RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 250 - Testo della trasmissione di mercoledì 7 settembre 2005

 

 

Sommario

                                      

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

All’udienza generale il Papa invita i fedeli a modellare la propria vita sull’immagine di Cristo,  entrando nei suoi sentimenti, nella sua volontà e nel suo pensiero

 

Dopo l’udienza generale Benedetto XVI riceve il presidente dell’Irlanda, la signora  Mary McAleese,  e il primo ministro del Madagascar Jacques Sylla

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Don Oreste Benzi compie oggi 80 anni. Fondatore dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, ha voluto essere al fianco di quanti pensano di non essere nulla.  Nostra intervista con il sacerdote

 

New Orleans devastata dopo il passaggio dell’uragano Katrina. Anche il Giappone conta morti e dispersi per il tifone Nabi: intervista con il padre Guido Miglietta

 

Ancora violenza in Iraq mentre l’Organizzazione “Un ponte per…” promuove un progetto per la difesa dei diritti umani dei detenuti iracheni: ce ne parlano Abdalrhman Tahan e Najla Flaik

 

Il cardinale Angelo Scola oggi alla Mostra del Cinema di Venezia per la consegna del Premio  Bresson  al regista polacco Jerzy Stuhr:  con noi lo stesso porporato e mons. Dario Viganò

 

CHIESA E SOCIETA’:

E’ un adolescente di 16 anni l’uccisore di padre Beppe Bessone, missionario italiano in Brasile

 

L’episcopato indiano chiede un’inchiesta sull’uccisione di mons. Nellickal, vicario generale di Tezpur

 

L’arcivescovo di Giacarta  chiede alla polizia di fermare gli attacchi degli estremisti islamici

 

Concluso ad Assisi il Simposio intercristiano sull’Eucaristia

 

Il presidente del Burundi chiede l’aiuto della Chiesa per la riconciliazione nazionale

 

Appello del cardinale Lehmann a favore delle popolazioni del Darfur

 

24 ORE NEL MONDO:

L'Autorità Nazionale Palestinese proclama lo stato d’allerta dopo l'assassinio a Gaza dell'ex capo dell'intelligence militare Mussa Arafat, cugino del defunto presidente. Rapito il figlio

 

Gli  egiziani oggi alle urne: per la prima volta sono chiamati a scegliere un presidente tra più candidati. Ma è scontata la vittoria di Mubarak, al suo quinto mandato

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

7 settembre 2005

 

 

NON DIMENTICARE MAI DI MODELLARE LA NOSTRA VITA SULL’IMMAGINE DI CRISTO: L’INSEGNAMENTO DI BENEDETTO XVI ALL’UDIENZA GENERALE IN PIAZZA SAN PIETRO

 

Ventimila fedeli di oltre 20 Paesi si sono riuniti stamane in Piazza San Pietro per ascoltare la catechesi del Papa, che in questi giorni risiede ancora a Castel Gandolfo ed è giunto a Roma in elicottero per l’udienza generale. Ricordiamoci sempre di modellare la nostra vita sull’immagine di Cristo – ha detto Benedetto XVI – disturbato oggi da una lieve raucedine, che non gli ha impedito di portare a termine il suo discorso. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

*********

“Cristo fu generato prima di ogni creatura, è il primogenito di coloro che risuscitano dai morti”. A questo Cantico, tratto dalla Lettera di san Paolo ai Colossesi, si è ispirato il Santo Padre per spiegare che “Cristo è entrato nella comunità umana per reggerla e comporla in un ‘corpo’, cioè in una unità armoniosa e feconda”. Per questo ha aggiunto “la consistenza e la crescita  dell’umanità hanno in Cristo la radice, il perno vitale, il ‘principio’. L’uomo infatti “col peccato ‘ha cambiato la gloria dell’incorruttibile Dio con l’immagine e la figura dell’uomo corruttibile’, scegliendo di adorare gli idoli e divenendo simile ad essi”: 

 

“Dobbiamo, perciò, continuamente modellare il nostro essere sull’ immagine del Figlio di Dio, poiché siamo stati ‘liberati dal potere delle tenebre’, ‘trasferiti nel regno del suo Figlio diletto’. E’ questo il primo imperativo di questo Inno: modellare la nostra vita sull’immagine del figlio di Dio entrando nei suoi sentimenti, nella sua volontà, nel suo pensiero”.

 

In conclusione l’Inno celebra la pienezza del Cristo, come “dono d’amore del Padre”, prospettando “un orizzonte luminoso di riconciliazione, unità, armonia e pace”, che si raggiunge “‘attraverso il sangue della croce’, da cui siamo giustificati e santificati”.

 

Tanti i saluti del Papa nelle diverse lingue alla folla di pellegrini, ricordando che domani si festeggia la Natività delle Beata Maria Vergine. Tra i fedeli in piazza San Pietro i padri Cistercensi e le Suore dei Poveri, riuniti per i loro Capitoli generali. Ai religiosi cistercensi Benedetto XVI ha rivolto un particolare incoraggiamento:

 

“Possa questo evento di grazia aiutarvi a vivere sempre più fedelmente il vostro carisma, per continuare a camminare con rinnovato fervore e zelo sulla via maestra, collaudata da secoli di fecondità spirituale. Non lasciate mai che le difficoltà affievoliscano l'entusiasmo della vostra adesione al Vangelo!”

**********

 

 

 

IN UDIENZA DAL PAPA, IL PRESIDENTE DELL’IRALNDA, MARY MCALEESE

E IL PREMIER DEL MADAGASCAR, SYLLA

 

Al termine dell’udienza generale di questa mattina, Benedetto XVI ha ricevuto in udienza, nello studio dell’Aula Paolo VI, il presidente dell’Irlanda, la signora Mary McAleese con il consorte e il seguito, e il primo ministro del Madagascar, Jacques Sylla, anch’egli accompagnato da un piccolo seguito.

 

Il Papa ha ricevuto l’arcivescovo Blasco Francisco Collaço - nunzio apostolico in Sud Africa, Namibia, Lesotho, Swaziland e delegato apostolico in Botswana – l’arcivescovo Rino Passigato, nunzio apostolico in Perù, e l’arcivescovo Antonio Mennini, rappresentante della Santa Sede nella Federazione Russa.

 

 

=======ooo=======

 

 

OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

In prima pagina: “Cristo fu generato prima di ogni creatura, è il primogenito di coloro che risuscitano dai morti”: Benedetto XVI nel corso dell’udienza generale in Piazza San Pietro ha commentato il Cantico Col 1, 3.12-20. Le udienze del Santo Padre alla Signora Mary McAleese, presidente d’Irlanda e al signor Jacques Sylla, primo ministro del Madagascar.

Medio Oriente: ucciso a Gaza l’ex capo della sicurezza palestinese Moussa Arafat. Stati Uniti: scende il livello della acque a New Orleans e affiora uno scenario da incubo, il sindaco autorizza la polizia a procedere allo sgombero forzato della città. Giappone: il devastante passaggio del tifone Nabi.

 

Servizio vaticano –  Una pagina mariana in occasione della festa della Natività di Maria

 

Servizio estero –  Iraq: USA cedono alle truppe irachene il controllo di Najaf; nessun accordo sulla Costituzione

Terrorismo: Annientato in Arabia Saudita un gruppo di islamici armati.

 

Servizio culturale – Un articolo di Fernando Salsano sulle simbologie dantesche.

 

Servizio italiano – In primo piano i temi della Banca d’Italia, del terrorismo e degli sviluppi dell’inchiesta relativa all’incidente dell’ATR 72.

 

 

 

=======ooo=======

 

 

OGGI IN PRIMO PIANO

7 settembre 2005

 

 

DON ORESTE BENZI COMPIE OGGI 80 ANNI.

FONDATORE DELL’ASSOCIAZIONE PAPA GIOVANNI XXIII,

HA VOLUTO ESSERE AL FIANCO DI QUANTI PENSANO DI NON ESSERE NULLA

- Intervista con il sacerdote -

 

Don Oreste Benzi compie oggi 80 anni. Il fondatore dell’Associazione “Papa Giovanni XXIII”, attiva in Italia e nel mondo in favore di poveri, sfruttati ed emarginati di qualsiasi tipo, festeggia il compleanno nel pomeriggio con una Santa Messa a Rimini, attorniato dai tanti ragazzi che oggi, grazie a lui, piccolo sacerdote romagnolo, sono tornati ad avere una speranza. Il servizio di Sergio Centofanti.

 

********** 

Don Oreste Benzi è nato il 7 settembre 1925 a San Clemente, un paesino nell’entroterra riminese, da una povera famiglia di operai, settimo di 9 figli. La sua vocazione è precoce: entra a 12 anni in seminario. Ha già le idee chiare: la sua vocazione cristiana è quella di essere al fianco di quelli che pensano di non essere nulla. A 23 anni è sacerdote: nel 1968 da’ vita all’Associazione “Papa Giovanni XXIII” il cui statuto recita così: “Mossi dallo Spirito a seguire Gesù povero e servo i membri della Comunità … s’impegnano a condividere direttamente la vita degli ultimi, mettendo la propria vita con la loro vita, facendosi carico della loro situazione, mettendo la propria spalla sotto la loro croce, accettando di farsi liberare dal Signore attraverso loro”. Inconfondibili le caratteristiche di quest’uomo di Dio: una tonaca sempre consumata, una semplicità e un sorriso disarmanti, una gioiosa e contagiosa “follia” cristiana, che lo porta a rischiare in prima persona per amore degli altri, una devozione particolare per la Vergine. “Quando mi sento inerme di fronte ai casi più disperati – dice don Oreste -  metto tutto nelle mani della Madonna”. Ma ascoltiamo direttamente la voce di don Benzi. Benedetta Capelli gli ha chiesto che cosa ricordi con più piacere di questi 80 anni:

 

R. – Prima di tutto, l’incontro con Giovanni Paolo II il 29 novembre dell’anno scorso, in cui lui ci ha lasciato una sorta di testamento spirituale. Ha detto: “Fate delle case-famiglia il cuore dell’Eucaristia”; poi ci ha detto: “Siate i testimoni della tenerezza di Dio verso i piccoli che accogliete”. Queste parole ci hanno dato un entusiasmo grande. Non siamo noi che abbiamo fatto dei programmi, perché siamo certi che il programma ce l’ha il Signore. E Lui continuamente ci presenta i  suoi progetti. E noi cerchiamo di dire sempre di “sì” e di non perdere mai la coincidenza con Dio che viene.

 

D. – Come le venne in mente di fondare l’Associazione “Papa Giovanni XXIII”?

 

R. – Io non ho fondato niente. Sono stati i poveri che spesso ci hanno rincorso e ci hanno impedito di addormentarci. Un fatto impressionante è questo: sono moltissimi i giovani che sentono la chiamata a venire a sperimentare questa vita e un buon numero la intraprendono.

 

D. – 186 case-famiglia, 15 cooperative sociali, 32 comunità terapeutiche … tanti gli obiettivi raggiunti. C’è qualcosa che sente come una sconfitta?

 

R. – Più che una sconfitta, una colpa: i poveri ci vengono a cercare, ma tanti non vengono a cercarci: quelli dobbiamo cercarli noi, e non abbiamo fatto tutto quello che avremmo dovuto fare, per andare a cercarli. Avremmo dovuto fare molto di più. Quindi la sento come una colpa, una insufficienza d’amore. Però, i nostri limiti o il nostro peccato non ci fermano!

**********

 

 

NEW ORLEANS NELLA MORSA DEL FANGO,

SI CERCANO I CORPI DELLE VITTIME.

CENTINAIA I CITTADINI STRANIERI DI CUI NON SI HANNO NOTIZIE

DOPO IL PASSAGGIO DELL’URAGANO KATRINA.

ANCHE IL GIAPPONE CONTA MORTI E DISPERSI PROVOCATI DAL TIFONE NABI

- Intervista con padre Guido Miglietta -

 

         Stati Uniti e Giappone uniti dalla lotta contro cataclismi di simile portata: agli 83 morti ufficiali di New Orleans – ma si teme possano essere molte migliaia – si aggiungono tra ieri e oggi i decessi provocati dal tifone Nabi, che ha colpito l’isola di Kyushu: 11 morti, ma il bilancio provvisorio annota centinaia tra feriti e dispersi. Negli Stati Uniti, intanto, è in vigore anche l’allerta Ofelia, una tempesta tropicale, formatasi sull’Atlantico occidentale che potrebbe interessare la Florida. Ma le autorità non prevedono un impatto sulla terraferma analogo all’uragano Katrina. Il Dipartimento di Stato americano ha inoltre diffuso le cifre dei cittadini stranieri di cui non si hanno notizie, dopo il passaggio dell'uragano Katrina in Louisiana, Mississippi e Alabama. “Stiamo facendo il possibile per aiutare ambasciate e governi di tutto il mondo” a localizzarli, ha detto il segretario di Stato Condoleezza Rice. Un centinaio sarebbero i britannici, una novantina i messicani, tra i 30 e i 40 quelli di nazionalità francese. Altri particolari nel servizio di Alessandro De Carolis:

 

**********

Uragano e tifone: nomi diversi che declinano un’identica paura, qualsiasi sia la latitudine. L’inattesa scia di distruzione lasciata dietro di sé dal passaggio dell’uragano Katrina ha replicato - soprattutto in quell’Occidente il più delle volte estraneo ai colpi più devastanti di tali fenomeni ed erroneamente considerato al sicuro -  il terrore che otto mesi fa prese la forma di un terribile maremoto nel Sud-est asiatico e costrinse molti degli occidentali, attraverso un angoscioso martellamento mediatico, a prendere coscienza di eventi fin lì largamente sottovalutati o ignorati. Un timore che in queste ore sta attanagliando alcune metropoli del Giappone, anche se fortunatamente il tifone Nabi sembra aver perso slancio e potenza, dopo aver comunque rovesciato un muro d’acqua e vento sull’isola di Kyushu. New Orleans si appresta, ora che l’attività di drenaggio dell’acqua è iniziata, a scoprire quel sudario di fango che si teme abbia finora coperto le reali dimensioni della tragedia. Diverse migliaia, “forse diecimila” i morti secondo il sindaco Ray Nagin: notizia che, da quando ha cominciato a circolare, ha finito per condizionare le sensibili antenne dell’economia e della finanza. "Potrebbe avere senso immaginare una riduzione del tasso di crescita del PIL di qualcosa come mezzo punto percentuale nei prossimi trimestri”, ha affermato il segretario al Tesoro statunitense, John Snow.

 

A Little Rock, in Arkansas, si concentrano intanto gli arrivi dei cargo internazionali con gli aiuti, che da lì vengono dirottati a sud, dove si combatte per sopravvivere da un giorno all’altro. Il sindaco di New Orleans ha ordinato l’evacuazione a forza di chi si ostina a rimanere in casa, e magari è costretto ad assistere all’assalto degli alligatori che si avventano sui cadaveri a pelo d’acqua. Mentre non si contano più le scene di abusi e di violazioni dei più elementari diritti umani e civili. Dai palazzi della politica, dopo le prime accuse al presidente Bush, il tiro si è spostato ora su Michael Brown, capo della FEMA, l'Agenzia federale per la protezione civile: esponenti democratici ne hanno chiesto le dimissioni immediate per la lentezza e l'inadeguatezza dei soccorsi del dopo-Katrina. L’ultima denuncia arriva dalle colonne del Washington Post, che ha raccolto le rimostranze di diplomatici europei, secondo le quali offerte di aiuti per un  valore di decine di milioni di dollari destinate alle zone colpite dall'uragano - che comprendono tra l'altro un sistema di depurazione delle acque dalla Svezia, una rete di telefonia cellulare dalla Germania e due navi di salvataggio dal Canada – sarebbero state tenute in sospeso per giorni dalle autorità americane in attesa di una risposta da parte delle agenzie federali sul loro possibile utilizzo.

********** 

 

I disastri ambientali, che vedono spesso intere città impotenti davanti alle forze naturali, chiamano il più delle volte in causa la capacità dell’uomo di rapportarsi con la natura. Un rapporto al quale il magistero ecclesiale degli ultimi anni, ha dato un grande rilievo. Ecco il parere del religioso gesuita, padre Guido Miglietta, docente di Teologia morale al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum e alla Pontificia Facoltà Teologica Teresianum:

 

**********

R. – Questi eventi suggeriscono, anche da un punto di vista etico, un richiamo alla prevenzione. La prevenzione dei disastri è l’ambito dove noi possiamo salvaguardare la vita umana. Il rapporto tra l’uomo e l’ambiente è un rapporto che segna l’evoluzione della specie umana: nelle culture e nelle tradizioni antiche, troviamo sempre dei riferimenti al disastro come figura dell’emergenza, della punizione del divino. Da parte nostra, quello che è importante è diminuire i fattori di rischio, il che si traduce a livello ambientale in misure di previsione, prevenzione e protezione.

 

D. – Come vede oggi la Chiesa ciò che Giovanni Paolo II ha definito, nella Centesimus annus, la “questione ecologica”?

 

R. – La Chiesa vede la questione ecologica come una questione di solidarietà. Ciò è emerso nella serie di incontri internazionali, a Johannesburg ed altre parti. Solidarietà intesa in senso cristiano, ovvero coprire, in una dimensione globalizzata, le mancanze, le deficienze, le crisi che colpiscono l’umanità. Noi parliamo di disastri naturali, ma uno dei principali disastri naturali, molto più gravi dello tsunami e dell’uragano Katrina,  è la fame. Il mondo vive oggi una crisi alimentare che è gravissima, ad esempio, nella fascia del Sahel. Il nostro atteggiamento, quindi, deve essere quello di esercitare questa funzione di previsione, di prevenzione, in chiave solidale e all’interno di un mondo globale.

 

D. – Si può dire che oggi vi sia una visione forse un po’ distorta della sovranità dell’uomo sul creato?

 

R. – Certamente, è una visione un poco dominatrice, che alcuni hanno fatto risalire all’impostazione della scienza in Bacone ecc: il potere di dominio sugli elementi naturali. In realtà, in una visione cristiana noi siamo degli amministratori. Di fronte alle realtà create abbiamo questa responsabilità che ci viene da Dio stesso e cioè di prenderci cura del creato: invece che di dominio, parliamo di cura del creato.

 

D. - In questo senso, per i cristiani del XXI secolo, forse più che in passato, c’è tra le proprie responsabilità anche quella di essere testimoni di un’etica ambientale…

 

R. – Certo, l’etica ambientale è ormai una disciplina studiata e posta accanto allo sviluppo della bioetica – intesa come etica del bios, etica della vita delle varie specie. Noi abbiamo questo richiamo dal disegno della creazione, dal disegno di Dio, dove l’etica per noi diventa il modo di includere tutti gli esseri umani e gli esseri animati, mondo animale, vegetale, in una armonia, in un disegno di amore. Lo stesso che ci deriva, dal punto di vista teologico, dall’amore del Padre manifestatoci da Gesù Cristo.

*********

 

 

ANCORA VIOLENZA IN IRAQ,

 MENTRE L’ORGANIZZAZIONE “UN PONTE PER…”

 PROMUOVE UN PROGETTO PER LA DIFESA DEI DIRITTI UMANI DEI DETENUTI IRACHENI

- Intervista con Abdalrhman Tahan e con Najla Flaik -

 

Un dirigente del ministero  della difesa iracheno è stato ucciso da uomini armati a Dura, a sudest di Baghdad, mentre tre persone sono morte  nell'esplosione di un ordigno piazzato al lato della carreggiata  su un ponte di Bassora.  Le vittime sarebbero stranieri che si spostavano in  convoglio. Le forze britanniche schierate a Bassora hanno  annunciato l'apertura di un'inchiesta precisando che ''né le forze britanniche né altre forze  multinazionali vi sono rimaste coinvolte''. E in relazione alla situazione in Iraq parliamo di “Diritti dentro. Per la difesa dei diritti umani dei detenuti iracheni”: è il progetto presentato ieri a Roma dall’organizzazione “Un ponte per…”, in collaborazione con alcune gruppi umanitari attivi in Iraq. All’appuntamento c’era per noi Giada Aquilino:

 

**********

Il rispetto dei diritti umani in Iraq, a cominciare dal miglioramento delle condizioni di detenzione e dal rispetto della legalità internazionale nelle prigioni del Paese del Golfo. Sono questi gli obiettivi che hanno spinto un gruppo di esponenti della società civile irachena a presentare ieri a Roma il progetto “Diritti dentro. Per la difesa dei diritti umani dei detenuti iracheni”. L’iniziativa, che giunge dopo lo scandalo degli abusi ad Abu Ghraib e che prevede tra l’altro il sostegno legale ai prigionieri, è curata da Un ponte per…, l’organizzazione non governativa da anni impegnata in Iraq e che proprio l’anno scorso a settembre vide due sue operatrici, Simona Pari e Simona Torretta, sequestrate per 21 giorni assieme a 2 altri collaboratori iracheni.

 

Oggi, a oltre due anni dall’inizio della guerra, seguita a più di 30 anni di dittatura di Saddam, qual è la situazione dei diritti umani in Iraq? Risponde l’avvocato iracheno Abdalrhman Tahan, dell’Organizzazione per i diritti umani di Mossul:

 

R. – LA SITUATION IN IRAQ IS….

La situazione in Iraq è molto grave. Lo è quindi anche a Mossul. Le violazioni dei diritti umani, d’altra parte, continuano ad essere commesse e da tutte le parti coinvolte nel conflitto: dai miliziani della guerriglia, dai militari americani, dalla stessa guardia nazionale irachena.

 

D. - Di quali violazioni si parla?

 

R. – OCCUPATION OF US TROOPS…

Secondo testimonianze raccolte dalle nostre organizzazioni umanitarie, le truppe statunitensi in molti casi procedono con gli arresti senza alcun mandato alle spalle, vietando poi le visite ai prigionieri da parte dei legali e delle famiglie. Ci sono poi le sparatorie indiscriminate, al centro delle città e tra la gente comune. Ma il problema più grave è quello della tortura. In Iraq tale pratica è sempre esistita, dal regime di Saddam ad oggi, solo che sono cambiati i meccanismi. Abbiamo prove documentate di corpi ritrovati con perforazioni di trapani o lacerati da vetri di bottiglie.

 

D. - Il 15 ottobre si terrà il referendum sulla Costituzione: che attese ci sono?

 

R. – ALL OUR PEOPLE, THEY…

Il testo è stato letto, è attualmente all’esame della popolazione, ma ci sono ancora molti aspetti che alla gente non piacciono. Anche se nel documento c’è un generale inglobamento dei principi dei diritti umani, rimane preoccupante la condizione della donna, relativamente agli elementi legati alla Sharia, alla legge coranica.

 

Questo attuale momento com’è vissuto, quindi, dalle donne irachene? Ecco Najla Flaik, legale dell’Associazione per i diritti umani, sempre a Mosul:

 

R. -  (PAROLE IN ARABO)

I diritti umani per loro sono ancora troppo limitati. Tre sono i problemi oggi: la presenza militare straniera in Iraq, la polizia irachena, il fanatismo religioso. Sono sunnita e le donne della mia comunità non possono girare liberamente, né per andare a scuola, né per lavoro. E teniamo conto, poi, che per strada il rischio attentati è sempre alto, come pure quello degli spari indiscriminati.

 

D. - In tale contesto, la popolazione è pronta per votare la Costituzione?

 

R. – (PAROLE IN ARABO)

Gli iracheni non sono ancora pronti a votare la Costituzione. Secondo i sunniti, poi, questo testo è stato scritto solo per gli sciiti. C’è pure da dire che alcuni leader religiosi hanno lanciato una fatwa per impedire che la gente vada a votare. Insomma: c’è bisogno ancora di un paio d’anni per abituare la gente ad esprimere ciò che pensa, per poter poi decidere liberamente.

**********

 

 

IL CARDINALE ANGELO SCOLA ALLA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA

PER CONSEGNARE AL REGISTA POLACCO JERZY STUHR IL PREMIO BRESSON 2005

- Ai nostri microfoni il cardinale Angelo Scola e mons. Dario Vigano -

 

Il Patriarca di Venezia, il cardinale Angelo Scola, ha visitato questa mattina la Mostra del Cinema di Venezia in occasione della consegna del Premio Robert Bresson dell’Ente dello Spettacolo al regista polacco Jerzy Stuhr, ribadendo come l’arte cinematografica riesca a raccontare con grande potenza la ricerca interiore dell’uomo. Il servizio di Luca Pellegrini:

 

**********

Chiesa e cinema. Un futuro dalle grandi aspettative per il bene dell’uomo. E’ la ragione che sostiene la presenza oggi alla Mostra del Cinema di Venezia del Cardinale Angelo Scola, che per la prima volta è giunto al Lido in occasione della consegna del premio Bresson 2005, attribuito quest’anno all’attore e regista polacco Jerzy Stuhr. Abbiamo chiesto a Mons. Dario Vigano, presidente dell’Ente Spettacolo, le motivazioni di questa scelta:

 

R. – Credo che sia uno di quegli autori molto poliedrici. E’ attore di cinema, attore di teatro e regista. Ha saputo nel suo cinema indagare le pieghe dell’animo umano, dare spazio e consistenza alle domande importanti, intuire i percorsi possibili di senso. E’, quindi, un autore che in qualche modo ci consegna la profondità dell’animo umano e dunque in qualche modo anche le possibili ricerche del senso e della verità.

 

“L’uomo è la via della Chiesa”, disse con forza Giovanni Paolo II nel 1979. E la Chiesa è attenta alle domande che attraversano ogni singolo uomo. Mentre il cinema è una delle vie preferite oggi dall’uomo per esprimere se stesso, in tutto ciò che nell’umanità c’è di bene e di male. Abbiamo chiesto al cardinale Scola come, proprio in questa prospettiva, tra la Chiesa e il cinema la collaborazione possa essere davvero propositiva e capace di sfruttare anche ambiti inediti…

 

R. – Io penso proprio di sì e credo che la grande affermazione con cui Giovanni Paolo II inaugurò il suo Pontificato nella Redemptor Hominis, “l’uomo è la via privilegiata per la Chiesa”, si è mostrata feconda in tutta la sua forza e in fondo ha bisogno di essere sviscerata proprio in questi anni. Noi vediamo quando, anche in questo campo Papa Wojtyla fu capace di prevenire i tempi. In particolare noi a cosa stiamo assistendo oggi? Stiamo assistendo ad una modificazione radicale della modalità con cui l’umanità concepisce i rapporti primari, quelli legati alla sfera dell’affezione e dell’amore. E’ in atto uno sconvolgimento che è comparabile a ciò che successe quando la scienza galileiana fece irruzione nella modernità. E’ naturale che questo sommovimento produca un travaglio fatto di contraddizioni, di tensioni, di dolori, ma noi speriamo che da questo travaglio venga poi il frutto buono. Ora il cinema, con il suo straordinario linguaggio, ha una capacità di interpretare questo sommovimento in atto. Per questo gli uomini di Chiesa lo debbono seguire con accurata attenzione, in maniera oggettiva, che vuol dire in maniera positivamente critica. Un’autentica critica è fatta di due tempi: un tempo di ascolto e di assimilazione, prima, e dopo un tempo di valutazione e di giudizio libero, ma franco.

**********

 

=======ooo=======

 

 

CHIESA E SOCIETA’

7 settembre 2005

 

        

UN ADOLESCENTE CONFESSA DI ESSERE L’AUTORE DELL’OMICIDIO DI PADRE

BEPPE BESSONE, IL MISSIONARIO MORTO VENERDÌ SCORSO IN BRASILE

 

BLUMENAU.= In Brasile, un ragazzo di 16 anni ha confessato di aver ucciso venerdì scorso a Blumenau, nello Stato di Santa Caterina, il missionario piemontese, padre Beppe Bessone. Secondo fonti della polizia locale, il giovane sarebbe stato accolto da don Bessone nella chiesa parrocchiale di Sant’Antonio. Per ragioni ancora ignote – si pensa ad un tentativo di furto – il giovane avrebbe ripetutamente colpito con un coltello il missionario. In una nota, la diocesi di Blumenau precisa che padre Bessone è stato “vittima di un assalto seguito da un barbaro omicidio”. Dopo l’assassinio, il vescovo di Blumeanau, Angélico Sândalo Bernardino, ha detto di essere colpito da un profondo dolore per la perdita del sacerdote, ma anche per il giovane che ha commesso il crimine”. “Il ragazzo di 16 anni che ha ucciso don Bessone aveva un carattere difficile ed era stato abbandonato dalla famiglia”, ha detto all’Agenzia “MISNA” il vescovo di Pinerolo, monsi. Piergiorgio Debernardi. “Davanti a questo folle ed insensato gesto – ha denunciato il presule - non possiamo non leggere il degrado di gente che, pur vivendo in una regione ricca del Sud del Brasile, è vittima di una povertà che porta alla deriva”. Migliaia di persone hanno partecipato domenica nella parrocchia di Sant’Antonio ai funerali del missionario, che verrà sepolto nei prossimi giorni nella tomba di famiglia a Pinerolo. (A.L.)

 

 

L’EPISCOPATO INDIANO CHIEDE ALLE AUTORITÀ DI INDAGARE

SULLA MORTE DI MONS. MATHEW NELLICKAL, IL VICARIO GENERALE

DELLA DIOCESI DI TEZPUR, BARBARAMENTE UCCISO VENERDÌ SCORSO

 

NEW DELHI.= La Conferenza dei vescovi cattolici dell’India ha condannato “il brutale assassinio” del vicario generale della diocesi di Tezpur, nello Stato di Assam, ed ha chiesto di indagare sul crimine costato la vita, venerdì scorso, a mons. Mathew Nellickal. Non aveva nemici e al momento non ci sono ipotesi plausibili sulle cause di questo omicidio, spiega all’agenzia ‘Asia News’ il vescovo di Diphu, mons. John Thomas. In una nota, l’episcopato indiano sottolinea che la scomparsa del sacerdote ha provocato profonda commozione nella regione del nord est indiano. “Era un sacerdote molto attivo, sincero ed entusiasta che lavorava per il bene della gente senza distinzioni di casta o religione”, si legge nel documento. In segno di lutto sono state chiuse le scuole cattoliche di Tezpur. Padre Babu Joseph, portavoce della CBCI, ha dichiarato, inoltre, che questo assassinio “va inserito nel contesto delle crescenti atrocità commesse contro esponenti della Chiesa, istituzioni e missionari nel Paese”. Abbiamo bisogno – ha aggiunto padre Babu – di una risposta immediata ed efficace da parte del governo per porre fine alle violenze contro la Chiesa in India. Mons. Nellickal aveva iniziato due mesi fa la propria opera come vicario generale. Precedentemente, era stato parroco, direttore di una scuola e rettore del Seminario minore di Muktidata. I funerali si terranno domani mattina. (A.L.)

 

 

L’ARCIVESCOVO DI GIACARTA, CARDINALE DARMAATMADJA, UN RAPPRESENTANTE

MUSULMANO ED UN LEADER PROTESTANTE, CHIEDONO ALLA POLIZIA DI INTERVENIRE PER FERMARE, IN INDONESIA, GLI ATTACCHI DEGLI ESTREMISTI ISLAMICI

CONTRO LE CONFESSIONI RELIGIOSE

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

**********

GIACARTA.= In Indonesia l’arcivescovo di Giacarta, cardinale Darmaatmadja, ha incontrato il capo della Polizia indonesiana per chiedere un intervento delle Forze dell’ordine volto ad evitare nuovi attacchi degli estremisti islamici contro le confessioni religiose del Paese. All’accorata richiesta del porporato, presidente della Conferenza episcopale indonesiana, si sono uniti anche il leader della più grande organizzazione musulmana del Paese, Hasyim Muzadi, ed il presidente del Sinodo delle Chiese indonesiane, il protestante Andreas Yewangoe. Il cardinale - come riferisce l’Agenzia Asia News - ha sottolineato dopo l’incontro la centralità del dialogo per promuovere la pace. Non lasciamo – ha detto il porporato – che ogni problema riguardante le confessioni religiose venga affrontato con la violenza da parte di gruppi illegali. La Polizia – ha aggiunto il leader musulmano – dovrebbe facilitare ogni incontro volto a chiarire le controversie con il dialogo. La comune richiesta di cristiani, musulmani e protestanti per assicurare un’adeguata cornice di sicurezza in Indonesia, si aggiunge al rinnovato impegno da parte del governo per garantire la libertà religiosa. In un documento, pubblicato lo scorso 4 settembre, il presidente indonesiano, Susilo Bambang Yudhoyono, ribadisce la necessità di prevenire ogni violenza contro le varie confessioni religiose. Nonostante gli sforzi, la situazione dei cristiani in Indonesia, il Paese musulmano più popoloso del mondo, resta difficile. Lo scorso 3 settembre, migliaia di cristiani hanno manifestato a Giacarta per la chiusura, decisa da un gruppo di fondamentalisti islamici, di 23 chiese nella regione del West Java. Giovedì scorso, tre donne sono state condannate, inoltre, a tre anni di detenzione per proselitismo. Sono accusate di aver cercato di convertire bambini musulmani al cristianesimo. In Indonesia, dove la popolazione supera i 220 milioni, i cristiani sono circa 20 milioni, dei quali il sei per cento protestanti ed il 3,6 per cento cattolici.

**********

 

 

SI È CONCLUSO QUESTA MATTINA AD ASSISI IL IX SIMPOSIO INTERCRISTIANO

INCENTRATO SUL TEMA “L’EUCARISTIA NELLA TRADIZIONE ORIENTALE ED OCCIDENTALE”

- A cura di padre Egidio Picucci -

 

**********

ASSISI.= Nelle valutazioni finali sono state fatte tre sottolineature. Anzitutto, la validità della scelta del luogo, Assisi. Nella città umbra è più facile assimilare lo spirito di dialogo che spinse Francesco a presentarsi al Sultano per risolvere pacificamente un conflitto che altri volevano decidere con le armi. Secondo: è stato constato che l’Adriatico e l’Egeo non costituiscono più barriere che impediscono l’incontro tra ortodossi e cattolici. Importante, infine, la decisione di continuare questi incontri di studio, perché i cristiani di oggi assomigliano molto ai primi cristiani di Corinto, capaci di guardare in faccia la realtà, trasformando i propri errori in lezioni di vita ed aprendosi all’esperienza della comunione con il Corpo di Cristo. Per questo, i Simposi continueranno con lo stesso entusiasmo. L’appuntamento è, quindi, tra due anni, probabilmente a Volos, sede del metropolita Ignazio. I lavori verteranno, quasi certamente, sulla persona e sulle opere di San Giovanni Crisostomo, del quale nel 2007 ricorrerà il 1598.mo anno della morte.

**********

 

 

IL PRESIDENTE DEL BURUNDI CHIEDE ALLA CHIESA DI AIUTARE GLI EX COMBATTENTI

A CONFESSARE LE ATROCITÀ COMMESSE DURANTE LA GUERRA CIVILE

 

BUJUMBURA.= Dalla verità alla riconciliazione. Per completare questo percorso, il nuovo presidente del Burundi, Pierre Nkurunziza, ha chiesto alla Chiesa del Paese africano di aiutare gli ex combattenti, protagonisti di una sanguinosa guerra civile durata oltre 10 anni, a confessare le atrocità commesse. Il capo di Stato del Burundi – precisa l’Agenzia ‘MISNA’ - ha anche rilanciato la proposta di istituire una Commissione per la verità e la riconciliazione. “I leader religiosi – ha spiegato Nkurunziza – avranno un importante ruolo dopo la creazione di questa Commissione”. “Non è facile confessare i propri reati in pubblico ma, aiutati dagli uomini di Dio – ha aggiunto - i burundesi potranno far conoscere la verità e riconciliarsi. Si stima che gli scontri tra gli Hutu, in maggioranza, e la minoranza dei Tutsi, hanno provocato almeno 300 mila morti e più di un milione di sfollati. Nkurunziza, che per 12 anni ha guidato la formazione ribelle “Forze per la difesa della democrazia”, è stato nominato presidente del Burundi lo scorso 19 agosto. Recentemente, si è anche detto disponibile a chiarire il suo ruolo nel conflitto. (A.L.)

 

 

“ASCOLTARE LA VOCE SOFFERENTE DELLE POPOLAZIONI DEL DARFUR”.

E’ L’APPELLO DALL’ARCIVESCOVO DI MAGONZA, CARDINALE LEHMANN, CHE CONDANNA ANCHE “LE MASSICCE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI” NELLA REGIONE SUDANESE

 

KHARTOUM.= “Suscitare attenzione e ascolto verso le popolazioni della regione sudanese del Darfur, sofferenti e private di ogni diritto”. E’ quanto ha chiesto l’arcivescovo di Magonza, cardinale Karl Lehmann, durante una conferenza stampa tenutasi ieri a Bonn. Il porporato, presidente della Conferenza episcopale tedesca, ha condannato “le massicce violazioni dei diritti umani”. Il Darfur è teatro di continue violenze da oltre 20 anni: secondo gli osservatori delle Nazioni Unite, la guerra civile ha provocato la morte di almeno 300 mila persone ed oltre due milioni di rifugiati nei Paesi confinanti. Nonostante questa immane tragedia – ha denunciato il cardinale Lehmann - il conflitto in Darfur non ha ancora trovato nell’ambito della politica internazionale, l’interesse necessario per rispondere alle esigenze di così tante persone. Il porporato – riferisce l’Agenzia SIR - ha anche rinnovato l’appello “ai governi dei Paesi che siedono nel Consiglio di sicurezza dell’ONU perché si creino le condizioni per porre fine alla guerra, per agevolare l’ingresso delle organizzazioni umanitarie e per far tornare in patria i rifugiati”.

 

=======ooo=======

 

 

24 ORE NEL MONDO

    7 settembre 2005

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

L'Autorità nazionale palestinese ha proclamato lo stato di allerta alcune ore dopo l'assassinio a Gaza dell'ex capo dell'intelligence militare, generale Mussa Arafat, 65 anni, un cugino del defunto presidente Yasser Arafat. Al termine dell'attacco è stato notato che il figlio di Arafat, Manhal, un ufficiale della sicurezza, era scomparso: in seguito, è giunta la conferma del rapimento dallo stesso gruppo che rivendica l’attentato. Il nostro servizio:

 

**********

Si tratta di un gruppo armato eterogeneo: i Comitati di resistenza popolare (CRP). Abu Saed, uno dei comandanti fa sapere all'Ansa che Arafat meritava la morte ''in quanto corrotto e collaborazionista con Israele''. Erano circa le quattro del mattino quando un centinaio di miliziani, a bordo di una ventina di automezzi, hanno lanciato l'attacco contro la lussuosa abitazione di Mussa Arafat a Tel al-Hawa (Gaza) con bombe a mano e razzi. Le guardie del corpo hanno risposto al fuoco per circa 45 minuti ma alla fine Arafat è stato trascinato per strada e crivellato da almeno 23 colpi. Originario di Jaffa (Tel Aviv), il generale ucciso ha avuto una vita segnata dalla violenza. Nel 1965, a Gaza è uno dei primi combattenti di al  Fatah. Poi la lotta, in seguito alla guerra dei sei giorni (1967), dal territorio giordano. E dopo l’espulsione dalla Giordania, negli anni Ottanta, è al fianco di Yasser Arafat: prima in Libano, poi  nell'esilio di Tunisi dove viene nominato comandante dell'intelligence militare.

 

In seguito agli accordi di Oslo (1993) assume a Gaza il comando dell'intelligence militare: da allora, diversi gruppi armati dell'intifada l’hanno accusato di sfruttare il potere a fini personali. Da parte sua, il presidente Abu Mazen ha condannato l'assassinio, assicurando che i responsabili saranno catturati e sottolineando che è sua la responsabilità di garantire nei Territori palestinesi la stabilità e la legalità. C’è da dire che queste dichiarazioni sono state accolte con scetticismo da un responsabile dell'intelligence militare in Cisgiordania, colonnello Maher Fares: ha detto che solo ''collusioni fra gli assalitori e l'ANP'' possono spiegare come mai le forze di sicurezza non abbiano cercato di soccorrere Arafat e abbiano invece permesso agli assalitori di dileguarsi.

**********

 

Intanto, da parte israeliana viene annunciato il completamento a giorni del ritiro da Gaza. Radio Gerusalemme parla di una data compresa tra il 12 e il 15 settembre, spiegando che una decisione in merito è stata adottata oggi dal premier Ariel Sharon nel corso di una consultazione ministeriale. Secondo l'emittente, domenica il governo israeliano esaminerà le modalità del ritiro definitivo che riguarderà anche l'Asse Filadelfia, al confine fra la striscia di Gaza e l'Egitto. Il valico di Rafah, fra Gaza e l'Egitto, verrà chiuso per sei mesi durante i quali il transito di merci e persone fra Egitto e Gaza avverrà attraverso due valichi israeliani: Kerem Shalom e Nitzana.

E sempre in relazione al ritiro, un’altra notizia da Israele: è deceduto la scorsa notte in un ospedale di Gerusalemme il cittadino statunitense, immigrato mesi fa in Israele, che la settimana scorsa si era dato fuoco in un gesto di protesta contro il ritiro da Gaza ordinato dal premier Sharon. Si tratta della seconda “torcia umana” anti-Sharon. Ad agosto, anche una donna di circa 50 anni, immigrata dalla Russia, si era immolata per ''scuotere l'opinione pubblica'' contro il ritiro da Gaza e contro lo sgombero forzato di migliaia di coloni. Ad agosto, nel tentativo di ostacolare il ritiro, si sono avuti anche due attentati anti-palestinesi: il primo in Galilea (5 morti, fra cui l'attentatore ebreo) e il secondo in Cisgiordania, dove un colono ebreo ha massacrato a sangue freddo quattro compagni di lavoro palestinesi.

 

Sotto gli occhi del mondo, gli egiziani si recano oggi alle urne per la prima volta per scegliere un presidente tra più candidati, ben sapendo che il vincitore sarà senza dubbio il rais Hosni Mubarak che corre per un quinto mandato. Trentadue milioni di aventi diritto, chiunque sopra i 18 anni, si sono iscritti per il voto in 9.865 seggi nelle 26 province del Paese per eleggere uno dei dieci candidati, fra cui Mubarak, riconfermato al potere sei anni fa con il 93,79% dei voti di un referendum. Il voto in generale si sta svolgendo senza che si abbiano notizie di incidenti, anche se le agenzie parlano di diverse irregolarità: il Partito nazional democratico al potere distribuisce volantini dentro i seggi e bimbi sventolano la bandierina del presidente. Rappresentanti di organizzazioni non governative sono stati autorizzati, ad elezioni aperte, ad entrare nei seggi. E ci sono notizie di osservatori espulsi. Ma la popolazione egiziana come ha vissuto questa campagna elettorale per la scelta del presidente? Al microfono di Roberto Piermarini, risponde dal Cairo, l’inviato del Corriere della sera ed analista di questioni mediorientali, Antonio Ferrari:

 

**********

R. – In questo clima di novità c’è, da parte della gente, l’euforia di adattarsi a qualcosa che per alcuni è solo un lontano ricordo del passato, prima della rivoluzione nasseriana, e per altri invece è l’assoluta novità di una pratica democratica che segue l’avvio di un percorso che si spera possa portare alla rinascita di una democrazia egiziana.

 

D. – E’ molto alto il sistema di sicurezza per queste elezioni, in questo momento, in Egitto? 

 

R. – Direi che le misure di sicurezza davanti agli alberghi, davanti alle istituzioni, davanti a tutti quelli che vengono considerati obiettivi sensibili, sono notevolmente cresciute. Forse perché l’impatto della strage di Sharm el Sheik è stato enorme. Non dimentichiamo che per l’Egitto è stato un colpo terrificante dal punto di vista economico, anche perché il turismo è la prima fonte di approvvigionamento per le risorse statali, che sono abbastanza in sofferenza. Il colpo è stato durissimo e, in fondo, bisognava dare un segnale forte.

**********

 

Il comitato tessile dei Venticinque ha dato via libera alla Commissione UE sul regolamento per sbloccare i prodotti tessili cinesi, fermi ai porti europei. L'esecutivo comunitario farà ora il possibile affinché ''tale regolamento sia adottato quanto prima'', ha detto la portavoce dell'esecutivo europeo, Francoise Le Bail. Dopo “l'ampio” via libera politico giunto sempre oggi dai rappresentanti permanenti dei Venticinque presso l'Ue alle proposte di Bruxelles per sbloccare le merci, la decisione del Comitato tessile era l'ultimo passo del procedimento per rendere operativo lo sdoganamento. Si tratta di passi attesi dopo l’accordo raggiunto due giorni fa a Pechino tra il commissario UE al Commercio estero, Mandelson, e il ministro del Commercio cinese, Bo Xilai.

 

L'Iran respingerà ufficialmente il rapporto di Mohammed Elbaradei, direttore generale dell'AIEA (l'Agenzia internazionale per l'energia atomica), che ha criticato le attività nucleari iraniane e richiesto una piena collaborazione da parte delle autorità di Teheran. Lo ha annunciato oggi Ali Agha Mohammadi, uno dei negoziatori, al quotidiano Iran. Nel rapporto, El Baradei scrive tra l'altro che l'Iran ha mantenuto le sue attività nucleari “sensibili” nonostante le richieste dell'AIEA.

 

E' di quattro morti il bilancio di un'esplosione verificatasi nel sud dell'Afghanistan, dove un'autobomba destinata probabilmente ad una missione suicida è forse saltata in aria prematuramente, uccidendo i suoi tre occupanti e un passante. E' quanto ha dichiarato il portavoce del governatore della provincia di Helmand. Secondo il portavoce, il vero bersaglio dell'autobomba erano probabilmente i militari americani.

 

In Cecenia, le truppe federali russe hanno annunciato “l'eliminazione” di una trentina di guerriglieri indipendentisti, che il 14 agosto avevano attaccato il villaggio di Roshni-Ciu e ucciso un comandante militare locale e altri quattro soldati. Secondo il Ministero degli interni ceceno, anche il capo del battaglione guerrigliero, Kazbek Batalov, è stato ucciso. Il gruppo è stato sgominato nell'arco di tre settimane e sei guerriglieri sono stati catturati, incarcerati e, a detta del Ministero ceceno, hanno fornito informazioni utili per il successo dell'operazione.

Intanto, nelle ultime ore nella vicina Repubblica autonoma di Ingushezia, due stazioni della telefonia mobile sono stati distrutte da bombe, mentre in Daghestan, confinante con la Cecenia, un militare russo è saltato in aria su una mina durante un giro di ricognizione.

 

Sembra che sia stato un guasto alla turbina del motore la causa dell’incidente aereo in cui, lunedì scorso, un Boeing 737-200 della compagnia Mandala si è schiantato a terra subito dopo il decollo dall'aeroporto di Medan, a Sumatra, in Indonesia. Il numero delle vittime, fra passeggeri e abitanti del quartiere su cui è precipitato, è arrivato a 150. La motivazione emerge dall'inchiesta in corso in Indonesia sull'incidente, ma lo stesso capo della Commissione nazionale per la sicurezza dei trasporti, che coordina l'inchiesta, aggiunge che problemi sono stati rilevati anche su alcuni meccanismi di manovra di un’ala dell’aereo e che si continua ad indagare.

 

In Kazakhstan, si voterà il 4 dicembre per l'elezione del presidente e il risultato si profila scontato: sarà probabilmente confermato per un terzo mandato Nursultan Nazarbaiev, da 17 anni uomo forte della più ricca ed estesa Repubblica ex-sovietica dell'Asia centrale. La data per le elezioni è stata decisa oggi a Astana, la capitale, dalla Camera bassa del Parlamento, dopo una disputa durata parecchi mesi: il secondo settennato di Nazarbaiev - che era già il boss del Kazakhstan in epoca sovietica - termina infatti nel gennaio 2006, ma la Costituzione fissa la scelta del capo dello Stato “alla prima domenica di dicembre”. Da parte sua, il sessantacinquenne Nazarbaiev, alla guida di un Paese dagli enormi giacimenti di gas e petrolio che gli permettono di pilotare la transizione verso il capitalismo in modo meno traumatico rispetto al resto dell'ex-Urss, si è detto ''consapevole'' della sua già lunga permanenza al potere, aggiungendo di ritenere corretto ripresentarsi in quanto la Costituzione glielo consente. Meno autoritario e più duttile rispetto a molti altri presidenti dei Paesi ex-sovietici, accorto paladino d'una  politica di bilanciamento fra Usa, Cina e Russia, Nazarbaiev si dice convinto di poter evitare il rischio d'una “rivoluzione colorata” popolare anti-establishment, a differenza di quanto avvenuto in Georgia, Ucraina e Kirghizistan, e questo grazie ai risultati economici del suo governo. “Oggi - ha affermato - l'economia del Kazakhstan cresce due volte più di quella dell'Ucraina e 2,5 volte di quella di Georgia, Moldavia o Azerbaigian”.

 

In Italia, l'Ente nazionale per l'aviazione civile rende noto che è stata disposta in via cautelativa la sospensione immediata dell'autorizzazione ad operare rilasciata alla compagnia tunisina Tuninter. La decisione fa seguito all'inchiesta condotta dall'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo sull'incidente aereo del 6 agosto scorso, a largo di Capo Gallo, nei pressi di Palermo, che ha coinvolto un velivolo ATR 72 della compagnia Tuninter. Una delle cause del disastro sarebbe stata la mancanza di carburante dovuta ad un indicatore non conforme all'Atr 72, che avrebbe fornito ai piloti un dato falso sul rifornimento del carburante.

 

Il Parlamento della California è divenuto martedì il primo Parlamento statale dell'Unione ad  approvare una legge che autorizza i matrimoni omosessuali. I

sostenitori della legge, che erano stati battuti due volte su provvedimenti analoghi, si sono imposti con 41 voti a favore e 35 contrari. C’è da dire che per entrare in vigore, la legge deve essere firmata dal governatore Arnold Schwarzenegger, che non è favorevole al provvedimento.

 

 

 

=======ooo=======