RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 252 - Testo della trasmissione di venerdì 9 settembre 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Ricevuto dal Papa questa mattina a Castel Gandolfo il presidente di Serbia e Montenegro,  Svetozar Marović

 

L’attenzione del Papa per la Cina: tra i membri del prossimo Sinodo, Benedetto XVI nomina  alcuni presuli della Repubblica popolare cinese

 

“Moralmente negativo”: così il vescovo Elio Sgreccia giudica il nuovo esperimento sugli embrioni in Gran Bretagna. Anche il genetista Angelo Vescovi, agnostico, esprime viva preoccupazione

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il ritardo dell’ONU negli “obiettivi del millennio”. Intervista con padre Carmine Curci: per sconfiggere miseria e malattie è necessaria la mobilitazione della società civile accanto agli Stati

 

In corso a Perugia la VI Assemblea dell’ONU dei Popoli: con noi Sergio Marelli

 

Crisi politica in Ucraina dopo la “rivoluzione arancione”: ce ne parla Fabrizio Dragosei

 

CHIESA E SOCIETA’:

Lettera di sostegno del Superiore generale dei Padri Bianchi al missionario belga Guy Theunis, arrestato martedì scorso a Kigali, in Rwanda

 

“Una fede vissuta” nella concretezza quotidiana per contrastare la rottura tra cultura e Vangelo: è il principio portante della Lettera pastorale del cardinale  Dionigi Tettamanzi

 

L’Ordine del Santissimo Salvatore di Santa Brigida ha da ieri 34 nuove suore professe e 32 novizie

 

Dal Convegno delle ACLI, mons. Betori richiama i cattolici all’unità sulla difesa della vita

 

“Il giardiniere tenace” del regista Fernando Meirelles al Festival del Cinema di Venezia

 

24 ORE NEL MONDO:

Egitto: domani i risultati definitivi delle presidenziali ma è scontata la vittoria di Mubarak

 

Gli Stati Uniti stanziano 52 miliardi di dollari per far fronte ai danni dell’uragano Katrina

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

9 settembre 2005

 

 

RICEVUTO DAL PAPA QUESTA MATTINA A CASTEL GANDOLFO

 IL PRESIDENTE DI SERBIA E MONTENEGRO SVETOZAR MAROVIĆ

 

Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in udienza, nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il presidente di Serbia e Montenegro, Svetozar Marović, con la consorte e seguito.

 

Successivamente il Papa ha ricevuto alcuni presuli della Conferenza episcopale del Messico, in visita “ad Limina”: mons. Francisco Robles Ortega, arcivescovo di Monterrey, con gli ausiliari mons. Gustavo Rodríguez Vega e mons. Alfonso Cortés Contreras; mons. Roberto Octavio Balmori Cinta, vescovo di Ciudad Victoria; mons. Ramón Calderón Batres, vescovo di Linares; mons. Faustino Armendáriz Jiménez, vescovo di Matamoros.

 

 

NOMINATI IERI DAL PAPA I MEMBRI DELL’XI ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA

DEL SINODO DEI VESCOVI CHE SI TERRA’ IN OTTOBRE IN VATICANO.

TRA DI ESSI, ALCUNI PRESULI DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE

 

Sono stati resi noti ieri i 36 membri nominati da Benedetto XVI per l’XI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che si terrà in Vaticano dal 2 al 23 ottobre prossimi sul tema ”L’Eucaristia: fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa”. Fra i membri nominati dal Papa figurano per la prima volta alcuni presuli della Repubblica popolare cinese, scelti sia fra quelli riconosciuti dal Governo di Pechino, sia fra quelli non attualmente riconosciuti. Si tratta di mons. Antonio Li Duan, vescovo di Xi’an; mons. Luigi Jin Luxian, vescovo di Shanghai; mons. Giuseppe Wei Jingyi, vescovo di Qiqihar e mons. Luca Li Jingfeng, vescovo di Fengxiang.

 

Benedetto XVI ha dimostrato, fin dall’inizio del suo Pontificato, una grande attenzione alla Cina. Nel suo discorso al Corpo Diplomatico del 12 maggio scorso aveva rivolto il suo pensiero “anche alle nazioni con le quali la Santa Sede non intrattiene ancora relazioni diplomatiche” formulando l’auspicio di vederle “al più presto rappresentate presso la Sede Apostolica”. In questo contesto la nomina pubblicata ieri va letta come un segno ulteriore, un invito positivo e amichevole al Governo cinese per un dialogo sereno con la Santa Sede sulla situazione e la vita della Chiesa cattolica in Cina. Una interpretazione offerta anche da mons. Luigi Jin Luxian, vescovo di Shanghai, in una intervista rilasciata all’agenzia AsiaNews.

 

 

“MORALMENTE NEGATIVO”: COSI’ IL VESCOVO ELIO SGRECCIA,

PRESIDENTE DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA, GIUDICA IL NUOVO

ESPERIMENTO SUGLI EMBRIONI IN GRAN BRETAGNA.

ANCHE IL GENETISTA ANGELO VESCOVI ESPRIME VIVA PREOCCUPAZIONE

 

Scienziati britannici hanno ricevuto l'autorizzazione a clonare un embrione umano utilizzando il materiale genetico di due madri. Lo ha reso noto ieri dalla BBC: l’equipe dell’Università di Newcastle trasferirà il nucleo di un embrione umano in un ovulo non fertilizzato di una seconda donna. Il fine dell'operazione, affermano i ricercatori, è impedire alle madri di passare alcune malattie genetiche al feto. Un esperimento moralmente inaccettabile, che viola la legislazione internazionale sugli embrioni umani. E’ quanto afferma il vescovo Elio Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, al microfono di Stefano Lesczynski:

 

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R. – Prima di tutto devo dire che si tratta di una sperimentazione, il cui esito è tutto da vedere. In secondo luogo, dal punto di vista morale, ci sono almeno tre illeciti. Il primo è che si fa una clonazione vera e propria: si trasferisce cioè un ovulo preso da una cellula di un embrione. Il secondo è che questo embrione, da cui si prende il nucleo, viene soppresso ed abbandonato. Il terzo, infine, è che si crea un nuovo embrione e lo si trasferisce nella donna che diventa una madre surrogata. C’è, quindi, tutto un incrocio di illeciti, sui quali il giudizio della morale, e non soltanto – credo – cattolica, è completamente negativo. Anche stando alle legislazioni internazionali ci sono molti divieti. Ovviamente l’Inghilterra ormai è abituata a non tenere nessun conto né dei divieti europei né dei divieti internazionali sulla madre surrogata, sulla sperimentazione sugli embrioni e sulla clonazione, che a livello di Nazioni Unite è stata proibita.

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Viva preoccupazione per questo tipo di esperimento viene espressa anche dal prof. Angelo Vescovi, che si professa agnostico ed è uno dei più noti studiosi al mondo nel campo delle cellule staminali, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. - E’ molto difficile giudicare sulla base delle notizie date dalle agenzie. Non sono sicuro che in questo caso si tratti propriamente di clonazione. Potrebbe trattarsi di uno spostamento di un nucleo da una cellula fecondata, uno zigote, ad una cellula uovo. In questo senso tecnicamente non si parla di clonazione. Ciò non di meno esistono grossi problemi etici legati a questa procedura. Nel caso si trattasse di clonazione, clonare un individuo umano è inaccettabile, anche adducendo giustificazioni presuntamente terapeutiche. Nel caso, invece, si trattasse della procedura di cui ho parlato prima, esistono comunque grossi problemi etici. Il primo nasce relativamente ad un atto di determinismo spietato. Si tratta di fare nascere in provetta, volutamente, un embrione che si sa al cento per cento essere malato e poi operare una serie di manipolazioni nel tentativo supposto di curarlo, non sapendo questo genere di manipolazioni a che tipo di risultato porteranno sulla salute dell’eventuale individuo che nascerà.

 

D. – Quindi, quali sono gli scopi di questo esperimento, secondo lei?

 

R. – Mi sembra più che altro un tentativo di rivestire ancora una volta con una finalità positiva per il nuovo individuo che nasce tutta una serie di manipolazioni sperimentali che altrimenti non sarebbero giustificate.

 

D. – Ancora una volta l’annuncio degli esperimenti sugli embrioni arriva dalla Gran Bretagna?

 

R. – Sono molto impressionato da questo tipo di scelta. Evidentemente la sensi-bilità di alcuni ricercatori – non la voglio estendere al mondo anglosassone in toto – nei confronti dei diritti dell’individuo e della vita umana è profondamente diversa da quella di buona parte delle persone che non sono ricercatori e del mondo, non dico cattolico, ma di un mondo molto più ampio di quello cattolico… io stesso sono agnostico.

 

D. – Si può parlare di scontro tra etica e scienza?

 

R. – Non credo che sia questo il problema. Credo che ci siano delle fortissime spinte a procedere in determinate direzioni a prescindere da quelli che sono proprio i più ovvii quesiti che l’etica della specie, la morale, ci pongono. Quali siano questi obiettivi: a volte sono ideologici, a volte è semplicemente la mera pulsione ad una maggiore conoscenza. Lo scienziato dovrebbe veramente cercare di evolvere verso lo stato di scienziato, che vuol dire essere ricercatore nel rispetto delle finalità etiche comunemente condivise. Nel momento in cui si prescinde da queste finalità etiche, si ritorna ad essere quello che è un supertecnico. Io distinguo sempre tra il ricercatore, che può essere semplicemente un tecnico che svolge delle azioni estremamente sofisticate dal punto di vista tecnico scientifico e lo scienziato, come potevano essere Galileo, Leonardo da Vinci, che avevano delle finalità molto chiare e molto radicate nell’etica.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l’Iraq: Durissima denuncia dell’ONU sulle violenze inflitte ai civili.

 

Servizio vaticano - Un articolo di Giampaolo Mattei sulla Messa celebrata dal cardinale José Saraiva Martins in occasione della prima professione di sette novizie dell’Ordine del SS. Salvatore di Santa Brigida.

Una pagina dedicata al tema dell’Eucaristia.

 

Servizio estero - Ucraina: Un vero terremoto politico scuote il Paese dopo nove mesi dalla “rivoluzione arancione”; dopo la destituzione del governo, il presidente nomina premier l’economista Juri Yekhanurov.

 

Servizio culturale - Un articolo di Marco Testi dal titolo “Voci non sottomesse agli idoli della contemporaneità”: l’antologia della “Nuovissima poesia italiana”.

 

Servizio italiano - Banca d'’Italia: ancora nessuna soluzione in vista; il governatore non va all’ECOFIN. 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

9 settembre 2005

 

 

IL RITARDO DELL’ONU NEGLI “OBIETTIVI DEL MILLENNIO”:

PER SCONFIGGERE MISERIA E MALATTIE E’ NECESSARIA LA MOBILITAZIONE

DELLA SOCIETA’ CIVILE ACCANTO AGLI STATI

- Intervista con padre Carmine Curci -

 

Le Nazioni Unite hanno ammesso un ritardo incolmabile: il Sud del mondo non riuscirà a risollevarsi dalle piaghe sociali che lo affliggono, sulla base della tabella di marcia che Stati e governi sottoscrissero nel 2000 riguardo ai cosiddetti “Obiettivi del Millennio”. La conseguenza diretta è che per molte centinaia di milioni di persone il 2015 – anno stabilito come limite dal Programma ONU – appare più lontano di ciò che è realmente. Nel recente Rapporto stilato dal Palazzo di Vetro, a una settimana dal vertice di New York, si dice chiaramente che, tra 10 anni, 827 milioni di persone saranno in uno stato di estrema povertà, mentre 41 milioni di bambini periranno per la scarsa incisività delle misure adottate per ridurre la mortalità infantile. E altri 50 milioni circa non potranno ricevere un’istruzione scolastica di base.

 

Vent’anni fa, all’inizio del capitolo dedicato al mondo contemporaneo, Giovanni Paolo II scriveva nell’enciclica Sollicitudo rei socialis: “Il primo fatto da rilevare è che le speranze di sviluppo (…) appaiono oggi molto lontane dalla realizzazione”. Un’osservazione disincantata tuttora attualissima che – stante l’impegno della Chiesa universale a servizio dei poveri – suscita la domanda se, dopo i ritardi sul Programma del Millennio, esista ora il rischio di un ridimensionamento della sfida globale alla fame e alla povertà. Ecco l’opinione di padre Carmine Curci, direttore della rivista missionaria comboniana “Nigrizia”, intervistato da Alessandro De Carolis:

 

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R. – Io credo che Stati e governi non vorranno ridimensionare i loro impegni, ma rilanciare ancora una volta con delle nuove proposte. Non vogliono dire: “Ci siamo posti dei grandi obiettivi, ma in realtà abbiamo raccolto poco”. Preferiranno rilanciare con nuove idee. Ci troveremo quindi nel 2015 a riconsiderare ancora le cose.

 

D. – A questo punto, guardando al futuro del mondo e cioè ai bambini, due degli obiettivi che li riguardano principalmente appaiono a tutt’oggi due scommesse praticamente perdute: decine di milioni moriranno e, per moltissimi che ce la faranno, non vi sarà possibilità di istruzione. Cosa si può fare?

 

R. – Penso che dobbiamo sempre più guardare non ai governi ma alla base, alla società civile. Dobbiamo mobilitarci e spingere perché i governi facciano delle scelte. Queste scelte finora sono venute dall’alto. Ora dobbiamo ripensare a far partire queste scelte dal basso.

 

D. – Esistono dei modi in cui le singole persone, specialmente se credenti, possono collaborare al raggiungimento di obiettivi così importanti per tutta l’umanità?

 

R. – Come credenti siamo chiamati, anzitutto, a credere nella vita e questo significa concretamente rivedere il nostro stile di vita, impegnarci anche con un risparmio individuale per aiutare i popoli del sud del mondo. Vorrei citare un proverbio del Kenya: “Quando le formiche si mettono insieme, spostano un elefante”. Mettiamoci tutti insieme per spostare questo grande elefante della povertà e della miseria.

 

D. – Circa 20 anni fa, nella Sollicitudo rei socialis, Giovanni Paolo II, analizzando il panorama mondiale, con un sguardo tuttora molto attuale, affermava che la Chiesa “non può restare indifferente” di fronte alle piaghe della miseria, dell’analfabetismo, delle malattie. Come vedi l’impegno della Chiesa in relazione agli obiettivi del Millennio dell’ONU?

 

R. –  E’ stata fatta un’inchiesta ed è stato chiesto in giro per il mondo: “Quali sono le   istituzioni credibili?”. E non sono stati i governi o altre istituzioni. Molti hanno fatto riferimento alla Chiesa, in particolare alla Chiesa cattolica, come a una istituzione credibile. Ecco, noi dobbiamo giocarci e fra fruttificare questa credibilità, grazie a tanti impegni portati avanti da organizzazioni come la Caritas, come i Gruppi di base. Come Chiesa, dunque, siamo chiamati a lavorare dove veramente abbiamo il nostro specifico: la gente.

 

D. – Dal tuo osservatorio privilegiato, orientato in particolare all’Africa, cosa hai notato in termini di miglioramento, o anche di peggioramento, in relazione al programma lanciato cinque anni fa dall’ONU, quindi dal 2000 ad oggi?

 

R. – Abbiamo fatto delle proiezioni da qui fino al 2015 e abbiamo notato come 247 milioni di persone in più rispetto ad oggi vivranno con meno di un dollaro. E’ una dato che ci preoccupa molto, ma d’altra parte notiamo un elemento positivo importante negli ultimi cinque anni: quello dell’impegno forte delle società civili africane a rispondere loro stesse alle sfide che le riguardano. In questo, secondo me, sta la grande speranza: il futuro dell’Africa sta realizzandosi proprio a partire dalla base e non dai governi o dai capi di Stato.

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IN CORSO A PERUGIA LA VI ASSEMBLEA DELL’ONU DEI POPOLI

- Intervista con Sergio Marelli -

 

E’ in corso a Perugia la VI Assemblea dell’ONU dei Popoli, convocata in vista della "Marcia per la pace Perugia-Assisi " del prossimo 11 settembre. L’evento vuole essere anche un momento di riflessione a pochi giorni dal Vertice mondiale  delle Nazioni Unite, che si terrà a New York, la settimana prossima  per discutere di riforma e democratizzazione dell’ONU, di lotta al terrorismo, di solidarietà e sviluppo. Partecipano all’incontro associazioni, ONG e realtà diverse della società civile provenienti da tutto il mondo. Tra i promotori dell’assemblea è Sergio Marelli, direttore dell’associazione di volontariato FOCSIV e presidente delle ONG italiane. Fabio Colagrande lo ha intervistato:

 

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R. – E’ un incontro della società civile a livello mondiale: ci sono infatti rappresentanti di oltre 120 Paesi dei cinque continenti, 80 dei quali dal continente africano. Ci si incontra per elaborare delle proposte, per avanzare anche delle critiche, ma sempre nell’ottica di portare un contributo affinché questa globalizzazione tenga conto degli ultimi, tenga conto dei poveri, tenga conto di quelli che non ce la fanno a stare al passo con la liberalizzazione dei mercati e la libera concorrenza. Penso che noi da cattolici possiamo dire che si tratta di una occasione con la quale concretizzare anche questi moltissimi richiami che la dottrina sociale della Chiesa e il Santo Padre hanno fatto proprio in questa direzione.

 

D. – Cosa c’è da cambiare nell’agenda commerciale?

 

R. – Molto. Io lo spiegherei così: siamo addirittura di fronte al rischio che i pochi aiuti che vengono traghettati nei Paesi poveri con la cooperazione internazionale rischiano di diventare inefficienti perché le regole del commercio internazionale sono così contrarie, in direzione opposta, a quelle della solidarietà e della giustizia che si rischia di vanificare ogni sforzo fatto con la solidarietà e la cooperazione internazionale. Un esempio per tutti: la nostra Europa spende ogni anno 350 milioni di euro per sussidiare, per finanziare l’esportazione dei prodotti agricoli e tutto il mondo destina solamente 50 miliardi di dollari per finanziare la cooperazione internazionale. Sette volte le risorse della cooperazione e della solidarietà vengono destinate a supportare le esportazioni, cioè a supportare un meccanismo per il quale i prodotti dell’eccedenza della nostra opulenza vengono immessi sui mercati locali dei Paesi in via di sviluppo e quindi soffocano i piccoli agricoltori, soffocano la loro possibilità di avviarsi davvero verso un processo di sviluppo endogeno.

 

D. – E’ vero che i donatori vincolano l’aiuto all’acquisto dei loro prodotti?

 

R. – Certo. Ci sono due meccanismi statisticamente e scientificamente dimostrati. Il primo è quello del legamento dell’aiuto. Faccio l’esempio dell’Italia. Il 92% degli aiuti governativi che il nostro Paese dà ai Paesi in via di sviluppo sono subordinati al fatto che questi Paesi poi si rivolgono a delle ditte italiane, acquistino dei prodotti italiani per realizzare i cosiddetti progetti di cooperazione bilaterale. Cioè è una maniera diversa per promuovere le imprese italiane, ma non per fare solidarietà. Il secondo esempio è quello ,anche  dimostrato statisticamente, e cioè che c’è una relazione diretta, c’è una proporzione diretta tra il  volume degli aiuti che i Paesi ricchi danno ai Paesi poveri con il voto che viene da questi espresso nell’Assemblea delle Nazioni Unite. Ogni volta e tanto quanto più votano d’accordo con i Paesi donatori, tanti più aiuti ricevono. Alloro io penso che siano due esempi che dicono chiaramente che la cooperazione internazionale, ancor che dotata di pochissime risorse, anche queste poche risorse sono condizionate a degli obiettivi  di geopolitica per mantenere un controllo commerciale, economico e politico sul mondo da parte delle grandi potenze del nord.

 

D. – Realisticamente cosa ci si può aspettare dal summit di New York, la settimana prossima? Quanto può cambiare secondo lei?

 

R. – Non è un mistero che il Segretario Generale Kofi Annan ha gia anticipato il suo scetticismo rispetto ai risultati di questa assemblea generale. Purtroppo, c’è un’azione forte e pressante delle grandi potenze per indebolire l’organizzazione della Nazioni Unite e per riportare il potere negoziale e politico nelle mani dei singoli governi. E’ la via esattamente contraria a quella del multilateralismo, e se i rapporti ritornano dei rapporti bilaterali cioè lasciati ai rapporti tra i singoli governi, purtroppo ho il timore che la legge sarà quella del più forte e quindi i più forti sappiamo tutti da che parte stanno nel mondo.

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CRISI POLITICA IN UCRAINA DOPO LA RIVOLUZIONE ARANCIONE

- Intervista con Fabrizio Dragosei -

 

In Ucraina, si sta sfaldando la classe politica uscita appena nove mesi fa dalla “rivoluzione arancione”. Accusato di corruzione, il presidente Yushenko ha infatti liquidato ieri a Kiev l'intero governo, la premier Yulia Timoshenko e i vertici dei servizi segreti. Lo stesso Yushenko ha chiesto poi stamattina, ai partiti, di collaborare con il nuovo primo ministro ad interim, il moderato Yuri Yekhanurov. Ma cos’ha portato alla decisione di ieri? Roberto Piermarini lo ha chiesto a Fabrizio Dragosei, corrispondente del Corriere della Sera da Mosca:

 

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R. – Il Paese non è decollato economicamente e anche alcuni dei grandi mali dell’Ucraina come appunto la corruzione endemica dal crollo del dell’URSS sta rispuntando. La rivoluzione era in grande difficoltà; il Presidente Yushenko non riusciva ad avere un governo che governasse e quindi ha deciso di intervenire drasticamente, ha licenziato la Timoshenko ed ha chiesto ed ottenuto le dimissioni del suo più stretto collaboratore Petro Poroshenko che era il grande avversario della Timoshenko all’interno del governo. I loro clan si combattevano e in pratica non riuscivano a governare. Anche lo stesso Yushenko ha avuto diversi scontri con la Timoshenko su decisioni del governo, quindi era necessario per lui un cambiamento ed ha pensato di farlo in maniera così drastica.

 

D. – Il nuovo Premier nominato da Yushenko, potrà ricucire questa crisi?

 

R. – Yushenko ha scelto un altro suo fedelissimo: Yurij  Yekhanurov è specialista in economia ed è anche un uomo in grado di tessere alleanze. Finora era stato mandato a governare la parte orientale del Paese, quella ucraina filo russa che era stata roccaforte degli avversari di Yushenko alle elezioni presidenziali. Yekhanurov certamente ci proverà, il suo compito non sarà facile perché le differenze esistenti tra i gruppi che hanno formato la grande coalizione che alla fine dell’anno scorso portò migliaia e migliaia di ucraini in piazza e portò al crollo del vecchio regime, oggi si stanno riformando; i gruppi di potere sono di nuovo fortissimi; gli scontri tra le fazioni della coalizione sono nuovamente molto intensi.

 

D. – Mosca come guarda questa crisi in Ucraina?

 

R. – La Russia, sta un po’ a guardare anche se certamente è contenta della eliminazione - almeno per ora – da uno dei posti principali in Ucraina della Timoshenko. Ricordiamoci che la Procura della Repubblica russa sta ancora chiedendo un’estradizione per la Timoshenko accusata di corruzione quando era la signora del gas ucraino, quando era un’imprenditrice privata. Con Mosca la Timoshenko ha avuto contrasti fortissimi invece Yekhanurov - il nuovo Primo Ministro per ora solamente ad interim perchè dovrà essere confermato dal Parlamento - è nato in Russia, ha studiato a lungo in Ucraina, ma potrebbe  essere l’elemento di ricucitura con la parte filo-russa ucraina e anche con Mosca.

 

D. – Il nuovo Premier dovrà traghettare l’Ucraina in vista delle nuove elezioni del prossimo anno …

 

R. – Quella è la scadenza fondamentale diciamo, in vista della quale è anche avvenuto questo drastico cambio di governo a Kiev. A marzo ci sono le elezioni politiche e già da gennaio scatta la riforma costituzionale, che trasforma l’Ucraina da repubblica Presidenziale a repubblica Parlamentare e buona parte dei poteri che oggi sono del Presidente Yushenko passeranno al Primo Ministro che dovrà essere eletto dal Parlamento. Certamente la Timoshenko sarebbe stata in pole position se fosse arrivata alle elezioni nel ruolo di Primo Ministro; adesso per lei la situazione potrà essere sicuramente più difficile e forse più agevole per Yushenko.

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CHIESA E SOCIETA’

9 settembre 2005

 

LETTERA DI SOSTEGNO DEL SUPERIORE GENERALE DEI PADRI BIANCHI AL MISSIONARIO BELGA, GUY THEUNIS, ARRESTATO MARTEDI SCORSO A KIGALI,

IN RWANDA, CON L’ACCUSA DI AVER FOMENTATO IL GENOCIDIO DEL ’94,

ATTRAVERSO LA RIVISTA “DIALOGUE”

 

KIGALI. = “Sorpresa, incomprensione e tristezza”: i sentimenti espressi dal superiore generale dei Padri Bianchi, Gerad Chabanon, in merito alla spiacevole vicenda che ha coinvolto il missionario belga, Guy Theunis, arrestato martedì scorso a Kigali, in Rwanda, con l’accusa - ancora ufficiosa - di coinvolgimento, seppure indiretto, attraverso la sua attività nella rivista “Dialogue”, nel terribile genocidio consumatosi nel Paese africano nel 1994. Questa accusa – scrive padre Chabanon, in un comunicato della Congregazione dei Missionari d’Africa diffuso dall’agenzia MISNA - ci è parsa completamente infondata”. “Padre Theunis è stato direttore di questa rivista, prima in Rwanda, dal 1989 al 1992, poi in Belgio dal 1994 al 1995”. Rivista, scritta in francese, che si autodefinisce “d’informazione e di riflessione su tutti i problemi economici, sociali, culturali, politici, religiosi e altri ancora, che interessano il Rwanda”, trattatati “da una prospettiva cristiana”. “Quando padre Theunis ne era responsabile, - ricorda il superiore generale del padri Bianchi - questa rivista era preparata da un comitato di redazione composto da circa una dozzina di persone che si riunivano ogni mese per discutere degli articoli presentati. Mai il direttore decideva da solo di pubblicare un articolo o un altro – neanche l’editoriale – senza l’accordo del suo comitato di redazione. E’ dunque impensabile – afferma padre Chabanon - che “degli articoli di pubblicazioni estremiste” abbiano potuto essere pubblicati; forse delle citazioni per far capire il pericolo di tali opinioni o, quanto meno, accompagnate da una critica affinché non vi fosse alcun equivoco”. Del resto – si legge nella nota dei Missionari d’Africa - “i diritti dell’uomo e la comunicazione non violenta sono diventati, attraverso gli anni, i grandi orientamenti missionari”, non solo di padre Guy Theunis ma dell’intera Congregazione. Secondo le ultime notizie, il missionario belga arrestato all’aeroporto sarebbe stato trasferito dalla caserma in cui si trovava ad una prigione di Kigali. (R.G.)

 

 

 “UNA FEDE VISSUTA” NELLA CONCRETEZZA QUOTIDIANA PER CONTRASTARE

LA ROTTURA TRA CULTURA E VANGELO: E’ IL PRINCIPIO PORTANTE DELLA LETTERA

PASTORALE DELL’ARCIVESCOVO DI MILANO, PRESENTATA IERI ALLA STAMPA

- A cura di Roberta Gisotti -

 

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MILANO. = “Siamo tutti interpellati dalla troppe forme di indifferenza, distacco e di rifiuto nei riguardi della politica, che non poche volte sono condivise dagli stessi cristiani. Siamo ancor più interpellati dall’urgenza che tanti talenti, doti e risorse che il Signore non manca di distribuire in abbondanza, non ultimo alle donne e ai giovani, siano coraggiosamente messi a disposizione del bene comune”. Parole chiare, un invito diretto del cardinale arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, a raccogliere questa “sfida esigente”, perché il “vivere la fede – è scritto nella Lettera  pastorale – è oggi, forse più difficile e più impegnativo che non in altri tempi”. Si tratta infatti di “viverla nella concretezza della quotidianità e con l’essere immersi nel mondo senza perdere la propria identità e originalità cristiane”, consapevoli della “separazione” o perfino della “rottura tra il Vangelo e la cultura”, che caratterizza la società contemporanea, dove “l’uomo sazio di sè” sempre più “vive come se Dio non esistesse”. Da qui il richiamo del porporato, in particolare ai laici, ad un impegno sociale, in tutti gli ambienti della vita: da quello affettivo a quello lavorativo, ma anche impegno politico, non come di conquista di potere ma come “servizio gratuito, disinteressato, generoso”, scevro da arroganze e ambizioni, realizzato con “animo lieto”, “con profonda umiltà e gratitudine” e con “evangelica simpatia nei confronti delle persone e del mondo”. Il cardinale Tettamanzi chiede ai fedeli, alle parrocchie, alla famiglie, a movimenti ecclesiali ed espressioni laicali cattoliche un ripensamento – anche doloroso se necessario -“per dar vita – ha sottolineato – a qualcosa di nuovo, di originale, al limite di rivoluzionario”, invitando ciascuno a dare risposte franche sui propri ruoli e compiti. Questa lettera pastorale – ha spiegato l’arcivescovo di Milano – conclude un percorso pastorale triennale, che ha affrontato la “professione della fede”, “la celebrazione della fede” ed ora la “fede vissuta”: tutti e tre elementi inscindibili dell’identità cristiana.

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L'ORDINE DEL SANTISSIMO SALVATORE DI SANTA BRIGIDA

 SI E' ARRICCHITO IERI DI 34 NUOVE SUORE PROFESSE E DI 32 NOVIZIE.

 LA CERIMONIA A ROMA PRESIEDUTA DAL CARDINALE JOSE’ SARAIVA MARTINS

- A cura di Giovanni Peduto -

 

ROMA. = “L’Ordine brigidino é un albero glorioso”, che nei secoli, soprattutto ad opera della Beata Maria Elisabetta Hesselblad, si è rinnovato, ringiovanito, irrobustito, accresciuto e ha dilatato i suoi rami in Europa del Nord, dell'Est e dell'Ovest, nonché nel Medio Oriente, in India, nelle Filippine, in America Latina, Stati Uniti e Cuba. Lo ha sottolineato il prefetto della Congregazione per le Cause dei santi, il cardinale José Saraiva Martíns, nell’omelia che ha tenuto ieri pomeriggio nella chiesa romana di Santa Brigida, in Piazza Farnese, durante la cerimonia della professione di sette nuove suore brigidine. Da rilevare che nelle altre case dell’Ordine si sono svolte cerimonie analoghe per complessive 34 nuove suore professe  e 32 giovani che hanno fatto  ingresso in noviziato. Ieri, era l’8 settem-

bre, era la festa della natività di Maria, data particolarmente cara alle Suore di Santa Brigida perchè in tale giorno, 94 anni or sono, nella casa di Piazza Farnese, la Beata Elisabetta dava inizio con tre compagne alla riforma dell’Ordine Brigidino che oggi, sotto la guida dell’abbadessa madre Tekla Famiglietti, conta circa 700 suore, distribuite in 45 comunità. La spiritualità brigidina pone al centro di sé la Passione di Cristo, come ha ricordato sempre il cardinale Saraiva Martíns, nonché la vocazione a lavorare per la causa ecumenica soprattutto con i luterani del Nord Europa. La Beata Hesselblad, svedese d'origine, era infatti luterana, poi passata al cattolicesimo.

 

 

DAL CONVEGNO DELLE ACLI, MONS. BETORI RICHIAMA I CATTOLICI ALL'UNITA':

DIFENDIAMO LA VITA

- A cura di Alessandro Guarasci -

 

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ORVIETO. = Quasi il 45 per cento degli italiani è contrario alla fecondazione assistita eterologa, e ad oltre il 34 per cento non piace quella omologa. E' il risultato di un sondaggio realizzato dalle ACLI e presentato stamani al convegno “Bios e Polis” delle Associazioni cristiane lavoratori italiani, in corso ad Orvieto. Al convegno è intervenuto anche il segretario generale della CEI, monsignor Giuseppe Betori, che ha ribadito la necessità di difendere la vita in ogni momento. A tre mesi di distanza dal referendum sulla fecondazione assistita, gli italiani confermano il responso delle urne. Solo il 4,7% del campione intervistato per la ricerca delle ACLI si dichiara favorevole alla clonazione di esseri viventi, e un altro 61,5% dice no alla manipolazione genetica delle coltivazioni agricole e dei prodotti alimentari, in sostanza gli OGM. Ma anche la fecondazione assistita eterologa non piace: se sommiamo contrari e indecisi arriviamo al 63%. E discorso simile vale per l'omologa. In questo caso, indecisi e contrari arrivano al 53,2 per cento. Nettamente contro la ricerca sugli embrioni sono il 33,7 per cento, e il 19% non sa esprimere un parere preciso in merito. Il 63,4% degli italiani è invece favorevole alla ricerca sulle cellule staminali adulte. Dai risultati dell'indagine, effettuata su un campione di 800 persone, pare emergere quindi complessivamente un atteggiamento di prudenza se non proprio di perplessità o addirittura, in alcuni casi, di preoccupazione. Il segretario generale della CEI, monsignor Betori, ha detto che corriamo il rischio del “biologismo”, ovvero la riduzione della persona a semplice materiale fisico. E non solo: è sempre più forte la tentazione di non riconoscere l'identità umana dell'embrione. Ma è la stessa visione cristiana della persona umana, come unità di spirito e materia, di anima e corpo, a indicarci la strada di una sintesi che aiuta a superare queste due derive. Monsignor Betori ha poi richiamato la necessità di "una generale mobilitazione delle coscienze e un comune sforzo etico tra credenti e laici. Serve un rinnovato dialogo tra cattolici e laici, per assumersi la responsabilità di difendere il volto dell'uomo e la radice della vita". Dunque, un netto no al relativismo etico perché è contro l'uomo. Sulla difesa della vita, da monsignor Betori arriva poi un appello al mondo cattolico all'unità, anche in politica, e a mobilitarsi con decisione in ogni settore della società.

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UNA DOLOROSA REALTÀ DI CORRUZIONE E SFRUTTAMENTO CHE SI CONSUMA

IN AFRICA, QUELLA RACCONTATA DAL REGISTA MEIRELLES NEL FILM

THE CONSTANT GARDNER, TRATTO DALL’OMONIMO ROMANZO DI LE CARRÉ,

E PRESENTATO IN CONCORSO ALLA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA

- A cura di Luca Pellegrini -

 

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VENEZIA. = Dispute e tragedie possono essere documentate sul luogo, per immagini, o prendere la forma del romanzo. John Le Carré ha scelto la seconda strada scrivendo nel 2001 The Constant GardenerIl giardiniere tenace ed il regista brasiliano Fernando ne trae un film importante, dedicato allo spaventoso diffondersi della piaga dell’Aids, della tubercolosi e della malaria tra popoli che a mala pena posseggono soltanto la loro vita, spinge una casa farmaceutica ad intraprendere la sperimentazione di nuovi farmaci in Kenya su cavie umane, ossia i poveri delle bidonville che nulla sanno e nulla sospettano. L’ingranaggio è quello di un thriller ma il fenomeno è vero, i dati preoccupanti, il potere dell’industria e del denaro (sono in gioco profitti per miliardi di dollari a fronte di vite che valgono zero) colluso drammaticamente con quello politico, corrotto e avido. Nel film sono coinvolti un diplomatico anglosassone e la sua giovane sposa, rispettivamente i bravi Ralph Fiennes e Rachel Weisz, che scopre il marcio ove non dovrebbe e pagherà per questo con la vita, un personaggio ispirato a Yvette Pierpaoli, volontaria in Albania e morta in un incidente stradale nel 1999. Il film tiene benissimo il ritmo, è un racconto d’amore appassionante, è una denuncia serissima di abusi compiuti a tutti i livelli, che non dobbiamo sottacere e dimenticare.

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24 ORE NEL MONDO

9 settembre 2005

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Egitto, prosegue il conteggio delle schede all’indomani delle prime elezioni presidenziali multipartitiche. I risultati ufficiali saranno comunicati domani ma l’esito sembra scontato: l’attuale presidente Hosni Mubarak è ormai vicino al suo quinto mandato consecutivo e la stampa egiziana ritiene certa una sua vittoria con almeno l’80 per cento dei voti. Il nostro servizio:

 

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La stampa egiziana esulta ed il governo elogia le prime elezioni libere e democratiche. La scontata vittoria di Mubarak sembra solo la cornice di un evento storico: la partecipazione di dieci candidati alla tornata elettorale. Molti quotidiani egiziani sottolineano la “svolta democratica”. “L’Egitto è entrato in una nuova era, quella del presidente eletto”, titola il quotidiano governativo “Al Ahram”. Alla soddisfazione per le prime presidenziali pluraliste e a suffragio universale diretto si aggiunge, dunque, un dato ampiamente previsto: la quasi certa affermazione di Mubarak, al potere da 24 anni, dopo una campagna durata appena 19 giorni. Tuttavia, ha votato meno del 20 per cento degli elettori e l’opposizione ha richiesto la ripetizione della consultazione denunciando brogli. “Gli egiziani assaggiano il gusto delle elezioni malgrado l’amarezza delle irregolarità”, titola ‘Al Masr Al Yawm’, il primo e unico quotidiano indipendente del Paese. Disoccupazione, povertà, corruzione, terrorismo e ordine pubblico, sono le principali sfide da affrontare nel futuro dell’Egitto. Mubarak ha promesso 4 milioni e mezzo di nuovi posti di lavoro in 6 anni, aumenti salariali e un robusto programma di interventi sociali. Ma su questi propositi grava un fardello: l’impressionante debito pubblico che viaggia intorno al 103 per cento del PIL.

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Per un commento sul voto di ieri in Egitto, ascoltiamo Oliver Nette, consigliere politico della delegazione della Commissione europea, raggiunto telefonicamente al Cairo da Fausta Speranza:

 

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R. – FIRST OF ALL THE FACT THAT ...

Innanzitutto il fatto che si sia trattato di un’elezione con più candidati, la prima in Egitto, è una cosa molto positiva. Nessuno può negare che si tratti di un passo nella giusta direzione. Non possiamo avere un quadro di ciò che sta accadendo ora nel Paese, sarebbe presunzione, ma possiamo dire che in base a ciò che abbiamo visto al Cairo, la partecipazione al voto è stata scarsa. Da notizie pervenuteci da Organizzazioni Non Governative ed anche da colleghi che si trovano fuori dalla capitale, sembra che la partecipazione sia stata un po’ più alta in altre località del Paese.

 

D. – Tutti gli opinionisti danno per certa la vittoria di Mubarak. Cosa ne pensa?

 

R. - WE ALSO SAW ON THE GROUND THAT …

Anche noi abbiamo visto sul posto che il Partito Nazionale Democratico, quello del presidente Mubarak, il partito che da molti anni governa l’Egitto, si è organizzato  a diversi livelli e con molti uomini. Credo che sia la conseguenza di tanti anni di attività politica: unico partito che ha dominato la scena politica del Paese. Ieri al Cairo si potevano vedere per le strade numerose persone impegnate a favore del Partito Nazionale Democratico, come pure autobus con slogans, mentre gli altri candidati non hanno potuto assolutamente competere con questa macchina organizzativa.

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Entro lunedì prossimo, sarà completato in Medio Oriente lo smantellamento degli insediamenti israeliani nella Striscia di Gaza. Sul fronte politico palestinese, è stato liberato il figlio del generale Moussa Arafat, ucciso due giorni fa a Gaza. Aumentano, intanto, le polemiche, sulla morte dell’ex presidente Yasser Arafat. Il nostro servizio:

 

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A pochi giorni dal completamento del ritiro militare israeliano dalla Striscia di Gaza, previsto per lunedì prossimo, permane l’incertezza sulla sorte di una trentina di sinagoghe costruite dai coloni che - a differenza degli insediamenti - non sono ancora state rase al suolo. Il ministro della Difesa, Shaul Mofaz, ha dichiarato alla Radio militare che è preferibile non distruggere gli edifici religiosi. “Sta all’Autorità Nazionale Palestinese – ha detto Mofaz – impedire che siano profanati”. La sorte delle sinagoghe di Gaza era stata affrontata, su richiesta di alcuni rabbini, dalla Corte Suprema di Gerusalemme, che aveva autorizzato la distruzione delle sinagoghe. In Cisgiordania, intanto, otto attivisti della sinistra israeliana sono stati arrestati dall’esercito durante una manifestazione per protestare contro il muro di separazione. Sul fronte palestinese, si svolgeranno oggi a Gaza i funerali del generale Mussa Arafat, l’ex capo dell’intelligence militare palestinese assassinato due giorni fa in un attacco sferrato da decine di miliziani. Proprio all’alba di stamani, grazie ad una mediazione del segretario generale di al-Fatah a Gaza è stato rilasciato il figlio di Mussa Arafat, Manhal, rapito durante l’attacco. Dopo la liberazione, Manhal è stato ricevuto dal presidente Abu Mazen. Continua ad essere avvolto nel mistero, infine, il decesso di Yasser Arafat, morto lo scorso 11 novembre a Parigi. Un rapporto di medici francesi sulla morte dell’ex rais non escluderebbe l’AIDS o l’avvelenamento.  Il medico personale di Arafat ha dichiarato che nel sangue del leader palestinese sarebbero state trovate tracce del virus dell’HIV.

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Ancora violenze in Iraq: un ufficiale di polizia è rimasto ucciso per l’esplosione di un ordigno nella parte occidentale di Baghdad ed una donna è morta per la deflagrazione di un’autobomba nel sud della capitale. Non si placano, inoltre, le violenze contro gli sciiti: nella notte, ribelli hanno attaccato e distrutto la facciata della moschea al-Rassul, nella parte meridionale di Baghdad. Sul versante politico, la Commissione elettorale indipendente ha reso noto che il Parlamento iracheno ha formalizzato la scelta di indire, il prossimo 15 ottobre, il referendum sulla Costituzione.

 

Il Congresso degli Stati Uniti ha deciso lo stanziamento di quasi 52 miliardi di dollari per far fronte agli ingenti danni provocati dall’uragano Katrina. Il provvedimento prevede diverse misure, tra le quali la concessione di 2000 dollari a ciascun sfollato. Il presidente americano, George Bush, ha accolto con soddisfazione la decisione del Congresso e ha detto che “saranno necessarie altre risorse”. Si stima che i danni provocati da Katrina superino i 200 miliardi di dollari. Ma il bilancio più pesante resta quello delle vittime: quello ancora provvisorio fornito dal dipartimento della Lousiana parla di almeno 118 morti. Il numero dei dispersi resta incerto e le autorità americane temono che le vittime possano essere più di 25 mila. Crescono, intanto, i timori per la contaminazione delle acque. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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Cinque persone hanno già perso la vita a causa del contatto con  acqua contaminata. Le autorità stimano, inoltre, che circa 10 mila persone non hanno abbandonato New Orleans e non intendono farlo. I militari, quindi, stanno andando casa per casa a cercare gli ultimi sopravvissuti sollecitandoli a partire. Se non verranno seguiti, useranno la forza per costringerli ad evacuare l’area. Ieri, il vice presidente Cheney ha visitato la regione per rispondere alle critiche dei giorni scorsi e dimostrare che il governo è impegnato al massimo livello nei soccorsi e nella ricostruzione. Anche la first lady, Laura Bush, si è recata nelle zone disastrate per incontrare gli sfollati. A Washington, continuano le polemiche sulle responsabilità per la lentezza dell’intervento da parte dell’amministrazione federale. I leader repubblicani del Congresso hanno varato, intanto, un’iniziativa congiunta del Senato e della Camera per investigare sugli errori commessi, ma i democratici l’hanno rigettata perché non sono stati consultati. Il presidente Bush, in calo di popolarità nei sondaggi, ha proclamato infine il16 settembre come giorno di preghiera nazionale per le vittime dell’uragano.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli

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Un nuovo disastro, anche se non paragonabile a quello provocato da Katrina, potrebbe colpire la costa atlantica della Florida, dove è scattato l’allarme uragano: si teme l’arrivo di Ophelia, che secondo gli esperti dovrebbe avere un’intensità decisamente inferiore a quella di Katrina.

 

Una forte scossa di terremoto è stata registrata nella regione di New Ireland, in Papua Nuova Guinea. Il movimento tellurico, di 7,3 gradi di magnitudo, non sembra aver provocato danni. Il centro di rilevamento per gli tsunami del Pacifico ha escluso il rischio di onde anomale.

 

Il presidente francese, Jacques Chirac, ha lasciato l’ospedale militare di Parigi dove è stato ricoverato lo scorso due settembre in seguito a problemi vascolari. L’Eliseo ha confermato, inoltre, che Chirac annuncerà la sua eventuale partecipazione, il 13 ed il 15 settembre a New York, all’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

 

In Spagna, due convogli della metropolitana di Valencia sono entrati in collisione, provocando il ferimento di 15 persone. Secondo quanto riportato dall'agenzia EFE, il macchinista di uno dei treni versa in gravi condizioni, mentre gli altri passeggeri rimasti coinvolti nell’incidente hanno riportato lievi ferite.

 

Il cancelliere tedesco Schroeder ed il presidente russo Putin hanno siglato ieri, a Berlino, un accordo per la costruzione di un gasdotto che collegherà Germania e Russia. La spesa prevista è di 4 miliardi di euro. Il gasdotto sarà lungo 12.000 chilometri: partirà dal sito di Vyborg, vicino a San Pietroburgo, e arriverà fino a Greifswald, sulla costa tedesca nordorientale. L’opera sarà in funzione a partire dal 2010 e trasporterà inizialmente 27,5 miliardi di metri cubi di metano all’anno, per poi aumentare la produzione a 55 miliardi di metri cubi all’anno.

 

Monito dell’Unione Africana (UA) alla Mauritania, perché si chiuda rapidamente la transizione dopo il colpo di Stato del 3 agosto. Il Consiglio per la pace e la sicurezza dell’UA ha chiesto alla giunta militare – salita al potere durante un viaggio all’estero del presidente Taya – il ritorno all’ordine costituzionale, la creazione di una commissione elettorale indipendente, la compilazione di liste elettorali credibili, l’avvio di una lotta efficace alla corruzione.

 

 

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