bambina. La
cronaca dell’accaduto nel servizio di Giulio Albanese:
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Al momento
dell’incidente era alla guida di un fuoristrada, con a bordo in tutto nove persone,
missionari francescani e suore clarisse. Pur non procedendo a forte velocità,
fra’ Redaelli non è riuscito ad evitare la piccola, che è morta sul colpo. I
religiosi sono scesi dall’auto per prestare immediatamente soccorso alla
vittima. Ma gli abitanti del luogo, tra cui i familiari e parenti della
bambina, hanno avuto una reazione istintiva quanto violenta, aggredendo il
sacerdote a colpi di machete fino a provocarne la morte. Va comunque ricordato
che le aggressioni in simili circostanze sono molto frequenti nei Paesi
dell’Africa Sub-Sahariana, al punto tale che la stessa Polizia suggerisce in
questi casi di correre al più vicino commissariato per evitare inutili
spargimenti di sangue. Il motivo risiede nella sfiducia nei confronti della
giustizia locale, ma il tutto è anche sintomatico di una violenza repressa,
diffusa tra popolazioni povere.
Per la Radio
Vaticana, Giulio Albanese.
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Domani, il nunzio apostolico in
Congo, Andrés Carracosa Coso, presiederà una celebrazione nella cattedrale di
Brazzaville, quindi in serata il feretro del missionario francescano tornerà in
l’Italia per essere portato poi a Turate, la località in provincia di Como dove
vive la famiglia di padre Angelo Redaelli. Proveniente dalla provincia lombarda
dei Frati minori, il religioso ucciso festeggiava in questo mese i due anni di
servizio apostolico in Congo. L’attuale vicario generale dell’Ordine, padre
Francesco Bravi, lo aveva conosciuto sin dagli inizi del suo cammino
vocazionale ed era stato insieme con lui sui luoghi che avevano spinto il
religioso ucciso a partire missionario. Lo stesso padre Bravi ne ricorda la
figura e il lavoro, in questa intervista di Alessandro De Carolis:
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R. – Padre Angelo è partito per
la missione del Congo nel settembre del 2003, dopo una precedente visita fatta
con me personalmente a quella stessa missione. Attualmente lavorava nella
località di Giria Brazzaville, in attesa di essere trasferito più a nord, alla
parrocchia di Makua, circa 600 chilometri a nord della capitale, verso
l’Equatore. Il lavoro fondamentale che svolgeva a Brazzaville e che poi avrebbe
svolto anche a Makua era di tipo pastorale e quindi nell’annuncio del Vangelo,
nella cura delle numerosissime e piccole comunità cristiane e poi di promozione
umana attraverso alcune attività, soprattutto verso i bambini abbandonati e più
poveri.
D. – Le aveva confidato qualcosa
delle sua esperienza in terra di missione?
R. – Ultimamente non lo avevo
sentito molto. L’avevo conosciuto molto tempo prima, perché ho avuto
l’occasione io stesso di riceverlo all’Ordine, quando era novizio. Durante il
viaggio che abbiamo fatto insieme in Congo, dopo aver visto la situazione
chiese di poter fare un’esperienza missionaria almeno per tre anni. Certamente,
aveva un grande desiderio di vivere questa realtà.
D. – Torniamo per un istante
alla tragedia di ieri. Ammettendo la propria responsabilità davanti agli
aggressori, pur conoscendo il rischio di linciaggio cui andava incontro, sembra
quasi che padre Redaelli abbia scelto di sacrificarsi, forse per salvare i suoi
compagni di viaggio …
R. – Sembra proprio così. Dalla
ricostruzione che abbiamo ricevuto dai frati congolesi che erano con lui,
sembra che loro stessi lo avessero invitato a fuggire in quel momento per
andare dalla Polizia, temendo ciò che poi è purtroppo accaduto. Fra’ Angelo ha
deciso invece di fermarsi, perché credo che in quel momento la coscienza, la
sua dimensione di frate e di missionario, non potesse permettergli altrimenti.
D. – Avete notizie
sull’incolumità delle persone che viaggiavano con lui?
R. – Sì, ora abbastanza precise.
Nel momento in cui sono fuggiti, era stato ferito anche un altro frate
congolese e in modo lieve – sembra – anche una clarissa. Le clarisse si sono
rifugiate subito nel vescovado di Owando, mentre i frati si sono dispersi nella
zona e sono poi stati recuperati. Ieri sera, erano tutti rientrati sani e salvi
alle loro case.
D. – Padre Angelo va ad
aggiungersi ora a quel lungo tributo di sangue che da centinaia di anni la
Chiesa missionaria paga per la diffusione del Vangelo. Qual è stata la riflessione
del vostro istituto su questo doloroso avvenimento?
R. – Questa realtà ci conferma,
ancora una volta, che davvero il seme del Vangelo nasce nel sangue dei
fratelli. Da una parte, si tratta di una tragica conferma, perché perdere un
fratello è sempre una realtà faticosa e difficile. Allo stesso tempo, è la
conferma che la via del Vangelo è la via del seme che muore. Devo aggiungere
anche che, in questa circostanza, la nunziatura apostolica è stata molto vicina
ai frati e molto ha fatto per recuperare il corpo e di questo credo che sia
importante fare una menzione.
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SI CHIUDE STASERA A LIONE L’INCONTRO
INTERRELIGIOSO PROMOSSO
DALLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO. RIBADITA
L’IMPORTANZA DEL DIALOGO
TRA I POPOLI E LE RELIGIONI PER SCONFIGGERE LE
GUERRE E IL TERRORISMO
Con un’attesa cerimonia, si
chiuderà stasera a Lione il convegno internazionale e interreligioso della
Comunità di Sant’Egidio, dedicato quest’anno al “coraggio di un umanesimo di
pace”. Il servizio dalla cittadina francese della nostra inviata Francesca
Sabatinelli:
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Il confronto fruttuoso con la
laicità francese, l’aver mostrato ancora una volta la complessità della
dimensione religiosa e culturale, e quindi che non può esserci un’egemonia da
parte di chicchessia, l’evidente insurrezione d’identità di fronte alla globalizzazione.
La XIX edizione di Uomini e religioni che oggi si conclude a Lione, in tre
giorni di dibattiti, ha regalato questo al suo pubblico. Lo sottolinea Andrea
Riccardi nell’incontro finale con la stampa, numerosa: 107 le testate presenti,
200 i giornalisti accreditati europei e non. “Il dialogo è necessario per
vivere – ribadisce il fondatore di Sant’Egidio – quel dialogo che in questi
anni ha visto la riluttanza di religiosi ebrei e musulmani a ritrovarsi
insieme, a trasformarsi in una collaborazione necessaria alla costruzione della
pace. Le religioni – spiega Riccardi – sembravano destinate a diventare un affare
privato sotto la spinta della secolarizzazione, oggi rimarcano la loro
identità”. In una Francia dove la presenza della comunità musulmana è divenuta
sempre più importante, Sant’Egidio ribadisce che occorre evitare di cadere
nell’idea di un unico Islam. “Non esiste un islam globalizzato – sottolinea
Riccardi – piuttosto si tratta di un’idea che spesso media e politici vogliono
presentare”. Questa sera la cerimonia finale, dopo la preghiera, la processione
di pace e dopo le due testimonianze in memoria dei 60 anni di Hiroshima e
Auschwitz, dopo di che la proclamazione e la firma dell’appello di pace 2005.
Accanto a questo un evento particolare, un gesto di riconciliazione tra
cattolici e protestanti nella Basilica di Fourvière, in passato simbolo
dell’incomprensione tra le due confessioni.
Da Lione, Francesca Sabatinelli,
Radio Vaticana.
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Il dialogo unica arma per
sconfiggere il terrorismo è stato uno dei leit motiv degli interventi
delle personalità che hanno preso parte al meeting di Lione. Particolarmente
forti le parole del cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio
Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, che nel suo intervento ha
detto: “Il terrorismo non fa finire il dialogo, anzi spinge a intensificarlo
per togliergli risorse”. Un tema ribadito dal porporato, al microfono della
nostra inviata a Lione, Francesca Sabatinelli:
**********
R. –
Molti oggi pensano che il dialogo e la pace siano utopie o che siano forme di
ingenuità. Ci vuole coraggio per credere nel dialogo. Noi siamo convinti che il
dialogo sia l’unica alternativa al terrorismo. Ci vuole, certo, anche la
polizia in alcuni casi – questo è vero – ma dobbiamo anche cercare di creare un
clima di dialogo fra le culture e fra le religioni, affinché si possa arrivare
ad eliminare questo male terribile del terrorismo.
D. – Nel suo discorso ha
invitato il terrorismo a togliersi la maschera, una maschera che, a volte, è
una maschera vestita di religione…
R. – Sì, certo. Molti di questi
terroristi dicono di essere fedeli dell’Islam. Questo non è vero. L’Islam vieta
ogni forma di omicidio e di suicidio. Non si possono quindi legittimare con
ragioni spirituali, morali o religiose. Dietro questa maschera c’è ill nichilismo:
non hanno un vero scopo, vogliono soltanto creare confusione. Non rappresentano
quindi l’Islam, ma rappresentano soltanto questo forte potere del male. Per
questo non dobbiamo pensare ad uno scontro delle religioni o delle culture, ma
dobbiamo pensare ad uno scontro con dei criminali.
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A Lione è
intervenuto anche Amos Luzzatto, presidente delle Comunità ebraiche italiane.
In particolare si è soffermato sul ruolo delle religioni dopo l’11 settembre
affermando che “il dialogo interreligioso è l’antidoto alla tentazione egemone
di ogni religione”. Ecco una sua riflessione sul ruolo delle religioni per la
pace, raccolta da Francesca Sabatinelli:
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R. –
Bisogna porsi il problema non da chi le religioni, ricevono la parola, ma a chi
la trasmettono. L’oggetto del discorso delle religioni è l’uomo e questo già
basterebbe per parlare di umanesimo, se non fosse che l’umanesimo non deve
essere visto in termini idealizzati, perfettamente purificato da tutte le
storie. Allora, la questione è quale linguaggio e quali concetti trasmettere
all’uomo, perché la sua cultura umana diventi e rimanga una cultura di pace?
**********
E
all’evento interreligioso promosso dalla Comunità di Sant’Egidio si è svolta
anche una tavola rotonda sul tema “Scrivere la pace”. L’incontro ha riunito
esponenti della politica e della cultura. Tra loro anche Perez Esquivel, premio
Nobel per la pace nel 1980, che in questa intervista di Francesca Sabatinelli
parla di dialogo e della situazione nella sua terra natale, l’Argentina:
**********
R. - FONDAMENTAL EL DIALOGO PARA PODER CONSTRUIR …
Il dialogo è fondamentale per
poter costruire un cammino in un mondo tanto violento, in un mondo caratterizzato
da una grande instabilità e violenza. Il dialogo può essere realizzato dalle
Chiese unendosi insieme, non solo nelle dichiarazioni comuni, ma soprattutto
nelle azioni, azioni concrete che permettano di contrastare ed arrestare la
grave situazione che vive oggi l’umanità.
D. – In Argentina, questo
dialogo è in atto, funziona?
R. – ESTAMOS ABRIENDO ESPACIO DI
DIALOGO …
Stiamo creando degli spazi di
dialogo, principalmente con i settori popolari collegati con le Chiese e con i
giovani, con tutte le difficoltà del caso, che non sono certo poche. C’è
comunque una grande speranza. Credo che i giovani stiano acquisendo sempre
maggior coscienza politica e stiano soprattutto cercando di recuperare i valori.
**********
MENTRE IN ITALIA SI DISCUTE IL PACS – PATTO CIVILE
DI SOLIDARIETA’ – DALL’OSSERVATORE ROMANO IL MONITO A NON LACERARE LA FAMIGLIA
- Intervista con il giurista Giuseppe Dalla Torre
-
E’ bufera nella politica
italiana dopo l’annuncio di ieri del leader dell’Unione Romano Prodi di voler
sostenere una legge sulle unioni di fatto, ed introdurre il PACS ovvero il
patto civile di solidarietà. Nel centro-sinistra dissente l’UDEUR di Mastella;
coro di no nel centro-destra che parla di deriva Zapaterista ad eccezione del
vice-premier Fini, mentre dall’Osservatore Romano arriva un monito a non
lacerare la famiglia. Prodi ha precisato di non voler equiparare le unioni di
fatto ai matrimoni e si è detto stupito delle polemiche sorte nell’opposizione.
Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Giuseppe Dalla Torre,
Presidente onorario dell’Unione Giuristi Cattolici.
**********
R. – Certo, noi sappiamo che la
nostra Costituzione, all’art. 29, ha operato una univoca scelta del modello
della famiglia, come oggetto di tutela costituzionale e cioè quello della
famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Quindi il legislatore,
né in via diretta né in via indiretta, consentendo per esempio unioni di questo
genere, può qualificare come famiglia convivenze che famiglia non sono e che
non hanno il matrimonio a fondamento.
D. – Il PACS - Patto civile di
solidarietà - nasce in Francia. Sei sono i testi attualmente all’esame del
Parlamento italiano per riconoscere diritti alle coppie di fatto …
R. – Io lascerei da parte per il
momento il problema di tipo ideologico e cioè la posizione che mi pare doveroso
combattere di chi vuole scalzare una tradizione ed una cultura – diciamo – un
istituto di carattere naturale. Vorrei guardare piuttosto i profili sociali e
giuridici. Qui ci si rifà, a proposito di diritti, al principio di uguaglianza.
Si dice che le coppie di fatto e le coppie omosessuali debbono avere gli stessi
diritti delle coppie regolarmente sposate. Invocare ora il principio di
uguaglianza mi sembra assolutamente erroneo dal punto di vista giuridico e
quindi anche politico per le coppie di fatto. Perché la coppia di fatto è la
coppia che ha rifiutato il matrimonio ed è quindi illogico voler avere gli
effetti giuridici di un qualcosa che non si è voluto. Per quanto riguarda poi
le coppie di omosessuali, perché il principio di uguaglianza richiede la stessa
disciplina a situazioni uguali, ma discipline diverse in relazioni a situazioni
diverse. Non si può dire che la coppia omosessuale sia la stessa che la coppia
di un uomo e di una donna aperta alla generazione dei figli.
D. – Da un punto di vista di
figli, esistono tutele per chi decide la convivenza?
R. – Laddove ci siano dei
problemi di carattere sociale, naturalmente alcuni ce ne sono e la
giurisprudenza ed anche la dottrina giuridica lo hanno messo in evidenza, si
può intervenire caso per caso per provvedimenti legislativi. Per esempio la
legge sull’equo canone potrebbe benissimo prevedere il subentro nel contratto
di locazione di chi vive insieme nella stessa casa, ma qui a prescindere dal
sesso o a prescindere dai rapporti affettivi.
D. – Ma quindi, in sintesi, il
problema che il PACS pone in maniera radicale è quello dell’affievolimento,
dello scalzamento del matrimonio?
R. – Esatto. Affievolimento del
matrimonio e quindi della famiglia che si fonda sul matrimonio come istituto
proprio ed unico destinato da un lato alla procreazione e dall’altro alla
costituzione degli status, lo stato di coniuge, lo stato di figlio legittimo,
etc.
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LA CHIESA RICORDA OGGI
SAN GIOVANNI CRISOSTOMO,
NATO AD
ANTIOCHIA FRA IL 340 E IL 354. DI LUI CI SONO GIUNTE MOLTE OPERE,
FRUTTO IN PARTICOLARE DELLA SUA PREDICAZIONE
- Servizio di Tiziana Campisi -
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E’ uno dei grandi padri della
Chiesa d’Oriente, è morto il 14 settembre del 407 e nei suoi scritti emerge
ancora quel tono che tanto ha affascinato i suoi uditori. Per questo fu
chiamato nel VI secolo bocca d’oro. San Giovanni Crisostomo, arcivescovo di
Costantinopoli nel 398, dedicò il suo apostolato ad esortare ad una vita retta
ma tenendo conto delle debolezze dell’uomo. Parlava spesso del peccato per
risvegliare il senso della responsabilità, perché ciascuno potesse contrapporre
alle cadute la forza del volere. Indicò la strada nei sacramenti.
Capisaldi della sua dottrina
morale sono la penitenza, l’elemosina e la riconciliazione. Quello che
conquista nei discorsi del Crisostomo è lo stile e l'efficace esposizione
oratoria. I suoi sermoni non stancano, pure se a volte lunghi, così vivi e
calati nella vita concreta, apprezzati particolarmente dalla posterità per i
valori e le idee che trasmettono. Giovanni XXIII scelse di porre sotto la sua
protezione il Concilio Vaticano II. Giovanni Paolo II nell’Enciclica
“Sollecitudo rei socialis” ha voluto ricordare quanto ha scritto commentando il
Vangelo di Matteo a proposito dello sfarzo nei luoghi di culto: “Di fronte ai
poveri non si possono preferire gli ornamenti superflui delle chiese e la
suppellettile preziosa del culto divino; al contrario potrebbe essere
obbligatorio vendere questi beni per dar pane, bevanda, vestito e casa a chi ne
è privo”.
Ma quale contributo si riconosce
in particolare nella teologia a Giovanni Crisostomo? Risponde Sever Voicu
docente invitato di patristica all’Istituto Augustinianum:
R. – La teoria dell’accondiscendenza,
per cui Dio viene a noi, perché Dio noi non riusciamo ad arrivare fino a Lui, è
uno dei suoi capolavori, uno dei passi più importanti della sua teologia. Nelle
sue omelie, che hanno un alto contenuto esegetico, si occupa soprattutto di
predicare l’uso sociale delle ricchezze.
D. – Che cosa insegna il
Crisostomo?
R. – Insegna ad avere una
visione comunitaria della Chiesa, attraverso l’uso condiviso delle ricchezze,
attraverso la rettitudine morale, attraverso la predicazione essenzialmente del
Decalogo.
D. – Come leggere oggi gli
scritti di Giovanni Crisostomo?
R. – Come nel caso di ogni Padre
della Chiesa, la lettura delle opere di Giovanni Crisostomo può essere utile
per la vita spirituale del cristiano, purché venga fatta attraverso una
mediazione culturale. Il contesto sociale e religioso in cui lui opera è molto
diverso da quello dei nostri giorni.
D. – E’ molto diffusa nella
Chiesa bizantina la cosiddetta liturgia di Giovanni Crisostomo …
R. – La Chiesa bizantina ha
onorato la sua memoria tramandando i suoi scritti, promuovendo il suo culto e
dunque additandolo alla pietà dei fedeli. Ad un certo punto è diventato il
Patrono della Liturgia che porta al suo nome, la quale non è stata composta da
lui. Noi non siamo sicuri che lui siamo mai intervenuto in questo, ma probabilmente
si tratta della Liturgia che lui stesso utilizzava.
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13
settembre 2005
UNA NUOVA RINASCITA
DELLA CHIESA MARONITA ALLA LUCE DEI RECENTI SVILUPPI
NEL MONDO E IN LIBANO:
L’AUSPICIO ESPRESSO DAL CARDINALE NASSARALLAH SFEIR, IN CHIUSURA IERI DEL
SINODO PATRIARCALE,
SVOLTOSI A BEIRUT
BEIRUT. =
La Chiesa maronita ha bisogno di un “rinnovamento” a tutti i livelli:
spirituale, liturgico, disciplinare e religioso. È l’urgenza espressa dal
cardinale Nassrallah Sfeir, patriarca maronita, ai partecipanti all’ultima
sessione del Sinodo patriarcale che si è chiusa ieri, dopo due settimane di lavori.
Ieri mattina il cardinale aveva presieduto la celebrazione eucaristica nel
convento di Nostra Signora della montagna, a nord di Beirut. La celebrazione
apriva la terza e ultima, fase del Sinodo; erano presenti 40 vescovi
maroniti provenienti dal Libano e dai Paesi della diaspora; 4 superiori
generali degli ordini religiosi maroniti e 8 delle congregazioni femminili.
L’esigenza di uno studio, di un
rinnovamento della Chiesa maronita è stata avvertita durante le sessioni
del Sinodo patriarcale, il primo addirittura dopo 187 anni. L’ultimo Sinodo si
tenne infatti a Louaizé nel 1818. Il cardinale Sfeir ha invitato i padri
sinodali a prendere le misure necessarie per una nuova rinascita della Chiesa
maronita, alla luce dei recenti sviluppi sulla scena politica internazionale e
libanese. Un pensiero è andato anche ai giovani: il patriarca li ha esortati a
non lasciare il loro Paese d'origine, invitando le autorità ad offrire le
occasioni adatte per migliorare le condizioni di vita e contenere l’emigrazione
verso i Paesi della diaspora. I lavori del Sinodo verranno pubblicati dopo la chiusura
e le sue decisioni saranno sottoposte all'approvazione della Sede Apostolica.
La Chiesa maronita conta più di 10 milioni di fedeli divisi in 30 diocesi
sparse in tutto il mondo. I sacerdoti sono più di 2 mila, 1.500 i religiosi e
più di 3 mila le religiose. (A.M.)
QUINTO CONVEGNO
ECUMENICO EUROPEO SULLA CINA OSPITATO A ROMA, DAL 16 AL 20 SETTEMBRE PRESSO IL PONTIFICIO ATENEO SANT’ANSELMO, SUL TEMA “DIVERSITÀ NELL’UNITÀ”. ATTESI ESPONENTI DI 19 PAESI
EUROPEI DELLE CHIESE CATTOLICA,
PROTESTANTE
ED ORTODOSSA PER DIBATTERE INSIEME CON 150 RAPPRESENTANTI
DI
ORGANIZZAZIONI CRISTIANE CINESI
ROMA. = “Diversità nell’unità”: questo il titolo del
quinto Convegno ecumenico sulla Cina, che si terrà a Roma dal 16 al 20
settembre al Pontificio Ateneo S. Anselmo
all’Aventino. “La
Cina e l’Europa – si legge in una nota dei promotori - stanno crescendo
insieme, non soltanto nel campo economico e culturale, ma anche religioso, e
con particolare rilevanza per ciò che riguarda il cristianesimo. Al di là di
ogni pronostico, i contatti tra le Chiese cristiane in Cina e in Europa stanno
registrando un significativo incremento e un approfondimento”. Organizzato dal
gruppo tedesco del Comitato ecumenico per la Cina, il Convegno riunirà
esponenti della Chiesa cattolica, delle Chiese protestanti e delle Chiese ortodosse,
provenienti da 16 Paesi europei, insieme con 150 rappresentanti di
organizzazioni ecclesiali cattoliche e protestanti della Repubblica popolare
cinese, oltre che provenienti da Hong Kong, Taiwan e Macao. Il Convegno
rifletterà su alcuni aspetti oggi centrali nella società cinese,
caratterizzata dalla ricerca di nuove forme di convivenza nelle sfera sociale,
economica, politica, culturale e religiosa. “In questo contesto - si legge nella
nota - le Chiese cristiane in Cina sono chiamate a rispondere a tali sfide,
preservando e sviluppando i propri carismi e peculiarità, al fine di offrire
una testimonianza comune all’intera società cinese”. Da segnalare che domenica
18 settembre, alle ore 15,15 verrà celebrata una Liturgia ecumenica nella
basilica di San Paolo Fuori le Mura, presieduta dall’Abate Primate Notker Wolf, e da Maria Jepsen, vescovo della Chiesa evangelica luterana
tedesca. Le precedenti edizioni del Convegno si sono svolte a Bad Saarow
in Germania nel ’91; in Gran Bretagna nel ’94; a Stavanger in Norvegia nel ’98;
a Dalgan Park in Irlanda nel 2002. (R.G.)
DOPO ANNI DI INCREMENTO, E’ DIMINUITA, NEL 2005, DEL
20 PER CENTO
LA COLTIVAZIONE DI OPPIO IN AFGHANISTAN, CHE RESTA
IL MAGGIOR FORNITORE MONDIALE DI DROGA. LO RIVELA UN RAPPORTO DELL’ONU,
AMMONENDO I GOVERNANTI DEL PAESE ASIATICO A
RAFFORZARE GLI SFORZI
PER REPRIMERE LA PRODUZIONE ILLECITA E FAVORIRE
COLTIVAZIONI ALTERNATIVE
WASHINGTON.
= Dopo anni di continuo incremento, è diminuita nel 2005 la coltivazione di
oppio in Afghanistan, Paese che si conferma comunque il maggior fornitore
mondiale di droga. Il dato emerge dal rapporto presentato a Washington dal
responsabile dell'Ufficio ONU contro la droga e il crimine (Unodc), Antonio
Maria Costa. Lo studio, che sarà pubblicato a fine settembre, registra un calo
del 21 per cento delle colture di oppio nel Paese asiatico, da 131.000 a
104.000 ettari. E cosi anche sono diminuite del 13 per cento le famiglie
coltivatrici. Ciò ha comportato un calo del 16% a livello mondiale della
produzione di oppio. Ma in termini di tonnellate uscite dall'Afghanistan e
destinate ad alimentare il mercato dell'eroina soprattutto in Europa, il declino, in questo caso, è stato
solo del 2%, perché la situazione meteorologica nel Paese asiatico è stata
favorevolissima. E, nonostante siano calati del 3,5 i proventi della droga,
l'oppio rappresenta in Afghanistan ancora un giro d'affari pari al 52% del
Prodotto interno lordo del Paese. Costa ha spiegato che l'Onu ha chiesto
apertamente al presidente afghano, Karzai, la rimozione dei governatori delle
province dove si registrano gli incrementi maggiori, come quella di Farah nel
sudovest (+348%) e quella di Balkh nel nord (+ 334%). Ha chiesto di premiare,
invece, i governatori che stanno convincendo i coltivatori a cambiare
produzione, come è accaduto nella provincia di Nangarhar, al confine con il
Pakistan, dove il declino è stato in un anno del 96%. Anche gli esponenti
politici che emergeranno dalle imminenti elezioni in Afghanistan, secondo
Costa, dovranno impegnarsi a stare lontani dal mercato dell'oppio o dimettersi.
Costa ha chiesto una tolleranza zero nei confronti dei 'signori della guerra',
coinvolti nelle coltivazioni e nei laboratori di trasformazione dell'oppio, e
maggiori investimenti da parte dell'Unione Europea per le coltivazioni alternative.
Secondo Costa, un contadino su cinque che nel 2004 coltivava oppio quest'anno
si è dedicato a colture lecite grazie agli aiuti umanitari. "E' stato
dimostrato" - ha detto Costa - "che l'approccio
repressione-assistenza produce risultati. Infatti il timore che le autorità
avrebbero distrutto le coltivazioni di oppio ha rappresentato un forte
deterrente per i coltivatori di papavero da oppio. Al contempo gli aiuti hanno
dato ai contadini la possibilità di poter intraprendere attività lecite. Certo,
i risultati di quest'anno non possono marcare una tendenza definitiva, ma indubbiamente
dimostrano che le nuove politiche funzionano". Un più forte impegno contro
il narcotraffico è necessario anche da parte dei Paesi confinanti con l'Afghanistan,
in particolare l'Iran, che risulta consumare un quarto della produzione afghana
e attraverso il quale passa la maggior parte del traffico diretto verso
l'Europa. (R.G)
INIZIERA’ A LONDRA IL 16 SETTEMBRE, CON UNA
CONFERENZA SULLA MOBILITA’ URBANA E LA QUALITA’ DELL’ARIA, LA SETTIMANA EUROPEA
DELLA MOBILITA’.
MILLE LE CITTA’ COINVOLTE SOTTO LO SLOGAN: “AL LAVORO
IN ALTRO
MODO”. POI TUTTI A PIEDI
IL 22 SETTEMBRE NELLA GIORNATA INTERNAZIONALE SENZA
AUTO
BRUXELLES.
= Quasi mille, precisamente 937 le città che hanno aderito alla quarta edizione
della Settimana europea della mobilità, su iniziativa della Commissione UE, in
collaborazione con Eurocities. Scopo dell’iniziativa: promuovere sistemi di
trasporto ecologici e sostenibili.
L'appuntamento è per il 16 settembre, a Londra, per il ‘via’ ufficiale alla
Settimana 'verde' con una conferenza ad alto livello, promossa insieme alla
Presidenza britannica di turno. In questa sede le Amministrazioni locali
scambieranno idee e progetti su mobilità urbana e qualità dell'aria con i
commissari europei all'ambiente e ai trasporti, Dimas e Barrot. Momento centrale
della Settimana sarà quindi la Giornata
internazionale senza auto, il 22 settembre. A piedi milioni di europei,
inclusi gli italiani di 9 città partecipanti all’iniziativa: Bologna, Brescia,
Brunico (Bolzano), Ferrara, Mira e Mirano (Venezia), Napoli, Ravenna e Trieste.
Tema centrale, la campagna europea di sensibilizzazione: ''Al lavoro in altro
modo'', ovvero il problema quotidiano del trasporto alternativo. Problema sul
quale le Amministrazioni sono state chiamate ad esprimere progetti per
invogliare i cittadini a lasciare l'auto in garage. Smog, inquinamento e
ingorghi stradali sono infatti la realtà con cui si confrontano ogni giorno
milioni di europei. Una realtà che pone a rischio la salute, abbassa la qualità
della vita, e costa caro anche in termini economici. Secondo recenti statistiche
di Bruxelles, sono 300 mila le persone che muoiono prematuramente per malattie
connesse all'inquinamento dell'aria mentre i trattamenti per l'asma e le
infezioni respiratorie da inquinamento costano all'Europa circa 80 miliardi di
euro l'anno. (R.G.)
10 MILA TONNELLATE DI RIFIUTI TOSSICI, DEPOSITATI A
SYDNEY, POTREBBERO ESSERE INVIATI IN DIVERSI PAESI EUROPEI
SE IL GOVERNO FEDERALE AUSTRALIANO RILASCERA’
L’AUTORIZZAZIONE: PROTESTANO 125 ORGANIZZAZIONI AMBIENTALI
SYDNEY. = Oltre 10 mila tonnellate di una sostanza
tossica, HCB (hexaclorobenzene), proveniente
dalla manifattura di pesticidi e prodotti chimici immagazzinati in Australia,
sono pronte per essere trasportate in Europa. Più di 125 organizzazioni per la
protezione ambientale hanno scritto al ministro dell’Ambiente australiano, Ian
Campbell, da tutto il mondo, per impedire alla Orica, una compagnia australiana
che tratta prodotti chimici, di inviare rifiuti tossici nei Paesi europei. La
compagnia sottoaccusa ha smesso di smaltire le sostanze pericolose dal 1980,
accumulandone, così, sempre maggiori quantità. Gli ambientalisti australiani
lottano per impedire questo trasporto, e il coordinatore della National Toxic
Network, associazione comunitaria per la riduzione dell’inquinamento, afferma:
“Non si possono esportare le proprie magagne. La Orico deve far fronte alle
proprie responsabilità” e – prosegue - “è imbarazzante oltre che pericoloso
mettere una delle più grosse discariche di HCB al mondo su una nave, mettendo
tra l’altro in pericolo gli oceani”. La Orico non può far nulla senza
l’autorizzazione del governo australiano, quindi per il momento mantiene i 60
mila barili, depositati in un magazzino di Sydney accanto all’aeroporto
principale. Questo fatto aumenta le polemiche nel Paese, soprattutto perché la
contaminazione da HCB può provocare danni al fegato, al sistema nervoso e
tumori maligni. C’è da dire, però, che il governo del Nuovo Galles del Sud, il
primo ad essere interpellato, non è contrario all’esportazione. Il consigliere
comunale ha riferito che in Australia non ci sono posti adatti allo smaltimento.
(R. R.)
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13
settembre 2005
-
A cura di Amedeo Lomonaco -
In Medio Oriente, il giorno dopo
il completamento del ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza, il presidente
palestinese Abu Mazen si è impegnato a mettere l’area dell’ex insediamento
ebraico di Neve Dekalim sotto il controllo palestinese entro la fine dell’anno.
Ma la prima giornata di liberazione dall’occupazione
militare israeliana è stata scossa da una tragedia: a Khan Yunes, a sud di Gaza,
otto palestinesi sono annegati quando una folla di centinaia di persone si è
lanciata festosamente nel vicino tratto di mare che era rimasto precluso ai
palestinesi negli ultimi cinque anni “per ragioni di sicurezza”. Un uomo
palestinese è stato ucciso, inoltre, dalle forze dell’ordine egiziane al
confine tra Gaza ed Egitto. Israele, intanto, ha condannato come atti vandalici
gli episodi di incendi e devastazioni da parte di palestinesi, che hanno
appiccato il fuoco a diverse sinagoghe.
Gli Stati Uniti potrebbero
ritirare circa 50 mila soldati dall’Iraq entro la fine dell’anno. Lo ha detto
il presidente iracheno Talabani aggiungendo che le forze di sicurezza irachene
sono pronte ad assumere il controllo di alcune parti del Paese. In
un’intervista al quotidiano ‘Washington Post’, Talabani ha spiegato di aver
discusso la questione della riduzione militare statunitense con il presidente
americano Bush. Sul terreno, intanto, 4 persone sono rimaste uccise in seguito
ad un attentato contro uno dei più noti ristoranti di Baghdad. Scontri armati
nella capitale e nella città di Hilla hanno provocato, inoltre, la morte di
altre tre persone. Sul fronte dei sequestri, si deve registrare una buona
notizia: sono stati rimessi in libertà tre ostaggi turchi rapiti a metà agosto.
Lo ha annunciato il capo della diplomazia turca, Abdullah Gul, precisando che
il rilascio è avvenuto ieri.
Negli Stati Uniti, è salito a 512 il
numero delle vittime causate dall’uragano Katrina. Crescono, intanto, i timori
di possibili epidemie. Aerei stanno spargendo insetticida nel tentativo di
disinfestare la zona dagli sciami delle zanzare. Ma la notizia più allarmante è
quella proveniente da un ospedale di New Orleans. Il nostro servizio:
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45 corpi
senza vita sono stati trovati a New Orleans in un ospedale evacuato una settimana
fa dopo il passaggio dell’uragano Katrina. Dirigenti dell’ospedale, circondato
dalle acque subito dopo l’arrivo dell’uragano, hanno spiegato che si trattava
di persone decedute prima del passaggio di Katrina o di pazienti morti
nell’attesa dei soccorsi. Dopo questo ritrovamento, nuove ombre si addensano
sulle operazioni di salvataggio, ritenute da gran parte dell’opinione pubblica
statunitense tardive e insufficienti. Nei giorni scorsi, alcuni medici di New Orleans
avevano confessato al giornale britannico, ‘Mail on Sunday’, di aver
somministrato forti dosi di morfina ai pazienti più gravi e di averli aiutati a
morire per evitare loro una lunga agonia. Intanto, il numero degli sfollati è
salito ad almeno 200 mila persone. I senza tetto saranno alloggiati, per i
prossimi 5 anni, in case mobili in “città provvisorie” della capacità massima
di 25 mila abitanti ciascuna. Si stima che i danni ammontino ad almeno 125
milioni di dollari. A due settimane dall’arrivo sulle coste
del Golfo del Messico di Katrina, si teme ora un nuovo uragano: l’emergenza
riguarda la costa dell’Atlantico, dove nell’arco delle prossime 24 ore è attesa
la tempesta tropicale “Ophelia”. Il governatore della North Carolina, Mike
Easley, ha proclamato lo stato di allerta.
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Un’altra drammatica scoperta negli Stati
Uniti: la polizia ha trovato in una casa di una cittadina dell’Ohio, 11 bambini
disabili, di età compresa tra 1 e 14 anni, chiusi in gabbie collegate ad un
sistema di allarme. I piccoli erano stati dati in affidamento
ad una coppia di coniugi, Sharen e Mike Gravelle, e non avevano né coperte né
cuscini. I bambini, portati
al “Fisher-Titus Medical Center” per accertamenti medici,
saranno ospitati in quattro diversi centri di accoglienza. I coniugi Gravelle
negano di aver maltrattato o trascurato i bambini e sostengono di aver agito
per la loro sicurezza. Sul caso è stata aperta un’inchiesta.
Nuovo corso politico in
Norvegia: l’opposizione di sinistra, con un’inedita alleanza
“rossoverde” guidata dall’ex primo ministro Jens Stoltenberg, ha vinto le
elezioni legislative, sconfiggendo la coalizione di centrodestra guidata dal
primo ministro, il cristiano democratico Kjell Magne Bondevik. Con il 96,2 per
cento dei voti scrutinati, il partito laburista di Stoltenberg e i suoi due
alleati, la sinistra socialista e il partito centrista, si aggiudica 88 seggi
sui 169 del Parlamento, ovvero la maggioranza assoluta. La coalizione del primo
ministro uscente, che comprende i liberali, i conservatori ed un partito di
estrema destra, ottiene invece 81 seggi. Bondevik ha riconosciuto la sconfitta
e ha annunciato le proprie dimissioni. La campagna del partito laburista si è
basata su diversi temi, quali il rilancio dello Stato sociale e lo sfruttamento
delle ingenti risorse petrolifere del Paese, in testa a tutte le classifiche
dell'ONU sulla qualità della vita. La Norvegia è il terzo esportatore mondiale
di greggio dopo Arabia Saudita e Russia.
Scambio di prigionieri fra India e
Pakistan nel quadro del processo di pace avviato fra i due Paesi nel gennaio
del 2004. Oltre 500 detenuti hanno attraversato ieri il confine, a Wagah,
nel Punjab. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:
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India e Pakistan hanno compiuto un altro storico passo verso
la riappacificazione. Più di 580 prigionieri hanno ritrovato ieri la libertà e
sono ritornati in patria attraverso l’unico valico esistente tra i due Paesi.
Sulla base di un recente accordo, l’India ha rilasciato 152 detenuti di origine
pakistana, mentre il Pakistan ha liberato 435 indiani, la maggior parte pescatori
sorpresi al di fuori delle acque nazionali. Per molti di loro si è trattato
della fine di un incubo durato anni. La televisione indiana ha trasmesso in
diretta il momento del ricongiungimento con i parenti al di là della frontiera.
Lo scambio di prigionieri è avvenuto due giorni prima dell’incontro a cena tra
il premier indiano, Manmohan Singh, e il presidente pakistano Pervez Musharraf, domani sera a New York. Il momento è particolarmente
propizio per far avanzare il processo di pace e iniziare a discutere finalmente
del nodo Kashmir. Musharraf, prima di partire per gli Stati Uniti, dove si
fermerà una decina di giorni, ha fatto intendere che è ora di trovare una
soluzione pacifica alla disputa sulla regione himalayana. Singh, che la scorsa
settimana ha incontrato per la prima volta ufficialmente i separatisti kashmiri
moderati, preferisce però la politica del soft border, ovvero quella di
demilitarizzare la linea di controllo e aprire nuovi valichi per il passaggio
di persone e di merci.
Da New Delhi, per la Radio
Vaticana, Maria Grazia Coggiola.
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La Corea del
Nord non rinuncerà al suo programma nucleare. Ad annunciarlo è stato questa
mattina il capo della delegazione nordcoreana, lasciando il tavolo dei lavori
di Pechino. Alla riunione organizzata dopo lo stop di agosto si sono ritrovati
la Cina, gli Stati Uniti, le due Coree, la Russia e il Giappone.
Il vice-presidente
cinese, Zeng Qinghong, ha concluso ieri una visita di tre giorni a Hong Kong
elogiando il neo capo dell’esecutivo e inaugurando il nuovo parco giochi di
Disneyland. Il servizio di Bernardo Cervellera:
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Al centro della visita di Zeng Qinghong, vi è stata
l’inaugurazione di una nuova Disneyland - l’undicesima al mondo e la prima in
Asia - che renderà famosa Hong Kong non solo come centro finanziario, dello
shopping e del cibo, ma anche come meta di turismo per famiglie. Zeng ha
elogiato la ripresa economica del territorio, attribuendo il merito alla gente di
Hong Kong, ma soprattutto alla benevolenza della madrepatria. Hong Kong,
invece, vede la Cina come fonte delle epidemie di Sars e del virus dei polli e
come la causa della mancanza di democrazia. Zeng ha però rincuorato i cinesi di
Hong Kong e li ha spinti a seguire il nuovo governatore, Donald Tsang, scelto
da Pechino, ma non ha detto nulla sulla democrazia. Nei tre giorni, Zeng ha
incontrato bambini, anziani, imprenditori, personalità religiose, ma non ha
potuto o voluto incontrare nessun membro del partito democratico.
Per la Radio Vaticana, Bernardo
Cervellera.
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In Germania, a sei giorni dalle elezioni legislative, nuovo duello
televisivo ieri tra il cancelliere tedesco Gerard Schroeder e la sfidante della
Cdu Angela Merkel. Schroeder si è detto fiducioso del risultato, anche se i
sondaggi continuano a vedere Angela Merkel proiettata verso la vittoria.
Terza notte consecutiva di scontri a Belfast, nell’Irlanda
del Nord. Durante i tumulti, sono state bruciate auto, lanciate bottiglie incendiarie
ed è stato attaccato un commissariato. Gli scontri sono iniziati dopo il
divieto di attraversare un quartiere cattolico imposto, sabato scorso, dalle
autorità ai partecipanti ad una marcia di orangisti. In tre giorni di disordini,
sono rimasti feriti cinquanta agenti e
una decina di civili.
Sedici milioni di infetti, due
milioni di ricoveri, 150 mila morti solo in Italia: è la previsione degli
esperti, riuniti a Malta dove è in corso la seconda conferenza europea
sull’influenza, per la prossima annunciata pandemia di influenza. Questo
terribile quadro – sostengono gli esperti – potrebbe essere determinato dal
virus dei polli H5N1, isolato per la prima volta ad Hong Kong nel 1997. Di
fronte allo spettro di un’emergenza globale, si stanno attivando piani in tutto
il mondo. “L’epidemia è inevitabile - commenta Pietro Crovari, presidente della
Commissione pandemia influenzale del ministero della Salute italiano - e ci
stiamo preparando”.
A tre
anni dalla dichiarazione della sua scomparsa dal Corno d’Africa, la
poliomielite è riemersa in Somalia. L’allarme è stato lanciato dal quartier
generale ginevrino dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS). Il capo
del programma contro la polio, dottor Bruce Aylward, ha riferito che da
Mogadiscio è arrivata la conferma che la morte di una bambina di 15 mesi è
stata causata dal temibile morbo.
Ore di paura e sgomento in
Colombia: un uomo su una sedia a rotelle, Luis Ramirez, e suo figlio hanno
sequestrato un aereo con a bordo 20 passeggeri e 4 membri dell’equipaggio per
protestare contro il mancato risarcimento di invalidità. Il velivolo è atterrato
all’aeroporto militare di Bogotà dove, dopo una concitata trattativa e un
tentativo di dirottamento, sono stati rilasciati tutti gli ostaggi. A
convincere i due dirottatori, che avevano dichiarato di essere imbottiti di
esplosivo, è stata la mediazione di un sacerdote e di un procuratore di Stato.
Luis Ramirez è un ex agente rimasto invalido nel 1991 in seguito ad
un’operazione di polizia. La scorsa settimana il Consiglio di stato aveva respinto
la sua richiesta di indennizzo.
In Italia, svolta nelle indagini
sul cosiddetto rogo di Primavalle costato la vita nel 1973, in seguito ad un
incendio doloso, ai due figli di Mario Mattei, segretario di una sezione romana
del Movimento sociale italiano (MSI). Il
“Tribunal de justicia superior” brasiliano ha dato via libera alla richiesta di
rogatoria internazionale presentata dalla procura della Repubblica di Roma per
l’escussione, ovvero l’interrogatorio in giudizio, di Achille Lollo, l’ex esponente di potere operaio indagato per il
rogo di Primavalle.
La
Corte di Cassazione di Roma ha dato il via libera per l’estradizione verso la
Gran Bretagna di Hamdi Issac, indagato per i falliti attentati dello scorso 21
luglio a Londra. I giudici hanno rigettato il ricorso presentato dai legali del
terrorista, attualmente recluso nel carcere romano di Rebibbia. Issac, 27 anni,
etiope con cittadinanza britannica, era stato arrestato a Roma lo scorso 29
luglio.
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